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Fiera Nazionale Vercelli in Vino: Due Giorni di Degustazioni e Cultura Enologica a Vercelli Fiere
Oltre 200 Etichette di Vini da Tutta Italia, Masterclass, Area Food e Degustazioni Illimitate il 9 e 10 Novembre a Caresanablot (VC)
Oltre 200 Etichette di Vini da Tutta Italia, Masterclass, Area Food e Degustazioni Illimitate il 9 e 10 Novembre a Caresanablot (VC) La Fiera Nazionale Vercelli in Vino si terrà il 9 e 10 novembre 2024 presso Vercelli Fiere, in Via Vecchia per Olcenengo 9 a Caresanablot (VC), un evento imperdibile per tutti gli amanti del vino e della buona tavola. Organizzata da Arte del Vino Eventi&Fiere, la…
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Tumbrl ha deciso di abbandonarmi al secondo giorno di festival ma who cares. Ho dormito in media 4 ore a notte, bevuto troppi bicchieri di vino e fumato abbastanza. Lo rifarei subito. Ho passato le serate a cena con gente dello spettacolo, Alice Rohrwacher che mi ha voluta assolutamente all’aperitivo con lei per poi chiedermi di farci una birretta assieme a fine serata. Terry Gilliam che mi racconta del suo prossimo film. Il gioco di Letterboxd con Lone Scherfig, io e Barbara Ronchi che parliamo della bellezza di Roma ad agosto e delle mie vacanze, portare Olivier Assayas a visitare la pinacoteca, solo noi due, Labadessa che manda vocali a mia madre, un messaggio su whatsapp di Milena Mancini che mi ringrazia. Forse una proposta di lavoro con Milena e Vinicio Marchioni. Essere già confermata per il prossimo anno come direttrice dell’organizzazione e non più produzione (means più soldi). Sapere veramente di aver fatto bene il proprio lavoro e averne la conferma dallo staff, dal direttore artistico, dagli ospiti che mi scrivono, dall’essere invitata come ospite al festival del cinema a Roma. Sono tornata stanca, ma sono tornata sapendo che da questo momento si apre un’altra strada, sono fiera di me e di quello che sto raggiungendo, DA SOLA. Senza alcuna raccomandazione, senza alcuna spintarella, solo ed esclusivamente io.
Ora ho bisogno di 3 giorni di sonno, ma va bene così
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" Il fabbricante di scale ha la sua bottega addossata a un'antica chiesetta romanica del Duecento ormai prossima a crollare completamente. Fabbrica scale da sempre, il mestiere lo ha imparato dal padre, il padre dal nonno e cosí via, come sempre capita per questi lavori artigiani. Costruisce scale fino a 34 gradini, per gli alberi più alti, specialmente per gli ulivi giganteschi nella zona di Ostuni, di Monopoli. La scala media più usata è quella a 20 gradini. La maggior quantità di scale viene venduta in occasione di fiere e mercati. La fiera più importante della zona avviene proprio qui a Modugno, in paese, nel mese di novembre. Un'altra fiera importante la fanno ad Acquaviva delle Fonti. Ma quella di Modugno è piú importante perché cade di novembre, il mese di piena per la raccolta delle ulive.
Il legno più usato è il castagno e l'abete. È un lavoro che è rimasto, salvo in qualche fase, essenzialmente manuale. Adesso i fori alle fiancate laterali della scala dove vengono fissati i pioli, vengono fatti a macchina. I pioli vengono prima fissati ad una fiancata della scala battendoli forte con l'ascia, ma prima bisogna avere l'accortezza di bagnare la punta del piolo nell'acqua, cosi l'accoppiata viene piú forte. Poi si mette l'altra fiancata della scala e, messi i pioli nei dovuti fori, si procede a fissarli definitivamente coi lavoro di inchiodatura. Alla fine la scala viene rifinita con la raspa e con un attrezzo, formato da una lama tenuta da due manici. Poi mi confida: "Caro amico, è un lavoro duro il mio, specialmente per me che debbo lavorare in questa bottega povera. L'interno è troppo piccolo e mi tocca lavorare estate ed inverno sotto questa tettoia. Lavorare nelle stagioni buone qui sotto è una delizia ma l'inverno fa molto freddo. Con questo lavoro guadagno abbastanza, però non sono riuscito a arricchirmi perché lavoro onestamente. Il cliente lo voglio trattare bene. Ma sono soddisfatto lo stesso. Tra poco debbo partire per una fiera a Gravina e sono contento perché vado a svagarmi un poco. Caricato il camioncino di scale, parto in compagnia di un buon panino e di un fiasco, di vino. Ricordo quando ero piccolo e viveva la buonanima di mio padre, si partiva a notte fonda, con il traino, per arrivare alla fiera ci si metteva piú tempo ma ci si divertiva di piú per la strada. "
Tommaso Di Ciaula, Prima l'amaro e poi il dolce. Amore e altri mestieri, Feltrinelli (collana Franchi Narratori, n° 33), 1981¹; pp. 53-54.
