#giovanni giovannetti
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Com'è morto Pasolini? E perché?
Il suo assassinio è sempre stato declassato a "esito infausto" di un litigio col suo ultimo amante, da cui il titolo volutamente provocatorio di questa inchiesta. Ma il processo ha sancito la partecipazione di "ignoti" all'efferato omicidio. Questo spesso volume scandaglia il lavoro più recente di Pasolini, coi suoi riferimenti all'assassinio di Enrico Mattei (presidente dell'ENI) e a uno sfuggente politico dell'epoca. La complessa rete ricostruita e denunciata dagli autori chiama in causa il "sistema Italia" nel suo complesso: i collegamenti fra politica, malavita e mercato degli idrocarburi.
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Pasolini, rigettata (di nuovo) la riapertura dell'inchiesta.
La risposta istituzionale la conoscevamo già, ma una piccola speranza non si nega a nessuno. Speranza subito repressa già a Marzo, quando la valutazione dell’istanza presentata dall’Avv. Stefano Maccioni insieme a David Grieco e Giovanni Giovannetti fu affidata, di nuovo, a Francesco Minisci, lo stesso che aveva archiviato le due precedenti richieste di riapertura del 2010 e del 2016. Il pm…
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Concertone, the parents of Lorenzo Parelli who died during an internship: "Security has no flags"
by F. Giovannetti and L. Pellegrini To inaugurate the May Day Concert in Piazza San Giovanni in Rome, the presenter Ambra Angiolini brought on stage Maria Elena and Dino Parelli, parents of eighteen-year-old Lorenzo Parelli, who died during an internship alternating between school and work. “It was a very strong emotion because the stage immediately gave us back the great impact that Lorenzo’s…
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++ Chiesta riapertura indagine Pasolini, 'verificare tre Dna' ++
(ANSA) – ROMA, 03 MAR – E’ stata depositata questa mattina in Procura, a Roma, una istanza per chiedere la riapertura delle indagini relative all’omicidio di Pier Paolo Pasolini avvenuto ad Ostia il 2 novembre del 1975. L’atto è stato redatto dall’avvocato Stefano Maccioni, a nome del regista David Grieco e dello sceneggiatore Giovanni Giovannetti. Nell’istanza si chiede di accertare a chi…
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I crimini (anche razzisti) dei soldati italiani nei Balcani e in Africa di Giovanni Giovannetti C'è una pagina della nostra storia nazionale che da quasi ottant'anni si fatica a leggere. Quella dei crimini, anche a sfondo razziale, compiuti dall'Esercito italiano in Africa e nei Balcani. Maggio 1941. Germania, Italia e Ungheria occupano la Slovenia, e la provincia di Lubiana viene annessa al Regno d'Italia. Ma temendo la resistenza sociale ben più di quella armata, il comandante supremo della Seconda armata d'occupazione generale Mario Roatta il 1° marzo 1942 emana la famigerata “circolare 3c” contro la popolazione civile slovena. Roatta dispone rappresaglie, incendi di case e villaggi, razzie, torture, esecuzioni sommarie, la cattura e l'uccisione di ostaggi, internamenti di civili e militari nel campo di concentramento nell'isola di Arbe (Rab) in Croazia e in quelli di Gonars in Friuli, Monigo presso Treviso, Chiesanuova di Padova o Renicci d'Anghiari in Toscana. Se possibile, queste misure saranno rese ancora più draconiane dalle circolari integrative del comandante dell'undicesimo Corpo d'Armata generale Mario Robotti, altro delinquente («si ammazza troppo poco», dirà), e dell'alto commissario per la provincia di Lubiana Emilio Grazioli (come Roatta è nell'elenco dei criminali di guerra italiani).
I non umani
E si badi, a usare la mano pesante con i civili non sono le Camicie nere di Mussolini ma uomini dell'Esercito fedele al re e alla corona, che vedono gli sloveni come dei selvaggi piantagrane, alieni e inanimati: uno sguardo deumanizzante, l'alibi per ogni sorta di arbitrio, come quello che oggi provoca una tutto sommato modesta indignazione per la morte di 200 esseri umani che annegano nel Mediterraneo. Stando all'ex partigiano e studioso del movimento di liberazione sloveno Tone Ferenc, nella sola provincia di Lubiana verranno «fucilati o come ostaggi o durante operazioni di rastrellamento circa 5.000 civili, ai quali vanno aggiunti i circa 200 bruciati e massacrati in modi diversi. 900 invece i partigiani catturati e fucilati. A loro si devono aggiungere oltre 7.000 persone in gran parte anziani, donne e bambini morti nei campi di concentramento in Italia. Complessivamente moriranno più di 13.000 persone su 340.000 abitanti, il 2,6 per cento della popolazione». A questo triste bilancio aggiungeremo l'incendio di 3.000 case, l'internamento di 33.000 persone, la distruzione di 800 villaggi. La Commissione di Stato jugoslava per l'accertamento dei crimini di guerra ha inoltre accusato Roatta e sodali di aver ampiamente disatteso la seconda Convenzione internazionale dell'Aja relativa ai prigionieri, ai feriti e agli ospedali; di aver disposto la fucilazione di partigiani fatti prigionieri e di ostaggi; di aver ordinato l'internamento dei componenti di intere famiglie e villaggi e di aver consegnato i civili incolpevoli ai tribunali militari; di aver ordinato che i civili fossero ritenuti responsabili di tutti gli atti di sabotaggio commessi nelle vicinanze della loro abitazione e che, per rappresaglia, si potesse sequestrare il loro patrimonio, distruggere le loro case e procedere al loro internamento. Sul fronte economico si registra la depredazione delle risorse slovene pianificato dall'Iri, l'Istituto italiano per la ricostruzione industriale sorto nel 1933.
