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Italian Gardens are the Best Gardens
May1324
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I LUOGHI DELL'ANIMA
Isola Bella
Ci sono voluti quasi quattrocento anni e il lavoro di squadra di centinaia di architetti, ingegneri, stuccatori, pittori ed ebanisti per dar luogo alla straordinaria trasformazione dell’Isola Bella da scoglio in luogo di delizie.
Fino al 1630 l’isola Bella era uno scoglio abitato da pescatori, con due piccole chiese e qualche orto. I Borromeo, già proprietari dell’Isola Madre dal 1501, dal primo ventennio del Seicento con Giulio Cesare III e Carlo III concentrano i propri interessi sull’isola, dando avvio al grandioso progetto che porterà alla creazione del Palazzo e del giardino.
Questo intento verrà portato avanti, ampliato e definito da Vitaliano VI a tutti gli effetti considerato il fondatore dell’Isola Bella. I lavori che hanno portato all’attuale assetto si susseguono senza interruzione anche successivamente durante tutto il Settecento e l’Ottocento, fino ad arrivare al 1948 quando con Vitaliano IX Borromeo vengono costruiti il Salone Nuovo, la facciata settentrionale e il grande molo.
COSA VEDERE
Palazzo Borromeo
Il Barocco nella sua massima espressione
Un affascinante percorso tra arte e storia accompagna nelle oltre 20 sale. Cuore di Palazzo Borromeo, la Galleria Berthier è un mosaico di oltre 130 quadri che include capolavori e alcune copie di grandi maestri del passato del calibro di Raffaello, Correggio, Tiziano, Guido Reni – prassi ricorrente nelle collezioni nobiliari dell’epoca. Ambienti unici sono la Sala del Trono, la Sala delle Regine, il Salone degli Arazzi e le Grotte, nate per stupire gli ospiti trasportandoli in un magico mondo marino.
...e qui ci fermiamo, invitando a consultare il seguente link per scoprire le bellezze dell'Isola Bella:
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Louis Vuitton all’Isola Bella
Nella primavera inoltrata, il lago Maggiore ha il suo cuore in una delle sue zona più magiche, l’Isola Bella. Il palazzo e il giardino sull’acqua, da secoli nobile esempio del Barocco ed amato da tantissimi visitatori che ogni anno attraversano il Golfo Borromeo per ammirarlo, si stanno preparando per un’occasione speciale, infatti il 24 maggio faranno da cornice alla sfilata della collezione Cruise 2024 di Louis Vuitton. Si tratta di una scelta, quella del direttore creativo della maison Nicolas Ghesquière, che si colloca perfettamente nella linea già seguita nelle occasioni precedenti, accomunate dalla selezione di location esclusive e in grado di esaltare lo spirito del viaggio alla scoperta di luoghi straordinari, dalla California al Giappone. Così il tesoro che la famiglia Borromeo custodisce da secoli sul lago Maggiore, con tutte le sue bellezze, non poteva non attrarre l’interesse della casa di moda e, dopo 450 anni di storia, sarà il protagonista di una prima volta tutta da vivere. Fino al 1630 l’Isola Bella, non molto lontano da Stresa, era solo un lembo di terra e roccia prevalentemente abitata da pescatori. Ma con l’arrivo del duca Carlo III Borromeo e in seguito dei figli Giberto III e Vitaliano VI, l’isola cambiò completamente volto, diventando un complesso di grande impatto scenografico, dalla forma di un immaginario vascello con una sontuosa villa edificata nella parte più stretta a settentrione, mentre il giardino venne sistemato nella più ampia zona meridionale. I lavori dureranno secoli, terminando solo nel secondo dopoguerra, quando il principe Vitaliano X Borromeo Arese fece costruire il Salone Grande, la facciata settentrionale e il grande molo che si trova all’estremità superiore dell’isola. L’interno del palazzo barocco, in un continuo susseguirsi di sale arredate con tele di artisti come il napoletano Luca Giordano, il toscano Francesco Zuccarelli e il fiammingo Pieter Mulier detto il Tempesta, è un ambiente elegante e raffinato, con mobili di gran pregio, marmi, stucchi neoclassici, sculture e arazzi di produzione fiamminga del XV secolo. Di grande interesse storico sono la Sala della Musica, dove nel 1935 si svolse la Conferenza di Stresa tra Mussolini, Laval e Mac Donald e la Sala di Napoleone che vi soggiornò con la moglie Giuseppina Beauharnais. Dopo aver terminato la visita alla villa si arriva all’esempio più splendido e grandioso di giardino barocco all’italiana, composto di dieci terrazze digradanti, con vasche, fontane, prospettive architettoniche e una moltitudine di statue della seconda metà del ‘600 che rappresentano le personificazioni di fiumi, stagioni e venti. Gli ambienti sono delimitati da una serie di muraglie e balaustre in cui s’intravedono i punti da cui sgorgavano zampilli, fontane, cascatelle e giochi d’acqua. Il clima mite, ha permesso la crescita di piante come azalee e rododendri, di pompelmi e arance amare, orchidee e piante carnivore, oltre a un grosso canforo vecchio di duecento anni. Read the full article
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È Viva Santa Candida l’evento molto gradito da tutti coloro che amano l’isola Ventotene.
Perché Santa Candida è l'emblema dell'Accoglienza di Ventotene
Santa Candida, una donna, raccolta dal mare e diventata la patrona di Ventotene. La festa patronale di Santa Candida è stata insignita, dal Ministero del Turismo, del riconoscimento speciale di "Patrimonio d'Italia per la tradizione" nel 2011.
"La leggenda racconta che nel IV secolo, durante la persecuzione dei cristiani, Cartagine venne rasa al suolo e una giovinetta di nome Candida, insieme ad altri cristiani, venne deportata a Roma, torturata e marterizzata a Ponza. Il suo corpo fu gettato in mare e ritrovato il 20 di settembre a Ventotene, presso la cala del Pozzillo. Nel 1774 i Borbonici edificarono la chiesa e la intitolarono a suo nome, quale Santa Patrona dei pescatori e degli agricoltori. " (da VisitLazio).
La festa di Santa Candida è dunque l'emblema dell'accoglienza. Pescatori e agricoltori di Ventotene accolgono una giovinetta e l'accettano come loro patrona è già tutto dire. La festa patronale rafforza questa virtù isolana.
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La mattina presto della stessa giornata, si aprono i ristoranti, e le case degli isolani, persino il forno del paese, e tutte le persone che sono sull'isola, in corteo, accompagnati dalla banda cittadina, si fermano per fare più volte colazione iniziando proprio in piazza chiesa dove Rosella e Davide Gargiulo insieme con altri amici hanno organizzato una tavola con i prodotti locali per colazione. Il corteo prosegue verso l'hotel
‘Isola Bella’ dove ci sono abbondanti colazioni per circa 300 persone...ma la cosa più spettacolare è la bella vista sul mare . Colazione si fa anche agli altri ristoratori dell’isola: antico forno Aiello, Il Giardino, Parata Grande, privato anche piccola colazione offerta da Candida Silvestri in memoria della sua mamma deceduta anni fa subito della processione di Santa Candida ) ,Bar Verde ,Terrazza Mimi …
A mezzanotte i fuochi d’artificio in porto nuovo è una cosa importante per tutti … La festa finisce il 21 settembre al mattino quando la nave parte per Formia ancora si sente la voce Viva Santa Candida !
È come si forse anno nuovo per tutti …sento il mio cuore spezzarsi quando me ne vado… mi dispiace tanto lasciare quest'isola..soprattutto visto che il 21 settembre è il mio compleanno che poi festeggio qui con tutti amici da 10 anni è più bello della mia vita. Elena
Viva Santa Candida.
L’articolo di @likarotarublogger @elenarodicarotaru-blog
#festa#Santa#religiosa#ventotene#fashionbloggerstylebloggerofinstagram♥️♥️♥️♥️#articolo#byelenarotaru#fotografie#youtube video#fuochidartificio#Youtube
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IL GIARDINO DI PALAZZO NATTA A NOVARA
Se andiamo a leggere nel sito della ATL (Azienda Turistica Locale) della Provincia di Novara, sotto la voce Palazzo Natta, sede della Provincia e della Prefettura, dopo alcune note storiche e artistiche sul palazzo, si legge: "... Al primo piano sono visibili affreschi dei pittori De Giorgi e Rizzotti. Di particolare pregio il giardino, che ha subito un restauro conservativo nel 1998. Al centro, si trova una bella fontana in marmo rosa di Baveno, mentre una grande esedra modanata di gusto settecentesco – eseguita in piccoli sassolini bianchi e neri, che può ricordare i “rocaille” (presenti nelle grotte dei giardini dell’isola Bella) – chiude sul fondo del giardino e inquadra un trompe-l’oeil, non perfettamente leggibile. Da segnalare, inoltre, alcune essenze botaniche di raro pregio quali ad esempio un bicentenario Taxus bacatum." Molto interessante. Certo il trompe-l'oeil "non perfettamente leggibile" va tradotto con un "cade a pezzi", così come la "bella fontana" è in realtà tutta sbrecciata e mal ridotta e i sassolini bianchi e neri dell'esedra non sono che un lontano ricordo. Tuttavia, il giardino è suggestivo e credo che il torto maggiore che i cittadini novaresi stiano subendo, non sia tanto le condizioni non perfette in cui versa, ma il fatto che il giardino sia chiuso, invisibile, sbarrato. Solo in qualche circostanza i cittadini possono accedere a questa piccola meraviglia vegetale nel pieno centro della città, per esempio durante il festival di "Novara Jazz" o in pochissime altre circostanze. E' un modo di intendere la "cosa pubblica" superato. Se molti nostri palazzi, a cominciare dal Quirinale, sono denominati come "Casa degli italiani", con l'intento di farli sentire parte della nostra comunità di beni oltre che di idee e tradizioni, è giusto che non si tratti solo di affermazioni simboliche o retoriche, ma che questi beni vengano resi accessibili alla cittadinanza. L'oasi verde di Palazzo Natta, sarebbe un vero giardino-gioiello che andrebbe restituito alla fruizione di passanti, cittadini, turisti. A Parigi la sindaca Anne Hidalgo ha da tempo intrapreso un'operazione di restituzione di piccoli spazi verdi alla cittadinanza, per esempio nel quartiere del Marais, sono nati piccoli orti di erbe aromatiche, cortiletti e "passages" con deliziose aiuole, qualche panchina e zampilli d'acqua. Novara ha altri spazi verdi che dovrebbero essere resi agibili, penso per esempio al giardinetto dinnanzi alla ex Intendenza di Finanza o il cortile del Museo Faraggiana; così come la Curia (e qui il discorso si fa più complesso), dovrebbe rendere agibile il giardino del Vescovado. Si tratta di un modo civile ed elegante di far sentire i cittadini come "padroni in casa loro", visto che siamo in tempi di facili slogan. Attendo un segnale, è chiedere troppo?