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Ho aperto una bottiglia di vino, non lo facevo da settimane.
Ho aperto una bottiglia di vino perché scrivere questa consegna m’irretisce: che ne so, io, del futuro? Che ne so, io, del mio, di futuro?
La mia psicologa m’ha detto di pormi domande anche fuori dalla stanza delle parole; allora, mi chiedo: sarà sempre così? Avrò sempre bisogno dell’ausilio di uno stato psicofisico alterato per guardarmi dentro? Per scovarmi?
Dove sono finita?
Non sarà poesia questa volta, se poesia possiamo definire quelle masse informi delle volte scorse. Non sarà logico, razionale, non seguirà un andamento lineare: questa sono io che scrivo di getto un flusso di coscienza che odierò dover rileggere per editare.
Probabilmente lo lascerò così: grezzo, magmatico, inusuale.
Io non so neanche cosa sia, il futuro. Treccani m’informa: futuro è
s. m. Il tempo che verrà o gli avvenimenti che in esso si succederanno.
Il tempo che verrà. Quando verrà?
Io procrastino il mio futuro, lo faccio da anni: congelata per decenni nello stato della studentessa che non vuole crescere, divenire adulta.
Il tempo che verrà, gli avvenimenti che in esso si succederanno:
allora il futuro è anche questo momento? Questo preciso ed esatto istante?
Il mio futuro di oggi prevede la sopravvivenza a questa giornata logorante, solitaria, alcolica, per poter andare a lavorare, poi, alle 23, staccare alle 3, andare a dormire.
È questo il mio futuro? È questo quello che mi aspetta una volta uscita dal nido sicuro, limbo lenitivo, che è la Holden?
Per anni ho procrastinato la mia laurea perché l’idea di lasciare la calda certezza dell’Università mi dilaniava.
Ora mi sono laureata, ma non l’ho fatto prima d’aver trovato già un morbido rimpiazzo.
Questa scuola.
Con le sue pareti dai colori caldi, i divanetti nei corridoi. Le consegne che ti obbligano a guardarti allo specchio. Mi viene in mente Elisa, di Menzogna e sortilegio:
E mi aggrappo agli specchi per ritrovarmi. Per non dissolvermi.
Come Elisa
Medusa
Fluttuo nell'aria e
L'avvolgo
Questa stanza è piena di me;
In me
L'aria. -
si guardava allo specchio e lo specchio le rifletteva l’immagine informe di una medusa incorporea. Questo sono anch’io: non ho contorni, non ho definizioni, non mi lascio incasellare: sono magma, come lo è la mia scrittura schizofrenica; sono fluido, informe e scrosciante, flusso che pretende di divenire, vento che soffia frusciante.
L’eterno ritorno.
Futuro, il tempo che verrà o gli avvenimenti che in esso si succederanno. Io, nel mio futuro, voglio vivere. Nel mio futuro è la vita che voglio: è la tenacia, l’ostinata, imperitura, tenacia di vivere che voglio, nel mio futuro.
Sarebbe troppo semplice scrivere il manifesto politico e indignato: oh, sì, il pianeta va in fiamme; le disuguaglianze? Non c’è modo alcuno di eliminarle; il lavoro è precario, il lavoro fa schifo – sono una fiera anti-lavorista impenitente – come si può metter su famiglia in uno scenario apocalittico tale? Apocalittico ‘sto cazzo: questo è il nostro presente. Ma, poi, io voglio davvero mettere su famiglia?
Io,
nel mio futuro,
voglio vivere.
E nel mio presente io mi domando, mi imploro persino: Federica, risolvi te stessa, perché sei dipendente da ogni dipendenza, e cerchi costantemente la sofferenza perché altrimenti non senti niente; e tu devi sentire, devi sentire di esistere e non solo esistere;
Federica tu vuoi vivere e non semplicemente esistere.
