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#gruppo l'espresso
colonna-durruti · 2 years
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Alessandro Gilioli
Oggi Repubblica è in sciopero, o meglio era in sciopero ieri quindi non esce oggi.
In sostanza, nell'incontro con i giornalisti l'azienda ha ammesso che sta smantellando se stessa: per adesso sono in vendita i quotidiani locali (quelli che restano, molti sono già stati ceduti) poi si vedrà.
Fondamentalmente i giornalisti temono che alla fine anche Repubblica sarà venduta o svenduta, come un anno fa è successo con l'Espresso.
Da tre anni, circa, il proprietario del gruppo è John Elkann, che l'ha pagato meno di Cristiano Ronaldo.
L'ha comprato dai figli di De Benedetti, a cui il padre l'aveva incautamente regalato. Ai figli però non fregava nulla di fare giornali. Allora hanno preso i soldi di Elkann per liberarsene, facendo infuriare il padre che quindi ha fondato il Domani.
Perché Elkann tre anni fa si sia preso il gruppo è ancora incerto. Lui diceva di voler portare avanti il sogno dello zio, Carlo Caracciolo, che con Scalfari fu il cofondatore del tutto. Insomma una questione di affetti familiari. Più probabile che pensasse di ottenerne qualche utilità per il resto del suo impero, insomma "influenzare" - del resto i padroni dei giornali oggi sono tali solo per questo motivo, non è che ci fanno direttamente profitti.
Quello che è certo invece è che in tre anni Elkann non ne ha azzeccata una, a iniziare dalla scelta di un direttore di centrodestra, che ovviamente ha fatto scappare firme e lettori di sinistra (Scalfari, per capirci, parlava a lettori che andavano dal partito repubblicano alla sinistra extraparlamentare, passando per sinistra Dc, Psi, Pci, Partito Radicale. Ezio Mauro portò avanti questa grande apertura con il gigantesco ombrello collettivo dell'antiberlusconismo).
Oltre al direttore di Rep., Elkann ha cambiato anche il capoazienda, insomma l'ad, mettendoci un suo amico ed ex compagno di studi, peraltro fin lì ignaro di editoria. Adesso questo ad è anche a capo della Juventus. Non è chiaro come si sdoppi, peraltro in due campi che non conosceva. Caracciolo i giornali li conosceva e li amava. De Benedetti senior anche. Forse per fare bene un prodotto devi conoscerne e amarne la fabbricazione: in generale e non solo per l'editoria.
In questi anni tutti i quotidiani o quasi hanno perso moltissime copie, si sa che i giornali sono un mercato in declino. Repubblica però è riuscita a perderne quasi il doppio degli altri.
Sul crollo reputazionale e di autorevolezza, invece, non ci sono numeri: ognuno la pensi come vuole.
In compenso a Repubblica si fa un grandissimo parlare di digitalizzazione. Un piano digitale dopo l'altro. L'idea è di vendere contenuti on line, anche staccati dalla vecchia cornice dell'acquisto di un giornale come tale (cartaceo o su tablet che sia). Probabilmente è una buona idea, almeno così ci dicono alcune "case histories" all'estero. Resta da vedere cosa c'è in questi contenuti, perché poi alla fine conta quello: se sono vendibili o meno, se gli utenti li apprezzano, se se li comprano.
Vedremo. Nell'attesa si vendono al primo che passa giornali e giornalisti, cioè si mandano via produttori di contenuti.
Appena arrivato, Elkann si è liberato di MicroMega, considerato troppo di sinistra. Poi ha venduto l'Espresso al proprietario della Salernitana, che ha già fatto fuori il suo primo direttore, Lirio Abbate, che aveva preso il posto di Damilano. Adesso l'Espresso è diventato un'emulazione meno moderna e meno smart del settimanale Oggi. Il suo editorialista di punta è diventato Maurizio Costanzo, dove prima c'era Umberto Eco. Però è impacchettato bene perché gli sono rimasti un bravo art director e una brava photo editor, oltre ad alcuni bravi giornalisti che fanno il possibile
Negli ultimi mesi si sono diffuse voci che il proprietario della Salernitana si stia per comprare anche Repubblica.
Per ora l'azienda conferma solo di non avere più "un perimetro" di testate da mantenere, restando sul vago.
Di qui lo sciopero di oggi, anzi di ieri.
Per favore non scrivete qui sotto che Repubblica è brutta, vi fa schifo etc. Intanto perché non si bastona un cane che affoga. Ma soprattutto perché è stato un grande giornale, uno dei pezzi migliori della nostra società per quarant'anni - e l'Espresso per oltre sessanta.
Per me poi sono stati giornali formativi, da lettore, fin dalla prima adolescenza. Formativi anche della coscienza civile e politica.
E' stato un onore lavorare 18 anni all'Espresso. Quando ho firmato, nel 2002, volevo rimanerci per tutta la vita.
Poi le cose cambiano. E se vuoi far ridere Dio raccontagli i tuoi progetti, come dice un proverbio yiddish.
