#franca rame
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Ancora oggi, proprio per l’imbecille mentalità corrente, una donna convince veramente di aver subito violenza carnale contro la sua volontà, se ha la “fortuna” di presentarsi alle autorità competenti pestata e sanguinante, se si presenta morta è meglio! Un cadavere con segni di stupro e sevizie dà più garanzie.
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Dario Fo e Franca Rame in Lo svitato, Carlo Lizzani, 1956
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Franca Rame was an Italian theatre actress, playwright and political activist. She was married to Nobel laureate playwright Dario Fo and is the mother of writer...
Link: Franca Rame
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Tanto per ricordare che l’8 marzo è passato ma il problema continua ad esserci.
"LO STUPRO"
IL 9 MARZO 1973 FRANCA RAME VENNE RAPITA, STUPRATA E SEVIZIATA DA UN GRUPPO DI FASCISTI.
"Mi scopro a pensare cosa dovrebbe fare una persona in queste condizioni. Io non riesco a fare niente, né a parlare né a piangere… Mi sento come proiettata fuori, affacciata a una finestra, costretta a guardare qualche cosa di orribile.
Quello accucciato alla mia destra accende le sigarette, fa due tiri e poi le passa a quello che mi sta tra le gambe. Si consumano presto.
Il puzzo della lana bruciata deve disturbare i quattro: con una lametta mi tagliano il golf, davanti, per il lungo… mi tagliano anche il reggiseno… mi tagliano anche la pelle in superficie. Nella perizia medica misureranno ventun centimetri. Quello che mi sta tra le gambe, in ginocchio, mi prende i seni a piene mani, le sento gelide sopra le bruciature…
Ora… mi aprono la cerniera dei pantaloni e tutti si danno da fare per spogliarmi: una scarpa sola, una gamba sola.
Quello che mi tiene da dietro si sta eccitando, sento che si struscia contro la mia schiena.
Ora quello che mi sta tra le gambe mi entra dentro. Mi viene da vomitare.
Devo stare calma, calma.
“Muoviti, puttana. Fammi godere”. Io mi concentro sulle parole delle canzoni; il cuore mi si sta spaccando, non voglio uscire dalla confusione che ho. Non voglio capire. Non capisco nessuna parola… non conosco nessuna lingua. Altra sigaretta.
“Muoviti puttana fammi godere”.
Sono di pietra.
Ora è il turno del secondo… i suoi colpi sono ancora più decisi. Sento un gran male.
“Muoviti puttana fammi godere”.
La lametta che è servita per tagliarmi il golf mi passa più volte sulla faccia. Non sento se mi taglia o no.
“Muoviti, puttana. Fammi godere”.
Il sangue mi cola dalle guance alle orecchie.
È il turno del terzo. È orribile sentirti godere dentro, delle bestie schifose"
Il 9 marzo del 1973 Franca Rame venne caricata con la forza su una camionetta. Cinque elementi riconducibili all'estrema destra la picchiarono e violentarono ripetutamente. Uno stupro non "casuale". Secondo la testimonianza di Biagio Pitarresi, esponente dell’estrema destra milanese, lo stupro fu "ispirato" da alcuni ufficiali della Divisione Pastrengo dei Carabinieri, il cui generale in capo Palumbo (iscritto alla P2), reagì alla notizia con le parole “era ora”.
La violenza fu probabilmente una punizione per le posizioni coraggiose prese da Franca Rame e da suo marito Dario Fo negli anni precedenti a sostegno di lotte che piacevano poco non solo ai neofascisti, ma anche a molti elementi delle forze armate e di polizia.
Il processo finì con la prescrizione del reato.
Come detto più volte ci auguriamo che il racconto di Franca sia diffuso da tutti con lo stesso coraggio con il quale lei riuscì a far conoscere questa sua terribile esperienza grazie ad un monologo teatrale.
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Window on the World
ACCIDENTAL DEATH OF AN ANARCHIST Theatre Royal Haymarket, London, 29th July 2023 In 1970, Dario Fo and Franca Rame presented this masterpiece in response to the real-life death by defenestration of a railway worker while in custody of Italian police. Now revived for the London stage in this new adaptation by Tom Basden, the issues raised by the play could not be more pertinent. You only have…
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#Accidental Death of An Anarchist#Daniel Raggett#Daniel Rigby#Dario Fo#Franca Rame#Mark Hadfield#review#Ro Kumar#Ruby Thomas#Theatre Royal Haymarket#Tom Andrews#Tom Basden#Tony Gardner
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Un bellissimo Monologo di Barbara Giorgi dedicato a Franca Rame.
