#fortificazione romana
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I gioielli di Azzate - Palazzo Pretorio
Uscendo dal cancello di Villa Benizzi-Tettoni-Castellani di fronte, sulla destra, si trova il Palazzo Pretorio, che nella tradizione popolare significava residenza di un corpo di guardie.Si tratta senza dubbio dell’edificio più antico di Azzate, risalente al XII secolo e venne edificato con pietre di recupero di una fortificazione romana, forse provenienti da opere di difesa già erette sul…
#Azzate#Casa Borsa#fortificazione romana#graffiti#guardie#lago di Varese#Palazzo Pretorio#scuola rinascimentale#stile romanico#Valbossa#Villa Benizzi Tettoni Castellani#XII secolo
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Un archeologo britannico, Mark Merrony, che per professione è anche il caporedattore della rivista "Antiqvvs", ha appena annunciato di aver scoperto i resti di una gigantesca fortificazione romana nel Pembrokeshire, una contea del Galles meridionale. Secondo le informazioni fornite da lui all'interno di un articolo pubblicato sulla sua rivista, questa mega struttura sarebbe davvero enorme e sarebbe stata realizzata dai romani per contenere i popoli celti che abitavano la zona, tra il I e il III secolo d.C., dopo la conquista della Britannia. Per tre lunghi anni, Merrony ha personalmente tracciato quello che in origine era un'antica strada romana, facendosi aiutare solo dall'attuale proprietario del campo agricolo su cui si nasconde la fortificazione. Secondo i suoi calcoli, il forte misurerebbe 185 metri di lunghezza per 155 metri di larghezza e avrebbe contenuto diversi edifici di legno e pietra, i cui resti sono ancora visibili sulla superficie del suolo. Il contadino non riusciva a rendere fruttuoso quel terreno a causa delle pietre e dell'ardesia che ne ricoprivano la superficie, senza chiedersi cosa avesse potuto portare quelle pietre nel sito. "Un tempo c'erano file di edifici che probabilmente includevano la casa del comandante, un blocco amministrativo, una caserma, un granaio e una guarnigione che avrebbe ospitato 500 uomini" ha chiarito Merrony, che durante le sue passeggiate ha anche dissotterrato una lastra di manifattura romana. La sua scoperta ha attratto l'interesse di diversi giornalisti locali e Merrony è stato persino intervistato dal The Guardian riguardo alle modalità della sua scoperta. Questa non è la prima volta che un reperto romano suscita un così grande interesse da parte della stampa inglese. Dobbiamo infatti ricordare che l'Inghilterra è la patria di alcune delle opere romane meglio conservate e più famose del mondo, come il Vallo di Adriano, l'Anfiteatro Romano di Chester, la Villa Romana di Chedworth e le famose terme romane di Bath. Sfortunatamente, questi monumenti non impedirono tuttavia alle legioni romane di retrocedere sempre di più di fronte all'avanzata dei Bretoni e degli altri popoli barbarici.
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Il forte romano di 1.700 anni scoperto in Germania fu costruito per tenere lontani i barbari Scoperta di una Fortezza Romana in Germania Gli archeologi hanno recentemente portato alla luce le rovine di un’antica fortezza romana in Germania, che un tempo fungeva da difesa contro le incursioni barbariche. Una Scoperta Dopo un Secolo di Sospetti Per oltre un secolo, gli storici avevano sospettato che sotto una strada di ciottoli ad Aquisgrana, una città tedesca, potesse nascondersi un’antica struttura di difesa romana conosciuta come castrum. Solo grazie agli scavi recenti condotti in vista di un progetto di costruzione, gli archeologi hanno finalmente confermato l’esistenza della fortificazione risalente a 1.700 anni fa. L’evidenza della Costruzione Romana L’archeologo Donata
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Alessandria: una città dalla storia millenaria
Alessandria è una città situata nel Piemonte, precisamente a sud del fiume Tanaro, ed è il capoluogo dell'omonima provincia. La città deve il suo nome al suo fondatore, il generale Napoleone Bonaparte, che la volle dedicare alla sua consorte, la regina d'Egitto Cleopatra Alessandria. La città ebbe origine nel 1168 quando, secondo la leggenda, il Comune di Tortona decise di edificare un nuovo centro abitato per difendersi dalle truppe dell'imperatore Federico Barbarossa. Il centro storico di Alessandria è caratterizzato da strette vie e piazze dove il tempo sembra essersi fermato. La città in questione è conosciuta anche per la presenza di un monumento simbolo, ovvero la Torre Ghiaia, un'antica torre medioevale costruita dai genovesi per difendere il territorio. Tra le tante attrazioni turistiche presenti ad Alessandria, si può annoverare il Museo Civico di Alessandria, dove è possibile ammirare importanti opere d'arte e archeologiche. Il museo ospita inoltre importanti affreschi di Bernardino Luini e un dipinto attribuito a Leonardo da Vinci, ovvero "La Vergine e il bambino con il giovane San Giovanni Battista". Sempre in ambito culturale si può visitare il Museo della Battaglia di Marengo, nel quale è possibile rivivere l'epopea napoleonica, sperimentare la vita militare dell'epoca e ammirare oggetti d'arte, armi e uniformi d'epoca. Non lontano dal centro cittadino di Alessandria si trova il Santuario della Madonna della Guardia, meta di pellegrinaggi di oltre duecento anni. La chiesa custodisce all'interno importanti opere d'arte come l'affresco della Madonna della Guardia, sulla cui superficie si può ammirare un'antica lapide romana che testimonia l'esistenza di un tempio pagano in epoca antica. La fortezza di Alessandria rappresenta una delle attrazioni più apprezzate dei turisti per la sua storia e architettura particolare. La fortificazione venne costruita a partire dal 1728 e le sue mura lunghe circa 12 chilometri furono edificate per difendere la città in caso di attacco. Un'altra importante attrazione di Alessandria è l'Orto Botanico dell'Università degli Studi del Piemonte Orientale, situato nei pressi della fortezza di Alessandria. L'orto botanico vanta un patrimonio floristico unico al mondo, composto da oltre 3.000 specie di piante, tra cui antiche varietà di rose, erbacee perenni, alberi, arbusti e piante tropicali. Infine, per gli amanti dello shopping, il Centro Commerciale Al Centro è la meta ideale per gli acquisti. Situato a pochi minuti dal centro cittadino, il centro commerciale propone oltre 70 negozi, cinema multisala, ristorazione, parcheggio gratuito e tanto altro ancora. Read the full article
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Per la giornata mondiale dei siti Unesco #worldheritageday Dal 1981 al 2012, l’Unesco, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, ha iscritto ben 9 località del Marocco tra i siti patrimonio dell’umanità. Partendo dalla Medina di Fez, la prima a ricevere questo riconoscimento, un vero e proprio gioiello con edifici monumentali, esempio eccezionale e ben conservato di una antica capitale degli Almoravidi e gli Almohadi nel contesto nordafricano, potete raggiungere le rovine della città romana di Volubilis, fondata nel III secolo a. C., e Meknes, circondata da alte mura con grandi porte, dove convivono magnificamente e armonicamente lo stile islamico e lo stile europeo del XVII secolo. Raggiungente quindi la parte più settentrionale del Marocco fino a Tetouan dove la Medina costituisce un esempio eccezionale di un città costiera fortificata, con alle spalle un paesaggio di montagna, dove si possono ammirare le notevoli influenze della civiltà andalusa. Proseguite verso sud alla volta di Rabat, la capitale, dove si incontrano e si incastonano perfettamente il passato arabo-musulmano e il modernismo occidentale. Scendete fino a El-Jadida per ammirare la fortificazione portoghese di Mazagan ormai inglobata nella città e ancora più a sud, sulla costa atlantica, a Essaouira. Qui lasciatevi ammaliare dalla sua fantastica città fortificata costruita secondo i principi dell’architettura militare europea del XVIII secolo in un contesto nordafricano. Da Essaouira in poche ore sarete a Marrakech, la cui Medina si estende per 700 ettari e racchiude un numero impressionante di capolavori di architettura e arte come i bastioni e le porte monumentali, la Moschea Koutoubia, le tombe Saadiane, la kasbah, le rovine del Palazzo Badia, Palazzo Bahia, le sue case, i souk Piazza jemaa el fna patrimonio orale e immateriale dell' umanità #Marrakech #marocco #inmaroccoconlaura #raccontidiviaggio #viaggiatori #vacanze #medina #oldmedina #jemaaelfna https://www.instagram.com/p/CNz1mOOHpm3/?igshid=1lxzshyejslpm
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Il Castello Sforzesco è un grande complesso fortificato che sorge a Milano poco fuori il centro storico della città.
Fu eretto nel XV secolo da Francesco Sforza, divenuto da poco Duca di Milano, sui resti di una precedente fortificazione medievale del XIV secolo nota come Castello di Porta Giovia (o Zobia). Nella stessa zona in cui sorgeva il Castello di Porta Giovia, in epoca romana, sorgeva l'omonimo Castrum Portae Jovis, uno dei quattro castelli difensivi della Milano romana.
Notevolmente trasformato e modificato nel corso dei secoli, il Castello Sforzesco fu, tra il Cinquecento e il Seicento, una delle principali cittadelle militari d'Europa; restaurato in stile storicista da Luca Beltrami tra il 1890 e il 1905, è oggi sede di istituzioni culturali e di importanti musei. È uno dei più grandi castelli d'Europa nonché uno dei principali simboli di Milano e della sua storia.