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m2024a · 5 months
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Caso Ferragni, intricate reti societarie e valzer quote: la galassia dell'influencer
Intricate reti societarie, sospette prassi di 'vasi comunicanti', dipendenti pagati poco rispetto al fatturato, valzer di quote azionarie e partner ingombranti: un'inchiesta de 'L'Espresso' mette in luce aspetti poco chiari della galassia delle attività dell'influencer Chiara Ferragni, travolta dallo scandalo del pandoro Balocco che la vede indagata dalla Procura di Milano per truffa aggravata per pubblicità ingannevole nella beneficenza.  La società The blonde salad crew, si legge sull'Espresso, conta 16 dipendenti per un costo di 67mila euro a testa (compresi Tfr e contributi) a fronte di un fatturato 2022 di 14,5 milioni di euro e utili per 5,1 milioni. Ferragni e il suo braccio destro, il manager Fabio Maria Damato, scrive l'Espresso, incasserebbero compensi da consiglieri per 320mila euro. In questa società è, inoltre, avvenuta una miracolosa moltiplicazione delle quote societarie, si osserva ne L'Espresso. Ferragni, si legge nell'articolo, ha spostato il 10% delle sue quote nella società Esuriens, che detiene anche il 35% della partecipazione del suo ex fidanzato Riccardo Pozzoli, socio delle origini di Tbs. Esuriens si divide poi in due srl: Delirus di Pozzoli e Esuriens, ceduta poi alla società N1 del produttore pugliese del tessile Pasquale Morgese. Qui che si verifica un balletto delle quote fino a quando la Ferragni ottiene il 100% di Tbs Crew. Ma resta li 45% della partecipazione in pancia a Delirus.  Poco dopo Ferragni conferisce tutte le quote a Sisterhood, srl che oggi funziona da holding interamente controllata dall'influencer. Qui i dipendenti sono due e costano 15mila euro l'uno, si legge nell'Espresso, a fronte di un valore di Tbs da 1,7 milioni di euro, mentre il conferimento alla Sisterhood è di 10 mila euro, con un sovrapprezzo di 995mila euro. C'è poi l'intricata vicenda della srl Fenice, scrive l'Espresso, licenziataria del marchio Chiara Ferragni e gestore di altre royalties, indirettamente coinvolta nel dissesto dell'Enpapi, ente nazionale di previdenza degli infermieri, attraverso il socio Paolo Barletta, erede del'omonima società di real estate laziale e socio di Nicola Bugari con la controllata Arsenale.  Il gruppo Barletta, rileva l'articolo de L'Espresso, ha da tre anni i bilanci in perdita, così come soffre Alchimia che detiene quote di Fenice. Qui si assiste ad vorticoso passaggio di quote, spartite fra Febo Holding (società riconducibile a Barletta), la socia Camilla Barindelli e tre società di Morgese (Esuriens, N1 e Mofra). Barletta avvia poi un processo di conferimento delle partecipazioni di Fenice da Febo Holding ad Alchimia, in sede di perizia la Fenice vale 36,2 milioni, cifra esorbitante tanto più se si considera che ad una seconda perizia, fatta 4 anni dopo vale è 4,7 milioni. Gli ultimi atti delle vicissitudini societarie sono infine legate al tentativo di Barletta di uscire da Fenice cedendo il suo 40% al fondo Avm, che però dopo il pandoro-gate ha congelato l'operazione. L'impressione – si legge infine nel testo dell'articolo dell'Espresso – è che le tre srl, Tbs Crew, Fenice e Sisterhood, agiscano come vasi comunicanti e, all'occorrenza, sia possibile caricare costi e fatturato sull'una o sull'altra.
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stranotizie · 9 months
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- Il nuovo Consiglio di Amministrazione del Gruppo L’Espresso, riunitosi oggi, e composto da Gianluca Ianuario, Emilio Carelli, Rodolfo Errore, Angela Ammaturo, Francesco Rossi Guarnera ed Alessandro Rossi, ha attribuito le specifiche deleghe al Presidente Gianluca Ianuario, all’Amministratore Delegato Emilio Carelli ed ai consiglieri Francesco Rossi Guarnera ed Angela Ammaturo. Rodolfo Errore è Vice Presidente.Alessandro Rossi - informa una nota - è stato riconfermato Direttore Responsabile.L’11 dicembre scorso, il Gruppo Ludoil Energy della famiglia Ammaturo ha acquistato il 51% de L’Espresso Media da BFC Media, portando la partecipazione nel gruppo editoriale al 100%, in un’ottica di razionalizzazione, focalizzazione e sviluppo delle partecipazioni. Fonte
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Sono partite ufficialmente le negoziazioni del gruppo Ferretti
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Il gruppo Ferretti ha aperto a Milano in rialzo. L'assaggio di quello che sarà è sintetizzato dall'Aquarama posto all'ingresso della sede di Borsa Italiana a piazza Affari. Heritage, eccellenza, lusso, made in Italy e quindi artigianalità ma anche industrialità.  L'ipo ha visto l'azionista di controllo Weichai mettere in vendita fino a oltre il 28%, raccogliendo 265 milioni di euro, in un processo che ha visto entrare come anchor investor anche Danilo Iervolino, editore di Bfc Media e L'Espresso e patron della Salernitana. Come ha detto Barbara Lunghi head of listing italy di Euronext, "creatività, eccellenza sono le caratteristiche del lifestyle in Borsa", sottolineando che questa è una "tappa fondamentale della storia societaria di Ferretti ed è anche un segnale positivo per Borsa Italiana e in generale per il Paese per le sue filiere di eccellenza che ferretti rappresenta".  "È stato un percorso lungo e faticoso che vi ha fatto affrontare da pionieri questo dual listing.Vi stavamo aspettando e operazione simboleggia al meglio l'alleanza cross listini, cross geografie" ha aggiunto Lunghi.  Read the full article