Come si fa, allora, ad immaginare un futuro se è già il presente ad essere così precario?
Futuro. Il tempo che verrà o gli avvenimenti che in esso si succederanno. Talvolta ho desiderato non ci fosse alcun futuro per me. Talvolta, guidando, un pensiero intrusivo ha tentato d’ammaliarmi: non frenare, continua così, col pedale schiacciato sull’acceleratore, ai 100 all’ora contro quell’albero: in fondo, che hai da perdere?
Niente.
Sono qui.
Quel pensiero intrusivo sono sempre riuscita a riporlo in un cassetto.
Chiuso a chiave,
due mandate,
per sicurezza. Quanto m’ha spaventato, quanto ancora mi spaventa quando tenta, con le sue lunghe dita affusolate, d’aprirsi un varco nel mio conscio.
Ma io è vivere che voglio.
Nel mio futuro, è vivere che voglio
Fanculo al mondo che cade a pezzi: non riesco a tenere insieme neanche me stessa.
Fanculo al mondo che brucia: io ho bisogno del fuoco per sentirmi esistere.
Fanculo alle ingiustizie: di cosa scriverei, se questo mondo indecente fosse perfetto?
E, poi, di cosa parlerei, se io fossi una persona risolta?
Futuro: Il tempo che verrà o gli avvenimenti che in esso si succederanno.
Io nel mio futuro voglio succedermi.
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va tutto benissimo, sono l’una e mezza sono tornato a casa da una fiera del vino, di conseguenza sono poco sobrio, e sto guardando video di ciancianguilla su yt
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Non ho più scritto nulla su questa pagina. Anni e anni di silenzio e di parole ingoiate, anni di cambiamenti, di risate e lacrime. La vita ha continuato a scorrere ed io con lei. E son diventata un'altra e ho incontrato altri mille volti, visto infiniti tramonti e solcato mari, abbracciato corpi, incrociato occhi. Ma non ho più scritto nulla qui.
Fino ad oggi.
Hosseini aveva ragione quando diceva che non si può scappare dal passato, o almeno non per sempre. E' buffo quando in due occhi castani ritrovi la vita che hai vissuto e tanto a lungo dimenticato. E' buffo come, alle volte, quello che pensavi di aver dimenticato era solo lì, in un cassetto del tuo cuore, pronto a riemergere. E' buffo pensare a come due persone che hanno condiviso una vita, un tempo, possano essere diventate estranee e quanta vita ci sia stata tra loro.
Mi sono resa conto che questa pagina, i miei pensieri, erano dedicati esclusivamente a lui. E tornare indietro nel tempo per dieci minuti, mi ha frantumato e riempito il cuore. Ho sorriso pensando a quante parole ci siamo detti, a quante promesse ci siamo fatti, quante lettere ci siamo scritti e quanti pensieri e canzoni ci siamo dedicati. Ho sospirato pensando a come eravamo giovani e immaturi, incapaci di gestire quello che eravamo, o, quantomeno, a quanto io fossi incapace di gestire quella che sono. Beh, quella parte non è cambiata.
Però è cambiato il resto... non siamo più ragazzini, ognuno ha continuato per la sua strada e fa incredibilmente sorridere come sia diventata la stessa strada. "Vorrei fare il dentista" mi diceva e ridevamo pensando che con me medico, saremmo stati, in qualche modo, colleghi. Non so se ridere o piangere al pensiero che tutti e due, probabilmente, diventeremo avvocati. E come le nostre vite abbiano viaggiato distanti, ma parallele. C'è qualcosa di poetico in questo. Guardandolo mi sono trovata a pensare: chissa chi è, chissà cosa gli piace ora, chissà cosa lo fa ridere o piangere, chissà se qualcuno lo ama o se si ricorda dei momenti passati... Un sacco di chissà, assolutamente inutili per la persona che sono adesso, ma che mi hanno ricordato quanto intensamente ho vissuto le emozioni con lui, senza che arrivassero da nessuna parte, ma ci sono state...e non si cancellano, per quanto si tenti di farlo.
Non avevo mai pensato che a questa persona ho lasciato di me più di quanto abbia mai avuto il coraggio di ammettere. Forse l'ho avuto oggi, questo coraggio; il coraggio di dirmi, dal profondo del cuore che lui per me è stato importante, anche se sembra la storia di un film visto un milione di anni fa.
