#forse sei già felice e non lo sai
Explore tagged Tumblr posts
Text
"Cara Francesca,
Spero che questa mia lettera ti trovi bene.
Non so quando la riceverai. Quando io me ne sarò già andato.
Ho sessantacinque anni, ormai, e ne sono passati esattamente tredici dal nostro primo incontro, quando imboccai il vialetto di casa tua in cerca di indicazioni sulla strada.
Spero con tutto me stesso che questo pacchetto non sconvolga in alcun modo la tua vita. Il fatto è che non sopporto di pensare alle mie macchine fotografiche sullo scaffale riservato all’attrezzatura di seconda mano di un negozio o nelle mani di uno sconosciuto. Saranno in pessime condizioni quando le riceverai, ma non ho nessun altro a cui lasciarle e mi scuso del rischio che forse ti costringerò a correre mandandotele.
Dal 1965 al 1975 ho viaggiato quasi ininterrottamente. Nell’intento di allontanarmi almeno parzialmente dalla tentazione di telefonarti o di venire a cercarti, tentazione che da sveglio in pratica non mi lascia mai, ho accettato tutti gli incarichi oltreoceano che sono riuscito a procurarmi. Ci sono stati momenti, molti momenti, in cui mi sono detto: << All’inferno, vado a Winterset e, costi quel che costi, porto Francesca via con me>>.
Ma non ho dimenticato le tue parole, e rispetto i tuoi sentimenti. Forse avevi ragione, non lo so. So però che uscire dal viale di casa tua, in quella arroventata mattinata di agosto, è stata la prova più ardua che abbia mai affrontato e che mai avrò occasione di affrontare. Dubito, in effetti, che molti uomini ne abbiano vissute di più dure.
Ho lasciato il National Geographic, nel 1975 e da allora mi sono dedicato soprattutto a fotografare ciò che piaceva a me, prendendo il lavoro là dove potevo, servizi locali o regionali che non mi impegnavano mai più di pochi giorni.
Finanziariamente è stata dura, ma tiro avanti.
Come ho sempre fatto.
Buona parte del mio lavoro lo svolgo nella zona di Puget Sound. Mi va bene così. Pare che invecchiando gli uomini si rivolgano sempre più spesso all’acqua.
Ah, sì, adesso ho un cane, un golden retriever.
L’ho chiamato Highway, e lo porto quasi sempre con me, quando siamo in viaggio, se ne sta con la testa fuori dal finestrino, in cerca di posti interessanti da fotografare.
Nel 1972 sono caduto da una rupe nell’Acadia National Park, nel Maine, e mi sono fratturato una caviglia.
Nella caduta ho perso la catena e la medaglia, ma fortunatamente non erano finite lontano. Le ho recuperate e un gioielliere ha provveduto ad aggiustare la catena.
Vivo con il cuore impolverato, Meglio di così non saprei metterla. C’erano state delle donne prima di te, qualcuna, ma nessuna dopo. Non mi sono votato deliberatamente alla castità: è solo che non provo alcun interesse.
Una volta ho avuto modo di osservare il comportamento di un’oca canadese la cui compagna era stata uccisa dai cacciatori. Si uniscono per la vita, sai. Dopo l’episodio, ha continuato ad aggirarsi intorno allo stagno per qualche giorno. L’ultima volta che l’ho vista, nuotava tutta sola tra il riso selvatico, ancora alla ricerca. Immagino che da un punto di vista letterario la mia analogia sia troppo scontata, ma è più o meno così che mi sento anch’io.
Con la fantasia, nelle mattine caliginose o nei pomeriggi in cui il sole riflette sull’acqua a nord-ovest, cerco di immaginare dove sei e che cosa stai facendo.
Niente di complicato…ti vedo in giardino, seduta sulla veranda, in piedi davanti al lavello della cucina. Cose così.
Ricordo tutti. Il tuo profumo e il tuo sapore, che erano come l’estate stessa. La tua pelle contro la mia, e il suono dei tuoi bisbigli mentre ti amavo.
Robert Penn Warren scrisse: << Un mondo che sembra abbandonato da Dio >>. Non male, molto vicino a quello che provo per te certe volte. Ma non posso vivere sempre coì. Quando la tensione diventa eccessiva, carico Harry e, in compagnia di Highway, ritorno sulla strada per qualche giorno.
Commiserarmi non mi piace. Non è nella mia natura. E in genere non me la passo poi tanto male.
Al contrario, sono felice di averti almeno incontrata.
Avremmo potuto sfiorarci come due frammenti di polvere cosmica, senza sapere mai nella l’uno dell’altra.
Dio o l’universo o qualunque altro nome si scelga di dare ai grandi sistemi di ordini ed equilibri, non riconosce il tempo terrestre. Per l’universo, quattro giorni non sono diversi da quattro miliardi di anni luce. Per quanto mi riguarda, cerco di tenerlo sempre a mente.
Ma, dopo tutto, sono un uomo.
E tutte le considerazioni filosofiche non bastano a impedirmi di desiderarti, ogni giorno, ogni momento, con la testa piena dello spietato gemito del tempo, del tempo che non potrò mai vivere con te.
Ti amo, di un amore profondo e totale. E così sarà sempre."
“I ponti di Madison County”, R.J.Waller.
18 notes
·
View notes
Note
Ciao, grazie del tuo consiglio non mi aspettavo che rispondevi così. Mi hanno sempre detto che non so fare niente e adesso sono qui non so com'è andare avanti penso ancora al passato ( mi madre mi ha detto di avere residenza nella vita ha detto di diventare ma non ci riesco). I professori mi prendevano in giro dicendo che non sarò niente da grande e anche al lavoro dicono che sono stupida e non so parlare o sono lenta nel capire o non sono sveglia. Ho troppi problemi e vorrei cambiare ma sono svogliata o triste e non so come cambiare . non dico tutto preferisco scrivere in privato se è posisbile?
Vorrei cambiare tante cose sto cercando di cambiare ma non so da dove inizare
Comincia col prenderti del tempo per stare con te stessa e capire te stessa. Non sei la persona che vedono gli altri, quelli che non ti conoscono davvero. E forse anche tu hai smesso di conoscerti ed ascoltarti per ascoltare gli altri... per questo ora tutto sembra difficile e non sai cosa fare: è normale. Non sentirti in colpa, hai fatto ciò che hai potuto per andare avanti e sopravvivere. Abbiamo bisogno di conferme, di supporto, ma spesso gli altri non vedono noi, vedono rilessi di loro stessi e delle loro paure ed ansie. E questo non ci è di aiuto.
Non sono una psicologa, e non so se davvero posso aiutarti in questo senso: sto lavorando su me stessa in prima persona, quello che posso offrire (come faccio su questo blog @loveyourlovelysoul) è solo un po' di supporto e condividere quello che sto imparando. Però, se lo ritieni opportuno, invece di un tutor, prova a parlare con qualcuno che ne capisce di psicologia. Potrebbe davvero aiutarti a risolvere un po' di problemi interni e ritrovare la tua strada. E la voglia di andare avanti, dopo aver capito cos'è davvero che ti blocca nel passato e non ti fa stare nel presente, dove sei ora. Forse la paura di non essere abbastanza, come dicevamo? E di non farcela? A volte ci chiudiamo e risultiamo "lenti" agli occhi degli altri, ma sono solo le nostre paure come ti dicevo prima, che prendono il sopravvento. E non sempre è facile riconoscerle e controllarle. E sono paure... ci vuole tanta determinazione e coraggio per affrontarle, perché si presentano nei modi più impensabili. Per questo ti consiglio di parlarne con qualcuno che ne sa: avere una guida e non farlo da soli è molto importante; stare soli potrebbe isolarci ancora di più e far peggiorare tutto. Non fraintendermi, tu sei più forte di quello che credi, e si vede dalla tua voglia di voler voltare pagina e ricominciare nonostante ci sia questa paura di non essere "abbastanza" o "come ti vogliono gli altri" (non devi esserlo, devi essere solo te stessa, sei già perfetta così e non è una frase fatta... devi "solo" ritrovarti e crederci). Ma non per questo devi affrontare tutto da sola. E non sei svogliata, secondo me, assolutamente: sei solo bloccata da come ti hanno vista gli altri e come continuano a vederti (credo che ora sia solo l'esperienza del passato coi tuoi professori che ti blocca e si sia riproponendo a lavoro nelle definizioni dei tuoi colleghi/capi). E dalle aspettative che gli altri hanno in te. Il non sapere cosa fare perché vorresti fare di più (magari per fare felice tua mamma) ma non ci riesci (perché gli altri ti hanno detto e dicono quelle cose non vere), ti sta bloccando in un posto da cui non sai più muoverti. Ed è normale, chi non si sentirebbe così nei tuoi panni? Per questo ti dico di ritrovare te stessa, quella che sei tu secondo la tua opinione e non le aspettative o ciò che vedono gli altri. Solo da lì puoi ricominciare a camminare verso la direzione che davvero vuoi seguire tu (non gli altri). Solo da te stessa. Con coraggio, tenedo le tue paure per mano (soprattutto abbracciando e consolando le versioni più giovani di te, quella che andava a scuola e affrontava quei professori che non so come definire tali ma vabbè e magari anche quella piccola che stava a casa e doveva fare certe cose per sentirsi apprezzata e vista... ?). Piano piano diventerai quello che vuoi, prenderai il tuo posto da protagonista nella tua vita con orgoglio, ma prima devi capire cos'è quello che vuoi tu e qual è il tuo vero posto.
Non arrenderti e davvero datti tempo. Ce ne vuole tantissimo, come di pazienza. E cerca di volerti bene e perdonarti, soprattutti nei giorni più difficili. Stai facendo e hai sempre fatto del tuo meglio, devi esserne fiera.
8 notes
·
View notes
Text
A portrait Of Jianghu: Reincarnated Disciple
Erano anni che non trovavo una serie così approssimativa. gioia e tripudio
Dopo il primo Lost Tomb infatti, ero rimasta orfana di quelle serie no-sense dove non capisci un cazzo per interi episodi, che non sai se sei scema tu o sono gli sceneggiatori che ti stanno palesemente perculando. Sai no... quelle serie recitate male e girate peggio.
E A Portrait viene in mio soccorso con un primo episodio da leccarsi i baffi.
Ad avermi attirata come una mosca sul miele è stato l'irrisorio voto di 7.2 su Mydramalist, chiaro campanello di allarme che questo drama un capolavoro non sarebbe mai stato. Ma quando poi ho visto che aveva una sola recensione che per di più sottolineava la poca chiarezza... apriti cielo!
Felice come un furetto sotto steroidi per aver trovato forse l'erede del primo Lost Tomb, ho contattato @lisia81 per ravvisarla della lieta notizia e alla sua domanda se volevo parlargli della serie o regalargliela per Natale - il classico pacco Natalizio - ho pensato che sarebbe bastata la prima puntata di questo drama per rendergli l'idea del drama.
A Portrait inizia già male poiché ci ritroviamo con il protagonista di questa serie - di cui non ricordo assolutamente il nome e che per comodità chiamerò Action Man - che parla - in un tristissimo screenserver Windows - con quella che presumo sia una sacerdotessa?...?! Voldemort?! La signora del tempo?!... che ci racconta di come ci siano due universi dove esistono le stesse persone che vivono lo stesso destino. L'universo Specchio per intenderci. E che il sogno che Action Man ha fatto - quale sogno? dove? - mostra ciò che sperimenterà nell'altro universo.
Io mi sono già persa.
Chiaramente siamo arrivati a metà del discorso e ci manca già il contesto.
Ma non si fa in tempo a ragionare su quanto detto che l'argomento cambia e Action Man ci dice il vero motivo di questa chiacchierata: la sua amata sta morendo e lui vuole sapere se esiste un modo per salvarla. Domanda legittima e strappalacrime. Peccato che venga posta con uno degli sguardi meno drammatici di sempre. E già, dopo 2 minuti di puntata, sento i latrati dei cani.
La scena cambia e mostra Action Man davanti ad un fintissimo albero in fiore mentre, piantato come un palo, pondera sull'amore e tutte cose, continuando a non trasmettere nessuna emozione. è un robot? sto drama è fantascentifico?
La sua amata sta morendo. Perché non manifesta una qualsivoglia emozione ma rimane a fissare l'orizzonte con lo sguardo vacuo?
Arriva anche il soggetto di tale elucubrazioni mentali: Barbie Comunione. Vestita con tutti i centrini rubati alla nonna, l'amata di Action Man rincuora con parole poetiche il giovane amante per la sua futura dipartita sottolineando come anche se lascerà presto questa mondo - che per adesso consta di un promontorio e un albero finto -lei rimarrà sempre assieme a lui. che sa tanto di minaccia ma lascio correre
Lasciamo Action Man con lo sguardo perso nel vuoto a fissare l'orizzonte e spostiamoci nell'altro universo, l' Universo Yi.
Qui siamo ad un funerale. E considerando che la puntata finisce con una marea di morti, potrei dire che siamo a cavallo.
Il morto è il Capo della famiglia Wuzong ed il Primogenito ci tiene a raccontare a tutti le dinamiche della triste dipartita: poiché la famiglia aveva ricevuto una richiesta di nozze tra il Secondogenito e la Signorina di un'altra famiglia rivale, Il Capo era andato a trovare questi nemici per finalizzare le nozze e far regnare la pace tra loro.
