#ferite da taglio
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Orrore a Bergamo: 19enne Uccisa a Coltellate, Indagini in Corso
La città sconvolta dall'omicidio di una giovane trovata in un lago di sangue. La polizia indaga su un delitto che lascia molte domande aperte.
La città sconvolta dall’omicidio di una giovane trovata in un lago di sangue. La polizia indaga su un delitto che lascia molte domande aperte. L’articolo pubblicato da Il Giornale offre un resoconto dettagliato di un evento tragico avvenuto a Bergamo: l’omicidio di una ragazza di soli 19 anni, ritrovata con diverse ferite da taglio e il corpo immerso in un lago di sangue. Il fatto, avvenuto…
#19enne uccisa#attacco con coltello#Bergamo cronaca nera#brutalità omicidio#città sotto shock#comunità sconvolta#criminalità giovanile#cronaca Bergamo#cronaca del delitto#Cronaca Italiana#Cronaca nera#cronaca notturna#delitti notturni#delitto in Italia#eventi drammatici#fatti di cronaca#ferite da taglio#giovane uccisa#indagini Bergamo#Indagini in corso#indagini omicidio#indagini polizia#investigazione omicidio#notizie d&039;Italia#notizie omicidio#omicidi efferati#omicidi giovanili#omicidi Italia#omicidio Bergamo#polizia Bergamo
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LIBERA!
Il titolo non si riferisce a un proclama urlato a squarciagola per qualche lotta politica contro le sopraffazioni ma alla frase urlata dal dottore di turno dei medical drama quando si appresta a usare un defibrillatore su un paziente in arresto cardiaco.
Se non lo aveste ancora intuito, con questo post mi appresterò a raccontarvi quanto siano sbagliati e/o inesatti i medical trope cinematografici a cui tanto siete abituati, così abituati che promettereste denuncia al tribunale del diritto del malato qualora non vi venissero praticate le stesse identiche procedure.
NESSUNO ESTRAE I PROIETTILI
Non è una priorità, non è il proiettile a creare l’eventuale emorragia (cioè... lo ha fatto ma non continua a farlo) quindi tutte le scene in cui la vita dell’appena crivellato dipende dall’estrazione del proiettile SONO UNA STRONZATA. Eventualmente ci si concentra sul tamponamento della ferita applicando una pressione perché il tentativo di rimozione potrebbe peggiorare il sanguinamento, sia perché eseguito in modo maldestro con pinzette per sopracciglia o tenaglia da fabbro sia perché, a volte, il proiettile tiene chiusa la ferita.
Il proiettile è di per sé a bassa carica batterica (è stato sterilizzato dalla deflagrazione della polvere da sparo) quindi può essere rimosso a distanza di ore o giorni (e pure anni).
NESSUNO CAUTERIZZA LE FERITE
Il sanguinamento di un’arteria non lo fermi con un pezzo di ferro arroventato (se proprio tenendoci sopra qualche minuto una fiamma ossidrica) e sanguinamenti venosi li blocchi col tamponamento. Cauterizzare una ferita, a dispetto di quanto si creda, AUMENTA IL RISCHIO DI INFEZIONE perché non solo le ferite non le ‘disinfetti’ col fuoco ma un’ustione è una sede di ingresso di patogeni migliore di un semplice buco o taglio.
NESSUNO RIDUCE LE FRATTURE TIRANDO
O meglio, lo fanno gli ortopedici dopo un Rx e dopo averti somministrato del midazolam o del propofol. Se lo fai per strada a caso, rischi come minimo una lesione di un plesso nervoso o addirittura un’arteria tranciata. E se non sapete come steccare correttamente un arto evitate di farlo e aspettate i soccorsi.
NESSUNO ESTRAE I CORPI ESTRANEI CONFICCATI
e comunque nessuno si fa distrarre da domande stupide prima della rimozione a tradimento.
I corpi estranei conficcati VANNO LASCIATI DOVE SONO perché un pezzo di legno appuntito, una scheggia metallica e persino un coltello stanno già creando un tamponamento su qualsiasi vaso dovesse essere stato reciso e una rimozione maldestra in ambito non operatorio potrebbe creare danni emorragici in uscita che non potrebbero essere trattati in modo professionale.
NESSUNO METTE LACCI EMOSTATICI
perché se non sapete qual è l’origine dell’emorragia (venosa o arteriosa) un laccio emostatico può creare un danno ischemico IMPORTANTISSIMO all’arto, proporzionale ai minuti di applicazione (dopo i canonici tre). Peggio che mai se applicate una cintura o una corda. TAMPONATE E BASTA.
