#effetto del fondatore
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noneun · 2 years ago
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Perché siamo (biologicamente) uguali?
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Che le razze umane non esistano è un fatto ormai scientificamente assodato. Anche se questa invenzione è sempre stata usata per giustificare il razzismo culturale.
Ognuno di noi è ovviamente una versione diversa di Homo sapiens: la riproduzione sessuale fa un gran bel lavoro di rimescolamento con il materiale genetico che ha a disposizione. Ma siamo lo stesso così simili gli uni con gli altri che è possibile trovare qualcuno dall'altra parte del mondo che casualmente ha un genoma più simile al proprio di chiunque abiti nel nostro stesso quartiere (a meno che non si viva con il proprio fratello gemello, ovviamente).
Certo, nel corso dell'evoluzione il nostro cervello ha sviluppato la capacità di riconoscere e amplificare la percezione delle differenze estetiche e la nostra cultura ne ha fatto un totem di appartenenza etnica. Ma i classici tratti somatici che usiamo per discriminare (colore della pelle, dei capelli e degli occhi, statura, forma del viso, eccetera) sono determinati solamente da una manciata di geni, su un totale che si aggira sui 20mila.
Ovvio che se un aborigeno australiano avesse migliaia di geni identici ai miei ma che codificano solo proteine che influenzano il funzionamento del cuore, del cervello, la composizione del sangue e la struttura ossea, non me ne potrei mai accorgere a colpo d'occhio.
La genetica di Homo sapiens è così poco varia che siamo la specie di primate con meno diversità genetica di tutte. È questo che ci rende così simili gli uni con gli altri. E, tra l'altro, ci espone ad un numero maggiore di malattie genetiche. Potremmo dire che siamo tutti consanguinei.
Secondo l'attuale conoscenza scientifica, il motivo è duplice.
Da un lato, circa 73mila anni fa si è verificata una drastica diminuzione della popolazione. Dall'altro, siamo sempre stati una specie fortemente migratoria.
La diminuzione della popolazione probabilmente è stata causata dalla catastrofe di Toba: l'esplosione di un supervulcano che ha lasciato un cratere di 100 km sull'isola di Sumatra e ha disperso polveri che oscurarono il Sole, rendendo ancor più freddo un pianeta che già stava attraversando una glaciazione.
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Questo mise a dura prova gli ecosistemi e provocò una repentina diminuzione degli esemplari di varie specie. Provocando, dal punto di vista genetico, un cosiddetto collo di bottiglia: solo chi sopravvisse potè trasmettere il proprio corredo genetico ai discendenti, e questo ha lasciato una traccia nel genoma delle generazioni successive. I genetisti sono riusciti a datare vari colli di bottiglia di ghepardi, tigri e di molti primati, più o meno nello stesso periodo della catastrofe di Toba. 
Per quanto riguarda Homo sapiens, si stima che circa 70mila anni fa fummo vicini all'estinzione: rimasero solo 20-25mila esemplari. O più precisamente, tutti gli 8 miliardi di persone che oggi abitano la Terra derivano da un ristretto gruppo di 20-25mila che vissero in Africa 70mila anni fa. Avrebbero potuto essere di più ma o non si sono riprodotti, o le loro stirpi si sono estinte.
Questo collo di bottiglia ha quindi distrutto gran parte della variabilità genetica esistita precedentemente: ad un certo punto sopravvissero e si riprodussero molti meno esemplari e quindi molte meno versioni diverse di Homo sapiens.
Un fenomeno geneticamente simile ma con cause totalmente diverse è il cosiddetto effetto del fondatore in serie, causato dalle migrazioni che Homo sapiens ha più volte intrapreso nel corso dei millenni. Si tratta di spostamenti di pochi km per ogni generazione, ma abbastanza per partire dall'Africa e raggiungere, in relativamente poco tempo, la Patagonia.
L'effetto del fondatore provoca un fenomeno di deriva genetica che porta ad una ulteriore diminuzione di una già bassa variabilità genetica. Infatti, se un sottogruppo della popolazione si stacca e non si mescola più con la popolazione iniziale, si porta dietro solo un piccolo pezzettino di variabilità genetica e quindi avrà una variabilità genetica diminuita. Il motivo è quindi simile: un sottogruppo ha meno esemplari, quindi meno versioni di Homo Sapiens, e quindi meno diversità genetica.
Certo, la variabilità può ricominciare ad aumentare col tempo e la globalizzazione può rimescolare un po' il genoma del genere umano, ma è un processo molto più lento (o molto più recente) delle migrazioni. Tanto è vero che ancora oggi si vede come la variabilità genetica sia massima (seppur bassa) in Africa e sempre minore mano mano che ci si allontana dalla culla di Homo sapiens, seguendo le antiche rotte migratorie.
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Se quindi alla nascita siamo tutti così biologicamente simili, allora la quasi totalità delle differenze fra esseri umani è di origine culturale e ambientale, dovuta alla storia e alle esperienze personali. Sono queste che giocano un ruolo significativo nella distinzione fra esseri umani, che definiscono chi siamo e come ci comportiamo. E non è nulla che si possa trasmettere geneticamente.