Criminali in divisa Che dire di più? In applicazione delle severe disposizioni di Roatta, la notte tra il 22 e il 23 febbraio 1942 Lubiana è posta in stato d'assedio e i Granatieri di Sardegna capitanati da Taddeo Orlando, affiancati da collaborazionisti slavi, rastrellano per settimane con «metodo deciso» migliaia di civili (un quarto degli uomini validi «prescindendo dalla loro colpevolezza» dirà Orlando) e 878 di loro vengono internati nei campi di concentramento. Altri rastrellamenti avverranno tra il 27 giugno e il 1° luglio – con il fermo di 17mila civili – e dal 21 al 28 dicembre, con l'arresto di oltre 500 persone; tra loro donne, vecchi e bambini. Pochi, i più fortunati, li deporteranno in alcune città del nord Italia. Ma in questa “strategia della snazionalizzazione” – come l'ha chiamata Davide Conti – sono 33mila gli sloveni internati in duecento lager in Italia e sul posto, a morire di freddo, stenti, tifo e dissenteria (per Robotti erano «inconvenienti igienici»). Come si legge in una relazione del 9 settembre 1942 di Roatta a Robotti, «si tratterebbe di trasferire, al completo, masse ragguardevoli di popolazione e di sostituirle in posto con popolazioni italiane». Altri rastrellamenti seguiranno nei centri più importanti del Paese. «Dicono che donne e bambini e vecchi, a frotte, o rinvenuti nei boschi o presentatisi spontaneamente alle nostre linee costretti dalla fame e dal maltempo, sono stati intruppati, e avviati (tra pianti e pianti e pianti) ai campi di concentramento». Lo si legge al giorno 25 settembre 1942 del Diario di don Pietro Brignoli, cappellano militare del secondo Reggimento Granatieri di Sardegna. ...l'ispettore e i loro tirapiedi interrogano i prigionieri e li torturano flagellandoli, bastonandoli, colpendoli al basso ventre, infliggendo bruciature o esponendo i testicoli alla corrente elettrica (non mancano i casi di stupro su alcune detenute). Quando i detenuti vengono consegnati al Tribunale speciale di guerra, a reggere la pubblica accusa trovano il tenente colonnello Enrico Macis, altro “criminale di guerra”, altro vessatore impunito (dal novembre 1941 al settembre 1943 questo Tribunale sentenzierà la morte di 83 civili e partigiani). Macis non manca poi di manifestare il suo compiacimento per le deportazioni: come scrive il 26 aprile 1943, «nello scorso anno le autorità militari con apprezzato senso di opportunità avevano rastrellato la città ordinando l’internamento di tutti gli uomini dai 18 ai 35 anni».... Passata la guerra, a Macis verrà conferita la qualifica di “Partigiano combattente”. Non bastasse, nel 1946 l'ufficio informazioni dello Stato maggiore dell'Esercito gli commissionerà uno studio sui problemi di carattere giuridico in ordine ai crimini di guerra. Come affidare ad Al Capone uno studio sul consumo illegale di alcolici... dopo la liberazione, ritroveremo i torturatori Messana e Verdiani non in galera, non silenziosamente pensionati, ma l'uno dopo l'altro a occuparsi di antimafia alla guida dell'ispettorato di pubblica sicurezza per la Sicilia, ovvero a depistare indagini e a coltivare relazioni con latifondisti, mafiosi, monarchici e banditi come Salvatore Giuliano. In totale, 109.437 jugoslavi verranno deportati nei campi di concentramento fascisti in Italia. Ad Arbe, Carlo Alberto Lang, capitano medico incaricato di un sopralluogo, segnala che tra il settembre e l'ottobre 1942 in trenta giorni muoiono 209 persone, di cui 62 bambini sotto gli 11 anni. E al medico provinciale che segnala i numerosissimi casi di «dimagrimento patologico ... il generale Gastone Gambara (altro “criminale di guerra”) il 17 dicembre 1942 cinicamente replica quanto fosse «logico e opportuno che campo di concentramento non significhi campo di ingrassamento, in quanto “individuo malato = individuo tranquillo”». Non fosse arrivato l'8 settembre, tutto questo avrebbe assunto le dimensioni del genocidio.
L'Italia si auto assolve
Nel dopoguerra, in quell'Europa divisa in due, in Italia si enfatizzeranno, decontestualizzandole, la diaspora dalmata-istriana e le foibe, mentre si minimizzeranno, sino alla rimozione, le violenze compiute dall'esercito italiano nei confronti della popolazione civile slovena, dalmata, montenegrina, croata, greca, russa e albanese, in aggiunta alle violenze già a referto in Libia (100mila vittime su 800mila abitanti: un genocidio) e in Etiopia (nel Corno d'Africa tra il 1935 e il 1943 si contano 300mila vittime). Calerà il silenzio anche sui bombardamenti di natura terroristica compiuti dalla Regia aeronautica italiana sulla città basca di Durango il 31 marzo 1937 (morti 289 civili) e su Barcellona in Catalogna tra il 16 e il 18 marzo 1938 (670 morti) durante la Guerra civile spagnola. Sono atti criminali non inferiori a quello tedesco e italiano del 26 aprile 1937 su Guernica (quattro settimane dopo la strage di Durango), a torto ritenuto il primo atto di terrore dal cielo deliberatamente compiuto contro la popolazione civile. Insomma, brandendo il paradigma dell'“italiano buono”, benevolmente assunto dall'opinione pubblica, sui nostri crimini cala l'oblio e l'Italia si auto assolve, cancellando dal senso comune (e dai testi scolastici) la memoria dei nostri omicidi e ogni traccia dei nostri campi di morte.