Ma ahimè, 3 giorni dopo, il Capo è morto. Chiaramente ad opera della famiglia rivale, i Kong.
Urge quindi vendetta.
A tentare di ristabilire l'ordine e la pace, si presenta proprio il capo della famiglia Kong a porgere omaggi al cadavere ed a sostenere la sua innocenza.
E' stato proprio lui a sponsorizzare l'unione tra le famiglie! Perché dovrebbe ucciderlo?
La scena si sposta poi sulla copia di Barbie Comunione che in questo universo interpreta la sorella del Capo dei Kong, immortalata bella come il sole mentre coglie pacificamente fiori.
La sua pace viene però interrotta da una macchina che a settemila km orari gioca a bowling nell'atrio di casa sua, usando gli uomini come birilli.
Tra l'altro uomini vestiti tutti uguali. Sono minions?!
A scendere dalla macchina, impugnando una delle armi più brutte che io abbia mai visto - ma cosa è?! ma un armaiolo che ti facesse un arma un po' più guardabile, no?! - la copia di Action Man di questo universo, il Secondogenito della famiglia Wuzong. Sì, quello che lei doveva sposare.
Furioso per la morte del padre - non si vede dalla recitazione canina ma dalle parole che pronuncia si evincono i suoi sentimenti e quindi io mi fido - è giunto fin qui per ottenere la sua vendetta. e per girare il sequel di Romeo e Giuletta.
Parte dunque un mega rissone tra lui e 30 omini tutti uguali. Combattimento che ovviamente Action Man 2.0 vince su tutti i fronti contro chiunque.
Poiché la recitazione è quel che è, giustamente gli sceneggiatori hanno puntato tutto sulle abilità atletiche di Action Man.
Action Man 2.0 è veloce, letale, potente. Con un calcio fa letteralmente volare in aria le persone.
Ma la mia parte preferita di questa rissa da 20 minuti, è quando salta e rimane elegantemente in equilibrio su un piede nella fontana. E' stato così bravo che il drama ne approfitta per fare anche un fermo immagine della scena ad immortalare l'evento.
Il bordello causato da Action Man 2.0 attira Barbie Comunione 2.0 che sconvolta dal macello conta già quanti soldi dovrà spendere per le bare dei suoi uomini.
Tra l'altro questa è l'unica scena dove l'attrice mostra un minimo di recitazione. Teniamola di conto. O forse sta solo pensando che mo' che so' tutti morti, lei è la prossima.
In un ping pong di scene, l'attenzione torna al funerale dove il Capo di Casa Kong porge omaggi al morto ribadendo la sua estranietà ai fatti e anzi e ci racconta pure che il giorno che Il Capo Wuzong andò a casa Kong, non solo non bevve e mangiò nulla ma anzi Capo Kong subì pure un furto.
Venne infatti rubato il Tesoro della famiglia. Cosa sia questo tesoro, chi l'ha rubato e perché non ci è dato saperlo.
Tra l'altro...il combattimento contro gli omini è durato la bellezza di 20 minuti.
Questo furto... boh, 15 secondi ne avranno parlato?! Non si è visto il tesoro. Non si è visto qualcuno che lo rubava. Non si è vista manco la stanza del tesoro.
Tutto quello che abbiamo è Capo Kong che riceve la notizia del furto. Mado' se puzza di escamotage di trama.
Per motivi di montaggio che non mi sono ancora chiari, la scena si sposta di nuovo ai Romeo e Giulietta made in china dove il nostro eroe - con lo sguardo più vuoto di sempre - tenta di ammazzare la sua ex promessa sposa a colpi di machete.
Action Man 2.0 è sì un grande atleta ma ahimè non sa contare: infatti questa scena è chiaramente girata per farci notare come sia arrivato in casa Kong sostenendo la tesi di " una vita per una vita" che presuppone UN morto e invece stia macellando gli uomini raggiungendo velocemente quota 30 morti. 31 con la ex fidanzata. E a breve 32.
Troppe emozioni.
E la serie lo sa.
Perciò decide di riportare la calma inserendo la presentazione agghiacciante di un altro personaggio in pieno desabillè: Moby Dick. Con tutte le persone che ci sono in questa serie hanno ignudato l'ingnudabile. Almeno in Lost tomb spogliavano Yang Yang.
Dalle sue parole capiamo che lui è un altro capo di un' altra famiglia e che c'è lui dietro la faida tra i Wuzong e i Kong.
Dopo esserci lavati gli occhi con l'acido muriatico, torniamo nel vivo dell'azione con Action Man 2.0 che fa letteralmente VOLARE per aria la sua ex fidanzata e si accinge a darle sto benedetto colpo finale e chiudere per sempre questa vicenda.
Purtroppo - o per fortuna non saprei - il Capo Kong torna a casa giusto in tempo per salvarla, iniziando un altro - l'ennesimo - combattimento con Action Man 2.0 e rollando in alto come uno spiedino, dimostra la sua superiorità atletica... mazzolando il giovane Wuzong come un sacco da boxe.
Action Man 2.0 è bravo. Ma Capo Kong è PIù BRAVO.
Siccome la vendetta non sta andando esattamente secondo i piani, Action Man 2.0 tira fuori la pistola e lo ammazza.
Fine.
Ho riso. Molto.
Tralasciando il fatto che... se avevi la pistola perché cazzo non l'hai usata prima?! e poi...io ero convinta che tutta sta vendetta fosse una cosa d'onore. "una vita per una vita" ecc ecc. Ma così. Dal nulla. Dopo tutto sto bordello!
Non facciamo in tempo a rimanere perplessi da cotanta freddezza che anche Action Man 2.0 viene sparato.
Barbie Comunione 2.0 con un espressione da cartonato, vendica la morte del fratello, sparacchiando al lead e dicendoci che lei la Giulietta della situazione non la farà.
Probabilmente si è rotta il cazzo pure lei.
La situazione è brutta ma può ancora peggiorare. L'arrivo di Moby Dick, oltre a farci venire a tutti conati di vomito, rivela a noi spettatori che tutto questo bordello è sì nato da lui ma che il suo scopo primario è sempre stato sposare Barbie Comunione 2.0. Bro, al mercato ne trovi mille di cartonati più espressivi di lei.
Offre quindi i suoi servigi alla Nostra Signora dei Centrini che ormai è in modalità serial killer: non gli basta avergli sparato all'ex promesso sposo.
C'è una bara con sopra il suo nome che lo attende.
Action Man 2.0 che era arrivato a casa Kong tutto spavaldo come un Dio vendicatore... si ritira miseramente come i topi tentando la fuga.
E non posso fare a meno di notare la sua incredibile resistenza: ha combattuto e ucciso 30 persone in venti minuti. Le ha prese malamente dal Capo Kong. e da altri uomini. Ha un proiettile conficcato in corpo. E nonostante questo... scappa, ricombatte contro altra gente, guida con agilità...
... e evita le asce.
Perché sì, gli uomini di Moby Dick cercano di accopparlo lasciandogli malamente delle asce. Questo drama ha delle armi veramente strane. Ma una pistola, no?!
La sua fuga però finisce quando Action Man 2.0 si ritrova davanti ad un burrone e non può più scappare. I classici burroni dove finiscono tutte le strade dei drama quando stai a fa' un inseguimento.
Catturato dai nemici, Moby Dick e Barbie Comunione 2.0, progettano la sua morte, tirando fuori dal NULLA... UNA CAZZO DI ANCORA.
Da uno sfondo bianco tipo nebbia in Val Padana, gli uomini dei due, cicciano fuori un catena da chissà quante tonnellate e un' ancora per transatlantici. ripeto...ma una pistola?! ma una coltellata e gettarlo in acqua e pace?! da dove cazzo l'avete presa l'ancora e la catena? la tenete in macchina per ogni evenienza?!
Action Man 2.0, con un' espressione quasi annoiata, si ritrova legato come un salame e gettato giù nelle fredde acque del mare/oceano/lago/fiume/ ruscello?!
Con la presumibile morte di Action Man 2.0 si ritorna nell'Universo Yuan e qui rimpiangi le ancore per transatlantici dell'altro Universo: almeno lì le cose avevano un senso.
Voldemort/Signora del Tempo/sacerdotessa ribadisce l'esistenza dei due universi paralleli aggiungendo che in entrambi Barbie Comunione rischia di morire. Non so in questo universo ma nell'altro la donzella ha pienamente dimostrato di sapersela cavare benissimo da sola. Action Man 2.0 ha un proiettile con il suo nome conficcato nel torace.
Ma aggiunge che se il lead riuscirà a distruggere tutte le problematiche della vita di Barbie Comunione 2.0 allora la sua amata sarà salva. La salvezza per osmosi.
Per farlo sarà sufficiente andare nell'Universo Yi superando il confine - chiederanno i documenti? - e cercare la donna con un segno rosso alla caviglia. La stessa donna che Action Man ha sognato ma di cui noi non ne sappiamo assolutamente nulla.
La sacerdotessa ricorda poi al ragazzo che la missione è pericolosa e rischia la vita... ma per amore Action Man è disposto anche a morire. La donna gli rivela però che la morte non è la cosa peggiore che possa accadere ma lo è... e non finisce la frase ma guarda in basso, dove si intravede un orologio. è una metafora per il tempo che passa?
Preso atto della sua missione, Action Man si dirige verso la scogliera e attendendo un momento preciso, chiude gli occhi e si butta di sotto.
Mi piace pensare che si sia buttato nello stesso momento in cui la sua copia dell'universo Yi sia stato mandato da Moby Dick e Barbie Comunione a far compagnia ai pesci.
Si risveglia direttamente sopra la scogliera - non in acqua come sarebbe logico - e aprendo il suo orologio da taschino nota che l'Universo Yi è un'ora indietro.
No seriamente, la lancetta dell'orologio torna indietro di un'ora. Ma non vorrei scomodare lo spazio/tempo e le teorie degli universi paralleli per risolvere questo mistero.
Non so...probabilmente la sua missione è a tempo?
Bene.
Abbiamo la missione.
Abbiamo l'eroe.
Abbiamo la donzella " in difficoltà".
Abbiamo una tizia con un segno rosso alla caviglia da cercare.
Si può partire.
La prima puntata si chiude con Action Man in posa radicamento albero che si staglia all'orizzonte, pronto ad entrare in azione e salvare la sua amata da qualsiasi pericolo solo la sfiori.
@lisia81 è o non è un mezzo capolavoro?!
4 notes
·
View notes
Text
Il primo incontro di Basil e Jennifer
Basil racconta- Era il primo giorno di primavera un sabato se non erro, ero andato da solo al parco, ma ad un tratto, sentii uno strano suono. Mi misi a correre, volevo sapere chi era a farlo, ma ahimè caddi in una buca profonda. Per fortuna non mi feci nulla, ma ero solo e spaventato. Iniziavo a perdere le speranze, ma tutto d'un tratto...
JENNIFER- Ehi là? C'è qualcuno la giù?
BASIL- Sì, ti prego aiutami.
JENNIFER- Aspetta, guardo se riesco a trovare qualcosa per tirarti fuori. Ecco afferra questo bastoncino...l'hai preso?
BASIL- Sì!
JENNIFER- Perfetto. Ora cerca di arrampicarti.
BASIL- Sono quasi arrivato.
JENNIFER- Non riesco più a tenerla. Afferra la mia mano.
Basil dà la mano a Jennifer e riesce a salvarsi
JENNIFER- Ti sei fatto male?
BASIL- No, sto bene. Grazie, per avermi salvato.
JENNIFER- Oh figurati. Si può sapere come ci sei finito in quella buca?
BASIL- Ho sentito uno strano suono e volevo scoprire da dove proveniva e allora ho corso e il resto lo sai, ma forse me lo sono sognato.
JENNIFER- Ma anch'io l'ho sentito.
BASIL- Davvero?!
JENNIFER- Sì! Che ne dici se lo cercassimo insieme?
BASIL- Chi? Noi due?
JENNIFER- Certo. Su andiamo.
Jennifer prende la mano di Basil. Il misterioso suono li conduce davanti ad un cespuglio
BASIL- Dev'essere qui...dietro. Al mio 3 andiamo, 1-2-...3.
I due topini oltrepassano il cespuglio e...vedono un cagnolino
BASIL e JENNIFER- Ma è un cucciolo.
BASIL- Di razza basset hound. Dev'essersi smarrito.
JENNIFER- Oh poverino. (Si avvicina al cucciolo) Ciao piccolino. Non devi aver paura, siamo qui per aiutarti. Non è così?
BASIL-Sì certo, ma prima di tutto analizziamo bene la situazione. Questo cucciolo porta un collare quindi appartiene dicerto a qualcuno. Non si è smarrito da molto, sta mattina pioveva molto e il suo pelo è troppo asciutto e pulito.
JENNIFER- (Accarezza il pelo del cane) Sì è vero, il suo pelo è bello asciutto e morbido. Secondo me questo cucciolo è venuto qui da solo.
BASIL- Cosa te lo fa pensare?