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londranotizie24 · 2 years
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L’estate prima di domani: il libro di Bernabei presentato all’Iic di Londra
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L’estate prima di domani: il libro di Bernabei presentato all’Iic di Londra Di Simone Platania L’estate prima di domani: il libro di Bernabei presentato all’Iic di Londra il 21 ottobre. Alfio Bernabei, Paola Dionisotti e molti altri ospiti per la presentazione di L’estate prima di domani Continuano le presentazioni di libri e opere italiane presso l'Iic e questo venerdì gli ospiti sono invitati ad un nuovo evento dedicato alla letteratura italiana. L’estate prima di domani: questo il titolo del libro di Alfio Bernabei presentato all’Iic di Londra. L’ultima fatica dello scrittore e giornalista italiano è infatti la protagonista della presentazione presso l’Istituto Italiano di Cultura a Londra; durante la serata, ospitata presso Belgrave Square il 21 ottobre, l’opera verrà presentata attraverso una talk tra Bernabei e l'autrice Angela Thirlwell, moderata da Helen Pankhurst. L’evento è introdotto da Katia Pizzi. L'attrice Paola Dionisotti leggerà alcuni estratti del libro. L’ingresso è gratuito e prenotabile qui.  L’estate prima di domani, il libro Il libro di Alfio Bernabei L'estate prima di domani (Castelvecchi Editore) è un romanzo storico ambientato nel 1922.  Racconta la storia di un gruppo di anarchici, comunisti e repubblicani che si incontrarono in un caffè italiano in Galles. Intenti a sabotare una nave con un equipaggio formato interamente da fascisti, tentano di cogliere l’opportunità di mettere in imbarazzo Mussolini e il fascismo sul piano internazionale. Le conseguenze, tragiche, vedono coinvolti nell'escalation sindacati britannici, ministeri, Downing Street, rendendo le pagine del libro a tinte Noir e d’avventura. Gli ospiti della presentazione Durante la presentazione, l'autore discuterà i temi del suo libro con Angela Thirlwell. Moderata dall'attivista Helen Pankhurst, nipote di Sylvia Pankhurst, la serata vede infine Paola Dionisotti leggere ed interpretare alcuni estratti dell’opera.  Alfio Bernabei è un giornalista e scrittore italiano. Ha lavorato per la BBC e per Channel 4 e i suoi articoli sono apparsi su diversi giornali italiani e britannici, tra cui "L'Espresso", "Panorama", "History Today", "Searchlight". Tra il 1985 e il 2000 è stato corrispondente da Londra per "l'Unità". Ha trattato il tema dell'internamento degli italiani nel Regno Unito e la tragedia dell'Arandora Star nel suo libro "Esiliati ed emigranti italiani nel Regno Unito 1920-1940" (Mursia, 1997). È autore di opere teatrali, rappresentate sia in Italia che all'estero, in particolare a Londra e a Edimburgo. Angela Thirlwell ha studiato Inglese al St. Anne's College di Oxford. Ha insegnato per molti anni Inglese e Studi Teatrali alla Facoltà di Formazione Continua del Birkbeck College, Università di Londra. È autrice di numerosi libri, tra cui William and Lucy: The Other Rossettis (Yale), Into the Frame: The Four Loves of Ford Madox Brown (Chatto) e Rosalind: L'eroina immortale di Shakespeare (Oberon). Ora sta lavorando a una storia di verità e fantasia sui Pettoello, una famiglia italiana antifascista che fuggì da Torino nel 1922. Helen Pankhurst è un'attivista per i diritti delle donne, studiosa e scrittrice. Attualmente è consulente senior di CARE International, (Cooperative for Assistance and Relief Everywhere), un'importante agenzia umanitaria internazionale che fornisce aiuti di emergenza e progetti di sviluppo internazionale a lungo termine. È pronipote di Emmeline Pankhurst e nipote di Sylvia Pankhurst, entrambe leader del movimento delle suffragette.  Paola Dionisotti è un'attrice italo-britannica attiva sul palcoscenico e nella televisione britannica dal 1975. Tra i suoi ruoli, Lady Patricia Broughall in Forever Green, Zia Nicholls in Harbour Lights, Lady Waynwood in Game of Thrones. Sul palcoscenico, è nota per i suoi ruoli shakespeariani, tra cui quello della locandiera Mistress Quickly nell'acclamata produzione RSC del 2014 di Enrico IV.   ... @ItalyinLDN Continua a leggere su Read the full article
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In Biblioteca puoi scoprire autori e opere che non conoscevi o di cui avevi sentito parlare ma che ancora non avevi avuto modo di leggere. Ed è per questo che abbiamo deciso di dedicare un angolo alla scoperta di questi "tesori nascosti".
Oggi l'opera prescelta è “Persepolis” di Marjane Satrapi.
È la storia della ragazzina Marjane a Teheran dai sei ai quattordici anni; sono gli anni della caduta del regime dello Scià Reza Pahlavi, del trionfo della Rivoluzione Islamica e della guerra contro l’Iraq. I suoi genitori, di larghe vedute, pur di garantirle un’adeguata istruzione e maturazione, non esiteranno a mandarla a Vienna, dove lei si scontrerà con l’incomprensione altrui proprio come nella sua città natale. È un ritratto indimenticabile delle contraddizioni di un paese e di come attraverso l’ironia e le lacrime si possa vivere l’adolescenza confrontandosi con le assurdità, i compromessi, la solitudine e i distacchi.
