#filogenetica
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Una nuova metodologia scopre una maggiore biodiversità di dinosauri carnivori nei letti Kem Kem del Marocco
I quattro tipi di carnivori rivelati dall’analisi dentale: Spinosaurus, Carcharodontosaurus, abelisauridi e noasauridi. Un team internazionale di paleontologi provenienti da Paesi Bassi, Regno Unito, Argentina, Germania e Belgio ha applicato metodi recentemente sviluppati per misurare la diversità delle specie di dinosauri teropodi (carnivori). Il nuovo metodo utilizza sia l’analisi filogenetica…
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Un articolo pubblicato sulla rivista "PLOS Biology" riporta un'analisi delle informazioni disponibili sulle parentele tra le specie di mammiferi che ha lo scopo di costruire un albero genealogico evolutivo di questo gruppo di animali. Nathan Upham e Walter Jetz dell'Università di Yale assieme a Jacob Esselstyn della Louisiana State University hanno utilizzato dati relativi a fossili e la genomica per cercare di analizzare a livello filogenetico l'evoluzione dei vari rami all'interno della classe tassonomica dei mammiferi. Capire le parentele offre informazioni sulla loro storia e sulla loro biodiversità, un passo fondamentale per la conservazione dell'ambiente.
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“ Per noi occidentali baciare è sempre e comunque un fatto di labbra. Mentre la filematologia, cioè la scienza dei baci, dice chiaramente che in molte culture le manifestazioni amorose non sono necessariamente orali. Ma impegnano altre parti del corpo. Gli Inuit, meglio noti come Eschimesi, per esempio, si scambiano effusioni, ma anche convenevoli, strofinandosi teneramente o calorosamente il naso. E cosí pure Malesi e Polinesiani. Charles Darwin sostiene che questo approccio nasale risalga all’età della pietra e rappresenti una forma di riconoscimento olfattivo. Una manifestazione di compatibilità corporea. Che produce empatia, simpatia, legame, ma anche attrazione, passione, simbiosi. Tanto che in alcune regioni dell’India antica al posto di baciare si usava il verbo annusare. Chi avvicinava le labbra al viso del partner, invece che «ti adoro» diceva «ti odoro». E nella Cina tradizionale, ci si baciava accostando il naso alle guance e soffiando leggermente per far arrivare il proprio profumo. Del resto, è cosa ben nota che nell’attrazione erotica giochi una forte componente olfattiva. Insieme a quella tattile e gustativa. Tutte e tre presenti nel bacio. Che, in piú, chiama in causa anche l’udito. Visto che lo schiocco, lo smack, il mwah, il chu, il pciú, il risucchio e altri suoni rappresentano l’essenziale componente rumoristica di ogni plaisir d’amour. In realtà, come suggerisce l’etologo Eibl-Eibesfeldt, il bacio labiale e linguale è molto piú diffuso di quanto appaia a prima vista. Intanto per l’origine filogenetica del gesto, derivante da operazioni alimentari ancora presenti e osservabili nelle scimmie antropomorfe. In questo senso baciarsi rappresenta la ritualizzazione di quello che in tempi remoti è stato uno scambio di cibo: nutrizione e protezione. E poi, anche nelle società in cui sembra assente, il bacio sulla bocca a un’osservazione piú approfondita può rivelarsi presente, seppure in forma latente. Infatti sono molte le culture che accanto alla confricazione nasale o frontale, praticano anche il bacio labiale. Ma ragioni di tabú, segretezza, intimità culturale hanno confinato questo gesto in una sorta di semiclandestinità. È il caso della Nuova Guinea, di Bali o del Giappone. Nel Paese del Sol Levante si dice di solito che il bacio sia stato introdotto dagli Europei. Ma il bacio linguale anche in passato non era affatto sconosciuto, tant’è vero che in certe fonti medievali si mette in guardia la coppia dall’indulgere a questa forma di effusione amorosa. Ecco perché, piú che i rapporti di coppia, a provare l’eventuale presenza o assenza del bacio, è casomai la relazione madre/figlio, che è molto meno carica di tabú e quindi piú facilmente osservabile (Eibl-Eibesfeldt 1977, p. 175). In effetti nel Giappone tradizionale il bacio tra adulti ha poco a che fare con l’affetto e molto con il desiderio, come mostrano le stampe erotiche chiamate shunga, dove compare il kuchisū, cioè letteralmente «succhiare la bocca». Si tratta di un gesto trasgressivo di estrema licenziosità e fortemente stigmatizzato soprattutto se a compierlo sono i religiosi, perché si ritiene che la loro bocca sia destinata esclusivamente a trasmettere gli insegnamenti buddisti (Shigeru 1984, pp. 466-67). “
Elisabetta Moro, Marino Niola, Baciarsi, Giulio Einaudi editore (collana Vele), 2021 [Libro elettronico]
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Come si diffonde il virus del Nilo
Nel 1999 il virus è arrivato a New York, da dove si è diffuso rapidamente nel resto degli Stati Uniti, in Canada e nel Sud America. Nello stesso periodo la sua diffusione è aumentata anche in Europa.Nel 2004, in Ungheria, è stata isolata per la prima volta fuori dall’Africa una variante dello stesso virus, chiamata WNV-2, che poi si è diffusa rapidamente verso sud-est ed è oggi la principale responsabile delle infezioni in Europa. Nel 2010 questa variante ha causato una grave epidemia nel nord della Grecia, con quasi 200 casi neurologici e 33 morti, e nel 2012 è arrivata anche in Italia, che dal 2015 è il Paese europeo con il maggior numero di casi segnalati all’anno.
