#eran dallas
Explore tagged Tumblr posts
gaysonlyocean · 2 years ago
Note
AUGHH IDK ANYTHING ABOUT YOUR OCS BUT I WANNA SO BAD so uhhmm hmhmh 3 5 7 12 16 aaand also favorite scene. can be written or unwritten I just wanna know where the emotions are tastiest
ITS OK IM MORE THAN HAPPY TO TALK ABOUT THEM!!!
3.) any recurring images/elements?
isolation, trauma, dysfunctional relationships, and maladaptive coping mechanisms are all in it :]
5.) pick a theme song for the tv adaptation.
that unwanted animal by the amazing devil! a line from it is in the description of the playlist!!
7.) how would you describe the relationships between the characters in the story within eight words or less?
oh fuck thats a hard one uhhhh:
caring but in the wrong way
12.) okay be honest. pick a favorite oc from this ocverse.
rose lemonade my Beloved the og oc for this, they came first and i love it so so much
16.) imagine the entire story takes place but in the meantime the characters all also have tumblr. what kind of (terrible) tumblr posts would happen?
NOOOOO THAT WOULD TERRIBLE god theres a lot of characters im gonna have to add a read more
god ambrosi would NOT have tumblr hes too old for that 😭but if he did it would just be photos from his porch
adele would have a tumblr to post music on and at the start of the story she stop posting and then comes back at the end with a "sorry for the hiatus! i have a partner now and so much trauma"
odette canonically is a musician on youtube [think annapantsu] so et would just be posting as normal as if things arent going terribly wrong, so song covers and lil aesthetic reblogs
im not including the kids ones 5, ones 9 and the other is illiterate sobs none of them are getting tumblr, reuben also doesnt have a phone so hes not included but if he did have a phone hed be jsut posting blurry photos of the horrors
gabriel would just have a tumblr to reblog odettes posts to be proud of et, also would not be acknowledging the horrors
sasha would have a shitty meme tumblr i KNOW he would it would be full of things that were funny in 2011 and then reuben would steal his phone and post shit on it and get yelled at
elaine would have a studyblr! shes trying her hardest
madeleine is the only one with a fandom blog and ey starts posting "who would have thunk being hunted for sport sucks o_O" and eir posts take off
eran would be vagueposting about everyone and then reblogging gothic aesthetic shit
bernard would only use tumblr at the start as he tries to make a gofundme post and then the horrors happen
lenore would be reblogging all those post of like links to recipe pages and then stop posting for a week and come back with 5 million vent posts
maddie would get kung pow penised so fast
anyway for my favourite scene its gotta be the one at the motel!
ill set the scene: bernard has just seen his sisters blood hit the window of their motel room, he has his daughter in the room with him and this weird kid she befriended but his 5 year old son is Still Out There Somewhere, hes terrified, he doesnt know whats happening, all he knows is something is RIGHT outside, so he does the only thing he can think of: he grabs the two kids in the room and drags them into the closet with him, theres barely enough room but theres no where else that he can think of that will protect them from the fate waiting outside, the bathroom is too open and out in the room is as well, he hears his daughter tell him hes holding her too tight, that hes hurting her, but he cant let go, he just apologises and holds her tighter, desperately hoping that whatever that thing thats claw is scratching the window will leave
2 notes · View notes
abr · 2 months ago
Text
Dunque, riassumiamo i mantra:
- l'attentatore di Magdeburgo è islamobofo,
- quello di Trump era repubblicano,
- Salvini con la sentenza a non procedere perché "il fatto non sussiste", ha subito una clamorosa sconfitta - sic tal Giannini su Ripubblica, domani,
- le multine ai novax eran benecomuniste educative e andavano tenute, quelle ai monopattini no e van tolte,
- le auto elettriche subito, senza se e ma, basta sian cinesi e non di Musk,
- le tasse sono belle e fanno il benecomune (imperituro).
Ecco come si sono ridotti.
Meglio Negazionisti che creduloni psicopatici autoespulsi dalla realtà.
65 notes · View notes
italian-lit-tournament · 3 months ago
Text
Italian literature tournament - Third round.
Tumblr media Tumblr media
Propaganda in support of the authors is accepted, you can write it both in the tag if reblog the poll (explaining maybe that is propaganda and you want to see posted) or in the comments. Every few days it will be recollected and posted here under the cut.
Propaganda for Pier Paolo Pasolini by @alsosprachvelociraptor
Vorrete mica fare perdere Pier Paolo Pasolini, tra le più importanti figure LGBT+ in Italia, nonché l'uomo che si faceva scattare migliaia di queste foto? Letteralmente un'icona di stile, e non solo di pensiero, degli anni 60 e 70?!
Tumblr media
Ammirate con quale fierezza sfoggia la camicetta più confusa (ma col cuore nel posto giusto) che potesse esserci sul mercato. Appoggiato in una posa statica al suo amato divano fucsia. Torquato Tasso mica ce l'aveva, il divano fucsia!
Tumblr media
Vi prego di osservare con attenzione il tacco ventordici (forse non lo sapete, ma PPP era alto tre mele o poco più), e l'elegante mix di bronzo metallizzato + vernice nera. Una combo che sicuramente dovrebbe portargli un sacco di voti. (queste foto sono state scattate nel 1973 nella sua casa in Via Eufrate e sono apparse sulla rivista "OTTO8")
Tumblr media
Votate Pier Paolo per poter in futuro vedere altri deliziosi outfit anni '70. Con la manina sul fianchetto, ovviamente.
-------------------------------------------------------------------------
Propaganda for Torquato Tasso by @girldante, @eresia-catara and @machiavellli
copying @eresia-catara and @machiavellli's torquato propaganda because with all due respect for a giant like pasolini we are tassopilled in this house:
#TORQUATO VAIII#con tutto il rispetto per le imprecazioni di pasolini#ma tormento religioso omosessuale sublimato con la poesia >>>>>>#inoltre non mi risulta che pasolini abbia mai scritto qualcosa di melodico e suggestivo come Qual rugiada o qual pianto/ quai lagrime eran#quelle/ che slarger vidi dal notturno manto/ e dal candido volto de le stelle?#ma soprattutto#Pasolini non ha descritto un duello omoerotico tra cavalieri dove ha cercato in tutti i modi di non far trasparire il suo desiderio con#aggiunta di finale tragico#Quindi.#ripeto. TASSO VAIIIIIIIIII#ANZI AGGIUNGO UN'ALTRA COSA#Tasso era così tormentato e paranoico e bisognoso di affetto che è andato dalla sorella#travestito e gli ha detto che era morto per vedere come avrebbe reagito#poi ha passato qualche giorno a casa sua >3#e si è spontaneamente consegnato agli inquisitori che non lo volevano neanche più vedere#inoltre pasolini non è passato alla storia come qualcuno che pensava di essere perseguitato da un folletto >333
#TORQUATO TASSO#THE AUTUMN OF THE RENAISSANCE#THE AUTHOR WHO WAS SO OUT AND INSIDE OF HIMSELF TO BECOME A LITERAL CHARACTER FOR MANY PSYCHOLOGICAL STUDIES#THE ONE WHO PUT THE PIETAS HAS THE HEART OF HIS POEM#THE HEIR OF CHRISTIAN HUMANISM#“amico; hai vinto: io ti perdon; perdona/ tu ancora”#THE WHOLE Tancredi - Clorinda ARC CMON#“temerò me medesmo; e da me stesso/ sempre fuggendo#avrò me sempre appresso.”#also#he never had a break
58 notes · View notes
palmiz · 1 month ago
Text
R. Lee Ermey (il sergente maggiore Hartman) è stato un vero sergente dei Marines. Inizialmente aveva il ruolo di "dirigere" l'attore che avrebbe dovuto strigliare i soldati, ma Kubrick lo scritturò dopo aver visto una videocassetta dove urlava insulti ed oscenità a dei soldati per quindici minuti di fila. Ma venne scelto anche per il suo caratteraccio: Ermey si lamentò che gli attori-soldati eran troppo rammolliti, e quando Kubrick non lo ascoltò urlò "Alzati in piedi quando ti parlo!", e il regista immediatamente obbedì. Quell'episodio siglò la parte di Ermey nel ruolo di Hartman.
Tumblr media
“Durante le riprese, accadeva sempre una cosa molto strana; ogni volta che Ermey andava in guardaroba e indossava la divisa da istruttore, diventava un'altra persona. Ermey era un uomo molto simpatico ma quando indossava quella divisa, si trasformava in un diavolo. Rimasi sorpreso soprattutto dal suo linguaggio; la sceneggiatura di Stanley era piuttosto realistica, ma Ermey se ne usciva con certe frasi...pittoresche diciamo. Sorprendenti a dir poco. Ogni volta ne aveva una...sembrava aver infinite fonti di oscenità...Tutto quel dialogo era incredibile, impossibile per uno sceneggiatore, usciva dalla bocca di Ermey e noi dovevamo solo registrarlo...