NESSUNO AFFOGATO SPUTA L’ACQUA DOPO ESSERE STATO RIANIMATO
Se sei in arresto cardiaco, la respirazione bocca-a-bocca e il massaggio non servono a far tornare il cuore a pulsare e tu a respirare MA A PRESERVARE IN MODO FORZATO L’OSSIGENAZIONE E IL CIRCOLO in attesa di veri soccorsi attrezzati. Quindi nessuno che sia veramente in arresto cardiaco si rianima in tale modo (se succede era solo svenuto) né tantomeno avrebbe la forza di espellere con un colpo di tosse l’acqua del tratto tracheo-bronchiale. La posizione laterale di sicurezza, invece, ne permette il defluire per gravità.
NESSUNO INIETTA UN FARMACO PIANTANDOTI L’AGO DRITTO NELLA VENA DEL BRACCIO
E soprattutto guardandoti negli occhi mentre lo fa.
Sarebbe quasi impossibile individuare la vena senza palpare e senza stabilizzare le proprie mani sull’avambraccio e se l’ago è perpendicolare alla cute, pochi millimetri prima sei fuori dalla vena e pochi dopo l’hai forata da parte a parte.
Bonus: se pianti un ago nel collo di una persona gli inietti il farmaco in trachea, nell’esofago, nel midollo spinale o anche nella tiroide.
NESSUNO FA LA TRACHEOTOMIA A UNA PERSONA CHE HA SMESSO DI RESPIRARE
La tracheotomia e la tracheostomia (la prima è la manovra, la seconda il foro praticato) servono a bypassare un’ostruzione tra la bocca e la laringe. Si fa col bisturi e un taglio prima verticale sulla cute e poi orizzontale sulla cartilagine cricotiroidea. Se perfori brutalmente con una penna è facile che farai soffocare la persona nel suo stesso sangue perché non è che inserendo una cannuccia l’emorragia si ferma. E devi avere difficoltà respiratorie da corpo estraneo... se hai già smesso di respirare è inutile.
E per concludere, ripetete con me:
NESSUNO INIETTA L’ADRENALINA NEL CUORE
né alcun’altro tipo di farmaco, soprattutto se sei in overdose da oppiacei.
Capito Quentin Tarantino?
(ノಠ益ಠ)ノ彡┻━┻
Grazie dell’attenzione e dell’eventuale gentile reblog medico-divulgativo.
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“Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita.
Quando si rimette in piedi dopo la catastrofe, dopo la caduta.
Che uno dice: è finita.
No, non è mai finita per una donna.
Una donna si rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole.
Non parlo solo dei dolori immensi, di quelle ferite da mina anti-uomo che ti fa la morte o la malattia.
Parlo di te, che questo periodo non finisce più, che ti stai giocando l'esistenza in un lavoro difficile, che ogni mattina è un esame, peggio che a scuola.
Te, implacabile arbitro di te stessa, che da come il tuo capo ti guarderà deciderai se sei all'altezza o se ti devi condannare.
Così ogni giorno, e questo noviziato non finisce mai.
E sei tu che lo fai durare.
Oppure parlo di te, che hai paura anche solo di dormirci, con un uomo; che sei terrorizzata che una storia ti tolga l'aria, che non flirti con nessuno perché hai il terrore che qualcuno s'infiltri nella tua vita.
Peggio: se ci rimani presa in mezzo tu, poi soffri come un cane.
Sei stanca: c'è sempre qualcuno con cui ti devi giustificare, che ti vuole cambiare, o che devi cambiare tu per tenertelo stretto.
Così ti stai coltivando la solitudine dentro casa.
Eppure te la racconti, te lo dici anche quando parli con le altre: "Io sto bene così. Sto bene così, sto meglio così".
E il cielo si abbassa di un altro palmo.
Oppure con quel ragazzo ci sei andata a vivere, ci hai abitato Natali e Pasqua.
In quell'uomo ci hai buttato dentro l'anima ed è passato tanto tempo, e ne hai buttata talmente tanta di anima, che un giorno cominci a cercarti dentro lo specchio perché non sai più chi sei diventata.
Comunque sia andata, ora sei qui e so che c'è stato un momento che hai guardato giù e avevi i piedi nel cemento.
Dovunque fossi, ci stavi stretta: nella tua storia, nel tuo lavoro, nella tua solitudine.
Ed è stata crisi, e hai pianto.
Dio quanto piangete!
Avete una sorgente d'acqua nello stomaco.
Hai pianto mentre camminavi in una strada affollata, alla fermata della metro, sul motorino.
Così, improvvisamente. Non potevi trattenerlo.
E quella notte che hai preso la macchina e hai guidato per ore, perché l'aria buia ti asciugasse le guance?
E poi hai scavato, hai parlato, quanto parlate, ragazze!
Lacrime e parole. Per capire, per tirare fuori una radice lunga sei metri che dia un senso al tuo dolore.
"Perché faccio così? Com'è che ripeto sempre lo stesso schema? Sono forse pazza?"