“Persepolis” parla dell’Iran e di come la sua gloriosa tradizione culturale sia stata messa in crisi dal suo passato recente, segnato dall’ascesa di regimi repressivi. Il progressivo e sanguinoso deterioramento delle libertà individuali è raccontato attraverso le vicende della famiglia Satrapi, di alta estrazione sociale, grande apertura mentale e orientamento politico decisamente progressista. Raccontare il proprio paese attraverso i ricordi personali e familiari è stata per l’autrice la scelta più naturale e onesta: una scelta autobiografica per ridare al suo paese l’immagine che merita. Dopo l’11 settembre il senso di questo racconto per immagini è diventato per lei importante: il fondamentalismo islamico non coinciden con l’equivalenza Medioriente = terrorismo. Scoprire l’esistenza di un altro Medioriente, colto e pronto a difendere la libertà a tutti i costi, è ossigeno per chi dalla propaganda non vuole farsi travolgere. Per chi ricorda che cosa in Europa è successo durante la Seconda guerra mondiale, e che ogni regime ha avuto i suoi oppositori.
Il fatto che le storie di Satrapi siano autobiografiche (essendo parte della propria famiglia, delle sue amicizie e conoscenze) le rende non solo credibili, ma vicine alla sensibilità di chi ha raccolto i racconti della guerra e dei partigiani, dalle opere neorealiste o ancora meglio direttamente dai nonni. L’Iran di Satrapi non è un paese nemico, bensì uno scenario universale dove si vive, si soffre, si lotta e si ama. L’Iran di Satrapi potremmo essere noi. Il Medioriente non ci era mai sembrato così emotivamente vicino.
“Persepolis” è anche semplicemente la storia di una bambina che diventa donna e deve capire qual è il suo posto nel mondo. La schiettezza con cui Satrapi si mette a nudo, l’onestà con cui racconta i sensi di colpa, gli errori e il tentativo di suicidio rendono più toccante il suo racconto, ma sono le componenti di un percorso personale che è avvenuto non solo nella storia narrata nel fumetto, ma proprio attraverso l’atto concreto di scrivere e disegnare. Raggiunta la giusta distanza emotiva, Satrapi in tono leggero, che si fa grave senza scivolare nel patetico, con un’ironia che serve a rendere sopportabile la tragedia riesce a dare al proprio fumetto un vero cambiamento di prospettiva.
Marjane Satrapi (1969) è una fumettista, regista, sceneggiatrice e illustratrice iraniana naturalizzata francese. Nel 1983 i genitori di Marjane, allora quattordicenne, decidono di mandarla a Vienna, allo scopo di tenerla lontana da un regime divenuto sempre più oppressivo, in particolare verso le donne. Secondo quanto narrato nell'autobiografia a fumetti “Persepolis”, pubblicata in Italia da Edizioni Lizard in 4 volumi, e in seguito da Sperling & Kupfer e dal Gruppo Editoriale L'Espresso (nella collana I classici di Repubblica serie oro), la Satrapi trascorre nella capitale austriaca gli anni dell'adolescenza (scuole superiori, iscrivendosi poi alla facoltà di tecnologia che di fatto non frequentò mai), tornando poi, dopo un periodo difficile in cui visse anche come senzatetto, in Iran per frequentare l'università. Lì conosce un ragazzo di nome Reza, con il quale si sposerà; il matrimonio però non dura a lungo, e dopo il divorzio la Satrapi si trasferisce in Francia nel 1994, all'età di 25 anni. Oggi vive a Parigi, dove lavora come illustratrice ed autrice di libri per bambini. La carriera della Satrapi parte dall'incontro con David B., un fumettista francese, del quale ha adottato lo stile, soprattutto nelle sue prime opere. Nel 2006 la Sony Pictures Classics ha trasformato “Persepolis” in un film d'animazione, la cui diffusione è iniziata nel 2007. Scritto e diretto da Vincent Paronnaud assieme alla stessa Satrapi, la pellicola annovera tra le sue voci quelle di Chiara Mastroianni, Catherine Deneuve, Danielle Darrieux e Simon Abkarian.
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toscanoirriverente · 3 years
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https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/quot-mani-pulite-quot-fu-regime-change-racconto-pomicino-299951.htm
Deduco che Colombo non leggesse i giornali e non guardasse la TV.
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ellegi53 · 6 years
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Articolo su estense.com con un mio commento
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moonyvali · 2 years
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Lo sapevate che… la potente famiglia di costruttori Caltagirone possiede il controllo su Il Messaggero e Il Mattino?
La Repubblica, L'Espresso e la Stampa sono invece di una holding olandese controllata dalla famiglia Agnelli. Un capitolo a parte spetta all’Impero mediatico creato da Berlusconi, mentre dietro il gruppo Rizzoli ci sono Mediobanca, l’Unipol e la multinazionale Pirelli. Sorge spontanea la domanda: se l’opinione pubblica è influenzato dal potere del grande capitale, può anche definirsi democratica?
Oggi viviamo in una sorta di democrazia che sta assumendo sempre più le vesti di un’oligarchia, che si atteggia a pose democratiche quando in realtà ne tradisce costantemente i valori. Non soltanto è ritornata in auge la figura o meglio il fascino dell’uomo forte al potere ma vi è uno scollamento radicale tra ciò che la Politica persegue con le parole, in nome del tanto bistrattato bene comune e ciò che avviene nei fatti.