Vederci così, diversi, cresciuti, mi ha reso fiera di noi, anche se separati. Mi ha fatto sussurrare: "quanta strada abbiamo fatto". E mi ha fatto sperare che quei ragazzi che eravamo, siano ancora vivi da qualche parte dentro di noi. Mi ha fatto sperare che lui sia amato e che realizzi i suoi sogni, che torni a Roma se è quello che vuole ancora e che abbia il cuore pieno di risate e di buon vino, che possa vedere il mondo con gli occhi di chi lo vede per la prima volta, che sia in grado di stupirsi delle piccole cose...ma mi ha fatto anche segretamente desiderare che nessuna, mai, riceva una lettera come quella che ha scritto a me.
E se fossimo quelli che eravamo allora mi guarderebbe e mi direbbe, sospirando sconsolato: “sei proprio un’idiota”. E io ridendo risponderei: “sono proprio un’idiota.”
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Scriviamo qualcosa di diverso. Ho 27 anni che per molti sei ancora bambina per altri una ragazza per altri quasi donna ... Io posso dire che non importa cosa pensano gli altri ,cio che so è che a 27 anni vedermi leggere un libro sorseggiando del gin-tonic all'arancia con di fianco il mio gatto e il mio cane ... In casa MIA , è un traguardo unico e importante . Nessuno mi ha mai regalato niente in molti mi hanno abbandonata quando più ne avevo bisogno ! E invece eccomi qua .. cambiando paese ,lavori, città ! Imparando nuove lingue e culture ,conoscendo persone , ogni tanto sentendomi anche sola ... La forza che ho avuto per affrontare tante cose solo io lo so ,ma sono fiera di essere chi sono ..sono felice di aver perso tante persone che ritenevo "mie amiche" , sono orgogliosa di potermi svegliare la mattina e sentirmi bene con me stessa ! Certo non dico di non aver mai sbagliato,ne ho fatti di errori , ma mi hanno aiutato a essere chi sono ora .. a sbatterci la faccia ,come si dice .. E non è fare la vittima è dire Grazie!!! Di errori ne farò ancora ,la strada è ancora lunga e le salite saranno tante , ma ho gambe forti e una testa dura ... Affronterò qualsiasi cosa col coraggio che ho sempre avuto e la determinazione che mi ha sempre contraddistinto! .
Sono pur sempre Bilancia 💪
Ci tenevo a scrivere qualcosa di vero , basta scrivere stronzate copiate da internet.. se dobbiamo scrivere scriviamo ogni tanto col cuore , leggiamo un libro ,sorseggiamo un buon vino ascoltando buona musica che trasmetta qualcosa non roba banale.
Di roba banale è già pieno il mondo ...
Siate diversi cazzo!
Perle di me ventisettenne... A trent'anni scrivo il romanzo .
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Ieri sera ho comprato un nuovo posacenere, gettando nel vetro quel piccolo barattolino che, in precedenza, conteneva il pesto verdissimo fatto da nonno. E molto fiera del mio acquisto, come se avessi vinto un oscar, lo guardavo orgogliosa. Un nuovo oggetto che si fa spazio in questa camera di un appartamento periferico in affitto. Pensavo a quanto sia stato importante per me crearmi questo Spazio solo mio, con all'interno tutto ciò che mi appartiene, tutto ciò che sono. L'infinità dei libri sulle mensole, tra cui i libri che ho usato per scrivere la mia tesi un anno fa, calamite regalate da qualcuno che c'è ancora o che non fa più quasi parte della mia vita, foto sulle pareti come a ricordarmi quali sono, per me, i momenti in cui sono stata felice o mi sono sentita leggera o ancora le persone per cui vale la pena. Ho sempre voluto avere uno Spazio tutto mio in cui sentirmi a casa, accolta. Uno spazio in cui poter sentire che quello che mi circonda non mi sta collassando addosso insieme alle pareti bianche. Ricordo ancora quel novembre di anni fa, quando vivevo in Puglia e nella mia stanza mi guardavo intorno e tutto sembrava volermi annientare. Tutti gli oggetti che popolavano la mia stanza sembravano perdere di senso, svuotarsi della propria essenza e iniziavano a fluttuare per aria. Io perdevo il contatto con il mio corpo, con la terra sotto i miei piedi, con la realtà. Più di un anno fa, iniziando terapia, ho capito che tutti quei fenomeni avevano un nome specifico. Non che io abbia mai voluto dare un nome necessariamente. Ho capito che non voglio neppure farmacologizzare la realtà.