Non importa chi sono. Non importa come mi chiamo. Potete chiamarmi Strega.
Perché tanto la mia natura è quella. Da sempre, dal primo vagito, dal primo respiro di vita, dal primo calcio che ho tirato al mondo.
Sono una di quelle donne che hanno il fuoco nell’anima, sono una di quelle donne che hanno la vista e l’udito di un gatto, sono una di quelle donne che parlano con gli alberi e le formiche, sono una di quelle donne che hanno il cervello di Ipazia, di Artemisia, di Madame Curie.
E sono bella! Ho la bellezza della luce, ho la bellezza dell’armonia, ho la bellezza del mare in tempesta, ho la bellezza di una tigre, ho la bellezza dei girasoli, della lavanda e pure dell’erba gramigna!
Per cui sono Strega.
Sono Strega perché sono diversa, sono unica, sono un’altra, sono me stessa, sono fuori dalle righe, sono fuori dagli schemi, sono a-normale… sono io!
Sono Strega perché sono fiera del mio essere animale-donna-zingara-artista e … folle ingegnere della mia vita.
Sono Strega perché so usare la testa, perché dico sempre ciò che penso, perché non ho paura della parola pericolosa e pruriginosa, della parola potente e possente.
Sono Strega perché spesso dò fastidio alle Sante Inquisizioni di questo strano millennio, di questo Medioevo di tribunali mediatici e apatici.
Sono Strega perché i roghi esistono ancora e io – prima o poi – potrei finirci dentro.
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UNA QUESTIONE CULTURALE
Quando, sotto l’onda emotiva provocata da uno spaventoso fatto di cronaca (come nel caso recente del giovane uomo che ha ucciso la compagna), ci sentiamo in dovere di esprimere tutta la nostra indignazione e la nostra rabbia, spesso, cercando di non essere impulsivi e alla disperata ricerca di una causa per fatti che non riusciamo razionalmente a spiegarci, diciamo che “è una questione culturale” e ci affanniamo subito a dire che dovremmo cambiare mentalità, e cultura appunto. Solo che le “questioni culturali” non si cambiano da un giorno all’altro e nemmeno da una generazione all’altra: per cambiare abitudini e forme mentali ci vogliono dei secoli. Se in Italia, e anche altrove, la donna è stata fatta ed è, talvolta ancora, oggetto di sentimenti di possesso, questo atteggiamento non data qualche decina d’anni, ma millenni. È ora evidente che non si possa decidere a tavolino che “l’approccio culturale” vada cambiato e, tantomeno, che questo possa accadere in una decina d’anni o nel corso di un ciclo di studi. Vale però la pena anche di ricordare che non tutti hanno avuto verso le donne lo stesso “approccio culturale”. Io mi ricordo ancora quando, l’otto marzo di circa quarant’anni fa, sfilavano i cortei delle femministe e metà della cittadinanza le guardava con compatimento, pensando di loro tutto il male possibile e mettendo persino in dubbio la loro “moralità”. Mi ricordo bene quanta velenosa ironia sugli zoccoli e sulle gonne a fiori, così come mi ricordo bene i saluti romani dei “camerati” che hanno sempre considerato la donna un puro oggetto di piacere, una macchina per fare figli e, nella migliore delle ipotesi, una domestica a tempo pieno che lavora gratuitamente. Altrettanto ricordo bene i democristiani che si indignavano e ancora si indignano, contro la legge sull’interruzione della gravidanza. Oggi quelli che facevano il saluto romano si sono dati una (salutare) calmata, almeno esteriore, ma maschilisti e “machisti” erano e tali restano (nonostante le indignazioni di facciata). Ricordo anche molto bene la destra italiana, insofferente al massimo grado, per gli slogan come “il femminismo non è separatismo, ma lotta per il comunismo” urlato delle ali più estreme del Movimento. Ricordo con tristezza quali epiteti riservava la destra italiana a personaggi come Franca Rame, Lidia Menapace, Rossana Rossanda o, per non andare troppo lontano nel tempo, ricordo come le organizzazioni di destra appellavano la Presidente della Camera, On. Laura Boldrini. Sì è una questione culturale, ma non dimentichiamoci, figlia di quale cultura, tanto per non fare di tutte le erbe un fascio. Anzi un Fascio. Se qualcuno poi, volesse approfondire l’argomento in senso “culturale”, mi permetterei di consigliare la lettura di un librettino di qualche annetto fa (1884) dal titolo “L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato”: lo ha scritto tale Friedrich Engels. Visto che si tratta di una “questione culturale” qualche riferimento culturale va pur fatto…