La finanziarizzazione dell’economia, il disinteresse verso l’economia reale del paese in favore dell’alta finanza, il divario sempre più netto tra ricchi e poveri, la scomparsa della classe media hanno distrutto le poche conquiste sociali, tanto faticosamente ottenute, nel corso della storia. Società caratterizzate da una così forte diseguaglianza sociale erano proprie dell’Ancient Regime e quando si viene a creare un popolo troppo oppresso, cadono i pilastri dell’istruzione e della democrazia.
Del resto l’istruzione scolastica non fornisce ai cittadini quegli strumenti necessari per comprendere il funzionamento dell’informazione, della politica, dell’economia. Quali sono le tecniche delle persuasione, della pubblicità, quali temi vengono utilizzati per fare leva sul grande pubblico, come è strutturato un partito, un giornale, come opera e da chi viene finanziato, quali sono i meccanismi che fanno girare l’economia di un paese, che alimentano le ideologie. Chi dice cosa e perché, quali interessi economici avvalla o ostacola, ecco cosa bisognerebbe sempre domandarsi.
G.Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X #media #politica #giornalismo
Nella foto: San Girolamo, Tanzio da Varallo
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Historical Perspective and Maus
According to the Encyclopedia Britannica, Maus initially appeared “on the fiction list, it was moved to nonfiction after Spiegelman appealed for the transfer on the basis of the book’s carefully researched factual scenes.” (Encyclopædia Britannica) In other words, due to Spiegelman’s research, the book has strong rooting in historical fact. For this reason, Maus may hold some interesting information surrounding culture and history during this time. The biggest demonstration of cultural difference may come from the lack of understanding between Art and his father. This contrast is shown by the highly varying outlooks which Art and his father share. For example, when Art’s friends ditch him as a kid, Vladek claims he doesn't know what friends really are saying “if you lock them together in a room with no for food for a week… THEN you could see what it is, Friends!..” (Maus, 5) This scene demonstrates the historical difference between these characters. Vladeck is a Holocaust survivor who has more deep-rooted culture in survival and hardships, while Art has no way of understanding this he is too young to have experienced the Holocaust. Spiegelman directly attempts to unpack and understand his father’s historical perspective, He wrote the book to understand his family’s past and by doing so he has unveiled a very personal and historically accurate perspective from his father’s horrifying experiences. In this way, Maus provides its audience with a better social understanding of how life was like during this dark historical period.
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works cited
Spiegelman, Art. Maus. Gruppo Editoriale L'Espresso, 2006.
“Art Spiegelman.” Encyclopædia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc., www.britannica.com/biography/Art-Spiegelman.
*This section of the blog was done by Quinn Cuthbert*
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boris-borgato · 7 years
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Ruolo: Project Manager Azienda: Freedot Cliente: Gruppo l'Espresso Incarichi: - Sviluppo dell’idea creativa e coordinamento del team di lavoro. - La campagna di comunicazione è stata concepita per informare i lettori sulla possibilità di utilizzare Repubblica Mobile sul proprio telefonino, per avere sempre a portata di mano il meglio dell’informazione dal cartaceo e dal web.
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paoloxl · 5 years
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L'inchiesta sui fondi russi alla Lega “scuote” il teatrino della politica. In realtà, c'è poco di sconvolgente.
Prima i russi!
Che il “Capitano” fosse in ottimi rapporti con Putin è cosa nota. Così come nota è la strategia del presidente russo di influenzare la politica internazionale, in particolare quella europea e statunitense, a suon di mazzette e finanziamenti.
L'internazionale “sovranista” è ben poco sovranamente a libro paga di Russia Unita da anni. Sono noti i viaggi della Le Pen a Mosca, così come le attività di quel sottobosco di associazioni di “amicizia” con la Russia, stile quella guidata da Savoini. Attraverso le quali si delineano rapporti politici ben più profondi, talvolta con esiti relativi anche a teatri bellici.
Nemmeno il mistero del "perché proprio ora" è davvero un mistero. A dispetto della narrazione isolazionista ed unilateralista che se ne fa, tanto più nel quadro di un contesto europeo fortemente avverso al governo gialloverde, Washington resta, più che un punto di riferimento, un decisore strategico e di ultima istanza negli orientamenti della politica estera italiana.
A prescindere dalle amministrazioni in carica alla Casa Bianca, dopo una provocazione come quella della visita in pompa magna di Putin a Roma, non è strano l'arrivo dagli States (e da un portale vicino alla corrente moderata Dem) l'amplificazione di un'inchiesta finora confinata nella bolla di (e)lettorato del gruppo l'Espresso.
Nessuna dietrologia o complottismo: solo un promemoria dei rapporti di forza esistenti, se si pensa che Salvini non è riuscito nemmeno una volta ad incontrare Trump né dentro né fuori dalle stanze dei bottoni. E in politica queste cose contano.
Il famoso video che ha portato qualche settimana fa alle dimissioni del vicepremier austriaco mostra d'altra parte il livello a cui è in grado di arrivare Mosca quando trova di fronte politici compiacenti. Lo stesso ruolo dell'ENI nella vicenda mostra come le porte girevoli tra governi e imprese siano tuttora ben oliate, e i grandi manager reclamino voracemente la propria fetta di mazzette per spianare la strada alle malversazioni politiche - come appunto nelle migliori tradizioni russe dei petrolieri della Rosneft.