Jan Harlan - Produttore
Tumblr media
Curiosità raccontata anche dallo stesso sergente maggiore “Hartman”
“Una sera inaspettatamente ricevetti una telefonata da Stanley Kubrick e parlammo di "Full Metal Jacket". Avrei dovuto fare il suo consulente tecnico. Ero stato chiamato per addestrare gli attori a far parte di un plutone. Avevo detto a Stanley che mi sarebbe piaciuto interpretare il sergente Hartman ma lui rispose che aveva già ingaggiato un attore.
Poco prime dell'inizio delle riprese, intervistai tutte le comparse, tutti gli attori, ma nei panni del Sergente Hartman perchè sapevo che quella registrazione sarebbe arrivata a Kubrick.
In quella videocassetta, insultavo i soldati per quindici minuti di fila. Feci in modo che Stanley mi vedesse come il suo capo istruttore e la cosa funzionò.
R. Lee Ermey
Tumblr media
4 notes · View notes
rinascimentoebarocco · 4 months ago
Text
Bianca Maria Sforza, Ambrogio de Predis 1493 (probably)
Tumblr media
Tumblr media
(English / Español / Italiano)
LENZA and COAZZONE were elements of women's hairstyles, fashionable at the end of the 15th century at the court of Ludovico il Moro.
The LENZA was a cloth or metal string that encircled women's heads. The COAZZONE was a netting placed on the nape of the neck, from which a braid started, gathering together real and artificial hair and tying it with ribbons.
Both could not be missing from the official portrait of the Moor's granddaughter, Bianca Maria Sforza, who married Emperor Maximilian I of Habsburg in 1494.
Painted by Ambrogio de Predis (c. 1455 - c. 1508) and housed in the National Gallery in Washington, the painting depicts her wearing a hairstyle embellished with pearls, precious stones and a jewel with the Sforza motto: MERITO ET TEMPORE (With Merit and Time).
----------------------------------------------------------------------------
LENZA y COAZZONE eran elementos de peinados femeninos, de moda a finales del siglo XV en la corte de Ludovico el Moro.
La LENZA era un cordón de tela o metal que rodeaba la cabeza de las mujeres. El COAZZONE era una redecilla colocada en la nuca, de la que partía una trenza que recogía cabellos reales y artificiales y se ataba con cintas.
Ambos no podían faltar en el retrato oficial de la nieta del moro, Bianca Maria Sforza, casada con el emperador Maximiliano I de Habsburgo en 1494.
Pintado por Ambrogio de Predis (c. 1455 - c. 1508) y conservado en la National Gallery de Washington, el cuadro la representa luciendo un peinado adornado con perlas, piedras preciosas y una joya con el lema de los Sforza: MERITO ET TEMPORE (Con mérito y tiempo).
----------------------------------------------------------------------------
La LENZA e il COAZZONE erano elementi delle acconciature femminili, di moda alla fine del Quattrocento alla corte di Ludovico il Moro.
La LENZA era una stringa di stoffa o di metallo che cingeva il capo delle donne. Il COAZZONE era una reticella posta sulla nuca, dalla quale partiva una treccia che raccoglieva capelli veri e posticci, legandoli con nastri.
Entrambi non potevano mancare, dunque, nel ritratto ufficiale della nipote del Moro, Bianca Maria Sforza, che nel 1494 sposò l'imperatore Massimiliano I d'Asburgo.
Realizzato da Ambrogio de Predis (c. 1455 - c. 1508)  e conservato nella National Gallery di Washington, il dipinto la ritrae con un'acconciatura arricchita da perle, pietre preziose e da un gioiello con il motto degli Sforza: MERITO ET TEMPORE (Con il merito e con il tempo).
Fuente: ArteinControluce
2 notes · View notes
ibarbouron-us · 7 months ago
Text
Tumblr media
Este lienzo está emparejado con otro de idénticas proporciones que representa a santa Rufina, también en el mismo museo. Santa Justa y santa Rufina son las dos patronas de Sevilla, por lo que su representación en el medio artístico de la capital andaluza era habitual. Las dos muchachas eran hijas de un alfarero de la comunidad cristiana de la ciudad allá por el siglo III. Al negarse a vender sus vasijas para la celebración de ritos paganos, fueron denunciadas como cristianas y sufrieron tormento y la muerte.
La imagen de santa Justa pintada por Murillo no puede rendir mejor tributo a la devoción que existía en Sevilla por su patrona. De medio cuerpo, sobre un fondo de cielo apenas esbozado, la santa adolescente sostiene en sus manos la palma del martirio y las vasijas de barro, atributo de su profesión. El lienzo está pintado con gran soltura y ligereza, y por sus dimensiones debió estar destinado a la devoción particular. Esto habría permitido al  pintor intensificar el espíritu profano del modelo, hasta el extremo de que parece un retrato de una muchacha de su tiempo y no una santa de un pasado remoto. Murillo concibe la obra en un tono intimista, nada monumental, en correspondencia con la sensibilidad religiosa del momento, que tan bien conocía.
La delicada belleza y refinamiento con el que pinta a la santa tendrá mucho éxito, por lo que empleará este tipo de belleza femenina en numerosas figuras de su producción religiosa. De especial hermosura es el encarnado de las mejillas, así como la expresión un tanto aniñada del rostro. Los dos  cuadros pasaron juntos por sucesivas colecciones de la aristocracia española y británica hasta que en 1913 fueron vendidos por separado. El Museo de Dallas los adquirió conjuntamente a la Galería Schickman de Nueva York en 1972.
Tumblr media
2 notes · View notes
postmodernmulticoloredcloak · 7 months ago
Text
@domlerrys replied to your post “Woke up to 2 different versions of the Destiel...”:
ma infatti prima cosa che ho pensato (no, seconda, la prima è stata MA PORCO CAZZO) è stata che ora ci sarà un aumento di voter turnout della destra. e già la sinistra è indebolita dalla divisione data dal fatto che biden non sembra del tutto presente (preoccupazione condivisibile, ma cazzo americani ma vi rendete conto che un presidente non governa da solo??)… ho onestamente paura e altri quattro anni di trump, a questo punto, sarebbero ancor più devastanti
​c'è da sperare che chi vota per trump già aveva intenzione di votarlo e già l'ha votato la volta scorsa (quindi non abbastanza). la palla è dalla parte dem, alla fine sempre nelle elezioni americane la differenza non fa quanti votano rep ma quanti vanno a votare. i repubblicani votano sempre, è l'altra parte che se non va a votare perde. chiaro che gli americani per definizione sono scemi (non sono americofobica ho amici americani etc etc) quindi boh.
quando biden s'è candidato la prima volta eran già tutti a dire che era un pessimo candidato per la sua disabilità e per le gaffe che fa perché non ha tanto il controllo su quello che dice. cioè la scoperta dell'acqua calda.
pure la clinton avrebbe dovuto ritirarsi per duemila motivi scemi. compresi fantomatici motivi di salute che poi non erano niente.
che il destino del mondo sia nelle mani degli americani certo che uh. che poi vengono a dirti che se non sei americano allora stai zitto a proposito delle loro elezioni che non c'entri. dio santo pensi che il clima tropicale che ci sta distruggendo un paese che a malapena ha la popolazione di un paio grosse conurbazioni americane sia dovuto alle emissioni delle auto in tangenziale a milano. ma vaffanculo fascisti di merda
3 notes · View notes
solosepensi · 1 year ago
Text
All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro? Ove piú il Sole
per me alla terra non fecondi questa
bella d’erbe famiglia e d’animali,
e quando vaghe di lusinghe innanzi
a me non danzeran l’ore future,
né da te, dolce amico, udrò piú il verso
e la mesta armonia che lo governa,
né piú nel cor mi parlerà lo spirto
delle vergini Muse e dell’amore,
unico spirto a mia vita raminga,
qual fia ristoro a’ dí perduti un sasso
che distingua le mie dalle infinite
ossa che in terra e in mar semina morte?
Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
ultima Dea, fugge i sepolcri: e involve
tutte cose l’obblío nella sua notte;
e una forza operosa le affatica
di moto in moto; e l’uomo e le sue tombe
e l’estreme sembianze e le reliquie
della terra e del ciel traveste il tempo.
Ma perché pria del tempo a sé il mortale
invidierà l’illusïon che spento
pur lo sofferma al limitar di Dite?