Con buona pace dei razzisti e di taluni psicologi riduzionisti.
(L'immagine di apertura è stata creata con l'intelligenza artificiale generativa Adobe Firefly)
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diceriadelluntore · 1 year ago
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Storia Di Musica #299 - Sonic Youth, Daydream Nation, 1988
Il mese delle scelte con doppia voce cantante maschile e femminile termina con un disco epocale. E poche volte l'aggettivo calza a pennello come questa volta, in un disco, doppio, che accumula tutte le idee di una generazione del rock alternativo americano, per un lavoro discografico seminale da cui fioriranno artisti e idee prorompenti degli anni a venire. La storia degli artefici di questo disco inizia qualche anno prima, nel 1981, a New York. Al Noise Festival organizzato dalla galleria d'arte White Columns, quando Thurston Moore sta suonando con la sua fidanzata, Kim Gordon, e vengono notati dal comnpositore e musicista d'avanguardia Glenn Branca. Tra loro nasce subito un'intesa, e uno dei collaboratori di Branca, un chitarrista dalle idee molto originali, Lee Ranaldo, si unisce al gruppo, che una volta trovato un batterista, Richard Edson (ma ne cambieranno decine nel corso degli anni) formano un gruppo a cui danno un nome composto dal nome di Fred "Sonic" Smith, membro degli MC5 e fondatore della Sonic's Rendezvous Band e futuro marito di Patti Smith, con quello del musicista reggae Big Youth, amato da Kim Gordon: nascono così i Sonic Youth. Dopo un primi ep, titolato Sonic Youth, nel 1983 pubblicano il primo disco, Confusion Is Sex, nel 1983: portano sul vinile il selvaggio modo di esibirsi nei locali, tra feedback come se non ci fosse altro effetto musicale, rumorismo preso dalla lezione di Branca, tessiture di chitarra stranianti frutto delle accordature del tutto personali degli strumenti, riff minimali e ripetitivi, in una congestione tra punk e avanguardia che li renderà unici, aggiungendo quel tocco rock decadente tra Velvet Underground, Stooges e MC5, tanto amati da Moore. Sono anche super combattivi e non la mandano a dire a nessuno, e il primo ad accorgersene fu il famoso critico Robert Christgau, che sul Village Voice definì il loro suono e quello di altre band emergenti Pigfuck, alchè la band dedicò la sanguinosa e niente affatto edulcorata una nuova versione di Kill Yr Idols in I Killed Christgau With My Big Fucking Dick, prima che i due si riappacificassero. Il primo grande disco è del 1985, Bad Moon Rising, che in alcune canzoni, come gli otto minuti fatali di I Love Her All The Time e soprattutto Death Valley '69, epocale, fanno capire che nessuno è uguale a loro. Moore ha l'abitudine di cambiare di continuo metodi di registrazioni, anche lo stile di produzione, e di cambiare con la stessa frequenza batteristi. Evol del 1986 li lega all'etichetta SST, e dopo un altro album grandioso, Sister, del 1987, si cimentano in un progetto alternativo, chiamato Ciccone Youth, dove rifanno pezzi storici di Madonna, Robert Palmer e parodiano l'hip hop, che in quegli anni stava salendo alla ribalta. E qui hanno un incontro particolare: Nick Sansano è un produttore hip hop, che li vede suonare. Non ha mai prodotto rock, ma si innamora così tanto del loro modo vivo e potente di esibirsi che accetta di produrre il loro lavoro, registrato ai Greene St. Recording, a SoHo, New York. Moore cambia stile di "progettazione" e con la band, che alla batteria stavolta ha Steve Shelley, inizia a suonare jam session improvvisando, carpendo di volta in volta le parti più interessanti. per la prima volta, hanno mezzi economici e tecnici per registrare più tempo, e nel mese che si prendono per farlo scrivono tantissime canzoni, che vanno a finire in un doppio album che, come accennato, è uno dei grandi dischi degli ultimi decenni: Daydream Nation (1988).
È un disco densissimo di stili, significati, idee, e basta la copertina, un rifacimento con una candela reale del famoso quadro Kerze di Gerhard Richter, per capire che è un disco di fattura ideologica potentissima. È un disco che sperimenta ogni cosa, dal pop di Kissability alla potenza dei brani iniziali, le ormi leggendarie Teenage Riot (It's time to go 'round\A one man showdown teach us how to fail\We're off the streets now\And back on the road on the riot trail) e Silver Rocket. Le voci di Moore e Gordon si alternano ai brani, Kim è fantastica e intensa in Cross The Breeze, ma alterna altri registri vocali ed interpretativi, per una prova super dove si pone persino ironica in The Sprawl. Lee Ranaldo e la sua chitarra non sono mai stati così visionari come in Eric’s Trip che prende ispirazione dal monologo di Eric Emerson nel film Chelsea Girls di Andy Warhol e Hey Joni, un omaggio alla loro maniera fantasiosa di Hey Joe di hendrixiana memoria ma dedicata a Joni Mitchell e che nel testo allude al leggendario Neuromancer di William Gibson, il libro cult del cyberpunk. Un messaggio vocale con voce stentorea di Mike Watt dei Minutemen compariva quasi dal nulla in Providence con in sottofondo il piano suonato da Thurston Moore, assolo di piano registrato a casa di sua madre usando un walkman, il suono di un amplificatore Peavey Roadmaster surriscaldato e un paio dei suddetti messaggi telefonici lasciati da Mike Watt, che chiamava Moore da un telefono pubblico di Providence, Rhode Island, doppiati l'uno sull'altro. The Wonder si ispira ad una lavoro dello scrittore James Ellroy, maestro della crime fiction. Sul disco, in omaggio (o sberleffo) ai Led Zeppelin del mitico IV, ogni componente della band ha un simbolo che lo contraddistingue. Il disco è un'ovazione di critica e pubblico sin dall'uscita, e campeggia nelle prime posizioni dei dischi migliori dell'anno 1988. A distanza di anni, è unanimemente considerato il punto più alto del rock indipendente americano. Subito dopo, firmano con la Geffen, e come succede sempre, vengono accusati di altro tradimento dai fan della prima ora. Ma questa è un'altra storia, che nulla toglie alla bellezza e all'importanza storica di questo album capolavoro.