Se lo sono chiesto tutte.
E allora vai giù con la ruspa dentro alla tua storia, a due, a quattro mani, e saltano fuori migliaia di tasselli. Un puzzle inestricabile.
Ecco, è qui che inizia tutto. Non lo sapevi?
E' da quel grande fegato che ti ci vuole per guardarti così, scomposta in mille coriandoli, che ricomincerai.
Perché una donna ricomincia comunque, ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti.
Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova te.
Perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa.
Non puoi più essere quella di prima. Prima della ruspa.
Non ti entusiasma? Ti avvincerà lentamente.
Innamorarsi di nuovo di se stessi, o farlo per la prima volta, è come un diesel.
Parte piano, bisogna insistere.
Ma quando va, va in corsa.
E' un'avventura, ricostruire se stesse.
La più grande.
Non importa da dove cominci, se dalla casa, dal colore delle tende o dal taglio di capelli.
Vi ho sempre adorato, donne in rinascita, per questo meraviglioso modo di gridare al mondo "sono nuova" con una gonna a fiori o con un fresco ricciolo biondo.
Perché tutti devono capire e vedere: "Attenti: il cantiere è aperto, stiamo lavorando anche per voi. Ma soprattutto per noi stesse".
Più delle albe, più del sole, una donna in rinascita è la più grande meraviglia.
Per chi la incontra e per se stessa.
È la primavera a novembre.
Quando meno te l'aspetti...”
Jack Folla
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Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita.
Quando si rimette in piedi dopo la catastrofe, dopo la caduta.
Che uno dice: è finita.
No, non è mai finita per una donna.
Una donna si rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole.
Non parlo solo dei dolori immensi, di quelle ferite da mina anti-uomo che ti fa la morte o la malattia.
Parlo di te, che questo periodo non finisce più, che ti stai giocando l'esistenza in un lavoro difficile, che ogni mattina è un esame, peggio che a scuola.
Te, implacabile arbitro di te stessa, che da come il tuo capo ti guarderà deciderai se sei all'altezza o se ti devi condannare.
Così ogni giorno, e questo noviziato non finisce mai.
E sei tu che lo fai durare.
Oppure parlo di te, che hai paura anche solo di dormirci, con un uomo; che sei terrorizzata che una storia ti tolga l'aria, che non flirti con nessuno perché hai il terrore che qualcuno s'infiltri nella tua vita.
Peggio: se ci rimani presa in mezzo tu, poi soffri come un cane.
Sei stanca: c'è sempre qualcuno con cui ti devi giustificare, che ti vuole cambiare, o che devi cambiare tu per tenertelo stretto.
Così ti stai coltivando la solitudine dentro casa.
Eppure te la racconti, te lo dici anche quando parli con le altre: "Io sto bene così. Sto bene così, sto meglio così".
E il cielo si abbassa di un altro palmo.
Oppure con quel ragazzo ci sei andata a vivere, ci hai abitato Natali e Pasqua.
In quell'uomo ci hai buttato dentro l'anima ed è passato tanto tempo, e ne hai buttata talmente tanta di anima, che un giorno cominci a cercarti dentro lo specchio perché non sai più chi sei diventata.
Comunque sia andata, ora sei qui e so che c'è stato un momento che hai guardato giù e avevi i piedi nel cemento.
Dovunque fossi, ci stavi stretta: nella tua storia, nel tuo lavoro, nella tua solitudine.
Ed è stata crisi, e hai pianto.
Dio quanto piangete!
Avete una sorgente d'acqua nello stomaco.
Hai pianto mentre camminavi in una strada affollata, alla fermata della metro, sul motorino.
Così, improvvisamente. Non potevi trattenerlo.
E quella notte che hai preso la macchina e hai guidato per ore, perché l'aria buia ti asciugasse le guance?
E poi hai scavato, hai parlato, quanto parlate, ragazze!
Lacrime e parole. Per capire, per tirare fuori una radice lunga sei metri che dia un senso al tuo dolore.
"Perché faccio così? Com'è che ripeto sempre lo stesso schema? Sono forse pazza?"
Se lo sono chiesto tutte.
E allora vai giù con la ruspa dentro alla tua storia, a due, a quattro mani, e saltano fuori migliaia di tasselli. Un puzzle inestricabile.
Ecco, è qui che inizia tutto. Non lo sapevi?
E' da quel grande fegato che ti ci vuole per guardarti così, scomposta in mille coriandoli, che ricomincerai.
Perché una donna ricomincia comunque, ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti.
Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova te.
Perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa.
Non puoi più essere quella di prima. Prima della ruspa.
Non ti entusiasma? Ti avvincerà lentamente.
Innamorarsi di nuovo di se stessi, o farlo per la prima volta, è come un diesel.