Si torna a parlare con una certa preoccupazione del virus del Nilo Occidentale (il West Nile Virus, WNV), perché quest'anno - estate 2018 - la trasmissione del virus in Italia e nel sud dell'Europa è iniziata prima del previsto, insieme a un altro patogeno, il virus USUTU, anch'esso trasmesso dalle zanzare e anch'esso capace di causare patologie neurologiche. Sono online il piano di sorveglianza messo in atto dal Ministero della salute e la pagina degli aggiornamenti a cura dell'Istituto superiore di sanità. Qui sotto, riproponiamo un contenuto di luglio 2017 sul WNV, sulle sue modalità di trasmissione e sui suoi percorsi di diffusione in Italia.
Il virus segue il corso del Po e dei suoi affluenti, migrando con gli uccelli, trasmesso con le zanzare: ricercatori dell’Università di Milano hanno ricostruito la mappa della diffusione del virus del Nilo occidentale (West Nile Virus, WNV), causa di una febbre che in una minoranza di casi può sfociare in sintomi neurologici gravi e perfino nella morte.
CHE COS’È. Il virus, che non si trasmette da persona a persona, si diffonde attraverso la puntura delle zanzare, in particolare della specie Culex, che si sono precedentemente nutrite col sangue di uccelli infetti, che rappresentano il serbatoio principale del virus. Anche i cavalli e altri mammiferi, oltre alle persone, possono essere infettati dalle zanzare.
Nella maggior parte dei casi l’infezione è asintomatica (non presenta sintomi, non dà segno di sé) ma nel 20 per cento circa dei casi il virus può provocare una sindrome con febbre, mal di testa, nausea, vomito, dolori muscolari. In una percentuale ancora minore, attorno all’uno per cento, può dare sintomi più gravi, dal disorientamento alla debolezza muscolare, fino alla paralisi e al coma, con danni neurologici a volte permanenti. In un caso su mille può provocare una gravissima encefalite.
DALL'AFRICA AL RESTO DEL MONDO. Il virus è stato identificato per la prima volta nel 1937 in Uganda, nella regione del Nilo Occidentale, da cui prende il nome. Fino a metà degli anni Novanta le infezioni documentate tra le persone sono state sporadiche, poi, nel 1994, si è avuta un’epidemia in Algeria, e nel 1996 una in Romania, con un alto numero di casi gravi.
VIAGGIO SUL PO. Lo studio dei ricercatori dell’Università di Milano, in collaborazione con le Università di Padova e Pavia e gli Istituti zooprofilattici di Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, ha ricostruito grazie a tecniche di analisi filogenetica, una mappa della diffusione del virus in Europa e nel nostro Paese.
«Dopo il suo ingresso in Ungheria nel 2004, si ipotizza che WNV-2 abbia raggiunto l'Italia intorno al 2008, quattro anni prima del suo primo isolamento in ospiti umani. Il luogo di ingresso è stato stimato in un'area compresa tra l’Adriatico e la valle centrale del Po», ha spiegato Gianguglielmo Zehender, del laboratorio di malattie infettive dell’ateneo milanese e autore principale dello studio. «Da qui, il virus si sarebbe diffuso lungo l’asse del maggiore fiume Italiano: verso est raggiungendo il delta del Po e il Veneto, e verso ovest in Lombardia e in Piemonte.»
Nel 2016 sembra che il virus si sia diretto a sud, seguendo il corso dei principali affluenti del Po e le soste degli uccelli migratori, che sono i principali serbatoi dell’infezione. Complessivamente, in 8 anni, il virus si è spostato per circa 240 chilometri sull’asse est-ovest, e per 130 su quello nord-sud, con una media di quasi 43 chilometri l’anno. Un viaggio di cui i ricercatori possono adesso prevedere la direzione.