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'Sagitario', de Natalia Ginzburg: la vida a golpes de decepciones
‘Sagitario’, de Natalia Ginzburg: la vida a golpes de decepciones
Natalia Ginzburg. / GIOVANNI GIOVANNETTI/EFFIGIE Natalia Ginzburg no es solo la autora de una obra maestra literaria como Léxico familiar u otras no menos magistrales como Las palabras de la noche. Dejó también buena muestra de su genialidad en relatos […] Origen: ‘Sagitario’, de Natalia Ginzburg: la vida a golpes de decepciones | El Periódico de España
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Peter Orlovsky, Allen Ginsberg, Fernanda Pivano, Steven Taylor, playing a squat in Milan, 1979. [photo: Giovanni Giovannetti / courtesy Ginsberg Collection]
Around this time, Allen, Peter & Steven were playing Allen’s translation of Basho’s “Old Pond” which literally translated is: Old pond/ a frog jumps in /water’s sound”. This they turned into a full song, the first few stanzas here:
“The old pond—a frog jumps in, kerplunk! Hard road! I walked till both feet stunk— Ma!Ma! Whatcha doing down on that bed? Pa!Pa! what hole you hide your head?”
“Left home got work down town today Sold coke, got busted looking gay Day dream, I acted like a clunk Th’old pond—a frog jumps in, kerplunk!”
“Got hitched, I bought a frying pan Fried eggs, my wife eats like a man Won’t cook, her oatmeal tastes like funk Th’old pond—a frog jumps in, kerplunk!”
etc…
#allenginsberg #peterorlovsky #steventaylor #fernadapivano #GiovanniGiovannetti #basho #haiku #oldpond #poetry #poetrycommunity (at Milan, Italy)
#allenginsberg#peterorlovsky#steventaylor#fernadapivano#giovannigiovannetti#basho#haiku#oldpond#poetry#poetrycommunity
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AXN / Channel Idents from christripes on Vimeo.
Our goal was to embody the idea of “Live Red” while communicating a refreshed and ‘redefined' concept of action. Working closely with the Axn creative team in London we created these idents mixing 3d elements and live action that blossom in an intriguing narrative approach, focusing on the “Live Red” keywords — anger, speed, power, heat & danger. The idea was to use an unexpected language from the standard “action” channels , something with style and personality, able to communicate the brand's strong attitude rather than just a genre. ditroit.it
CREDITS - Direction: Ditroit - Art Direction: Salvatore Giunta - Design: Salvatore Giunta, Cristian Acquaro - Modeling: Giovanni Mauro - Lighting and Shading: Cristian Acquaro - Rigging: Giovanni Mauro, Matteo Forghieri - Animation: Cristian Acquaro, Matteo Forghieri - Compositing: Salvatore Giunta - Editing: Luca Grandini - Production Company: Withstand - Executive Producer: Davide Ferazza - Production Manager: Iacopo Carapelli - Production Assistant: Egidio Sterpa - DOP: Mauro Chiarello - Camera Operator: Paolo Gobbi, Davide Bongiorni - Key Grip: Riccardo Vilella - Gaffer: Paolo Giovannetti - Elettrician: Corrado Belli, Luigi Grossi - Make-up Artist: Eva Pau - Stylist: Sara Jane - Talents: Olga, Ginevra, Egidio, Nicola - Sound Design: Smider - Agency: Lorenzo Banal - Client: AXN UK - Creative Direction: Fabio Ardemagni
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SAN BENEDETTO – Queste tutte le liste ed i candidati sindaco del territorio della Riviera delle Palme.
CARASSAI
LISTA: Viviamo Carassai Michetti Sindaco CANDIDATO SINDACO: Gianfilippo Michetti CANDIDATI CONSIGLIERI Stefano Bizzarri Luca Evandri Stefano Giangrossi Samuele Montani Mariano Pallottini Rosita Splendiani Gian Luca Totoni
LISTA: Rinasce Carassai CANDIDATO SINDACO: Tiziana Pallottini CANDIDATI CONSIGLIERI Tassi Antonio D’Angelo Pasqualino Ruggeri Luciano Marchetti Loris Marchetti Fabrizio Franchini Paola Maicol Polini
LISTA: Nuovi Orizzonti CANDIDATO SINDACO: Vincenzo Polini CANDIDATI CONSIGLIERI Maurizio Amadio Marino Mannocchi Roberto Marchionni Nadia Ficcadenti Tito Passamonti Ettore Porrà Giacomo Farina Adriana Pintilescu
COSSIGNANO
LISTA: Una visione comune CANDIDATO SINDACO: Arianna Pasqualini CANDIDATI CONSIGLIERI Mario Aureli Roberto Botticelli Samuele Di Pizio Rosella Guidotti Antonio Mascitti Francesco Partemi Serena Silvestri
LISTA: Esperienza e Futuro CANDIDATO SINDACO: Giancarlo Vesperini CANDIDATI CONSIGLIERI Guendalina Acquaroli Federico Buffone Elio Capecci Giovanni Cataldi Roberto De Angelis Andrea Di Nicola Roberto Maroni Alberto Matricardi Silvia Michetti Daniela Silvestri
CUPRA MARITTIMA
LISTA: Uniti per Cupra CANDIDATO SINDACO: Marino Mecozzi CANDIDATI CONSIGLIERI
Francesca Capocasa Giuseppina Piersimoni Maria Teresa Pomili Domenico Bonatesta Alfredo Mori Giuseppe Neroni “Pino” Michele Silla Claudio Ficcadenti Mirko Diomede Roberta Giudici Erica Pignotti Giovanni Pagliarini
LISTA: SiAmo Cupra CANDIDATO SINDACO: Alessio Piersimoni CANDIDATI CONSIGLIERI Roberto Amabili Stefano Brutti Anthony Cannella Fausto Giovanni Imberti Alessandra Lanciotti Remo Lelli Daniela Luciani Mirko Mignini Donatella Rodilossi Eleonora Sacchini Eleonora Lucio Spina Mariacristina Vallorani
LISTA: Cupra obiettivo comune CANDIDATO SINDACO: Luca Vagnoni CANDIDATI CONSIGLIERI Daniela Acciarri Simone Amabili Domenico Cesarini Manuel Coccia Graziano Cognigni Deborah Di Mambro Debora Lucidi Lucia Napoleone Mario Pulcini Valerio Sbaffoni Rachele Screpanti Lorella Virgili
MASSIGNANO
LISTA: Massignano che ascolta CANDIDATO SINDACO: Enrico Fioroni CANDIDATI CONSIGLIERI
