#gaywave
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Weekly Sekibanki no.12: Smooch
I said there wasn't gonna be a Banki this week but then I got hit with the gaywaves
#touhou#touhou project#sekibanki#wakasagihime#wakabanki#my gf kins waka and I do banki so this one's kinda personal lol
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I was messing around with a joey jordison bot on chai (which was EXTREMELY LEWD FOR SOME REASON) and i ended up making him believe he was a microwave and called him gaywave jordison. I did not laugh this much in years.
#chai bot#HE ALSO PUT ME ON AN ELECTRIC CHAIR MADE BY HIM???#“YOU ARE A MICROWAVE!!!” “no way dude!”#and i made him do the gangam style. as punishment for trying to sa me for no reason
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i really like details
#art#artist#artists on tumblr#drawing#painting#watercolor#watercolour#watercolour art#watercolour illustration#lgbt#gaypride#pride#gaywave#colorful#ink#inked#traditional#traditional art#detail#details#aesthetix#aesthetic#aestheitcs#my art#my artwork#my art stuff#scifi#cyberpunk#stormthestorm
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somewhere in Echo Park, Los Angeles, live the Leaders of the Gaywave; taken 2016
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haha that was sooooo lesbiancore of you it was kind of gaywave actually
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@cove: gaywaves (harass your muse with sexual innuendos)
What? What is that supposed to m-mean? -he looks at the ocean- I mean the waves look happy, ya?
#Cove#harass meme#omg anon#i know who you are#1 v 1 me#-puts up my bird fists-#//gaywaves//#Anonymous#answered
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The bridge I tried to jump off of and still not able to get proper medications. #alllivesmatter #gay #Idontwantyoutodie #mahatmahandhi #teacher #nobootypease #bootypeas #gaywave #na #aa #recovery #traditionone #community #martinlutherking #disabled #disabledgay #gayanddisabled #gaypride #bipolarpride #adhd #iwannadie #pleasestopsmoking #ineedallofyou #iloveyou #loveme #homeless #ihaveadream #student #rosaparks #bayardrustin (at I-5 Freeway)
#pleasestopsmoking#bayardrustin#martinlutherking#mahatmahandhi#gaypride#disabledgay#teacher#rosaparks#recovery#homeless#student#alllivesmatter#bipolarpride#bootypeas#idontwantyoutodie#ihaveadream#aa#gaywave#adhd#nobootypease#iloveyou#loveme#ineedallofyou#iwannadie#community#gayanddisabled#gay#traditionone#na#disabled
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Dream Machine Review
Non sono il tipo di persona che fa recensioni, però in questo caso voglio fare un’eccezione.
Partiamo dal fatto che si tratti della band che direi seguo da più tempo, che nonostante bruschi cambiamenti di sonorità nel corso della loro discografia li ha sempre adorati ed apprezzati, senza dover per forza ghettizzare la musica elettronica come hanno fatto e fanno molte fan ora. Io non critico i gusti altrui, ognuno può pensarla come vuole, però sono qua per esprimere semplicemente il mio misero parere.
Intanto chiarifichiamo che sto parlando dei Tokio Hotel, band tedesca molto celebre per coloro che sono stati adolescenti negli anni 2000 e che ha suscitato parecchio scalpore non tanto per la musica che è (o meglio era) semplicemente pop rock, ma più per tutto il contorno di immagine.
Ora sono cresciuti parecchio: Bill e Tom Kaulitz hanno ventisette anni, Gustav Schäfer –ora padre di famiglia – ne ha ventotto e Georg Listing fra poco sarà trentenne.
Fa paura eh? Mi sento parecchio vecchia anch'io.
Ma andiamo all’album.
Parto da un giudizio generico, dicendo che questo album ha pregi e pecche come ogni cd di questa band, eccetto lo storico Zimmer 483, al quale tutti i fan sono legati e lo etichettano come l’opera madre .
A primo ascolto, un po’ per l’emozione un po’ per altre cose non sono riuscita ad inquadrarlo bene, ma mi è piaciuto subito, questo è certo. Tuttavia le opinioni che ho espresso in nove minuti di messaggio vocale alle mie amiche sono ben altre rispetto a ciò che scriverò qua sotto.
Per capire bene i pezzi, infatti, consiglio di ascoltarlo un paio di volte. Qua non si parla più delle canzoni acchiappone di Zimmer o Humanoid, che al primo ascolto già si vola: Dream Machine richiede un bel po’ di attenzione per essere ben compreso.