SOTTO OSSERVAZIONE. Una prima, importante deduzione possibile grazie a questo studio è che il virus circola per diversi anni tra gli animali che fanno da serbatoio (gli uccelli) e le zanzare che lo trasmettono, prima di causare epidemie nell’uomo. Dunque, anche quando ancora non si osservano casi, è importante secondo i ricercatori tenere sotto controllo con sistemi di sorveglianza le aree in cui è prevedibile il virus possa manifestarsi nell’uomo.
Fonte: FOCUS
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COMUNQUE
Uno dei miei tre più grandi amici di sempre è finalmente qua su tumblr.
Lui è stato il fratello maggiore per me e gli altridue pischelli (a volte basta una manciata d’anni di differenza per aprire nuovi portoni) e una persona che a fronte delle tante badilate di merda che la vita propina per ricordarti d’esserci è riuscito a trovare il migliore degli equilibri.
Lui, se mai questo è possibile, è ancora più empatico di me e grazie/a causa di questa caratteristica ora fa il mestiere migliore del mondo...
Vivere circondato da decine e decine di cani.
L’ultimo accordo di violino per dirvi che se lo considero la persona più acuta che io conosca, questo è cento volte più vero per quanto riguarda l’educazione dei cani e quindi lo voglio ringraziare pubblicamente perché se ho incanalato e potenziato questa mia sensibilità è certo grazie anche a lui.
Per smuoverlo dalla sua roccaforte fisica e digitale ho dovuto scrivere in suo onore il post sulla filogenetica e l’ontogenetica, ben sapendo che sarebbe sclerato (in risentito silenzio) per l’inesattezza dei concetti espressi.
Vi presento salfadog.tumblr.com affinché possiate seguirlo e spronarlo con ask inerenti a cani, la vita, l’universo e tutto quanto.
Grazie.
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Fisica teorica, linguistica storica: esiste una distanza più siderale? Forse no.
Eppure su Science Advance è recentemente apparso uno studio che utilizza un modello di fisica statistica in grado descrivere le dinamiche evolutive delle lingue storico-naturali. Il team di ricerca internazionale, sotto l’eclettica guida del professore di fisica teorica Tobias Galla e dell’esperto di linguistica storica Ricardo Bermúdez-Otero, entrambi in attività all’Università di Manchester, ha sviluppato un termometro linguistico.
Si tratta di uno strumento in grado di chiarire, retrospettivamente, se una determinata proprietà linguistica è più incline a cambiare nel tempo rispetto a un’altra. Esistono quindi le caratteristiche “fredde”, come l’inserimento dell’oggetto prima del verbo, le quali permangono per lunghi periodi, immutate. Al contrario le “calde”, come l’articolo determinativo inglese the, sono molto più mutevoli, apparendo e scomparendo molto rapidamente.
Freddo e caldo nel linguaggio
“La cosa sorprendente – affermano i ricercatori in un comunicato – è che le lingue con proprietà ‘fredde’ tendono a formare grandi ammassi, mentre le lingue con proprietà “calde” tendono a essere più disperse geograficamente”. Finora, a causa dell’assenza di metodologie alternative, l’analisi dell’evoluzione linguistica si è basata unicamente sulla ricostruzione filogenetica, a partire quindi dai (scarsi) documenti storici a disposizione. D’altronde, la comparsa della scrittura è un evento decisamente recente rispetto alla comparsa del linguaggio. A modelli matematici come questo invece, l’ostacolo non si pone: basta fotografare la situazione attuale e, grazie a queste “firme geospaziali”, intervenire sperimentalmente.
Gli studiosi di Manchester credono che questo nuovo modello possa essere applicato anche al di fuori dell’ambito linguistico, spingendosi ad analizzare altri fenomeni di evoluzione culturale.
“Il nostro metodo – sostengono gli autori dello studio – potrebbe, in linea di principio, essere utilizzato per accertare se una pratica cambia nel corso della storia più velocemente di un’altra, cioè se le persone sono più innovative in un’area piuttosto che in un’altra, semplicemente osservando come è distribuita la variazione nello spazio”.
Interdisciplinarietà per capire meglio, anche il linguaggio
L’interdisciplinarità caratteristica di questo studio permette a sensibilità diverse di integrare conoscenze e competenze, così da sopperire a manchevolezze reciproche. Così un approccio rigoroso, efficace, ripetibile, controllabile, tipico dei modelli utilizzati dalle cosiddette “scienze dure” o “scienze esatte”, come la fisica, si unisce a una prospettiva teorica critica e sistemica, solitamente afferente agli studi degli scienziati umani o degli umanisti.