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Il lago Maggiore e le sue placide acque blu nascondono infinite sorprese tutte da scoprire. E questa è l’occasione perfetta per tornare ad ammirare alcune delle bellezze italiane che tutto il mondo ci invidia. Dal 18 maggio, infatti, Terre Borromeo ha riaperto i battenti dei più importanti siti turistici della regione lacustre: stiamo parlando dell’Isola Bella, dell’Isola Madre e della Rocca di Angera. Naturalmente, sarà fondamentale rispettare le nuove norme di sicurezza quale il distanziamento sociale, ed è inoltre incentivato l’acquisto online dei biglietti per i musei, così da ridurre i tempi di attesa all’ingresso – e di conseguenza gli eventuali assembramenti. Ma questo è un piccolo prezzo da pagare per poter tornare a godere dello splendore di queste perle del lago Maggiore. Al largo del bellissimo borgo di Stresa, uno dei gioielli piemontesi per eccellenza, sorgono le Isole Borromee, minuscolo arcipelago composto da quattro isole e uno scoglio. In origine appartenenti alla famiglia dei Borromeo, attualmente rimangono di loro proprietà solamente l’Isola Madre e l’Isola Bella. La prima, che è anche la più grande dell’arcipelago, accoglie il suggestivo Palazzo Borromeo: capolavoro architettonico del ‘500, custodisce al suo interno arredi originali e pregiate opere d’arte. Altrettanto affascinante è il giardino all’inglese, un vero e proprio patrimonio botanico in cui potrete immergervi godendo del contatto con la natura – e, di tanto in tanto, di qualche scorcio azzurro tra il verde rigoglioso. L’Isola Bella – Foto: 123rf L’Isola Bella è invece famosa per il suo ampio giardino all’italiana, splendore barocco che occupa quasi per intero questo piccolo fazzoletto di terra. Piante esotiche, fiori coloratissimi e deliziose architetture si alternano sino a dare vita ad un paradiso di rara bellezza. Una delle perle dell’isola è il Teatro, un tempo luogo di rappresentazioni sceniche destinate alla famiglia Borromeo: potrete ammirarvi splendide statue perfettamente conservate. La Rocca di Angera si trova invece sulla sponda orientale del lago Maggiore, in quella che è la sua estremità meridionale, in territorio lombardo. Arroccata su un promontorio roccioso, sorge in una posizione incantevole, affacciata sulle acque del lago e incorniciata nel paesaggio delle Prealpi lombarde. Al suo interno potrete ammirare le deliziose Sale Storiche, tra preziosi affreschi e ricchissime decorazioni. E potrete rimanere a bocca aperta davanti alle esposizioni del Museo della bambola e del giocattolo, facendo un vero e proprio tuffo indietro ai tempi della vostra infanzia. La Rocca di Angera – Foto: 123rf https://ift.tt/2XcwQBo Riaprono le bellezze del lago Maggiore, gioielli di inestimabile valore Il lago Maggiore e le sue placide acque blu nascondono infinite sorprese tutte da scoprire. E questa è l’occasione perfetta per tornare ad ammirare alcune delle bellezze italiane che tutto il mondo ci invidia. Dal 18 maggio, infatti, Terre Borromeo ha riaperto i battenti dei più importanti siti turistici della regione lacustre: stiamo parlando dell’Isola Bella, dell’Isola Madre e della Rocca di Angera. Naturalmente, sarà fondamentale rispettare le nuove norme di sicurezza quale il distanziamento sociale, ed è inoltre incentivato l’acquisto online dei biglietti per i musei, così da ridurre i tempi di attesa all’ingresso – e di conseguenza gli eventuali assembramenti. Ma questo è un piccolo prezzo da pagare per poter tornare a godere dello splendore di queste perle del lago Maggiore. Al largo del bellissimo borgo di Stresa, uno dei gioielli piemontesi per eccellenza, sorgono le Isole Borromee, minuscolo arcipelago composto da quattro isole e uno scoglio. In origine appartenenti alla famiglia dei Borromeo, attualmente rimangono di loro proprietà solamente l’Isola Madre e l’Isola Bella. La prima, che è anche la più grande dell’arcipelago, accoglie il suggestivo Palazzo Borromeo: capolavoro architettonico del ‘500, custodisce al suo interno arredi originali e pregiate opere d’arte. Altrettanto affascinante è il giardino all’inglese, un vero e proprio patrimonio botanico in cui potrete immergervi godendo del contatto con la natura – e, di tanto in tanto, di qualche scorcio azzurro tra il verde rigoglioso. L’Isola Bella – Foto: 123rf L’Isola Bella è invece famosa per il suo ampio giardino all’italiana, splendore barocco che occupa quasi per intero questo piccolo fazzoletto di terra. Piante esotiche, fiori coloratissimi e deliziose architetture si alternano sino a dare vita ad un paradiso di rara bellezza. Una delle perle dell’isola è il Teatro, un tempo luogo di rappresentazioni sceniche destinate alla famiglia Borromeo: potrete ammirarvi splendide statue perfettamente conservate. La Rocca di Angera si trova invece sulla sponda orientale del lago Maggiore, in quella che è la sua estremità meridionale, in territorio lombardo. Arroccata su un promontorio roccioso, sorge in una posizione incantevole, affacciata sulle acque del lago e incorniciata nel paesaggio delle Prealpi lombarde. Al suo interno potrete ammirare le deliziose Sale Storiche, tra preziosi affreschi e ricchissime decorazioni. E potrete rimanere a bocca aperta davanti alle esposizioni del Museo della bambola e del giocattolo, facendo un vero e proprio tuffo indietro ai tempi della vostra infanzia. La Rocca di Angera – Foto: 123rf Le isole del lago Maggiore e la Rocca di Angera sono solo alcune delle perle di questa regione lacustre: è questa l’occasione giusta per scoprirle.
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22 GEN 2020 18:47
VIVA ARBASINO! IL GRANDE SCRITTORE COMPIE OGGI 90 ANNI – L'INTERVISTA DI MALCOM PAGANI: ''SI È DECISO A TAVOLINO CHE I NOSTRI BEST-SELLER DOVESSERO ESSERE AL LIVELLO DEL FRUITORE. VENDONO MOLTISSIMO. SONO UN PRODOTTO DA BANCO. UNO SHAMPOO. FORSE SONO PIÙ ALTERNATIVO, IO'' - SASSOLINI SU VISCONTI E ANTONIONI (“CHE PALLE”), SU NANNI MORETTI IL “MORALISTA”, SU MORAVIA “PERMALOSO”, SUGLI ANNI ’70: ‘’FIGLI DEI FIORI IN CALIFORNIA, ASSASSINI IN ITALIA”…
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Malcom Pagani per il “Fatto quotidiano” del 14 luglio 2014
Pur refrattario all’elaborazione di un saggio sul maleducato da carrozza: “Il tempo è prezioso e la tolleranza costa già un notevole sforzo”, Alberto Arbasino soffre treni, scompartimenti e vicini ciarlieri. “Prendere le cosiddette vetture silenziose, che poi tanto silenziose non sono, è un’accortezza inutile”. Parlano tutti ad alta voce: “Dei fatti loro, dell’intimo, del personale”.
E il vento caldo delle sue piccole vacanze in Spagna: “Andavamo alle Baleari. Ibiza era meravigliosa e Formentera non era altro che una lingua di sabbia tagliata dal taxi che ci portava da un lato all’altro dell’isola per il pranzo” o “i flautisti da giardino che ascoltavo d’estate dall’ammezzato di una delle mie prime case romane” non tornano a visitare la stagione dei suoi 84 anni.
Luglio è quasi a metà, sulla terrazza il fico ha foglie di un verde innaturale e Arbasino indossa la camicia color kaki di chi sa come attraversare il suo deserto: “Di sera esco ancora volentieri, anche se scivolare dalla Via Veneto prefelliniana alla cena in Piazza Navona, non mi accadrà più. Con Ercolino Patti, Sandro De Feo e Cesare Brandi succedeva spesso. Cesare aveva un piccolo pied-à-terre e dopo una giornata di lavoro casalinga non covava il desiderio della minestrina nel tinello.
Così si usciva in gruppo e si stava insieme fino alle due di notte. Mi stupivo. Lavoravano come ossessi e scrivevano senza sosta, ma non rinunciavano a vivere. Ridursi male comunque era difficile. Non tralignavamo mai. Un bicchiere, forse due. Si beveva il giusto, con moderazione”. Della grande casa con le sue iniziali sulla porta, conosce oro, incenso e giacimenti.
Quando cerca nella biblioteca un volume di De Chirico: “Me lo regalò lui in Via della Vite, in fondo ci sono anche delle note a penna”, insegue un nome sulla Garzantina: “L’editore fiorentino di cui le parlavo era Carocci”, sventa l’attentato dell’ospite superando agile uno zaino sulla moquette o rimpiange con discrezione la mancanza di un computer: “Non lo possiedo, per alfabetizzarsi è tardi, ma ne sento la mancanza”, Arbasino denuncia il perpetuo movimento che dalla fine degli anni 50, immobile non l’ha fatto mai restare.
Anche se i baffi di quando intervistava Borges sono un ricordo fotografico, è nell’autoscatto del tempo che fu: “Self-made man di origini decadenti (nato a Voghera nel 1930, rinato a Roma nel 1957) con la tentazione di vivere come se. Cioè come se abitassimo una società civilissima, illuminata e cosmopolita...” e nei versi ancora attualissimi di Super-Eliogabalo: “Senza pietre di paragone/ né pretese di perfezione/ se ragiono/ a tono/ funziono/ a una condizione/ diventare ciò che sono/ non chi impersono” che Arbasino può vantare la curiosità di chi ha guardato il mondo senza curarsi delle “ultime novità”.
Lo stile nemico della semplificazione: “Per far contenti tutti e raggiungere le edicole degli areoporti non si può rinunciare all’ambiguità, alla notte, al mistero, all’oscurità”. L’amicizia con Agnelli: “Ci vedevamo spesso, dietro la sua raffinatezza pulsavano frequentazioni e lezioni erudite, Mario Tazzoli, Luigi Carluccio e Franco Antonicelli che alle signore di Voghera consigliava di servire i cioccolatini in coppe di cristallo”.
Il mondo dell’avvocato come ouverture per altri 92 splendidi e diseguali Ritratti italiani raccolti per Adelphi. Ironia, affinità elettive, distanze e convergenze di Arbasino con i pensatori del suo tempo si allineano sotto l’ombrello di un illusorio ordine alfabetico. Sono volti, echi e disegni di passato senza data. Incontri con imprenditori, registi e letterati. Quadri non sovrapponibili.
Cornici di un’età irripetibile. Sulla parete d’ingresso, nel tratto grasso di un pennarello nero, uno schizzo che Pasolini donò allo scrittore durante un’intervista: “Arbasino, in un atto di industria culturale (abbietto, naturalmente)”. Gli zigomi duri, nota Arbasino: “Sono i suoi” come la freccia che Pasolini indirizza a se stesso: “Io mentre aspetto che scriva le domande a cui nobilmente rispondere”.
Lei arriva a Roma negli anni Cinquanta.
Avevo poco più di vent’anni e non la pensavo diversamente da Paul Nizan: ‘Non permetterò a nessuno di dire che è la più bella età della vita’. Quando si parla di Arcadia bisognerebbe essere cauti. In Italia la ricostruzione era a buon punto, ma ci sembrava comunque un’epoca noiosissima, una lunga stagione morta.
Sfogandosi con lei, Pasolini parla di un “ridicolo decennio”.
È un decennio di paradossi e contraddizioni. Di ultimi fuochi, di cambiamenti, di libera sessualità dietro le dune e le pinete e di libri straordinari. Lo osservavo, lo criticavo, lo subìvo il decennio dei ’50, poi adocchiavo la letteratura e mi chiedevo: ‘Come è possibile?’. Di mese in mese, anzi di giorno in giorno, in libreria era una festa. Il Pasticciaccio gaddiano, Menzogna e Sortilegio, Il Disprezzo e La noia, gli ultimi due romanzi veramente belli di Moravia.
Glielo disse che erano gli ultimi?
Con Alberto ce ne facemmo e dicemmo di cotte e di crude. Da ragazzo era antipatico. Da uomo maturo dispettoso, prepotente ed eccessivamente prono al partito. In vecchiaia ci rappattumammo. Non ripeteva più ‘uffa uffa’ con severo cipiglio, ma in trattoria, davanti alle pere cotte, gridava: ‘Semo tutti peracottari’. Gli era venuta voglia di ridere. È superfluo dirlo, ma mi manca moltissimo, non solo nell’ultima veste giocosa.
Eravate entrambi permalosi?
Lui sicuramente. Io mai, altrimenti non sarei arrivato fin qui. Alberto era ispido ed era capace di lunghissimi silenzi. Quando compì settant’anni gli portai 7 fazzolettini da Parigi. Aveva il vezzo di annodarli al collo e mi impegnai nell’acquisto. Li avevo cercati con perizia: grandi marche, colori magnifici, confezione adeguata. Li soppesò e poi disse: ‘Li conosco, a Roma li chiamano strangolini’.
Faceva parte degli intellettuali suscettibili?
Lui no, ma non mancavano. C’erano persone che non tolleravano neanche l’afrore del giudizio critico e si adombravano se non si ragionava delle loro opere dal superlativo in su. In supporto non mancavano mai teorie di corifei. Gente che generosamente si prestava all’equivoco: ‘Chi osa mettersi contro da oggi in poi non è credibile’, ‘Chi non capisce è sciocco’, ‘Chi non si spella le mani è un buzzurro’.
Di Antonioni, incline all’offesa, lei scrive cose non tenere.
Con intuizione corretta, Antonioni fotografava tedio, imbecillità e incomprensioni sentimentali della società europea sottoposta all’industrializzazione forzata. Metteva sotto la lente quel disagio che i milanesi bramarono di provare nell’istante immediatamente successivo all’edificazione del primo grattacielo cittadino. Ma nel suo cinema, la pretesa letteraria si risolveva in bozzetti incongrui e programmatici. La serietà con cui agghindava i suoi improbabili personaggi, le mezze calzette elevate a paradigma del Paese, involontariamente comica. Passata la sbornia e svanito l’equivoco, in effetti, si rise.
Altro moloch dal carattere puntuto, Luchino Visconti.
In lui la componente populistica e quella dannunziana convivevano contribuendo all’essenza di un Visconti che nel retropalco e nell’isolamento sembravano esattamente la stessa persona. Uno che ideologicamente pendeva per il proletariato, detestava la classe media e respirava circondato dallo sfarzo. Un signorotto di geniale talento, ben allevato da genitori che lo portarono alla Scala fin da bambino, con una sua corte di zelantissimi sottomessi, affannati nell’eseguirne gli ordini. Frequentarlo annoiava e addolorava. Giovanni Testori, un caro amico, era sfruttato malamente. Sul versante teatrale poi, anche se gli dobbiamo spettacoli sommi come Anna Bolena e La sonnambula, l’elenco di quelli infelici ha voci in quantità. A un certo punto, anche dal loggione, prevalse lo strepito collettivo: ‘Che palle’.
In “Ritratti italiani”, parole liete sono riservate a Giorgio De Chirico.
Era unico. Straordinario. Diverso da chiunque altro. Avvertiva l’estraneità al mondo circostante, viveva al passato remoto, si sentiva inadeguato persino all’allegro, innocuo circo di Piazza di Spagna. De Chirico abitava a pochi passi dalla filiale della Banca Commerciale Italiana e temeva di essere costantemente rapinato da briganti e mascalzoni. ‘Ho paura sia a ritirare che a depositare’ mi diceva e io: ‘Maestro, perdoni, ma che razza di traffico ha con questa banca?’.