Parte piano, bisogna insistere.
Ma quando va, va in corsa.
E' un'avventura, ricostruire se stesse.
La più grande.
Non importa da dove cominci, se dalla casa, dal colore delle tende o dal taglio di capelli.
Vi ho sempre adorato, donne in rinascita, per questo meraviglioso modo di gridare al mondo "sono nuova" con una gonna a fiori o con un fresco ricciolo biondo.
Perché tutti devono capire e vedere: "Attenti: il cantiere è aperto, stiamo lavorando anche per voi. Ma soprattutto per noi stesse".
Più delle albe, più del sole, una donna in rinascita è la più grande meraviglia.
Per chi la incontra e per se stessa.
È la primavera a novembre.
Quando meno te l'aspetti...
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Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita.
Quando si rimette in piedi dopo la catastrofe, dopo la caduta.
Che uno dice: è finita. No, finita mai, per una donna.
Una donna si rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole.
Non parlo solo dei dolori immensi, di quelle ferite da mina anti-uomo che ti da la morte o la malattia.
Parlo di te, che questo periodo non finisce più, che ti stai giocando l’esistenza in un lavoro difficile, che ogni mattina è un esame, peggio che a scuola.
Te, implacabile arbitro di te stessa, che da come il tuo capo ti guarderà deciderai se sei all’altezza o se ti devi condannare.
Così ogni giorno, e questo noviziato non finisce mai. E sei tu che lo fai durare.
Oppure parlo di te, che hai paura anche solo di dormirci, con un uomo; che sei terrorizzata che una storia ti tolga l’aria, che non flirti con nessuno perché hai il terrore che qualcuno s’infiltri nella tua vita.
Peggio: se ci rimani presa in mezzo tu, poi soffri come un cane.
Sei stanca: c’è sempre qualcuno con cui ti devi giustificare, che ti vuole cambiare, o che devi cambiare tu per tenertelo stretto.
Così ti stai coltivando la solitudine dentro casa. Eppure te la racconti, te lo dici anche quando parli con le altre: “Io sto bene così. Sto bene così, sto meglio così”.
E il cielo si abbassa di un altro palmo. Oppure con quel ragazzo che ami alla follia.
In quell’uomo ci hai buttato dentro l’anima; ed è passato tanto tempo, ce ne hai buttata talmente tanta di anima, che un giorno cominci a cercarti dentro lo specchio perché non sai più chi sei diventata.
Comunque sia andata, ora sei qui e so che c’è stato un momento che hai guardato giù e avevi i piedi nel cemento.
Dovunque fossi, ci stavi stretta: nella tua storia, nel tuo lavoro, nella tua solitudine.
Ed è stata crisi. E hai pianto. Dio quanto piangete!
Avete una sorgente d’acqua nello stomaco. Hai pianto mentre camminavi in una strada affollata, alla fermata della metro, sul motorino.
Così, improvvisamente. Non potevi trattenerlo. E quella notte che hai preso la macchina e hai guidato per ore, perché l’aria buia ti asciugasse le guance? E poi hai scavato, hai parlato. Quanto parlate, ragazze!
Lacrime e parole. Per capire, per tirare fuori una radice lunga sei metri che dia un senso al tuo dolore. “Perché faccio così? Com’è che ripeto sempre lo stesso schema? Sono forse pazza?” Se lo sono chiesto tutte.
E allora vai giù con la ruspa dentro alla tua storia, a due, a quattro mani, e saltano fuori migliaia di tasselli.
Un puzzle inestricabile. Ecco, è qui che inizia tutto. Non lo sapevi?
È da quel grande fegato che ti ci vuole per guardarti così, scomposta in mille coriandoli, che ricomincerai. Perché una donna ricomincia comunque, ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti.
Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova te.
Perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa.
Non puoi più essere quella di prima. Prima della ruspa.
Non ti entusiasma? Ti avvincerà lentamente.
Innamorarsi di nuovo di se stessi, o farlo per la prima volta, è come un diesel.
Parte piano, bisogna insistere. Ma quando va, va in corsa.
È un’avventura, ricostruire se stesse. La più grande.
Non importa da dove cominci, se dalla casa, dal colore delle tende o dal taglio di capelli.
Vi ho sempre adorato, donne in rinascita, per questo meraviglioso modo di gridare al mondo “sono nuova” con una gonna a fiori o con un fresco ricciolo.
Perché tutti devono capire e vedere: “Attenti: il cantiere è aperto.
Stiamo lavorando anche per voi. Ma soprattutto per noi stesse”.
Più delle albe, più del sole, una donna in rinascita è la più grande meraviglia.
Per chi la incontra e per se stessa.
È la primavera a novembre. Quando meno te l’aspetti.