Il riconoscimento della rilevanza che gli approcci interdisciplinari mostrano nell’ambito dell’evoluzione linguistica è recente, ma non nuova. Fu colta, pochi decenni fa, da uno dei più grandi genetisti italiani: Luigi Luca Cavalli Sforza. Anche il suo modello analizzava la distribuzione geografica delle lingue, unendo però l’indagine sull’evoluzione culturale a quella sull’evoluzione biologica. Lo studioso infatti unì concetti e modelli tipici della genetica delle popolazioni a quelli di linguistica, di demografia e di archeologia.
Operando sulle geneaologie, riuscì a fornire una spiegazione integrata al percorso che geni, popoli e lingue (espressione che dà il titolo al suo saggio del 1996) intrapresero nel corso dell’evoluzione di Homo sapiens. Riuscì in sostanza a mostrare che esiste un rapporto diretto e molto forte tra variabilità genetica e variabilità linguistica, a partire dalle diaspore out of Africa di cui si resero protagonisti i primi umani moderni.
Questi approcci sono dunque promettenti e sempre più numerosi. Gli esperti che decidono di aderirvi sono consapevoli del grande potenziale che un lavoro di carattere interdisciplinare custodisce. “Ho contribuito a creare il modello – spiega con orgoglio il professor Galla – ponendo domande che un linguista, forse, non avrebbe posto allo stesso modo”.
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Evolución. Esto es lo que significa este tatuaje para mí. Darwin en aquellos años lo dibujo en su diario queriendonos explicar a todos de dónde venimos, hacia dónde vamos, cada rama filogenetica que se sigue expandiendo y formando nuevas ramas. Es para mí, el árbol de la vida. Y no, no sabré jamás que fue lo que verdaderameante hizo que pudiera pensarlo y diseñarlo, solo sé que es la representación de una corriente de pensamiento tan grande que me atrapó de punta a punta. Y perdón, se me hace imposible no mezclar mi vida con la ciencia.
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L’ansia in realtà ci aiuta nel raggiungimento dei nostri obiettivi , Questa diventa esagerata quando ti senti “preda” di qualcosa , o di qualcuno. Una risposta filogenetica che possiamo modificare , interpretando e gestendo in modo diverso l’input ansiogeno interno o esterno. L’ansia deve diventare una nostra alleata . #psicoterapia #mindfulmusic #meditation #psicoterapeuta #ansia #panico #rilassamento #vita #saluteebenessere #psicologia #psicologo (presso Equipe Logodinamica: Psicoterapia, mindfulness, public speaking, balbuzie) https://www.instagram.com/p/BxZ2YgtFSyL/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=10ibyaswpqvz6
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Secondo i paleontologi, il Palaeospondylus era un bizzarro pesce a pinne lobate
Secondo i paleontologi, il Palaeospondylus era un bizzarro pesce a pinne lobate
Illustrazione di com’era Palaeospondylus gunni. Barra di scala – 1 mm. Il Palaeospondylus gunni, una piccola creatura dal corpo simile a quello di un’anguilla vissuta 390 milioni di anni fa, è uno dei vertebrati fossili più enigmatici e la sua posizione filogenetica è rimasta poco chiara sin dalla sua scoperta in Scozia nel 1890. Palaeospondylus gunni è un misterioso vertebrato fossile simile a…
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Interazioni cuore/cervello: le nuove frontiere in neuro-psico-fisiologia
I meccanismi di integrazione tra i sistemi rappresentano la sfida che muove da sempre la ricerca delle Scienze Umane.
In che modo l’attività fisiologica del cuore interagisce con le funzioni del cervello umano? E, al contrario, quando e come le funzioni fondamentali del nostro cervello, quelle emotive, cognitive e comportamentali interagiscono con le attività autonomiche del “sistema cuore”? In altre parole, il cuore e il cervello come comunicano? Quando e in che modo il contesto affettivo e sociale diviene importante in questa interazione?
Il XXI secolo tira le fila sugli sviluppi compiuti dai numerosi studi della neurofisiologia, psicofisiologia e neuroscienze cognitive. L’interesse è rivolto a comprendere i meccanismi che legano i processi funzionali di regolazione mente-corpo intrasistemici e intersistemici in un’ottica neurobiologica, psicologica e sociale. In questa direzione e nell’ambito delle interazioni cuore-cervello, è estremamente interessante la Teoria Polivagale di S. Porges (Porges, 2001-2007) che si propone di spiegare i meccanismi neurofisiologici sottostanti questa interazione ampliando, così, il paradigma classico del sistema nervoso autonomo.