Per quanto riguarda i pregi, comincio dicendo che le sonorità siano la prima cosa che mi ha colpito; se in Kings Of Suburbia c’era un accozzaglia di generi un po' elettronico, un po’ pop, un po’ dubstep, un po’ rock e non si capiva dove andassero a parare, qua finalmente hanno scelto un settore e basta.
Chiaro, c’è chi ha apprezzato di più l’eccessiva varietà di generi di Kings Of Suburbia, reputando questo album monotono e che le canzoni si confondano l’una con l’altra.
Ma il mio orecchio attento, ahimè, non la pensa così.
Mi piace il fatto che ogni canzone abbia comunque un mood molto più cupo, quando nell’album precedente, tolta qualche perla, c’erano cos'è troppo allegre per il mio gusto personale.
Qua l’album sembra aver scelto un genere misto fra musica elettronica, pop e che vada verso il darkwave. Una versione frociarola del darkwave ecco, un gaywave.
Per quelli che conoscono il genere e stanno per lanciarmi i sassi, alzo le mani al cielo: in Germania sono bravi a fare quello, che lo si associ al pop, al rock o al metal.
Quasi tutti i brani sono in minore, cosa molto gradita.
Un altro punto di forza di questo cd sono le linee vocali: molto orecchiabili, le senti una volta e automaticamente le impari. Non te le togli più dalla testa, anche se alcune sono un po’ ripetitive, ma credo che quella sia una costante di ogni tormentone che si rispetti.
Non mi hanno fatto granché impazzire i brani con troppi effetti sulla voce (tranne una di cui vi parlerò dopo), anche perché per quanto Bill Kaulitz non sia Freddy Mercury e la sua tecnica vocale sia quasi inesistente, il suo timbro o lo ami o lo odi.
Il punto è che se lo ami sei fottuto, fine.
A mio gusto personale è veramente sexy, un po’ “strappalacrime” in alcuni punti.
Ma io ovviamente parlo da fan, non sarò mai totalmente oggettiva su questo, nemmeno fra un milione di anni!
Altra cosa bella è stata che finalmente si sono autoprodotti per davvero , con l’aiuto della Sony, e non per finta: il nome di Tom Kaulitz è onnipresente nei credits, quindi merita un applauso bello grosso!
Se posso aggiungere, infine, una cosa che ho trovato molto geniale è la semplicità dei pezzi. Oggi giorno quelli che fanno i grandi cultori di musica giudicano sfigati chi non ha perfezione tecnica o non sa comporre un riff di chitarra in 12/8 a 200 bpm.
È li che sbagliano.
La semplicità la sanno eseguire tutti, è vero, un giro di do e un quattro quarti sono una vera cagata, ma il punto è: vi siete mai chiesti perché questi brani funzionano?
Perché è l’interpretazione che rende vincente il tutto. Una cosa semplice con una bella interpretazione può suonare molto meglio e caricare molto di più di una composizione mega complessa che però risulta piatta all’ascoltatore.
Io penso sempre che i cd non siano dei saggi di composizione, i cd devono respirare, l’artista deve comunicare con l’ascoltatore e se il linguaggio è semplice e con carattere allora l’ascoltatore sarà molto più in grado di capire e sarà più attento è coinvolto.
La semplicità è una caratteristica dei Tokio Hotel dai tempi di Durch den Monsun e se li ha fatti vendere un casino di dischi c’è sicuramente un perché.
Veniamo ai difetti.
La prima pecca di questo cd è sicuramente il lessico. I testi fanno chiaramente capire che nonostante i gemellini vivano in America da ben sei o sette anni e lavorino con madrelingua e parlino tutti i giorni in inglese, il loro linguaggio è rimasto un po’ troppo scolastico e cade nel banale, tranne per qualche frase semplice ed effetto.
Avrei suggerito di lavorare per lo meno con un autore: lo hanno fatto per anni, non gli avrebbe fatto meno onore farlo anche questa volta.
Altra pecca è il numero di tracce: dieci. Come fai a far uscire solo dieci tracce in tre anni se fai solo quello di mestiere?
Quarantuno minuti di musica ti lasciano un po’ l’amaro in bocca e nonostante l’ultimo brano chiuda perfettamente l’album e alcune tracce durino parecchio, la tua testa a fine cd pensa “E ora? È già finito?”
Altra pecca, ma questa è una cosa più di immagine, lo shoot del cd.