Nazario Marcozzi Ilaria Brilli Barbara Di Nicola Ernesto Fioroni Jonatan Mori Fabrizio Marcozzi Settimio Marzetti
LISTA: Massignano Cambia CANDIDATO SINDACO: Massimo Romani CANDIDATI CONSIGLIERI Martina Alesiani Simone Cittadini Marco Crescenzi Oscar Giovannetti Matteo Massi Enzo Perozzi Alessandro Spinozzi Michelina Verdecchia
LISTA: Massignano nel Cuore CANDIDATO SINDACO: Walter Speca CANDIDATI CONSIGLIERI Simone Di Marco Roberto Bartolomeo Roberto Curzi Matteo Federici Lauretana Pennesi Roberta Poggi Nazzareno Rossi Gianluca Santori
MONSAMPOLO DEL TRONTO
LISTA: Uniti verso il Futuro CANDIDATO SINDACO: Pierluigi Caioni CANDIDATI CONSIGLIERI Pasqualino Bovara Emidio Ciabattoni Natalino Cinciripini Alessandro Esposito Sara Leonetti Federica Mascetti Fabrizio Nardinocchi Valeria Noci Luigi Pierantozzi Christian Starace Marika Travaglini Maurizio Troiani
LISTA: Progetto Comune CANDIDATO SINDACO: Massimo Narcisi CANDIDATI CONSIGLIERI Barbara Cocco Domenico De Angelis Alessia Esposto Gianni Felicioni Riccardo Gagliardi Gianni Luglio Armando Neroni Franca Noci Matteo Scarpetti Luca Schiavi Marco Teodori Giacomo Ulissi
MONTEFIORE DELL’ ASO
LISTA: Verso Montefiore CANDIDATO SINDACO: Lucio Porrà CANDIDATI CONSIGLIERI Renzo Alesiani Gabrio Bernabei Fernando Cameli Gloria Cannella Ilaria Cruciani Alberto Damiani Alessandro Giardinà Tonino Maurizi Stefania Paoloni Michele Pizi
MONTEPRANDONE
LISTA: Futura CANDIDATO SINDACO: Bruno Giobbi CANDIDATI CONSIGLIERI
Almonti Renato
Amabili Gianfranco
Burini Sonia in Vagnarelli
Cantalamessa Luigi
Capriotti Ermanno
Chiarini Giacinto
Ciarrocchi Aleksya
Gabrielli Marcello
Lattanzi Marino
Massacci Tamara
Marcantoni Alfredo
Pazzi Francesco
Perozzi Chiara
Rupilli Anna Maria
Straccia Daniela
Tenisci Loredana in Cipolloni
LISTA: Cittadini in Comune CANDIDATO SINDACO: Sergio Loggi CANDIDATI CONSIGLIERI Sergio Calvaresi Sara Catalini Martina Censori Marco Ciabattoni Massimiliano Coccia Meri Cossignani Christian Ficcadenti Fernando Gabrielli Roberta Iozzi Daniela Morelli Massimiliano Narcisi Simone Papili Anais Pedroni Antonio Riccio Marco Romandini Gianpietro Vallorani
LISTA: Uniti per la Città CANDIDATO SINDACO: Orlando Ruggieri CANDIDATI CONSIGLIERI Emerenziana Cappella Jessica Amadio Ketty Benigni Serena Calvaresi Antonio Camilli Alessio Capecci Stefano Ciampini Federica Coroneo Fabio Fares Stefania Grelli Ariano Olivieri Davide Passaretti Alessandro Savino Jacopo Spinozzi Sara Straccia Alessia Vannicola
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Omicidio Pasolini: chiesta la riapertura delle indagini ai pm di Roma
Nuova istanza alla procura di Roma per la riapertura delle indagini sulla morte di Pier Paolo Pasolini, avvenuta all���Idroscalo di Ostia il 2 novembre del 1975. A depositarla l’avvocato Stefano Maccioni, a nome del regista David Grieco e dello sceneggiatore Giovanni Giovannetti: nell’atto si chiede ai pm di piazzale Clodio di approfondire in modo più compiuto la questione legata ai tre Dna…
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Loro sono i protagonisti, ma lo siete anche voi. Il 12, 13 e 14 Gennaio il Teatro Stabile di Roma® #121314GENNAIO BIGLIETTI DISPONIBILI Prenota il tuo biglietto ridotto a 12 € mandando una mail a [email protected] --- #121314GENNAIO è il titolo che da il via a tre giorni di incredibile Teatro Interattivo al nuovo Teatro Stabile di Roma®. Non uno ma due spettacoli nella stessa serata, completamente diversi e complementari per un’ora e mezza di immersione nelle più diverse e suggestive atmosfere. In scena, per la prima volta, vedremo KIMONO e LO SHOW 2.0, produzioni originali dal Teatro Stabile di Roma® per la stagione 2017/18. Il pubblico verrà catapultato in suggestioni e storie che sarà proprio lui a decidere. Nella stessa sera, gli spettatori assisteranno a KIMONO, un format dalle atmosfere giapponesi nel quale il pubblico dovrà decidere il vero e proprio viaggio che l’eroe compirà grazie al suo Sensei per poi passare all’intrattenimento allo stato puro de LO SHOW 2.0, una rappresentazione che strizza l’occhiolino ai più grandi Show televisivi americani come Il David Letterman o il Saturday Night Live o ancora il Tonight Show di Jimmy Fellon. I nostri attori verranno coinvolti nelle prove più divertenti e a racontare le storie più incredibili che verranno, ancora una volta, interamente decise dal pubblico irriverente e scatenato della serata. Non dimentichiamoci che quello che succede all’interno degli spettacoli è unico e irripetibile; tornando ogni sera si vedranno spettacoli completamente diversi! Tre giorni di improvvisazione teatrale, teatro interattivo, immersivo, divertimento, comicità e, perché no... grandi emozioni. Ancora una volta sarà la totale interazione con il pubblico a rendere uniche le serate del 12, 13 e 14 Gennaio 2018, nella sede del nuovo Teatro Stabile di Roma® --- Prima Nazionale 12 Gennaio 2018 Ancora in scena il 13 e 14 Gennaio 2018 Ore 21:00 Teatro Stabile di Roma® una produzione originale Teatro Stabile di Roma® con Alfredo Angelini, Andrea Vannini, Clarissa Ciaccio, Davide Guzzardi, Elena Rossetto, Francesca Di Vetta, Francesco Guglielmi, Giovanni Salvatori, Laura Rotalinti, Lorenzo Giovannetti, Marco Valeri, Maria Beatrice Alonzi, Maria Teresa Robusto, Michaela Torricella, Pamela Placitelli, Paola Campagna, Stefania Nocca regia di Giorgia Mazzucato
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La rotonda dei bagni Palmieri; Giovanni Fattori, 1866, olio su tela. Firenze, Galleria d’arte moderna.