JENNIFER- È troppo piccolo per portarlo a passeggio ed è anche rischioso se incontra dei cani adulti. Io ipotizzo che sia scappato o da una casa o forse (si guarda attorno)...ma certo, il negozio di animali è qui vicino al parco. Qualcosa lo deve aver spaventato e istintivamente ha cercato un luogo tranquillo dove rifugiarsi.
BASIL- (Stupito) Sì...credo che tu abbia perfettamente ragione. La domanda è cosa l'ha spaventato?
Basil guarda attentamente il cucciolo e...
BASIL- A-ah, ma certo.
JENNIFER- Cosa?
BASIL- Guarda il suo collare. Non noti niente?
JENNIFER- Il cinturino del collare non è infilato nel fodero.
BASIL-Esattamente. Ora ti dico com'è andata secondo me. Un cliente è entrato nel negozio di animali e ha scelto questo cucciolo e il negoziante stava per mettergli il collare, ma il negoziante non riusciva a metterglielo perché non stava fermo, e come hai detto tu il cagnolino spaventato è scappato ed è corso fin qui.
JENNIFER- Sì, non può che essere andata così.
BASIL- Per fortuna ha il collare con la piastrina quindi possiamo rintracciare il suo proprietario e sapremo anche il suo nome.
JENNIFER- Giusto e appena lo sappiamo lo accompagniamo a casa.
BASIL- (Si avvicina al cucciolo che inizia ad annusarlo) È più facile dirlo che farlo.
JENNIFER- Buono piccolino. Cerca di stare fermo. (Gli accarezza il muso dolcemente)
Basil finalmente riesce a leggere
BASIL-Si chiama Ugo.
JENNIFER- Ugo? Oh è un bellissimo nome.
BASIL-Il suo indirizzo è...ma tu guarda che fortuna. Vive sopra casa mia.
JENNIFER- Perché dove abita?
BASIL- Baker Street numero 219, il suo padrone è il mio vicino di casa.
JENNIFER-Conosco Baker Street è lì che c'è il miglior panificio.
BASIL- Già.
JENNIFER-Hai sentito Ugo, si va a casa.
Ugo abbaglia felice
JENNIFER-Ma...come facciamo...non è addestrato.
BASIL-Tsk tsk, si dia il caso che io ho la soluzione proprio in tasca. Ugo essendo un basset hound è un cane da caccia quindi ha un eccellente fiuto e sarà proprio quello a guidarlo. Con questo (estrae un panino) panino che proviene dal panificio di Baker Street, basterà che Ugo lo annusi e...ah
Ugo mangia il panino
BASIL-Addio merenda. (Severo) Ma bravo, l'unica pista che avevi l'hai fatta sparire.
JENNIFER- Oh povero Ugo (lo accarezza dolcemente) sei affamato vero?
BASIL-(Offeso) Povero Ugo?! Questa è bella, mi dici come facciamo adesso?
JENNIFER- Non c'è bisogno di disperarsi. Guarda cos'ho nella tasca.
Basil guarda e vede un panino
JENNIFER-Ugo, guarda cos'ho qui.
Ugo inizia a scodinzolare
JENNIFER-Ah- Ah prima di mangiarlo devi annusarlo e devi seguire la pista e quando arriveremo a destinazione potrai mangiarlo. Intesi? (lo fissa negli occhi seria).
Ugo-Wof.
JENNIFER-Bravo. Ora tocca a te (consegna a Basil il panino).
BASIL-Bene, Ugo voglio che tu annusi questo panino (Ugo annusa il panino).
Hai sentito il suo profumo?
Ugo annuisce
BASIL- Bravo. Ci puoi dare un passaggio?
Ugo si abbassa e i topini salgono sopra
BASIL-Grazie.
JENNIFER-Grazie Ugo.
BASIL-Bene, Ugo andiamo!
Ugo conduce i topini proprio davanti al panificio di Baker Street
BASIL-Ce l'ha fatta. Bravissimo Ugo.
JENNIFER- Sapevo che ci saresti riuscito. Ecco il panino, te lo sei meritato.
Ugo mangia il panino e i topini scendono
BASIL- Seguici Ugo, la tua casa è quella lì.
Entrano nella casa attraverso lo sportellino dove entrano di solito i cani e i gatti
JENNIFER-Guarda com'è felice.
BASIL- Già. Certo che un cane così sarebbe bello addestrarlo.
JENNIFER-Sì dopotutto si è affezionato a noi. Tu che ne pensi Ugo?
Ugo- Wof.
JENNIFER-Credo che sia un sì.
BASIL-Lo penso anch'io.
JENNIFER- Noi tre siamo una bella squadra.
BASIL-Sì è vero.
JENNIFER- (Vede Ugo nella cesta) Oh guardalo...com'è carino.
BASIL-Sta arrivando qualcuno, presto nascondiamoci.
Jennifer piccola- Ciao Ugo.
Basil piccolo-Domani veniamo a trovarti.
Voce umana di un signore- Mi dispiace figliolo, abbiamo fatto il possibile e poi ci sono altri cuccioli in quel negozio di animali puoi sceglierne un altro.
Voce umana di un ragazzino- (Amareggiato) No, lui era perfetto è stato lui a scegliermi, tutta colpa di quello collare e adesso il mio Ugo sarà tutto solo.
Ugo- Wof, Wof.
Ragazzino- Ugo? (Vede il cagnolino corrergli incontro) Ugo!
Il ragazzino lo abbraccia in lacrime e Ugo gli fa le feste
Ragazzino- Oh Ugo, sei tornato da me. Ti prometto che non ti perderò più. Papà, hai visto è tornato.
Padre- Incredibile.
Ragazzino- Mamma, mamma Ugo è tornato.
Voce umana di una signora- Sì e di sicuro sarà affamato gli preparo subito qualcosa.
I due topini guardano la scena felici e soddisfatti
BASIL-Missione compiuta.
JENNIFER-Il nostro Ugo finalmente ha ritrovato il suo padrone.
BASIL-Sì e poi è in buone mani, il piccolo Sherlock è un ragazzino buono, aveva bisogno di un amico. Andiamo.
Basil e Jennifer escono dalla casa
BASIL- Aiutare gli altri che soddisfazione.
JENNIFER-Sì, è una sensazione meravigliosa.
BASIL e JENNIFER-È come se fossi stato(a) un(a) detective.
Sì guardano stupiti
JENNIFER- Vuoi diventare un detective?
BASIL- Sì è il mio sogno.
JENNIFER-Anche il mio.
BASIL-Davvero?
JENNIFER-Sì, ma...(triste) non sarà facile realizzarlo, (seria) ma ce la metterò tutta.
BASIL-Beh...secondo me la stoffa ce l'hai.
JENNIFER- Dici davvero?
BASIL-Certo.
JENNIFER-Grazie.
Inizia a piovere
JENNIFER-Sarà meglio che corra a casa prima che il tempo peggiori.
BASIL- Se vuoi ti accompagno.
JENNIFER-Ma no, sei a un passo da casa.
BASIL-Tu mi hai salvato, è il minimo che possa fare, prendo l'ombrello e arrivo.
Basil accompagna Jennifer e arrivano davanti ad una villa
BASIL- (Stupito) Abiti in questa mega villa?
JENNIFER- Sì. Grazie per aver accompagnata, sei stato molto gentile.
BASIL- Di niente.
JENNIFER- Magari...possiamo trovarci al parco.
BASIL- Sì sarà il nostro punto d'incontro e poi andiamo da Ugo.
JENNIFER- Perfetto. Ehi aspetta come ti chiami?
BASIL- Basil.
JENNIFER- Io sono Jennifer, ma tu puoi chiamarmi Jenny. Siamo amici?
Jennifer allunga la mano e Basil gliela stringe
BASIL- Amici.
Basil racconta- E così nacque la nostra amicizia.
è una pagina del mio libro (Ugo è praticamente Toby,ma essendo italiana io uso i nomi che gli abbiamo dato noi)
7 notes
·
View notes
Text
"Cara Francesca,
spero che questa mia ti trovi bene.
Non so quando la riceverai. Quando io me ne sarò già andato.
Ho sessantacinque anni, ormai, e ne sono passati esattamente tredici dal nostro primo incontro, quando imboccai il vialetto di casa tua in cerca di indicazioni sulla strada.
Spero con tutto me stesso che questo pacchetto non sconvolga in alcun modo la tua vita. Il fatto è che non sopporto di pensare alle mie macchine fotografiche sullo scaffale riservato all’attrezzatura di seconda mano di un negozio o nelle mani di uno sconosciuto. Saranno in pessime condizioni quando le riceverai, ma non ho nessun altro a cui lasciarle e mi scuso del rischio che forse ti costringerò a correre mandandotele.
Dal 1965 al 1975 ho viaggiato quasi ininterrottamente. Nell’intento di allontanarmi almeno parzialmente dalla tentazione di telefonarti o di venire a cercarti, tentazione che da sveglio in pratica non mi lascia mai, ho accettato tutti gli incarichi oltreoceano che sono riuscito a procurarmi. Ci sono stati momenti, molti momenti, in cui mi sono detto: << All’inferno, vado a Winterset e, costi quel che costi, porto Francesca via con me>>.
Ma non ho dimenticato le tue parole, e rispetto i tuoi sentimenti. Forse avevi ragione, non lo so. So però che uscire dal viale di casa tua, in quella arroventata mattinata di agosto, è stata la prova più ardua che abbia mai affrontato e che mai avrò occasione di affrontare. Dubito, in effetti, che molti uomini ne abbiano vissute di più dure.
Ho lasciato il National Geographic, nel 1975 e da allora mi sono dedicato soprattutto a fotografare ciò che piaceva a me, prendendo il lavoro là dove potevo, servizi locali o regionali che non mi impegnavano mai più di pochi giorni.
Finanziariamente è stata dura, ma tiro avanti.
Come ho sempre fatto.
Buona parte del mio lavoro lo svolgo nella zona di Puget Sound. Mi va bene così. Pare che invecchiando gli uomini si rivolgano sempre più spesso all’acqua.
Ah, sì, adesso ho un cane, un golden retriever.
L’ho chiamato Highway, e lo porto quasi sempre con me, quando siamo in viaggio, se ne sta con la testa fuori dal finestrino, in cerca di posti interessanti da fotografare.
Nel 1972 sono caduto da una rupe nell’Acadia National Park, nel Maine, e mi sono fratturato una caviglia.
Nella caduta ho perso la catena e la medaglia, ma fortunatamente non erano finite lontano. Le ho recuperate e un gioielliere ha provveduto ad aggiustare la catena.
Vivo con il cuore impolverato, Meglio di così non saprei metterla. C’erano state delle donne prima di te, qualcuna, ma nessuna dopo. Non mi sono votato deliberatamente alla castità: è solo che non provo alcun interesse.
Una volta ho avuto modo di osservare il comportamento di un’oca canadese la cui compagna era stata uccisa dai cacciatori. Si uniscono per la vita, sai. Dopo l’episodio, ha continuato ad aggirarsi intorno allo stagno per qualche giorno. L’ultima volta che l’ho vista, nuotava tutta sola tra il riso selvatico, ancora alla ricerca. Immagino che da un punto di vista letterario la mia analogia sia troppo scontata, ma è più o meno così che mi sento anch’io.
Con la fantasia, nelle mattine caliginose o nei pomeriggi in cui il sole riflette sull’acqua a nord-ovest, cerco di immaginare dove sei e che cosa stai facendo.
Niente di complicato…ti vedo in giardino, seduta sulla veranda, in piedi davanti al lavello della cucina. Cose così.
Ricordo tutti. Il tuo profumo e il tuo sapore, che erano come l’estate stessa. La tua pelle contro la mia, e il suono dei tuoi bisbigli mentre ti amavo.
Robert Penn Warren scrisse: << Un mondo che sembra abbandonato da Dio >>. Non male, molto vicino a quello che provo per te certe volte. Ma non posso vivere sempre così. Quando la tensione diventa eccessiva, carico Harry e, in compagnia di Highway, ritorno sulla strada per qualche giorno.
Commiserarmi non mi piace. Non è nella mia natura. E in genere non me la passo poi tanto male.
Al contrario, sono felice di averti almeno incontrata.
Avremmo potuto sfiorarci come due frammenti di polvere cosmica, senza sapere mai nella l’uno dell’altra.
Dio o l’universo o qualunque altro nome si scelga di dare ai grandi sistemi di ordini ed equilibri, non riconosce il tempo terrestre. Per l’universo, quattro giorni non sono diversi da quattro miliardi di anni luce. Per quanto mi riguarda, cerco di tenerlo sempre a mente.
Ma, dopo tutto, sono un uomo.
E tutte le considerazioni filosofiche non bastano a impedirmi di desiderarti, ogni giorno, ogni momento, con la testa piena dello spietato gemito del tempo, del tempo che non potrò mai vivere con te.
Ti amo, di un amore profondo e totale. E così sarà sempre."
L’ultimo cowboy,
Robert.
“I ponti di Madison County”, R.J.Waller
10 notes
·
View notes
Text
E mi chiedo se anche tu come me mi pensi.
E mi chiedo se guardando ogni tramonto ti viene in mente il fatto che io ti abbia dedicato ognuno di essi.
E mi chiedo se ti colpisce dentro quel vuoto e quel senso di solitudine quando alla mattina appena sveglia non c'è il mio buongiorno o la notte prima di andare a dormire non c'è la mia buonanotte.