Il denaro per lei è stato importante?
Non troppo, ma ho sempre considerato ovvio essere pagato per scrivere: il mio lavoro. Nel ’67, ai tempi de Il Giorno di Italo Pietra, un ex comandante partigiano che ben conoscevo per antichi vincoli familiari e che dei suoi anni universitari a Pavia amava dire: ‘Ballavamo il Charleston e traducevamo Sofocle meglio degli altri’, mi trasferii in un amen al Corriere Della Sera. A Il Giorno mi pagavano regolarmente, ma da anni collaboravo senza l’ombra di un contratto. All’ennesimo rinvio della questione mi spostai in Via Solferino. Un problema simile lo ebbi anche a Repubblica. Ero stato eletto deputato con il Partito Repubblicano e l’amministrazione del giornale fu laconica: ‘Un contratto con un deputato non si fa’.
Divenne deputato nel 1983.
Me lo chiesero due fior di personaggi come Giovanni Spadolini e Bruno Visentini. Una volta con Visentini si andava a Treviso. Lui si trasformava, parlava in dialetto e diventava incomprensibile. Di preferenza litigava con uno scrittore autoctono che però dal trevigiano si era emancipato. Aveva viaggiato. Quando si incontravano non c’era facezia che non li accendesse in discussioni infinite.
Niente a che vedere con la timidezza di Gadda e Manganelli.
Manganelli, uno scrittore sublime, era schivo. Lo incontravi al ristorante, in una sala appartata, avviluppato in se stesso. Mandava l’ambasciata di un cameriere per salutarti, poi si raccomandava: ‘Non dire a nessuno che mi hai visto’. Gadda era diverso. Me lo ricordo su una mia vecchia spider con Bonsanti sul sedile posteriore.
Terrorizzato dalle curve e con la mano sul freno, Gadda era pronto a intervenire. Una sera, tornando dalla proiezione de La Bella di Lodi, chiese di fermarsi all’Hilton di Monte Mario. Si impelagò in un discorso da ingegnere sugli ascensori con un altro ingegnere, il fratello di Fabrizio Clerici. Tecnicismi da ossessi che evaporarono in un istante quando all’orizzonte si scorse la sagoma di un prelato.
Gadda, l’uomo che vestiva in blu, non dimenticava mai la camicia bianca e certe discutibili cravatte acquistate in uno spaccio di Via della Mercede, all’improvviso si illuminò: ‘Così dovevo nascere. Essere americano, farmi prete e vivere in un grande albergo bevendo succo d’arancia’. Erano anni curiosi. Anni in cui gli uomini non sapevano farsi la barba e Mimì Piovene, di casa a San Giovanni, si lamentava: ‘Sono diventata la barbiera del Laterano’.
Di Umberto Eco ha scritto: “Costruiva oggetti complessi che agli incolti mettevano paura”.
È vero e fu un’operazione di rara intelligenza. Con i libri di Eco, laureati e laureandi scoprivano la complessità dell’esistenza in maniera abbastanza semplice. Il successo fu assoluto. L’attenzione della critica, sacrale. Non a caso, da allora e per sempre, Eco ha fatto il fornitore di oggetti apparentemente complessi.
Le è simpatico?
Simpaticissimo. Anzi, simpaticissimi. Lui e la moglie.
Il verbo di Eco inizia a imporsi nei ’70.
Un decennio abbastanza atroce. Si viveva sulla retorica del ’68 rapidamente diventata una retorica tremenda. A San Francisco c’erano i figli dei fiori, in Europa gli assassini. In California, con gli spazi larghi tra i palazzi, i prati e la sensazione di libertà, la spinta a delinquere era anestetizzata dal contesto. Da noi in fondo, in ambiti più asfittici, l’agguato era nell’aria e la storia fosca dei Guelfi e dei Ghibellini, dei Montecchi e dei Capuleti, non faceva altro che ripetersi.
Altra icona dei ’70, Nanni Moretti. Nel suo ritratto si sostiene che il regista sia privo di cinismo.
Il cinico non perde tempo a deplorare il proprio cinismo con malspeso rovello. Moretti è un cuor d’oro sempre animato dal senso civico e dal bisogno di stare dalla parte giusta. Il rischio moralismo, quando si vuole essere educati, corretti e civici, c’è. Il ritratto del perfetto moralista, in certi film in cui il nostro porta in scena se stesso, anche.
Se scrivere è un lavoro, leggere che cos’è?
È un altro lavoro. Va compensato. Costa fatica. Non a caso non ho letto i libri che partecipavano al premio Strega.
Nessuno?
Nessuno. Neanche per sogno. Chi mi paga? Nei libri dello Strega di quest’anno non mi viene in mente nulla che valesse l’aggravio della lettura.
Perché?
Per la stessa identica ragione per la quale se sul giornale vedo gesti normali insigniti delle nove colonne, mamme che mettono lo zucchero nel caffè o profeti che pensano di stupire usando la parola cazzo, giro pagina. Non me ne importa niente. Non mi vien voglia di leggere. Tanti anni fa non si usavano letterariamente gli antichi sapori o le ricette della nonna mescolandole impunemente con le malattie del papà o l’agonia della mamma.
C’erano libri diversi. Scrittori migliori. Il proprio minuscolo io o il proprio ombelico non erano ritenuti validi motivi per sbarcare in libreria e anche se le chiese politiche erano più invadenti di oggi, c’era più understatement anche nella presa di posizione. Se si esclude il Pci, non pulsavano le maldestre voglie di appartenenza e la conclamata aderenza al nuovo progetto politico sul tavolo che oggi rendono impossibile qualsiasi sfumatura. C’è una percepibile ansia di salire sul carro. Consiglierei prudenza, magari il carro si rivela meno solido del previsto.
È un problema culturale?
Ma la cultura è un affare bizzarro. Come ho scritto in Ritratti italiani, di fronte al rotocalchismo, quella vera sparisce. Basta un lieve sospetto e non la si trova più. Pensare che in un’epoca lontana sorridevamo dell’ingenuità di Carlo Ponti, un produttore che a differenza degli epigoni contemporanei, a Milano aveva studiato davvero. Nell’ufficio all’Ara Coeli, oltre il suo tavolo, teneva la Pléiade con la costa della copertina rivolta verso l’interlocutore. Ci chiedevamo: ‘Ma se volesse leggerla lui, che periplo dovrebbe fare per raggiungere il sapere?’.
È sparita anche la letteratura italiana?
Si è deciso a tavolino che i best-seller dovessero essere al livello del fruitore. E così, una volta abbattuto il gusto a colpi di orrori, visto l’apprezzamento per il buco della serratura di stampo familiare, via libera ai sapori, alle ricette della nonna, ai lutti e alle corsie d’ospedale. Vendono moltissimo. Sono un prodotto da banco. Uno shampoo. Un codice in più nello scontrino del supermercato. Forse sono più alternativo, io.
Sull’affezione premiologica della letteratura italiana lei montò uno speciale per la Rai in epoca non sospetta.
Più della liturgia dello Strega, non ho dimenticato Casa Bellonci. I corridoi strapieni di libri, lo spazio totalmente colonizzato dai volumi, una cosa da restare sbalorditi. Per la Rai in effetti assemblai un’ora e mezza di premi nazionali da Venezia a Firenze. C’era un ritmo serrato e allo spettatore sembrava si trattasse di un unico premio.
L’intento era quello. Quando andai da Maria Bellonci spiegandole che non avrebbe potuto parlare per più di 30 secondi quasi mi rise in faccia: ‘Ho bisogno di più tempo’. Si cambiò 10 volte, il risultato era inverosimile. Maria vestita da donna, da uomo, a pois. Divertentissimo. Lei lo sapeva. Era una furbona.
È furba anche una letteratura in cui l’intimo dolore sfiora la pornografia?
Furba sicuramente, pornografica non so, certamente irrilevante. Come può affascinarmi il calvario della prozia? Il ‘sapesse quanto abbiamo sofferto signora mia?’. Vabbè, anche se c’è chi non si diverte e gli scrittori danno l’impressione di divertirsi poco, signora mia sarà contentissima.
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Il Giardino dell’Isola Bella – Isola Bella’s Garden
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Estate 2019: destinazione Formentera
Calo des Mort © Mateu Bennàssar
Buon cibo, bella musica, divertimento e momenti di total relax… questa potrebbe essere la vostra estate!
Formentera… è tra le isole più amate e ambite dell’estate! Dove si trova? In Spagna, per l’esattezza fa parte dell’arcipelago delle Baleari; questo significa semplicemente una cosa: mare stupendo, ma non solo.
A Formentera potrete trovare un paesaggio suggestivo, perché è una fusione tra natura incontaminata e vita mondana; e tra divertimento e relax.
Insomma, è un’oasi perfetta per trascorrere la vostra estate in coppia, in gruppo o in famiglia.
Il fascino delle spiagge…
La conoscete la canzone di Giuni Russo che dice “Un’estate al mare, Voglia di remare, Fare il bagno al largo, Per vedere da lontano gli ombrelloni-oni-on…” ecco, se vi trovate nell’acqua cristallina di Formentera non vorrete più uscirne per quanto è bella; per non parlare della sabbia finissima, sembra quasi di stare in qualche photoshoot estivo di Vogue.
Ma cos’ha quest’isola di così speciale? Ve lo dico subito: è ideale per chi ha un budget più ristretto quanto per chi invece non bada a spese.
È la meta dove chiunque può vivere la vacanza che desidera
Infatti, gode di 150 strutture alberghiere diverse, dando la possibilità ai vari turisti di scegliere quella migliore per le proprie esigenze.
Il soggiorno… hotel o villa? A voi la scelta!
Formentera offre ogni tipo di accomodazione: hotel, B&B, ostelli, appartamenti e ville.
Insomma, avete ampia gamma di scelta. Magari un gruppo di amici opterà per soggiornare in una villa, suddividendosi il costo e potendo scegliere se passare la giornata al mare o in piscina o in giardino.
Five Flowers Hotel
Oppure per chi invece vuole essere servito e riverito e ricevere un trattamento eclusivo può scegliere tra i diversi hotel dell’isola, come: il Five Flowers Hotel & Spa Formentera l’unico hotel cinque stelle particolarità di questa struttura?
Gli interni pop. Poi, c’è anche il lussuoso hotel Gecko Beach Club, molto elegante; l’Hotel Es Marès con decorazioni in legno e le pareti in pietra mares oppure, l’Hotel Roca Bella affacciato sulla bellissima spiaggia di Es Pujols.
Gecko Beach Club
Hotel Es Marès
Hotel Roca Bella
E molti, molti altri ancora… basta qualche ricerca online e troverete quello che fa per voi.
La fame vien nuotando: l’offerta gastronomica di Formentera
Alfredo Montero
Essendo un’isola, Formentera offre i migliori piatti di pesce, ma non solo.
Ci sono tante specialità da assaporare. Sul cibo la qualità è importante…sempre. Se state cercando una cucina in stile casereccia il ristorante Can Rafalet, a Es Caló de Sant Agustí fa per voi.
Qui troverete piatti della tradizione che però vengono rielaborati in chiave contemporanea. Mentre Es Molì de Sal a La Savina o il ristorante Ghezz Gerdi che offre una cucina mediterranea molto creativa e una location d’eccezione con vista sulla spiaggia di Es Pujol.
E per gli amanti del vino, perché non accompagnare le prelibatezze della cucina mediterranea con un bicchiere rosso locale?
I vigneti dell’isola di origine antichissima producono il “monastrell ” e il “tempranillo” che possono essere degustati nelle cantine di Terramoll e Es Cap de Barbaria , famose “bodegas” di Formentera.
Cosa fare a formentera? Escursioni, shopping e relax…
Con un mare come quello che offre l’isola di Formentera, sarete sicuramente tentati di fare un giro in barca o chissà magari anche su uno yacht privato… eh sì c’è anche questa possibilità per chi ama esplorare le acque e i paesaggi circostanti.
Le acque, le coste basse e il fondo sabbioso, il vento che raggiunge massimo i 15 nodi, sono le condizioni ideali per navigare e permettere ai visitatori di scoprire paesaggi e insenature nascoste con una prospettiva diversa godibile solo via mare a bordo di speciali imbarcazioni.
Se andate al porto di La Savina – l’unico dell’isola – è ben attrezzato per l’attracco degli yacht e offre numerosi servizi per gli appassionati e per chi vuole avvicinarsi alla vela.
Relax e benessere…
Sull’isola è possibile trovare diverse strutture che offrono trattamenti con prodotti di alta qualità che aiuteranno la vostra pelle a rigenerarsi e la vostra mente rilasciare tutto lo stress accumulato.
Un luogo relax è per esempio: Cala Saona Hotel&Spa, qui troverete una vasta gamma di servizi tra cui il massaggio idratante Formentera After Sun realizzato con foglie di menta e gel all’aloe oppure l’esperienza Formentera in “Gold”, un impacco corpo con polvere d’oro che, grazie alle proprietà terapeutiche del metallo lascerà la pelle vellutata e luminosa.