Diego Cugia - Jack Folla
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Soffro di autolesionismo ma non mi sento affatto valida. I miei tagli sono superficiali, poco aperti, sembrano linee rosse. Di recente ho provato lo styro ma non sono andata oltre. Non ce la faccio più a sopportare questa sensazione. Le mie cicatrici sono piccole e poche, tendono a sbiadire. Questo mi fa sentire una fallita, mi sento come se non avessi mai lottato con SH, mi sento come se non fossi abbastanza ferita, le mie ferite non sono abbastanza gravi da considerare davvero questo un problema. Non provo più sollievo quando lo faccio ma solo rabbia per non essere riuscita a raggiungere l'obiettivo. Come posso farmi bastare questi tagli?
Ciao anon!
L'autolesionismo non è una gara a chi si fa più male. Non devi pensare alla quantità o alla profondità. Non è quello.
Io so che quando ti tagli e senti la pelle bruciare ti senti soddisfatto.
Ma la soddisfazione deve venirti nel momento in cui non lo fai...nemmeno una volta!!
Sono stata autolesionista per anni e anni... Mi sono distrutta ed ancora oggi, a volte, capita ma non sono mai andata fiera di ciò che facessi! Mai. Mi sono sempre nascosta e vergognata perché sentivo di essere nel torto.
Fidati di me, sii fiera di NON farti nemmeno un taglio.
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Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita.
Quando si rimette in piedi dopo la catastrofe, dopo la caduta.
Che uno dice: è finita.
No, non è mai finita per una donna.
Una donna si rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole.
Non parlo solo dei dolori immensi, di quelle ferite da mina anti-uomo che ti fa la morte o la malattia.
Parlo di te, che questo periodo non finisce più, che ti stai giocando l'esistenza in un lavoro difficile, che ogni mattina è un esame, peggio che a scuola.
Te, implacabile arbitro di te stessa, che da come il tuo capo ti guarderà deciderai se sei all'altezza o se ti devi condannare.
Così ogni giorno, e questo noviziato non finisce mai.
E sei tu che lo fai durare.
Oppure parlo di te, che hai paura anche solo di dormirci, con un uomo; che sei terrorizzata che una storia ti tolga l'aria, che non flirti con nessuno perché hai il terrore che qualcuno s'infiltri nella tua vita.
Peggio: se ci rimani presa in mezzo tu, poi soffri come un cane.
Sei stanca: c'è sempre qualcuno con cui ti devi giustificare, che ti vuole cambiare, o che devi cambiare tu per tenertelo stretto.
Così ti stai coltivando la solitudine dentro casa.
Eppure te la racconti, te lo dici anche quando parli con le altre: "Io sto bene così. Sto bene così, sto meglio così".
E il cielo si abbassa di un altro palmo.
Oppure con quel ragazzo ci sei andata a vivere, ci hai abitato Natali e Pasqua.
In quell'uomo ci hai buttato dentro l'anima ed è passato tanto tempo, e ne hai buttata talmente tanta di anima, che un giorno cominci a cercarti dentro lo specchio perché non sai più chi sei diventata.
Comunque sia andata, ora sei qui e so che c'è stato un momento che hai guardato giù e avevi i piedi nel cemento.
Dovunque fossi, ci stavi stretta: nella tua storia, nel tuo lavoro, nella tua solitudine.
Ed è stata crisi, e hai pianto.
Dio quanto piangete!
Avete una sorgente d'acqua nello stomaco.
Hai pianto mentre camminavi in una strada affollata, alla fermata della metro, sul motorino.
Così, improvvisamente. Non potevi trattenerlo.
E quella notte che hai preso la macchina e hai guidato per ore, perché l'aria buia ti asciugasse le guance?
E poi hai scavato, hai parlato, quanto parlate, ragazze!
Lacrime e parole. Per capire, per tirare fuori una radice lunga sei metri che dia un senso al tuo dolore.
"Perché faccio così? Com'è che ripeto sempre lo stesso schema? Sono forse pazza?"
Se lo sono chiesto tutte.
E allora vai giù con la ruspa dentro alla tua storia, a due, a quattro mani, e saltano fuori migliaia di tasselli. Un puzzle inestricabile.
Ecco, è qui che inizia tutto. Non lo sapevi?
E' da quel grande fegato che ti ci vuole per guardarti così, scomposta in mille coriandoli, che ricomincerai.
Perché una donna ricomincia comunque, ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti.
Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova te.
Perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa.
Non puoi più essere quella di prima. Prima della ruspa.
Non ti entusiasma? Ti avvincerà lentamente.
Innamorarsi di nuovo di se stessi, o farlo per la prima volta, è come un diesel.
Parte piano, bisogna insistere.
Ma quando va, va in corsa.
E' un'avventura, ricostruire se stesse.
La più grande.