Porges, partendo dagli studi anatomofunzionali del nostro cervello, integra la sua teoria con i moderni paradigmi della psicologia evoluzionistica, della Infant Research (in neuropsicofiologia e psicopatologia infantile) e delle scienze cognitive.
Come sappiamo, la teoria neurofisiologica classica divide il sistema nervoso autonomo in sistema simpatico e sistema parasimpatico. In questo modello, il sistema simpatico ha funzione attivante e catabolica (utilizza energia), aumenta lo stato di reattività dell’organismo (arousal), predisponendolo all’attacco o alla fuga. Le reazioni sono mediate da adrenalina e noradrenalina. E’, dunque, responsabile della nostra sopravvivenza. Il termine arousal (traducibile in italiano, in maniera poco esaustiva, con il termine “stato di attivazione”) si riferisce alla modalità dell’organismo di essere reattivo rispetto a stimoli interni ed esterni di varia natura, modificando parametri fisiologici come la frequenza cardiaca, il ritmo respiratorio, la vasodilatazione, la vasocostrizione, l’attività elettrica del cuore, la motilità intestinale, la secrezione ormonale, la conducibilità elettrica della cute, il diametro pupillare, ecc. Il sistema parasimpatico, all’opposto, ha funzioni anaboliche, ovvero di risparmio e ripristino dell’energia, diminuisce lo stato di arousal, agisce attraverso il nervo vago a trasmissione colinergica, rallenta la frequenza cardiaca, facilita la digestione. Ha un ruolo, quindi, protettivo e di recupero dell’omeostasi.
La visione dualista e antagonista dei due sistemi, così come è stata studiata negli anni, ha determinato una maggiore enfasi sul ruolo del simpatico nell’attivare le nostre risposte allo stress e ha dato una minore attenzione alla comprensione delle funzioni specifiche del sistema parasimpatico. Secondo Porges, la prospettiva simpatico-centrica del nostro sistema autonomo, pur spiegando bene il funzionamento di alcuni organi specifici a livello locale, non costituisce un modello esaustivo per spiegare come gli esseri umani si difendono dalle diverse e molteplici condizioni avverse della vita.
Porges propone un modello bidirezionale che lega mente e corpo, considerando il ruolo del cervello nella regolazione della fisiologia periferica (per esempio la regolazione neurale sia delle attività cardiovascolari sia delle funzioni endocrine), come una piattaforma neurale da cui emergono i comportamenti sociali con funzioni adattive e orientate a uno scopo. La Teoria Polivagale pone l’enfasi su:
l’esistenza di due circuiti vagali anziché uno solo;
l’importanza della relazione gerarchica tra loro;
l’importanza di considerare tutte le risposte difensive come adattive di fronte alle difficoltà ambientali e di relazione sociale.
Il primo quesito è: ci difendiamo solamente agendo risposte di iper-arousal? Per rispondere a questa domanda, Porges prende in considerazione il paradigma evoluzionistico della specie e questa cornice è la prima differenza tra dualismo antagonista del SNA e Teoria Polivagale. La prospettiva filogenetica fa riferimento al cervello tripartito di McLean (1973) in cui, nell’uomo, è possibile rilevare tre sezioni strutturali:
Cervello Rettiliano (la struttura più antica, tipica dei rettili ancestrali), formata dal tronco encefalico, dall’ipotalamo, dal talamo e dai nuclei della base;
al disopra del cervello rettiliano, circa 100 milioni di anni fa si è formato il Cervello Limbico, struttura formata dal riencefalo e dal lobo limbico che caratterizza il cervello dei mammiferi inferiori;
Crescendo di complessità, circa 20 milioni di anni fa, si è aggiunta la terza struttura neurale: Cervello Neocorticale o Neopalio o Cervello Mammifero, composta dalle circonvoluzioni più esterne della corteccia cerebrale che caratterizza il cervello dei mammiferi superiori.
Ciascuna struttura del cervello ha proprietà peculiari che riguardano particolari tipi di intelligenza, di memoria e di organizzazione spazio-temporale. Le tre sezioni costituiscono un Sistema interagente e funzionante come un’organizzazione per livelli gerarchici in cui i circuiti più evoluti del sistema nervoso inibiscono quelli più primitivi e, solo quando i nuovi circuiti falliscono, allora intervengono i più antichi. Il Sistema Nervoso Autonomo dell’uomo funziona nello stesso modo. Il secondo punto di differenza importante, tra la teoria classica del SNA e la Teoria Polivagale è, quindi, la nozione stessa di “Nuovo Circuito” inteso in senso filogenetico che evidenzia le interconnessioni biologiche tra le vie afferenti e quelle efferenti. Il vago non è un unico nervo, ma è formato da molteplici percorsi neurali che si originano in diverse zone del tronco encefalico.