Adesso questa camera che mi vive, giorno e notte, è la mia casa, il mio Spazio non più minaccioso. Ogni tanto vorrei dimenticare ciò che è stato, vorrei che quella me di anni fa, avesse vissuto la sua adolescenza in modo diverso. Ma in fondo ciò che conta davvero, non è tanto dimenticare, perché non voglio neanche farlo, ma è saper convivere con quello che si è stati e ripartire di là. Ma magari, ogni tanto, ci si può dimenticare un po' di se stessi, in una bella bottiglia di vino rosso.
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Velad y Orad...
Lea: Marcos 14:26-52
Vino luego y los halló durmiendo, y dijo a Pedro: ―Simón, ¿duermes? ¿No has podido velar una hora? Velad y orad para que no entreís en tentación; el espíritu a la verdad está dispuesto, pero la carne es débil. Marcos 14:37-38
El enemigo tiene poco que luchar con Pedro. No es ni siquiera necesario amenazarle con echarle a los leones o con quemarle en la estaca. Su resolución se desmorona por el simple medio de hacer que se sienta demasiado soñoliento como para orar. Eso es todo, y esa tremenda determinación de la voluntad, esa firme resolución, se disuelve, y Pedro es tan débil como masilla cuando llega el momento. Está débil porque le falta la fuerza de la oración. El demonio no tuvo más que hacer que sintiese sueño, eso es todo. Estoy seguro de que este fue un ataque satánico. La espada que estaba blandiendo Jehová, que hizo daño y angustió al Hijo de Dios, estaba ahora afectando a los discípulos, y se le permitió a Satanás aparecer como un furtivo hombre de arena que hace que los ojos sientan sueño, de modo que se quedaron dormidos en lugar de orar.
Jesús analiza la situación. Viene y les encuentra, y hay casi una nota de humor en esta situación. Después de haberles despertado, les dice a estos discípulos: “Pedro, ¿no has podido mantenerte despierto ni siquiera una hora? ¿No has podido resolver la fiera determinación para que durase por lo menos ese tiempo?”. Luego nos dice por qué Pedro no lo consiguió: “El espíritu está dispuesto, Pedro. Conozco tu corazón y sé que me amas. Tu espíritu está perfectamente dispuesto, pero, Pedro, has dependido de tu carne, y la carne es débil”.
Todos hemos sentido esto, ¿no es cierto? Se nos ha pedido que hagamos algo, y decimos: “El espíritu está dispuesto, pero la carne está lista para el fin de semana”. La carne es débil. Ese sentido humano de independencia, la confianza que tenemos en nosotros mismos, es siempre débil a la hora de ser sometido a prueba. No puede soportar la prueba. Este es el análisis que Jesús hace del problema de Pedro. La clave es la oración. Si Pedro, teniendo sueño y sintiéndose débil, hubiese seguido el ejemplo de Jesús y hubiese decidido confiar en el Padre y le hubiese dicho cuál era su problema, el Padre le hubiera ayudado, y él no hubiese negado al Señor.
Es nuestra debilidad la que es nuestra seguridad, no nuestra fortaleza. Es por eso que yo no me siento terriblemente impresionado cuando los jóvenes me dicen lo mucho que van a hacer por Dios y lo seguros que están de que pueden realizarlo hasta el fin. Yo he aprendido, por triste experiencia en mi propia vida, así como por el testimonio de las Escrituras, que a la hora de la prueba esta confianza en mí mismo desaparecerá por completo. Pero yo tengo confianza en el hombre o la mujer que dice: “Me siento asustado. No creo poder hacer esto, pero voy a intentarlo porque Dios me dice que lo haga. Estoy poniendo mis ojos en Él para que me fortalezca”.
Padre, abre mis ojos y mi corazón para que entienda que aparte de Ti no puedo hacer nada. Tú eres el Pastor en quien puedo confiar, a quien puedo acudir en la hora de la angustia y encontrar las fuerzas para hacer lo que Tú me estás llamando a hacer.