Ed è questo il vero punto della questione. Non tanto la corruzione, presenti a tutti i livelli e in tutti i contesti, democratici, autoritari, semiautoritari e chi più ne ha più ne metta. La corruzione domina incontrastata dal giorno uno in cui la politica si è fatta rappresentanza di interessi particolari, è la sua essenza, il suo principio organizzativo.
Piuttosto, da sottolineare è la rottura dell'immagine dell'uomo che va dritto contro tutti per il bene del paese. Al massimo, Salvini fa il suo bene, quello delle sue tasche. Come ogni politico del Palazzo, è un ladro e un corrotto, che dopo aver rubato 49 milioni cerca di accaparrarsene altri in tutti i modi. E' leader un partito che non ha alcun problema a declinare il suo “Prima gli italiani” in “Prima i russi”, o in qualunque altro “Prima”! Perchè il vero “Prima!” che gli interessa è quello relativo alle sue tasche.
Con questo caso politico ci troviamo alla rappresentazione plastica di un partito, e di un leader, che sbandierano un nazionalismo di facciata per poi piegarsi alle esigenze di potenze internazionali più forti. Tacciando nel frattempo gli avversari come anti-italiani, e non ci sarebbe nulla di male quando l'Italia in questione è quella dei soprusi e dello sfruttamento legalizzati, del razzismo e del sessismo, della distruzione dei territori e dell'ambiente in nome delle grandi opere..
Ma sarebbe il Sommo Poeta stesso, infangato dalla recente performance di alcuni esponenti leghisti toscani, a metterlo in uno dei gironi più infamanti dell'Inferno: quello dei traditori della (sua) patria, della quale si riempie tanto la bocca. Altro che cuore immacolato di Maria...
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lamilanomagazine · 2 years
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Scalfari, il giornalista innovatore del novecento
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Scalfari, il giornalista innovatore del novecento. “La situazione politica che si è determinata in Italia in questi giorni è decisamente difficile. I leader dovrebbero adeguarsi a uno scenario di cambiamenti rapidi nella politica economica, in quella estera, di mutamenti per quanto riguarda le stesse alleanze. Se le novità riguardano il presente, ancora di più dovremmo attendercene se ci proiettiamo verso quanto accadrà.”.  Così scriveva in uno dei suoi ultimi editoriali Eugenio Scalfari nel novembre del 2021 (repubblica.it). Un’analisi lucida e intransigente che colpisce per l’aderenza alla crisi di governo in corso proprio in queste ore. Quasi come se quella del fondatore e storico direttore di Repubblica fosse una profezia laica. Un faro spuntato nel buio della notte.  Prima di andarsene Scalfari desiderava lasciare ai suoi lettori - affezionatisi negli anni alla sua penna inconfondibile e geniale - un “manuale di sopravvivenza”. Non senza un pizzico di malinconia misto ad irresistibile speranza: “Chi vorrebbe un futuro pieno di novità resta in realtà deluso: novità non ce ne sono, viviamo un continuo presente privo di bellezza e di sorprese positive”. Già, benché l’età lo avesse costretto a scrivere meno e nonostante le avesse già viste e raccontate quasi tutte, Scalfari riusciva ancora a sperare, ad aggrapparsi alla bellezza, alle sorprese, alla musica, alle parole, alla vita. Era nato a Civitavecchia il 6 aprile del 1924. Ed era stato il primo direttore-manager dell'editoria italiana. Padre di due 'creature', L'Espresso e Repubblica, nate dal nulla ma in pochi anni ai vertici della diffusione con un'impronta indelebile sul mondo editoriale. Al liceo classico ebbe come compagno di banco Italo Calvino. Iniziò a scrivere su alcune riviste fasciste, per venire poi espulso perché ritenuto un imboscato. Nei primi anni cinquanta scriveva per il Mondo di Pannunzio e l'Europeo di Arrigo Benedetti. Nel 1955 aveva fondato con quest’ultimo L'Espresso, primo settimanale italiano d'inchiesta. Scalfari vi lavorava nella doppia veste di direttore amministrativo e collaboratore per l'economia. E quando Benedetti gli lasciò il timone nel 1962, divenne il primo direttore-manager italiano, una figura all'epoca assolutamente inedita per l’Italia.  Nel 1976, dopo aver già tentato (inutilmente) di varare un quotidiano insieme a Indro Montanelli, che aveva respinto la proposta definendola piuttosto azzardata, Scalfari fondava il quotidiano la Repubblica, in edicola dal 14 gennaio di quell'anno.  