Non vive ei forse anche sotterra, quando
gli sarà muta l’armonia del giorno,
se può destarla con soavi cure
nella mente de’ suoi? Celeste è questa
corrispondenza d’amorosi sensi,
celeste dote è negli umani; e spesso
per lei si vive con l’amico estinto
e l’estinto con noi, se pia la terra
che lo raccolse infante e lo nutriva,
nel suo grembo materno ultimo asilo
porgendo, sacre le reliquie renda
dall’insultar de’ nembi e dal profano
piede del vulgo, e serbi un sasso il nome,
e di fiori odorata arbore amica
le ceneri di molli ombre consoli.
Sol chi non lascia eredità d’affetti
poca gioia ha dell’urna; e se pur mira
dopo l’esequie, errar vede il suo spirto
fra ‘l compianto de’ templi acherontei,
o ricovrarsi sotto le grandi ale
del perdono d’lddio: ma la sua polve
lascia alle ortiche di deserta gleba
ove né donna innamorata preghi,
né passeggier solingo oda il sospiro
che dal tumulo a noi manda Natura.
Pur nuova legge impone oggi i sepolcri
fuor de’ guardi pietosi, e il nome a’ morti
contende. E senza tomba giace il tuo
sacerdote, o Talia, che a te cantando
nel suo povero tetto educò un lauro
con lungo amore, e t’appendea corone;
e tu gli ornavi del tuo riso i canti
che il lombardo pungean Sardanapalo,
cui solo è dolce il muggito de’ buoi
che dagli antri abdüani e dal Ticino
lo fan d’ozi beato e di vivande.
O bella Musa, ove sei tu? Non sento
spirar l’ambrosia, indizio del tuo nume,
fra queste piante ov’io siedo e sospiro
il mio tetto materno. E tu venivi
e sorridevi a lui sotto quel tiglio
ch’or con dimesse frondi va fremendo
perché non copre, o Dea, l’urna del vecchio
cui già di calma era cortese e d’ombre.
Forse tu fra plebei tumuli guardi
vagolando, ove dorma il sacro capo
del tuo Parini? A lui non ombre pose
tra le sue mura la città, lasciva
d’evirati cantori allettatrice,
non pietra, non parola; e forse l’ossa
col mozzo capo gl’insanguina il ladro
che lasciò sul patibolo i delitti.
Senti raspar fra le macerie e i bronchi
la derelitta cagna ramingando
su le fosse e famelica ululando;
e uscir del teschio, ove fuggia la luna,
l’úpupa, e svolazzar su per le croci
sparse per la funerëa campagna
e l’immonda accusar col luttüoso
singulto i rai di che son pie le stelle
alle obblïate sepolture. Indarno
sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade
dalla squallida notte. Ahi! su gli estinti
non sorge fiore, ove non sia d’umane
lodi onorato e d’amoroso pianto.
Dal dí che nozze e tribunali ed are
diero alle umane belve esser pietose
di se stesse e d’altrui, toglieano i vivi
all’etere maligno ed alle fere
i miserandi avanzi che Natura
con veci eterne a sensi altri destina.
Testimonianza a’ fasti eran le tombe,
ed are a’ figli; e uscían quindi i responsi
de’ domestici Lari, e fu temuto
su la polve degli avi il giuramento:
religïon che con diversi riti
le virtú patrie e la pietà congiunta
tradussero per lungo ordine d’anni.
Non sempre i sassi sepolcrali a’ templi
fean pavimento; né agl’incensi avvolto
de’ cadaveri il lezzo i supplicanti
contaminò; né le città fur meste
d’effigïati scheletri: le madri
balzan ne’ sonni esterrefatte, e tendono
nude le braccia su l’amato capo
del lor caro lattante onde nol desti
il gemer lungo di persona morta
chiedente la venal prece agli eredi
dal santuario. Ma cipressi e cedri
di puri effluvi i zefiri impregnando
perenne verde protendean su l’urne
per memoria perenne, e prezïosi
vasi accogliean le lagrime votive.
Rapían gli amici una favilla al Sole
a illuminar la sotterranea notte,
perché gli occhi dell’uom cercan morendo
il Sole; e tutti l’ultimo sospiro
mandano i petti alla fuggente luce.
Le fontane versando acque lustrali
amaranti educavano e vïole
su la funebre zolla; e chi sedea
a libar latte o a raccontar sue pene
ai cari estinti, una fragranza intorno
sentía qual d’aura de’ beati Elisi.
Pietosa insania che fa cari gli orti
de’ suburbani avelli alle britanne
vergini, dove le conduce amore
della perduta madre, ove clementi
pregaro i Geni del ritorno al prode
cne tronca fe’ la trïonfata nave
del maggior pino, e si scavò la bara.
Ma ove dorme il furor d’inclite gesta
e sien ministri al vivere civile
l’opulenza e il tremore, inutil pompa
e inaugurate immagini dell’Orco
sorgon cippi e marmorei monumenti.
Già il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo,
decoro e mente al bello italo regno,
nelle adulate reggie ha sepoltura
già vivo, e i stemmi unica laude. A noi
morte apparecchi riposato albergo,
ove una volta la fortuna cessi
dalle vendette, e l’amistà raccolga
non di tesori eredità, ma caldi
sensi e di liberal carme l’esempio.
A egregie cose il forte animo accendono
l’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella
e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta. Io quando il monumento
vidi ove posa il corpo di quel grande
che temprando lo scettro a’ regnatori
gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela
di che lagrime grondi e di che sangue;
e l’arca di colui che nuovo Olimpo
alzò in Roma a’ Celesti; e di chi vide
sotto l’etereo padiglion rotarsi
piú mondi, e il Sole irradïarli immoto,
onde all’Anglo che tanta ala vi stese
sgombrò primo le vie del firmamento:
- Te beata, gridai, per le felici
aure pregne di vita, e pe’ lavacri
che da’ suoi gioghi a te versa Apennino!
Lieta dell’aer tuo veste la Luna
di luce limpidissima i tuoi colli
per vendemmia festanti, e le convalli
popolate di case e d’oliveti
mille di fiori al ciel mandano incensi:
e tu prima, Firenze, udivi il carme
che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco,
e tu i cari parenti e l’idïoma
désti a quel dolce di Calliope labbro
che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma
d’un velo candidissimo adornando,
rendea nel grembo a Venere Celeste;
ma piú beata che in un tempio accolte
serbi l’itale glorie, uniche forse
da che le mal vietate Alpi e l’alterna
onnipotenza delle umane sorti
armi e sostanze t’ invadeano ed are
e patria e, tranne la memoria, tutto.
Che ove speme di gloria agli animosi
intelletti rifulga ed all’Italia,
quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi
venne spesso Vittorio ad ispirarsi.
Irato a’ patrii Numi, errava muto
ove Arno è piú deserto, i campi e il cielo
desïoso mirando; e poi che nullo
vivente aspetto gli molcea la cura,
qui posava l’austero; e avea sul volto
il pallor della morte e la speranza.
Con questi grandi abita eterno: e l’ossa
fremono amor di patria. Ah sí! da quella
religïosa pace un Nume parla:
e nutria contro a’ Persi in Maratona
ove Atene sacrò tombe a’ suoi prodi,
la virtú greca e l’ira. Il navigante
che veleggiò quel mar sotto l’Eubea,
vedea per l’ampia oscurità scintille
balenar d’elmi e di cozzanti brandi,
fumar le pire igneo vapor, corrusche
d’armi ferree vedea larve guerriere
cercar la pugna; e all’orror de’ notturni
silenzi si spandea lungo ne’ campi
di falangi un tumulto e un suon di tube
e un incalzar di cavalli accorrenti
scalpitanti su gli elmi a’ moribondi,
e pianto, ed inni, e delle Parche il canto.
Felice te che il regno ampio de’ venti,
Ippolito, a’ tuoi verdi anni correvi!
E se il piloto ti drizzò l’antenna
oltre l’isole egèe, d’antichi fatti
certo udisti suonar dell’Ellesponto
i liti, e la marea mugghiar portando
alle prode retèe l’armi d’Achille
sovra l’ossa d’Ajace: a’ generosi
giusta di glorie dispensiera è morte;
né senno astuto né favor di regi
all’Itaco le spoglie ardue serbava,
ché alla poppa raminga le ritolse
l’onda incitata dagl’inferni Dei.
E me che i tempi ed il desio d’onore
fan per diversa gente ir fuggitivo,
me ad evocar gli eroi chiamin le Muse
del mortale pensiero animatrici.
Siedon custodi de’ sepolcri, e quando
il tempo con sue fredde ale vi spazza
fin le rovine, le Pimplèe fan lieti
di lor canto i deserti, e l’armonia
vince di mille secoli il silenzio.
Ed oggi nella Troade inseminata
eterno splende a’ peregrini un loco,
eterno per la Ninfa a cui fu sposo
Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio,
onde fur Troia e Assàraco e i cinquanta
talami e il regno della giulia gente.