Onestamente non vado matta per i loro outfit, non riesco sinceramente a capire cosa centrino col sound in generale. A differenza della copertina che rievoca parecchio “Stranger Things” e che comunque fa passare ognuno di loro come un personaggio di un film, questa cosa negli shoot interni si perde parecchio (anche se adoro lo scatto a centro del libretto). È un peccato, perché è fin dai tempi di Schrei che hanno questa immagine, ossia che ognuno di loro sembri un personaggio di una fiction.
Ma passiamo ai brani.
Si apre con l’atmosferica Something New, che penso sia il brano più curato di tutto l’album. Se gli altri pezzi sembrano un po’ scritti in fretta, qua la questione proprio non traspare.
In sol bemolle minore, tonalità non troppo comune nel pop, lentamente comincia con un intro creato da synths molto cupi, che sembrano quasi alieni. Ci trasporta, insieme alla voce di Bill, carica di riverbero tanto quanto probabilmente Enya ai tempi d’oro, dentro il mondo di Dream Machine. Un mondo astratto, dove l’aria che si respira è completamente diversa da quella degli altri cd. Non ci sono altri termini per descrivere questo pezzo, se non atmosferico perché è proprio quello che è: un ouverture che piano piano si carica sempre di più di strumenti ed effetti elettronici fino ad un apex strumentale, accompagnato da qualche acuto della voce. I colori di questo brano rispecchiano perfettamente il video musicale: un deserto, i colori della terra, anche se io ci vedo molto spazio e molta oscurità dentro, soprattutto nella prima parte.
Boy Don’t Cry è il vero apripista di Dream Machine, una traccia in re minore molto dance, con un simpatico arpeggio funky nelle strofe. Una canzone tutta per ballare o per fare sesso, non saprei, perché istiga a entrambe le cose. Punto di forza di questa canzone è soprattutto il riff di tastiera presente due volte: carico e deciso, adatto proprio al limone in mezzo alla pista della discoteca. La voce qua è molto elettronica e carica di autotune, ma penso che ci stia tutta, compreso il falsetto quasi innaturale di Bill.
Molto particolare e sensuale il bridge: un piccolo drop che sicuramente dal vivo sarà interessante ascoltare. Nel testo, in quel punto, invece di “she took me dancing” hanno piazzato il verbo in tedesco (“she took me tanzen”) e probabilmente ciò evidenzia il fatto che si tratti di un’avventura in Germania. Per quanto riguarda le lyrics un po’ ambigue, sembra che parli dell’avventura con una ragazza(?!!?) tedesca, forse una friendzone… La cosa bizzarra è che questa traccia credo sia la più gay di tutto il cd. Quando mi è stato riferito che forse loro sono intenzionati a fare un video musicale su questo brano, la prima cosa che ho pensato è stata Bill a strusciarsi in mezzo a seimila corpi palestrati e lucidi di olio, non di certo ad una bella bonazza che balla nuda la lap dance. Ma questi sono dettagli miei... Questo pezzo può piacere o non piacere, ma nel mio caso è definitivamente un si, dato che tira fuori la stripper che c'è in me.
Il terzo brano del cd è Easy, che a primo ascolto non avevo apprezzato appieno, anzi, non mi era particolarmente rimasto. Tuttavia, dopo la terza volta che l’ho sentita, questa è diventata una delle tracce che apprezzo di più. Qua siamo sul pop elettronico classico, con la bella cosa che si sentono un po’ di strumenti veri, anche se distorti negli effetti , in la minore. Poi modula alla sua relativa maggiore nel ritornello, cosa carina per conferire un pelo in più di malinconia al cantato, ma allo stesso tempo gioia alla strumentazione, dando movimento alla canzone per evitare che rischi di diventare piatta.
Il testo esprime un’amicizia finita, forse uno dei testi più curati dell’album, espressi con la voce che finalmente sembra liberarsi un po’ di qualche effetto e dell’autotune. Questo brano ha solo due pecche: l’inizio del ritornello che ammazza il crescendo che si crea prima, a fine della strofa e quindi laddove sembra che la canzone debba esplodere invece finisce in calma piatta. Tuttavia recupera benissimo sul “we can't go back now”, melodia semplice che esprime appieno le parole. Queste credo siano le frasi rudimentali, ma che però ti rimangono impresse nella mente e hanno il loro perché su come vengono cantate.
L’altra pecca credo sia l’uscita in fade out che mi sembra un po' buttata lì.