E mi chiedo se durante la giornata mi trovi nelle piccole cose , in quelle che sarebbero piaciute a me, in quelle che sarebbero piaciuto a noi.
E mi chiedo se hai ancora le nostre foto sulla tua scrivania , perché anche se io mi sono sbarazzata delle tue foto , conservo ancora la nostra nel mio portafoglio e le altre come un ricordo di immenso valore.
E mi chiedo se anche a te manco tanto quanto tu manchi a me, se senti nel cuore quel posto vuoto che nessun altra persona può colmare.
Mi chiedo tante di quelle cose che non immagini nemmeno , ma non riesco mai a trovare una risposta che non sia " sta meglio senza di me ".
Ho la tua chat archiviata e il tuo profilo di insta silenziato ma non ha senso perché controllo quella chat ogni singolo momento della giornata , e controllo il tuo profilo solo per vederti.
E spero sempre di incontrarti ma so che se ti avessi avanti potrei anche morire.
E nonostante questo io continuo ad amarti , forse più di prima e quindi mi ci metto con molta calma e penso che forse è giusto che le cose vadano cosi come devono andare.
La tua assenza mi toglie il sonno, la fame, la voglia di fare qualsiasi cosa ma la tua presenza mi uccide, il non averti nel modo in cui voglio io mi uccide dentro.
E quindi alla fine di tutta questa situazione penso solo che il tempo possa curare tutte le ferite che ci siamo fatte l'un l'altra.
Spero un giorno tu possa perdonarmi per tutto quello che ho sbagliato con te e altrettanto spero di poterlo fare io con te. Perché si , ci siamo fatte male a vicenda .. ognuno con i suoi errori e con i suoi sbagli.
Ti starò lontana ma sarò dietro le quinte per seguire ogni tuo traguardo, voglio vederti brillare.
Doveva andare cosi , la tua mancanza la sentirò per il resto della mia vita perché sei stata il capitolo più bello , più brutto , più impegnativo, più felice, più libero , più sicuro , più tutto della mia vita. Ti ho tatuata nel cuore e anche sulla pelle, non hai via di scampo.
Adesso capisco il senso della frase " se ami qualcosa lo lasci andare" ed io avrei dovuto farlo molto prima, lasciarti andare prima perché io ti amo oltre ogni limite e l'unica cosa che ho sempre voluto era farti sentire amata nel modo più sincero e giusto che ci sia. Ho sbagliato molte cose e forse l'errore più grande che ho commesso è stato pensare che l'amore enorme che provo per te avrebbe fatto nascere la stessa cosa nei miei confronti. Ho pensato che amare per due potesse bastare, senza sapere che quell'amore enorme avrebbe consumato me.
Voglio chiudere questo capitolo delle mia vita perché ho bisogno di dimenticarti, di andare avanti e di trovare un modo per resistere.
Ti auguro il meglio dalla vita perché te lo meriti. E ti auguro di riconoscere sempre il valore che hai , l'immensità del tuo cuore.
Ti auguro di trovare quella pace che da tanto tempo cerchi.
Ti auguro di trovare una persona da chiamare " casa " perché io non posso più esserlo , ho fallito anche in questo e mi dispiace.
Ti auguro di rialzarti sempre e di non mollare mai ,perché tu puoi tutto.
Ti auguro di trovare una persona che ti ami nel modo giusto, nel modo in cui meriti.
Spero tu non ti dimentica mai di me, di noi, di quello che siamo state, che saremmo potute essere e che non saremmo mai.
Spero che nonostante l'ultima conversazione tu possa non odiarmi e conservarmi quel posto speciale nel tuo cuore.
Spero tu abbia il coraggio di intraprendere la strada che nel tuo cuore già sai qual'è.
Spero tu possa viaggiare il mondo e fare quel viaggio che tanto desideri , fare quelle esperienze che ti cambiano la vita.
Ti auguro il meglio anche se quel meglio non sarò mai io.
Ti ho amato e ti amo con tutte le forze possibili , e continuerò a farlo e per questo quando ti sentirai non amata ricordati che qui c'è una personcina che lo farà per sempre contro ogni distanza e circostanza.
Vorrei che ti amassi tanto quanto lo faccio io e spero che la persona che hai al tuo fianco possa renderti felice , tranquilla e serena.
Ciao amore mio, sii felice e sii libera.
11 notes
·
View notes
Text
*Will raggiunge il Parco Rosewater, incontra una donna di nome Kelly, che assomiglia un pò a sua moglie Sarah, ma vestita in modo provocante e dotata di un carattere più aperto. Durante i loro spostamenti, sembra conoscere alcune cose che solo il protagonista e sua moglie potevano sapere, e si comporta in maniera molto seducente verso Will. Kelly accompagna l'eroe e lo aiuta a raggiungere un altro dei loro posti speciali, l'Hotel Lakeview. Will entra nel Pete's Bowl-O-Rama dove incontra Walter mentre parla con la bambina, che fugge appena vede Kelly. Dopo Walter rivela che il nome della bimba è Laura. Fuori Kelly dice a Will di aver visto Laura e cominciano a inseguirla. Arrivano così all'Ospedale Brookhaven, dove Kelly si sente male e si mette a riposare in una delle stanze dell'ospedale.
Will incontra Angela, svela il motivo della presenza di Angela e Walter a Silent Hill. Un articolo di giornale narra che Angela ha ucciso il padre, che abusava di lei con il consenso della madre.
Walter invece è stato preso in giro per anni dai suoi compagni per via del suo carattere. Ha ucciso il cane di un giocatore di football e poi ha sparato nella gamba al padrone. Appare chiaro che, al suo arrivo a Silent Hill, è impazzito vedendo che tutti si prendevano gioco di lui, e ha deciso di uccidere chiunque avesse incontrato. Inizialmente cerca di spiegare a Will perché abbia ucciso tutte quelle persone, ma poi si rivolta anche contro di lui, ma viene ucciso. Will prova vergogna ad aver ucciso Walter, e dopo ciò, Walter inizia a farsi domande sugli eventi che lo hanno portato in quella città e poi ad un tratto Sarah sparisce a causa di Lucyfer Morningstar e Will preoccupandosi per sua moglie trova una lettera:
"Nei miei sogni agitati,
vedo quella città.
Silent Hill.
Mi avevi promesso che un giorno
mi avresti riportato lì.
Ma non l'hai mai fatto.
Beh, ora sono lì da sola…
Nel nostro 'posto speciale
E ti aspetto…
Aspetto che tu
mi venga a trovare.
Ma non vieni mai.
E così aspetto, avvolta nel mio
bozzolo di dolore e solitudine.
So di aver commesso una cosa
terribile. Una cosa che
non mi perdonerai mai.
Vorrei poter cambiare
le cose, ma non posso.
Mi sento così patetica e brutta
mentre sono stesa qui, ad aspettarti...
Ogni giorno fisso le crepe
nel soffitto e tutto ciò a cui penso
è quanto sia ingiusto tutto ciò...
Oggi è venuto il medico.
Mi ha detto che posso tornare
a casa per un breve periodo.
Non è che sto migliorando.
E' che forse questa potrebbe
essere la mia ultima possibilità...
Sai cosa intendo...
Nonostante ciò, sono felice di tornare
a casa. Mi sei mancato tantissimo.
Ma ho paura, Will.
Ho paura che tu in realtà
non voglia che torni a casa.
Ogni volta che vieni a trovarmi,
So quanto è difficile per te...
Non so se tu mi
odi o ti faccio pena...
O forse ti disgusto solamente...
Questo mi dispiace.
Quando ho scoperto che
stavo per morire, non volevo
accettarlo in alcun modo.
Ero sempre arrabbiata e
me la prendevo con le persone che amavo di più.
Soprattutto con te, Will.
Ecco perché capisco
Se mi odi veramente.
Ma voglio che tu
sappia questo, Will.
Ti amerò per sempre.
Anche se la nostra vita insieme deve
finire in questo modo, non la cambierei
per nessuna cosa al mondo. Abbiamo
trascorso dei meravigliosi anni insieme.
Beh, questa lettera è durata
fin troppo, quindi ora ti saluto.
Ho detto all'infermiera di dartela
dopo che me ne sarò andata.
Ciò significa che quando la
leggerai, sarò già morta.
Non posso chiederti di ricordarmi,
ma non potrei sopportare che tu
ti dimenticassi di me.
Questi ultimi anni in cui
mi sono ammalata... Mi dispiace così tanto
per quello che ho fatto a te, che ho fatto a noi...
Mi hai dato così tanto e
io non sono stata capace di ricambiare
neanche una piccola cosa.
E' per questo che voglio che
tu continui a vivere la tua vita adesso.
Fa quello che è meglio per te, Will
Will...
Mi hai resa felice."
3 notes
·
View notes
Text
Un tentativo fallito
Søren rimpianse Regine per tutta la vita, la osservava da lontano per cercare di capire se Regine provava ancora qualcosa per lui. Arrivò persino a scrivere al marito di lei una lettera chiedendo di poter parlare a Regine. Si ritiene che Johan, timoroso, la bruciò e non ne parlò con la donna. Di seguito la Lettera del 1849 a Regine, da Kierkegaard spedita, ma alla quale non ricevette mai risposta.
Allo stimatissimo signor X: la lettera acclusa è mia per la Vs. compagna di vita. Decidete Voi se consegnargliela o meno. Io non cerco, in modo alcuno, di potarVela via: intendo solo narrarle ciò che fummo, perché lei si senta libera di ricordare il bene, e il male, di quello che fu la nostra storia. Ho l’onore di professarmi Vostro devotissimo S.A.K
Mia Regine, il cuore, è come una casa subacquea ove vi sono molte stanze: giù nel fondo, poi, vi sono camere piccole, ma accoglienti, dove si può stare tranquillamente seduti, mentre fuori il mare tempestoso; in alcune di esse possiamo udire in lontananza il rumore del mondo (non angosciosamente assordante, ma sempre più fievole e quieto… sai perché? Perché gli abitanti di queste stanze sono coloro che s’amano). Ma da lungo tempo oramai, cara amica, non abiti più queste segrete magioni: io e te siamo separati, lontani nello spazio infinito del tempo, nella piccola circoscrizione dello spazio: non è poi così immensa Copenaghen! Ti scrivo ora, perché finalmente voglio che ti sia chiaro perché la nostra storia è finita. Da quando ti conobbi, ho sempre cercato di vivere artisticamente: volli farmi simile a te, cercando di ritrovare una sensibilità prontissima a cogliere ogni cosa fosse interessante nella tua vita: avevi il dono, cara amica, di saper presentare come arte (non la chiamerò poesia, perché tu con le parole non eri brava come con i suoni e con le immagini: eri erotica in ogni tuo gesto, come solo una ragazza della tua età può essere) qualsiasi cosa tu vivessi: era questo che mi aveva fatto innamorare di te, era questo che mi allontanava terribilmente da te. La tua arte, amica mia era il ‘di più’ che solo tu potevi donarmi, perché tutta la tua esistenza (bisogna dirlo!) era impostata sul godimento artistico: e un po’ di quel piacere eri riuscita a passarlo a me… il punto è che io non potevo vivere così in eterno, perché io non sono così, e pur di piacere a te, violentavo me stesso. Dolce tortura, ma pur sempre tortura! Da quando ti ho conosciuta, ho cercato per settimane, ovunque, la tua figura: sapevo che, attorno a te, girava un uomo di grande valore, e io di lui avevo paura perché egli ti era vicino, come uno spettro in una città morta: cosa avesse lui più di me, l’arguzia, l’aspetto… io non l’ho mai capito. Eppure, piccola Regine, ho avuto la fortuna di conquistarti, perché l’amore che io potevo offrirti (e lo sai) era perfetto e totale; il suo, era solo desiderio (anche tu lo desideravi? Immagino di sì, perché è difficile convivere col desiderio!) mentre la mia, era devozione. Forse tu non eri pronta a cotanto sentimento? La storia parlerà per noi. Regine… non ti chiamo ‘mia’ perché non lo sei mai stata (e io ho pagato duramente la felicità che l’idea di possederti mi dava un tempo)… e tuttavia, come posso non dire ‘mia’, dato che tu fosti per me ‘mia’ seduttrice, ‘mia’ assassina, origine della ‘mia’ sventura, ‘mia’ tomba… già. Ti chiamo ‘mia’, e parlando di me, mi chiamo ‘tuo’; tuo tormento vorrei essere, ricordarti con la mia oscura presenza, quello che fummo assieme come in un eterno incubo di morte… ma perché perseguitarti, quando – se mai in vita fui felice, fu quando tu m’ingannavi? Ma davvero poi il tuo corpo poteva così manifestamente mentire? E la tua mente, il luccichio dei tuoi occhi, erano davvero falsi come io ora credo? Regine mia, non c’è proprio nessuna speranza, davvero nessuna? Il tuo amore non si ridesterà mai più? Io lo so che, nonostante tutto e tutti, tu mi hai amato, benché non sappia dire donde mi venga questa certezza. Sono pronto ad aspettare a lungo; aspetterò, aspetterò fino a che non sarai sazia degli altri uomini, e quando il tuo amore per me risorgerà dalla tomba: allora, e solo allora, riuscirò ad amarti come sempre, e ti renderò grazie come un tempo, Regine, quando, poggiato al tuo seno, ascoltavo il dolce e regolare moto del tuo respiro, e ti ringraziavo per esser con me. Non potrai essere così crudele e spietata verso di me in eterno, mia Regine: giungerà il giorno del tuo perdono o del tuo ravvedimento… non ricordo neppure chi dei due distrusse la nostra storia. No Regine, chi abbia lasciato chi ora non conta.