Però che quando Elettra udí la Parca
che lei dalle vitali aure del giorno
chiamava a’ cori dell’Eliso, a Giove
mandò il voto supremo: - E se, diceva,
a te fur care le mie chiome e il viso
e le dolci vigilie, e non mi assente
premio miglior la volontà de’ fati,
la morta amica almen guarda dal cielo
onde d’Elettra tua resti la fama. -
Cosí orando moriva. E ne gemea
l’Olimpio: e l’immortal capo accennando
piovea dai crini ambrosia su la Ninfa,
e fe’ sacro quel corpo e la sua tomba.
Ivi posò Erittonio, e dorme il giusto
cenere d’Ilo; ivi l’iliache donne
sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando
da’ lor mariti l’imminente fato;
ivi Cassandra, allor che il Nume in petto
le fea parlar di Troia il dí mortale,
venne; e all’ombre cantò carme amoroso,
e guidava i nepoti, e l’amoroso
apprendeva lamento a’ giovinetti.
E dicea sospirando: - Oh se mai d’Argo,
ove al Tidíde e di Läerte al figlio
pascerete i cavalli, a voi permetta
ritorno il cielo, invan la patria vostra
cercherete! Le mura, opra di Febo,
sotto le lor reliquie fumeranno.
Ma i Penati di Troia avranno stanza
in queste tombe; ché de’ Numi è dono
servar nelle miserie altero nome.
E voi, palme e cipressi che le nuore
piantan di Priamo, e crescerete ahi presto
di vedovili lagrime innaffiati,
proteggete i miei padri: e chi la scure
asterrà pio dalle devote frondi
men si dorrà di consanguinei lutti,
e santamente toccherà l’altare.
Proteggete i miei padri. Un dí vedrete
mendico un cieco errar sotto le vostre
antichissime ombre, e brancolando
penetrar negli avelli, e abbracciar l’urne,
e interrogarle. Gemeranno gli antri
secreti, e tutta narrerà la tomba
Ilio raso due volte e due risorto
splendidamente su le mute vie
per far piú bello l’ultimo trofeo
ai fatati Pelídi. Il sacro vate,
placando quelle afflitte alme col canto,
i prenci argivi eternerà per quante
abbraccia terre il gran padre Oceàno.
E tu onore di pianti, Ettore, avrai,
ove fia santo e lagrimato il sangue
per la patria versato, e finché il Sole
risplenderà su le sciagure umane.
I Sepolcri-Ugo Foscolo.
2 notes · View notes
neottolemo · 2 years ago
Video
youtube
Ebano- Modena City Ramblers
Una canzone del 2004 dei Modena City Ramblers, che narra la vicenda di una giovane africana, i cui sogni sono morti nel naufragio della vita.
Tutti dicevano che ero bella come la grande notte africana / E nei miei occhi splendeva la luna, mi chiamavano la Perla Nera... / A sedici anni mi hanno venduta, un bacio a mia madre e non mi sono voltata / Nella città con le sue mille luci per un attimo mi sono smarrita... / Così laggiù ho ben presto imparato che i miei sogni eran solo illusioni / E se volevo cercare fortuna dovevo lasciare ogni cosa. Comincia così il viaggio di una giovane africana raccontato dal brano Ebano, dei Modena City Ramblers. Un viaggio che porta in sé, sin dalla partenza, i germi di una drammatica fine, racchiusa tutta in tre sole parole - bella, venduta, smarrita - che pesano sulla vita della giovane come una maledizione che non lascia scampo. Perché l’avvenenza può essere una sciagura per una donna povera del Sud del mondo, un'ineluttabile condanna a una vita spesa a soddisfare gli uomini. E il tradimento della famiglia, disposta a venderla per sopravvivere, è una sorta di maleficio a cui non si può sfuggire.
È un naufragio esistenziale, dunque, quello che porta la giovane ad approdare fortunosamente in Italia. La ragazza non trova ad attenderla qualcuno che la accolga, che la faccia sentire non estranea, che si comporti «da fratello». No, lei si scontra prima con il duro lavoro nei campi, sfruttato dai «caporali», e poi, dopo un'altra fuga e un successivo naufragio, con l'amicizia interessata di una donna che la trascina con sé sulla strada, avviandola alla prostituzione. Era bella questa giovane, una Perla Nera, ma un lungo, lungo cammino l'ha fatta approdare sui marciapiedi di una città italiana, schiava senza catene visibili da spezzare e per questo senza possibilità di affrancarsi. Ed è sulla strada che la lasciamo, senza più sogni, senza speranze. Disincantata, delusa, senza futuro.
Non ha lieto fine questo brano della band emiliana, come non hanno lieto fine tante vicende simili. E’ il destino di molte ragazze giunte in Italia con una promessa e destinate a divenire merce. E’ il destino di tanti migranti, partiti con la speranza negli occhi e giunti a destinazione in un sacco di plastica.
3 notes · View notes
aengusnatureking · 2 years ago
Photo
Tumblr media
Graphic credits to Artem {Spagna, Catalogna -  primavera, 21 marzo 113 E.N.} Squarciati i diafani veli brumosi il sol, colle sue mille lame luminose, sfavilla sul limpido cielo azzurro di marzo già sovrano nel giorno successivo l'equinozio; la costa ispanica dal mediterraneo bagnata si colora di mille sfumature verdi, i sentieri si veston a festa dei gioielli ulimosi che sboccian ovunque guardo si posi attraendo i primi insetti, ancor intorpiditi dall’invernal sonno, i qual vi si posan ronzando pigramente alla carezza della brezza.  La squadra valchirie a cavallo galoppa lungo il verzur cammino indicato da Enebro il qual ben conosce quei luoghi: mete del suo precoce vagare risalente a quando viveva nella Navarra, distante poche lege. Vivace ed energetico narra, con celere e squillante parlantina, or di pascoli or di fonti sorgive, or d'orti or di pozzi celati sotto alberi di fico, racconta di tutte le peculiarità ch’in quelle zone si troan e l'insegna ai compagni alternato sporadicamente dalla guardinga Mariposa che l'è sorella di nozioni, fu proprio lei ad accompagnarlo durante gl’istruttivi viaggi, tuttavia, la sua memoria n’è cotanto precisa come quella del compagno ne la sua voce tanto serena ergo gli lascia volentieri verbo concentrandosi nel pattugliar i campi che percorron alla perenne ricerca d’eventuali perigli dei quali, tuttavia, non ve n’è traccia all’orizzonte percorso dal piroettante volo di rondini e sgargianti cardellini.  Il castano enuncia ch’ove s’ode il reflusso lieto dei ruscelli, alimentati dallo sciogliersi delle nevi, sorge la maggior comunità di Nix iberica di cui tre membri eran cari amici della nonna. “Quando c’incontravam sempre omaggiavan Orquidea c’un mazzo di codesti fiori.” Sporgesi l’avvocato dal possente Gorlas tanto che l’indice sfiora un petalo pien di polline che si disperde al venticello il qual soffia, soave, nella distesa di palustri piante dall’alto stelo le cui gemme han medesima rosea tintura della blusa ch’indossa il pimpante oratore tutto preso ad annusar l’aroma fragrante. “Il profumo che ci facevi era buonissimo: è ancora trai miei preferiti lo sai?” Verbiò la mora Mariposa dirigendo Tempesta accanto all’imponente equino tenebroso. “Iniziai a preparar seriamente questo tipo di filtri proprio a cagion del persistente e gradevole olezzo di questi fiori.” Sott’un carrubo la compagnia sospende il viaggio per desinare; il monarca consuma il proprio pasto sull’albero sotto l’interessato guardo del cubano i cui occhi smeraldini dardeggian tra la ritorta figuretta e la corteccia grigiastra fin quando non s’allargan, le labbra di spiegan el viso fal medesimo illuminandosi. Ei riconosce in quel vigoroso albero il giovane esemplare, una minuta piantina sfida ed esile, che piantò con gl’amici della fata: in quella coppia di decadi ha dimostrato importante crescita divenendo imponente e florido tanto chel fogliame è sì rigoglioso e fitto da fornir ombra all’intera squadra, equini inclusi. “Guarda come cresce bene!” Esclama mettendo a conoscenza del ritrovamento anche i compagni d’avventura, gli fa eco il sire. “Proprio come te.” ”Ma se son così basso!”  Replica ilarmente.  L’ore in cui il tepor s’acuisce son allietate dalla natural sinfonia d’insetti, augelletti el gorgheggiante zefiro, s’ode persino il lontano stornellar dei rivi eppur qualcosa sembra esser manchevole: una voce è rimasta assopita. Il silvestre sire s’avvede di codesta lacuna una volta disceso dall’albero così affiancal cubano sul prato; ei s’è improvvisamente chiuso in silenzio, fattor desueto ma sintomo chel violinista ben conosce: se la lingua tace il cerebro fa l’opposto ed ei n’ha intenzion di lasciar da solo l’amico in necessità. “Come ti senti, Enebro?” L’aurea voce cristallina suscita interrogativo guardo nell’avvocato il qual, seduto a margine della tovaglia, inclina il capo distogliendo il volto. “Credo d’esser un po’ frastornato dai ricordi: è la prima volta che torno qui dopo aver concluso gli studi.” Il folletto nella sua minuta mole è in piedi di fronte al castano risultando di medesima altezza, gl’annuisce invitandol a continuar il suo dire. “Esplorai a fondo codesti luoghi assieme a Mariposa ma sovente venian anche Marisol e Finnian: un po’ mi mancano.” Enebro lascia trascorre ancor qualche istante pria di continuare. “Entrambi... Credi sia sbagliato che mi manchi anche lei?” Il convoluto capo del rosso si scote con scampanellio ovattato. “é normale, tu le volevi bene e hai vissuto bei momenti in sua compagnia.” “Non posso però escludere che anche allora stesse fingendo: dopo tutto da quando iniziò a lavorare n’ha fatto altro ch’usarmi, come posso esser sicuro che non lo facesse anche prima?” “Ancor era bambina, non conoscea a fondo l‘implicazioni del potere ed immagino non ne fosse ancor così tanto presa. Suppongo si rovinò frequentando con troppa leggerezza ambienti ove l’egoismo impera finendo sol dopo per divenir la famelica persona di cui mi parlasti.” “Ne sei davvero persuaso, papi?” Il sir annuisce.  Il cipiglio ch’aggrotta l’altrui sopracciglia vien meno, la mandibola si rilassa ed un sorriso si fa strada sull’esigue labbra rugiadose. “Hai dormito un lungo inverno, disgela l’ali stellino.” Con agil capriola il silvestre sire s’aggrappa con le gambine ad un ramo del carrubo, porge ambo le mani al druido il qual gl’annuisce sciorinando gran sorriso così si lascia sollevar p’esser portato sulla cima dell’albero. Ritrovata la gioia della primavera dal petto del druido un canto sale, la voce troa il suo loco incoronando la natural orchestra del disgelo.