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La sogno ogni notte e la incontro sempre nel momento in cui la sto perdendo. Sparisce, non la trovo più, non so dove sia andata. Poi la ritrovo di nuovo. Poi ci sono delle volte in cui arriva ridendo, mi prende in giro, mi fa delle scenate di gelosia e poi ride per averle fatte. Alle volte succede che mentre ci scambiamo i corpi nell’amore, perdendoci nei baci, io scopra le tende delle finestre scuotersi per il vento. Dietro nascosto mi sembra di scorgere Dio in persona che ci va spiando geloso del nostro amore, giacché uno sconvolgimento folle e impossibile come il nostro non l’ha mai provato.
Dario Fo e Franca Rame
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“Juzga a un hombre o a una mujer por lo que es capaz de hacer por los demás, no por lo que se propone sólo con palabras”.
-Darío Fo
Premio Nobel de Literatura 1997
Nació el 24 de marzo de 1926 Dramaturgo y actor italiano, Premio Nobel de Literatura en 1997. Ignorado por las historias de la literatura o mencionado lateralmente, las obras de este autor aparecen disimuladas por su actividad como uno de los más completos hombres de teatro de su país. De hecho, para muchos críticos, Fo es esencialmente un comediante. Sin embargo, este excelente intérprete y director escénico supo fundir con enorme habilidad diversas tradiciones textuales: el humor de las vanguardias, la comicidad de la commedia dell´arte y la sátira política. Una de sus obras maestras, Misterio bufo (1969), un conjunto de monólogos contra la sociedad y la Iglesia, contiene las claves de su magisterio teatral en toda Europa. Cada secuencia está tramada con un ritmo y una tensión dramática y cómica preestablecidas, a las que la improvisación se debe ajustar.
Debutó con variedades satíricas de gran impacto moral, de las que era coautor junto con Franco Parenti -Il dito nell'occhio (1953) y Sani da legare (1954)-. Entre 1959 y 1967 hizo representar las Farse, dirigidas a un público burgués, en salas tradicionales, que de todos modos reflejaban, por medio de la estructura extravagante de la historia, de su ritmo agitado, de la inesperada explosión de efectos escénicos, una realidad cultural, costumbrista o, en ocasiones, política distorsionada o anormal -Isabela, tre caravelle e un cacciaballe (1963) o La signora è da buttare (1967)-.
Tras adherirse a las inquietudes juveniles de finales de los años sesenta, Fo optó por circuitos teatrales alternativos, y sus Commedie, de las que ha escrito ya varios volúmenes, significan una agresión cada vez mayor a la realidad del país, favoreciendo antes, durante y después de su puesta en escena, una discusión abierta con el público acerca de los temas no resueltos de la gestión política de la democracia.
Otra de sus obras más representadas, Muerte accidental de un anarquista (1971), estrenada en Milán por el colectivo La Comune, corroboró la percepción que Fo tiene de sí mismo: un juglar decididamente subversivo. Las consecuencias de sus posiciones políticas no fueron agradables: su mujer, Franca Rame, fue secuestrada por grupos fascistas y el Vaticano lo calificó de bufón, opinión que mantuvo incluso después del galardón sueco.
Distanciado del Partido Comunista a partir de los años 1980, estrenó Trompetas y frambuesas y Escarnio del miedo en 1981, inspirada en el secuestro de Aldo Moro. Entre sus obras más conocidas también figuran El dedo en el ojo (1953), Séptimo, roba un poco menos (1964), Razono y canto (1972), No se paga, no se paga (1974).