Quindi, Porges descrive il SNA composto da tre circuiti neurali, gerarchicamente organizzati, che regolano l’adattamento dello stato comportamentale e fisiologico in contesti relazionali e sociali sicuri, pericolosi e potenzialmente letali: 1) il ramo Ventrale Parasimpatico del nervo vago che risponde agli stimoli sociali positivi; 2) il ramo Simpatico-adrenergico che risponde alla mobilizzazione (iper-arousal / attacco-fuga) 3) il ramo Dorsale Parasimpatico del nervo vago che produce una risposta di immobilizzazione o perdita di coscienza.
Il Sistema Ventro Vagale, evolutivamente il più recente, è presente solo nei mammiferi e si è poi evoluto ulteriormente negli esseri umani. E’ il Vago Intelligente, composto, per lo più, da fibre mielinizzate: quindi, funzionalmente mature e più efficaci, efferenti del Nucleo Ambiguo che innervano gli organi sopradiaframmatici, è associato con processi attivi di attenzione, movimento e comunicazione. Il SVV guida i muscoli del volto, della laringe, dei polmoni, del cuore e determina la nostra capacità di esprimere le emozioni con il volto, la voce, la prosodia e il respiro; risponde a stimoli sociali in situazioni di relazioni interpersonali favorevoli e sicure. Correla con l’attivazione fisiologica “ottimale”, definita da Siegel “finestra di tolleranza”.
Nell’uomo consente cambiamenti impercettibili e molto repentini degli organi interni, in particolare del ritmo cardiaco e respiratorio, ovvero esercita una regolazione viscerale con un minimo impatto sul sistema biochimico ad esso associato. La sua funzione fondamentale, quindi, è quella di avere un effetto modulatorio del Sistema Nervoso Simpatico e una inibizione del Sistema Dorso Vagale, determinando una regolazione degli stati emotivi e del comportamento di coinvolgimento sociale.
Vengono facilitati i sistemi di azione dell’attaccamento (ad es.: lasciarsi cullare nelle braccia della madre, ricercare il conforto di una persona amica, abbandonarsi ad un abbraccio amoroso, ecc.), della socializzazione, del gioco, dell’esplorazione (Van der Hart et al. 2006).
Il sistema Ventro Vagale si forma tra il secondo e il terzo anno di vita e media la modulazione delle emozioni da parte della corteccia prefrontale ventrale. Prima di questa età, quindi, i bambini molto piccoli non sono capaci di modulare le proprie risposte allo stress attraverso un’azione corticale, hanno bisogno che i loro caregiver (gli adulti che li accudiscono) lo facciano per loro. La Ricerca sulla Psicopatologia Infantile degli ultimi cinquant’anni - considerando gli aspetti bio-temperamentali di ogni individuo - ha dimostrato l’importanza delle buone cure tra genitore e bambino che consistono in una sintonizzazione affettiva con i bisogni primari del piccolo che sono il contatto fisico-uditivo-cinestesico e che facilitano la nutrizione, l’addormentamento e la vigilanza in uno stato di calma.
I processi interattivi di regolazione neurofisiologica (genitore-bambino) permettono una maturazione e una crescita del sistema nervoso organizzandosi anatomo-funzionalmente in pattern di attivazione (connessioni neuronali), come schemi-circuiti di esperienze apprese.
Dunque, questi nuovi processi di attivazione di regolazione affettiva rimangono impressi nella memoria episodica e, poi, immagazzinati nella memoria autobiografica e sono potenzialmente attivi tutta la vita. Quindi, anche in età adulta, il SVV modula e/o interagisce con il Sistema Simpatico in contesti in cui prevale il senso della “sicurezza” e del “benessere”, come ad esempio nel divertimento giocoso, nei comportamenti sessuali condivisi, ecc.
Il Sistema Simpatico Adrenergico In situazioni di ambiente insicuro, al contrario, il Sistema Ventro Vagale viene inibito. Il pericolo percepito attiva in automatico, o in modo semi-automatico, il Sistema Simpatico adrenergico, facilitando le reazioni di attacco o di fuga. In caso di mancata risoluzione dell’attivazione simpatica, ovvero nel caso di continue minacce ambientali, il sistema simpatico può rimanere attivo in uno stato di iperattivazione (iper-arousal): paura incontrollabile, panico, immobilizzazione rigida, determinando a livello locale sul cuore disfunzioni del battito come le tachiaritmie.