L'operazione, attuata con il Gruppo L'Espresso e la Arnoldo Mondadori Editore, apriva una nuova pagina del giornalismo italiano. Il quotidiano romano, sotto la sua direzione, compiva in pochissimi anni una scalata imponente, diventando per lungo tempo il principale giornale per tiratura. Negli ultimi anni, dopo una lunghissima carriera al timone del giornale, si è dedicato soprattutto alla scrittura, anche con un autobiografia uscita per i suoi 90 anni nel 2014 e allegata al quotidiano. Ezio Mauro, storico direttore suo successore a Repubblica, ha commentato così in un editoriale la morte del maestro (repubblica.it): “La verità è che non ci ha preparati al distacco, nonostante una vita lunga un secolo. Non i lettori, che lo hanno trovato qui ogni domenica dal 1976 fino alle ultime settimane, ma nemmeno noi, i suoi compagni. La forza intellettuale, la vivacità politica, la curiosità delle cose grandi e piccole rimanevano intatte, ci interpellavano ogni giorno e più volte al giorno e riscattavano il fisico infragilito, il movimento più lento, una fatica crescente nel muoversi. Fin che ha potuto entrava qui, ogni mattina, con quella sua eleganza distratta, fortemente personale, il bastone che sembrava un vezzo più che un appoggio. I gesti sempre uguali mentre sedeva, poi accavallava le gambe e subito accendeva una sigaretta, anche se negli uffici non si può più fumare".... Read the full article
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giancarlonicoli · 3 years
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29 lug 2021 16:31
L’UOMO CHE VENDEVA TROPPI LIBRI – RAFFAELLO AVANZINI, L’EDITORE PATRON DELLA NEWTON COMPTON SNOBBATO DAI COLLEGHI PERCHÉ ASSAI POP, FA IL BOTTO: "IL BOOM DI VENDITE MERITO DEI CLASSICI E DEGLI AUTORI EROTICI SOTTO PSEUDONIMO. ANCHE INSOSPETTABILI” (FUORI I NOMI!) – “LE TRADUZIONI PESSIME? UNA BALLA. PER L'ULISSE DI JOYCE ABBIAMO PRESO IL MIGLIOR TRADUTTORE SULLA PIAZZA” – AMAZON HA CREATO DANNI? NO, ANZI..” – IL PADRE VITTORIO AVANZINI FECE USCIRE CON NEWTON COMPTON IL PRIMO LIBRO A CURA DI WALTER VELTRONI “IL PCI E LA QUESTIONE GIOVANILE”
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Francesco Specchia per “Libero quotidiano”
Se fosse vissuto negli anni Quaranta del secolo scorso, Raffaello Avanzini («l'uomo che vendeva troppi libri» secondo L'Espresso) sarebbe uno strano incrocio fra il Leo Longanesi della grande divulgazione e l'Edilio Rusconi delle grandi masse pop. Un eversore, a sua insaputa.
Non è un caso che Avanzini, editore figlio d'editore, patron della Newton Compton, mentre il mercato del libro s' impenna al 44% è quello che, in proporzione, acquisisce più quote di mercato; e dopo essere stato qualitativamente additato, per anni, come il figlio della serva dagli illustri colleghi che vendono molto meno di lui.
Caro Avanzini, la notizia è che l'Associazione italiana editori (Aie) certifica: il mercato editoriale - di solito oscilla tra il +1% e -1%, oggi tocca un +44%. Ma il Covid, scusi, non ci aveva ammazzati?
«Il settore ha subìto meno difficoltà del previsto: a parte le librerie fisiche nei centri commerciali, quelle di quartiere non solo hanno retto ma prosperato. Un'enormità. Il numero dei lettori s' è ampliato. In parte ha contribuito lo stare a casa, che ha portato alla lettura anche i non lettori, i quali, dopo la ventesima serie su Netflix si sono fermati e hanno detto: "Ora, per curiosità fammi prendere in mano un libro, che magari me piace...».
Nelle vendite sono compresi i titoli on line. Strano: l'ebook in Italia non s' era inchiodato?
«Noi siamo leader nel mercato dei libri elettronici che sono aumentati del 20%. La percentuale degli ebook sul mercato dei libri è in media del 14-15%. In questo ultimo anno gli ebook sono aumentati del 50%. E ovviamente noi siamo stati favoriti perché questo tipo di prodotto riguarda soprattutto la narrativa di genere - rosa, giallo, erotico, thriller, storico e tocca meno, per esempio, la saggistica».
Mi risulta di un boom di vendite anche dei libri erotici. Il sesso ha il potere di "liberarci e affrancarci anche dalla pandemia" come dice Francesco Piccolo?
«Gli ebook crescono soprattutto nel rosa e nell'erotico, che impazza dopo il boom delle 50 sfumature: perché, se ordini un erotico online, non c'è rischio di svergognarti in edicola o libreria. Ci arrivano decine di manoscritti erotici da insospettabili che vogliono essere pubblicati sotto pseudonimo, spesso inglese che fa più fico; per esempio è appena entrata in classifica Mia Another con Tokyo a mezzanotte, l'avevano messa nella hit straniera. Ho dovuto spiegare che in realtà è una nostra autrice italianissima con un nome d'arte».
Il ministro della Cultura Franceschini afferma che il settore ha tenuto grazie ai ristori e a molte altre iniziative come quella di ripristinare la filiera del libro, spingendo sulle librerie di territorio. Ha ragione?
«Ha ragione. I soldi sono arrivati coi Ristori e con i Bonus Cultura che ora servono, per esempio, sulla scolastica e sui libri assegnati per le vacanze. Il mercato si è rivitalizzato sui best seller solo al 7,7%. In realtà oggi, con le vendite online di Amazon o Ibs puoi vedere tutto il catalogo; nelle librerie fisiche puoi al massimo riempire le vetrine di novità».
Amazon non ha creato danni?
«Anzi. In qualche modo i piccoli editori, specie quelli tecnici e specializzati che sparivano nella distribuzione normale, sono stati favoriti dall'online; lì li puoi trovare e ordinare in ogni momento. Certo, di Amazon bisogna evitare poi le pratiche monopolistiche, ma nel complesso la situazione la vedo positiva».