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Firenze è il capoluogo della Toscana, ma è anche una delle più importanti culle della cultura italiana. Nel corso dei secoli, questa città, ha mantenuto il proprio fascino attirando milioni di turisti da tutto il mondo ogni anno. Firenze è una città davvero meravigliosa, una città ricca di sorprese, di arte, cultura, colori, architetture storiche che ne evidenziano il fascino e l’importanza nel corso della storia. Si sa, Firenze è una città d’arte imperdibile ed è possibile visitarla in qualsiasi periodo dell’anno, da soli o in coppia, con bambini o amici. La città di Firenze è molto nota per essere la culla del Rinascimento italiano, un vero e proprio museo all’aperto: i monumenti e gli antichi palazzi sono a portata di bicicletta o, più semplicemente, di rilassanti passeggiate. Oggigiorno, Firenze, è considerata la capitale dell’arte ed infatti, se facciamo riferimento alle statistiche prodotte dall’UNESCO, è proprio questa la città che possiede il 60% delle bellezze artistiche di tutta Italia. Dal XIII al XVI secolo, la città di Firenze, è stata il luogo in cui sono state concepite molte opere di importanti artisti italiani, quali Michelangelo, Dante, Boccaccio e Brunelleschi. Musei di Firenze: arte e cultura tutta da scoprire Gli storici palazzi e le antiche piazze di Firenze, nel corso del Rinascimento, sono diventati veri e propri musei a cielo aperto: in Piazza della Signoria, per esempio, sono state installate maestose statue e fontane. Le chiese, i palazzi, le basiliche ed i musei cittadini, poi, sono il vero e proprio tesoro di Firenze, catturando l’interesse e la curiosità di milioni di visitatori. Sicuramente il museo più famoso di Firenze è quello degli Uffizi, il quale ospita opere di Leonardo da Vinci, Botticelli, Rubens e Tiziano. Altri importanti musei sono il Museo Archeologico di Firenze, Museo del Novecento, Museo Galileo e molti altri. Ogni anno la città di Firenze attira milioni di visitatori in quanto centro culturale di grande importanza: periodicamente vengono organizzate interessanti esibizioni e feste d’arte. Nei mesi estivi le piazze di Firenze offrono intrattenimenti ogni sera con rinfreschi e visite agli edifici circostanti. Le altre stagioni, ad ogni modo, non sono da meno se consideriamo che i più importanti teatri di Firenze attirano molti visitatori grazie ai balletti, le opere e gli spettacoli; in più le principali vie della città sono gremite di mostre, concerti, esposizioni. Firenze, dunque, fonde arte e cultura con l’obiettivo di creare ogni volta qualcosa di nuovo ed interessante visto che la città offre infinite possibilità di conoscere le opere d’arte ed architettoniche più importanti del nostro Paese. Museo Archeologico Nazionale di Firenze Il Museo Archeologico Nazionale di Firenze è uno fra i più importanti d’Italia e si colloca all’interno di un fenomeno di portata europea: la nascita dei musei in qualità di istituzioni statali legate alla formazione delle nazioni moderne. Questo museo raccoglie i più importanti scavi toscani, così come alcuni reperti etruschi e romani provenienti da Umbria e Lazio. Il Museo Archeologico Nazionale ospita cinque diverse sezioni: quella etrusca, romana, greca, egizia e numismatica. Gli appassionati di storia non potranno certo perdersi la Chimera d’Arezzo, un importante pezzo della civiltà etrusca: si tratta di un plastico bronzo raffigurante la mitica fiera leonina restaurata da Francesco Carradori, il quale ricostruì la coda serpentina che mordeva la testa di capra. Buna parte dei reperti di questa sezione riguarda la cultura funeraria, in particolare i sarcofagi e le urnette. Fra le opere più interessanti della sezione romana troviamo alcuni bronzi antichi come, per esempio, il Treboniamo Gallo, risalente al III secolo. La sezione greca, invece, ospita una serie di antiche ceramiche provenienti da tombe etrusche e da collezioni private. La sezione egizia è seconda solo al Museo Egizio di Torino e ospita reperti provenienti dalle attività quotidiane dell’antico Egitto: oggetti in tessuto, legno e osso. Fra le opere più interessanti a amirare, possiamo trovare i modelli di due servitori, la macinatrice di grano e la donna che fa la birra risalenti all’antico regno. Infine, la sezione numismatica contiene importanti ed antiche raccolte numismatiche italiane. Museo Galileo di Firenze Il Museo Galileo di Firenze è uno degli imperdibili della città e si trova in Piazza dei Giudici. Questo museo ha sede presso Palazzo Castellani, un’antica fortificazione costruita sulla sponda destra dell’Arno. Il Museo Galileo si è dotato negli ultimi anni di laboratorio multimediale atto alla produzione di applicazioni interattive, online e offline, per la divulgazione della cultura. Una parte molto importante di questo ente museale è sicuramente la biblioteca, la quale è situata al terzo piano: essa conserva un gran numero di opere appartenenti ai fondi antichi. Particolarmente interessante è il fondo Mediceo-Lorenese che comprende testi scientifici inerenti alle scienze fisico-matematiche. Villa Bardini Villa Bardini è situata sulla costa San Giorgio, a Firenze. È un importante centro espositivo che ospita mostre temporanee, il Museo Capucci ed il Museo Annigoni. Originariamente, questo palazzo, era la famosa Villa Manadora, la quale fu costruita nella prima metà del Seicento per opera di Gherardo Silvani, importante architetto dell’epoca. Dopo diversi anni di abbandono, l’attuale Villa Bardini è stata ristrutturata dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze e riaperta al pubblico nel 2006 con una serie di interessanti esposizioni. Villa Bardini conta con circa sessanta stanze, un numero comprensivo anche di sale e saloni, oltre agli uffici e gli spazi dedicati a conferenze e convegni. Giardino di Boboli Il Giardino di Boboli è il parco più famoso della città di Firenze. Si tratta di un giardino storico connesso al Forte di Belvedere e che ospita ogni anno oltre 800.000 visitatori. I giardini furono costruiti, originariamente, dai Medici: inizialmente avevano un’impostazione di stile tardo-rinascimentale, la quale venne poi modificata dalla costruzione di nuove porzioni con impostazioni differenti. Il giardino è caratterizzato da imponenti statue ed edifici come la settecentesca Kaffeehaus, che permette di godere di un panorama mozzafiato della città. Il giardino ha quattro ingressi pubblici e dal 2017 il circuito museale comprende anche il Museo degli argenti, la Galleria del Costume, il Museo delle porcellane e il Giardino Bardini. Casa di Dante a Firenze La Casa di Dante è un museo storico di Firenze, suddiviso in tre piani che raccontano le vicende di vita più importanti del poeta. Presso questo museo di Firenze è possibile partecipare a diversi itinerari per conoscere meglio la vita del Sommo poeta e la Firenze antica: le proposte comprendono visite guidate e tour della città sulle tracce di Dante Alighieri. L’edificio originale venne costruito prima del 1265, anno in cui nacque Dante Alighieri e ad oggi ha come scopo fondamentale quello di diffondere la cultura e la conoscenza della vita e delle opere dell’autore. Il museo si articola in tre piani, ognuno dei quali tratta di una tematica diversa che illustra la vita di Dante Alighieri: la sua vita amorosa, l’esilio, la vita politica. Galleria degli Uffizi e cappelle medicee La Galleria degli Uffizi di Firenze fa parte del complesso museale conosciuto come le Gallerie degli Uffizi e comprendente le collezioni di Palazzo Pitti ed il Giardino dei Boboli. Questo famoso museo fiorentino ospita svariate collezioni ed opere d’arte di grande valore provenienti dalla famiglia dei Medici, tra le quali spicca una serie di opere religiose derivate dalla soppressione di monasteri e conventi tra il XVIII ed il XIX secolo. La Galleria degli Uffizi vi riserverà splendide sorprese: godetevi una rilassante passeggiata varcando la Sala dei Primitivi o attraversate la famosa sala del Quattrocento lasciandovi catapultare nel passato. Fra tutti gli sguardi dei dipinti presenti all’interno della galleria, sarà proprio quello di un frate carmelitano a catturare la vostra attenzione; coglierete, poi, l’infinita bellezza della “Lippina”, capolavoro del noto Filippo Lippi. Non perdetevi le straordinarie opere di Sandro Botticelli, fra le quali “La nascita di Venere” e “L’allegoria della Primavera”, simboli della pittura italiana. Ma vi consigliamo anche una visita alle sale che ospitano le opere del grande Michelangelo, di Raffaello, Tiziano e Correggio: rimarrete stupiti dalla grandiosità di queste bellezze artistiche. Nel Museo Statale di Firenze, inoltre, sono le famose cappelle medicee, costruite dall’omonima famiglia e oggi bellezza artistica del capoluogo toscano. Questi ambienti sono stati costruiti tra il XVI e XVII secolo in qualità di estensione della basilica brunelleschiana allo scopo di elogiare l’omonima famiglia. Museo Novecento di Firenze e Palazzo Davanzati Il Museo del Novecento di Firenze è situato in Piazza S. Maria Novella ed è interamente dedicato all’arte italiana del XX secolo: sono presenti circa 300 opere distribuite in quindici ambienti. Il museo presenta collezioni permanenti, mostre temporanee e progetti speciali che animano particolarmente le attività dell’ente museale stesso; a questi si aggiunge anche la ricca offerta del dipartimento di mediazione culturale, il quale organizza regolarmente incontri educativi, laboratori e visite guidate. Da non perdere è il famoso Palazzo Davanzati, notevole esempio di architettura residenziale fiorentina del Trecento. Nel suo complesso, questo antico palazzo, è la testimonianza del passaggio da casa-torre medievale a residenza rinascimentale: gli ambienti sono molto suggestivi, a cominciare dal cortile interno dotato di un pozzo a muro privato. Le sale di Palazzo Davanzati sono riccamente affrescate, in particolare la Sala dei Pappagalli, molto colorata e suggestiva, così come la Sala dei Pavoni; quest’ultima conserva la Madonna col bambino di Brunelleschi. Galleria dell’Accademia di Firenze Per ultima, ma non meno importante, vogliamo ricordare la Galleria dell’Accademia di Firenze. Si tratta di un museo molto apprezzato dai visitatori ed espone il maggior numero di sculture del noto Michelangelo. La visita a questa galleria potrà essere spunto per diverse riflessioni complementari, in grado di soddisfare passioni per la musica, l’arte, la botanica e le varie tecniche pittoriche. Il museo vi accoglierà nella maestosa Sala del Colosso, la quale oggi ospita il modello preparatorio di Giambologna per il ratto delle Sabine, importante esempio di scultura cinquecentesca. Lasciatevi poi conquistare dai meravigliosi dipinti di Lippi, Bronzino e Ghirlandaio: selezionare le opere più importanti è una mossa molto delicata, soprattutto se consideriamo il calibro degli artisti di cui parliamo. https://ift.tt/3e80b7w Musei di Firenze: quali visitare assolutamente Firenze è il