Il Sistema Dorso Vagale, il sistema di difesa non mediato dal Cervello emotivo (lobo Limbico) e dalla Neocorteccia. Il più antico, è l’ultimo sistema di emergenza nell’uomo. Un sistema di fibre non mielinizzate controllato dal Nucleo Motore Dorsale che innerva gli organi sottodiaframmatici (milza, fegato, stomaco, intestino tenue, colon tratto prossimale) e che riduce drasticamente il metabolismo di tutto il corpo. In situazioni di pericolo di vita, oggettivo o percepito – come nelle esperienze traumatiche acute e/o ripetute, in cui la minaccia è soverchiante e insormontabile, non si può né fuggire né attaccare, si attiva nell’animale come nell’uomo l’antica via Dorso Vagale, di sottomissione, congelamento (freezing), dissociazione (percezione di essere estranei al proprio corpo o all’ambiente circostante), immobilità tonica, bradiaritmie fino alla asistolia con perdita di coscienza (sincope neuromediata). Tali reazioni, adattive e difensive in alcune specie animali, come la morte apparente (feigned death), perdono la loro funzione regolatrice negli esseri umani. La risposta dorsale vagale di ipo-arousal consiste in una disconnessione funzionale (detachment) (Holms e al. 2005) tra le strutture del cervello tripartito, cioè tra le strutture limbiche inferiori (amigdala), il tronco dell’encefalo e quelle superiori corticali.
Altri studi neurofisiologici hanno confermato ed integrato le ipotesi di Porges sui meccanismi di disregolazione autonomica nei disturbi stress-correlati.
Nella pratica clinica in psicologia dell’emergenza e in psicotraumatogia sono spesso presenti quadri sindromici in cui si evidenzia anche una grave compromissione nella regolazione autonomica del tono vagale che può manifestarsi transitoria o cronica.
Gli studi sulla variabilità del ritmo cardiaco (HRV) di van der Kolk e colleghi (2015) in soggetti con Disturbi da Stress Post Traumatici hanno evidenziano che questi soggetti, quando ricordavano episodi di vita terribili, presentavano una significativa instabilità della frequenza cardiaca, contrariamente ai soggetti del gruppo di controllo che riuscivano a stabilizzare il battito e non avevano un Disturbo post-traumatico. Altri recenti studi di neuroimaging (Lanius et. al. 2005, 2009; Shore, 2007) hanno evidenziato che l’arousal disregolato, presente nelle varie forme traumatiche ripetute, determina una dissociazione delle aree cerebrali normalmente collegate tra loro, che può manifestarsi transitoria come nelle forme semplici di Disturbo da Stress Post Traumatico, oppure può influire sullo sviluppo di alcune aree cerebrali, determinando un deficit di integrazione tra l’attivazione emotiva (mediata dall’amigdala), i sistemi di significato profondo (mediati dal sistema prefrontale destro) e la memoria esplicita (ippocampo e cervello sx), come nei Disturbi Complessi Trauma-correlati.
In conclusione: le nuove frontiere della neuro-psico-fisiologia hanno aperto le porte alla conoscenza “dell’essere umano” nella sua complessità, la cui salute o malattia non può più prescindere dalla stretta relazione con i contesti sociali-affettivi e ambientali. Scoprire i meccanismi di come questa integrazione avvenga è una sfida che muove da sempre la ricerca delle Scienze Umane. Paola Foggetti Psicoterapeuta, Psicofisiologa Clinica Psicologia d’Emergenza e Psicotraumatologia Sesto Centro di Psichiatria e Psicoterapia Cognitiva Roma
Articolo pubblicato su www.cardiolink.it
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coltivazione marijuana uso medico
Lampade per piante da dentro: come scegliere lampade LED per la coltivazione indoor. Germania: l'uso personale è tollerato ma non legale, solitamente il possessione di modiche quantità (fino a 10 grammi) non viene perseguito dalla normativa. Assicuratevi dunque di conoscere bene la differenza tra varietà indica e varietà sativa, e come si distinguono every il loro specifico comportamento di crescita. Nei giorni scorsi una delegazione composta da produttori, legali ed esperti di settore, ha esposto i risultati dei nove mesi successo cannabis light ad una delegazione di parlamentari in una conferenza alla Camera dei deputati Hanno in aggiunta consegnato le norme di autoregolamentazione che si avvengono dati sperando che il legislatore, visto che il mercato c'è ed è certo, le possa adottare every regolamentare il fenomeno. Anche se il mercato offre una varietà realmente enorme di semi vittoria marijuana, che sono largamente disponibili anche on-line, cominciare la propria esperienza utilizzando questa particolare tipologia vittoria semi di cannabis, ha i propri vantaggi, nello specifico se siete alle prime armi per quanto riguarda la coltivazione e qualora ancora dovete lavorare per