Anche in Italia, e soprattutto in Toscana, si vide un passaggio per l’arte dal Romanticismo di ispirazione storica, celebrativo e idealizzante, ad una pittura più spontanea di orientamento realista. Protagonisti di questo movimento furono prevalentemente degli artisti che erano soliti riunirsi al Caffè Michelangelo di Firenze per discutere di arte e di politica, e che col tempo elessero il “vero” a modello della propria arte, elaborando un modo originale i generi pittorici tradizionali, proponendo una pittura incentrata sui temi quotidiani e contemporanei. Questi artisti contestarono la priorità del disegno sul colore, e teorizzarono la semplificazione delle forte fino alla loro struttura essenziale. Abolirono il chiaroscuro e le velature, preferendo l’accostamento di toni differenti di colore per le luci e le ombre, un effetto “a macchia” analogo a quello dei bozzetti; definiti ironicamente “macchiaioli”, uno di essi, Telemaco Signorini, propose di farlo proprio, e da quel momento esso accompagnò l’attività del gruppo fino al 1875.
L’esponente più importante del gruppo dei macchiaioli fu il livornese Giovanni Fattori, che tra le più riuscite elaborazioni della tecnica “a macchia” realizzò la piccola tavola di taglio orizzontale sopra rappresentata. L’opera raffigura un gruppo di donne sedute davanti al mare, e tra loro vi è anche la giovane moglie dello stesso Fattori, Settimia Giovannetti, che, malata di tubercolosi, sarebbe morta di lì a un anno. La scena è ripresa frontalmente ed è ordinata, gli accordi cromatici sono armoniosi e gli unici toni che scartano sono quello azzurro del mare e il rosso dello scialle di una delle donne. Queste ultime, di spalle e in controluce, sembrano quasi sagome ritagliate e inserite nel dipinto; i contorni sono sfocati, i volti non definiti, e le forme, rese essenziali, sono rese mediante macchie compatte di colore. Così, nella natura intima della scena, le figure acquisiscono una loro solennità e l’atmosfera che le avvolge risulta quasi irreale.
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Dormi, Pavia, dormi
Dorme, Pavia, da anni orma. Spaventata dalla querela facile di qualche signorotto millantatore e sempre impegnata negli appelli umanitari per lavare le condanne e le accuse. Anche lì si organizzano safari antimafia con tanta difficoltà nel guardare in casa propria. Basta leggere l’articolo di Daniele Ferro per farsene un’idea:
Lombardia è terra fertile per i «proficui rapporti» tra ‘ndrangheta e…
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La Via Del Volto Santo
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La Via Del Volto Santo
La sua storia, i suoi “ospitali” e il suo percorso medievale
“Nell’anno del signore 1215, il giorno 3 di Maggio, io Barna del fu
Johannes de Neri, faccio testamento e parto. Questa volta non per un viaggio di affari, ma in pellegrinaggio al fine di ottenere il perdono dei peccati e sperare che il mio unico figlio, Maffeo, che viene con me e ha dodici anni, possa guarire del tutto. Ho salutato mia moglie Ludovica lasciandola alle cure di mio fratello Lapo e di mia cognata Maria. Alla mia penna d’oca e a questi fogli di pergamena affido il racconto del mio viaggio. Ho nel cuore la speranza di attraversare la terra di Garfagnana seguendo il corso del fiume Serchio e arrivare alla città di Lucca, nella cattedrale di San Martino, davanti al Volto Santo. Non ho mai percorso questa strada tra le montagne, meno battuta rispetto alla via di Monte Bardone; dicono sia più faticosa per i dislivelli. L’ho scelta per questo: perchè il nostro andare ci avvicini, passo dopo passo, a Dio”.Questo è l’inizio di uno stupendo diario romanzato che gli alunni dell’istituto comprensivo di Camporgiano e la professoressa Lucia Giovannetti hanno scritto per far riscoprire, comprendere e coinvolgere maggiormente il lettore su quello che rappresentava la Via del Volto Santo, le speranze dei pellegrini, far conoscere la vita di quel tempo e le tappe di questa medievale via. Cominciamo con il dire che i luoghi principe del pellegrinaggio medievale erano tre: il Santo Sepolcro in Gerusalemme, le tombe degli apostoli Pietro e Paolo a Roma e in Galizia e per precisione a Santiago di Compostela la tomba di San Giacomo.