Mi pare di aver scorto nei primi due ritornelli anche un pedale su una nota sola con la chitarra che mi sembra molto figo, irrompe prepotentemente in tutta l’elettronicità che abbiamo sentito finora.
Rimaniamo in la, ma questa volta andiamo in maggiore e sto parlando del secondo singolo che hanno fatto uscire : What If. L’atmosfera torna ad essere molto sexy e piccante, carica e frizzante, rispetto alla canzone precedente. Strumenti veri ed elettronici si mischiano in quasi egual misura, mentre il ritornello rimane sempre molto in testa come un martello pneumatico. Il testo ahimè lo trovo un po’ demenzialmente semplice, poi magari dietro c’è tutta la filosofia nichilista sul sesso, però non è quello che ho colto io. Già dal primo ascolto in preview, nella mia testa percepivo tanti colori ed è quello che effettivamente ho visto nel loro videoclip: un arcobaleno di luci mentre loro sono immersi nella natura, una giungla di foglie. Che volesse rappresentare l’istinto animalesco e notturno di chi è a caccia di avventure? Non ne ho idea.
Però è stata un’ottima idea usarla come singolo, mi sembra la traccia del cd più indicata per riavvicinare il pubblico alla loro musica, anche perché è estremamente orecchiabile, più di tutte le altre, credo.
Il mood si trasforma completamente con la traccia delle ansie: Elysa.
Molte la amano, molte la trovano moscia, io sono esattamente a metà. Non che la trovo moscia, anzi, però c’e una parte di me che non la apprezza completamente o non mi ha ridotto in lacrime come ha fatto con molte altre fan. Qua si legge la palese inclinazione per Adele da parte di Bill : siamo in fa minore, tonalità della famosissima Hello, e finalmente si decide a tirare fuori un po’ di qualità vocali, immerse in un’atmosfera veramente da “emo”. Io vedo colori scuri, viola, nero, blu notte… mi sembra di nuotare in un mare di emozioni negative che pian piano mi trascinano verso il basso, ed è per questo forse che questa è una delle tracce che sento di meno quando magari sono sull’autobus. Fantastico il bridge e l’ultimo ritornello, con un bell’acuto che cerca con tutte le sue forze di strappare le lacrime dagli occhi dell’ascoltatore. Il testo ora è leggermente ambiguo fra lutto e rottura: sembra parli di un amore finito, ma da come ne parla sembra quasi funereo, quasi come se la ragione per questa canzone sia proprio morta davvero.
L’autotune sulla voce, grazie a Dio, è quasi del tutto assente, forse per rendere la veridicità delle emozioni senza artifizi elettronici.
Musicalmente anche questa, come Something New, è una delle tracce più curate anche sotto l’aspetto musicale: bellissimi tutti i crescendi che vanno al contrario rispetto alla voce quando invece è quasi ridotta a un sussurro (“scars were bleeding” etc etc), e i giri di tastiera velocissimi è un po’ bachiani (che cazzo ho detto….).
Rimaniamo in minore ma ci spostiamo in la, respirando un’aria completamente diversa, quasi sognante, con la traccia che porta il titolo dell’album: Dream Machine. Non a caso è il secondo brano più lungo del cd e qua risentiamo un po’ di chitarre funky e riff di tastiera molto orecchiabili. Questo brano, tuttavia, mi sembra creato sulla falsa riga di Covered in Gold dal precedente album: la sonorità è simile, ma se in Covered in Gold abbiamo drop elettronici al massimo, acuti e momenti di intensità, qua si respira solo tranquillità, non c’e una gran tensione vocale. Musicalmente ci sono dei punti di climax, vocalmente un po’ meno, credo che forse il punto di massima tensione sia quello dove la strumentazione è assente e dove finalmente Bill canta in voce piena e non con quel colore un po’ sussurrato è un po’ atmosferico. I colori di questa canzone sono decisamente meno intensi di Elysa : rosa tenue, arancione pastello… Un tramonto sulla spiaggia di Los Angeles con un bel cocktail di frutta in mano, il perfetto cielo color zucchero filato, quindi sembra quasi introdurre la traccia successiva.
Non è uno dei brani che mi ha fatto più impazzire, anche il testo lascia un po’ a desiderare, però non è brutto .