capoluogo della Toscana, ma è anche una delle più importanti culle della cultura italiana. Nel corso dei secoli, questa città, ha mantenuto il proprio fascino attirando milioni di turisti da tutto il mondo ogni anno. Firenze è una città davvero meravigliosa, una città ricca di sorprese, di arte, cultura, colori, architetture storiche che ne evidenziano il fascino e l’importanza nel corso della storia. Si sa, Firenze è una città d’arte imperdibile ed è possibile visitarla in qualsiasi periodo dell’anno, da soli o in coppia, con bambini o amici. La città di Firenze è molto nota per essere la culla del Rinascimento italiano, un vero e proprio museo all’aperto: i monumenti e gli antichi palazzi sono a portata di bicicletta o, più semplicemente, di rilassanti passeggiate. Oggigiorno, Firenze, è considerata la capitale dell’arte ed infatti, se facciamo riferimento alle statistiche prodotte dall’UNESCO, è proprio questa la città che possiede il 60% delle bellezze artistiche di tutta Italia. Dal XIII al XVI secolo, la città di Firenze, è stata il luogo in cui sono state concepite molte opere di importanti artisti italiani, quali Michelangelo, Dante, Boccaccio e Brunelleschi. Musei di Firenze: arte e cultura tutta da scoprire Gli storici palazzi e le antiche piazze di Firenze, nel corso del Rinascimento, sono diventati veri e propri musei a cielo aperto: in Piazza della Signoria, per esempio, sono state installate maestose statue e fontane. Le chiese, i palazzi, le basiliche ed i musei cittadini, poi, sono il vero e proprio tesoro di Firenze, catturando l’interesse e la curiosità di milioni di visitatori. Sicuramente il museo più famoso di Firenze è quello degli Uffizi, il quale ospita opere di Leonardo da Vinci, Botticelli, Rubens e Tiziano. Altri importanti musei sono il Museo Archeologico di Firenze, Museo del Novecento, Museo Galileo e molti altri. Ogni anno la città di Firenze attira milioni di visitatori in quanto centro culturale di grande importanza: periodicamente vengono organizzate interessanti esibizioni e feste d’arte. Nei mesi estivi le piazze di Firenze offrono intrattenimenti ogni sera con rinfreschi e visite agli edifici circostanti. Le altre stagioni, ad ogni modo, non sono da meno se consideriamo che i più importanti teatri di Firenze attirano molti visitatori grazie ai balletti, le opere e gli spettacoli; in più le principali vie della città sono gremite di mostre, concerti, esposizioni. Firenze, dunque, fonde arte e cultura con l’obiettivo di creare ogni volta qualcosa di nuovo ed interessante visto che la città offre infinite possibilità di conoscere le opere d’arte ed architettoniche più importanti del nostro Paese. Museo Archeologico Nazionale di Firenze Il Museo Archeologico Nazionale di Firenze è uno fra i più importanti d’Italia e si colloca all’interno di un fenomeno di portata europea: la nascita dei musei in qualità di istituzioni statali legate alla formazione delle nazioni moderne. Questo museo raccoglie i più importanti scavi toscani, così come alcuni reperti etruschi e romani provenienti da Umbria e Lazio. Il Museo Archeologico Nazionale ospita cinque diverse sezioni: quella etrusca, romana, greca, egizia e numismatica. Gli appassionati di storia non potranno certo perdersi la Chimera d’Arezzo, un importante pezzo della civiltà etrusca: si tratta di un plastico bronzo raffigurante la mitica fiera leonina restaurata da Francesco Carradori, il quale ricostruì la coda serpentina che mordeva la testa di capra. Buna parte dei reperti di questa sezione riguarda la cultura funeraria, in particolare i sarcofagi e le urnette. Fra le opere più interessanti della sezione romana troviamo alcuni bronzi antichi come, per esempio, il Treboniamo Gallo, risalente al III secolo. La sezione greca, invece, ospita una serie di antiche ceramiche provenienti da tombe etrusche e da collezioni private. La sezione egizia è seconda solo al Museo Egizio di Torino e ospita reperti provenienti dalle attività quotidiane dell’antico Egitto: oggetti in tessuto, legno e osso. Fra le opere più interessanti a amirare, possiamo trovare i modelli di due servitori, la macinatrice di grano e la donna che fa la birra risalenti all’antico regno. Infine, la sezione numismatica contiene importanti ed antiche raccolte numismatiche italiane. Museo Galileo di Firenze Il Museo Galileo di Firenze è uno degli imperdibili della città e si trova in Piazza dei Giudici. Questo museo ha sede presso Palazzo Castellani, un’antica fortificazione costruita sulla sponda destra dell’Arno. Il Museo Galileo si è dotato negli ultimi anni di laboratorio multimediale atto alla produzione di applicazioni interattive, online e offline, per la divulgazione della cultura. Una parte molto importante di questo ente museale è sicuramente la biblioteca, la quale è situata al terzo piano: essa conserva un gran numero di opere appartenenti ai fondi antichi. Particolarmente interessante è il fondo Mediceo-Lorenese che comprende testi scientifici inerenti alle scienze fisico-matematiche. Villa Bardini Villa Bardini è situata sulla costa San Giorgio, a Firenze. È un importante centro espositivo che ospita mostre temporanee, il Museo Capucci ed il Museo Annigoni. Originariamente, questo palazzo, era la famosa Villa Manadora, la quale fu costruita nella prima metà del Seicento per opera di Gherardo Silvani, importante architetto dell’epoca. Dopo diversi anni di abbandono, l’attuale Villa Bardini è stata ristrutturata dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze e riaperta al pubblico nel 2006 con una serie di interessanti esposizioni. Villa Bardini conta con circa sessanta stanze, un numero comprensivo anche di sale e saloni, oltre agli uffici e gli spazi dedicati a conferenze e convegni. Giardino di Boboli Il Giardino di Boboli è il parco più famoso della città di Firenze. Si tratta di un giardino storico connesso al Forte di Belvedere e che ospita ogni anno oltre 800.000 visitatori. I giardini furono costruiti, originariamente, dai Medici: inizialmente avevano un’impostazione di stile tardo-rinascimentale, la quale venne poi modificata dalla costruzione di nuove porzioni con impostazioni differenti. Il giardino è caratterizzato da imponenti statue ed edifici come la settecentesca Kaffeehaus, che permette di godere di un panorama mozzafiato della città. Il giardino ha quattro ingressi pubblici e dal 2017 il circuito museale comprende anche il Museo degli argenti, la Galleria del Costume, il Museo delle porcellane e il Giardino Bardini. Casa di Dante a Firenze La Casa di Dante è un museo storico di Firenze, suddiviso in tre piani che raccontano le vicende di vita più importanti del poeta. Presso questo museo di Firenze è possibile partecipare a diversi itinerari per conoscere meglio la vita del Sommo poeta e la Firenze antica: le proposte comprendono visite guidate e tour della città sulle tracce di Dante Alighieri. L’edificio originale venne costruito prima del 1265, anno in cui nacque Dante Alighieri e ad oggi ha come scopo fondamentale quello di diffondere la cultura e la conoscenza della vita e delle opere dell’autore. Il museo si articola in tre piani, ognuno dei quali tratta di una tematica diversa che illustra la vita di Dante Alighieri: la sua vita amorosa, l’esilio, la vita politica. Galleria degli Uffizi e cappelle medicee La Galleria degli Uffizi di Firenze fa parte del complesso museale conosciuto come le Gallerie degli Uffizi e comprendente le collezioni di Palazzo Pitti ed il Giardino dei Boboli. Questo famoso museo fiorentino ospita svariate collezioni ed opere d’arte di grande valore provenienti dalla famiglia dei Medici, tra le quali spicca una serie di opere religiose derivate dalla soppressione di monasteri e conventi tra il XVIII ed il XIX secolo. La Galleria degli Uffizi vi riserverà splendide sorprese: godetevi una rilassante passeggiata varcando la Sala dei Primitivi o attraversate la famosa sala del Quattrocento lasciandovi catapultare nel passato. Fra tutti gli sguardi dei dipinti presenti all’interno della galleria, sarà proprio quello di un frate carmelitano a catturare la vostra attenzione; coglierete, poi, l’infinita bellezza della “Lippina”, capolavoro del noto Filippo Lippi. Non perdetevi le straordinarie opere di Sandro Botticelli, fra le quali “La nascita di Venere” e “L’allegoria della Primavera”, simboli della pittura italiana. Ma vi consigliamo anche una visita alle sale che ospitano le opere del grande Michelangelo, di Raffaello, Tiziano e Correggio: rimarrete stupiti dalla grandiosità di queste bellezze artistiche. Nel Museo Statale di Firenze, inoltre, sono le famose cappelle medicee, costruite dall’omonima famiglia e oggi bellezza artistica del capoluogo toscano. Questi ambienti sono stati costruiti tra il XVI e XVII secolo in qualità di estensione della basilica brunelleschiana allo scopo di elogiare l’omonima famiglia. Museo Novecento di Firenze e Palazzo Davanzati Il Museo del Novecento di Firenze è situato in Piazza S. Maria Novella ed è interamente dedicato all’arte italiana del XX secolo: sono presenti circa 300 opere distribuite in quindici ambienti. Il museo presenta collezioni permanenti, mostre temporanee e progetti speciali che animano particolarmente le attività dell’ente museale stesso; a questi si aggiunge anche la ricca offerta del dipartimento di mediazione culturale, il quale organizza regolarmente incontri educativi, laboratori e visite guidate. Da non perdere è il famoso Palazzo Davanzati, notevole esempio di architettura residenziale fiorentina del Trecento. Nel suo complesso, questo antico palazzo, è la testimonianza del passaggio da casa-torre medievale a residenza rinascimentale: gli ambienti sono molto suggestivi, a cominciare dal cortile interno dotato di un pozzo a muro privato. Le sale di Palazzo Davanzati sono riccamente affrescate, in particolare la Sala dei Pappagalli, molto colorata e suggestiva, così come la Sala dei Pavoni; quest’ultima conserva la Madonna col bambino di Brunelleschi. Galleria dell’Accademia di Firenze Per ultima, ma non meno importante, vogliamo ricordare la Galleria dell’Accademia di Firenze. Si tratta di un museo molto apprezzato dai visitatori ed espone il maggior numero di sculture del noto Michelangelo. La visita a questa galleria potrà essere spunto per diverse riflessioni complementari, in grado di soddisfare passioni per la musica, l’arte, la botanica e le varie tecniche pittoriche. Il museo vi accoglierà nella maestosa Sala del Colosso, la quale oggi ospita il modello preparatorio di Giambologna per il ratto delle Sabine, importante esempio di scultura cinquecentesca. Lasciatevi poi conquistare dai meravigliosi dipinti di Lippi, Bronzino e Ghirlandaio: selezionare le opere più importanti è una mossa molto delicata, soprattutto se consideriamo il calibro degli artisti di cui parliamo. Sono veramente tanti i musei di Firenze da visitare, dal Museo del Novecento alla celebre Galleria degli Uffizi, senza dimenticare la Casa di Dante.