Ma il luogo migliore rilassarsi è a contatto con la natura magari praticando sport, o attività quali yoga e pilates davanti a paesaggi unici e a i colori blu del mare e verde della rigogliosa vegetazione.
Esiste anche un altro modo per rilassarsi, che noi conosciamo bene…. Lo shopping!
Un posto perfetto per fare acquisti è Sant Francesc Xavier, una cittadina che ospita diversi negozi e boutique di abbigliamento, artigianato locale, laboratori di oreficeria che realizzano gioielleria in oro, atelier di artisti emergenti e fino a ottobre, numerosi mercatini che ogno anno attraggono numerosi turisti e appassionati di vintage.
Dagli anni’’60 questa città è considerata la casa della cultura hippy e il cuore dello spirito creativo dell’isola.
Se state organizzando le vostre vacanze e avete voglia di scoprire meglio Formentera… visitate il sito: www.formentera.es oppure scopritela sui social: FB
Maria Elisa Altese
Un’estate al mare… Estate 2019: destinazione Formentera Buon cibo, bella musica, divertimento e momenti di total relax… questa potrebbe essere la vostra estate!
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Al largo delle coste bretoni, ci sono tutta una serie di isole e isolette davvero affascinanti che in alcuni casi, anzi in molti casi, sembrano essere il paradiso terrestre. Le isole della Bretagna offrono magnifici paesaggi: coste selvagge di roccia frastagliata modellata dal vento e dal mare, falesie che scendono e picco sull’oceano, baie di sabbia finissima bagnate da un mare limpido e turchese, distese di brughiere, giardini rigogliosi, borghi di splendide case, pittoreschi porticcioli e molto alto al ritmo del vento che soffia potente e al suono delle sirene dei fari che segnalano l’esistenza di questo magnifico angolo di mondo.
Vi ho già raccontato la Bretagna in questi quattro articoli: I luoghi imperdibili del Morbihan, Cosa vedere nel Finistére, Cosa non perdere nella Côtes d’Armor, I più bei villaggi dell’Ile-et-Vilaine.
ÎLE DE BRÉHAT (Côtes-d’Armor)
L’isola è un piccolo arcipelago per le numerose isolette e secche affioranti che la circondano, l’isola principale si compone di due isole separate da uno strettissimo braccio di mare, collegate tra loro da un piccolo ponte del XVIII secolo, ideato dal grande architetto Vauban. Nonostante la vicinanza al continente, una volta sbarcati sull’isola la sensazione è quella di essere catapultati a chilometri di distanza dalla costa. L’isola che è stata un tempo rifugio di corsari e di una flotta di pescherecci che attraversava l’Oceano per pescare a Terranova e in Islanda, è definita “l’isola dei fiori” per la varietà della sua flora e la bellezza dei suoi paesaggi, questo grazie alla corrente del golfo che assicura a questo splendido luogo un vero e proprio microclima ed è famosa per la sua costa selvaggia, frastagliata con massi di granito rosa, che si affaccia sulla Manica. Dedicate almeno una giornata alla scoperta dell’isola: a sud con il borgo e la sua chiesa del XVI secolo, le sue numerose ville di fine Ottocento con importanti giardini con palme e ortensie, la ricca vegetazione e le baie selvagge e affascinanti, lungo tutta l’isola. La parte nord vanta magnifici paesaggi che ricordano l’Irlanda ed è quasi priva di vegetazione in quanto molto esposta ai venti. Si circola solo a piedi o in bicicletta. Posta di fronte alla celebre Costa di Granito Rosa, si trova a due chilometri dalla Pointe de l’Arcuest, da dove partono i battelli che in un quarto d’ora portano nell’isola.
ÎLE DE BATZ (Finistére)
Una piccola isola della superficie di 357 ettari, discreta, ricca charme e di stile. Vi conquisterà per la sua fauna e flora che regala fantastici paesaggi con dune, rocce frastagliate e spiagge ghiaiose o sabbiose e le piccole case dai giardini fioriti che danno vita a un panorama incantato. Un sentiero costiero permette di fare il giro dell’isola a piedi in mezza giornata, numerosi percorsi vi conducono al litorale per farvi godere di una ventina di spiagge, la maggior parte esposte a sud. La costa a nord-ovest è invece più selvaggia e rocciosa. Potrete visitare il “Foro del serpente” dove, secondo la leggenda, Saint Paul Aurélien fece precipitare tra i flutti il drago che terrorizzava l’isola. Spingetevi fino al giardino Georges Delaselle dove crescono, grazie alla mitezza del clima oltre duemila piante esotiche. Resti di un’antica necropoli dell’età del bronzo attestano un’occupazione risalente a più di cinquemila anni fa, quando l’isola era senza dubbio ancora collegata al continente. Raggiungibile tutto l’anno, in una decina di minuti, da Roscoff.
ÎLE DE OUESSANT (Finistére)
Ouessant fa parte delle sette isole che formano l’arcipelago di Moléne e Ouessant, il vero Finistere, continuamente battuto dalle onde e dal vento. Scandita da scogli di granito e dalla meravigliosa Côte Sauvage nella parte settentrionale, nei mesi estivi è illuminata da un sole lucente che fa risplendere l’isola e le sue spiagge, in particolare attorno a Lampoul, dove si trovano le migliori. Un’infinità di sentieri che permettono di percorrere tutta l’isola. Nei mesi invernali l’aspetto è abbastanza tetro in quanto sferzata dai venti e spesso coperta di nebbia, se a questo aggiungiamo gli ululati delle sirene e il fischio del vento è facile comprendere l’atmosfera che si respira. In alcuni periodi dell’anno è il luogo ideale per il birdwatching, tra le specie: i cormorani, le pulcinelle d’acqua e una piccola colonia di foche. L’isola infatti è Parco naturale Regionale dell’Armorica, dal 1969. Il detto che riguarda l’isola dice “Qui voit Ouessant voit son sang” tradotto “chi vede Ouessant vede il suo sangue” e starebbe a significare “che non bisogna avvicinarsi troppo all’isola per non rischiare di incagliarsi nelle scogliere tutte intorno”. L’isola ha una pessima reputazione, considerata un’isola a forma di granchio è conosciuta per la violenza delle tempeste, per le scogliere temute dai mariani, anche i più preparati. Da visitare (in bicicletta) i suoi cinque fari: il faro di Keréon; il faro di Stiff, il faro di Creac’h; il faro di Nividic il faro di Jument, quest’ultimo come i fari di Nividic e di Kéreon, non è situato sulla terraferma, bensì su una punta rocciosa. Si trova al largo di Le Conquet e si raggiunge tutto l’anno in battello da Brest, in due ore e mezza e da Le Conquet, in poco più di un’ora. Voli giornalieri da Brest in 15 minuti.
ÎLE DE MOLÉNE (Finistére)
Situata sulla rotta per Ouessant, l’isola di Molene è uno sperone di roccia che emerge dal mar d’Iroise. Molène fa parte di un arcipelago con una stringa di isolette verdeggianti, circondate da sabbia bianca e da scogliere selvagge, un paradiso della natura nel Mare d’Iroise. L’isola è piatta, senza alberi, in nome infatti deriva da moal enez in bretone “isola calva”. Nel piccolo borgo di case grigie dominato dal campanile della chiesa di Saint-Ronan, vivono circa 200 anime, per la maggior parte pescatori, eredi dei primi abitanti le cui origini si perdono nel neolitico, periodo cui risalgono i ritrovamenti più antichi. Arrivare qui non è facilissimo, i traghetti non sono giornalieri. Raggiungibile tutto l’anno da Brest in un’ora e mezza e da Conquet in mezz’ora. Prenotazione obbligatoria.
ÎLE DE SEIN (Finistére)
L’île-de-Sein, in bretone Enez Sun è un’isola piatta e dall’aspetto selvaggio, nel corso del tempo, è stata più volte completamente ricoperta dal mare, ha un unico borgo che racchiude le sue case intorno a stradine molto strette per esporsi il meno possibile alle raffiche di vento. I suoi abitanti, che fino al secolo scorso vivevano nel più completo isolamento, oggi vivono di pesca e sono fieri dei numerosi salvataggi che effettuano in mare. L’area di mare dell’isola è infatti detta Chaussée de Sein, ed è nota per la sua pericolosità e per i frequenti naufragi, per contrastare i quali sono stati installati numerosi fari e boe. A largo dell’isola c’è il faro d’Ar-Men, prende il nome dello scoglio su cui è eretto. “Qui voit Sein, voit sa fin” cioè “Chi vede Sein vede la sua fine”, dicevano un tempo i marinai, che temevano i numerosi scogli dei dintorni e le violente correnti, che hanno fatto numerose vittime Si trova di fronte alla Pointe du Raz ed è circondata da alcuni isolotti che formano il comune amministrativo. È raggiungibile, in un’oretta, tutto l’anno con partenza da Brest e Audierne.
ÎLE D’ARZ (Morbihan)
Una piccola isola con meravigliose spiagge non cuore del Golfo del Morbihan. Un’isola di gran carattere, come quello dei marinai che venivano a vivere qui e che hanno contribuito a darle il soprannome “l’Isola dei Capitani”. L’isola ha un’importante scuola di vela di Glénans, fondata su questa terra per offrire le migliori condizioni per l’apprendimento della vela. Per le attività sportive: nell’isola c’è una montagnola di ben 13 metri che, anche che non siete sportivi, potrete scalare, il dislivello non rischia di affaticarvi. Altra attività è fare il giro dell’isola attraverso diversi affascinanti sentieri costieri che vi faranno scoprire il carattere selvaggio e ben conservato di questa terra, rifugio di numerose specie locali e residenza secondaria delle oche bianche siberiane e, se avete fortuna, potrete assistere al loro decollo al tramonto. Nonostante la dimensione limitata dell’isola, appena 3 chilometri, le attività da fare sono numerose: passeggiate in bicicletta, camminate alla scoperta del paesaggio, nuotate in acque meravigliose e la traversata della diga del mulino di Berno. Questo peculiare mulino mosso dalle maree ricorda oggi l’attività dei mugnai dell’isola nel Medio Evo. Infine rilassatevi nelle numerose spiagge che segnano la costa dell’isola e godetevi le meravigliose acque con un bagno. Ci si imbarca a Vannes e la traversata dura un quarto d’ora.
ÎLE DE GROIX (Morbihan)
L’isola di Groix ha uno stile originale e particolarissimo, è calorosa, selvaggia e ricca di storia. Il miglior modo per girare per l’isola è in bicicletta e pedalando sarete attirati dalla bellezza dell’isola con le sue valli verdeggianti, i borghi con viottoli stretti e ben conservati, le facciate colorate delle case dei marinai, l’originale cima del campanile con la banderuola a forma di tonno che rende omaggio alla storia dell’isola di Groix, primo porto tonniero della Francia nella prima metà del XX secolo. Un sentiero costiero che permette di fare il giro dell’isola a piedi in 2 giorni. Di buon mattino a Port-Tudy, potrete assistere allo spettacolo che regala il viavai delle barche, in un andirivieni di merci e passeggeri. A Groix troverete l’unica spiaggia convessa d’Europa, la spiaggia delle Sabbie Bianche, dove la peculiarità spinge la spiaggia a spostarsi di 10 metri ogni anno, lasciando senza parole gli scienziati. Partendo da Lorient si arriva a Port Tudy in tre quarti d’ora.
BELLE ÎLE EN MER (Morbihan)
È la più grande, con una superficie 84 km² (lunghezza 20 km per 5-9 km di larghezza) e forse la più bella delle isole bretoni. Lo dice il suo nome ed è verità! L’isola è nota per le sue bellissime e vaste spiagge dalla sabbia fine e per l’atmosfera autentica e selvaggia che ha conquistato anche artisti come Jaques Prévert e Claude Monet. Offre porti naturali, baie bagnate da acque limpide e turchesi e pareti rocciose con grotte marine. L’isola conta quattro comuni: Le Palais, il capoluogo con la sua impressionante cittadella; Sauzon, un affascinante porticciolo dai colori pastello; Locmaria, il cui borgo circonda una chiesetta ricca di leggende; Bangor con il grande faro di Gouphar, che domina tutta la costa selvaggia. Raggiungibile in 45 minuti, tutto l’anno, da Quiberon, attraverso i traghetti della Compagnie Mobihannaise et Nantaise de Navigation con trasporto anche di autovetture (serve prenotare). In estate c’è un collegamento, solo passeggeri, Lorient- Sauzon. In alta stagione anche da altre città.
ÎLE DE HOUAT (Morbihan)
Un’isola dall’aspetto sinuoso, lunga e stretta (lunga 5 km per 1 km di larghezza per una superficie di 228 ettari), con la sorella minore Hoëdic, fa notare tutta la sua indipendenza con l’allontanamento dal continente al quale era originariamente attaccata, si trova 14 km al largo di Quiberon. Ci vivono appena 250 anime per la maggior parte occupate dall’attività della pesca, fate un giro al porto di Saint Gildas, dove batte il cuore dell’isola, al ritorno dalla pesca, quando sbarcano sul molo cassette di astici, granceole, granchi, quando si impilano le nasse, il risultato del duro lavoro degli abitanti dell’isola. Vi ammalierà quell’isola bagnata da un mare limpido e turchese dove si alternano baie da sabbia calda e dorata e falesie che confermano il carattere forte e selvaggio dell’isola, dove la natura è prevaricatrice e si cerca di preservarla in ogni modo. Una vacanza fantastica in un paradiso terrestre. Raggiungibile tutto l’anno con partenza da Quiberon (45 min). Prenotazione obbligatoria.