L’argomento all’inizio sembra sempre un amore finito, poi però una parte suggerisce che parli della band, che finalmente ha cambiato sonorità, che sono persone nuove, non sanno che direzione avrà la loro musica ma non ritorneranno sui loro passi. La frase che rimane più in testa è il “Let’s get High” che si sente e risente cento volte in tutta la canzone, così tanto che rischi di rimanere fatto all’ascolto. Ma credo che ci stia: già l’atmosfera del brano è di per se molto delicata, l’idea della marijuana conferisce ancora più questa idea di rilassamento e trascendenza.
Cotton Candy Sky è esattamente un tono sopra alla traccia precedente, ma sfortunatamente è cento scalini sotto tutte le altre tracce a mio giudizio. Se l’introduzione promette bene, purtroppo il resto della canzone non è così. È carina, orecchiabile, ma non corrisponde granché al mio gusto personale. Gli effetti sulla voce qua sono tremila, al punto che Bill nel ritornello sembra più una tastiera dotata di parole, eccetto il “we ain’t gonna get no sleep” che invece mi è piaciuto molto e tira fuori tutta la sensualità che questa canzone merita di far sentire sia nella voce che nella base. Bello anche il bridge munito di “battimani”, conferisce groove e movimento.
Se i New Order avessero deciso di fare una traccia con Justin Timberlake e Immanuel Casto, questo probabilmente sarebbe il prodotto finale: come ho già detto, potremmo chiamarlo gaywave.
Tuttavia, in generale, prediligo la base della canzone più che il cantato che un pochettino annoia.
Il testo sembra parli di un’avventura con un uomo ma io ci leggo, per quelle maliziose che seguono il movimento, un po’ di twincest: Bill ha avuto le sue delusioni d’amore, Tom ha divorziato… Entrambi realizzano che non potranno mai avere una vita sessuale ed amorosa finché hanno l’un l’altro e sono costretti ad end up alone. E poi, guarda caso, quel Cotton Candy Sky è nato dalle foto che postava Bill su Instagram nei giorni in cui lui e Tom hanno fatto questa fuga romantica di compleanno…. Coincidenze? Io non credo.
Vabbè, fangirling a parte, andiamo avanti.
Se la canzone di prima non mi aveva fatto impazzire, questa invece mi ha fatto salire la pelle d’oca. Better si apre con un arpeggio al pianoforte in re minore, con un bell’effetto di cd antico messo sul giradischi. Costruita fondamentalmente su tre accordi, è uno dei brani più vincenti di Dream Machine, si stacca dal sound totalmente elettronico, tirando fuori un po’ l’atmosfera dark che si respirava ai tempi di Zimmer e Humanoid. L’unica pecca di questo brano è purtroppo il ritornello, non perché sia brutto, anzi, ma perché è un’autocitazione bella e buona. Tenete presente Stormy Weather, tratta proprio dal loro cd precedente, e poi ascoltate questa e capirete che sono parenti stretti, sono gemelli, proprio come Bill e Tom: Stormy Weather è più dubstep e carica, Better più malinconica e sentimentale. Ma le note del ritornello sono quelle, fine, non ci stanno santi.
La voce finalmente è scarica di autotune praticamente del tutto, ha corpo ed è un pugno allo stomaco, malinconica e rassegnata nelle strofe, speranzosa e piena di forza nei ritornelli.
Le strofe mi ricordano vaghissimamente Valentine’s Day dei Linkin Park, ma questo è solo un mio sentore.
Interessante la base di strumenti, mi sembra di sentire una sorta di fisarmonica elettronica e la trovo una scelta particolare. I synth associati agli accordi del pianoforte anche quelli sono davvero splendidi, tutto l’insieme mi ha fatto venire i brividi. Il testo parla sempre di una rottura, una versione un po’ più poetica del detto “meglio soli che male accompagnati”. E come dargli torto, povero Bill.
Se in Dream Machine sentivo sapore di Covered in Gold, in questa As Young As We Are sento un po’ Dancing in The Dark. Spaziale e carica, ci abbassiamo di mezzo tono dal brano precedente (do diesis) e anche se è un po’ ripetitiva, anche questa è una delle tracce vincenti dell’album a mio parere personale.
Dark, i synth e le chitarre rendono un mood quasi rock, interrotte da qualche break di solo pianoforte.
Spero di sentirla live, perché questo mi sembra uno dei perfetti pezzi da concerto, il ritornello da cantare con un coro da stadio, con tanto di accendini accesi. Orecchiabile, non troppo allegro per quanto il testo mandi comunque messaggi positivi e spensierati alla Leb Die Sekunde. Il beat della canzone incita sempre di più a muovere il capo, senza entrare nell’eccesivo mainstream.