 Insieme a queste mete tradizionali e imprescindibili (e meglio conosciute con il nome di “peregrinationes majores”), per i cristiani del tempo esistevano anche delle “stationes minori”, dei pellegrinaggi più brevi per capirsi, e offrivano a tutti coloro che non erano in grado di fare viaggi così lunghi e faticosi delle esperienze devozionali non meno sentite e partecipate. Fra queste “stationes minori” c’era proprio la Via del Volto Santo, che non era altro che unramo della ben più famosa Via Francigena (o via Romea) che collegava la Francia con Roma “Caput Mundi” (per approfondimenti http://paolomarzi.blogspot.com/le-antiche-strade-html), questo ramo passava dalla Lunigiana, attraversava la Garfagnana e arrivava a Lucca nella cattedrale di San Martino al cospetto del Volto Santo, statua lignea che la tradizione definisce “un’immagine acheropita”(non vi spaventate…vedremo dopo cosa significa), ma perchè direte voi questi poveri pellegrini invece di intraprendere la difficoltosa via delle montagne non si incamminavano sul ramo della Francigena che portava alla più agevole strada che passava dal mare? Si vede che qui i pericoli erano maggiori, a quel tempo la zona marittima era infestata da feroci pirati e per di più c’era il costante pericolo di contrarre malattie malariche, quindi si preferiva dirigersi fra le impervie montagne. Il cammino cominciava daPontremoli, una volta lasciata Pontremoli il pellegrino saliva ad Arzengio, da lì proseguiva per Ceretoli. Poi arrivava a Dobbiana (Filattiera) alla chiesa di San Giovanni Battista. Poi proseguiva per Serravalle, e si scendeva nel Bagnonese. Proprio dalla pieve di Sorano si fa iniziare la “Via del Volto Santo” che attraversa la Lunigiana toccava la pieve di Santa Maria di Venelia, Licciana Nardi, la Pieve di Soliera Apuana, Fivizzano, la Pieve di Offiano, Regnano, San Nicolao di Tea. Un ramo di strada proveniente dalla bassa Lunigiana toccava invece la Pieve dei Santi Cornelio e Cipriano a Codiponte. Ecco poi che si entrava in Garfagnana, la prima meta era la Pieve di San Lorenzo (Minucciano), Minucciano, Piazza al Serchio. Il percorso toccava poi San Donnino, Camporgiano, Castelnuovo, Gallicano, superava il Ponte del Diavolo, Borgo a Mozzano e poi si immetteva definitivamente per l’antica via romana, toccava i paesi di Diecimo, Valdottavo, Sesto di Moriano per arrivare a Lucca. Il tracciato aveva una lunghezza di circa 149 chilometri. Consideriamo poi che il pellegrinaggio era molto diffuso e non tutti “pellegrinavano” per il solito motivo, infatti c’erano due tipi di pellegrinaggio, esisteva quello cosiddetto devozionale che aveva il suo scopo nel chiedere grazia al Signore, mentre l’altro era un pellegrinaggio di tipo penitenziale, ed era originato da una forma di dura condanna per una colpa molto grave che il pellegrino stesso aveva commesso, così in questo modo si auto condannava a vagabondare in continuazione per terre sconosciute e chiedere colpa dei propri peccati a Dio.
Comunque sia questi devoti avevano tutti dei segni e delle caratteristiche che facevano si che venissero sempre riconosciuti, cosicchè portavano con sè il“bordone”, ovverosia il bastone, vestivano con una“schiavina”, soprabito lungo e ruvido e a tracolla avevano una bisaccia in pelle, dove all’interno erano custoditi soldi e cibo, segno inconfondibile era poi “la pazienza”, un cordone messo in vita come quello dei frati e così messi si incamminavo nella grazia di Dio, ma esposti a pericoli di ogni sorta. A dare man forte a questi fedeli c’erano gli“ospitali”, disseminati per tutte quelle strade che portavano verso i luoghi religiosi. Gli “ospitali” nel medioevo erano un posto destinato ad offrire ospitalità a chi ne avesse bisogno, in particolar modo proprio ai pellegrini che non avevano soldi per pagarsi un letto in una locanda, quasi sempre erano collocati al di fuori delle mura dei borghi, per permettere ai viaggiatori di trovare un giaciglio, anche se fossero arrivati a tarda sera, quando le porte dei paesi erano già chiuse. Erano istituzioni gestite da religiosi, quasi sempre adiacenti a una chiesa o a un monastero e vivevano di elemosine o di lasciti di cittadini, non erano certo un hotel a cinque stelle, anzi, generalmente offrivano un letto, spesso un pagliericcio in “cameroni” comuni e in qualche caso una minestra calda, in ogni modo erano fondamentali per il percorso che affrontava il pellegrino.