ÎLE DE HOËDIC (Morbihan)
Hoëdic è ancora meno popolata di Houat, ci vivono all’incirca un centinaio di persone e una decina di barche da pesca sostentano la maggior parte delle famiglie dell’isola, qui tutti si conoscono. Una mezza giornata è sufficiente per visitare quest’isolotto granitico con incantevoli baie di sabbia finissima. Si trova a 22 chilometri dal continente sul prolungamento della penisola del Quiberon. Raggiungibile tutto l’anno con partenza da Quimper via Houat in un’ora circa.
ÎLE AUX MOINES (Morbihan)
L’isola nel Golfo del Morbihan è separata dal continente da soli 500 metri. Questo angolo di mondo dove la natura regna sovrana è bagnato dalla corrente della Giumenta, considerata la più forte in Europa. L’isola si visita solo a piedi o in bicicletta. A passeggio per l’Isola dei Monaci, tra stradine strette che attraversano dolci colline, minuscole valli e boschi incantati che sembrano usciti da una fiaba dei fratelli Grimm, nugoli di casette bianche di pescatori con fantastici giardini con affaccio sul mare, sarete colti da una pace interiore e respirerete un’atmosfera unica. Potrete consumare un aperitivo o uno spuntino a base di ostriche ai tavolini sistemati in mezzo al cantiere di ostricoltura, un’esperienza da fare in Bretagna e proverete la sensazione descritta da Manuel Vázquez Montalbán: «Mangiare ostriche è come baciare il mare!» Raggiungibile tutto l’anno, in cinque minuti, con partenza da Port-Blanc-en-Baden.
ÎLE DE GAVRINIS (Morbihan)
L’isola il cui nome bretone significa “isola delle capre”, ha sul suo suolo un sito megalitico del neolitico tra i più belli del mondo. Questa piccola isola travolta dalle onde esprime un carattere forte che contrasta con l’armonia degli elementi, a volte dolce e fragile con le sue spiagge di sabbia fine bagnata dalle acque turchesi, altre forte e tempestosa, con la roccia frastagliata e le fortificazioni presenti. L’isola è caratterizzata da una rara varietà botanica: giglio marittimo e centaurea colorano le dune al ritmo delle stagioni. Ci si arriva in un quarto d’ora con un traghetto che parte ogni mezz’ora da Larmor-Baden ma anche da Port-Navalo o Locmariaquer.
Bretagna: le isole bretoni da non perdere Al largo delle coste bretoni, ci sono tutta una serie di isole e isolette davvero affascinanti che in alcuni casi, anzi in molti casi, sembrano essere il paradiso terrestre.
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Le Isole Borromee con Isola dei Pescatori
Isola Bella, Isola Madre e altri isolotti
il regno dei Borromeo
Le Isole Borromee con in primo piano l’ Isola dei Pescatori e dietro Isola Madre
Isola dei Pescatori, è parte delle Isole Borromee, anche se non più di proprietà della nobile e importante famiglia, è l’unica ad essere abitata, avendo questa caratteristica è anche una delle più belle, perché viva e carica di storia comune, di vita giornaliera scandita, una volta, dalle gesta dei pescatori, oggi rimasti in pochi.
I Borromeo di origine toscana, furono nel lontano fine 1300, esiliati dall’Italia Centrale e stabilitisi nell’alto novarese, intorno alle sponde del Lago Maggiore, ricrearono la fortuna della famiglia, con il nuovo Stato Borromeo, acquistando terreni, avviando le costruzioni di ville, giardini e della splendida Rocca di Angera.
Le Isole Borromee, composte da tre isole, l’ Isola dei Pescatori, Isola Bella, Isola Madre, un’Isolino quello di San Giovanni e dallo Scoglio della Malghera, chiamato anche l’Isolino degli Innamorati per la sua piccola e romantica spiaggia, situato dietro a Isola Bella e completamente disabitato, raggiungibile solo in barca.
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L’arcipelago delle Isole Borromee e l’ Isola dei Pescatori
Isola dei Pescatori il nome deriva dall’attività degli abitanti, è la più piccola delle Isole Borromee, ha una superficie di 100 metri di larghezza per 350 di lunghezza, ed il suo “vero” nome, è Isola Superiore, situata nella parte nord dell’arcipelago, sopra a Isola Bella.
Anticamente sull’ Isola dei Pescatori vivevano circa 300 famiglie e tutte dedite alla pesca, oggi ne risiedono stabilmente 50 a portare avanti, quella che è la tradizione lavorativa del posto, rifornendo i ristoranti di buon pesce di lago, per la preparazione dei gustosissimi piatti tradizionali.
Isola dei Pescatori nell’arcipelago delle Isole Borromee
L’isola è caratterizzata da un piccolo borgo, fatto di strette stradine con le casette aventi balconi stretti e lunghi, usati una volta, per essiccare il pescato e dalla Chiesa di San Vittore, che spunta tra i tetti di colore rosso.
Merita una visita, la Chiesa di San Vittore, risalente all’anno mille venne ricostruita nel corso del ‘600 e del ‘700.
All’interno della chiesa si trovano affreschi cinquecenteschi e l’altare con i busti rappresentanti quattro vescovi, Sant’Ambrogio, San Gaudenzio, San Francesco di Sales e San Carlo Borromeo.
Visitata per otto mesi all’anno, da turisti provenienti da tutto il mondo, l’ Isola dei Pescatori è considerata la più visitata delle Isole Borromee, caratteristico è il suo mercatino di antiquariato, il piccolo cimitero dietro la chiesa, dove sono seppelliti i pescatori, abitanti dell’isola, con le loro lapidi, che portano ognuna il modellino di una barca.
I ristorantini, che offrono pesce fresco, nei vari piatti della tradizione del lago e le feste, tra le quali citiamo la festa di Ferragosto, caratterizzata da una processione di barche illuminate che omaggiano la statua di Santa Maria Assunta, mentre fa il giro dell’isola, Carnevale, dove si allestisce una lunga tavolata e gli isolani si riuniscono per mangiare un’ottima polenta e bere un buon bicchiere di vino e la sera della vigilia dell’Epifania, quando tutti i bambini sono impegnati a svegliare la Befana con la “carga vegia“, correndo per tutta l’isola trascinandosi dietro, legati ad una corda, lattine, marmitte, coperchi e tutto ciò che rotolando produce rumore.
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Isola Madre
La più grande delle Isole Borromee, di proprietà della famiglia Borromeo, a cui si deve la sua bellezza.
Intorno al 1500 iniziò la trasformazione dell’isola, con la costruzione della residenza privata della famiglia, larga 220 metri e lunga 330, è occupata da alcune costruzioni e soprattutto dal giardino botanico.
Palazzo Borromeo residenza sull’Isola Madre
Gli ambienti del Palazzo, furono allestiti a partire dal 1978, con arredi provenienti dalle varie dimore della famiglia Borromeo, offrono numerose opere d’arte, quali arazzi, mobili e quadri, al suo interno si ripropone, anche con l’ausilio di manichini vestiti con i costumi dei secoli passati, lo stile di vita dell’epoca.
La pianta del palazzo è a forma di L, vi si accede attraverso due approdi, situati rispettivamente sulla sponda settentrionale e su quella meridionale, da quest’ultimo si arriva al piazzale detto “della Cappella”, da dove risalendo una scala, che porta al livello superiore, si arriva all’ingresso principale dell’edificio.
Mentre da quello a nord, varcato un cancello, si trova una gradinata che consente di attraversare l’intera isola e di giungere al piazzale dove si affaccia il palazzo.
Il piano terra, caratterizzato, come il primo piano, da un loggiato ad archi, affiancati da aperture quadrate.
Isola Madre con Palazzo Borromeo e i Giardini
Le sale del piano terreno presentano una copertura a botte, a ombrello e a padiglione, una scala collega con il primo piano, dove gli ambienti hanno i soffitti a cassettone o con travi di legno.
La sala posta a sud-est è decorata a tromp-d’oeil, con pergolati, fiori e piante rampicanti, una delle sale più importanti è il Salone di Ricevimento che reca alle pareti quadri di soggetto biblico di Stefano Danedi, detto il Montalto, Ercole Procaccini il Giovane e Giovan Battista Costa, la Sala delle Stagioni è dominata da un’imponente arazzo, la Sala delle Bambole conserva un’importante collezione di bambole ottocentesche, provenienti dalla Francia e dalla Germania, insieme ad una bellissima e singolare collezione, quella di marionette e teatrini risalenti ai secoli XVII, XVIII e XIX.
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I giardini dell’isola
I giardini che attorniano il Palazzo Borromeo, definiti dallo scrittore francese Gustave Flaubert “Un Paradiso Terreste”, sorgono su un’area di circa 8 ettari, fu progettato su un precedente frutteto, poi uliveto e infine agrumeto, che rimase produttivo sino alla fine del settecento.
Ospita, essenze vegetali rare ed esotiche, originarie da ogni parte del mondo, il clima mita ha permesso l’insediamento di una flora sorprendente e difficilmente reperibile in altri luoghi, come aceri, banani, camelie, eucalipti, palme, fra le quali si aggirano multicolori pavoni, pappagalli e fagiani.
Famosa è la “scala dei morti“, arricchita con un’importante collezione di Wisteria o più comunemente glicine.
Isola Bella
Anche questa di proprietà della famiglia Borromeo, fa parte dell’arcipelago, subito sotto l’ Isola dei Pescatori, con tra le due, lo Scoglio della Malghera o Isolino degli Innamorati.
L’isola, quasi di fronte a Stresa, non è molto grande, misura 320 metri di lunghezza e 180 di larghezza, in gran parte occupata dal giardino all’italiana del palazzo Borromeo, che occupa la costa dell’isolotto.
Lo Scoglio della Malghera o isolino degli innamorati e sullo sfondo Isola dei Pescatori
Come l’Isola Madre, la sua storia è legata ai terreni acquistati dai Borromeo, dopo l’esilio dalla Toscana e l’insediamento nell’alto novarese.
Qui Carlo III Borromeo, iniziò la costruzione del Palazzo, per la moglie Isabella d’Adda ma il completamento avvenne per opera dei figli, il Cardinale Gilberto III e Vitaliano VI.
L’isola venne ristrutturata con le sembianze di una fantastica nave, il Palazzo era la prua e la parte dei giardini a terrazze, su quello che viene identificato come anfiteatro o castello, la poppa.
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Il Palazzo dell’Isola Bella
La villa divenne luogo di feste sontuose e rappresentazioni teatrali, per la nobiltà europea, furono illustri ospiti, da Napoleone con la moglie Giuseppina di Beauharnais, la principessa del Galles, Carolina Amalia di Brunswick, Stendhal, famoso fu anche l’incontro a Isola Bella, fra Mussolini, Pierre Laval e MacDonald, per la Conferenza di Stresa, indetta per far durare l’ordine politico a favore dell’Anschluss tedesco, stabilendo i gli “accordi di Stresa”.
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La sala dove si tenne la Conferenza di Stresa
La Sala delle Medaglie
La Sala degli Arazzi
L’imponente facciata del Palazzo, è lunga circa 80 metri, con al centro il salone d’onore, che si sviluppa come una sporgenza curvilinea, occupando in altezza la bellezza di due piani.
L’estensione verso il centro dell’isola, parte perpendicolarmente a questa porzione e assume la forma di una T.
Le sale principali sono tutte poste al primo dei quattro piani, che si diramano attorno al Salone, con copertura a cupola e decorazioni, ultimate tra il 1948 e il 1959, mentre nella parte inferiore si trovano le grotte, ambienti artificiali, accessibili tramite una scala elicoidale del ‘600 e decorate da rievocazioni di ambienti marini e ricoperti di pietre e conchiglie di una infinita varietà di tipi, in una delle grotte è custodita una piroga preistorica, ritrovata ad Angera a fine Ottocento.
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Isola Bella ideata come una nave il Palazzo come prua e i Giardini a poppa
Facciata del Palazzo Borromeo Isola Bella
Una delle sale delle Grotte di Palazzo Borromeo
La Sala delle Colonne, la Sala della Musica, la Sala delle Medaglie, dove sono conservate dieci medaglie in legno dorato rappresentanti gli avvenimenti più importanti della vita di San Carlo Borromeo, insieme alla Galleria degli Arazzi, con i sei preziosi arazzi fiamminghi del ‘500, sono le sale al piano nobile, deputate al ricevimento e rappresentanza.
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I Giardini
Oltre al sontuoso Palazzo, colpiscono i meravigliosi Giardini all’italiana, che formano la poppa di un’immaginaria nave, composti da dieci terrazzamenti sovrapposti a forma piramidale, con statue, fontane, essenze arboree rare, piante esotiche, magnolie e camelie profumatissime.
L’anfiteatro dei Giardini di Palazzo Borromeo
La parte più in alto dei giardini, è chiamata “anfiteatro”, dove si tenevano le rappresentazioni e sormontata dal liocorno, stemma della casata Borromeo.