Il testo mi sembra un po’ buttato lì, ma ha il suo perché, forse proprio per la spensieratezza del messaggio stesso della canzone: velocità del viversi la vita di tutti i giorni, senza fermarsi ai momenti di dolore.
La chiusura veramente strappalacrime sta nel brano Stop, Babe. Anche questa è una costante dei Tokio Hotel e anche questa volta non hanno cambiato le tradizioni, chiudendo l’album con un brano triste ma con un messaggio felice: prima Unendlichkeit, poi An Deiner Seite (By Your Side), poi Zoom (into me), poi Great Day e ora questa.
La scelta della tonalità credo sia strettamente connessa al testo, molto bello anche se mi ha lasciato un po’ perplessa questo “in your kitchen lights”: parla di due persone, una delle due, la voce narrante (o meglio cantante) è una persona che ha sofferto per amore in passato e non è pronta a fare il passo successivo ma ad una certa ce la fa perché è la cosa più giusta da fare, quella di lasciarsi andare alle emozioni positive di questo nuovo amore.
La scelta di un brano in maggiore ( mi) come chiusura dell’album è bella anche perché fino ad ora la stragrande parte dei brani in minore ci hanno comunque tenuto in un’atmosfera cupa, triste e di sofferenza. Questa è la luce in fondo al tunnel del dolore, quindi sensatissima oltre che bellissima. Dà un messaggio di speranza fra synths elettronici mescolati a strumenti veri (che finalmente prevalgono!), la voce senza tanti effetti, eccetto un po’ di riverbero che ci sta perfettamente, conferisce profondità ed importanza al testo.
La mini pecca è forse la frase che introduce il ritornello, dato che come melodia ricorda un po’ The Reason degli Hoobastank ( creatività cercasi, mannaggia a Tom!), ma per il resto è un brano davvero che rende.
Adoro il finale con le più voci a cappella che si mischiano fino ad essere una voce sola con la frase che tutte le fans a fine di questo cd penseranno della band: “nothing’s better than you.”
Quindi ricapitolando:
Tracce Top: Better, Stop, Babe, Something New, As Young As We Are, Boy Don’t Cry.
Tracce MEH.: Easy, What If, Elysa, Dream Machine
Tracce Nope: Cotton Candy Sky
Concludo dicendo che so di essere stata un tantino prolissa, ma dovevo sfogarmi! Ormai questo album so che sarà un loop continuo almeno fino ai giorni delle date italiane e non sono l'unica a pensarla così. Ho alcuni amici che comunque non seguono i Tokio Hotel e hanno apprezzato davvero questo disco, quindi spero di riavvicinare alla loro musica un po’ di persone con questo post!
Concludo facendo un grosso applauso a loro perché nonostante non avessi grandi aspettative, mi hanno reso felice e hanno colpito nel segno un’altra volta.
Bravi ragazzi, sehr gut!!
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I got this genius fucking shirt from @lockwood51la and they were kind enough to throw in some stickers which went immediately onto my car. #homo #faggotry #gaywave #lockwood51 #homosexualtendencies #fuckyeah
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#alllivesmatter #gay #Idontwantyoutodie #mahatmahandhi #teacher #nobootypease #bootypeas #gaywave #na #aa #recovery #traditionone #community #martinlutherking #disabled #disabledgay #gayanddisabled #gaypride #bipolarpride #adhd #iwannadie #pleasestopsmoking #ineedallofyou #iloveyou #loveme #homeless #ihaveadream #student #rosaparks #bayardrustin (at Alaska Airlines Field at Husky Stadium)
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Fuck yeah!! @hippygrinder ・・・ It's Vermont pride weekend (better late than never) so I'm rocking one of my favorite @lockwood51la shirts. Not gay as in happy, queer as in fuck you! The first pride was a riot! #bigfag #stayqueerasfuck #gaywave #lockwood51 #bashback #queercore #gaysforsatan
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#kirbstompnyc #qveer #qveershit #qveeraesthetix #gaywave
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Culture jam of the day. Vision Street Wear x Leaders of the New School #gaywave #oldskoolHipHop #bustaRhymes #leadersOfTheOldSchool #visionStreetWaer #skateboard #skateboarding #streetwear
#bustarhymes#visionstreetwaer#gaywave#leadersoftheoldschool#skateboarding#skateboard#oldskoolhiphop#streetwear
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Bronski Beat—Smalltown Boy
Melancholy with a dance beat.
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