Sei stata crudele con me, al pari di come io lo fu con te, è vero. In realtà, tu non lo sai, io ho taciuto il mio dolore e le poche cattiverie dette su di te non hanno che la consistenza dell’aria: solo Dio sa cosa ho sofferto (e voglia il Signore che nemmeno ora io te le racconti)! Mia Regine io ti devo molto… e ora che non sei più mia, ti offro una seconda volta ciò che posso e oso e conviene che ti offra: me stesso Sì, ti dono questo cuore che già in passato fu tuo, e lo faccio per iscritto, per non stupirti e non sconvolgerti. Forse la mia personalità ha fatto su di te un’impressione troppo forte, in passato: ciò non deve accadere una seconda volta, e se tu dovessi accettare la mia mano tesa, dovrebbe essere per vero amore, non per impressione. Mia Regine, prima di dirmi di no!, ti prego, rifletti seriamente (per amore di Dio nei cieli) se puoi, o meno, parlarne con me con serenità, e in tal caso se preferisci farlo per lettera o direttamente a voce. Se invece tu, dopo accurata riflessione, decidessi comunque di non darmi più alcuna risposta, se la tua risposta al mio amore fosse ‘no’, ricorda almeno – per amor del cielo – che per te, e solo per te, ho fatto, e rifarei mill’altre volte, questo passo.
In ogni caso resto, quale sono stato dall’inizio fino a questo momento, sinceramente il tuo devotissimo S.A.K.
17 notes
·
View notes
Text
MAGP009 - Seguendo la sorte
[Episodio precedente] [Indice TMAGP]
[Il decrepito computer dell’O.I.A.R. si accende]
[Sam è seduto alla sua scrivania, canticchia a bassa voce]
[Rumore di una penna, sta compilando dei moduli]
[Passi che si avvicinano]
CELIA
Sera.
SAM
(distrattamente) Hey.
[Celia posa la sua borsa, si siede e accende il computer]
[Sam continua a compilare i suoi moduli]
CELIA
…Allora. Come sta procedendo il romanzo?
SAM
Hm, cosa? Oh – già, sì-
[Ridacchia imbarazzato]
[Gira un foglio e continua a scrivere]
SAM
Stavo continuando a compilare i moduli dell’assunzione. Sai com’è.
CELIA
Onestamente? Non mi è stato più dato nulla dal primo giorno.
SAM
È tutta colpa mia. Ho dato il consenso per un uno-a-uno con il dipartimento Risposta.
CELIA
Già… Alice aveva detto qualcosa in merito. E anche che ormai sono anni che non esiste più un dipartimento Risposta?
SAM
(continua a scrivere) Così mi hanno detto.
[Una pausa]
CELIA
Scusa, mi sono persa qualcosa? Perchè sennò tutto questo sembra piuttosto…
SAM
Inutile? Sì. Completamente.
CELIA
Mi hai persa.
SAM
Beh, mi rifiuto di dargli la soddisfazione di arrendermi.
CELIA
Non vuoi dare soddisfazione al sistema automatizzato di burocrazia?
SAM
Precisamente. E onestamente, a questo punto mi ha preso. È come se è fatto apposta per essere strano ed inutile, sai?
CELIA
In che senso?
SAM
Guarda.
[Si avvicina con la sedia]
CELIA
(Leggendo) “Prego elencare i vostri primi quattro ricordi negativi associati alla scuola o a un'istituzione educativa dell’infanzia equivalente, poi dare un punteggio ad ognuna su una scala da zero a sette, con zero come neutrale e sette come traumatico -” (ride) scusa, cosa?
SAM
Poi migliora.
CELIA
(gira la pagina) “Prego elencare ogni creatura morta vista negli ultimi tre mesi”… “Quante trasfusioni di sangue ha ricevuto negli ultimi dieci anni”… “Perché?” Perché cosa?
SAM
(Sorridendo) Solo “Perché”?
[Ridacchia]
CELIA
Beh, è… particolare.
SAM
Vero, no? E ancora meglio, so che nessuno lo leggerà mai.
CELIA
(Sorridendo) Mi fa piacere che ti stai divertendo.
SAM
A volte è bello avere una scusa per starsene seduti in silenzio per un po’ e pensare a delle cose.
CELIA
Cose tipo,“perché”?
SAM
Perchéééé. Vedi? Tu sì che capisci.
[La sedia torna al suo posto]
CELIA
Beh, sono felice che sei di buon umore, perché ho delle brutte notizie. Non riesco a trovare altro sull’Istituto Magnus e onestamente, a questo punto… sono a corto di idee.
SAM
Non è un problema. Davvero apprezzo che hai appoggiato la mia piccola crociata, ma forse ha ragione Alice. Forse dovrei lasciar stare.
CELIA
Mi dispiace.
SAM
Non ne vale la pena, no?
CELIA
(alzandosi) Davvero. Vuoi del pessimo caffè?
SAM
Nah, sono apposto. Tra l’altro, questi ragazzacci non si riempiranno da soli.
CELIA
(sorride) Non divertirti troppo mentre non ci sono.
[Celia esce e Sam ridacchia]
[Una lunga pausa durante la quale sentiamo solo la penna]
[Il computer fa ‘ping’]
CHESTER
Dichiarazione e Valutazione della Ricerca per il reperto CD137 –
SAM
(a bassa voce) Ma che cavolo?
CHESTER
Istituto Magnus – Manchester. Riservato e confidenziale.
Disponibilità come soggetto - nessuna Disponibilità come agente - bassa Disponibilità come catalista - media.
Si raccomanda il rinvio per una Valutazione dell’Applicabilità per l’Arricchimento come Catalista,
Segue la dichiarazione:
Sì, vedo che non li vuoi toccare. Ottima scelta. Ma i guanti non ti saranno di alcun aiuto se ti scivolano di mano e rotoleranno sul tavolo. Fossi in te li metterei in quella scatola facendo molta attenzione, perché lascia che te lo dica, quei piccolini portano davvero tanta sfortuna.
Quindi sì, vi racconto tutta la loro storia, come li ho ottenuti, tutte quelle stronzate e voi semplicemente… me li prendete, no? Li accettate.
Bene. Credo. Sono abbastanza sicuro che è così che funziona. Almeno, per me è così che è andata. Metteteli pure in un caveau se volete, seppelliteli, buttateli nell'oceano per quel che me ne importa. L’unica cosa importante è che adesso sono vostri.
È stato Gary a coinvolgermi in questa storia. Era uno di quei nerd sfegatati, e fin da quando andavamo a scuola insieme provava a convincermi a giocare ai suoi stupidi giochi. Voglio dire, Advanced Dungeons and Dragons era l’ultima novità, ma non ne ho mai visto il fascino. L’ho provato una volta per farlo stare zitto, ma praticamente te ne stai lì seduto a dire cose che non sono reali. Dov’è che sarebbe il gioco? E dopo la scuola io e Gary ci siamo allontanati. Non è una sorpresa, queste cose succedono, no?
Ma poi l’anno scorso, Carl mi lascia. Non è stata una gran cosa. Non è che intendessimo sposarci o altro e ci eravamo visti a malapena da quando lui si è trasferito a Doncaster, ma ha fatto comunque male, sai? Allora quando Gary dal nulla si mette in contatto con me, e mi supplica di unirmi al suo gruppo, penso e che cavolo, perché no? Gary non era così male - o almeno, così pensavo - e dio solo sa se mi serviva una distrazione. Un po’ di sano divertimento.
Quindi mi presento al suo appartamento e mi rendo conto che Gary se la stava passando davvero bene dai tempi della scuola. Ha questa bella casa a West Didsbury. Detto questo, mi invita a entrare, noto che sembra un po’ stanco. Indossa questo maglione a collo alto decisamente costoso ma ha delle borse sotto gli occhi, i suoi pantaloni sono strappati e cammina zoppicando.
Gli chiedo se sta bene e lui mormora qualcosa su uno scippo, quindi lascio perdere, ma mi rendo conto che una parte delle lampadine si sono fulminate, e c’è una perdita enorme sopra il suo immenso impianto stereo. Non dico niente però. Cioè, non è che il mio piccolo monolocale fosse meglio. Detto questo, mi accorgo di una macchia sbiadita su una parete che penso potrebbe essere sangue.
Non è ancora arrivato nessuno, siamo solo io e lui, e sono un po’ in imbarazzo. Poi lui inizia a parlare di questo gioco a cui a quanto pare stiamo per giocare e sento tutt’altro tipo d’imbarazzo, perché non ho idea di che cosa sta parlando. Poi mi dice che presume che non ho dei dadi con me, e gli dico di no - dovrò usare i suoi.
Questo fa comparire un sorriso sul suo volto. Adesso ovviamente so perché.
Mi aspettavo che mi desse una manciata di quei dadi di plastica scadenti con tutti i punteggi diversi, ma invece infila la mano in tasca e tira fuori un paio di dadi normali. Sei lati, bianco sporco, piccoli puntini neri, sai che aspetto hanno i dadi. Voglio dire, li stai guardando proprio adesso. Gli ho chiesto se ci servivano, sai, dei dadi strani, e lui scuote la testa, dicendo che per questo gioco servono solo “due D sei.” Me li porge, così li prendo. Dio, erano pesanti.
Era passato un po’ da quando mi ero seduto al tavolo da gioco, ma avevo usato abbastanza dadi per sapere che erano troppo pesanti… e c’era qualcos’altro. Da quel punto in poi, quei dadi appartengono a me. E ne sono consapevole.
Gary dopo non si scomoda ad aspettare. Sostiene immediatamente di aver ricevuto una chiamata da qualcun altro del gruppo. Non possono venire, la partita è stata cancellata, mi spiace che sei venuto fin qui, blah, blah, blah. E così mi ritrovo di nuovo fuori, ad aspettare un taxi che mi riporti a casa.
Devo proprio fare la cronaca di tutta la parte che viene dopo? Voglio dire, mi avete detto che state proprio cercando, com’è che era, “oggetti attivamente soprannaturali," no? Mi sa che se vi dico che vi sto dando un paio di dadi maledetti potete mettere insieme i pezzi per conto vostro.
Cioè, in poche parole, ho iniziato a lanciarli, e ho notato che fanno succedere delle cose. Esce un numero alto, succedono delle cose belle: offerte di lavoro, caffè gratis da baristi carini, rimborsi fiscali. Esce un numero basso, succedono cose brutte: si rompono cose tecnologiche, perdo soldi, mi ritrovo circondato da gente con la giornata storta. E quando esce un numero davvero basso… beh, avete visto le cicatrici.
La cosa è, però, che ancora non so davvero se mi hanno mai costretto a lanciarli. Voglio dire, l’ho fatto. Molte volte. E sapevo che probabilmente i rischi erano maggiori delle ricompense, ma non credo di averli mai sentiti tipo, “chiamarmi” o altro, sai? Mi è sempre sembrata una mia scelta. Anche se era una scelta di merda. D’altro canto nella mia vita non ho mai ottenuto niente di buono se non per puro caso, quindi perché questa volta sarebbe dovuta essere diversa?
Dopo un po’, però, mi sono accorto che… non era puramente casuale. Se fai diversi tiri alti, i prossimi probabilmente saranno bassi. E se hai fatto uscire tutta la sfortuna, allora dopo succederanno cose belle. Lo so, lo so, sembra superstizione, ma ti dico, ne ho tenuto nota, e so ho imparato abbastanza matematica per essere certo delle probabilità. Non è casuale, alla fine tutto va in pari. Quindi allora in quel momento inizio a pensare. E se la persona che lancia non è importante, fintanto che i tiri alla fine si bilanciano tra di loro?
Beh, hai capito dove voglio arrivare.
La cosa più strana è: nessuno ha mai detto di no. Uno sconosciuto ti si avvicina, ti passa un paio di dadi, e ti dice di lanciarli, tu gli dici di no, giusto? Ma l’hanno sempre fatto tutti. Certo, mi guardavano in modo strano, mi dicevano di togliermi dai piedi, mi trattavano come il tipo inquietante che senza dubbio ero, ma li lanciavano comunque. E certo, lo so che alla maggior parte delle persone piace lanciare i dadi, ma comunque mi fa sorgere il dubbio: quanto avevo controllo effettivamente…
Ho seminato anche della buona sorte oltre che quella cattiva. Dopo tutto, anche dopo aver fatto i conti, molte persone hanno fatto uscire numeri alti e poi arriva subito, così su due piedi, una lettera con delle belle notizie. Per questo li odiavo però. Quelli stupidi maledetti sorrisi mentre mi derubavano della mia buona fortuna.
Ma quando usciva un numero basso, quando potevi vedere la sfortuna abbattersi su di loro come un’ombra, o meglio ancora - quando usciva un numero davvero basso e potevi essere sicuro che il tiro dopo sarebbe stato uno buono. In quello c’era una gioia macabra, lo ammetto.