Il Lago Maggiore, uno stralcio della storia, cultura e arte italiana, uno dei nostri beni, a volte dato per scontato ma che merita una conoscenza più approfondita e una visita con occhio diverso, dal solito giro al lago o un pic-nic sulle sue sponde, in una bella giornata di sole.
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Isola dei Pescatori Isola Bella Isola Madre le Isole Borromee Le Isole Borromee con Isola dei Pescatori Isola Bella, Isola Madre e altri isolotti il regno dei Borromeo…
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BUDAPEST - Cosa vedere, dove dormire e cosa mangiare
Budapest è definita, la “Parigi dell’Est“. La città ha molti tratti in comune con la capitale francese e alcuni scorci riportano subito alle vedute di Parigi: c’è un fiume, che taglia la città e su cui si affacciano castelli e bei palazzi, e c’è una collina simile a Montmartre su cui arrampicarsi per godersi il panorama su tutta Budapest. Ma le analogie finiscono qui: Budapest per fortuna ha una propria identità e forse anche più di una. Non è un caso, che sia il risultato di tre città: Buda, Pest e Óbuda, unite dal Ponte delle Catene e da altri sette ponti, ancora oggi alcuni degli angoli più fotografati di Budapest. Tre giorni possono bastare per scoprire la capitale ungherese: dalla Budapest romana, a quella medievale con il Castello, passando per un giorno sul Danubio e un bel viaggio nel tempo nelle stazioni della metro, ancora ferme a 130 anni fa.
Il Quartiere di Buda a Budapest
Il quartiere di Buda è stato il primo nucleo della città di Budapest. Su questa collina e tra le mura del Castello vennero a rifugiarsi gli abitanti di Pest quando ormai gli attacchi dei mongoli divennero insostenibili.
Nacque una città bellissima, capace di rivaleggiare con le vicine Praga e Vienna. Ma poi arrivarono i turchi che conquistarono Buda nel 1541 restandoci per quasi 150 anni. Buda ne uscì trasformata: le chiese divennero moschee e sorsero minareti e bagni turchi. Nel 1686, dopo 75 giorni di bombardamenti, gli austriaci liberarono Buda, ma dello splendore precedente non rimase niente: fu ricostruita mantenendo il vecchio aspetto. Di nuovo distrutta nel 1945 e ancora una volta tirata su, oggi è sede del Palazzo Reale, della Chiesa di Mattia e di alcuni scorci molto belli. Sicuramente uno dei 10 posti di Budapest da vedere assolutamente.
Il Quartiere Pest a Budapest
Se Buda è la parte antica e nobile di Budapest, Pest invece ne è il cuore moderno e innovativo. Irrequieta e disordinata, è il giusto contraltare alla tranquillità di Buda, tutta raccolta intorno al Castello.
Pest non ha grandi musei da vedere: qui piuttosto spicca la Budapest creativa, con i negozietti degli stilisti e dei giovani artisti. Non mancano comunque le cose da vedere: il Palazzo del Parlamento e il Duomo di Santo Stefano, la Grande Sinagoga e il Museo etnografico. È anche la parte di Budapest ideale per fare shopping: lungo il Viale Andrássy c’è da spendere parecchio. C’è anche una Casa del Terrore, usata sia dai nazisti sia dai comunisti, come luogo di tortura.
La Basilica di Santo Stefano
Il Parco delle Statue di Budapest
Gli abitanti di Budapest sono stati furbi: mentre tutti i paesi dell’Est hanno approfittato della fine del Comunismo per buttare giù le statue sfogando sul marmo decenni di mancata libertà, qui hanno fatto di meglio.
Hanno trasformato questi colossi in un ottimo strumento di sfruttamento della memoria, per quanto brutta possa essere. Hanno quindi messo insieme tutte le statue che rappresentano le grandi figure del comunismo (Marx, Lenin, Stalin, Bela Kun) insieme ad anonimi soldati liberatori dell’ex Urss e hanno creato un Memento Park del comunismo. Se non vi basta guardare in faccia i “compagni” ma volete portarvene a casa un pezzettino, potete anche comprare souvenir degli anni della Guerra Fredda (spille, spillette, magliette, sigarette d’epoca). Se vi interessa, c’è una bella mostra su come veniva addestrata una spia comunista.
La Grande Sinagoga di Budapest
Budapest ha sempre avuto una numerosa comunità ebraica. Ancora oggi sono attive 22 sinagoghe, di cui molte in scuole, ospedali o case private. Proprio nel cuore del ghetto ebraico è attiva la più grande sinagoga d’Europa.
Costruita nel 1859 in stile neo-moresco, può ospitare fino a 3000 persone. Nella parte bassa della sinagoga ci sono posti per 1497 uomini, mentre al piano superiore ci sono posti per 1472 donne. Nel giardino della Sinagoga, proprio sopra una ex fossa comune, c’è un monumento che ricorda gli ebrei uccisi dai nazisti nel 1944-45: è un albero di salice, chiamato “Albero della vita“, con foglie di metallo. Su ognuna di esse è inciso il nome di un martire.
Il Palazzo del Parlamento a Budapest
Il Parlamento di Budapest è uno dei simboli cittadini, forse il più conosciuto e fotografato. Fu costruito tra il 1885 ed il 1904 dall’architetto Imre Steindl, che si ispirò al Parlamento di Londra e al Duomo di Colonia.
Al gotico esterno, che si impone con guglie, torrette, arcate e finestre, fanno da contrasto gli stili barocco e rinascimentale dell’interno. La grande facciata sul Danubio non rende giustizia alla grandezza complessiva del palazzo: quasi 18.000 metri quadrati, 27 ingressi e 691 stanze. Non c’è che dire, il Presidente della Repubblica, il Primo Ministro e i parlamentari hanno una dimora niente male in cui svolgere le loro funzioni!
L'Isola di Margherita di Budapest
Giardini, terme, piscine, parchi per passeggiare e fare sport. Chi visita Budapest frettolosamente, di solito si perde un giro sull’Isola di Margherita, che si trova proprio al centro del Danubio e si raggiunge facilmente con l’omonimo ponte.
L’ideale è noleggiare una bici sul posto e percorrere gli angoli di questo isolotto in lungo e in largo, in fondo sono solo 2,5 km! Prima dell’Isola di Margherita esistevano tre isolotti distinti: l’isola Balneare, l’isola dei Pittori e l’isola delle Lepri. Unite dal cemento alla fine del 1800, oggi formano un’unica isola che prende il nome dalla figlia del re Béla IV, Margherita, che dopo l’invasione tartara si ritirò in un monastero sull’isola stessa. Oggi è il luogo preferito dagli abitanti che cercano qualche ora senza smog o vanno a farsi un bagno nelle acque termali della grande piscina all’aperto Palatinus.
Le terme di Budapest
Si sa che i romani avevano una speciale predilizione per le terme: non solo non si fecero scappare l’occasione di un bagno caldo nelle sorgenti di Budapest, ma fecero di più.
Fondarono “Aqiuncum” con delle grandiose terme, di cui ancora oggi si possono vedere i resti in diversi posti di Óbuda. Da allora, Budapest è sempre stata una città termale e non ha perso questa sua caratteristica anche quando è diventata una metropoli: oggi è l’unica capitale europea con le terme e nel 1934 ha ottenuto l’appellativo di “città termale”. Voi potete godervi questa lunga tradizione e, soprattutto, 70 millioni di litri al giorno con una temperatura da 21 a 78 C°, in bagni termali grandi e piccoli. Le terme più famose e grandi di Budapest sono sicuramente le Széchenyi, ma c’è ne sono tante altre.
COSA MANGIARE
Non si può definire certamente una cucina leggera. Carne, patate, cipolla, spezie e paprika sono la base di molti piatti di Budapest e dell’Ungheria.
Preparazioni supercaloriche che si giustificano soprattutto con il clima freddo, che in inverno può portare anche a -50 gradi sotto lo zero. Con un freddo del genere, il corpo richiede calorie e il palato di consolarsi un po’. Ed ecco che tutto inizia con il lardo soffritto a cui si aggiunge la paprika: è la base di tutto, anche del famoso Goulash, il piatto tipico per eccellenza. Non esiste un goluash uguale ad un altro, perché ognuno lo cucina con una variante: non possono comunque mancare carne, patate, pepe e paprika. Oltre al Goulash ci sono altre zuppe, mentre il piatto di carne più famoso è il maiale con (tanto per cambiare) paprika e patate. C’è tanto da provare, basta prepararsi a lunghe digestioni.
DOVE DORMIRE
Sono stato due volte a Budapest: la prima in appartamento proprio al centro della città e la seconda in Hotel. Forse per un soggiorno breve (3-4 giorni max) consiglio l’albergo.
Queen's Court Hotel & Residence sito web: https://www.queenscourthotelbudapest.com/
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Dopo aver condiviso con voi la mia mini guida su Come organizzare due giorni a São Miguel, oggi voglio scrivervi alcuni consigli golosi, ovvero, Cosa e Dove mangiare e bere a São Miguel.
ENGLISH – PORTUGUÊS – FRANÇAIS – ESPAÑOL – DEUTSCH
Come sempre, prima di ogni viaggio, oltre ai soliti consigli sugli itinerari, stilo sempre una lista di prodotti tipici ed unici da provare in viaggio e, ovviamente, dove mangiarli.
Non mangiando carne ma essendo su un’isola non ho avuto grandi problemi a cibarmi. Il pesce sull’isola è ottimo anche se, come capitò a Terceira, sono più famosi i piatti di carne (mucca).
COSA MANGIARE
Per gli amanti dei sapori marini consiglio di provare i CRACAS, curiosi frutti di mare, simili a Percebes che si trovano in Portogallo continentale. Potete anche optare per i LAPAS, altri frutti di mare dal sapore intenso ma meno penetrante.
Dai frutti di mare passiamo ai crostacei e ai buonissimi CAVACO, una specie di aragoste.
Se invece preferite i sapori della terra vi consiglio il COZIDO DAS FURNAS (io l’ho mangiato nella sua variante vegetariana). Una sorta di stufato di carne mista con verdure che viene cotto direttamente nelle bocche fumanti della solfatara di Furnas.
Imperdibile il loro pane dolce, il BOLO LÊVADO, che abbiamo mangiato sia a colazione con la marmellata, sia durante i pasti.
Passando al dolce, consiglio di non perdervi le QUEIJADAS de FEIJÃO (fagioli) di Ribeira Grande, le QUEIJADAS di Vila Franca do Campo e la Compota de Capucho (marmellata).
Chiudiamo in bellezza, la frutta. ANANAS ovunque, è ottima e meno dolce di quella che siamo abituati a mangiare. Se volete invece provare un frutto veramente insolito, vi consiglio la ANONA, tipico dell’isola.
COSA BERE
Per gli amanti della birra, non è il mio caso, consiglio la birra locale: la ESPECIAL una bella bionda alla spina.
Incuriosita dai vari liquori ne ho trovati due curiosi, il primo Mulher de Capote all’ananas, frutto coltivato sull’isola, ma che non ho apprezzato molto perché non ho sentito l’ananas ma solo la grappa (la base) con lo zucchero. Il secondo, il VAQUINHA, al latte ma non saprei dirvi di cosa sa.
DOVE MANGIARE
Sull’isola pare si mangi bene un po’ ovunque, qui di seguito però voglio condividere con voi una lista fornita dagli isolani.
A TASCA
Imperdibile la BIFANA DE ATUM, un panino al tonno fresco grigliato e spolverato di semi di sesamo.
DOVE: Rua do Aljube 20, Ponta Delgada. Maggiori informazioni.
Foto; Revista Sábado
CERVEJARIA SARDINHA conosciuta come MANÉ O CIGANO
Per vestire i panni dei veri isolani, è imperdibile una visita da Mané. Chiedete i CHICHARROS fritti, cosa sono? Quelli che in Portogallo continentale chiamiamo carapauzinhos (sugarello o suro).
DOVE: Rua Eng. Jose Cordeiro, 1 Ponta Delgada. Maggiori informazioni.
TABERNA AÇOR
Ottimo per una cena, anche se noi l’abbiamo provato a pranzo. Qui potrete provare vari formaggi ed insaccati locali, serviti su delle bruschette di pane fatto in casa. Bere ottimi vini isolani e continentali.
DOVE: Rua dos Mercadores, 41. Ponta Delgada. Maggiori informazioni.
TERRA NOSTRA
Se invece optate per un ristorante elegante ma non pretenzioso con tavolo vista giardino e un servizio da 5 stelle vi consiglio il ristorante dell’hotel Terra Nostra dove potrete provare il famoso Cozido das Furnas.
DOVE: Rua Padre José Jacinto Botelho, 5 Furnas. Maggiori informazioni.