© Ed ora sciogliti i capelli, che ti coprano le spalle, che s'avvolgano ai tuoi fianchi, hai dormito un lungo inverno, ora vesti la tua gioia. Inginocchiati alla fonte e purifica le labbra dal sapore di quel sonno, hai sognato un lungo inverno, ora bevi la tua gioia. Ora sei la nube che va, sei l'erba, il fiore, l’uccello che oggi torna, Se sei uomo o donna, chissà, o la farfalla ch’oggi le ali disgela. ..e le tue mani sono dolci inganni. I tuoi passi non han tempo, stai vivendo senza età, puoi danzare fino a sera, puoi amare fino all'alba, che la gioia sia con te. ..e le tue mani sono dolci inganni. ©A.B.
5 notes · View notes
ilmostroblog01 · 29 days ago
Text
Tumblr media
Il figlio si vergognava di sua madre, una donna delle pulizie, di fronte alla famiglia della sposa, ma al suo matrimonio, lei fece scalpore.
Marina guardò suo figlio provare un nuovo vestito. Alto, robusto, moro: il giorno dopo suo figlio si sarebbe sposato, ed era difficile da credere.
Ilya studiò attentamente il suo riflesso nello specchio. Lui si voltò, annuì soddisfatto, notando che il vestito gli andava alla perfezione."Quali barzellette?" Il figlio camminava nervosamente avanti e indietro per la stanza. "Hai dimenticato come sono i genitori di Vika? Il matrimonio sarà pieno di élite. Ti sentirai come un parente povero lì. Comincerò a preoccuparmi per te. Mamma, vuoi rovinarmi un giorno così importante?"
Il figlio si sedette accanto a Marina sul divano, le prese la mano e la strinse delicatamente:
"Mamma, immagina quanto sembrerai fuori posto tra quelle signore agghindate. Il mio cuore si spezzerebbe per una tale umiliazione. E pensa a come ti sentirai. Torneremo il giorno dopo, okay? Prendi un po' di tè o champagne. Puoi congratularti con noi, darci il tuo regalo."
Il cuore di Marina si strinse per il dolore. Suo figlio si vergognava a tal punto di lei che era pronto a presentarsi al suo matrimonio come un orfano senza parenti.
"Perché dovrei sembrare fuori posto?" ribatté la madre. "Ho un appuntamento con un bravo parrucchiere, mi farò fare le unghie. Indosserò un vestito decente."
"Quale vestito decente? Quella vecchia cosa blu!" sbottò Ilya e tornò a camminare avanti e indietro per la stanza.
"Allora è così." Si fermò di fronte a sua madre. "Se non capisci il modo gentile, te lo dico chiaro e tondo. Non voglio vederti al matrimonio. Forse lo sono... ma mi vergogno che mia madre faccia le pulizie. Non voglio che tu mi metta in imbarazzo di fronte ai parenti di Vika. È chiaro?"
Marina era scioccata dalla confessione del figlio e non riuscì a dire una parola. Ilya prese silenziosamente il suo zaino, sfoggiò con orgoglio il suo abito e si diresse verso l'uscita. Sulla soglia, si fermò:
"Te lo ripeto, non venire alla cerimonia. Nessuno lì sarà contento di vederti."
Ilya se n'era andato qualche ora prima. Il crepuscolo era calato e Marina era seduta sul divano in completo torpore. Era così scioccata che non riusciva nemmeno a piangere. Le lacrime arrivarono un po' più tardi, quando la donna accese la luce e tirò fuori un vecchio album con le foto di famiglia dalla cassettiera.
Quell'album conteneva tutta la sua vita senza fronzoli. I ricordi si abbatterono su Marina con una tale forza che era difficile respirare. Una vecchia foto consumata. Eccola lì, una bambina di due anni con gli occhi azzurri, che guardava intensamente l'obiettivo. Il suo vestito colorato era chiaramente di seconda mano. Accanto a lei, una donna magra e strana con uno sguardo assente e un sorriso sciocco. Anche nella brutta foto, era evidente che la donna era di buon umore.
Marina aveva due anni e mezzo quando sua madre perse la potestà genitoriale e scomparve per sempre dalla vita di sua figlia. Crescendo, la bambina non cercò mai di trovare la madre ribelle. Perché preoccuparsi?
Una foto di gruppo. Marina, dieci anni, con i suoi ribelli riccioli dorati, è in seconda fila, terza da sinistra. La vita nell'orfanotrofio non era una passeggiata.
L'istituto in cui Marina è cresciuta assomigliava ai rifugi problematici dei documentari degli anni Novanta. I cuochi venivano sorpresi a rubare cibo, gli educatori non usavano mezzi termini e il direttore chiudeva un occhio sul bullismo, disinteressato ai metodi usati dai bambini più grandi per mantenere la disciplina.
Tre ragazze attraenti in divisa da cameriera posavano civettuole per un fotografo sulla veranda di un edificio con un cartello storto. Dopo la scuola, Marina non ci pensò troppo a scegliere una professione e trovò subito un lavoro come cameriera in un bar lungo la strada chiamato "By the Road". Lo stipendio era basso, ma le mance generose lasciate dai clienti compensavano.
I turni di dodici ore erano estenuanti, ma Marina non si disperava. Le piaceva la sua vita indipendente. La sua stanza in un appartamento condiviso era spaziosa e luminosa e i vicini, una coppia di anziani, si rivelarono amichevoli. Aveva abbastanza soldi, anche se non molti, e inaspettatamente scoprì un talento in sé. Si è scoperto che sapeva come vestirsi con stile spendendo poco. Acquistando vestiti di seconda mano, li ha rifatti e modificati trasformandoli in articoli alla moda.
In un prato estivo nella foresta, una Marina felice e ridente sedeva sull'erba con una corona di fiori, abbracciata da un bel ragazzo dai capelli scuri che indossava una corona simile. Sono passati molti anni, ma il cuore di Marina salta ancora un battito alla vista di questa foto.
Lavorava al bar da circa un anno quando incontrò Maxim. Quella mattina d'estate, il bar era inaspettatamente affollato. Marina correva per la stanza con un vassoio, servendo clienti impazienti, e all'improvviso inciampò, rovesciando del succo di pomodoro su un ragazzo vicino alla finestra. Una macchia rosso vivo si diffuse sulla sua camicia chiara.
Marina era senza parole, rendendosi conto che la camicia era costosa. Prima che potesse riprendersi, Stas, l'amministratore del bar, corse al tavolo e iniziò a agitarsi, minacciandola di licenziamento.
"Perché preoccuparsi così tanto?" il ragazzo sorrise, porgendo a Marina le chiavi della sua macchina. "Non preoccuparti, sto andando alla casa di campagna dei miei genitori. C'è una camicia pulita in macchina. Potresti portare lo zaino dal sedile posteriore?"