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Troina fra i "Borghi più belli d'Italia" - Sicilia
Anche la prima capitale Normanna di Sicilia tra i “Borghi più belli d’Italia“
Troina, in provincia di Enna, diventa la 20esima gemma siciliana, dopo Gangi, Petralia Soprana Geraci Siculo, Castelmola, Sambuca, Sperlinga, Cefalù, Castiglione di Sicilia, Castroreale, Erice, Ferla, Montalbano Elicona, Monterosso Almo, Novara, Palazzolo Acreide, Salemi, San Marco D’alunzio, Savoca e Sutera, dell’esclusivo club. L’annuncio è arrivato proprio oggi dopo la visita, nelle scorse settimane, della commissione del Club de “I Borghi Più Belli d’Italia” capitanati da l presidente Fiorello Primi e dal direttore Umberto Forte. La commissione ha certificato che la città di Troina rispetta i requisiti essenziali e i criteri richiesti dalla “Carta di Qualità” dal presenza del patrimonio architettonico e/o naturale certificato, la presenza di edifici storici e percorsi turistici qualità, la cura del verde, la presenza di un'offerta di alloggio, ristorazione e attività ludiche, sportive o culturali, l’esistenza di artigiani d'arte e ancora organizzazione di manifestazioni permanenti o temporanee. Troina durante il periodo normanno, nel 1060, fu scelta dal Conte Ruggero per la conquista dell’isola come roccaforte fra le montagne che dominano le ampie vallate circostanti. Il paese conserva una torre normanna e ancora la Chiesa Madre, dedicata a Maria Santissima Assunta, vero scrigno d’arte, al suo interno custodisce ori e argenti. E ancora Troina conserva i resti della città ellenistico-romana e i ruderi di un’imponente fortificazione muraria a blocchi megalitici, datata IV sec. a.C. – III a.C. Nel suo museo si possono ammirare le opere di Rubens, il più grande pittore fiammingo di tutti i tempi, le foto di Robert Capa e un dipinto il “Ritratto di Paolo III Farnese” attribuito a Tiziano. Presenti anche quattro itinerari turistici e 13 siti storici ed archeologici. Per Il sindaco Fabio Venezia: “E un importante riconoscimento che proietta il nostro Comune a livello Nazionale e internazionale, in questi anni abbiamo fatto tanto per la promozione turistica del nostro borgo con l’organizzazione di eventi e manifestazioni, ma certamente la struttura urbana ed architettonica ma anche i panorami mozzafiato fanno della nostra città un borgo incantevole da visitare, un riconoscimento che ci permetterà di valorizzare le nostre peculiarità artistiche ma anche le nostre produzioni enogastronomiche locali, un ringraziamento va alla commissione del Club i Borghi più belli d’Italia”
di Ivan Mocciaro
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Brindisi nella guerra greco-gotica, una lunga guerra poco nota ma dalle conseguenze epocali (prima parte)
Giustiniano e la sua corte. Mosaico nella chiesa di San Vitale a Ravenna
di Gianfranco Perri
La storiografia classica colloca convenzionalmente il passaggio dal Tardoantico al Medioevo in coincidenza con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, a sua volta associata alla deposizione dell’ultimo imperatore, Romulo Augustulo, per mano del generale romano di origini unne Odoacre, nel 476 dC., estromesso dopo tredici anni dal goto Teodorico e da questi ucciso nel 493. Da qualche tempo però, gli storici hanno messo in discussione tale convenzione, osservando che più significativo che l’individuazione di una data precisa in cui collocare il trapasso, sia l’individuare la fine della persistenza dell’antico, cosa che si traduce inevitabilmente in accettare una transizione più o meno lenta e solo eventualmente più o meno legata a un qualche specifico accadimento, in sostituire quindi a una data un periodo e infine, in considerare un passaggio non unico ma diverso da luogo o regione a regione.
In questo ordine di idee, per Brindisi e per la sua regione salentina, probabilmente lo spartiacque tra il Tardo Antico e l’Alto Medio, potrebbe averlo costituito la ventennale guerra greco-gotica iniziata nel 535, una sessantina d’anni dopo la fine dell’Impero Romano d’Occidente. Infatti, anche se le fonti sul corso della guerra intorno a Brindisi non sono molto prodighe di notizie e sono comunque sufficienti a poter determinare la ‘non occorrenza’ di un evento dalla portata emblematica di un cataclisma epocale, è indubbio che l’avvento del dominio bizantino conseguente al risultato di quella lunga guerra – che vide finalmente sconfitti i Goti – costituì certamente un cambio profondo e una interruzione drastica per un sistema socioeconomico e politico che, se pur in graduale e oscillante evoluzione, con i Goti si era mantenuto in sostanziale continuità con il trascorso Basso Impero.
Le Variae di Caissiodoro Flavius Magnus Aurelius (~486-560) costitiscono la fonte più diretta circa il cinquantennale periodo del dominio gotico in Italia, con il re Teodorico, Amalasunta sua figlia reggente del fratello Atalarico, e il re Teodato cugino marito e omicida di lei. Mentre numerosi ed interessanti dettagli sono riportati nello “Stato politico economico di Brindisi dagli Inizi del IV Secolo all’anno 670” di Giacomo Carito in Brundisii Res, 1976 e “Sulle Condizioni Economiche della Puglia dal IV al VII Secolo dC” di Francesco M. De Robertis, 1951 in “Archivio Storico Pugliese”.
Fonte principale della guerra gotica è, invece, il De bello Gothico di Procopio di Cesarea (~495-565), storico greco, segretario e consigliere al seguito del comandante bizantino Flavio Belisario, in parte – fino al 540 – testimone diretto e privilegiato degli eventi che si susseguirono in Italia fin dallo sbarco in Sicilia degli eserciti bizantini inviati dall’imperatore Giustiniano – l’ultimo imperatore con origini romane – completato dagli scritti di Agazia di Mirina (~536-582), un altro storico bizantino considerato il continuatore di Procopio, che iniziò la sua narrazione della guerra dal punto – circa il 550 – in cui l’interruppe Procopio, descrivendone di fatto le fasi finali con le campagne di Narsete, il generale bizantino eunuco e grande stratega, che rilevò Belisario dal comando fino a culminare vittoriosamente la guerra.
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La lunga guerra si sviluppò in due fasi ben separate tra di esse. La prima vide una relativamente rapida vittoria dei Bizantini di Belisario che, sbarcato nel luglio del 536 in Sicilia e conquistatala, varcò lo stretto e attraverso la Calabria si diresse a Napoli che, assediata e conquistata in soli venti giorni, fu sacchegiata indiscriminatamente. In seguito, lo sconfitto re goto Teodato venne sacrificato dai suoi ed al suo posto fu eletto Vitige, il quale dalla capitale del regno, Ravenna, si dispose a organizzare la reazione gotica, mentre Roma senza resistere si arrendeva a Belisario il 10 dicembre del 536. Quindi, Vitige tentò la riconquista di Roma assediandola con un numeroso esercito, ma vanamente e dopo un anno ripiegò nuovamente su Ravenna. Poi, trascorso qualche altro anno di alterne vicende belliche – che nel 537 videro lo sbarco a Otranto di un contingente fresco di mille soldati e di ottocento cavalieri comandati dal generale bizantino Giovanni – fu Belisario a porre l’assedio a Ravenna, che resistette a lungo finchè un vorace icendio, probabilmente doloso, distrusse tutte le scorte di grano. Vitige allora, nella primavera del 540, decise di capitolare e, al seguito di Belisario, fu portato come trofeo a Costantinopoli, dove poi rimase in esilio dorato.
La prima fase della guerra, conclusasi a favore dei Greci, aveva avuto come teatro delle operazioni essenzialmente Roma e le regioni del centro e del nord’Italia e i Goti, in seguito alla capitolazione di Vitige, nel settembre-ottobre del 541 elessero re Baduila, detto Totila che vuol dire ‘immortale’, dopo il breve regno di Ildibald, uno zio di Baduila che presto era rimasto ucciso e dopo Erarico, eletto re ma poi contrastato ed ucciso dopo soli cinque mesi di regno.
«Il ritorno di Belisario a Costantinpoli aveva lasciato l’Italia in mano ai comandanti militari [capeggiati da un debole Costanziano] inesperti di amministrazione, e agli esattori delle tasse, espertissimi ed inesorabili nello spremere denaro anche là dove l’indigenza e la miseria rendevano precaria la stessa vita quotidiana. Le popolazioni esasperate cominciavano già a rimpiangere il governo del Goti.»1
Totila – che da subito applicò una politica intelligente, seguendo l’esempio del suo antecessore Teodorico, facendo il contrario dei Bizantini e gravando i grandi proprietari e favorendo contadini e coloni – organizzata la riscossa, con anche il favore delle popolazioni, procedette a riconquistare gradualmente i territori controllati dai Bizantini e a rioccupare le regioni più meridionali del regno, che non avendo subito le devastazioni della guerra costituivano territori ottimi per i rifornimenti di vettovaglie.
«E poiché niun nemico veniagli contro, sempre mandando attorno piccoli drappelli di truppe, [Totila] operò fatti di gran rilievo. Sottomise l’Abbruzzo e la Lucania e s’impossessò delle Puglie e della Calabria, e i pubblici tributi egli riscosse, e i frutti degli averi si appropriò in luogo dei possessori dei terreni, e di ogni altra cosa dispose come signore d’Italia.»2
Era così iniziata la seconda fase della guerra, fase questa che coinvolse da vicino anche la Puglia, il Salento – cioè l’antica Calabria – e quindi Brindisi. Presa Napoli, nell’aprile del 543, Totila si diresse ad assediare Roma e al contempo inviò una parte dell’esercito verso Sud, su Otranto, sapendo che quella città con Brindisi e Taranto costituiva un triangolo chiaramente strategico per la logistica bizantina, che da quei tre porti dipendeva primordialmente per mantenere attivi ed agili gli indispensabili collegamenti militari e mercantili con la capitale e con il resto dell’impero.