guadagnare di quel pollice verde" e quelle nozioni di coltivazione e agricoltura che mi saranno realmente utili a lungo andare. Per indurre che un seme successo cannabis sia di fattura dovremo: in primo posto, fissarci sul suo aspetto. La Cannabis è una pianta dioica: può produrre piante maschio ed femmina. Se hai già coltivato cannabis, e con successo, puoi leggere ugualmente questa pagina, ciononostante la sua utilità sarà limitata. Coltivare è sempre reato, anche per uso riservato. É https://www.file-upload.com/p8iwu3gbufa3 , finendo il ciclo in appena 65-75 gg dalla germinazione. Per poter asserire che coltivare l'erba in terrazza in Italia sia possibile bisogna aspettare adesso la risposta della Corte costituzionale, a cui avvengono stati inviati gli atti del provvedimento. Fino a metà del secolo scorso eravamo i primi produttori in Europa, con oltre 100mila ettari di campi di canapa destinati perlopiù al tessile, ma nei decenni successivi l'avvento del proibizionismo ha di fatto cancellato quello che era un vanto del made in Italy. Le varietà autofiorenti possono resistere alle fonti successo luce esterna e continuare nel processo di fioritura; quindi non vengono effettuate sensibili allo stress causato dall'ambiente, così come accade invece con i semi regolari femminizzati. Esiste una controversia filogenetica sul fatto se le varietà coltivate della pianta costituiscano una singola varietà (Cannabis sativa) se rappresentino specie distinte, come quelle chiamate Cannabis indica, Cannabis ruderalis, Cannabis americana). Prima dell'inizio dell'era degli autofiorenti, l'unico modo di ottenere un racconto in outdoor durante l'estate era di coprire ciascuna pianta ogni giorno in modo che non ricevesse più di 12 ore al giorno di esposizione alla luce. Dimensioni eccessive, soprattutto outdoor, possono possedere conseguenze negative, come un maggiore rischio di risultare scoperti, tale da dover oscurare l'enorme quantità vittoria fragranti cime che potreste ottenere. Naturalmente, parliamo della cosiddetta cannabis light”, con un Thc (vale a dire la sostanza psicoattiva contenuta) al successo sotto dello 0, 2%, limite entro cui la marijuana è legale nel nostro Paese. In tal modo, si ha l'opportunità di coltivare tutte le piante che si desidera, in qualsiasi periodo e in qualunque stagione dell'anno, ottenendo così un raccolto rigoglioso. Quando questi coloro si svegliano, si stupiscono di trovarsi lì e sono molto tristi di essere stati portati via dal giardino.
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Se fossemos olhar uma árvore filogenetica das espécies pan (chimpanzé e bonobo) podemos dizer que os humanos e os gorilas estão localizados onde aproximadamente? Entre os dois, antes ou depois?
OsChimpanzés e Bonobos estariam obviamente mais próximos um do outro,enquanto o ancestral comum de ambos estaria mais perto de nós, sereshumanos modernos (e de nossos parentes extintos, claro), Por fim, o de nós três -humanos atuais (e extintos), chimpanzés e bonobos - estaria maispróximo dos gorilas. Veja aqui,por exemplo.
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LiteraturaRecomenda:
Mitchell, M. W. & Gonder, M. K. (2013) Primate speciation: A case study of African apes. Nature Education Knowledge 4(2):1
MacLatchy, L. M., Sanders, W. J. & Wuthrich, C. L. (2015) Hominoid Origins. Nature Education Knowledge 6(7):4
GrandeAbraço,
Rodrigo
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Un articolo pubblicato sulla rivista “Current Biology” descrive una ricerca che attraverso lo stato dell’arte di analisi statistiche ha testato modelli evolutivi comunemente utilizzanti nel campo della filogenetica per capire quale sia il gruppo di animali più antico comparso sulla Terra. Un team di ricercatori ha concluso che si tratta delle spugne, confermando alcune precedenti ricerche e contraddicendone altre che indicavano gli ctenofori come i più antichi in una controversia che continua da anni.
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Tagliatemi le mani, la corolla tagliate i ponti, la coda del serpente le antenne pettinate della bella di notte. Tagliate la strada all’architetto, i suoi calcoli celesti seguite il volo della foglia, ala gentile degli uccelli. Tagliatemi il respiro, il calice leggero del sonno pesate le pietre argento a metà nel petto. Tagliate la lingua al merlo, il suo canto arriva ai morti mangiate il grano nero che ho rubato dal becco. Sfilo il vestito, il giglio rosso della Landstrasser estetica del pensiero, dice l’architetto; una strana filogenetica la mia, vita di un petalo pianta annua a vita breve, mostro denti profumati agli scarabei. Sonia Lambertini
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