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notiziariofinanziario · 8 months ago
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Silicon Box ha scelto Novara come sede per la sua prima fabbrica di chip per l’intelligenza artificiale in Europa
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Silicon Box ha comunicato l'apertura di una sede a Novara venerdì durante una conferenza stampa congiunta con il ministero delle Imprese. L'accordo prevede un investimento iniziale di 3,2 miliardi e la creazione di 1.600 posti di lavoro diretti, più l’indotto. La fabbrica dovrebbe entrare in produzione nel 2028 e servire clienti in tutta Europa. La scelta di Novara Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha spiegato che «Silicon Box ha valutato diverse località in Italia, e la scelta finale è ricaduta su Novara. Il Piemonte ha già altre attività nel settore, e può diventare unpolo industriale dei semiconduttori». Secondo il presidente della Regione Piemonte, Alberto, Cirio, La fabbrica di chip di Silicon Box rappresenta «il vecchio triangolo industriale che si prende la rivincita, grazie alle nostrainfrastrutture (i corridoi ferroviari Lisbona-Kiev e Genova-Rotterdam chehanno rimesso il Piemonte al centro) e la nostra capacità di innovare».  Gli investimenti nella microelettronica Il ministro Urso ha ricordato che «quello di Novara è il primo impianto di produzione chip in Europa» e che l'investimento di Silicon Box «segue quello di StMicroelectronics da 5 miliardi di euro a Catania, quello diAixtron in Piemonte, e altri in Emilia e Lombardia. Ne seguiranno altri, perché è in atto un effetto volano per gli investimenti di chip in Italia». «Dall’inizio dell'anno - ha proseguito Urso - sommando tutti gli investimenti sulla microelettronica in Italia, arriviamo a oltre 9 miliardi dieuro, più che negli altri paesi europei». Cosa fa Silicon Box ««La tecnologia di Silicon Box serve per costruire una nuova era per l'intelligenza artificiale e i supercomputer, per costruire prodotti a minore impatto ambientale e a costi minori», ha detto il co-fondatore di Silicon Box, Sehat Sutardja. «Abbiamo scelto Novara in Italia per la nostra prima fabbrica in Europa, ma continueremo a guardare anche nelle regioni intorno per ulteriori sviluppi», ha detto il ceo della società singaporeana, Byung Joon Han. «Il nostro lavoro per nuovi chip parte qui in Italia».  Read the full article
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scienza-magia · 1 year ago
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Con il calcolatore Leonardo l'AI generativa italiana
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Cineca e iGenius insieme: nasce la prima Intelligenza Artificiale generativa italiana. La nuova tecnologia, promette il fondatore Uljan Sharka, sarà disponibile prima dell’estate. Il training fatto sul supercalcolatore Leonardo, a Bologna. Sul supercalcolatore Leonardo, a Bologna, si sta allenando la prima intelligenza artificiale generativa italiana. Si tratta del modello “Italia”: un “large language model” basato sulla lingua italiana, fatto da un’azienda italiana e pensato per dimostrare che il made in Italy può anche riguardare la tecnologia profonda. Lo realizza iGenius in collaborazione con il Cineca. E il fondatore dell’azienda, Uljan Sharka, promette che sarà disponibile prima dell’estate. Una sfida gigantesca per una start up che ha cominciato a sviluppare intelligenza artificiale dal 2016 ma che aveva concentrato la sua attenzione su un prodotto che serve a facilitare la lettura e l’elaborazione dei dati aziendali. Quel prodotto, Crystal, ha ottenuto risultati tecnici ed economici significativi e la sua qualità è stata riconosciuta da Gartner. Ma con il progetto del modello “Italia”, il salto di scala per iGenius è molto rilevante. Nei prossimi mesi in effetti saranno annunciati anche i nuovi soci che stanno appoggiando Sharka in questa impresa. L’impatto dell’intelligenza artificiale generativa Un anno abbondante è passato dall’uscita di ChatGPT, una tecnologia di OpenAI che ha interessato immediatamente un centinaio di milioni utenti e che, con toni entusiastici o drammatici, ha conquistato il centro della scena nel mondo dell’innovazione. Gli analisti di varie organizzazioni e centri di ricerca hanno cercato di valutare l’impatto della tecnologia, suggerendo che avrebbe modificato le mansioni di almeno un 40% dei lavoratori o che avrebbe generato alcuni trilioni di dollari di Pil in più entro il 2030. Gli osservatori della tecnologia hanno riconosciuto in questi modelli i candidati a conquistare un ruolo