Non importa da dove cominci, se dalla casa, dal colore delle tende o dal taglio di capelli.
Vi ho sempre adorato, donne in rinascita, per questo meraviglioso modo di gridare al mondo "sono nuova" con una gonna a fiori o con un fresco ricciolo biondo.
Perché tutti devono capire e vedere: "Attenti: il cantiere è aperto, stiamo lavorando anche per voi. Ma soprattutto per noi stesse".
Più delle albe, più del sole, una donna in rinascita è la più grande meraviglia.
Per chi la incontra e per se stessa.
È la primavera a novembre.
Quando meno te l'aspetti...
Diego Cugia, alias Jack Folla
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LA MIA ESCAPE ROOM
Io ero una bambina felice. Partiamo dal presupposto che ero molto felice.
Quando mio nonno mi portava in giro in bici, cantavo e salutavo tutte le persone che passavano.
Avevo la felicità dentro e la trasmettevo alle altre persone.
Un giorno però, senza che me ne accorgessi, iniziarono a rubarmela, giorno dopo giorno, anno dopo anno.
Tic: rubata fino all’ultima goccia.
Mi porto dentro ancora le ferite e alcune sono pure visibili a causa del mio autolesionismo.
Io ho sempre detto che me l’hanno rubata nel sogno facendomi un lungo taglio nel dietro della gamba sinistra per estrarla (avendo una lunga cicatrice senza saperne il motivo).
Però proprio ieri ho visto un video dove un signore diceva una cosa molto interessante: “la felicità è una scelta” e io voglio scegliere, devo.
Per scegliere però, devo cambiare tante ma tante cose.
Perché dopo che mi hanno rubato la felicità, piano piano, nella mia tristezza mi sono costruita un nido molto fortificato, fatto di cemento armato.
Ha solo un problema: le pareti poco alla volta si restringono e si avvicinano tra loro fino a schiacciarmi.
È un’escape room da cui devo scappare.
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IL GIORNO 3 NOVEMBRE 1990...
Grave incidente per Claudio Baglioni!*
Grave incidente a Roma per il cantante Claudio Baglioni. In via della Camilluccia, fondo scivoloso e abbaglianti di un'auto proveniente in senso opposto fanno sbandare la sua auto che si schianta contro un muro. L'artista viene soccorso sanguinante all'interno della vettura: ha un lungo e profondo taglio alla lingua e altre ferite.
L'incidente è avvenuto nella notte tra il 2 e il 3 novembre 1990, alle tre del mattino del 3 novembre in via della Camilluccia a Roma sulla quale si stava abbattendo un temporale; il cantante e autore Claudio Baglioni a bordo della sua auto incrocia gli abbaglianti di una vettura proveniente in senso opposto, esce di strada e si schianta contro il muro di Villa Fendi.
Alcuni carabinieri in servizio presso un'ambasciata della zona intervengono dopo aver sentito il fragoroso impatto e trovano il cantante ferito e sanguinante all'interno della vettura dove è riverso svenuto.
Ha ferite alle mani, al viso, alle labbra e un profondo taglio alla lingua stimato in circa otto centimetri che di fatto la divide in due; viene trasportato alla clinica QUISISANA dove gli vengono prestate le prime cure e minuziosamente suturato il taglio alla lingua.
Il giorno successivo il bollettino medico lascia tirare un primo sospiro di sollievo sulle condizioni di salute di Claudio Baglioni anche da un punto di vista artistico:
"Roma, 4 novembre 1990
Quisisana s.r.l.
Bollettino Medico
Le condizioni cliniche del signor Baglioni Claudio, ulteriormente migliorate nel corso della notte, sono più che soddisfacenti e tali da far prevedere un completo recupero anche ai fini della sua attività artistica.
Firmato
Dott. Giuseppe Gensini,
chirurgo plastico
Prof. Domenico Di Virgilio
primario medico internista."