Ocho monólogos
Darío Fo
[Fragmento]
"No, no, por favor… por favor, estate quieto..., así no me dejas ni respirar... Espera... Claro que me gusta hacer el amor, pero con un poco más de..., ¿cómo diría yo?... ¡Que me estás aplastando! Quítate..., ¡basta! Me estás mojando la cara... ¡No, en la oreja no! Sí que me gusta, pero es que pareces una Moulinex, con esa lengua... Oye, ¿pero cuántas manos tienes? Déjame respirar... ¡Qué te levantes te digo! (Se incorpora lentamente, como quitándose de encima el peso del cuerpo del hombre. Se sienta frente al público.) ¡Por fin! Estoy empapada en sudor. ¿Para ti esto es hacer el amor? Sí, claro que me gusta, pero preferiría que hubiera algo más de sentimiento... ¡No estoy hablando de sentimentalismo! Cómo no, ya sabía que me saldrías con lo de que soy una cursi romántica y antigua...
Claro que me apetece hacer el amor, pero a ver si entiendes que no soy una de esas maquinitas que les metes unos duros y se les encienden las luces, tun, tun, trin, toc, toc... ¡drin! Mira, yo, si no se me trata bien, me bloqueo, ¿comprendes? ¿Será posible que, si una no se coloca de inmediato en una postura cómoda, falda y bragas fuera, piernas abiertas y bien estiradas, se vuelve una estúpida acomplejada, con los traumas del honor y del pudor, inculcados por una educación reaccionaria-imperialista-capitalista-masónica-católica-conformista-y austrohúngara? ¿Que soy pedante? Y una tía pedante os pone muy nerviosos, ¿verdad? Es mejor la mema de risita erótica... (Ríe por lo bajo, en plan erótico-tirado.) ¡Venga, hombre, no te cabrees! No, no estoy ofendida. Está bien, hagamos el amor... (Vuelve a tumbarse de perfil al público.) Y pensar que cuando quieres sabes ser tan dulce..., ¡casi humano! ¡Y un auténtico compañero! (Lánguida, con voz soñadora.) Contigo puedo hablar de cosas que normalmente no sé ni decir... Cosas incluso inteligentes..., eso es, ¡tú consigues que me sienta inteligente! Contigo me realizo... Y además, tú no vienes conmigo sólo porque te gusta cómo hago el amor..., y además, después te quedas conmigo, y yo hablo, y tú me escuchas... (más y más lánguida) ...y yo te escucho… hablas, hablas, y yo... (Se comprende que está a punto de tener un orgasmo por el tono de voz.) ...y yo... (Cambia de tono: de pronto, realista y aterrada.) Por favor, para... ¡que me quedo embarazada! (Implorante.) ...para un momento... (Perentoria.) ¡¡¡QUIETO!!! (El hombre por fin se ha parado.) Tengo que decirte algo importante. No me he tomado la píldora... No, es que ya no la tomo, porque me sienta mal, se me ponen unas tetas como la cúpula de San Pedro... Está bien, sigamos, pero por favor ten cuidado... No olvides lo que ocurrió aquella vez..., ¡cómo lo pasé de mal! (Cambia de tono.) Sí, ya sé que tú también lo pasaste fatal, pero yo más, si no te importa. Sigamos, pero tú ten cuidado... (Vuelven a hacer el amor. Se queda unos segundos inmóviles, en silencio con los ojos abiertos, luego empieza a mover nerviosa un pie en el suelo. Mira a su compañero imaginario y le susurra con voz llena de aprensión.) ¡Ten cuidado! (Con otro tono.) ¡¡¡Que tengas cuidado!!! (Molesta.) ¡Que no, que no puedo! Esto del embarazo me ha helado la sangre en las venas... ¿El diafragma? Sí, lo uso, pero tú no me habías dicho que hoy..., además, esa goma en la tripa no me gusta nada, me da mucha grima..., me parece como si tuviera chicle en el vientre". Fuente: Cactus cultural UTE
Imagen de la red.