Aplicación a la vida:
¿Suponemos nosotros que seguimos obedientemente a Jesús gracias a nuestra propia seudo-energía humana y nuestros inadecuados recursos? ¿Por qué es la oración una necesidad urgente para este viaje de fe?
(Ray Stedman).
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Miti, demoni e famiglia
E’ da un paio di anni che non riesco più a stare serena con la mia famiglia. C’è un’atmosfera intollerabile per me. Niente di grosso succede, ma tante parole, tante pose, tante arie che mi feriscono come punte di aghi incandescenti. Mi detesto per questo, perchè vorrei solo saperli amare senza giudizio. Mi sento così distante, come in uno spazio siderale sola con le mie idee e il mio sdegno. Ma chi mi credo di essere? Sto zitta, mangio, cerco di raggiungere la Terra e riconnettermi con il calore della casa. Però, vorrei spiegarmi, tentare anche di difendermi dalle accuse che mi rivolgo. C’è questo mio cugino, E., 40 anni circa, un imprenditore, sposato con una ragazza straniera che ha salvato dal suo contesto socio-familiare, in realtà stanno insieme da parecchi anni e lei gli è devota come ad un re. Lui le compra i vestiti, lo smalto, le scarpe.. scelgo tutto io -dice- si, io non mi so proprio vestire -si sente lei dall’altro capo della tavola- Intanto io penso hai mai potuto decidere cara? Lui è ovviamente un intenditore di cibo, vino biologico, formaggi pregiati, champagne, vestiti, viaggi, prodotti artigianali, ristoranti e lei cucina da dio, dunque, ad ogni festività si occupano loro di tutto, portando cose gourmet che lui spiega con grande carisma. Ah! E. grazie, tutto buonissimo! Sei eccezionale, riesci a far star bene tutti E lui osserva tutto e tutti, riempie i calici, chiede se piace la roba e poi manco ti fa finire di parlare e ti da altre notizie. Oh si, si sente proprio questa nota di sottobosco nel vino, incredibile! ............. Bene, a me sembra un cazzo di burattinaio. Sotto questa maschera da benefattore, filantropo, zen del cazzo mi sembra solo uno che è terrorizzato di farsi vedere e vedersi per ciò che è, un cazzo di essere umano come tutti noi. E nessuno pare accorgersi di tutte queste piccole violenze che si nascondono dietro questa opulente generosità. .............. Parlavo con mia madre e con lui della psicoterapia. Ovviamente, lui ne parlava come se fosse il suo mestiere. Io non riuscivo a dire più di tre parole senza essere che mi interrompesse. Certo che ho fatto terapia, ben cinque anni, poi il terapeuta mi ha detto che ho tutti gli strumenti e le consapevolezze.. Faccio l’errore di parlare della mia terapia, di cui sono fiera e timida. E racconto che l’ho iniziata da piccola e ho ripreso ora con l’inizio della specializzazione in psichiatria e lui, acceso come da un lampo, Ma scusa quindi da quanti anni la fai? -d’improvviso curioso- Beh saranno ** anni.. in maniera disc-- AH! Ma come -con un risolino- ancora non hai trovato la chiave? A n c o r a non hai trovato l a c h i a v e ? -mi sento sprofondare dalla vergogna- Ancora non controlli le tue emozioni, sai quello è un fatto di auto-analisi, consapevolezze........ ......
....
Io, graffiata in pieno viso, ho tentato di difendermi. Come se avessi dovuto difendere chi sono! Perchè mi ero sentita umiliata nella cosa più intima che può esistere: il rapporto con la propria vulnerabilità. Ho tentato, ma le parole non hanno consistenza se l'altro non ti ascolta e mi sono arresa: evidentemente ancora non ho raggiunto la consapevolezza (come te). Ho scelto di non giocare al suo gioco. sei un lupo travestito da pecora, sei la maschera di te stesso. ma ho taciuto. E mia madre, che di nulla si era accorta, continuava a sorridergli e a pendere dalle sue labbra, in questo gioco perverso che fanno i “vincenti”: adulare per essere adulati mentre io, in minoranza, ripiegavo nella solitudine. Come un cane randagio, rabbioso, scontroso, ferito, che non appartiene a nessuno, né a chi vince né a chi perde
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Grande Successo per la Storica Fiera Bovina di Sant’Eusebio 2024 a Ottiglio
Un'edizione memorabile tra espositori, tradizioni locali e scambi culturali internazionali.