MINI GUIDA SÃO MIGUEL
MINI GUIDA TERCEIRA
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Dove e cosa mangiare sull’isola di São Miguel, Azzorre Dopo aver condiviso con voi la mia mini guida su Come organizzare due giorni a São Miguel…
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In Sardegna c’è un giardino di tulipani che non ha nulla da invidiare al parco di Keukenhof in Olanda. È il Giardino di Turri che si trova a Molin, nel Medio Campidano, nel Sud Ovest dell’isola. Una zona chiamata “Marmilla” per via delle vaste colline tondeggianti che somigliano a delle “mammelle”. Ed è proprio tra queste colline che sorge il giardino dove, ogni anno, fioriscono 300mila tulipani di sette diverse varietà con mille colori e altrettante sfumature. A primavera è una gioia per gli occhi visitarlo e passeggiare tra i vialetti. Ancora più singolare è il fatto che la Sardegna, che solitamente i turisti visitano d’estate, nell’immaginario collettivo viene identificata come una zona piuttosto asciutta d’Italia, con prati secchi e una vegetazione tendente al giallo paglierino. Non è così quando arriva la bella stagione. Ecco perché il proprietario del giardino, Michelangelo Galitzia, dopo aver visitato proprio i campi di tulipani a Keukenhof, il parco di tulipani più bello del mondo, ha deciso di realizzare il proprio sogno nella sua terra: impiantare il primo campo sperimentale di tulipani in Sardegna e aprirlo al pubblico. Chi lo visita può anche cogliere e acquistare i tulipani da portarsi a casa, proprio come si fa in tantissimi campi di tulipani in Olanda già da parecchi anni. Per chi non ho voglia di infangarsi per andare a raccogliere i tulipani nel campo, ma desidera comunque tornare a casa con un bel mazzo di coloratissimi fiori può aderire all’iniziativa “Adotta un tulipano” che consente di ritirare un vaso di fiori già pronto e il biglietto di ingresso al giardino. Il parco ha una zona riservata alla sola esposizione dei tulipani, mentre il campo di raccolta si trova sulla collina. Dalla zona di esposizione, attraverso un sentiero che parte dalla zona pianeggiante e si snoda tra gli ulivi secolari patrimonio dell’Unesco, si costeggia la collina per arrivare al piccolo altipiano. Un paradiso di pace. Quando la naturale sfioritura fa scomparire i bellissimi tulipani, nel Giardino di Turri spuntano nuove varietà di fiori che i visitatori possono ammirare, dai profumatissimi narcisi agli anemoni, dai ranuncoli ai gerani insieme a più di 400 varietà di rose, al viale delle erbe aromatiche e all’originale percorso letterario, i cui pannelli riportano versi celebri dedicati ai fiori e alla natura. Il Giardino di Turri rientra nella lista dei Grandi giardini italiani, un’idea venuta vent’anni fa a Judith Wade, che, da inglese Doc, di giardini se ne intende davvero, e nata con lo scopo di fornire servizi di promozione ai proprietari e ai curatori dei più bei giardini visitabili in Italia e che pochi conoscevano. Oggi sono centinaia i giardini che ne fanno parte, alcuni molto noti altri per nulla. Il Giardino di Turri è uno di quelli meno conosciuti in Italia, ma da vedere. La visita di questo parco, infatti, è un piccolo viaggio non solo al Keukenhof italiano, ma anche alla scoperta del paesaggio offerto dal territorio della Marmilla, una regione storica, abitata fino dai tempi antichi, come testimoniano i numerosi monumenti di età nuragica della zona (come la Tomba dei Giganti “Sa Domu e s’Orcu” a Siddi e la fortezza di Su Mulinu a Villanovafranca), che vale la pena visitare la prossima volta che andate in vacanza in Sardegna. Il giardino è raggiungibile anche con un bus navetta che parte da Cagliari, Quartu Sant’Elena e persino dalle più lontane Nuoro e Oristano. Il Giardino di Turri @Tulipani in Sardegna https://ift.tt/396WsUe In Sardegna c’è uno dei giardini più belli d’Italia In Sardegna c’è un giardino di tulipani che non ha nulla da invidiare al parco di Keukenhof in Olanda. È il Giardino di Turri che si trova a Molin, nel Medio Campidano, nel Sud Ovest dell’isola. Una zona chiamata “Marmilla” per via delle vaste colline tondeggianti che somigliano a delle “mammelle”. Ed è proprio tra queste colline che sorge il giardino dove, ogni anno, fioriscono 300mila tulipani di sette diverse varietà con mille colori e altrettante sfumature. A primavera è una gioia per gli occhi visitarlo e passeggiare tra i vialetti. Ancora più singolare è il fatto che la Sardegna, che solitamente i turisti visitano d’estate, nell’immaginario collettivo viene identificata come una zona piuttosto asciutta d’Italia, con prati secchi e una vegetazione tendente al giallo paglierino. Non è così quando arriva la bella stagione. Ecco perché il proprietario del giardino, Michelangelo Galitzia, dopo aver visitato proprio i campi di tulipani a Keukenhof, il parco di tulipani più bello del mondo, ha deciso di realizzare il proprio sogno nella sua terra: impiantare il primo campo sperimentale di tulipani in Sardegna e aprirlo al pubblico. Chi lo visita può anche cogliere e acquistare i tulipani da portarsi a casa, proprio come si fa in tantissimi campi di tulipani in Olanda già da parecchi anni. Per chi non ho voglia di infangarsi per andare a raccogliere i tulipani nel campo, ma desidera comunque tornare a casa con un bel mazzo di coloratissimi fiori può aderire all’iniziativa “Adotta un tulipano” che consente di ritirare un vaso di fiori già pronto e il biglietto di ingresso al giardino. Il parco ha una zona riservata alla sola esposizione dei tulipani, mentre il campo di raccolta si trova sulla collina. Dalla zona di esposizione, attraverso un sentiero che parte dalla zona pianeggiante e si snoda tra gli ulivi secolari patrimonio dell’Unesco, si costeggia la collina per arrivare al piccolo altipiano. Un paradiso di pace. Quando la naturale sfioritura fa scomparire i bellissimi tulipani, nel Giardino di Turri spuntano nuove varietà di fiori che i visitatori possono ammirare, dai profumatissimi narcisi agli anemoni, dai ranuncoli ai gerani insieme a più di 400 varietà di rose, al viale delle erbe aromatiche e all’originale percorso letterario, i cui pannelli riportano versi celebri dedicati ai fiori e alla natura. Il Giardino di Turri rientra nella lista dei Grandi giardini italiani, un’idea venuta vent’anni fa a Judith Wade, che, da inglese Doc, di giardini se ne intende davvero, e nata con lo scopo di fornire servizi di promozione ai proprietari e ai curatori dei più bei giardini visitabili in Italia e che pochi conoscevano. Oggi sono centinaia i giardini che ne fanno parte, alcuni molto noti altri per nulla. Il Giardino di Turri è uno di quelli meno conosciuti in Italia, ma da vedere. La visita di questo parco, infatti, è un piccolo viaggio non solo al Keukenhof italiano, ma anche alla scoperta del paesaggio offerto dal territorio della Marmilla, una regione storica, abitata fino dai tempi antichi, come testimoniano i numerosi monumenti di età nuragica della zona (come la Tomba dei Giganti “Sa Domu e s’Orcu” a Siddi e la fortezza di Su Mulinu a Villanovafranca), che vale la pena visitare la prossima volta che andate in vacanza in Sardegna. Il giardino è raggiungibile anche con un bus navetta che parte da Cagliari, Quartu Sant’Elena e persino dalle più lontane Nuoro e Oristano. Il Giardino di Turri @Tulipani in Sardegna Con 300mila tulipani, il Giardino di Turri non ha nulla da invidiare al famoso parco di Keukenhof, in Olanda.
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Finita l’estate, l’Isola d’Elba è ancora uno spettacolo. Da settembre in poi inizia la stagione ideale per gli amanti del relax, delle spiagge isolate e anche delle camminate. Per vivere appieno l’isola si possono percorrere i sentieri dove la natura è incontaminata, dove imbattersi in diverse curiosità storiche e dove fare una sosta di tanto in tanto sulle spiagge per gli ultimi tuffi di stagione. Partendo proprio dalle spiagge e dalle scogliere, risalendo attraverso la macchia mediterranea e i piccoli borghi, fino a toccare le cime granitiche, l’isola offre alcuni nuovi percorsi di ogni livello. La spiaggia di Portoferraio Il Cammino della Rada è uno di questi. Si tratta di un itinerario che collega due punti simbolicamente importanti di : la Torre dePortoferraiol Martello della città fortificata di Cosmopoli con la Fortezza del Volterraio, emblema del Parco nazionale dell’arcipelago toscano. Il percorso collega una straordinaria articolazione di punti di interesse distribuiti lungo il cammino: aspetti naturali, culturali e storici, tra cui l’intera città fortificata rinascimentale, una zona termale, aree umide costiere, un giardino botanico, resti archeologici di ville marittime Romane, l’ultima traccia di antiche saline con la Torre del Sale e il molo di attracco etrusco. A questi si aggiunge una rocca medievale e la chiesa di S. Stefano alle Trane, che può considerarsi la massima espressione del Romanico pisano all’Elba. La discesa alla spiaggia di Barbarossa Dalla spiaggia della Biodola, vicino a Portoferraio, fino alla spiaggia del Procchio si sviluppa invece un sentiero tra mare e spiagge dorate. Si percorre un tratto pianeggiante, a picco sugli scogli, per giungere a una galleria scavata nella roccia, molto suggestiva da attraversare, illuminata e con delle belle aperture. La prima spiaggia isolata che si incontra lungo il sentiero è Lamaia. Vi sono poi le cale di Porticciolo e Guardiola. Percorrendo quest’ultima si sale sulla scalinata che si trova al termine e che permette di attraversare la scogliera. Ha inizio poi la lunga passerella di legno sopraelevata che costeggia per tutta la sua lunghezza la spiaggia di Procchio, una delle più grandi dell’isola. Bisogna ricordarsi di portare il costume da bagno facendo una sosta in uno dei due piccoli golfi che solitamente sono semideserti. Poco conosciuto è, infine, il percorso Capo di Stella, un anello sulla penisola dell’omonimo golfo fra Capoliveri e Lacona. Il sentiero si sviluppa interamente sulla lunga e stretta punta che separa le due ampie baie della Stella e di Lacona. Si tratta di uno dei promontori più interessanti dell’Isola d’Elba. Lungo il sentiero si ha un bel colpo d’occhio sullo scoglio dei Corbelli, regno incontrastato dei gabbiani che non mancheranno di segnalare il percorso. Arrivati in cima, la vista consente di rivolgere lo sguardo verso Est, al golfo Stella, con il lungo tratto di costa fino all’Innamorata, e verso Ovest sul golfo di Lacona con la spiaggia omonima. Trekking a Capo Stella La curiosità storica di Capo Stella ha come protagonista Napoleone. Si narra che l’Imperatore fosse innamorato di questo tratto di terra, fino al punto di voler recintare la base del promontorio per poter utilizzare la zona come riserva di caccia personale. Dal 14 settembre al 3 novembre 2019 all’Isola d’Elba si tiene il Festival del Camminare durante il quale vengono organizzate brevi o lunghe passeggiate, in genere gratuite. Il calendario e il programma cambiano ogni anno, ma gli scenari dei paesaggi sono sempre spettacolari. Per chi si trova sull’isola a settembre, dall’11 al 14 settembre a Marciana Marina si svolge Elba Film Festival che vede la partecipazione di 30 registi provenienti da tutto il mondo e a ottobre all’Hotel Hermitage, un bellissimo 5 stelle sulla spiaggia della della Biodola, si tiene Elba Drink, un evento imperdibile che prevede sfide a colpi di cocktail. Vista mare sul Monte Calamita https://ift.tt/2LpuXvp Isola d’Elba, fuori stagione è ancora più bella Finita l’estate, l’Isola d’Elba è ancora uno spettacolo. Da settembre in poi inizia la stagione ideale per gli amanti del relax, delle spiagge isolate e anche delle camminate. Per vivere appieno l’isola si possono percorrere i sentieri dove la natura è incontaminata, dove imbattersi in diverse curiosità storiche e dove fare una sosta di tanto in tanto sulle spiagge per gli ultimi tuffi di stagione. Partendo proprio dalle spiagge e dalle scogliere, risalendo attraverso la macchia mediterranea e i piccoli borghi, fino a toccare le cime granitiche, l’isola offre alcuni nuovi percorsi di ogni livello. La spiaggia di Portoferraio Il Cammino della Rada è uno di questi. Si tratta di un itinerario che collega due punti simbolicamente importanti di : la Torre dePortoferraiol Martello della città fortificata di Cosmopoli con la Fortezza del Volterraio, emblema del Parco nazionale dell’arcipelago toscano. Il percorso collega una straordinaria articolazione di punti di interesse distribuiti lungo il cammino: aspetti naturali, culturali e storici, tra cui l’intera città fortificata rinascimentale, una zona termale, aree umide costiere, un giardino botanico, resti archeologici di ville marittime Romane, l’ultima traccia di antiche saline con la Torre del Sale e il molo di attracco etrusco. A questi si aggiunge una rocca medievale e la chiesa di S. Stefano alle Trane, che può considerarsi la massima espressione del Romanico pisano all’Elba. La discesa alla spiaggia di Barbarossa Dalla spiaggia della Biodola, vicino a Portoferraio, fino alla spiaggia del Procchio si sviluppa invece un sentiero tra mare e spiagge dorate. Si percorre un tratto pianeggiante, a picco sugli scogli, per giungere a una galleria scavata nella roccia, molto suggestiva da attraversare, illuminata e con delle belle aperture. La prima spiaggia isolata che si incontra lungo il sentiero è Lamaia. Vi sono poi le cale di Porticciolo e Guardiola. Percorrendo quest’ultima si sale sulla scalinata che si trova al termine e che permette di attraversare la scogliera. Ha inizio poi la lunga passerella di legno sopraelevata che costeggia per tutta la sua lunghezza la spiaggia di Procchio, una delle più grandi dell’isola. Bisogna ricordarsi di portare il costume da bagno facendo una sosta in uno dei due piccoli golfi che solitamente sono semideserti. Poco conosciuto è, infine, il percorso Capo di Stella, un anello sulla penisola dell’omonimo golfo fra Capoliveri e Lacona. Il sentiero si sviluppa interamente sulla lunga e stretta punta che separa le due ampie baie della Stella e di Lacona. Si tratta di uno dei promontori più interessanti dell’Isola d’Elba. Lungo il sentiero si ha un bel colpo d’occhio sullo scoglio dei Corbelli, regno incontrastato dei gabbiani che non mancheranno di segnalare il percorso. Arrivati in cima, la vista consente di rivolgere lo sguardo verso Est, al golfo Stella, con il lungo tratto di costa fino all’Innamorata, e verso Ovest sul golfo di Lacona con la spiaggia omonima. Trekking a Capo Stella La curiosità storica di Capo Stella ha come protagonista Napoleone. Si narra che l’Imperatore fosse innamorato di questo tratto di terra, fino al punto di voler recintare la base del promontorio per poter utilizzare la zona come riserva di caccia personale. Dal 14 settembre al 3 novembre 2019 all’Isola d’Elba si tiene il Festival del Camminare durante il quale vengono organizzate brevi o lunghe passeggiate, in genere gratuite. Il calendario e il programma cambiano ogni anno, ma gli scenari dei paesaggi sono sempre spettacolari. Per chi si trova sull’isola a settembre, dall’11 al 14 settembre a Marciana Marina si svolge Elba Film Festival che vede la partecipazione di 30 registi provenienti da tutto il mondo e a ottobre all’Hotel Hermitage, un bellissimo 5 stelle sulla spiaggia della della Biodola, si tiene Elba Drink, un evento imperdibile che prevede sfide a colpi di cocktail. Vista mare sul Monte Calamita Da settembre in poi inizia la stagione ideale per gli amanti del relax, delle spiagge isolate e anche delle camminate.