La Conciencia de las Palabras
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Quando dico che i sinistronzi sono il male assoluto e che stanno sempre e solo col male ho ragione. Durante il processo le zecche rosse manifestarono a sostegno degli artefici dell'incendio, inviarono loro denaro, tipo Dario Fo e Franca Rame...tentarono di depistare le indagini ed arrivarono perfino ad ammazzare a loro volta uno studente di destra...Dei cinque colpevoli nessuno ha fatto nemmeno un giorno di prigione e addirittura Marino Clavo nessuno sa dove sia finito. È ancora irrintracciabile. Sicuramente protetto dai soliti noti. Questa è l'ultima foto che è rimasta ai poveri genitori di uno dei due figli...😭😭
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Ho fatto una grande fatica a leggerlo fino in fondo, col pensiero che ancora oggi, nel 2023, sono in molti a giustificare uno stupro 😑
È il 9 MARZO 1973.
La donna picchiata, sfregiata e violentata è FRANCA RAME.
Abbandonata vicino a un parco cittadino, cammina fin davanti alla Questura, per poi tornare a casa.
LO STUPRO
MEDICO Dica, signorina, o signora, durante l’aggressione lei ha provato solo disgusto o anche un certo piacere... una inconscia soddisfazione?
POLIZIOTTO Non s’è sentita lusingata che tanti uomini, quattro mi pare, tutti insieme, la desiderassero tanto, con così dura passione?
GIUDICE È rimasta sempre passiva o ad un certo punto ha partecipato?
MEDICO Si è sentita eccitata? Coinvolta?
AVVOCATO DIFENSORE DEGLI STUPRATORI Si è sentita umida?
GIUDICE Non ha pensato che i suoi gemiti, dovuti certo alla sofferenza, potessero essere fraintesi come espressioni di godimento?
POLIZIOTTO Lei ha goduto?
MEDICO Ha raggiunto l’orgasmo?
AVVOCATO Se sì, quante volte?
Il brano che ora reciterò è stato ricavato da una testimonianza apparsa sul “Quotidiano Donna”, testimonianza che vi riporto testualmente.
Si siede sull’unica sedia posta nel centro del palcoscenico.
FRANCA C’è una radio che suona... ma solo dopo un po’ la sento. Solo dopo un po’ mi rendo conto che c’è qualcuno che canta. Sì, è una radio. Musica leggera: cielo stelle cuore amore... amore...
Ho un ginocchio, uno solo, piantato nella schiena... come se chi mi sta dietro tenesse l’altro appoggiato per terra... con le mani tiene le mie, forte, girandomele all’incontrario. La sinistra in particolare.
Non so perché, mi ritrovo a pensare che forse è mancino. Non sto capendo niente di quello che mi sta capitando.
Ho lo sgomento addosso di chi sta per perdere il cervello, la voce... la parola. Prendo coscienza delle cose, con incredibile lentezza... Dio che confusione! Come sono salìta su questo camioncino? Ho alzato le gambe io, una dopo l’altra dietro la loro spinta o mi hanno caricata loro, sollevandomi di peso?
Non lo so.
È il cuore, che mi sbatte così forte contro le costole, ad impedirmi di ragionare... è il male alla mano sinistra, che sta diventando davvero insopportabile. Perché me la storcono tanto? Io non tento nessun movimento. Sono come congelata.
Ora, quello che mi sta dietro non tiene più il suo ginocchio contro la mia schiena... s’è seduto comodo... e mi tiene tra le sue gambe... fortemente... dal di dietro... come si faceva anni fa, quando si toglievano le tonsille ai bambini.
L’immagine che mi viene in mente è quella. Perché mi stringono tanto? Io non mi muovo, non urlo, sono senza voce. Non capisco cosa mi stia capitando. La radio canta, neanche tanto forte. Perché la musica? Perché l’abbassano? Forse è perché non grido.
Oltre a quello che mi tiene, ce ne sono altri tre. Li guardo: non c’è molta luce... né gran spazio... forse è per questo che mi tengono semidistesa. Li sento calmi. Sicurissimi. Che fanno? Si stanno accendendo una sigaretta.
Fumano? Adesso? Perché mi tengono così e fumano?
Sta per succedere qualche cosa, lo sento... Respiro a fondo... due, tre volte. Non, non mi snebbio... Ho solo paura...
Ora uno mi si avvicina, un altro si accuccia alla mia destra, l’altro a sinistra. Vedo il rosso delle sigarette. Stanno aspirando profondamente.
Sono vicinissimi.
Sì, sta per succedere qualche cosa... lo sento.