"Lo porto io, Maxim Nikolaevich," si offrì Stas in modo premuroso, strappando le chiavi. "Altrimenti, questo pollo potrebbe rompere qualcosa anche nella tua macchina."
Rimasta sola con il cliente, una Marina spaventata... La storia continua nei commenti.
"Un vestito alla moda", il giovane si voltò verso sua madre. "E il colore è bello, sembra costoso".
"È costoso", pensò Marina, ma ad alta voce disse:
"Sono contenta che ti piaccia. Verserò sicuramente una lacrima al matrimonio non appena ti vedrò in abito da sera".
Ilya alla fine si allontanò dallo specchio:
"Mamma, vai al matrimonio o cosa? Eravamo d'accordo che non ci saresti stato".
"Eravamo d'accordo, figliolo? Pensavo stessi scherzando".
1 note · View note
abr · 5 months ago
Text
Se gli fan sparare, vuol dire che tanto indietro nei sondaggi non è. Vuol anche dire che l'altra non è poi così brava come dicono a far dimenticare che lei é parte del problema, non una soluzione.
Infatti questo vale per i normodotati, la maggioranza silenziosa; i socc'alisti che intasano i social se ne bevono regolarmente anche di peggio. Del resto i loro nonni e padri eran detti TRINARICIUTI e il frutto non cade mai lontano dalla pianta.
9 notes · View notes
continuoasbagliare · 1 month ago
Note
ah bene io sono al terzo giro di bestemmie invece ahahaha
il demone stasera è fuori dalla cucina di masterchef
ahahah ah beh, per me le madonna eran già volate tutte nei 95 minuti
0 notes
juarezesdeporte · 2 months ago
Text
Tumblr media
SE APAGA SU ESTRELLA
Arlington, Texas.- El desgarrador yerro de los Vaqueros después de lo que podría haber sido un bloqueo de despeje que les daba el triunfo, le costó a Dallas más aún que la victoria ante Cincinnati.
El error de Amani Oruwariye en los dos minutos finales del triunfo de los Bengalíes por 27-20 sepultó las esperanzas de los Vaqueros (5-8) de avanzar por tercer año consecutivo a los playoffs –de cualquier modo sus posibilidades de alcanzar la postemporada eran escasas.
Ahora, la conversación se centra en el futuro del entrenador Mike McCarthy, que está en el último año de su contrato. Las dudas sobre una renovación se agravaron con la sorpresiva derrota en la ronda de comodines contra Green Bay el pasado enero, y se han agrandado.
Dos de las mayores estrellas del equipo, el mariscal Dak Prescott y el apoyador Micah Parsons, han respaldado a McCarthy en la última semana.
Prescott, quien jugó ocho partidos antes de que un desgarro en el tendón de la corva derivara en una cirugía y pusiera fin a su temporada, es particularmente importante, porque ésta es su segunda temporada con McCarthy como encargado de definir las jugadas .
Dallas tuvo una de las mejores ofensivas en la NFL en el primer año, aunque en la segunda ocasión nunca pareció encarrilarse.
Los Vaqueros, quienes visitarán el domingo a Carolina, ya se comprometieron con Prescott por lo menos durante tres temporadas más a través de un contrato que le otorgaron a cuatro años por 240 millones de dólares, que firmaron el primer día de septiembre.
La única declaración que ha hecho el propietario y gerente general Jerry Jones es que no habrá un cambio de entrenador durante la temporada.
Se suponía que la vara para medir a McCarthy sería qué tanto podría avanzar en la postemporada. La histórica franquicia no ha llegado a una final de la Conferencia Nacional desde que ganó el Super Bowl tras la campaña de 1995.
La lesión de Prescott hizo que la pregunta sobre los playoffs fuera irrelevante, y no ayuda que el guardia derecho Zack Martin, siete veces All-Pro, se pierda los últimos siete partidos debido a una lesión de tobillo.
Parsons se ausentó de cuatro encuentros con un tobillo torcido –los últimos tres fueron el comienzo de una racha de cinco derrotas consecutivas. El segundo mejor cazador de mariscales del club, DeMarcus Lawrence, no ha jugado desde la Semana 4 debido a una lesión en un pie.
“Mike es un entrenador excepcional”, dijo Jones después de la derrota ante los Bengalíes. “Mucho de lo que él representa, algunos de los beneficios que estamos obteniendo allí, los estamos ganando por el tipo de entrenador que es”.
“Hay un antiguo adagio que dice que cuando uno empieza a pensar acerca de algún entrenador, es mejor que tenga buena suerte porque él es uno de los más destacados”, comentó Jones.
“He hablado de eso sobre cualquier consideración que estoy teniendo, pero la derrota de esta noche fue dura para él, estoy seguro”.
Fue dura para todos.
Para Jones, le recordó el Día de Acción de Gracias de 1993, cuando Leon Lett inexplicablemente trató de recuperar un gol de campo bloqueado con el que Dallas hubiera ganado el partido. Miami tuvo otra oportunidad y realizó un gol de campo corto en la última jugada en la victoria por marcador de 16-14.
John Fassel, entrenador de los equipos especiales de los Vaqueros, trató de asegurarse que nadie tocara el balón después que pasó por la línea de golpeo con el bloqueo que hizo Nick Vigil.
Oruwariye nunca dudó al tratar de apoderarse del balón que rebotó y al tocarlo, permitió que Cincinnati lo recuperara en la yarda 43 de los Bengalíes.
Ahora, Dallas tiene que jugar por el orgullo.
“Sólo hay que hacer el cálculo”, dijo McCarthy. “Seguimos estando en un hoyo. Así que, necesitamos una tremenda cantidad de ayuda, esto duele, tuvimos que haber ganado este partido”.
Qué funciona
El corredor Rico Dowdle logró sus dos primeros encuentros 100 yardas en las últimas dos semanas, estableciendo su mejor marca personal ambas veces. El corredor de quinto año, con un contrato que está por expirar, sumó 131 yardas contra los Bengalíes.
Qué falta
Aunque KaVontae Turpin tiene retornos de despeje y de kickoff para touchdowns esta temporada, los equipos especiales han sido un problema, incluso antes del sorprendente error contra los Bengalíes.
En dos de sus derrotas, los Vaqueros tuvieron falsos despejes fallidos. Brandon Aubrey ha sido letal (29 de 34) un año después de establecer un récord de la NFL al convertir los primeros 35 goles de campo de su carrera y terminar 36 de 38.
Lo que sí tienen
El receptor CeeDee Lamb ni siquiera estuvo cerca de los números que logró durante su temporada como All-Pro en el 2023.
Aunque ha sido constante en su desempeño a pesar de su lesión en el hombro y podría conseguir su cuarta temporada consecutiva de mil yardas. Ya cuenta con mil yardas desde la línea de golpeo por quinta ocasión en cinco temporadas.
Lo que no tienen
El segundo período de Ezekiel Elliott con los Vaqueros terminará con pocas fanfarrias. El dos veces campeón de acarreos de su primera etapa que pasó en Dallas logró un total de siete acarreos en los últimos cuatro partidos.
(Associated Press)
0 notes
seulementpourv · 2 months ago
Text
Tumblr media
Sentivo da un pezzo sul capo inchinato tra le braccia come l’impressione d’una mano lieve, in atto tra di carezza e di protezione. Ma l’anima mia era lontana, errante pei luoghi veduti fin dalla fanciullezza, dei quali mi spirava ancor dentro il sentimento, non tanto però che bastasse al bisogno che provavo di rivivere, fors’anche per un minuto, la vita come immaginavo si dovesse in quel punto svolgere in essi.
Era festa dovunque: in ogni chiesa, in ogni casa: intorno al ceppo, lassù; innanzi a un Presepe, laggiù; noti volti tra ignoti riuniti in lieta cena; eran canti sacri, suoni di zampogne, gridi di fanciulli esultanti, contese di giocatori… E le vie delle città grandi e piccole, dei villaggi, dei borghi alpestri o marini, eran deserte nella rigida notte. E mi pareva di andar frettoloso per quelle vie, da questa casa a quella, per godere della raccolta festa degli altri; mi trattenevo un poco in ognuna, poi auguravo:
– Buon Natale – e sparivo…
0 notes
caminocopalita · 4 months ago
Text
Agua Fría
24 de marzo de 2024
Después de los chilaquiles con huevo estrellado y de conocer de vista al resto de nuestros 17 compañeros de viaje, nos repartimos en dos camionetas. Cuando nos subimos a la nuestra, los Aguilar, una familia de 5 que hablaban francés entre ellos, ya habían apañado toda la parte de atrás y la mayoría de los espacios para acomodar bolsos y mochilas de mano.