E il mio sistema funzionava. Non era perfetto, ogni tanto qua e là mi usciva un tiro brutto: un guasto alla macchina, un mancato pagamento, una volta ho addirittura sfondato una finestra di vetro. Ma per il resto avevo davvero dato una svolta alla mia vita, scaricando tutta la merda su qualcun altro per una buona volta. Chiaramente una cosa che quell’idiota di Gary non aveva mai pensato di provare.
E poi ha iniziato a cambiare e la sorte era… diversa. Non nel senso in cui era buona o cattiva, ma nel modo in cui era buona o cattiva. All’inizio si trattava di cose abbastanza normali, a volte addirittura prevedibili, ma gradualmente hanno iniziato a diventare più… non so, astratte. Come quando all’inizio stai avendo una giornata no o qualcosa del genere, e poi ti ritrovi di buon umore, e poi alla fine non riesci a capire che cosa è successo, sai solo che è successo qualcosa.
E mentre la mia fortuna continuava a migliorare sempre di più, ho iniziato a sentirmi sempre meno… connesso al mondo. Come se fossi un fantasma fortunato o qualcosa del genere, camminavo tra le persone normali ma non ero più uno di loro. Ero solamente questo personaggio che entrava nelle loro vite solo il tempo necessario per regalargli della fortuna o, più spesso, della sfortuna prima di andarmene.
Quella parte ha iniziato a piacermi più della fortuna. Lanciavo per me stesso sempre meno, concentrandomi più sull’essere uno… sconosciuto misterioso. Ho iniziato addirittura a vestirmi così: ho messo le mani su questo lungo giaccone scuro, un cappello largo, mi sono fatto crescere un pizzetto, e funziona.
Questo fino a circa una settimana fa. È stato allora che ho visto Gary, seduto in un coffee shop proprio nella strada del bell’appartamento dove vivo nella parte nord della città (grazie doppio-sei). E ha un aspetto normale. Non felice, non proprio, ma di sicuro non più il guscio infelice che era l’ultima volta che l’avevo visto.
E mi viene questa idea crudele. Quindi vado da lui, e lo saluto.
Avresti dovuto vedere la sua faccia. All’inizio la colpa, certo, ma poi si trasforma in confusione quando vede come sono vestito. Balbetta una qualche mezza scusa quando alzo una mano per interromperlo. Uso “la voce” e ringrazio così tanto il mio vecchio amico per il dono, e dico che lo voglio ripagare. In quel momento lui capisce cosa sta per accadere, anche prima che li tiro fuori e li poso tra di noi sul tavolo.
Non li vuole lanciare. Vorrebbe essere ovunque meno che seduto di fronte a me in quello squallido, piccolo bar. Ma li prende in mano comunque, e li lancia con tristezza.
Prima di allora non avevo mai visto uscire un due. Nemmeno una volta tra le migliaia di tiri a cui avevo assistito, e la seguente ricaduta sul futuro di qualcuno. Forse stavano aspettando un’occasione speciale, un onore per un custode indegno. O forse Gary è stato solo davvero, davvero sfortunato. In ogni caso, c’è stato questo momento di silenzio in cui entrambi abbiamo fissato il tavolo, e i dadi ci fissavano di rimando.
Quando il camion ha sfondato il muro, non è stata la griglia la prima a colpire Gary. Sono stati i mattoni che ha sbalzato dentro. Mezzo mattone gli ha colpito la mascella, stappandola dalla parte superiore della faccia e facendomi piovere addosso i suoi denti strappati. Un altro ha colpito la parte laterale della sua testa, facendogli collassare l’orbita dell’occhio e aprendogli il cranio, come un chicco d’uva maturo. Forse è stato quello ad ucciderlo. Lo spero. Perché non voglio immaginare come deve essere stato quando le ruote di quel mezzo gigantesco lo hanno travolto e gli hanno spappolato il corpo sul pavimento.
A quanto pare l’autista si è addormentato al volante. Il locale è devastato, ma - in qualche modo nessun altro è stato ferito, tranne Gary. È stato solo sfortunato, possiamo dire.
Sono uscito barcollando di lì prima che arrivasse la polizia e l’ambulanza, e ho vomito. Non so cosa mi aspettavo che sarebbe successo, quale - soddisfazione ho pensato che avrei potuto ricevere guardando Gary essere fregato dai dadi, ma quello… è stato troppo, non so se posso tenerli.
E questo ci porta qui. Adesso sono vostri, e non voglio vederli mai più. Non fraintendermi, è dura, ma… semplicemente non sono la persona giusta per portarli. Tra l’altro, ho visto come trattano le persone che li hanno dati via.
È un vero peccato, però.
Beh… forse solo un’ultima volta. In nome dei vecchi tempi.
[La trascrizione finisce a causa di un’interruzione. I paramedici hanno dichiarato morto in loco l’autore della dichiarazione.]
[L’audio cambia, passa al telefono]
[Qualcuno bussa alla porta]
LENA
Avanti, Gwen.
[Passi, Gwen entra]
LENA
Siediti.
[Pausa]
[Gwen si siede]
LENA
Ho qui il tuo primo incarico.
Devi fare visita a un uomo di nome “Nigel Dickerson” e consegnarli questa busta - (fruscio di carta) che contiene un nome e un indirizzo. Fai attenzione a ogni cosa che dice o fa in risposta, in particolare ai suoi livelli di stress e il suo stato emotivo, così come quelli di eventuali altri presenti.
[Pausa]
GWEN
Scusa, sono confusa.
LENA
C’era qualcosa di non chiaro nelle mie istruzioni?
GWEN
Nigel Dickerson. Ciò il Nigel Dickerson. Della TV?
LENA
Forse. Non guardo la televisione.
GWEN
Non puoi non conoscerlo! Era popolarissimo negli anni 90. Sabato sul Sei? Mr Bonzo? La Vasca degli Scherzi?
LENA
Sembra credibile, visto quello che so su di lui.
GWEN
E perché non mandargli un’email?
LENA
Perché negli anni ho scoperto che se non si usa un tocco personale in queste situazioni spesso accadono dei… fraintendimenti. Tra l’altro, ho pensato che sarebbe stato istruttivo per la nostra nuova Affari Esterni.
[Gwen espira, quasi ride]
GWEN
Serve davvero tutto questo… melodramma?
LENA
Posso assicurarti di sì. Consideralo un provino, se ti va! E cerca di mantenere la calma una volta lì.
[Gwen sospira]
GWEN
(Sarcastica) Cercherò di non farmi prendere troppo dall’agitazione di fronte alla star.
LENA
(sbrigativa) Molto bene.
[Telefono che si connette]
[Teddy si siede e passa un bicchiere]
ALICE
Salute, mia cara.
TEDDY
Salute.
[Bevono entrambi]
ALICE
Allora, che ci fai da queste parti, Teddybear?
TEDDY
Cioè, se vuoi posso andare.
ALICE
Certo. Solo lascia qui il portafoglio, okay?
TEDDY
Ah, siamo a caccia di uno scoperto non pagato, vedo?
[Alice ridacchia]
ALICE
Seriamente, però, sono sorpresa che sei libero durante una mattina infrasettimanale.
TEDDY
Sì, beh, diciamo solo che al momento dalle nove alle cinque sono libero come un uccello.
ALICE
Ah, merda, Teddy. Cosa è successo?
TEDDY
(sospira) Ero di troppo. Avevano iniziato a pianificare una riduzione dello staff il giorno prima che mi facessero il colloquio, ed è venuto fuori che il loro dipartimento assunzioni non aveva ricevuto la notifica.
[Alice fa un suono sorpreso]
L’ultimo arrivato è il primo a uscire. Sai com’è.
ALICE
Che bastardi! Ti meriti di meglio.
TEDDY
(alzando le spalle) Sì, beh, quando mai qualcuno riceve mai quello che si merita, eh?
ALICE
Durante la Rivoluzione Francese? Ci sono state delle giuste punizioni lì, no?
TEDDY
(Divertito) Sì, sì.
[Beve un sorso]
Allora! Come vanno le cose nella cripta?
ALICE
(Esitante) Voglio dire, uh… Lena ha appena assunto un paio di, um…
TEDDY
(Ridendo) Mi hai sentito chiedere un lavoro? Ne sono appena uscito, ho intenzione di starmene lontano da quel circo degli orrori.
ALICE
(Sollevata) Mi sembra giusto!
[Beve un sorso anche lei]
Va tutto bene. Hai conosciuto Sam, ovviamente, poi in più si è unita Celia, quindi il personale è pronto per un cambiamento! Il che è… buono.
TEDDY
Buono?
ALICE
…Sì?
TEDDY
Alice, ti conosco da quanto? Quattro anni? Non credo di averti mai sentito descrivere qualcosa come “buono.” “Da paura” forse, “disgustosamente figo” certo! Hai addirittura usato “tubolare” seriamente qualche volta. Ma “buono”? Mai.
ALICE
(per niente convincente) Okay, uno, ero suuuuper ironica -
TEDDY
Sììììì, certo.
ALICE
E due, è davvero “buono”. Siamo più o meno in pari con i casi e Sam e Celia vanno d’accordo alla grande -
TEDDY
Ahhh. Ecco cos’è.
ALICE
Cosa?
TEDDY
Cosa?
[L’indifferenza di Alice si può sentire]
TEDDY
Sto solo dicendo, lo capirei se l’ufficio ti sembrasse - sovraffollato.
ALICE
(Sarcastica) Oh mi conosci, sai quanto amo trasformare il lavoro in un campo minato di tensione interpersonale.
TEDDY
(ridacchia) Voi due siete stati insieme per anni. Sarebbe comprensibile.
ALICE
Sai Teddy, la gente affoga di continuo nel Tamigi. (Teddy ridacchia) Ho visto i dati. Davvero, sembrerebbe un incidente.
[Un bip dal telefono di Teddy]
TEDDY
Oh, trattieni per un attimo quella minaccia. A quanto pare ho un colloquio qui vicino, quindi…
[Passi che si avvicinano da lontano]
ALICE
Non aggiungere altro, tu avviati e io me ne starò seduta qui a lavorare al mio lacrimoso alibi. (con voce tremante) “Mi dispiace agente, è successo tutto così velocemente. Un momento Teddy era in piedi sopra il fiume, a dire cose senza senso su -”
TEDDY
Sam! Hey!
[Sam arriva proprio quando la voce di Alice si incrina]
SAM
(a Alice) Hey! Tutto okay?
ALICE
(veloce) Bene. Grazie.
SAM
Teddy, giusto? Vi dispiace se mi unisco a voi?
TEDDY
Temo che adesso devo andare, quindi -
SAM
Hey, non voglio impormi -
TEDDY
Dovrò lasciarti nelle tenere mani di Alice.
[si alza]
Finisci pure la mia birra, se vuoi - l’ho a malapena toccata!
SAM
Oh, uh… Alla salute!
[Teddy esce. Sam prende il bicchiere.]
ALICE
Io non lo farei. Teddy trabocca di malattie mentali.
SAM
Mi sa che correrò il rischio.
[Sam beve un sorso felice]
[Pausa]
SAM
Allora. Tu e Teddy.
ALICE
Io e Teddy cosa?
SAM
Da quanto è che voi due…
ALICE
Cosa?
[Pausa]
ALICE
(capisce) Oh mio dio! Ma che avete tutti oggi? Teddy!? No! Nooooo.
SAM
Brutale.
ALICE
Non fraintendermi, Teddy è un bravo ragazzo, ma - non è…
SAM
(scherzando, ovviamente) In agguato in una foresta, sfugge ai cacciatori e compare solo raramente in qualche foto sfocata?
ALICE
Senti, amico, Bigfoot è niente male a letto, ma ha dei seri problemi di abbandono.
[Sam ridacchia]
Ma sì, Teddy era nei paraggi per una cosa di lavoro, tutto qui. In ogni caso, tu che ci fai qui? Di solito passi solo per la fine della settimana.
SAM
Beh, a-a dire il vero volevo parlare con te.
ALICE
Parli con me tutta la notte a lavoro.
SAM
(più vicino) Beh… volevo chiederti una cosa.
ALICE
Oh sì?
SAM
(a bassa voce) Una cosa privata?
ALICE
(avvicinandosi suo malgrado) Sì?
[Pausa]
SAM
Vorrei che venissi a vedere delle rovine con me.
ALICE
…Cosa scusa?
SAM
(si sposta sulla sedia) Senti, lo so che avevi detto che non dovevo prestare troppa attenzione ai casi e tutto il resto, ma penso davvero che stesse succedendo qualcosa - di davvero strano all’Istituto Magnus - (inspira) e poi c’è questo questo nuovo caso che è -
ALICE
Aspetta, aspetta. Sei già riuscito a trascinare Celia in questa roba. Perché non ci vai con lei in questa avventura alla Scooby-Doo?
SAM
Cioè, Celia mi piace…
ALICE
Ma?
SAM
Ma… non sono certo che siamo già alla fase “andiamo-a-Manchester-per-scavare-in-un-edificio-bruciato.”
ALICE
…Okay. E noi invece sì.
SAM
(imbarazzato) Beh, un tempo lo eravamo.
[Una lunga pausa]
[Alice sospira, poi beve un lungo sorso di birra]
ALICE
Quando andiamo?