A quel punto, Giustiniano, preoccupato per il precipitare degli eventi, nell’estate del 544 rispedì Belisario in Italia, e questi, in attesa dei rinforzi da destinare alla difesa di Roma, raggiunse Otranto evitandone giusto in tempo la resa e inducendo i Goti, resi timorosi dalla sua presenza, ad abbandonare l’assedio e a recarsi a Brindisi.
«Saputo di ciò, i Goti che stavano ad assediare quel castello, tolto subito l’assedio, recaronsi a Brindisi che dista da Otranto due giorni di cammino, ed è situata sulla riva del golfo e sprovvista di mura.»2
«Procopio afferma che la città era priva di mura, ma non specifica se le stesse erano state demolite o abbattute per sguarnirla della sua fortificazione o per conquistarla in fase di guerra. Nella circostanza appare probabile che le mura fossero ormai vecchie e cadenti, dato che l’esame della superstite muraglia romana, o meglio terrapieno, che è sul seno di Ponente del porto, nei pressi di corte Capozziello, di fronte a quello che doveva essere l’approdo del porto, dimostra che i Romani si limitarono ad accomodare le preesistenti mura messapiche non costruendone di nuove, almeno da quel lato. Inoltre, non risultano esserci stati assedi o scontri armati dal tempo di Antonio e Ottaviano fino alla guerra gotica. È probabile quindi, che nei cinque secoli intercorsi tra i due eventi, le mura siano state superate dallo sviluppo urbanistico, o che fossero in rovina durante la guerra per essere ormai vecchie.»3
Salpando da Otranto, Belisario si diresse con un ridotto esercito alla volta di Roma assediata dai Goti, mentre Giovanni, l’altro generale bizantino, preferendo spostarsi verso Roma per via terrestre, si attardò con i suoi soldati in Calabria e riuscì a sorprendere i Goti che custodivano Brindisi, attaccandoli di sorpresa grazie alla cattura e al tradimento di uno di loro e obbligandoli a fuggire dalla città.
«A Giovanni, che l’interrogava in che modo lasciandolo vivo potrebbe giovare ai Romani ed a lui, questi rispose che lo avrebbe fatto piombar sui Goti mentre men se l’aspettavano. Giovanni disse che quanto chiedeva non gli sarebbe negato, ma che prima ei doveva mostrargli i pascoli dei cavalli [dei Goti che custodivano Brindisi]; ed avendo anche in ciò acconsentito il barbaro, andò egli con lui, e dapprima trovati i cavalli de’ nemici che pascolavano, saltaron su di essi tutti quelli di loro che trovavansi a piedi, ed erano molti e valorosi, quindi di galoppo corsero contro il campo nemico. I barbari, trovandosi senz’armi, del tutto impreparati e stupefatti pel subitaneo attacco, senza dar niuna prova di coraggio, furono in gran parte uccisi e alcuni pochi scampati recaronsi presso Totila. Giovanni con esortazioni e blandizie cercò di rendere tutti i Calabri bene affetti all’imperatore, promettendo loro grandi beni per parte dell’imperatore stesso e dell’esercito romano. Sollecitamente poi partitosi da Brindisi occupò la città chiamata Canosa, che trovasi nel centro delle Puglie e dista da Brindisi cinque giorni di cammino per chi vada verso l’occaso e verso Roma.»2
Belisario non riuscì a liberare Roma dall’assedio di Totila e questi il 17 dicembre del 546 – corrotte le sentinelle della Porta Asinaria – penetrò in città mentre i Greci già stremati dall’assedio, imprendevano una disordinata fuga. Quindi, lasciato in Roma un limitato contingente di forze, Totila si diresse verso Sud per affrontare le forze del generale Giovanni. Questi, saputolo, pensò bene di non affrontarlo e, rinunciando di fatto a raggiungere Roma ancora assediata dai Goti, preferì tornare a rifugiarsi a Otranto. E così tutto il paese ‘al di qua del golfo’, ad eccezione di Otranto, tornò nuovamente sotto i Goti di Totila.
Note
1 O. Giordano, La Guerra Greco-Gotica nel Salento in Brundisii Res – 1974
2 Procopio Di Cesarea, La guerra Gotica. Testo greco emendato sui manscritti con traduzione italiana a cura di Domenico Comparetti – 1895
3 G. Carito, Lo stato politico economico di Brindisi dagli Inizi del IV Secolo all’anno 670 in “Brundisii Res” – 1976.
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Benvenuto Cellini è a Roma durante il Sacco degli imperiali
Tra il 6 maggio e il 5 giugno del 1527 Benvenuto Cellini è a Roma durante il Sacco degli imperiali. In realtà già un anno prima a Roma, era stato presente duranti i tumulti dei colonnesi e alla loro guerriglia ostile ai Medici avvenuto tra il 19 e il 20 settembre, quando 8.000 uomini entrarono a Roma per sovvertirne l’ordine. Clemente VII de’ Medici fu costretto allora per la sua protezione e per quella della città, a venire a patti con Carlo V, per poi recedere subito dopo dalle promesse fatte, facendo indispettire l’imperatore e, dando il via a quello che poi sarebbe stato il Sacco della capitale. Benvenuto in quel frangente si era già distinto, tanto che durante le avvisaglie del Sacco, era stato posto sotto pagamento a guardia del palazzo di un suo conoscente, il Del bene, a capo di 50 uomini fidati ben armati avrebbe protetto l’edificio con tutti i suoi averi.
Durante l'attacco imperiale invece, mentre era sulle mura con i suoi amici Alessandro e Cecchino, si ritrovò faccia a faccia con il nemico, con un fortuito colpo di archibugio colpì quello che poi si rivelerà essere il Borbone in persona. L’ufficiale stava spronando i suoi da una scala a seguirlo per scavalcare le mura della città Questo evento però non fermò gli imperiali, così mentre i romani festeggiavano la creduta vittoria, quelli intanto invadevano Roma. Il papa con i suoi intanto si ritirava a Castel Sant’Angelo, dove Benvenuto viene riconosciuto come ”familiare” del pontefice, in quanto suo musico e orefice e fatto entrare nella rocca. Scorto da Marcello Pallone de' Medici capitano d'armi, questo lo invita a seguirlo nella fortificazione senza però poter portare con sé i suoi compagni, che a malincuore dovrà lasciare al loro destino.
Benvenuto arrampicato sulla cima della rocca, vede Clemente VII attraversare il passetto elevato segreto di corsa, per entrare nel castello. È da qui che l’artista può assistere a tutto ciò che accade nella città e ai romani e raccontarlo. Qui Benvenuto si rivelerà un abile artigliere, piazza strategicamente le artigliere e le usa con maestria. Mentre con Antonio Santa Croce un suo capo, esegue degli ordini atti a sistemare al meglio le artiglierie, un colpo nemico raggiunge le mura, pur fermato dal merlo di una torre, un tratto crolla colpendo drammaticamente Cellini. Svenuto, ma creduto morto dai suoi compagni, questi gli mettono in bocca un pugno di terra (una sorta di rito estremo preparatore alla morte), che quasi lo soffoca. La fortuna vuole che un suo commilitone Gianfrancesco del Piffero, accorgendosi dell’errore lo salvi, intervenendo immediatamente lo medica con una tegola calda imbevuta di assenzio e vin greco e così lo salva. Clemente VII per far capire che Castel Sant’Angelo ancora resiste, manda una lettera al duca di Urbino Francesco Maria della Rovere, il tentennante capo del suo esercito fuori città, dicendogli che ogni sera farà sparare tre colpi a vuoto. Questo è il segnale convenuto per far capire che la rocca romana ancora resiste. Cellini da buon uomo d’arme utilizza però questi colpi a salve serali, “rinforzandoli” con dei proiettili per colpire il nemico, senza sprecare così polvere da sparo inutilmente.
Un simpatico aneddoto vuole che Benvenuto si attiri le antipatie dei cardinali, questi che per guardare quanto accade in città dalle mura, non si rendono conto che con i loro cappelli rossi attirano i colpi del nemico. È in questo frangente che Benvenuto li avrebbe presi a male parole per allontanarli ma inimicandoseli. Un altro capo di Benvenuto è Orazio Baglioni, questi lo stima molto, nonostante sia arrivato con lui quasi ad un duello per un incomprensione durante la difesa cittadina. Durante l'esercizio delle sue funzioni Benvenuto scorge il “Baccanello”, un’osteria che aveva una particolare insegna, un sole rosso dipinto in mezzo a due finestre. In essa si sospettava ci fossero nascosti dei nemici. Benvenuto dunque pensa di usare quel sole come bersaglio, ma per fare questo avrebbe rischiato sparando di rovesciare una botte piena di sassi proprio dove si trovavano due consiglieri del papa, Jacopo Salviati e il cardinal Farnese a lui poco simpatici. Per non sprecare l'occasione Benvenuto senza troppi tentennamenti fa comunque fuoco. Il colpo riesce alla perfezione, ma come prevedibile fa cadere la botte addosso ai due “parassiti e mangiapane a tradimento” come li definisce poco carinamente l’artista nelle sue memorie, ma colpendo in pieno la bettola e facendo strage di nemici. I due però malconci e spaventati si ricorderanno di questo affronto.
Cellini in seguito in un' altra occasione, con un colpo magistrale d’artiglieria, colpirà in pieno e dividendolo addirittura in due, un ufficiale spagnolo che stava dando ordini a ridosso delle trincee nemiche, l’impossibile e bel colpo a parabola, viene definito dallo stesso vanaglorioso artista “arcata meravigliosa”. Essendo le artiglierie ritenute una rappresentazione demoniaca evocatrice di morte, Benvenuto timorosi di Dio, è spinto a chiedere l’assoluzione dei propri peccati per le morti provocate con questa arma. Assoluzione che Clemente VII provvede a dargli immediatamente, congratulandosi anzi con lui per il suo ottimo operato. In un’altra situazione, Benvenuto si accorgerà che i nemici per occultare alla vista il loro frequente passaggio in una via, hanno posto una trentina di botti piene di pietre sopra un muro. Avendo capito in quale momento avviene il passaggio della guardia, Benvenuto sistema ben cinque artiglierie con le quali fa fuoco contemporaneamente proprio nel momento giusto, colpendo ben trenta soldati nemici.