Un’edizione memorabile tra espositori, tradizioni locali e scambi culturali internazionali. La Storica Fiera Bovina di Sant’Eusebio ha concluso l’edizione 2024 con grande successo, attirando più di 2000 visitatori, 44 espositori e 35 bovini alla rassegna zootecnica. La manifestazione, celebrata a Ottiglio il 7 ottobre 2024, ha saputo mantenere vive le tradizioni locali del territorio monferrino,…
#artigianato locale#Banda Municipale Rocchetta Tanaro#Birrificio Ottigliese#Cibo Sano Monferrato#Ciofs-Fp Casale#Confetture Artigianali#Cultura Locale Monferrato.#Delegazioni Internazionali#Eccellenze Piemontesi#Espositori Km Zero#Fiera Bovina Sant&039;Eusebio#Fiera del Bonèt#Fiera Europea#Fiera Ottiglio 2024#Fiere 2025#Fiere Agricole Piemonte#Formaggi Artigianali#Fratellanza We4green#giovani imprenditori agricoli#Inclusività Fiera#Innovazione Agroalimentare#Miele Artigianale#patto di fratellanza#Prodotti Km Zero Monferrato#Produttori di Riso#produttori di vino#Rassegna Zootecnica#Riciclo e Riuso#Show Cooking Internazionale#Sostenibilità
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Piacenza: alla “Fiera dei Vini” saranno protagonisti i vini, il territorio e il tartufo
a cura della redazione Dal 16 al 18 novembre presenti in fiera oltre duecento aziende.La mostra mercato si arricchisce di una sezione curata dal GAL del Ducato dedicata al tartufo e ai prodotti locali. Biglietti d’ingresso e per le masterclass in vendita online. Sempre più vino e territorio al centro della Fiera dei Vini, che si terrà da sabato 16 a lunedì 18 novembre negli spazi di Piacenza…
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Storie e racconti di vino: alla scoperta dei sommelier delle emozioni.
Storie e racconti di vino: alla scoperta dei sommelier delle emozioni.La quarta edizione della guida social I Vini del Cuore verrà presentata a Merano Wine Festivaldomenica 10 novembre alle 1530 durante la masterclass presso l’Hotel Terme Merano Wine Festival, la più iconica fiera del vino italiana ideata da The WineHunter Helmuth Köcher, ospiterà la presentazione della quarta edizione della…
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Vino primero la jirafa pinta, luego el sagaz e impávido elefante, y la sierpe ladina ensortijando doradas llamas: cuantas fueran bestias sanguinarias domó su gentileza. Bebieron todas de la sacra fuente y la ardicia brotó en sus corazones de contemplar tan gran virtud y gracia.
Leona berrenda le arrimó su prole, que la enseñara a soslayar su innata sed de matar; desmadejó el guepardo los nervios a sus pies, y con ojeos, sin lengua declarábale su afán de ser tan manso como la gacela. De su mirada y voz el ruedo mágico toda fiera retrajo al paraíso.
Sileno viejo, que blandía un bohordo de lirios, con jovial tropa llegó de montaraces dioses, cual cigarras que en cerrado olivar embriaga el néctar; detrás venía Dríope con Fauno sonsacándole al dios un canto nuevo, cuando en la cueva dan con la señora sobre un sitial de esmeraldina gema.
Y es leyenda que Pan universal, aunque no visto, desde adamantino centro de la montaña, por el aire, cruzando como afán los elementos, se trasfundió de su cobil perpetuo, donde palpita el corazón del mundo, y fue a sentir a la pasmosa dama, y ella lo barruntó en su trono glauco.
Y toda ninfa de árbol y corriente, y cuantas grey de Océano apacientan gobernando en el mar las canas ondas, y el propio dios con sal en sus crisnejas, y Príapo genial con su partida, todos fueron, pasmados que la roca pariera tal beldad de sus entrañas: y amor de ella templó su pasmo y júbilo.
Fueron zagales y montesas vírgenes, y los rústicos reyes garamantes, sus almas trepidando como llama que agita el aire de una yerma sima; pigmeos, polifemos de mil nombres, centauros, faunos, formas que frecuentan húmedas quiebras, bultos dizque vivos, con la testa de un can y patas de ave.