Nos presentamos. “Héctor, Mónica, Camila, Claudio, Pablo,” dijeron ellos. “Luis, Pilar, Jimena, Alberto, Ana,” contestamos nosotros. “¿Todos son de la ciudad de México?” preguntó Héctor. “Sí,” contesté, nosotros tres del Defecante.” Los tres chavos se me quedaron viendo con cara de ¿qué-dijo? Ya no les expliqué que uno de los dizque gobiernos de dizque izquierda que llevamos padeciendo desde finales del siglo pasado decidió cambiar el nombre del Distrito Federal por el de Ciudad de México, y el acrónimo DF por el de CDMX, y que con ello habíamos perdido gentilicios simpáticos como defeño, defecante y defectuoso. “Yo también,” dijo el Basave, “aunque vivo en Dallas.” “Yo soy de Ensenada y vivo en San Diego,” contestó Ana.
Salimos rumbo a nuestro primer destino, San Juan Bautista Ozolotepec. El recorrido era de poco más de 170 kilómetros, pero el tiempo estimado, incluyendo una parada para comer era de 6 horas. 
En el camino le dio hambre al Basave y se abrió la primera bolsa de beef jerky que había comprado en un Whole Foods en Dallas. Escogió el de sabor teriyaki. Apenas rompió el sello de garantía de frescura cuando apestó toda la camioneta. “¿Por qué huele así?” preguntó Pablo, el más chico de los Aguilar. “Es beef jerky sabor teriyaki y está buenísimo,” contestó el Basave, “¿Quieres?” “No. Gracias,” contestó Pablo. 
A medida que avanzábamos, nuestra velocidad promedio disminuía. La carretera estaba llena de hoyos al principio y de curvas y hoyos a medida que nos adentrábamos en la Sierra Sur de Oaxaca. El paisaje fue cambiando de semi desierto a bosque de coníferas al tiempo que la temperatura iba disminuyendo de calurosa a agradable.
Después de tres horas de viaje, nos detuvimos a comer en el mismo tejabán que había visitado con mis papás y mis hermanos hace más de 40 años. Lo reconocí de inmediato. Nos acomodamos en varias mesas que estaban acomodadas en ele a lo largo de dos de las paredes de la pequeña cabaña. Dos señoras estaban preparando nuestra comida en un comal de barro y una parrilla que calentaban con leña. Comimos sopa de verduras, unos frijoles caldosos exquisitos, que ya Emilio nos había advertido eran los mejores de la región, tasajo, y té de guayaba. 
El tasajo es un corte delgado de carne de res, que puede ser de la pulpa de la pierna o de la costilla, y que se sala y se seca al aire o al humo de leña para conservarlo. El que nos sirvieron lo cocinaron directamente sobre las brasas blancas de la leña. Difícil de comer así recién salido porque estaba muy duro y muy salado, pero cuando le echabas un par de cucharadas de los famosos frijoles, el platillo se transformaba en un pequeño manjar.
Abordamos nuevamente las camionetas y seguimos admirando el cambio de paisaje. El conductor traía una limitada selección musical compuesta por dos playlists: una de cumbias y una con una selección de lo más cursi de José Luis Perales. En lugar de programar una reproducción aleatoria, las tocó durante las seis horas del trayecto en estricto orden. Cuando sentíamos que la cumbia nos taladraba el oído, empezó el Morrissey de Castejón. Al principio fue bienvenido el cambio y con gusto acompañamos a los niños en el coro de Dime, pero al poco rato ya no podíamos con el de Cuenca. Sentimos alivio, aunque no mucho ni por mucho tiempo, cuando volvió a empezar la cumbia, y así fuimos alternando géneros musicales durante todo el viaje. 
Antes de llegar al mirador de San Juan Bautista nos tocó un bellísimo atardecer que pintó el cielo, las montañas, las cañadas y el bosque. El cielo en tonos de amarillo, anaranjado y rosa; las montañas en distintos tonos de azul; los árboles de negro.
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Poco después llegamos a la comunidad cuando ya era de noche. Aquí nos despedimos de las camionetas. El resto de los trayectos motorizados los haríamos en transportes de las comunidades.
Descargaron las mochilas al lado de las gradas de la cancha de basquetbol mientras nosotros entramos al palacio municipal donde las autoridades comunales se presentaron y nos dieron la bienvenida. El presidente municipal y el presidente de bienes comunales habían tenido que salir por lo que nos recibieron diversos miembros del cabildo. El cabildo se compone de 12 personas que desempeñan su puesto durante 3 años. El cargo es por elección, es obligatorio y honorario, es decir, no tiene remuneración alguna. Se presentaron, nos dieron la bienvenida, nos desearon suerte en el trayecto que comenzaríamos al día siguiente y nos invitaron a ver el nuevo amanecer.
Afuera del palacio municipal ya nos esperaba el nuevo transporte. Consistía de un camión de redilas para los pasajeros y una pick-up para las mochilas. “En la cabina del camión caben tres personas, en la de la pick-up caben seis. Los demás súbanse a la caja de carga del camión,” nos indicó uno de los choferes. Pa pronto el Basave se metió con Ana y otro de nuestros compañeros en la de tres. Pilar, Jimena y yo nos clavamos en el asiento de atrás de la de seis; Mónica se subió en el asiento de adelante; con el conductor sumábamos cinco e íbamos bastante cómodos. 
Tumblr media
Los otros 17, más los guías y algunos miembros de la comunidad que iban también al campamento, se acomodaron como pudieron en el camión de redilas. El primero en arrancar fue el camión. 
En nuestra pick-up se subió doña Cristina, la tesorera suplente, con su hijo Arié, en el asiento de adelante junto a Mónica que amablemente se bajó para cederles el lugar de enmedio. Ya éramos siete, cuando atrás se nos subió doña Epifania que le gritaba a su tío Evelio que todavía había lugar. Jimena se subió a las piernas de Pilar para que cupieran. “¡Espéralo Aquilino!” le decía doña Epifania al conductor, “¡Todavía cabemos!” Gracias a Dios, el tío Evelio no se subió y Aquilino arrancó con los ocho pasajeros en la cabina de seis. 
Pasamos por la iglesia, que estaba en reconstrucción porque la había dañado un reciente temblor, antes de salir del pueblo y agarrar un camino de terracería que nos seguiría subiendo a la montaña. Si nosotros, que íbamos bien empacados, dábamos tumbos en la cabina de la pick-up, no me quiero imaginar cómo iban los del camión de redilas.
Llegamos al campamento de Agua Fría cerca de una hora después para encontrar que todas las tiendas de campaña estaban ocupadas. Era la primera de varias veces que Pilar y yo llegábamos los últimos a escoger alojamiento. El Basave me quiso convencer de que durmieran las tres mujeres en una tienda para que compartiéramos una él y yo. No me dejé. De inmediato me aparté unos pasos con Pilar para aleccionarla. “Este güey es capaz de convencer a cualquiera de cualquier cosa,” le advertí. “Por ningún motivo caigas en la trampa de irte a dormir con Ana y con Jimena. Además, seguro le apestan las patas. Ya pedí que nos montaran otra tienda.”
Mientras tanto, pasamos a la cabaña donde tenían preparada la cena. El tasajo con frijoles lo habíamos comido hace no tanto, por lo que decidimos ahorrarnos la cena. Bueno, todos menos el Basave que lo único que se ahorró fue el tamal, pero se marraneó bien y bonito varias tostadas de chapulines con salsa molcajeteada, puños de cacahuates con ajo y chile de árbol, y varias tostadas de requesón con miel que preparaba y dispensaba a los compañeros de la mesa. Yo había llegado un poco deshidratado y cometí el error de beber dos tazones de agua y dos de poleo, que acompañé con un pequeño trozo de tostada de requesón con miel que estaba francamente bueno. Lo lamentaría durante la noche.
Después de la cena, mientras disfrutábamos del primer mezcal del recorrido, un tobalá muy bueno, nos fuimos presentando uno por uno. Emilio nos pidió que platicáramos cómo nos habíamos enterado del Camino Copalita y por qué habíamos decidido venir. Al final se presentaron los miembros de la comunidad que nos acompañaban. Las cocineras, los que serían nuestros guías en la primera caminata, y los choferes que transportarían nuestro equipaje.
Emilio nos dio las indicaciones para el día siguiente. “Chicos y chicas…” empezó. “Los que quieran subir a ver el amanecer tienen que estar listos afuera de las tiendas en punto de las 5 de la mañana, con botas, pantalón largo y ropa abrigadora. Va a hacer mucho frío. La primera parte de la subida la vamos a hacer en el camión y luego haremos la primera caminata del viaje. Unos 30 minutos más que nos llevarán al mirador en la parte más alta de la sierra a casi 3,800 metros sobre el nivel del mar. Si el día está claro y tenemos suerte, podremos ver a lo lejos el mar.”