Quello che mi tiene da dietro, tende tutti i muscoli... li sento intorno al mio corpo. Non ha aumentato la stretta, ha solo teso i muscoli, come ad essere pronto a tenermi più ferma. Il primo che si era mosso, mi si mette tra le gambe... in ginocchio... divaricandomele. È un movimento preciso, che pare concordato con quello che mi tiene da dietro, perché subito i suoi piedi si mettono sopra ai miei a bloccarmi.
Io ho su i pantaloni. Perché mi aprono le gambe con su i pantaloni? Mi sento peggio che se fossi nuda!
Da questa sensazione mi distrae un qualche cosa che subito non individuo... un calore, prima tenue e poi più forte, fino a diventare insopportabile, sul seno sinistro.
Una punta di bruciore. Le sigarette... sopra al golf fino ad arrivare alla pelle.
Mi scopro a pensare cosa dovrebbe fare una persona in queste condizioni. Io non riesco a fare niente, né a parlare né a piangere... Mi sento come proiettata fuori, affacciata a una finestra, costretta a guardare qualche cosa di orribile.
Quello accucciato alla mia destra accende le sigarette, fa due tiri e poi le passa a quello che mi sta tra le gambe. Si consumano presto.
Il puzzo della lana bruciata deve disturbare i quattro: con una lametta mi tagliano il golf, davanti, per il lungo... mi tagliano anche il reggiseno... mi tagliano anche la pelle in superficie. Nella perizia medica misureranno ventun centimetri. Quello che mi sta tra le gambe, in ginocchio, mi prende i seni a piene mani, le sento gelide sopra le bruciature...
Ora... mi aprono la cerniera dei pantaloni e tutti si dànno da fare per spogliarmi: una scarpa sola, una gamba sola.
Quello che mi tiene da dietro si sta eccitando, sento che si struscia contro la mia schiena.
Ora quello che mi sta tra le gambe mi entra dentro. Mi viene da vomitare.
Devo stare calma, calma.
“Muoviti, puttana. Fammi godere”. Io mi concentro sulle parole delle canzoni; il cuore mi si sta spaccando, non voglio uscire dalla confusione che ho. Non voglio capire. Non capisco nessuna parola... non conosco nessuna lingua. Altra sigaretta.
“Muoviti puttana fammi godere”.
Sono di pietra.
Ora è il turno del secondo... i suoi colpi sono ancora più decisi. Sento un gran male.
“Muoviti puttana fammi godere”.
La lametta che è servita per tagliarmi il golf mi passa più volte sulla faccia. Non sento se mi taglia o no.
“Muoviti, puttana. Fammi godere”.
Il sangue mi cola dalle guance alle orecchie.
È il turno del terzo. È orribile sentirti godere dentro, delle bestie schifose.
“Sto morendo, – riesco a dire, – sono ammalata di cuore”.
Ci credono, non ci credono, si litigano.
“Facciamola scendere. No... sì...” Vola un ceffone tra di loro. Mi schiacciano una sigaretta sul collo, qui, tanto da spegnerla. Ecco, lì, credo di essere finalmente svenuta.
Poi sento che mi muovono. Quello che mi teneva da dietro mi riveste con movimenti precisi. Mi riveste lui, io servo a poco. Si lamenta come un bambino perché è l’unico che non abbia fatto l’amore... pardon... l’unico, che non si sia aperto i pantaloni, ma sento la sua fretta, la sua paura. Non sa come metterla col golf tagliato, mi infila i due lembi nei pantaloni. Il camioncino si ferma per il tempo di farmi scendere... e se ne va.
Tengo con la mano destra la giacca chiusa sui seni scoperti. È quasi scuro. Dove sono? Al parco. Mi sento male... nel senso che mi sento svenire... non solo per il dolore fisico in tutto il corpo, ma per lo schifo... per l’umiliazione... per le mille sputate che ho ricevuto nel cervello... per lo sperma che mi sento uscire. Appoggio la testa a un albero... mi fanno male anche i capelli... me li tiravano per tenermi ferma la testa. Mi passo la mano sulla faccia... è sporca di sangue. Alzo il collo della giacca.
Cammino... cammino non so per quanto tempo. Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura.
Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora... Sento le loro domande. Vedo le loro facce... i loro mezzi sorrisi... Penso e ci ripenso... Poi mi decido...
Torno a casa... torno a casa... Li denuncerò domani.
Buio.