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Paderno Dugnano, 17enne uccide tutta la famiglia: padre, madre e fratello di 12 anni
Paderno Dugnano, 17enne uccide tutta la famiglia: padre, madre e fratello di 12 anni. Un triplice omicidio familiare è avvenuto a Paderno Dugnano, in provincia di Milano, dove un ragazzo di 17 anni ha ucciso i suoi genitori e il fratellino di 12 anni. Le vittime, il padre, la madre e il figlio più piccolo, sono state trovate nella loro abitazione con ferite da arma da taglio.... Leggi articolo completo su La Milano Read the full article
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Mazara del Vallo: Tre Giovani Arrestati per Tentato Omicidio
A Mazara del Vallo, i carabinieri hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del Tribunale di Marsala su richiesta della Procura, nei confronti di tre giovani di 18, 21 e 26 anni. I ragazzi sono accusati di tentato omicidio aggravato in concorso e di porto ingiustificato di oggetti atti ad offendere. L'episodio risale alla notte tra il 25 e il 26 giugno, quando un giovane è stato portato d'urgenza al pronto soccorso con gravi ferite da taglio, una frattura del setto nasale e alcune costole rotte. Le indagini hanno permesso di ricostruire i fatti grazie alle testimonianze raccolte e all'analisi dei telefoni cellulari degli indagati. Gli investigatori hanno scoperto che i tre giovani avrebbero aggredito e accoltellato la vittima al torace e all'addome. Sul telefono di uno degli arrestati è stato trovato il video dell'accoltellamento, prova determinante per l'accusa. Uno degli indagati, già agli arresti domiciliari per altri reati, è stato trasferito al carcere di Trapani, mentre gli altri due sono stati posti agli arresti domiciliari. Read the full article
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È strano pensare a quanto siamo simili, nonostante le infinite varietà delle nostre esperienze. "Siamo tutti autolesionisti a modo nostro", un pensiero tanto provocatorio quanto profondo, che riflette la complessità del dolore umano. Chi si autolesiona con tagli e chi con canzoni tristi, chi rivivendo ricordi sbiaditi in vecchie foto e chi fissando lo schermo del telefono in attesa di un messaggio che forse non arriverà mai.
C'è chi si rinchiude in una stanza, isolandosi dal mondo esterno, e chi si perde in film d'amore, sognando una storia simile a quelle viste sul grande schermo. È proprio questa varietà di autolesionismo emotivo che ci accomuna, in una condivisione silenziosa di sofferenza e desiderio.
Ma perché ci infliggiamo queste ferite invisibili? Forse perché in fondo tutti aspiriamo a qualcosa che inevitabilmente ci fa soffrire, sia essa la bellezza, l'amore, o l'ideale di una vita diversa da quella che viviamo. Questo desiderio incessante diventa un'arma a doppio taglio: ci motiva a cercare di migliorarci, ma allo stesso tempo ci tormenta con la sua inarrivabile perfezione.
Il punto è che siamo tutti tormentati a nostro modo, tutti abbiamo un angolo nascosto dell'anima dove coviamo desideri e speranze che, nonostante tutto, continuano a spingerci verso l'ignoto, verso quel che potrebbe essere. Ed è proprio in questa lotta interiore che risiede la nostra comune umanità, un legame invisibile che ci unisce attraverso le nostre battaglie personali contro i fantasmi del passato e le illusioni del futuro.
E così, mentre continuiamo a navigare nelle acque spesso tumultuose della vita, forse possiamo trovare conforto nella consapevolezza che non siamo soli in questo viaggio. Altri prima di noi hanno percorso sentieri simili, e altri seguiranno. La nostra autolesionismo, in tutte le sue forme, è tanto una maledizione quanto un promemoria che, nonostante tutto, siamo profondamente vivi, capaci di sentire, di soffrire, e sì, di sognare.
Ricordiamoci, dunque, che anche nei momenti di più profonda disperazione, non siamo soli. La nostra capacità di sentire così profondamente è anche ciò che ci permette di amare con altrettanta intensità, e forse, alla fine, è proprio questo il senso di tutto: vivere pienamente, con tutti i dolori e tutte le gioie che questo comporta.
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In Ricordo di Angelo
"Sono alla Scuola Moro da quasi 20 anni, ho visto passare presidi, docenti, collaboratori scolastici, ma una figura è sempre stata per me una costante, un punto di riferimento...