Voi avete sempre questa politica dei grandi libri a piccolo prezzo, poi ci avete aggiunto, in tempo di Podcast, gli audiolibri, che tutti davamo per morti. Robe non pop, ma poppissime...
«Che funzionano. Nel 2020 abbiamo avuto 3 milioni di lettori, più 500mila di ebook. Nel mercato degli audiolibri collaboriamo con Audible, ma è un mercato piccolo, del 5%: gli ascoltatori forti - quelli che ti sentono tutte le 20 ore di Anna Karenina, per dire - sono pochi e attenti. Viceversa, un mercato in espansione può essere, appunto, quello del podcast, vuoi perché l'ascolto è breve, 10-20 minuti al massimo, vuoi perché prevede non solo narrativa ma approfondimenti mordi-e-fuggi che puoi seguire anche quando, chessò, sei in palestra. Lei insiste con 'sta roba del pop...».
Be', nel 2013 con i classici supererconomici a 0,99 euro, avevate 10 libri su 10 in classifica. Non è un segreto che i vostri colleghi vi accusarono di falsare il mercato.
«Il 2013 fu un anno magico. Avvenne come nel 1990-92. Specie con le collane di libri a 0,99 vendemmo 12 milioni di copie per tre anni con un profitto di 12 miliardi di vecchie lire, superammo anche Mondadori in numero di copie vendute, uscimmo con 6 titoli al mese, 150mila copie a titolo. Soprattutto, allora ci un trionfo dei classici, Kafka, Freud, il milione di copie delle Divina Commedia».
Dicevano che avevate delle traduzioni pessime...
«Era una balla. Per esempio, per l'Ulisse di Joyce prendemmo il miglior traduttore sulla piazza. Fummo il bersaglio di un'invidia concentrica»
Sì. Ma il fatto che lei mi snoccioli i successi non significa, che voi di Newton Compton abbiate un po' il "complesso di Adelphi"?
«Noi non abbiamo il complesso di Adelphi, semmai sono quelli di Adelphi ad avere il complesso di Newton Compton (ride, ndr). Io credo che nel mondo letterario ci sia spazio per tutti. Così come al cinema c'è Bellocchio e c'è Zalone: sono due pubblici diversi, entrambi degni di rispetto. Tant' è che quando Stefano Mauri ci chiese di stringere un'alleanza con il Gruppo editoriale Mauri Spagnol (oggi al 51%, ndr), ci furono semplicemente due grandi editori che parlavano la stessa lingua e volevano ampliare il bacino dei lettori».
Ma scusi, non è lo stesso Stefano Mauri di Gems che nel 2013 disse che facevate operazioni «editorialmente dannose, regalare libri è molto facile»?
«I tempi cambiano (ride ancora, ndr). E anche noi, modestamente, abbiamo i nostri fenomeni. Matteo Strukul con il genere storico avventuroso, Anna Premoli e Felicia Kingsley con il rosa e Marcello Simoni col thriller storico. Per scrivere un libro Strukul e Simoni ci mettono anche un anno di documentazione e ricerca. La Premoli stessa è tradotta in 10 paesi, specie in quelli anglosassoni».
Newton Compton nasce nel '69 da un'intuizione di suo padre Vittorio, uno dei patriarchi del settore, che iniziò col vendere libri a basso costo e venne subito trattato come un paria dai colleghi. Suo padre è ancora in attività?
«Papà ha 84 anni, lavora ancora, lo vedi spesso in tipografia. È stato il fulcro di tutto. Fu lui a pubblicare Freud in versione economica e, per primo, i testi poetici di Bob Dylan e Patti Smith; e a far uscire il primo libro a cura di Walter Veltroni Il PCI e la questione giovanile e a pubblicare l'edizione de Il Capitale di Marx, che fu usato dagli studenti come oggetto contundente contro i poliziotti di Valle Giulia. Papà è quello che ha creato la vera forza della Newton Compton: il catalogo da 3000 titoli».
Il mercato sta cambiando, è indubbio. Che rapporto avete con gli altri mezzi, i social, il cinema, la tv?...
«Noi siamo molto social, è inevitabile. Io stesso gestisco personalmente il mio profilo Instagram. E Felicia Kingsley è un caso letterario nato dal self publishing, dall'autopubblicazione su Internet. Stiamo lavorando ora a stretto contatto con cinema e tv. Su Canale 5 andrà in onda la fiction in 4 puntate Storia di una famiglia perbene tratto dal romanzo omonimo di Rosa Ventrella. Siamo sempre in movimento...».
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corallorosso · 7 years
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Blitz fascista sotto la sede di Repubblica. Militanti di Forza Nuova a volto coperto lanciano fumogeni. "Solo il primo attacco" PEDIZIONE fascista sotto la sede di Repubblica: un gruppetto di militanti mascherati, che esponevano una bandiera di Forza Nuova e un cartello con la scritta "Boicotta Repubblica e L'Espresso", ha acceso fumogeni sotto la sede del giornale e letto un proclama di accuse alla redazione. Un paio di fumogeni sono stati lanciati all'indirizzo di dipendenti del giornale che protestavano per la provocazione. Un giornalista che proprio in quegli istanti stata rientrando al giornale si è rivolto al gruppo sfidandolo a tirare giù la maschera. Solo un componente della "squadra", una ragazza, ha risposto mostrando il suo viso, per poi fare rapidamente retromarcia, forse richiamata dagli altri. Uno dei militanti sarebbe successivamente stato fermato.
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