(Questo brano è stato scritto nel 1975 e rappresentato nel 1979 in Tutta casa, letto e chiesa).
Tratto dalla pagina facebook Atlantide
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GUERRIGLIERI E DISCOTECHE
La Casa del Popolo di San Martino in Strada (Forlì) fu fondata nel 1949 dai socialisti e comunisti del paese per avere un luogo di svago e attività politica. Negli anni ’50 nacque il Giardino d’estate, uno spazio per le feste da ballo e le proiezioni cinematografiche che negli anni ’60, coperto da una cupola, diventò Giardino d’Inverno. Negli anni ’70 fu allestito un palcoscenico per spettacoli teatrali di carattere nazionale, tra i quali quelli di Dario Fo e Franca Rame e fu restaurata l’area dedicata al cinema: quello che era Cinema Lux diventò Cinema Neva, ispirandosi al fiume russo. Il nome fu scelto da un gruppo di amici durante un viaggio in Unione Sovietica, tra i quali mio padre. Dal '93 la gestione del cinema passò a Nanni Moretti e la sala fu da lui rinominata Nuovo Cinema Sacher. Io ero piccolo ma ricordo bene l'insegna. All’inaugurazione, il regista fu accolto da applausi e fette di torta al cioccolato. Intanto, anche il Giardino d’inverno aveva cambiato nome ed era diventato il Ciaika, altro nome russo come si usava ai tempi, diventando uno dei locali più grandi della Romagna. Vi suonarono Dalla, De André, Venditti, Vasco Rossi e ci furono spettacoli di Walter Chiari e Benigni. Nacque una biblioteca per i ragazzi del quartiere e un laboratorio di sperimentazione educativa centrato su tematiche politiche e sociali. E poi i congressi del PC, le Feste dell’Unità, fino alla visita di una delegazione di guerriglieri e politici del Fronte di Liberazione Nazionale del Vietnam davanti a 2.000 persone. Negli anni ’80 iniziò la collaborazione con il Naima Club e iniziarono i concerti jazz con l’obiettivo di rendere accessibile un genere musicale elitario. Chet Baker ci suonò nel 1984 tra l'entusiasmo del pubblico. Alla fine degli anni '80, divenuti insostenibili i costi di gestione, il Ciaka fu ceduto a una società privata e nacque la discoteca Empyre, chiusa nel 2012. Nel ’97 anche l’area bar era stata affittata a privati che avevano ridisegnato la struttura in chiave moderna, ponendo fine al modello popolare e aggregativo del circolo. Oggi non esiste più nulla della struttura originale né delle iniziative a esse legate. Al suo posto ci sono appartamenti e negozi.
(nelle foto: la facciata esterna, De Andrè il 26 dicembre 1975, Chet Baker nel 1984, l'interno del Ciaka, i Giovani Comunisti del paese accolgono i guerriglieri vietnamiti)
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Sono Strega perché sono diversa, sono unica, sono un’altra, sono me stessa, sono fuori dalle righe, sono fuori dagli schemi, sono a-normale… sono io!
Sono Strega perché sono fiera del mio essere animale-donna-zingara-artista e … folle ingegnere della mia vita.
Sono Strega perché so usare la testa, perché dico sempre ciò che penso, perché non ho paura della parola pericolosa e pruriginosa, della parola potente e possente.
Sono Strega perché spesso dò fastidio alle Sante Inquisizioni di questo strano millennio, di questo Medioevo di tribunali mediatici e apatici.
Sono Strega perché i roghi esistono ancora e io – prima o poi – potrei finirci dentro.
franca rame
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Varese: "Ciao Franca, una rassegna all'improvvisa", al via la seconda edizione dell'iniziativa in omaggio a Franca Rame e Dario Fo
Varese: "Ciao Franca, una rassegna all'improvvisa", al via la seconda edizione dell'iniziativa in omaggio a Franca Rame e Dario Fo "Ciao Franca, una rassegna all'improvvisa", è questo il nome del festival in omaggio a Franca Rame e Dario Fo che si svolgerà a Varese dal 22 settembre al 10 novembre 2024. Una iniziativa che avrà come centro focale Biumo inferiore, il quartiere dove Franca Rame ha trascorso una parte della sua infanzia.... Leggi articolo completo su La Milano Read the full article
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