fondamentale nell’interfaccia tra gli umani e le macchine. Sicché Microsoft, Google, Amazon e altri giganti hanno finanziato con decine di miliardi di dollari lo sviluppo delle tecnologie di OpenAI, Anthropic, DeepMind, mentre Meta ha sviluppato il suo modello Llama e Apple si è lanciata in una campagna di acquisizioni per restare al passo. In Cina viene segnalato soprattutto il modello 01.AI ma non mancano molte altre importanti iniziative. Tecnologie strategiche, conseguenze culturali Queste tecnologie si candidano a diventare strategiche. Potrebbero diventare l’equivalente dei sistemi operativi in una quantità di tecnologie: dalle piattaforme su internet alle applicazioni sugli smartphone, dalle auto agli elettrodomestici. E poiché questi modelli si allenano su corpora di dati linguistici, molti notano che c’è il rischio che siano portatori non soltanto di soluzioni tecniche ma anche di conseguenze culturali: il potere tecnologico si trasformerebbe in egemonia culturale? Non per nulla si sono moltiplicate le iniziative nazionali. Abu Dhabi ha lanciato un’iniziativa statale che vuole portare sul mercato il modello “Falcon”, prodotto da ai71. In Francia è partita Mistral che ha raccolto in breve tempo circa 400 milioni di dollari di investimenti. In India, intanto Krutrim, una start up ha presentato un modello multilingue e Sarvam, altra start up, ha raccolto 41 milioni di dollari per realizzare il suo modello di intelligenza artificiale generativa. Tutto questo fervore è motivato dall’importanza strategica della tecnologia, dalla sua potenza culturale e dall’attrattiva economica di poter entare in un mercato nel quale non si è ancora creato un “effetto-rete” tale da rendere impossibile tentare l’avventura in questo settore, anche se le dimensioni degli investimenti già operati rendono molto ambiziosi tutti i lanci di nuove iniziative. I punti di forza della proposta italiana Il tentativo italiano però gioca anche su altri punti di forza. A differenza di Mistral e di molte altre aziende del settore, iGenius non si lamenta della nuova regolamentazione europea, l’AI Act, e anzi la considera una opportunità. Questo è particolarmente saggio. Se infatti il prodotto di iGenius non fosse una replica di quello che c’è già, ma fosse il primo modello che rispetta le regole europee, avrebbe un vantaggio competitivo importante. E sarebbe il primo modello che non infrange il copyright e la privacy. Su questo Sharka è deciso. Dichiara che il modello “Italia” è stato allenato su dati totalmente liberi da copyright e di qualità certificata. Grazie non solo a Wikipedia ma anche alla rete di università che sono collegate a Cineca. E afferma che la sua struttura architetturale, pensata in ogni caso per garantire la privacy, consente alle imprese che volessero usarla di scaricare tutto il modello su apparecchiature proprietarie e dunque di non condividere in rete segreti industriali o altre informazioni sensibili. Queste caratteristiche potrebbero fare del modello “Italia” una soluzione diversa da quelle già prodotte e migliore per gli utenti sensibili al rispetto dei diritti umani. Niente impedisce di notare quanto possa essere difficile questa impresa. Ma è anche chiaro che con queste premesse il tentativo ha le sue possibilità di successo. E se riuscisse, dice Sharka, potrebbe essere replicato anche in altri contesti culturali. Moltiplicando la diversità culturale dell’intelligenza artificiale generativa. Perché per Sharka i rischi di questa tecnologia non sono tanto quelli denunciati dalla fantascienza: il rischio più grande è la concentrazione di potere che può determinare se non vengono realizzate importanti alternative. Read the full article
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orizoncontrols · 2 years ago
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ABB ACQUISISCE EVE SYSTEM
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ABB ha recentemente annunciato l'acquisizione di Eve Systems GmbH, leader con sede a Monaco nei prodotti per la casa intelligente con attività in Europa e negli Stati Uniti. La transazione renderà ABB un leader nei prodotti per la casa intelligente basati su Matter and Thread, il nuovo standard di interoperabilità e la tecnologia di connettività wireless. L'offerta combinata accelererà la fornitura da parte di ABB di case ed edifici sicuri, intelligenti ed efficienti dal punto di vista energetico attraverso l'ampia gamma complementare di Eve di prodotti rivolti al consumatore su misura per il mercato del retrofit. L'acquisizione arriva mentre la domanda di tecnologia per la casa intelligente cresce