[Traduzione di: Victoria]
[Episodio successivo]
#the magnus protocol#il protocollo magnus#tmagp#tmagp ita#gli archivi magnus#tma ita#traduzione italiana#tmagp009
3 notes
·
View notes
Text
le mie ultime ore da ventiseienne: mi sveglio mi lavo i denti ma quel retrogusto di alcol non va via ieri ho bevuto due drink anzi tre o forse quattro tra amici vecchi e amici presunti sono andata a dormire intorno alle tre dal divano ti ho scritto una cosa che probabilmente non leggerai mai ho messo su una canzone random e sentivo già il panico arrivare e la morte e il buio e chissà domani ma in qualche modo sono riuscita a chiudere gli occhi e mettere via tutto ho sognato m. quindi mi sveglio mi lavo i denti ma chissà che fine ha fatto il mio asciugamano quindi non mi resta che usare la carta igienica ahimè mi vesto in fretta e in furia annuso i vestiti e scelgo una felpa nera giacca di jeans pantaloni di cotone nero bicchiere d'acqua faccio per accendere una sigaretta ma guardo l'orologio e tra quattordici minuti ho il treno corro arrivo in treno c'è posto di fronte ad una signora metto in piedi due parole in tedesco per chiederle se il posto è libero e mi siedo ora sono qui stessa canzone di ieri notte e sto tornando da te in quella che ormai negli ultimi sei mesi è stata mia dimora fissa non vedo l'ora di aprire la porta e ritrovare il tuo il nostro odore Kelly che mi scodinzola intorno felice percepisco già la sensazione di averla tra le braccia il suo odore toccarle la fronte piano mi manca terribilmente e non sono neppure ventiquattr'ore da quando ci siamo lasciate tu sei a lavoro allora farò qualche lavatrice una doccia perché non importa quanto ci si possa lavare altrove ma la doccia a casa ha un altro sapore farò una passeggiata andrò al supermercato a sbirciare tra le corsie per cercare di capire cosa voglio per pranzo accenderò il pc illudendomi di poter studiare ma poi passerò a leggere poi a guardare un film poi ad ascoltare un podcast poi poi in un loop infinito che ormai conosco bene chiamerò mia madre le dirò tutto dei vestiti che voglio cosa di nuovo ho imparato ieri che la vita è scomoda e lei mio angelo non batterà ciglio e raccoglierà tutte le informazioni poi ti aspetterò mi piace aspettarti aprirti la porta un bacio un sorriso che tento ancora di nascondere guardarti guardarti e guardarti tentando di nascondere anche quello oggi non vado a lavoro quindi abbiamo il pomeriggio per oziare insieme chissà aspettare la mezzanotte e dormire vicini mi sembra assurdo che tra quattro giorni parti tra dieci giorni parto io e per oltre un mese non ci vedremo non siamo mai stati così lontani in questi tre anni due mesi e diciannove giorni da quando ci conosciamo ci sono state solo poche notti in cui non abbiamo dormito l'uno di fianco all'altra pochi giorni in cui non ci siamo sfiorati neppure per un secondo a volte succede che presi dalla frenesia della quotidianità dagli orari diversi ci incrociamo solo per una manciata di minuti torni da lavoro e poi mi accompagni in stazione perché tocca a me andare a lavoro e ho paura non so bene di cosa esattamente ma ho paura mille paure e se decidessi di non tornare? e se io decidessi di non tornare? se dovessimo trovare un senso di casa effettivamente a casa nostra? due luoghi così lontani so che starò bene tutto sommato ma so anche che a fine giornata la mancanza di te di Kelly mi sfiancherà i dubbi e le parole che si perderanno tra i km e il fuso orario e poi mi chiedo come sarà tornare? probabilmente nulla cambierà non ho paura che sia la distanza o questo buco temporale a farci qualcosa a poterci deteriorare o spegnere lentamente perché credo in quello che abbiamo che è più di questo non ho nemmeno paura come prima di perderti ho lavorato tanto e a lungo e sono quasi serena anche all'idea di una fine di mettere un punto mi spaventa solo l'ignoto quello che verrà come verrà mi spaventa e rattrista solo l'idea di quello che seguirà quando e se dovessimo decidere che è tempo che le nostre strade si separino e che ognuno prenda la propria ho paura di sentire quel click e poi un boato e poi poi poi
sei stato quasi tutta la mia vita adulta tu forse non lo sai ma mi sei stato accanto mentre io assumevo finalmente una forma mia bella brutta sporca immacolata ma mia niente tabu niente peccato niente regole niente giudizi niente rimproveri niente umiliazioni tre anni che mi pesano sulla pelle come se fossero stati trenta intanto sono arrivata ho aperto la porta Kelly ora è di fianco a me mi guarda mi annusa ci coccoliamo la stessa canzone che va le prime lacrime della giornata sono già andate io finisco di scrivere ma è tempo di mettere su la prima lavatrice e via così mentre ti aspetto e il cuore si scalda già come ogni giorno all'idea di sentire il campanello e poi vederti sull'uscio a tra poco amore mio
7 notes
·
View notes
Text
"Cara Francesca,
Spero che questa mia lettera ti trovi bene.
Non so quando la riceverai. Quando io me ne sarò già andato.
Ho sessantacinque anni, ormai, e ne sono passati esattamente tredici dal nostro primo incontro, quando imboccai il vialetto di casa tua in cerca di indicazioni sulla strada.
Spero con tutto me stesso che questo pacchetto non sconvolga in alcun modo la tua vita. Il fatto è che non sopporto di pensare alle mie macchine fotografiche sullo scaffale riservato all’attrezzatura di seconda mano di un negozio o nelle mani di uno sconosciuto. Saranno in pessime condizioni quando le riceverai, ma non ho nessun altro a cui lasciarle e mi scuso del rischio che forse ti costringerò a correre mandandotele.
Dal 1965 al 1975 ho viaggiato quasi ininterrottamente. Nell’intento di allontanarmi almeno parzialmente dalla tentazione di telefonarti o di venire a cercarti, tentazione che da sveglio in pratica non mi lascia mai, ho accettato tutti gli incarichi oltreoceano che sono riuscito a procurarmi. Ci sono stati momenti, molti momenti, in cui mi sono detto: << All’inferno, vado a Winterset e, costi quel che costi, porto Francesca via con me>>.
Ma non ho dimenticato le tue parole, e rispetto i tuoi sentimenti. Forse avevi ragione, non lo so. So però che uscire dal viale di casa tua, in quella arroventata mattinata di agosto, è stata la prova più ardua che abbia mai affrontato e che mai avrò occasione di affrontare. Dubito, in effetti, che molti uomini ne abbiano vissute di più dure.
Ho lasciato il National Geographic, nel 1975 e da allora mi sono dedicato soprattutto a fotografare ciò che piaceva a me, prendendo il lavoro là dove potevo, servizi locali o regionali che non mi impegnavano mai più di pochi giorni.
Finanziariamente è stata dura, ma tiro avanti.
Come ho sempre fatto.
Buona parte del mio lavoro lo svolgo nella zona di Puget Sound. Mi va bene così. Pare che invecchiando gli uomini si rivolgano sempre più spesso all’acqua.
Ah, sì, adesso ho un cane, un golden retriever.
L’ho chiamato Highway, e lo porto quasi sempre con me, quando siamo in viaggio, se ne sta con la testa fuori dal finestrino, in cerca di posti interessanti da fotografare.
Nel 1972 sono caduto da una rupe nell’Acadia National Park, nel Maine, e mi sono fratturato una caviglia.
Nella caduta ho perso la catena e la medaglia, ma fortunatamente non erano finite lontano. Le ho recuperate e un gioielliere ha provveduto ad aggiustare la catena.
Vivo con il cuore impolverato, Meglio di così non saprei metterla. C’erano state delle donne prima di te, qualcuna, ma nessuna dopo. Non mi sono votato deliberatamente alla castità: è solo che non provo alcun interesse.
Una volta ho avuto modo di osservare il comportamento di un’oca canadese la cui compagna era stata uccisa dai cacciatori. Si uniscono per la vita, sai. Dopo l’episodio, ha continuato ad aggirarsi intorno allo stagno per qualche giorno. L’ultima volta che l’ho vista, nuotava tutta sola tra il riso selvatico, ancora alla ricerca. Immagino che da un punto di vista letterario la mia analogia sia troppo scontata, ma è più o meno così che mi sento anch’io.
Con la fantasia, nelle mattine caliginose o nei pomeriggi in cui il sole riflette sull’acqua a nord-ovest, cerco di immaginare dove sei e che cosa stai facendo.
Niente di complicato…ti vedo in giardino, seduta sulla veranda, in piedi davanti al lavello della cucina. Cose così.
Ricordo tutto. Il tuo profumo e il tuo sapore, che erano come l’estate stessa. La tua pelle contro la mia, e il suono dei tuoi bisbigli mentre ti amavo.
Robert Penn Warren scrisse: "Un mondo che sembra abbandonato da Dio".
Non male, molto vicino a quello che provo per te certe volte. Ma non posso vivere sempre coì. Quando la tensione diventa eccessiva, carico Harry e, in compagnia di Highway, ritorno sulla strada per qualche giorno.
Commiserarmi non mi piace. Non è nella mia natura. E in genere non me la passo poi tanto male.
Al contrario, sono felice di averti almeno incontrata.
Avremmo potuto sfiorarci come due frammenti di polvere cosmica, senza sapere mai nella l’uno dell’altra.
Dio o l’universo o qualunque altro nome si scelga di dare ai grandi sistemi di ordini ed equilibri, non riconosce il tempo terrestre. Per l’universo, quattro giorni non sono diversi da quattro miliardi di anni luce. Per quanto mi riguarda, cerco di tenerlo sempre a mente.
Ma, dopo tutto, sono un uomo.
E tutte le considerazioni filosofiche non bastano a impedirmi di desiderarti, ogni giorno, ogni momento, con la testa piena dello spietato gemito del tempo, del tempo che non potrò mai vivere con te.
Ti amo, di un amore profondo e totale.
E così sarà sempre."
“I ponti di Madison County”
R.J. Waller
17 notes
·
View notes
Text
L'ESTATE.
Un periodo dell'anno che sembra così bello, a volte può sancire l'inizio di un percorso molto, molto difficile.
Disturbo d'ansia.
Depressione grave.
Il tracollo.
Tachicardia, dispnea, crisi di pianto e attacchi di panico dovuti all'ansia.
Tagli e pensieri suicidi dovuti alla depressione.
Il primo pensiero che ti viene la mattina appena ti svegli, è quello di andare a dormire la sera.
Prendersi cura di sé? Scordatelo.
Studiare o lavorare? Scordatelo.
Uscire con gli amici? Scordatelo.
Vivere? S-C-O-R-D-A-T-E-L-O.
Vivere? Vivere? Aspetta. Forse sì. Forse la depressione è vivere.
La depressione è vivere, in un corpo che combatte per sopravvivere, con una mente che cerca di morire.
Perché la vita, a volte, ferisce più della morte.
La mente, però, cerca di morire cercando sollievo nelle cose più brutte.
Come nei video gore, ad esempio.
Ti stai chiedendo cosa sono?
Beh, sono quei video in cui le persone muoiono. Muoiono male, molto male.
E tu ridi. Ti fa stare bene. Ti diverte vedere gli altri morire perché tu, in fondo, sei già morto dentro.
Oppure?
Oppure cosa?
Oppure far parte di un forum in cui ci si scambiano consigli su come suicidarsi. E tu sei felice nel vedere gli altri che lo fanno.
O magari ci cadi anche tu. E ti studi 10 pagine intere su come ammazzarti con il nitrito di sodio.
Sai, ho sempre pensato di non poter mai vedere la luce in fondo al tunnel.
Ma per fortuna quella luce è arrivata.
Un angelo esile, leggiadro, armonioso e delicato che solo allungando la sua mano verso il mio cuor ormai distrutto, è riuscito a prenderlo e a risistemarlo.
E così ha fatto con la testa.
Non ha usato magie, non ha fatto niente di concreto.
È stato il suo modo d'essere, il suo sguardo, il suo affetto.
Mi ha salvato.
Ma questo l'angelo non vuole capirlo.
Sembra come se non riesca a rendersi conto di essere stato lui a salvarmi.
Oppure, guardandola dal lato migliore, magari era già sicuro di riuscire a salvarmi. Forse è per quello che non vuole sentirselo dire, perché in cuor suo, lo sa già.
Ora inizia una nuova vita.
I mostri cattivi sono andati via.
L'angelo li ha sconfitti.
In fondo.. beh, non puoi tornare indietro e cambiare l'inizio. Ma puoi iniziare dove sei e cambiare il finale.
Perché cambiare è la regola della vita. E quelli che guardano solo al passato o al presente, certamente perderanno il futuro.
TIME
FOR
CHANGE
3 notes
·
View notes
Text
Ti auguro di amarti.
E di non regalare più nemmeno un grammo d’amore a chi non lo merita.
Non tutti sono all’altezza delle tue emozioni, non scordarlo mai!
Ti auguro di volerti bene.
E di proteggere la tua sensibilità.
Tu sei unica.
Tu sei speciale.
Non permettere mai a nessuno di farti sentire sbagliata!