Pues su belleza deslucía el orbe, y todo semejaba a par de ella cual evasiva imagen de una sombra. No había especie de viviente espíritu que habiendo sido expuesto a su apariencia posar pudiera ya en cosa del mundo, ni esperar más de la rodante esfera, sino su forma y su mirar recóndito.
*
And first the spotted cameleopard came, And then the wise and fearless elephant; Then the sly serpent, in the golden flame Of his own volumes intervolved;—all gaunt And sanguine beasts her gentle looks made tame. They drank before her at her sacred fount; And every beast of beating heart grew bold, Such gentleness and power even to behold.
The brinded lioness led forth her young, That she might teach them how they should forego Their inborn thirst of death; the pard unstrung His sinews at her feet, and sought to know With looks whose motions spoke without a tongue How he might be as gentle as the doe. The magic circle of her voice and eyes All savage natures did imparadise.
And old Silenus, shaking a green stick Of lilies, and the wood-gods in a crew Came, blithe, as in the olive copses thick Cicadae are, drunk with the noonday dew: And Dryope and Faunus followed quick, Teasing the God to sing them something new; Till in this cave they found the lady lone, Sitting upon a seat of emerald stone.
And universal Pan, 'tis said, was there, And though none saw him,—through the adamant Of the deep mountains, through the trackless air, And through those living spirits, like a want, He passed out of his everlasting lair Where the quick heart of the great world doth pant, And felt that wondrous lady all alone,— And she felt him, upon her emerald throne.
And every nymph of stream and spreading tree, And every shepherdess of Ocean's flocks, Who drives her white waves over the green sea, And Ocean with the brine on his gray locks, And quaint Priapus with his company, All came, much wondering how the enwombed rocks Could have brought forth so beautiful a birth;— Her love subdued their wonder and their mirth.
The herdsmen and the mountain maidens came, And the rude kings of pastoral Garamant— Their spirits shook within them, as a flame Stirred by the air under a cavern gaunt: Pigmies, and Polyphemes, by many a name, Centaurs, and Satyrs, and such shapes as haunt Wet clefts,—and lumps neither alive nor dead, Dog-headed, bosom-eyed, and bird-footed.
For she was beautiful—her beauty made The bright world dim, and everything beside Seemed like the fleeting image of a shade: No thought of living spirit could abide, Which to her looks had ever been betrayed, On any object in the world so wide, On any hope within the circling skies, But on her form, and in her inmost eyes.
Percy Bysshe Shelley
di-versión©ochoislas
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Cronache agostane #6
E insomma, si erano pappati pure quel ferragosto. Festa religiosa e civile che, come molti anni addietro gli aveva scritto immalinconita un’amica, in un’email inviata proprio quella mattina, segnava l’inizio della fine dell’estate; da qui la sensazione non esattamente di gioia che in tanti suscitava, per l’imminente rientro nei ranghi di una vita ordinaria e chissà quanto poco soddisfacente. In altri prevaleva viceversa il sollievo del lasciarsi presto alle spalle giornate di caldo feroce, o più ancora giornate capaci solo di intorbidire umori già grigio-bluastri di loro. E lui? Lui se n’era rimasto tranquillo a casa, uscendo giusto per una visita al cimitero e comprare del pesce fritto in quel che rimaneva di un’antica fiera in disarmo in un paese vicino. Il cervello piacevolmente stordito dall’alcol di una birra gelata prima di pranzo, cui si era aggiunto il vino cotto allungato con acqua al momento di mangiare, non aveva provato sentimenti speciali; sudando non poco, benché solo in mutande, si era presto assopito su un divano, mentre fuori cominciavano ad allungarsi le ombre di nuvole imperiose che si levavano dalle vette degli Appennini centrali. E ora era lì, sulla soglia dello studio, sempre in mutande, che osservava quel cielo grigio che prometteva un temporaneo refrigerio.
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Vinitaly and the City debutta in Calabria, da venerdì 30 agosto a domenica 1 settembre al Parco archeologico nazionale di Sibari
Vinitaly and the City debutta in Calabria, da venerdì 30 agosto a domenica 1 settembre al Parco archeologico nazionale di Sibari. La Calabria sarà la prima regione d’Italia ad ospitare Vinitaly and the City in trasferta. Da venerdì 30 agosto a domenica 1° settembre, la versione fuori-fiera del salone internazionale del vino di Verona arriverà a Sibari.... Leggi articolo completo su La Milano Read the full article
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