in risposta al crescente interesse dei consumatori per l'efficienza energetica e con le autorità che cercano di incentivare il retrofit del patrimonio edilizio esistente, poiché gli edifici rappresentano quasi il 40% delle emissioni globali di CO2. Fondata nel 1999, Eve Systems ha sviluppato una reputazione notevole per l'esperienza dell'utente e la qualità dei suoi prodotti per la casa intelligente, che includono un'ampia gamma di dispositivi per l'automazione domestica, la gestione dell'energia, la sicurezza e il monitoraggio degli elettrodomestici. Con i suoi circa 50 dipendenti, Eve è un pioniere nel nuovo standard di connettività Matter che consente ai prodotti per la casa intelligente di essere completamente interoperabili, indipendentemente dal produttore e dal sistema operativo dell'utente, tramite la tecnologia wireless Thread. Il presidente della divisione Smart Buildings di ABB Electrification, Mike Mustapha, ha dichiarato: “Il nostro obiettivo è essere il fornitore migliore e più completo di tecnologia intelligente e innovazione per i nostri clienti globali. Matter and Thread, in cui Eve è leader, è uno sviluppo rivoluzionario per l'adozione della tecnologia della casa intelligente. Consente a diversi dispositivi e servizi di integrarsi in modo impeccabile, intuitivo e sicuro, consentendo alle persone di gestire la propria energia e l'ambiente circostante in modo comodo e sicuro. È un punto di crescita entusiasmante per il settore e questa acquisizione porta il nostro impegno per gli edifici intelligenti direttamente al consumatore". Il CEO di Eve, Jerome Gackel, ha dichiarato: “Sulla base del nostro patrimonio, del ritmo dell'innovazione e del marchio, uniremo ora la nostra passione, agilità ed esperienza con il calibro internazionale, la reputazione e l'esperienza di ABB per continuare a far crescere Eve come leader globale. Il viaggio per rendere gli edifici ancora più intelligenti è appena iniziato e sono entusiasta quanto chiunque altro di vederne pienamente realizzato il potenziale”. Il fondatore di Eve, Markus Fest, ha dichiarato: “I nostri team di Eve Systems hanno lavorato duramente per guadagnarsi lo status di innovatori nella tecnologia della casa intelligente risolvendo le sfide chiave con il vantaggio di chi si muove per primo. Abbiamo collaborato a stretto contatto con la comunità tecnologica per sviluppare e sfruttare la tecnologia e i protocolli di Matter e Thread. Questa acquisizione è una conferma dei nostri risultati finora”. L'acquisizione da parte di ABB rappresenta un progresso significativo nel mercato in rapida crescita della tecnologia per la casa intelligente, in quanto aumenta la domanda di ammodernamento del patrimonio edilizio per soddisfare le esigenze di maggiore comfort, praticità e maggiore efficienza energetica. L'acquisizione ha effetto immediato con Eve Systems che diventa un marchio gestito in modo indipendente nel portafoglio Building and Home Automation Solutions all'interno della divisione Smart Buildings di ABB Electrification. Read the full article
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enkeynetwork · 2 years ago
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donaruz · 2 years ago
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Roger Keith Barrett, detto Syd
Il diamante pazzo del rock, folle, visionario, schizofrenico e tanto altro ancora...troppo nell'anima dii una sola persona..
Cambridge, 6 Gennaio 1946.
Nasceva Roger Keith "Syd" Barrett, fondatore e leader dei Pink Floyd dal 1965 al 1968: un artista a tutto tondo, enigmatico e dalla personalità complessa e affascinante. L'influenza esercitata da Barrett sui primi Pink Floyd fu enorme: oltre ad aver ideato il nome della band, egli scrisse i primi fortunati singoli che ne decretarono l'affermazione definitiva, e fu autore di otto delle undici canzoni presenti sul loro album di debutto. Pubblicò anche due dischi da solista, nel 1970, ‘The Madcap Laughs’ e ‘Barrett’. Continuò ad aleggiare sopra il gruppo come una sorta di fantasma anche dopo la sua fuoriuscita dalla band. Brani dei Pink Floyd quali ‘Brain Damage’, ‘Wish You Were Here’ e ‘Shine On You Crazy Diamond’ furono composti e dedicati a lui. Il declino di Barrett ebbe inoltre profondo effetto sullo stile compositivo di Roger Waters, e il tema della malattia mentale (genetica e indotta dall'uso di droghe) permeò tutti gli album successivi dei Pink Floyd. Syd Barrett influenzò non solo lo stile della coppia Gilmour/Waters, ma fu anche fonte d’ispirazione per numerosi altri artisti, da Paul McCartney a David Bowie, da Pete Townshend a Brian Eno.