Avvicinandosi il momento della resa, Clemente VII chiamerà a sé Benvenuto e lo pregherà di fondere tutto l’oro rimasto per poterlo nascondere e di togliere inoltre tutte le pietre preziose poste su questi tesori. Pietre da trafugare, che poi lo stesso orafo cucirà all’interno della veste del papa pronto per la fuga. Altro evento in cui troviamo implicato Benvenuto, è il ferimento del principe d’Oranges. Caricata l’artiglieria con dei “passatoiacci”, ovvero dei ferri vecchi trovati in giro abbandonati, Cellini spara in prossimità delle trincee, a quello che sembra essere un capo, colpendolo in pieno volto e ferendolo gravemente. È Filiberto di Chalons, il principe d’Oranges divenuto capo dell'esercito dopo la morte del Borbone, che ferito viene portato immediatamente al riparo in un’osteria, prontamente scoperta da Benvenuto e dal Santa Croce. Orsini però si oppone a ché si spari su quel luogo, perché proprio in quel momento si stava incontrando una delegazione papale con il nemico per discutere la pace. Poteva il Cellini farsi sfuggire un’occasione simile? Contravvenendo agli ordini e rischiando di far saltare la trattativa, colpisce l’osteria provocando sicuramente morti e feriti, ma anche il risentimento dell'Orsini. Alla capitolazione dell'Urbe Benvenuto lasciando la città, sarà invitato da Orazio Baglioni a comandare una compagnia, ma Cellini preferisce andare dal padre a Firenze portandosi dietro onori e i molti denari guadagnati come soldato, ma anche la convinzione di poter essere un buon uomo d’arme, cosa che turbò non poco il vecchio padre che ancora sperava diventasse un musicista. Benvenuto manifesterà un grande interesse dopo questo fatto per le armi; una passione grande come quella per l’oreficeria. Tutte capacità non comuni che lo faranno sentire superiore sia in campo artistico che in campo bellico, alimentando sempre di più il suo grande e smisurato ego.
Riccardo Massaro Read the full article
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Il muro Anastasiano
Il muro Anastasiano o Lunghe mura della Tracia é una fortificazione romana eretta tra il V e VI secolo dall’imperatore romano Anastasio (491-518 d.C.) anche se vi sono degli indizi che proverebbero la sua esistenza durante i regni di Leone I (457-474) e Zenone (476-491) queste mura sono paragonabili a quelle del Vallo di Adriano in Inghliterra.
Si tratta di un sistema difensivo militare lungo 56km che si estende dal Mar Nero fino al Mar Marmara. Dista 64km dall’odierna Istanbul. La sua funzione era quella di offrire una ulteriore linea difensiva all’antica Costantinopoli. Nella cartina in basso si riesce facilmente a capire oltre al suo posizionamento anche la sua straordinaria estensione.
Il muro Anastasiano aveva uno spessore di 3 metri e mezzo ed una altezza che superava i 5 metri. Era dotato di torri, forti, fossati, caserme. Inoltre per provvedere al supporto e al sostentamento venne costruito un fosso parallelo al muro. Un sistema simile allo Stanegate, la strada romana che correva parallela al Vallo di Adriano. Il muro Anastasiano rappresenta l’ennesimo capolavoro ingegneristico dei romani.
Purtroppo non fu in grado di reggere per molto l’urto delle popolazioni barbariche. Il motivo principale era la lunghezza delle mura difensive combinata all’insufficienza numerica delle truppe utilizzate. Anche i costi della sua manutenzione erano elevati.
Per questi motivi la postazione venne abbandonata intorno al VII secolo quando si decise di aumentare il livello difensivo delle mura Teodosiane di Costantinopoli. Una scelta che ha pagato visto che Costantinopoli cadde definitivamente nel 1453 per mano turca.
Oggi rimangono pochi resti del muro Anastasiano. Dopo il suo abbandono molti dei materiali vennero riusati per costruire altri edifici nei dintorni.
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A piedi sulla strada romana
Una piacevole alternativa è la passeggiata lungo un breve tratto della Via Julia Augusta, strada romana di eccezionale importanza perchè collegava i territori italici alla Gallia. L'itinerario, di circa 4, 5 km, in parte su strada statale, inizia dal cuore medievale di Ventimiglia e conduce alla piana di Latte. Si parte dalla chiesa di San Michele, che conserva tre cippi miliari, uno di Augusto e due di Caracalla, per raggiungere il forte dell'Annunziata; da qui per un tratto si segue la statale, al bivio si prende a destra per la località Ville-Calandre, una strada fra bei giardini. Si arriva così alla duecentesca porta Canarda, costruita dai Genovesi come ultima fortificazione occidentale. Si ridiscende lungo il percorso della Via Julia Augusta, pe poi giungere sull'Aurelia in prossimità della frazione Latte e inoltrarsi nuovamente nella strada romana, che si snoda tra pinete, giardini e ville seicentesche vicino al mare.
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Valle dei Templi di Agrigento: antiche meraviglie della Sicilia
La Valle dei Templi di Agrigento è una delle più grandi attrazioni turistiche della Sicilia, con un patrimonio antico che risale al VI secolo a.C. Situata sulla costa meridionale dell'isola, questa valle è un sito archeologico di rilevanza mondiale, che offre una visione della grande civiltà greca e romana. La valle si estende per circa 1300 ettari e comprende molte rovine antiche, come templi, basi e muri di fortificazione. La maggior parte delle rovine si trovano lungo il lato orientale della valle, con una vista panoramica sui campi circostanti e sul mare Ionio. I templi antichi presenti nella Valle dei Templi di Agrigento includono il Tempio della Concordia, il Tempio di Giunone, il Tempio di Zeus e il Tempio di Ercole. Ogni tempio ha una propria storia e importanza archeologica. Il Tempio della Concordia è uno dei templi meglio conservati della Valle dei Templi, costruito tra il 440 e il 430 a.C. Questo tempio dorico, dedicato alla dea della pace, fu trasformato in una chiesa cristiana nel V secolo e servì come rifugio per i cristiani durante la persecuzione romana. Dopo la conquista araba, il tempio fu trasformato in una moschea e infine in una chiesa cristiana. Il Tempio di Giunone, costruito tra il 450 e il 430 a.C., era dedicato alla dea della fertilità e fu riparato e modificato molte volte durante il corso della sua storia. Durante il periodo normanno, fu riparato e trasformato in chiesa cristiana. Il Tempio di Zeus è uno dei templi più grandi della valle e fu costruito tra il 480 e il 470 a.C. per celebrare la vittoria dei greci contro i cartaginesi nella battaglia di Imera. Il tempio subì molti danni nel corso degli anni, uno dei quali fu causato da un terremoto nel IV secolo d.C. Il Tempio di Ercole, costruito alla fine del V secolo a.C., era dedicato al dio della forza e dell'eroismo. Il tempio fu distrutto durante le guerre puniche e successivamente ricostruito dai romani. La valle offre inoltre molte altre attrazioni culturali, come le terme romane, le necropoli, le mura della città e le torri di avvistamento. Il Museo Archeologico Regionale di Agrigento è situato nella valle e offre una vasta raccolta di opere d'arte e manufatti archeologici, tra cui vasi, monete e statue. Il museo fa parte del parco archeologico, che offre una guida audio in diverse lingue per i turisti che vogliono saperne di più sulla storia della Valle dei Templi. Nonostante l'antichità della valle, il territorio presenta diverse ecosistemi che possono essere esplorati durante l'escursione. Il Giardino della Kolymbetra, creato dagli antichi agrigentini nel IV secolo a.C., è stato restaurato recentemente e offre una varietà di alberi di frutta, piante e floricoltura che si può annusare attraverso un percorso dedicato. La Valle dei Templi di Agrigento può essere visitata in qualsiasi momento dell'anno, ma il periodo migliore per godere della bellezza del luogo è la primavera, quando la fioritura rende il paesaggio ancora più spettacolare. Infine, la valle offre un'ampia scelta per quanto riguarda l'alloggio e il cibo. Ci sono molte opzioni di alloggio a portata di mano tra cui agriturismi, hotel, B&B e case vacanze. I ristoranti locali servono piatti tipici della cucina siciliana come pasta con le sarde, caponata, melanzane alla parmigiana, ricotta fresca e la famosa cassata siciliana. La Valle dei Templi di Agrigento è un luogo di grande interesse archeologico e storico che offre ai visitatori una magnifica esperienza culturale nel cuore della Sicilia. Un luogo imperdibile per chiunque voglia esplorare la bellezza e la storia della Sicilia. Foto di Benoit_Brochet Read the full article
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A pochi chilometri dalle rinomate spiagge di Jesolo, si nasconde un luogo magico, in cui riecheggiano le antiche suggestioni romane e della Serenissima. È la Torre del Caligo o, meglio, quello che rimane dell’antica fortificazione. In questi giorni, dettati dalla canicola, molti dei turisti che hanno percorso il tratto stradale, che da Caposile porta alla località balneare, avranno osservato con una certa invidia delle automobili transitare lungo la sponda destra del Sile-Piave vecchia, non sapendo che, da un lato, tale itinerario li avrebbe alleviato il tedio delle lunghe code e, per chi ancora gode delle testimonianze del passato, avrebbe potuto dare una sbirciata ad uno dei monumenti più antichi della zona. Può apparire persino antinomico pensare a Jesolo, come un luogo depositario di vestigia del passato, ma non è così. Per quanto possa essere incredibile, la località veneta non è solo spiaggia, mare e movida. Al centro di Jesolo paese vi è il sito delle cosiddette Antiche Mura, nel quale sono visibili i ruderi della basilica medioevale di S. Maria Assunta e non solo, dato che la frequentazione del sito è stata retrodatata al IV secolo.