In Garfagnana ce n’erano molti e alcuni di questi erano proprio lungo la Via del Volto Santo, ma non vi furono solo“ospitali”, nei pressi dei guadi dei fiumi o sui valichi garfagnini furono erette torri con stanze che accoglievano i viaggiatori, queste gestite però da guide a pagamento, di queste torri non c’è quasi più alcun segno è invece rimasto segno di questi “ospitali”, come quello della Sambuca, qui sorgeva un monastero di suore che ospitava i viandanti, dall’altra sponda a Camporgiano c’è una chiesa dedicata a San Jacopo e che in antichità aveva anch’essa uno “spedale”, unito a quello di San Pellegrino, poi arriviamo a Castelnuovo dove sul colle San Nicolao vicino all’attuale ospedale c’era proprio “un’ospitale”, scendendo verso valle si arriva a Gallicano, qui si hanno notizie di un ennesimo “ospitale” adiacente alla chiesa di Santa Lucia, che dava alloggio ai viaggiatori per un solo giorno, tanta era l’affluenza di persone. Tutto questo peregrinare (mai vocabolo fu più azzeccato)come abbiamo visto, aveva come obiettivo finale il crocefisso del Volto Santo, collocato dentro la cattedrale di San Martino a Lucca. Ma perchè tutta questa venerazione millenaria per un crocefisso di legno? Tutto sta nella parola “acheropita”, cioè fatto da mano non umana, ma bensì divina. Si crede infatti che tale opera sia stata scolpita da Nicodemo (citato nel vangelo di Giovanni). Nicodemo non era proprio uno scultore provetto e così si attent�� nello scolpire nel legno la figura di Gesù, a quanto pare stanco dalla fatica si addormentò, lasciando da scolpire solo la testa, al suo risveglio il crocefisso era completato, gli angeli nella notte avevano lavorato per lui rappresentando su legno quello che sarebbe il vero volto di Cristo. Fra varie vicissitudini il manufatto arrivò a Lucca, che da quel giorno è venerato da tutti i lucchesi e non. La festa di Santa Croce si svolge il 13 settembre e per secoli i paesi e i villaggi che erano assoggettati a Lucca venivano obbligati a inviare rappresentanti in quel giorno di festa, i trasgressori avrebbero pagato con multe salatissime, si arrivava anche al pignoramento dei beni. Nessuno a Lucca quel giorno poteva essere incarcerato e si concedeva amnistia per i reati minori. Anche il Sommo Poeta, Dante Alighieri nella “Divina Commedia” arrivò a citare il Volto Santo, gettando all’inferno tale Martin Bottaio anziano magistrato lucchese, che nel cercar salvezza dalla pece ardente invocò l’aiuto dell’immagine sacra, i demoni gli risposero che la pece dell’inferno non era come le fresche acque del Serchio a cui era abituato e di darsi pace che…“Qui non ha loco il Volto Santo”…
Bibliografia
“Un viaggio nel medioevo lungo la Via del Volto Santo” Istituto comprensivo di Camporgiano Autori: Misia Casotti, Matteo Conti, Nicole Conti, Mauro Grandini, Alessia Lartini, Valerio Lorenzetti, Veronica Pardini, Francesco Pedri, Jarno Rocchiccioli, Monia Talani. Insegnante: Lucia Giovannetti
“Storia delle tappe in Garfagnana. La Garfagnana e la Via del Volto Santo” di Andrea Giannasi
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La Via Del Volto Santo
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La Via Del Volto Santo
La sua storia, i suoi “ospitali” e il suo percorso medievale
“Nell’anno del signore 1215, il giorno 3 di Maggio, io Barna del fu
Johannes de Neri, faccio testamento e parto. Questa volta non per un viaggio di affari, ma in pellegrinaggio al fine di ottenere il perdono dei peccati e sperare che il mio unico figlio, Maffeo, che viene con me e ha dodici anni, possa guarire del tutto. Ho salutato mia moglie Ludovica lasciandola alle cure di mio fratello Lapo e di mia cognata Maria. Alla mia penna d’oca e a questi fogli di pergamena affido il racconto del mio viaggio. Ho nel cuore la speranza di attraversare la terra di Garfagnana seguendo il corso del fiume Serchio e arrivare alla città di Lucca, nella cattedrale di San Martino, davanti al Volto Santo. Non ho mai percorso questa strada tra le montagne, meno battuta rispetto alla via di Monte Bardone; dicono sia più faticosa per i dislivelli. L’ho scelta per questo: perchè il nostro andare ci avvicini, passo dopo passo, a Dio”.Questo è l’inizio di uno stupendo diario romanzato che gli alunni dell’istituto comprensivo di Camporgiano e la professoressa Lucia Giovannetti hanno scritto per far riscoprire, comprendere e coinvolgere maggiormente il lettore su quello che rappresentava la Via del Volto Santo, le speranze dei pellegrini, far conoscere la vita di quel tempo e le tappe di questa medievale via. Cominciamo con il dire che i luoghi principe del pellegrinaggio medievale erano tre: il Santo Sepolcro in Gerusalemme, le tombe degli apostoli Pietro e Paolo a Roma e in Galizia e per precisione a Santiago di Compostela la tomba di San Giacomo.
 Insieme a queste mete tradizionali e imprescindibili (e meglio conosciute con il nome di “peregrinationes majores”), per i cristiani del tempo esistevano anche delle “stationes minori”, dei pellegrinaggi più brevi per capirsi, e offrivano a tutti coloro che non erano in grado di fare viaggi così lunghi e faticosi delle esperienze devozionali non meno sentite e partecipate. Fra queste “stationes minori” c’era proprio la Via del Volto Santo, che non era altro che unramo della ben più famosa Via Francigena (o via Romea) che collegava la Francia con Roma “Caput Mundi” (per approfondimenti http://paolomarzi.blogspot.com/le-antiche-strade-html), questo ramo passava dalla Lunigiana, attraversava la Garfagnana e arrivava a Lucca nella cattedrale di San Martino al cospetto del Volto Santo, statua lignea che la tradizione definisce “un’immagine acheropita”(non vi spaventate…vedremo dopo cosa significa), ma perchè direte voi questi poveri pellegrini invece di intraprendere la difficoltosa via delle montagne non si incamminavano sul ramo della Francigena che portava alla più agevole strada che passava dal mare? Si vede che qui i pericoli erano maggiori, a quel tempo la zona marittima era infestata da feroci pirati e per di più c’era il costante pericolo di contrarre malattie malariche, quindi si preferiva dirigersi fra le impervie montagne. Il cammino cominciava daPontremoli, una volta lasciata Pontremoli il pellegrino saliva ad Arzengio, da lì proseguiva per Ceretoli. Poi arrivava a Dobbiana (Filattiera) alla chiesa di San Giovanni Battista. Poi proseguiva per Serravalle, e si scendeva nel Bagnonese. Proprio dalla pieve di Sorano si fa iniziare la “Via del Volto Santo” che attraversa la Lunigiana toccava la pieve di Santa Maria di Venelia, Licciana Nardi, la Pieve di Soliera Apuana, Fivizzano, la Pieve di Offiano, Regnano, San Nicolao di Tea. Un ramo di strada proveniente dalla bassa Lunigiana toccava invece la Pieve dei Santi Cornelio e Cipriano a Codiponte. Ecco poi che si entrava in Garfagnana, la prima meta era la Pieve di San Lorenzo (Minucciano), Minucciano, Piazza al Serchio. Il percorso toccava poi San Donnino, Camporgiano, Castelnuovo, Gallicano, superava il Ponte del Diavolo, Borgo a Mozzano e poi si immetteva definitivamente per l’antica via romana, toccava i paesi di Diecimo, Valdottavo, Sesto di Moriano per arrivare a Lucca. Il tracciato aveva una lunghezza di circa 149 chilometri. Consideriamo poi che il pellegrinaggio era molto diffuso e non tutti “pellegrinavano” per il solito motivo, infatti c’erano due tipi di pellegrinaggio, esisteva quello cosiddetto devozionale che aveva il suo scopo nel chiedere grazia al Signore, mentre l’altro era un pellegrinaggio di tipo penitenziale, ed era originato da una forma di dura condanna per una colpa molto grave che il pellegrino stesso aveva commesso, così in questo modo si auto condannava a vagabondare in continuazione per terre sconosciute e chiedere colpa dei propri peccati a Dio.