Un uomo all'apparenza burbero ma con una sensibilità e senso civico fuori dal comune. Il Signor Angelo, per me, è stato un esempio da seguire. Ancora lo immagino nel corridoio della scuola con l'entusiasmo di un ragazzino nel proporre iniziative... Aveva fame di giustizia il Signor Angelo e una passione che era desideroso di trasmettere alle nuove generazioni. Per noi della Scuola è sempre stato disponibile: si faceva volentieri coinvolgere nelle nostre numerose attività. Ricordo quando lo chiamavo al telefono per invitarlo ai nostri tradizionali spettacoli teatrali e lui mi rispondeva sempre dicendo: "Professoressa Alessandra ci sarò!". Alla fine dello spettacolo aspettava con pazienza il momento giusto per avvicinarsi a me per dirmi quanto erano stai bravi i nostri ragazzi. Anche quest'anno lo spettacolo ci sarà e ci mancherà tantissimo il nostro sostenitore Numero 1. Non è un uomo che si può dimenticare il Signor Angelo perchè ti entra nel cuore e quando se ne va, un pezzetto di quel cuore se lo porta via e tu glielo cedi volentieri perchè sai che con lui sarà al sicuro! Grazie Signor Angelo, spero di riuscire ad assomigliarti almeno un pò..." Prof. ssa Alessandra Sganga
25 aprile Classe 3B Il terrore è palpabile nella mano e la vittoria sembra un obiettivo lontano Un boato, un botto e un frastuono… Un altro bombardamento. In un cielo nero di notte, il mio sangue non scorre il freddo mi ha bloccato, come una catena sul mio corpo, le armi sono ormai pesanti, il metallo è gelato sulla mia pelle, come la neve sull’erba. I sogni spariscono e la speranza muore. C’è solo tristezza nel cuore. Io giaccio qui, in cerca di speranza per tutti i figli che aspettano, aspettano invano il padre. Penso a tutte le famiglie costrette a scappare, che lottano per avere un pezzo di pane, e ancora le persone tremano come se fossero in Antartide. La guerra è brutale, la guerra è soffio di vita che va via. Il terrore è palpabile nella mano e la vittoria sembra un obiettivo lontano. E finalmente uno spiraglio di luce e di speranza in mezzo a quest’oscurità: aspettavo questo momento come un bambino aspetta il Natale, per alleggerire il peso del dolore e della perdita. Improvvisa la libertà, come un bruco dopo anni chiuso in un bozzolo, esce e diventa farfalla. Ormai le nostre mani riescono a toccare il frutto della pace. E anche tu, Angelo, lo hai assaporato e ce ne hai fatto dono
25 Aprile Classe 3A "La chiusa angoscia delle notti, il pianto delle mamme annerite sulla neve accanto ai figli uccisi, l’ululato nel vento, nelle tenebre, dei lupi assediati con la propria strage, la speranza che dentro ci svegliava oltre l’orrore le parole udite dalla bocca fermissima dei morti «liberate l’Italia, Curiel vuole essere avvolto nella sua bandiera»: tutto quel giorno ruppe nella vita con la piena del sangue, nell’azzurro il rosso palpitò come una gola. E fummo vivi, insorti con il taglio ridente della bocca, pieni gli occhi piena la mano nel suo pugno: il cuore d’improvviso ci apparve in mezzo al petto".
In occasione della giornata del 25 aprile, in classe abbiamo letto la poesia “25 Aprile” di Alfonso Gatto. Attraverso le sue parole, l’autore vuole trasmettere un messaggio di gratitudine per la libertà conquistata. Celebra il coraggio e la determinazione di coloro che hanno lottato per la libertà, ricordando Eugenio Curiel, partigiano ucciso in strada dai fascisti. Il sacrificio dei partigiani non deve essere dimenticato: bisogna continuare a promuovere i valori di libertà, democrazia e giustizia sociale. 2. Questa è una giornata di festa, un inno alla libertà. Il 25 aprile è simbolo di rinascita e di speranza per un’Italia che, in passato, ha subito le ferite della guerra e della dittatura. Bisogna custodire e difendere la libertà, poiché è un bene prezioso che è stato conquistato con il sacrificio di molti. 3. “Il cuore d’improvviso ci apparve in mezzo al petto”: sono i v. 16 e 17 della poesia di Alfonso Gatto. Questa espressione descrive la situazione di rinascita dopo la Liberazione. E’ come se il popolo fosse tornato a vivere dopo un lungo periodo di buio e di sentimenti repressi. Il poeta, con questa espressione, riesce a trasmettere il ritorno della felicità nel cuore degli italiani. Classe 3A
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Straniero accoltellato durante una festa, indagano i carabinieri
I carabinieri sono intervenuti, la scorsa notte, all’ospedale “Cardarelli” di Napoli per una persona ferita. Poco prima personale medico aveva trasferito al pronto soccorso un 31enne dello Sri Lanka con ferite multiple da arma da taglio. Dalle prime indagini tuttora in corso i carabinieri hanno constatato che l’uomo sarebbe stato ferito durante una festa a via Ponti Rossi, a Napoli. La…
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E' accaduto in vico lungo San Matteo. In corso le indagini per chiarire la vicenda e risalire al responsabile Auto dei carabinieri - (Fotogramma) Un ragazzino di 14 anni è stato portato questa notte al pronto soccorso dell'ospedale Pellegrini, a Napoli, con ferite da taglio alla schiena. Da una prima ricostruzione effettuata dai carabinieri sul posto, il giovane sarebbe stato colpito da uno sconosciuto mentre era in scooter, in vico lungo San Matteo. Refertato con una prognosi di 10 giorni, è stato dimesso mentre sono in corso le indagini in corso per chiarire la vicenda e risalire al responsabile. Fonte
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Sicurezza: Insieme per Corciano/Umbria Civica e Fratelli d'Italia uniti per affrontare le preoccupazioni dei cittadini Con l'obiettivo di parlare della sicurezza nelle zone di San Mariano e Ellera - colpite di recente da nuovi fatti di cronaca - si è svolto un incontro...
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