“E' stato il nostro faro nei primi giorni della band e ci ha lasciato un’eredità che continua ad ispirarci", dichiararono i suoi ex compagni dopo la sua scomparsa, avvenuta il 7 Luglio del 2006
Atlantide
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corallorosso · 3 years ago
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Gas, Cingolani sceglie le aree da trivellare e uccide definitivamente le politiche per il clima di Angelo Bonelli ed Eleonora Evi co-portavoci Europa Verde-Verdi Europei Un anno fa si insediò il governo Draghi con tante promesse a partire dalla svolta verde con il fiore all’occhiello dell’istituzione del Ministero della Transizione ecologica guidato da Roberto Cingolani: oggi possiamo dire che fu “na sòla” come si dice a Roma. Ieri il ministro Cingolani ha pubblicato il Pitesai, il Piano per le aree idonee da trivellare alla ricerca del petrolio, che dà il via libera alla ripresa delle trivellazioni compiendo l’omicidio perfetto del ministro contro il clima, lui che era andato non più tardi di alcuni mesi fa alla conferenza sul clima di Glasgow a firmare l’accordo per fermare le estrazioni di idrocarburi, il Boga. Invece di pensare ad attuare il Pnrr, sostenendo immediatamente le fonti rinnovabili e sollecitando tutte le autorizzazioni legate a questo settore, approva un piano che sospende la moratoria sulle estrazioni di idrocarburi nel nostro Paese. L’aumento del costo delle bollette elettriche ha portato sul banco degli imputati grazie all’azione comunicativa del governo Draghi, non il gas responsabile degli aumenti, ma la transizione ecologica. Nel decreto Sostegni invece di tassare gli extra profitti delle aziende energetiche che hanno guadagnato miliardi di euro grazie alla speculazione del gas sono tassate le energie rinnovabili. Solo nel 2021 gli extraprofitti dall’aumento del prezzo del gas hanno raggiunto quota 4 miliardi di euro e per il 2022 si prevede che supererà i 10 miliardi di euro. Quei soldi non si toccano e possono arricchire anche i conti dei manager. Il piano di Cingolani per diminuire il costo delle bollette è quello di portare la produzione nazionale del gas da 3,5 miliardi di metri cubi anno a 7 su 70 miliardi di mc di fabbisogno annuo, ma il fatto gravissimo è che l’aumento delle estrazioni non avrà alcun effetto sulle bollette poiché il gas è comunque poco ed in virtù della liberalizzazione del mercato energetico il prezzo lo fa il mercato internazionale e quindi non ci sarebbe alcun scostamento di prezzo da quello attuale. “Il gas nazionale non costa meno di quello importato, perché il gas è immesso nella stessa rete e scambiato in mercati organizzati come prodotto indistinto, a prescindere che sia stato importato o prodotto localmente, a un prezzo che è influenzato solo dal rapporto tra offerta complessiva e domanda a livello europeo”, come riporta il Think thank Ecco. Il governo invece di sbloccare i 110 gw di autorizzazioni per le energie rinnovabili che sono ferme, rilancia le nuove trivellazioni di idrocarburi che sono i killer del clima, mentre i 18 miliardi di euro di sussidi pubblici annui alle fonti fossili non si toccano. In Italia si fa la guerra alle energie rinnovabili perché sono economicamente competitive. Alcune settimane fa, l’asta sul fotovoltaico ha assegnato, in Portogallo, un prezzo record di 14,76€/Mwh mentre il gas in calo rispetto ad alcuni mesi fa costa 80 €/Mwh. Questi numeri parlano da soli. In soccorso, nemmeno tanto indiretto, delle politiche energetiche fossili di Cingolani è arrivato Matteo Santori fondatore del movimento le Sardine e per questo ospite fisso di tutti i talk show televisivi. In un’intervista rilasciata al Foglio attacca il referendum sul nucleare del 1987 , dimenticandosi che ce ne fu un secondo nel 2011, perché fu un errore dire no al nucleare. Santori aggiunge che un certo ambientalismo impedisce di prendere decisioni sensate: mai sciocchezza così grande fu pronunciata nell’immensità del vuoto degli argomenti della sardina Santori che usa argomenti della destra per motivare lo stop alle politiche sul clima. Il nucleare da fissione tanto citato dal ministro e da Santori ha un costo elevatissimo: per la centrale inglese di Hinkley è stato fissato da un accordo anglo francese a 123 €/MWh, mentre il costo del fotovoltaico è tra i 10-20 €/MWh. Il nucleare vive solo grazie ai soldi pubblici ed è per questo che Macron ha preteso ed ottenuto che fosse inserito nella Tassonomia perché l’industria nucleare è fortemente indebitata. Poi c’è il problema delle scorie, della sicurezza e degli incidenti nucleari. Quando scienza sarà in grado di fornire energia dalla fusione nucleare allora saremo tutti contenti, ma questo è uno scenario dei prossimi 30-40 anni. Il governo Draghi ha rimosso dai suoi piani temi come gli ecoreati prevedendo nella riforma Cartabia la prescrizione, il consumo di suolo, ha rifinanziato la progettazione del ponte sullo stretto di Messina, opera tanto cara a Berlusconi, ha demolito il referendum sull’acqua pubblica dando il via alla privatizzazione, la parola clima scompare dai piani del ministero della Transizione Ecologica insieme alla terra dei fuochi come a Taranto. Nella cabina di regia a governare i fondi del Pnrr sono state nominate persone come Carlo Stagnaro che ha scritto numerosi testi di vero e proprio negazionismo climatico, a favore delle spese militari e del tabagismo: ha scritto articoli dal titolo “Una società armata è una società libera”, o a favore del tabagismo con un articolo “Fuma pure, scienza senza senso”. Il ministro della Transizione ecologica Cingolani da quando è stato nominato avrebbe dovuto governare la transizione ecologica ma in realtà ha iniziato una crociata contro le politiche sul clima e il piano verde europeo “Fit for 55” accompagnata da un linguaggio della paura. “La transizione ecologica? Sarà un bagno di sangue”, “L’auto elettrica? Non conviene ed ha un impatto ambientale”, “Il piano verde Ue? Così l’Italia salta in aria”: sono solo alcune delle dichiarazioni del ministro della finzione ecologica che hanno costruito una politica di delegittimazione delle politiche sul clima e di frenare la transizione ecologica, coprendo così i ritardi di un pezzo dell’industria del nostro paese che non vuole cambiare modello energetico e non investire nella conversione ecologica. Il governo dei migliori non era così migliore e dopo un anno possiamo certificarlo.