Ti auguro di sorridere quando cercheranno di buttarti giù, quando proietteranno la loro infelicità sulla tua vita per percepire la loro meno triste.
Perché sorridere ti rende forte.
Ti rende leggera.
Ti rende invincibile.
Perché sei bellissima quando sorridi.
Ma adesso che ci penso, sai... Quando piangi, quando crolli, forse ancora di più...
Sii coraggiosa!
Vai a prenderti tutto quello che ami!
Provaci!
E se non ci riesci, nel viaggio, guarda più albe e più tramonti che puoi, hanno il profumo della vita e della bellezza, e li porterai per sempre nel cuore.
Apriti solo con chi lo merita.
E per capire se una persona ti merita, guardala negli occhi, non ti sbaglierai mai!
Ti auguro amiche e amici sinceri.
Ma sappi che potranno tradirti.
Non restarci troppo male!
Ti auguro di non pensare mai che la tua felicità dipenda da qualcun altro.
La tua felicità dipende solo da te e dalla libertà che avrai conquistato.
Ma tu sei già libera e felice.
E allora...
Sii libera!
Sii felice!
Roberto Emanuelli - "Ora amati"
6 notes
·
View notes
Text
Selvatica - 18. Nervosismo
La partita si era messa male, molto male. Stavano perdendo e stavano giocando malissimo. Ante era nervoso in campo, cercava di dare il massimo, impegnandosi in fase di copertura per poi correre come un dannato verso la porta avversaria quando prendevano palla. Ma non riusciva mai a piazzare la palla in rete o a fare un assist decisivo per i compagni. Un avversario lo marcava stretto e più volte aveva rischiato l'espulsione per falli poco carini. Faceva sentire la propria fisicità e la propria aggressività agli avversari.
Dalla panchina provenivano incessanti le urla del mister che lo incitavano, lo spronavano.
Un lancio perfetto di Zlatan Ibrahimović in area e Rebić colpì la palla di destro, scaricando su quel tiro tutta la rabbia e la frustrazione che stava provando. La palla entrò in rete. I compagni corsero da lui a esultare e in quel momento si affacciò nella sua testa il pensiero di Corinna. Chissà se alla fine aveva preso i biglietti che le aveva lasciato al botteghino. Chissà se era lì, in mezzo ai tifosi, a guardarlo.
Quel gol non riuscì a portare la vittoria alla squadra e negli spogliatoi c'era un clima teso. Nessuno parlava, teste basse e zero voglia di affrontare la stampa. Il mister era deluso e Ante sentiva di non aver fatto abbastanza. Si cambiò in fretta, sotto la doccia non riusciva a pensare ad altro che alla partita appena finita, alle occasioni sprecate.
Afferrò il telefono e inviò un messaggio a Corinna. Lei gli aveva scritto che era allo stadio. Le chiese dove fosse e se poteva aspettarlo fuori. Così infilò il completo della società e uscì.
La riconobbe dalla massa di ricci. Quando salì in macchina per un istante il groviglio di nervosismo nello stomaco sembrò sciogliersi. Solo per un attimo.
«Come sei elegante.» Corinna sorrideva, sembrava felice di vederlo.
«Grazie.» disse lui, sporgendosi per darle un bacio sulla guancia.
«Mi dispiace per la partita.»
Ante serrò la mascella. «Mica ti dispiace se andiamo a casa mia? Non ho molta voglia di stare in giro.»
«No... ma se hai voglia di stare da solo io posso...»
«No. Voglio solo stare a casa. Con te. A che ora devi andare a lavorare?»
«Stasera non devo più andare.»
«Meglio così allora.» Si voltò un attimo a guardarla. «Oggi non è stata una buona partita.»
«Ma hai segnato, no?» rispose lei, con gli occhi che le si illuminavano.
Ante sorrise. «Sì, ma non è bastato.»
Corinna poggiò la mano sul suo braccio. «Ti va di dirmi come ti senti?»
«Sono nervoso. Non mi piace deludere i miei compagni, il mister, i tifosi. E sento di averlo fatto.»
«Perché?»
«Perché cosa? Abbiamo giocato male e abbiamo perso!» sbottò Ante.
«Sì. Ma perché senti di aver deluso tutti? Non ti sei impegnato? Non ci hai messo tutto te stesso? O lo hai fatto e semplicemente non è andata bene? Perché è diverso sai. Se non ti sei impegnato allora è giusto che tu ti metta in discussione e cerchi di migliorare già da oggi. Se invece senti di aver fatto il massimo, allora va bene la delusione ma prendi atto del fatto che le cose non sempre vanno come vorremmo.»
Ante parcheggiò l'auto nel garage e scese senza dire niente. Gli era piaciuto il discorso di Corinna e forse aveva ragione ma lei non sapeva come funzionava il suo mondo. Non era tutto così lineare, tutto così zen. C'erano le critiche dei giornalisti, dei commentatori, dei tifosi che a volte entravano nella testa e sebbene lui fosse un tipo che traeva carica da queste situazioni, non sempre riusciva a controllare il nervosismo.
Quando anche lei fu scesa la strinse a sé e le diede un bacio sulle labbra. «Scusa. Non voglio che questo influenzi la nostra serata.»
Lei gli accarezzò il volto. Le sue dita erano delicate e fredde sulla pelle, profumavano di lei. «Io invece voglio che ti senti libero di sfogarti con me, se ne hai bisogno.»
Ante la prese per mano e la guidò verso l'appartamento. Era bello quello che gli aveva appena detto. Era come una promessa, la voglia di conoscerlo davvero e chissà, magari costruire qualcosa.
Dentro accese il camino elettrico e si lasciò cadere sul divano, tirandosela addosso. Il calore del corpo di Corinna gli entrava sottopelle, nel sangue che pompava forte verso le parti basse. Ci mise un secondo ad avventarsi di nuovo sulla sua bocca. Corinna gli accarezzò i pettorali, lasciandosi sfuggire un gemito quando le afferrò le natiche. Aveva voglia di farla sua su quel divano in quel preciso momento. Voglia di sfogare tutta la frustrazione della giornata tra le sue gambe, nella sua bocca che accoglieva la sua foga e la ricambiava.
Però non voleva farlo così, ancora troppo nervoso per la partita. Non c'era fretta. Si sollevò dal corpo sinuoso di Corinna che aveva schiacciato sotto il suo peso e si mise a sedere. Si passò le mani tra i capelli e la guardò. Le si erano arrossate le gote e lo sguardo era velato dall'eccitazione. Era irresistibile e sperò di riuscire a mantenersi calmo fino a sera.
«Sai che di te non so niente? Che fanno i tuoi genitori? Sei figlia unica o hai fratelli e sorelle?»
Nei suoi occhi si spense qualcosa. «Sono figlia unica. Tu?»
«Io ho due sorelle.»
«Davvero? Due!»
«Sì. Sono la mia vita. E i tuoi genitori, invece?»
Corinna abbassò un attimo lo sguardo. «Mio padre è morto due anni fa.»
Ante le scostò i capelli dal volto con una mano. Dentro di lei si era annidato un groviglio di tristezza. Poteva scorgerlo con chiarezza attraverso le iridi marroni. Era un ricordo ancora troppo doloroso. «Mi dispiace. Aveva una malattia?»
Corinna si ritrasse. Non fu un allontanarsi fisico, bensì emotivo. Su di lei calò uno scudo, una spessa parete che lo respinse, lo costrinse a togliere la mano dal suo volto. La ragazza scosse la testa, non mollando la presa sul suo sguardo. «Si è tolto la vita.»
Ci mise qualche secondo a registrare la frase. Perché? Era quello che avrebbe voluto chiederle, ma probabilmente sarebbe risultato inopportuno.
«Era un imprenditore» continuò lei. «Nell'ultimo periodo aveva contratto dei debiti, stava per fallire e credo... credo che non sia riuscito a sopportare questo peso.»
«E tua madre?» chiese, con il cuore stretto in una morsa.
«Non vive qui» tagliò corto lei.
Ante accennò un sorriso triste. Le sfiorò le dita con le sue. «Sei sola, quindi.» Come me qui in Italia. Non era la stessa cosa e lo sapeva bene, lui la famiglia ce l'aveva ed era anche molto presente. Ma sentiva in questo un punto di contatto tra loro. Due anime sole le cui strade si erano incrociate all'improvviso.
Corinna sollevò gli angoli della bocca in un sorriso dolce. «Ho i miei nonni e gli altri parenti. Però sì, sono io che provvedo a me stessa.»
Bella, fiera, dolce e selvatica. Corinna gli ricordava la sua terra, era come la sua Croazia. «Resta qui stasera, ceniamo insieme.» Le diede un bacio e andò a prendere il telefono. Non era una domanda, non avrebbe accettato un no. Voleva stare in sua compagnia il più a lungo possibile.
2 notes
·
View notes
Text
04/11
Allora Tommaso metto il tuo nome perché credo che di te non dirò niente di brutto, al massimo di confuso, e siccome me la sento ti nominerò. L’altra sera, quando ci siamo baciati, mi sono davvero tolta un peso, perché pensavo da quando ci siamo salutati l’ultima volta che avrei dovuto prendere un’iniziativa che tu di sicuro non avresti mai preso (non so se perché non ti piaccio in quel senso nemmeno un po’, per l’età o che ne so, ma sentivo che non avresti mosso un passo in più rispetto a quelli minuscoli fatti). Sinceramente non me ne pento, spero veramente di non aver fatto una cosa che tu avresti volentieri evitato, non nego che speravo che da parte tua ci fosse un discorso meno disinteressato, ma questo fa parte del gioco e non è un problema, anche perché io stessa non sapevo come avrei poi reagito (a prescindere da come poi si sarebbe sviluppato il discorso), mi sono mossa nel buio senza avere idea di cosa stessi facendo, volevo solo farlo per togliermi questo sfizio. Non ho mai conosciuto un ragazzo come te, avrai capito che ai miei 17 anni ma (ti assicuro) in generale, non ho mai avuto la fortuna di interfacciarmi con un ragazzo come te, che sei letteralmente un sole: bello, caloroso con chi ti sta intorno, metti il buonumore e non ti fermi mai. Tu ovviamente non lo sai ma questa per me è stata un’estate di grande cambiamento, io che l’estate scorsa ci avevo provato ma ero rifinita ancora nel mio loop comportamentale evitante sono riuscita ad essere un po’ come ho sempre provato: un po’ più spigliata, un po’ più coraggiosa nel fare le cose e nel dirle e più felice e serena in generale però veramente, non solo all’apparenza. Questa estate mi sono sentita piena, felice, realizzata, utile, carina addirittura e contenta di aver conosciuto tante persone nuove tra cui te, ma forse te soprattutto. So che tu senti tante ragazze, che ti piace avere tante situazioni di cui parlare, che sei affettuoso con tutte e che io sono un’amica in più per te, probabilmente tra qualche mese rileggerò questo e mi sentirò stupida perché sapevo tutte queste cose e comunque mi sono fissata a riflettere su di te, però mentre dormivi e io non riuscivo pensavo che a prescindere ero felice di essere lì in quel momento. Sono molto patetica ma tu questo forse ancora non lo sai, speriamo tu non lo scopra, però mi sono affezionata ad averti nelle mie giornate e mi piaci talmente come persona che nonostante tutto forse se mi avessi fatto un discorso meno categorico ci avrei pensato veramente a vederti in modo un pelo diverso (nonostante età, distanza e via dicendo). Vorrei non emozionarmi quando mi sento trattata bene ma non mi è capitato spesso di essere considerata così e così “tanto” da qualcuno, è sicuramente niente, poco, non spicco sicuramente tra quelle che ti cercano, ma avere considerazione è già più di quello a cui sono abituata, forse sono più patetica di quanto credo (ovviamente non è colpa degli altri, sono io, tu sei solo finito in mezzo a un’estate di prova). Scusa se mi giravo di continuo, non volevo stare lì a svegliarti, grazie per avermi sempre seguito con il braccio intorno a me (anche se sicuro dormivi, non lo facevi apposta), e grazie per il bacio, a prescindere dal fatto che non era nei tuoi piani è stato un gran bel primo bacio. Comunque so che hai detto a giulia che nessuna ti prende mentalmente per ora e che quindi eviti perché non ti va di cazzeggiare, un po’ mi dispiace questo perché speravo (a prescindere dal farlo in quel senso o meno) di prenderti un po’ con i nostri discorsi un po’ così, ma ora che ci penso sarebbe stato impossibile, non ce n’è stata l’occasione quindi per non essersi creata mancherà effettivamente qualcosa. Vabbè insomma mi ricorderò per un bel po’ di tempo come si stava bene a dormire tranquilli e sotto le coperte che non dovevamo spostare, però menomale che lo abbiamo fatto perché ci saremmo congelati altrimenti
0 notes
Text
" A volte dovremmo avere il coraggio di appiccicarci addosso un cartello con la scritta" fragile " , con l'aggiunta" e chi rompe paga " . Per ricordare a tutti che " fragile " non è sinonimo di" debole " , ma di prezioso, e che proprio per questo va maneggiato con cura , e non sbatacchiato a destra e sinistra come qualcuno potrebbe fare se non ci fosse quel cartello.
( da " Forse sei già felice e non lo sai " , Paolo Borzacchiello )
0 notes