Comunque sia questi devoti avevano tutti dei segni e delle caratteristiche che facevano si che venissero sempre riconosciuti, cosicchè portavano con sè il“bordone”, ovverosia il bastone, vestivano con una“schiavina”, soprabito lungo e ruvido e a tracolla avevano una bisaccia in pelle, dove all’interno erano custoditi soldi e cibo, segno inconfondibile era poi “la pazienza”, un cordone messo in vita come quello dei frati e così messi si incamminavo nella grazia di Dio, ma esposti a pericoli di ogni sorta. A dare man forte a questi fedeli c’erano gli“ospitali”, disseminati per tutte quelle strade che portavano verso i luoghi religiosi. Gli “ospitali” nel medioevo erano un posto destinato ad offrire ospitalità a chi ne avesse bisogno, in particolar modo proprio ai pellegrini che non avevano soldi per pagarsi un letto in una locanda, quasi sempre erano collocati al di fuori delle mura dei borghi, per permettere ai viaggiatori di trovare un giaciglio, anche se fossero arrivati a tarda sera, quando le porte dei paesi erano già chiuse. Erano istituzioni gestite da religiosi, quasi sempre adiacenti a una chiesa o a un monastero e vivevano di elemosine o di lasciti di cittadini, non erano certo un hotel a cinque stelle, anzi, generalmente offrivano un letto, spesso un pagliericcio in “cameroni” comuni e in qualche caso una minestra calda, in ogni modo erano fondamentali per il percorso che affrontava il pellegrino.
In Garfagnana ce n’erano molti e alcuni di questi erano proprio lungo la Via del Volto Santo, ma non vi furono solo“ospitali”, nei pressi dei guadi dei fiumi o sui valichi garfagnini furono erette torri con stanze che accoglievano i viaggiatori, queste gestite però da guide a pagamento, di queste torri non c’è quasi più alcun segno è invece rimasto segno di questi “ospitali”, come quello della Sambuca, qui sorgeva un monastero di suore che ospitava i viandanti, dall’altra sponda a Camporgiano c’è una chiesa dedicata a San Jacopo e che in antichità aveva anch’essa uno “spedale”, unito a quello di San Pellegrino, poi arriviamo a Castelnuovo dove sul colle San Nicolao vicino all’attuale ospedale c’era proprio “un’ospitale”, scendendo verso valle si arriva a Gallicano, qui si hanno notizie di un ennesimo “ospitale” adiacente alla chiesa di Santa Lucia, che dava alloggio ai viaggiatori per un solo giorno, tanta era l’affluenza di persone. Tutto questo peregrinare (mai vocabolo fu più azzeccato)come abbiamo visto, aveva come obiettivo finale il crocefisso del Volto Santo, collocato dentro la cattedrale di San Martino a Lucca. Ma perchè tutta questa venerazione millenaria per un crocefisso di legno? Tutto sta nella parola “acheropita”, cioè fatto da mano non umana, ma bensì divina. Si crede infatti che tale opera sia stata scolpita da Nicodemo (citato nel vangelo di Giovanni). Nicodemo non era proprio uno scultore provetto e così si attentò nello scolpire nel legno la figura di Gesù, a quanto pare stanco dalla fatica si addormentò, lasciando da scolpire solo la testa, al suo risveglio il crocefisso era completato, gli angeli nella notte avevano lavorato per lui rappresentando su legno quello che sarebbe il vero volto di Cristo. Fra varie vicissitudini il manufatto arrivò a Lucca, che da quel giorno è venerato da tutti i lucchesi e non. La festa di Santa Croce si svolge il 13 settembre e per secoli i paesi e i villaggi che erano assoggettati a Lucca venivano obbligati a inviare rappresentanti in quel giorno di festa, i trasgressori avrebbero pagato con multe salatissime, si arrivava anche al pignoramento dei beni. Nessuno a Lucca quel giorno poteva essere incarcerato e si concedeva amnistia per i reati minori. Anche il Sommo Poeta, Dante Alighieri nella “Divina Commedia” arrivò a citare il Volto Santo, gettando all’inferno tale Martin Bottaio anziano magistrato lucchese, che nel cercar salvezza dalla pece ardente invocò l’aiuto dell’immagine sacra, i demoni gli risposero che la pece dell’inferno non era come le fresche acque del Serchio a cui era abituato e di darsi pace che…“Qui non ha loco il Volto Santo”…
Bibliografia
“Un viaggio nel medioevo lungo la Via del Volto Santo” Istituto comprensivo di Camporgiano Autori: Misia Casotti, Matteo Conti, Nicole Conti, Mauro Grandini, Alessia Lartini, Valerio Lorenzetti, Veronica Pardini, Francesco Pedri, Jarno Rocchiccioli, Monia Talani. Insegnante: Lucia Giovannetti
“Storia delle tappe in Garfagnana. La Garfagnana e la Via del Volto Santo” di Andrea Giannasi
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