Tra l’altro, non è di poco tempo fa il rinvenimento a poca distanza di “mansio” risalente all’epoca romana, peraltro evidenziata come prova provata (sic!) della vocazione di Jesolo alla ricezione turistica, che attesterebbe in Jesolo un luogo ben introdotto all’interno dei circuiti commerciali tardo antichi e altomedioevali. Con la speranza che tali testimonianze non entrino nel lungo elenco delle cosiddette “piere vecie”, vi è, invece, una voce fuori dal coro. E riguarda la Torre del Caligo. Anni fa, nell’agosto del 2014, grazie alla “sensibilità delle famiglie e società agricole che ne erano proprietarie…hanno donato la Torre al Comune”, il quale l’acquisì come bene di una certa rilevanza storica, poiché non si poteva certamente dimenticare “che nei secoli passati la Torre del Caligo” aveva svolto “l’importante ruolo di presidio a guardia della confluenza del canale omonimo nel vecchio corso del Piave” (Il Gazzettino di Venezia del 23 agosto 2014).
Sulla base dei conci di pietra e dei mattoni sesquipedali della base, nonché le misure del suo perimetro la pongono in diretta relazione con altre due torri, identificate l’una nei ruderi sommersi nel Canale di San Felice a poca distanza da Treporti e l’altra con quella di Baro Zavalea, nella Valle di Mezzano nei pressi di Comacchio. Le ricerche archeologiche condotte su questi ultimi siti hanno permesso di datare le costruzioni ad un arco di tempo che spazia dal I secolo a.C. al I secolo d.C.; ed hanno permesso di cogliere, almeno in buona misura, il contesto antropico e naturale, nel quale avevano una determinata destinazione, di appoggio e controllo della navigazione endolitoranea – in stretta relazione con le diverse “mansiones” con cavane con tratti di alzaia e le altrettante “mutationes” con palata – che si svolgeva durante l’epoca romana tra Ravenna ed Aquileia. Nel caso specifico, la navigazione in età romana diretta in ambito “torcellese”, dopo aver percorso diverse aste fluviali, imboccava all’altezza della Torre del Caligo l’alveo terminale del Piave-Sile e proseguiva fino a Equilo (il nucleo originario dell’odierna Jesolo), “vicus” di epoca imperiale. Secoli dopo, la torre venne ricostruita dai veneziani, elevandola a tre o quattro piani, come testimoniato da diverse fonti cartografiche.
La sua destinazione non cambiò di molto, divenendo un presidio militare con il compito anche di esigere il dazio conseguente al notevole traffico commerciale, che vi si svolgeva, soprattutto di legname proveniente dal Cadore e il metallo utile per l’edilizia e la cantieristica di Venezia, la cui navigazione proseguiva coll’utilizzo del traino di cavalli, che procedevano sulle alzaie, fino a Treporti; e scongiurare l’altrettanto notevole contrabbando di sale e di animali o carni macellate, piaga che costrinse il governo veneto ad emanare numerosi decreti e altri provvedimenti repressivi.
Attraverso accorgimenti idraulici ed ingegneristici piuttosto lungimiranti per l’epoca era possibile per le imbarcazioni di una certa stazza superare gli argini, attraverso l’utilizzo di sbarramenti fluviali – vedi panama- ; mentre nel caso di imbarcazioni dal basso tonnellaggio il superamento avveniva grazie ad un sistema di piani inclinati e argani. In realtà, la nostra torre era conosciuta, almeno fino al Trecento, sotto il nome di Turris Plavis e lo storico Giacono Filiasi, interrogandosi sulla storia antica di quella che sarà Jesolo e sulla più minuta fortificazione, scrive.
“I documenti degli scorsi secoli ci manifestano pure che nel tenere di Equilio eravi luogo detto Torre di Piave, altro Ponte di Equilo, altro S. Mauro. Nel così detto Codex Publicorum trovai memoria di essi, e per primo, o sia la Torre non so se stesse verso Villafranca, e dove ora si veggono varie macerie da non confondersi con quelle di Equilio. Perché sovente la palustre nebbia volteggiava all’intorno, e colle bianche sue falde nascondea quella torre, perciò chiamaronla anche Torre del Caligo” (Memorie storiche dè Veneti primi e secondi, 1814 , p. 98).
Quindi lo storico sembra avvalorare la teoria, secondo la quale la nebbia, che per molte settimane del periodo autunnale e invernale, avvolge l’intero circondario, fosse la causa prima di questo nuovo toponimo. Tuttavia, ad onore del vero, per quanto suggestiva, questa non è l’unica teoria a questo riguardo. Vi è stato chi vi ha ricordato il nome di una nobile famiglia veneziana e chi, ancora, vi ha letto una derivazione legata in qualche modo all’itinerario stradale (A. Visentin, Jesolo antica e moderna, Tipografia Messaggero, Padova, 1954, p. 98).
Stando a talune testimonianze letterarie, purtroppo non confermate da evidenze archeologiche, la torre diede l’impulso attrattivo alla edificazione di strutture di accoglienza e di varia logistica ai mercanti e ai viaggiatori. Non poteva certamente mancare un sacello, una chiesa, dove, soprattutto durante le lunghe notti invernali, era possibile sopire con una preghiera le ansie delle deviazioni del giorno. Il Filiasi, a questo riguardo, ricorda che “se stiamo agli annali Camaldolesi, fino dall’anno 930 già esisteva la Torre del Caligo, poiché raccontano come in luogo boschereccio prossima ad essa ritirossi S. Romualdo con Marino suo compagno” (G. Filiasi, op. cit., p. 98), volendo con questo accogliere l’idea, che la struttura monastica sorse nelle vicinanze della stessa torre, come ricorda la tradizione camaldolese (A. Fortunius, Historiarum Camaldulensium pars posterior, Venezia, 1579, I, c. 7; AC, I 53 ss).
Come ogni cosa, anche la torre conobbe il momento della sua fine, che coincise con le opere idrauliche intraprese dalla Repubblica di Venezia, atte a scongiurare l’interramento della laguna; e, secondo l’uso scellerato, ma dettato dalla necessità di allora, si pose a smantellarla per recuperare i materiali, che avrebbero poi innalzato i poderi vicinali. In breve, questa è la storia della Torre del Caligo. Ora vediamo come raggiungerla, semmai dovessimo trovarci da queste parti. Arrivando da Venezia, in direzione di Jesolo, alla vista di Caposile, volenti o nolenti ci imbattiamo in una grande rotonda. Proseguendo alla seconda uscita, ci troveremmo alla volta per la strada che ci condurrà a Jesolo, mentre a noi interessa la prima uscita. Un piccolo cartello turistico, con la semplice dicitura Torre del Caligo, ci obbligherà alla deviazione. Seguiamo l’indicazione del ponte di barche, che oltrepasseremo per una manciata di monetine, e quindi in tutta calma, seguiamo la strada asfaltata dei Salsi. Dopo qualche chilometro , dietro ad un’ansa del fiume
, ecco che ci appare.
La Torre del Caligo. Jesolo A pochi chilometri dalle rinomate spiagge di Jesolo, si nasconde un luogo magico, in cui riecheggiano le antiche suggestioni romane e della Serenissima.
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Cison di Valmarino è una meravigliosa località incastonata nella Marca Trevigiana e negli ultimi anni è diventato la destinazione perfetta per gli appassionati di natura e cultura. Questo borgo veneto rientra nella lista dei Borghi più belli d’Italia e deriva da un’antica fortificazione del dodicesimo secolo, di cui sono visibili ancora oggi molte testimonianze. Per gli appassionati di natura e storia, Cison di Valmarino è la destinazione ideale per dedicarsi ad un weekend o ad una gita fuori porta rilassante e piacevole: ecco che cosa vedere. Cison di Valmarino cosa vedere tra arte e cultura Cison di Valmarino si trova a 260 metri di altitudine e ha poco più di 2500 abitanti, rivelandosi il luogo perfetto per trascorrere qualche giorno all’insegna della natura e del benessere. Dal punto di vista storico, alcuni ritrovamenti testimoniano la presenza degli uomini già durante l’Età del Bronzo e dell’Epoca Romana: in questa splendida perla incastonata nella provincia di Treviso, è possibile ammirare numerosi tesori culturali che meritano una visita, eccone alcuni. Castelbrando Castelbrando di Cison di Valmarino si trova su Col de Moi, poco distante dal centro storico abitato, e spicca per la sua architettura risalente al dodicesimo secolo. Il panorama che è possibile ammirare da questa location conquista al primo sguardo, perché permette di avere una visione complessiva sia del comune sia della vallata che lo ospita. Attualmente Castelbrando è stato ristrutturato e ospita una struttura ricettiva di alto livello: qui gli appassionati di fotografia potranno scattare foto meravigliose ed è consigliabile non perdere il magnifico albero cedrus libai con una circonferenza di oltre 5 metri, che si trova vicino al castello. Chiesa dei Santi Giovanni Battista e Maria Assunta La Chiesa dei Santi Giovanni Battista e Maria Assunta di Cison è un’architettura religiosa risalente al 1600, anche se la struttura pare esistere dal 1100. Dotata di due facciate, una esposta ad ovest e una esposta ad est, ospita numerose statue dalla grandissima bellezza. Piazza Roma Nel centro storico di Cison si trova Piazza Roma, che custodisce monumenti importanti come il teatro della Loggia e il palazzo del Municipio; la Loggia, che un tempo era la sede del Tribunale, al piano superiore ospita il Museo della Radio. Cison di Valmarino: cosa fare tra natura, escursioni ed eventi Oltre alle mura di Cison di Valmarino e ai tesori storici, è possibile immergersi in paesaggi meravigliosi: appena fuori dal comune infatti, si possono ammirare due piccoli laghi, il Lago di Lago e il Lago Santa Maria, che spiccano per la loro bellezza autentica. Gli appassionati di escursioni possono dedicarsi all’esplorazione di uno splendido sentiero naturalistico lungo il torrente Rujo, raggiungibile a 100 metri a nord di Piazza Roma. Questo percorso ti permetterà di percorrere la via dei mulini e di raggiungere il Bosco delle Penne Mozze, ammirando durante il tragitto incantevoli lavatoi restaurati e antiche fontane. Il borgo di Cison di Valmarino, nonostante le piccole dimensioni, organizza ogni anno eventi e mercati che sono una vera ispirazione