Después de la cena salimos para encontrar una gran fogata prendida en el centro del semicírculo que formaban las tiendas blancas con techo a dos aguas, debajo de un cielo estrellado, iluminadas por la luna llena. 
“Bueno, ¿entonces cómo nos acomodamos?” volvió a insistir el Basave. Nadie lo peló. Habían montado dos tiendas más, una para Pilar y para mí, y una muy grande donde dormiría solo el Basave. Como ya no tenían más de las tiendas blancas, monas, con techo a dos aguas, nos tocó una tienda con cuatro paredes altas y techo tipo torre de castillo. Me recordó la que habíamos comprado en 1985 en Pablo’s Productos para Campismo, que estaba en Patriotismo y Extremadura, cuando me fui con mis tres amigos de viaje a Europa. 
Dormimos, es un decir, de la puritita mierda del toro. No. Peor. 
Cuando llegamos a Agua Fría hacía algo de viento, pero mientras nos preparábamos para dormir, se empezó a desatar un fuerte ventarrón de montaña. “Qué padre,” pensé, “nos va a arrullar el sonido del viento.” Extendimos los sleepings sobre las colchonetas que nos habían dejado dentro de la tienda y puse mi despertador a las 4:15. Quería aprovechar para echar el primer popó –del recorrido y de mi vida– en un baño seco, y no quería presiones externas.
El viento empezó a arreciar conforme avanzaba la noche. El ruido, el frío y el zarandeo de la tienda de campaña, también. No habíamos dormido nada. Gracias al agua y al poleo me tuve que parar cuatro veces a orinar. 
Como a las 4 de la mañana se soltaron unas ráfagas tan fuertes, que la tienda nos empezó a agarrar a sapes. El agresivo movimiento ondulatorio –como el que provocan esos güeyes que se sienten muy mamados en los gimnasios con esas cuerdas para amarrar trasatlánticos que les dicen battle rope– empezaba por el techo de la torre de castillo, recorría toda la pared de la tienda, y chicoteaba justo donde teníamos la cabeza Pilar y yo. “Qué pedo con esto,” dijo Pilar. Cuando nos paramos para evitar la madriza, la onda que regresaba del piso al techo me puso un soplamocos que me tumbó boca arriba en el piso. A Pilar, que se destornillaba de risa, le propinó una cachetada guajolotera y acabó encima de mí. Nos dimos un largo beso. Estábamos bien.
“Voy al baño a ver si puedo hacer popó,” le dije a Pilar. “Suerte,” me contestó, “Yo voy a girar 90 grados los sleepings, creo que de este lado la tienda no pega.”
Un baño seco, también conocido como letrina ecológica, consta de los siguientes elementos.
Dos cámaras inferiores de ladrillo, piedra o adobe, que se construyen sobre una losa de cemento y deben ser impermeabilizadas. Cada cámara tiene un volúmen aproximado de un metro cúbico y debe tener una compuerta por la cual se vacía la materia fecal cuando esta se llena. Las dos cámaras se cubren con una losa de cemento en la que se perforan dos agujeros que deben coincidir con el centro de cada una. Encima de uno de los agujeros se coloca un excusado o taza sanitaria con separador de orina. El otro se cubre con una tapa de madera. Encima de la losa superior se construye una caseta que puede ser de ladrillo, adobe o madera y que debe estar bien ventilada. Debe contar con una puerta, una ventana con malla mosquitero y un techo de teja o madera. Como el baño queda a una altura aproximada de un metro sobre el nivel del suelo, debe tener una escalera de tres o cuatro peldaños para acceder cómodamente al recinto. Antes de empezar a utilizarlo a la cámara donde se coloca el excusado se le debe añadir un poco de tierra con lombrices. 
El baño seco funciona de la siguiente manera. Es importante que tanto hombres como mujeres se sienten en el excusado para hacer tanto pipí como popó. Esto ya nos lo había adelantado el Biólogo en la plática introductoria en el Café Ciudadanía. También nos había exhortado a sentarnos de manera franca y no hacer de aguilita. Los desechos sólidos, o semisólidos según sea el caso, caen directamente a la cámara. La orina se captura en el separador de orina, un recipiente tipo bacinica que tiene un pequeño orificio en el fondo y que forma parte integral de la taza sanitaria, y se desvía a un pozo de drenaje separado de las cámaras. Después de defecar, se debe echar un puñado de cal, ceniza o aserrín para que la materia se seque, pierda peso y volumen, y se eliminen olores desagradables.
Cuando se llena una de las cámaras, se intercambian la taza sanitaria y la tapa de madera, de modo que el baño se puede seguir usando de manera continua. La cámara llena se vacía con una pala por la compuerta. El contenido removido se lleva a otro lugar a terminar de compostar para que sirva como abono. 
Anduve nuevamente el camino al baño. Decidí no usar la linterna porque el camino estaba iluminado por la luna y además ya me lo sabía de memoria. Estaba solo. De inmediato me puse a hacer mis naulis. Nauli es un método yóguico de limpieza digestiva que consiste en hacer diversos movimientos abdominales para estimular el intestino grueso. Yo creo que estaba un poco presionado y los apuré, porque no cumplieron cabalmente su función de ablandar y acercar la materia fecal al recto. Entré al baño, cerré la puerta y rápidamente limpié la tasa con papel de baño –se me habían olvidado los lingettes ultra-douces–  y me senté a tratar de zurrar. Después de un esfuerzo importante que casi provoca la salida de la almorrana, logré expulsar un solitario tronco. Resultó ser una caca fantasma. La busqué con la linterna en el fondo del depósito y no encontré nada. De todos modos eché media pala de cal en el centro donde tenía que haber aterrizado. Me limpié una vez y examiné el papel. Sin rastro. Repetí la operación con el mismo resultado. Confirmé que, en efecto, había sido una caca fantasma. Tenía que regresar a la tienda por el paquete de lingettes ultra-douces. 
El protocolo marca dos opciones cuando te das cuenta de que no hay papel una vez que ya concluiste con el acto. La primera es gritar una vez: “¡¡NOHAY PAAPEEEEEL!!” esperar unos segundos y gritar una segunda vez: “¡¡NO HAY PAAAA PEEEEEL!!” A las 4:15 de la mañana nadie me iba a hacer caso, y si sí, si acaso, me llevarían un rollo de papel de baño que no me serviría para nada. Deseché la opción uno. 
La segunda opción es caminar, con paso de pingüino, al baño más próximo, tomar el rollo de papel, y regresar, también con paso de pingüino, al lugar de los hechos a concluir el proceso. El paso de pingüino, ya se sabe, es cuando uno camina con los pantalones en los tobillos y con las piernas abiertas a la extensión que ello permite, dando pasos cortos y rápidos. Esta segunda opción tampoco me pareció viable. Caminar 150 metros a la tienda de campaña y de regreso dando pasos de pingüino no era una alternativa por sí sola descabellada. No sería la primera vez que hiciera algo parecido, aunque esta vez el grado de exposición sería mayor. La tradición de hacer un paseo en toalla o paños menores por un campamento se inició en el viaje a Europa que hice con mis tres amigos al terminar la prepa. Lo que me preocupaba en este caso, es que con el viento y el frío pasando por la entrepierna, sufriera un fenómeno de encogimiento, que alguien me viera, y que se quedara con una mala –y equivocada– impresión de mi persona.
Preferí violar el protocolo, subirme los pantalones y regresar a la tienda por las toallas húmedas. Lo que sí hice fue regresar al lugar de los hechos a concluir con la operación. Tomé una de las toallas, la doblé por la mitad e hice, con movimientos sucesivos de rotación, una limpieza profunda del tachito. ¡Éxito! Logré atrapar una solitaria calatraca que se encontraba ahí alojada. Para los que no conocen el término, calatracas son esas pelotitas de caca que se cuelgan de los pelos de la cola cuando no te limpias bien. Incómodas y provocadoras de comezón, son las principales responsables –junto con los pedos mojados– del proverbial calzón flameado.
Regresé contento a la tienda de campaña a vestirme para salir a ver el amanecer. Era mi séptimo camino de regreso. Todavía no empezaba nuestra caminata y ya llevaba más de dos kilómetros acumulados. 
Estaba abriendo el zipper de la puerta cuando uno de los guías se me acercó a informarme que se cancelaba la caminata a la punta de la sierra por el fuerte viento y que nos podíamos regresar a dormir. Un poco decepcionado, le comenté a Pilar las malas noticias. “¡Uff! Qué bueno,” me dijo. “A ver si podemos dormir un poco.” 
Caímos profundos. Me desperté cuando Pilar alrededor de las 6:20 am se quejó, “¡Uta! ¿Ahora quién prendió el pinche campamento?" Empezaba a amanecer.
0 notes