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abr · 3 years ago
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«La casa per gli italiani è un mito, uno status e quindi anche un tabù: guai a chi la tocca». Giuseppe De Rita, fondatore del Censis, sociologo classe 1932, già presidente del Cnel, non si stupisce delle resistenze che la riforma del catasto suscita al solo annuncio.  (...) «Introdurre e poi ritoccare l'Imu o anche parlare di revisione degli estimi catastali è per la politica un modo di aggirare la questione». (...) «L'Imu (è) la tassa più odiata, una patrimoniale di fatto. Svicolare parlando di metri quadri anziché di vani riproduce lo stesso effetto, quello della stangata. (...) La storia d'Italia è storia di case. (...) La casa è il modo in cui l'italiano ragiona su se stesso e la propria stabilità. È il senso del suo profondo radicamento. Per questo la politica (...) quando tocca la casa va contro la psicologia più minuta, quella delle famiglie, delle coppie. (...) Ogni intervento fiscale o di riforma è visto come attacco a questa psicologia». (...) «la destra rifiuta tassazione e patrimoniale, (...) a sinistra vince la vecchia e radicata abitudine che per far piangere i ricchi bisogna tassare. E alla fine piangono anche loro». Che effetto le fa l'Italia col Pass? «Innaturale. Ma sono 18 mesi che viviamo così: non che il lockdown fosse naturale o le mascherine e il distanziamento. La tragedia di questa pandemia è che non si vede una fine. Ma ci siamo abituati all'innaturale.(...)».
da Ripubblica via https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/ldquo-chi-mette-imposte-casa-prima-poi-paga-prezzo-termini-283282.htm
Wow il vecchio De Rita! Con che abilità, senza contrapposizioni e in modo dolce e piano evita le domande capziose e direzionate del giornalaio di Ripubblica e spiega per bene ai fan de l’Europa perché LA PRIMA CASA QUI NON SI TOCCA (oltre a definire INNATURALE il paradiso ARTIFICIALE della vaccinazione obbligatoria. Wow rivaluto la vecchiaia: la verità si può ancora dire, dopo gli ottanta quando non hai più nulla da perdere).  
I Draghi andassero a spiegare ai teteschi, in affitto ma con tre Bmw serie 5 in garage, che crederci più ricchi di loro fa ridere i polli. Sempre se le palle ce le hanno davvero, come credono gl’innamorati tipo il povero Barisoni di R24,
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superfuji · 4 years ago
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L'eroe Mussolini e gli immigrati assassini: i fascio-fumetti invadono le scuole
La propaganda nera arriva dalla Germania sotto forma di vignette, graphic novel, opuscoli e libri animati pubblicati dalla galassia degli editori d'ultradestra: amministrazioni e assessori soprattutto di FdI li donano a istituti e biblioteche
C'E' LA CARICA dei tagliatori di teste al grido di “hail!”, che sostituisce, rievocandolo, il saluto hitleriano “heil”. C’è l’immigrato assassino che brandisce un machete insanguinato: lo stesso sangue grondante da un coltello impugnato dal solito uomo di colore che, nella narrazione fumettistica, rappresenta il male della società. C’è Mussolini raccontato come un eroe e c’è la ricostruzione fantasiosa e apologetica - in chiave martire-valoroso -, dell’uccisione a Dongo di Alessandro Pavolini, ultimo segretario del Partito fascista e comandante delle famigerate Brigate Nere. Sospesi tra realtà e finzione. Pieni di slogan e santini propagandistici, rimandi nostalgici, simboli del neofascismo e del neonazismo (rappresentati quasi sempre da personaggi “veri”, realmente esistiti e entrati nel pantheon dei camerati). Sono i fumetti dell’estrema destra. Scie, vignette, graphic novel, opuscoli, libri “animati”. Pubblicati da case editrici vicine, o collegate, in alcuni casi diretta emanazione di movimenti politici della galassia nera. Alcuni dei quali già sotto inchiesta e attualmente alla sbarra.