per ogni visitatore. L’evento più conosciuto è Artigianato Vivo, che si tiene ogni estate in agosto, e consiste in una rassegna di attività manuali della tradizione, sapientemente custodite e tramandate da artigiani e maestri che condividono con il pubblico i loro capolavori. Questo evento viene arricchito da un calendario di concerti, rievocazioni storiche, mostre enogastronomiche e altri eventi collaterali che vale la pena vivere. Cosa mangiare e bere a Cison di Valmarino Oltre alle escursioni, alle location storiche e al mercatino di Cison di Valmarino, un altro ottimo motivo per visitare questo borgo incantevole è la tradizione enogastronomica. Tutta la provincia di Treviso, compreso Cison, è sede di produzione di numerose specialità IGP e DOCG: uno degli esempi più celebri è il prosecco, vino bianco frizzante perfetto per un aperitivo gourmet. Anche i prodotti agricoli però sono di grandissima qualità, come il radicchio tardivo e l’asparago bianco; infine è impossibile non citare la tradizione dei salumi di Follina. Per chi desidera concedersi un pranzo o una cena a Cison di Valmarino, il consiglio è quello di sperimentare lo Spiedo: si tratta di un metodo di cottura della carne antico. La carne, dopo essere stata cotta, viene servita in tavola ancora fumante e croccante, accompagnata da un contorno di verdure locali, come erbe cotte, radicchio o patate: un tripudio di gusto indimenticabile! https://ift.tt/2YK4cbH Alla scoperta del borgo di Cison di Valmarino Cison di Valmarino è una meravigliosa località incastonata nella Marca Trevigiana e negli ultimi anni è diventato la destinazione perfetta per gli appassionati di natura e cultura. Questo borgo veneto rientra nella lista dei Borghi più belli d’Italia e deriva da un’antica fortificazione del dodicesimo secolo, di cui sono visibili ancora oggi molte testimonianze. Per gli appassionati di natura e storia, Cison di Valmarino è la destinazione ideale per dedicarsi ad un weekend o ad una gita fuori porta rilassante e piacevole: ecco che cosa vedere. Cison di Valmarino cosa vedere tra arte e cultura Cison di Valmarino si trova a 260 metri di altitudine e ha poco più di 2500 abitanti, rivelandosi il luogo perfetto per trascorrere qualche giorno all’insegna della natura e del benessere. Dal punto di vista storico, alcuni ritrovamenti testimoniano la presenza degli uomini già durante l’Età del Bronzo e dell’Epoca Romana: in questa splendida perla incastonata nella provincia di Treviso, è possibile ammirare numerosi tesori culturali che meritano una visita, eccone alcuni. Castelbrando Castelbrando di Cison di Valmarino si trova su Col de Moi, poco distante dal centro storico abitato, e spicca per la sua architettura risalente al dodicesimo secolo. Il panorama che è possibile ammirare da questa location conquista al primo sguardo, perché permette di avere una visione complessiva sia del comune sia della vallata che lo ospita. Attualmente Castelbrando è stato ristrutturato e ospita una struttura ricettiva di alto livello: qui gli appassionati di fotografia potranno scattare foto meravigliose ed è consigliabile non perdere il magnifico albero cedrus libai con una circonferenza di oltre 5 metri, che si trova vicino al castello. Chiesa dei Santi Giovanni Battista e Maria Assunta La Chiesa dei Santi Giovanni Battista e Maria Assunta di Cison è un’architettura religiosa risalente al 1600, anche se la struttura pare esistere dal 1100. Dotata di due facciate, una esposta ad ovest e una esposta ad est, ospita numerose statue dalla grandissima bellezza. Piazza Roma Nel centro storico di Cison si trova Piazza Roma, che custodisce monumenti importanti come il teatro della Loggia e il palazzo del Municipio; la Loggia, che un tempo era la sede del Tribunale, al piano superiore ospita il Museo della Radio. Cison di Valmarino: cosa fare tra natura, escursioni ed eventi Oltre alle mura di Cison di Valmarino e ai tesori storici, è possibile immergersi in paesaggi meravigliosi: appena fuori dal comune infatti, si possono ammirare due piccoli laghi, il Lago di Lago e il Lago Santa Maria, che spiccano per la loro bellezza autentica. Gli appassionati di escursioni possono dedicarsi all’esplorazione di uno splendido sentiero naturalistico lungo il torrente Rujo, raggiungibile a 100 metri a nord di Piazza Roma. Questo percorso ti permetterà di percorrere la via dei mulini e di raggiungere il Bosco delle Penne Mozze, ammirando durante il tragitto incantevoli lavatoi restaurati e antiche fontane. Il borgo di Cison di Valmarino, nonostante le piccole dimensioni, organizza ogni anno eventi e mercati che sono una vera ispirazione per ogni visitatore. L’evento più conosciuto è Artigianato Vivo, che si tiene ogni estate in agosto, e consiste in una rassegna di attività manuali della tradizione, sapientemente custodite e tramandate da artigiani e maestri che condividono con il pubblico i loro capolavori. Questo evento viene arricchito da un calendario di concerti, rievocazioni storiche, mostre enogastronomiche e altri eventi collaterali che vale la pena vivere. Cosa mangiare e bere a Cison di Valmarino Oltre alle escursioni, alle location storiche e al mercatino di Cison di Valmarino, un altro ottimo motivo per visitare questo borgo incantevole è la tradizione enogastronomica. Tutta la provincia di Treviso, compreso Cison, è sede di produzione di numerose specialità IGP e DOCG: uno degli esempi più celebri è il prosecco, vino bianco frizzante perfetto per un aperitivo gourmet. Anche i prodotti agricoli però sono di grandissima qualità, come il radicchio tardivo e l’asparago bianco; infine è impossibile non citare la tradizione dei salumi di Follina. Per chi desidera concedersi un pranzo o una cena a Cison di Valmarino, il consiglio è quello di sperimentare lo Spiedo: si tratta di un metodo di cottura della carne antico. La carne, dopo essere stata cotta, viene servita in tavola ancora fumante e croccante, accompagnata da un contorno di verdure locali, come erbe cotte, radicchio o patate: un tripudio di gusto indimenticabile! Cison di Valmarino è un borgo veneto che offre un’ampia gamma di cose da fare e da vedere: da Castelbrando alle Chiese antiche, ecco cosa visitare.
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Dalla solitudine di Cesi alla folla di Ferentillo.
Il sole pieno, che continua a splendere sul centro Italia, e le temperature diurne, più che primaverili, mi permettono di proseguire l’allenamento settimanale, continuando a partecipare a tutte le uscite in calendario, che per sabato 22/2 indica la falesia di Cesi – Sant’Erasmo.
Ho sentito Teresa la quale, memore della volta scorsa, si preoccupa del sentiero per scendere. Ma l’ho rassicurata, perché non si andrà in basso, al settore Diavoli e Santi, ma ci si fermerà prima, solo dieci minuti di cammino, settore Mezzogiorno.
Da Mac Donald (Terni Nord) alle 10:00 un bel gruppetto misto di arrampicatori: Maestro Taino, Lea, Alvise, Sandro, Edmondo, Federico, Fabrizio, Gloria, Maurizio, Frankie, Peppe, Teresa, Doc, Hilke, Matteo, io e il cane Teo.
La strada per arrivare non è delle migliori …(buca, buca, buca con acqua!) e scendiamo dalle macchine un po’ sballottati. Preso il sentiero si passa subito accanto alla bella chiesa in pietra di Sant’Erasmo, che riluce sul prato verde. Proseguendo, superata la fortificazione, dopo la prima corda fissa, comincio a temere di essermi fidata troppo delle indicazioni reperite su internet, alla seconda mi chiedo come mai le cose “peggiori” si dimenticano velocemente (questa strada già l’ho fatta…), alla terza mi viene il dubbio che abbiamo sbagliato strada (e dovremo risalire) e alla quarta sento qualcuno che si lamenta del percorso, e qualcun altro, poco più avanti, che grida “ arrivati”.
Non si può dire che sia una falesia comoda (sentiero a parte, è una cengia in discesa piena di rovi, strappabrache, massi in bilico, rami caduti e non piace neanche a Teo che si ferma più su), né che sia frequentata e nemmeno che sia sicura (basterebbe la catena della via La Principessa- che poi dirò – ma sono caduti sassi e molti ancora si muovono - era meglio portare il caschetto). Però si può dire che ci sono delle belle vie e che la roccia, praticamente vergine, ha un’aderenza unica.
Certo, se si migliorassero le cose negative … forse perderebbe l’ottimo grip.
Le due guide mettono su 10 vie, tra il 6a e il 6b+, alcune belle lunghe, mentre io oggi non riesco a montare proprio nulla… provo e riprovo ma alla fine scendo, distrutta e sconfitta. Poi pian pianino, con l’appoggio di Teresa prima e di Lea poi, riesco da seconda a farle tutte, tranne “la principessa delle terre arnolfe” che è stata tolta perché la catena è stata messa su un enorme masso precario, che è meglio non stuzzicare.
Dopo una giornata passata al sole, la fatica delle vie e la risalita, ci meritiamo almeno una birra al vicino rifugio, da poco preso in gestione da un amico di Alvise e poi ci salutiamo.
Per cena pesce d’acqua dolce (trota e coregone) a Marmore, con Peppe, Frankie, Gloria, Maurizio e Fabrizio poi a dormire ospitata dal Principino e per domenica … Mummie!
Al bar di Arianna alle 10:30 c’è veramente tanta gente, arrampicatori di tutte le età e fedeli appena usciti dalla messa. Anche noi non si scherza: tutti quelli di ieri, tranne i Doc, Frankie e Alvise (che ha un gruppo di una palestra romana e si ferma all’Isola), più Laura, Lena, Fabian, Roberto con la figlia Nora, Milo e Antonio con il loro papà. Ben 5 ragazzini, 15 adulti e due cani (Bia e Teo).
Ma non solo noi siamo tanti, anche la falesia si riempie rapidamente e c’è un via vai di arrampicatori (e un ciclista?) che sembra lo struscio a via del Corso. E così, in mezzo a chiacchiere tra adulti e ragazzini, sicure e arrampicate la giornata trascorre piacevolmente e rapidamente e verso le 16:00 ci ritroviamo tutti in piazzetta, al sole, per la birretta dei saluti.
Grazie a tutti.
Danila
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