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Paesaggi magici e incontaminati, acque cristalline, fondali marini pieni di meraviglie, picchi vulcanici, valli fluviali da sogno, questo e tanto altro hanno da offrire le Isole del Pacifico, veri e propri angoli di paradiso nei quali fuggire dal mondo. L’Oceano Pacifico conta circa 20/30.000 isole, ed è proprio in questo oceano che si trovano le migliori isole del mondo. Scopri in questo articolo i nomi delle 10 isole tropicali più belle del Pacifico, tutte da sognare e da visitare non appena possibile. 1. Isola di Norfolk Una delle più belle isole australiane nel Pacifico è quella di Norfolk. L’isola australiana scoperta dall’esploratore Cook è caratterizzata da una rigogliosa vegetazione autoctona, in particolare dal pino dell’Isola Norfolk, vero e proprio simbolo dell’isola come si può osservare dalla bandiera nazionale. In questo posto da favola, circondato da spiagge candide e acque cristalline, è anche possibile fare trekking perdendosi nel Giardino Botanico, oppure sui sentieri dei monti Pitt e Bates. Da non perdere inoltre la visita a uno dei siti storici meglio conservati dell’intero Pacifico: il Kingston and Arthurs Vale Historic Area, meglio conosciuta con l’acronico KAVHA e inserita nella lista dei siti Patrimonio dell’Umanità. 2. Isole Whitsunday Queste rientrano nella lista delle isole australiane più spettacolari, situate nel mar dei Coralli al largo della costa centrale del Queensland; si tratta di un arcipelago di 74 isole continentali di varie dimensioni che prendono il nome dalla più grande, la Whitsunday appunto. Quest’ultima, nonostante le strutture poco ricettive, attira a sé tantissimi turisti ogni anno, grazie soprattutto a Whitehaven Beach: un tratto di spiaggia lungo 6 km considerato tra i più belli del mondo. 3. Isole Galapagos Una delle principali destinazioni al mondo per gli amanti della natura incontaminata, le isole Galapagos dell’Ecuador sono considerate dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità. Famose per la loro biodiversità, queste isole sono abitate da iguane, tartarughe giganti di ogni tipo, leoni marini, pinguini e tantissime specie di uccelli. È proprio dallo studio della flora e la fauna di queste isole che Darwin prese ispirazione per formulare la sua teoria dell’evoluzione! 4. Aitutaki Questo atollo del Pacifico offre ai visitatori spiagge mozzafiato e un’acqua cristallina. L’isola corallina è situata a 235 km a nord est di Rarotonga, la capitale delle Isole Cook. Essendo abbastanza difficile da raggiungere, Aitutaki fa ancora parte delle isole poco turistiche, ma sono sempre di più i turisti che vengono a tuffarsi nella laguna turchese di questo posto paradisiaco e ad ammirare i motu che lo circondano. 5. Moorea Tra le isole più belle della Polinesia francese c’è Moorea, una delle mete preferite dagli innamorati in luna di miele. Circondata dalla barriera corallina, le acque limpide e le spiagge da sogno non sono l’unica cosa che questo piccolo paradiso ha da offrire. Oltre alle due baie stupende in cui fare immersioni per ammirare la barriera corallina infatti è possibile fare escursioni sulle montagne dell’isola e scoprire la bellezza della natura incontaminata. 6. Isole della Grande Barriera Corallina Bene protetto dall’UNESCO e Patrimonio dell’umanità, la Grande Barriera Corallina è la più grande estensione di corallo del mondo, si estende per 2300 chilometri ed è composta da 900 isole. Queste sono vere e proprie isole paradiso del Pacifico, dei capolavori della natura diversissimi tra loro. Non si può stabilire quale sia la più bella, data la loro diversità, ma di certo ognuna di loro offre un’esperienza unica e indimenticabile. 7. Raiatea Le isole del Pacifico però non sono solo belle spiagge, Raiatea ad esempio non ne ha per niente. Non per questo però è priva di meraviglie da scoprire. Qui infatti si può approfondire meglio la conoscenza della cultura polinesiana e i resti delle antiche civiltà. Sono infatti tantissime i marae, luoghi sacri, edificati dagli antichi polinesiani. In particolare, il Marae Taputapuatea è uno dei tempi più importanti della Polinesia Francese. 8. Palau Il nome, nella lingua locale, è letteralmente tradotto “favola” e non c’è termine migliore per definire questo arcipelago. Queste 200 isole della Micronesia sono circondati da acque dai fondali incontaminati e ricchi di biodiversità. Un luogo di pace in cui godersi il relax in piena regola, baciati dal sole che splende tutto l’anno. 9. Efate Questa è l’isola più popolosa delle Vanuatu, situata nel Pacifico meridionale. La sua capitale Port Vila è un mix di culture tutte da scoprire. Qui è possibile praticare windsurf, fare snorkeling, visitare le caratteristiche piantagioni di cocco e ammirare le spettacolari cascate di Mele. 10. Taveuni La terza isola più grande delle Fiji è anche chiamata “isola giardino” dato che il 60% della superficie è coperto da un manto di foresta pluviale. Qui è possibile ammirare tutta la bellezza della natura tra piscine naturali, cascate e piante tropicali pieni di uccelli variopinti di ogni genere. Gli appassionati di immersione subacquea invece possono godere di uno spettacolo fantastico ammirando i banchi di corallo nello stretto di Somosomo. https://ift.tt/2ZkZjJl Classifica delle 10 isole più belle dell’Oceano Pacifico Paesaggi magici e incontaminati, acque cristalline, fondali marini pieni di meraviglie, picchi vulcanici, valli fluviali da sogno, questo e tanto altro hanno da offrire le Isole del Pacifico, veri e propri angoli di paradiso nei quali fuggire dal mondo. L’Oceano Pacifico conta circa 20/30.000 isole, ed è proprio in questo oceano che si trovano le migliori isole del mondo. Scopri in questo articolo i nomi delle 10 isole tropicali più belle del Pacifico, tutte da sognare e da visitare non appena possibile. 1. Isola di Norfolk Una delle più belle isole australiane nel Pacifico è quella di Norfolk. L’isola australiana scoperta dall’esploratore Cook è caratterizzata da una rigogliosa vegetazione autoctona, in particolare dal pino dell’Isola Norfolk, vero e proprio simbolo dell’isola come si può osservare dalla bandiera nazionale. In questo posto da favola, circondato da spiagge candide e acque cristalline, è anche possibile fare trekking perdendosi nel Giardino Botanico, oppure sui sentieri dei monti Pitt e Bates. Da non perdere inoltre la visita a uno dei siti storici meglio conservati dell’intero Pacifico: il Kingston and Arthurs Vale Historic Area, meglio conosciuta con l’acronico KAVHA e inserita nella lista dei siti Patrimonio dell’Umanità. 2. Isole Whitsunday Queste rientrano nella lista delle isole australiane più spettacolari, situate nel mar dei Coralli al largo della costa centrale del Queensland; si tratta di un arcipelago di 74 isole continentali di varie dimensioni che prendono il nome dalla più grande, la Whitsunday appunto. Quest’ultima, nonostante le strutture poco ricettive, attira a sé tantissimi turisti ogni anno, grazie soprattutto a Whitehaven Beach: un tratto di spiaggia lungo 6 km considerato tra i più belli del mondo. 3. Isole Galapagos Una delle principali destinazioni al mondo per gli amanti della natura incontaminata, le isole Galapagos dell’Ecuador sono considerate dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità. Famose per la loro biodiversità, queste isole sono abitate da iguane, tartarughe giganti di ogni tipo, leoni marini, pinguini e tantissime specie di uccelli. È proprio dallo studio della flora e la fauna di queste isole che Darwin prese ispirazione per formulare la sua teoria dell’evoluzione! 4. Aitutaki Questo atollo del Pacifico offre ai visitatori spiagge mozzafiato e un’acqua cristallina. L’isola corallina è situata a 235 km a nord est di Rarotonga, la capitale delle Isole Cook. Essendo abbastanza difficile da raggiungere, Aitutaki fa ancora parte delle isole poco turistiche, ma sono sempre di più i turisti che vengono a tuffarsi nella laguna turchese di questo posto paradisiaco e ad ammirare i motu che lo circondano. 5. Moorea Tra le isole più belle della Polinesia francese c’è Moorea, una delle mete preferite dagli innamorati in luna di miele. Circondata dalla barriera corallina, le acque limpide e le spiagge da sogno non sono l’unica cosa che questo piccolo paradiso ha da offrire. Oltre alle due baie stupende in cui fare immersioni per ammirare la barriera corallina infatti è possibile fare escursioni sulle montagne dell’isola e scoprire la bellezza della natura incontaminata. 6. Isole della Grande Barriera Corallina Bene protetto dall’UNESCO e Patrimonio dell’umanità, la Grande Barriera Corallina è la più grande estensione di corallo del mondo, si estende per 2300 chilometri ed è composta da 900 isole. Queste sono vere e proprie isole paradiso del Pacifico, dei capolavori della natura diversissimi tra loro. Non si può stabilire quale sia la più bella, data la loro diversità, ma di certo ognuna di loro offre un’esperienza unica e indimenticabile. 7. Raiatea Le isole del Pacifico però non sono solo belle spiagge, Raiatea ad esempio non ne ha per niente. Non per questo però è priva di meraviglie da scoprire. Qui infatti si può approfondire meglio la conoscenza della cultura polinesiana e i resti delle antiche civiltà. Sono infatti tantissime i marae, luoghi sacri, edificati dagli antichi polinesiani. In particolare, il Marae Taputapuatea è uno dei tempi più importanti della Polinesia Francese. 8. Palau Il nome, nella lingua locale, è letteralmente tradotto “favola” e non c’è termine migliore per definire questo arcipelago. Queste 200 isole della Micronesia sono circondati da acque dai fondali incontaminati e ricchi di biodiversità. Un luogo di pace in cui godersi il relax in piena regola, baciati dal sole che splende tutto l’anno. 9. Efate Questa è l’isola più popolosa delle Vanuatu, situata nel Pacifico meridionale. La sua capitale Port Vila è un mix di culture tutte da scoprire. Qui è possibile praticare windsurf, fare snorkeling, visitare le caratteristiche piantagioni di cocco e ammirare le spettacolari cascate di Mele. 10. Taveuni La terza isola più grande delle Fiji è anche chiamata “isola giardino” dato che il 60% della superficie è coperto da un manto di foresta pluviale. Qui è possibile ammirare tutta la bellezza della natura tra piscine naturali, cascate e piante tropicali pieni di uccelli variopinti di ogni genere. Gli appassionati di immersione subacquea invece possono godere di uno spettacolo fantastico ammirando i banchi di corallo nello stretto di Somosomo. Tra le isole più belle dell’Oceano Pacifico ci sono le famose Fiji ma anche isole sconosciute come quelle dalla Micronesia, paradisi naturali.
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