Controcultura nera
Un’operazione di “controcultura” in risposta al racconto mainstream. Che si snoda soprattutto tra Italia e Germania, ed è rivolta – ovviamente - alla platea dei giovani. Giovani delle scuole, anche. A cui – grazie all’iniziativa di amministrazioni comunali, sindaci, assessori, deputati – questi fumetti vengono regalati. L’elenco degli ultimi casi italiani ci porta a Ascoli Piceno. Su input del sindaco di FdI Marco Fioravanti, per il Giorno del Ricordo 2021, il Comune ha comprato e donato agli studenti della provincia il libro “Foiba Rossa. Storia di un’italiana”, dedicato a Norma Cossetto. Il volume è pubblicato da Ferrogallico, casa editrice di fumetti legata a doppio filo all’estrema destra: tra i soci fondatori (2017) figurano due esponenti di Forza Nuova (Marco Carucci, ex portavoce milanese, e Alfredo Durantini), e il cantautore “non conforme” Skoll, nome d’arte di Federico Goglio. A distribuire i volumi di Ferrogallico oggi è Altaforte, la casa editrice del dirigente-picchiatore di CasaPound Francesco Polacchi, pregiudicato per violenze come alcuni dei suoi autori, e anche proprietario del marchio di moda Pivert, nonché editore del Primato Nazionale, la testata (carta e on line) dei “fascisti del terzo millennio”. Sulle pagine del periodico di CPI trovano spazio pure i fumetti. Un esempio: la lenzuolata intitolata “Il paese normale, fatti e cronache di ordinaria integrazione”. Un collage di notizie di crimini commessi da immigrati ruota intorno al disegno di un coltello stretto in una mano dalla pelle scura.
Soldi pubblici e casse fasciste
Torniamo a Ferrogallico e al caso Ascoli Piceno. La stessa scelta di parlare del Giorno del Ricordo attraverso il fumetto su Norma Cossetto è stata assunta anche da altre amministrazioni: due anni fa, tra le prime, l’assessore all’Istruzione della Regione Veneto Elena Donazzan, di FdI, poi esibitasi in Faccetta nera ospite di una trasmissione radiofonica. Seguirono Regione Piemonte, Pavia - sempre su proposta di una consigliera del partito di Giorgia Meloni, Paola Chiesa, che distribuì personalmente il libro - , ed altri Comuni. Il tutto, tra prevedibili e incandescenti polemiche. Anche perché si tratta di soldi pubblici che finiscono dritti nelle casse di case editrici collegate a gruppi e movimenti dichiaratamente fascisti. Andiamo avanti. Sorvolando sul fumetto (sempre targato Ferrogallico) dedicato alla vita di Nino Benvenuti, esule istriano, si può ricordare un altro caso: due anni fa l’amministrazione di Verona decide di regalare alle scuole e alle biblioteche comunali il libro a fumetti pubblicato nel 2017 (l’editore è sempre lo stesso) che racconta la storia di Sergio Ramelli, giovane membro del Fronte della Gioventù ucciso nel 1975 a Milano da militanti di Avanguardia Operaia, e diventato, da allora, uno dei simboli del neofascismo.
"Immigrato criminale"
Come funziona la propaganda del fumetto nero? Da dove nasce? Chi c’è dietro questa editoria che punta su leggerezza e immediatezza per veicolare messaggi nostalgici e revisionisti? Alla base dell’ombra lunga, che trova il suo terminale nei politici che ricoprono ruoli decisionali nelle istituzioni (Ferrogallico è stata sdoganata con incontri convocati in Camera e Senato da politici di FdI e Lega), c’è una strategia di diffusione mirata a entrare in contatto coi più giovani. Che utilizza stile e modalità narrative particolari. Come spiega Emilio Cirri ne “Lo spazio bianco – nel cuore del fumetto”, queste opere “sono accomunate da alcuni elementi ricorrenti. Da una parte abbiamo la forma artistica e narrativa. Si usa uno stile realistico per dare al contenuto un effetto ‘storicamente corretto’. Uno stile spesso rigido e sgraziato, minato da errori di anatomie e prospettive, più attento a creare immagini da usare per la propaganda”. In molti fumetti spiccano immagini di stupri e uccisioni “per creare un macabro effetto shock”. Nei dialoghi nelle vignette – spiega sempre Emilio Cirri - c’è una “prosa pomposa e retorica allo sfinimento, con dialoghi lapidari utili solo per trasmettere una tesi preformata e una definizione macchiettistica dei personaggi, sia quelli ‘buoni’ sia quelli ‘cattivi’”. Altri esempi. Graficamente, diciamo, border line. La copertina di ‘Adam – una storia di immigrazione’. E’ la graphic novel del giornalista Francesco Borgonuovo uscita sempre per Ferrogallico. Suona come un inno splatter alla tesi sovranista immigrato uguale criminale. Qui non è tanto importante ricordare che l’autore è ospite abituale a eventi e convegni organizzati da gruppi neofascisti e anche di ispirazione neonazista (vedi Lealtà Azione). Più interessante è interpretare la presentazione che Ferrogallico propone dei propri fumetti. “Ostinati e contrari”. Con un presunto obiettivo: portare alla luce “storie taciute su cui grava il velo di silenzio del conformismo culturale e del politicamente corretto”.
Quelle che avete appena letto sono le classiche parole d’ordine esibite dalla narrazione neofascista in questo mezzo secolo di storia: dagli anni ’70 ad oggi. Sono anche gli slogan che rimandano a quello che oggi si può considerare un laboratorio privilegiato della fumettistica di estrema destra. La Germania. E’ da lì che rimbalza, in Italia, il fenomeno. Per raccontare la mappa tedesca delle strisce apologetiche e revisioniste, delle graphic novel inneggianti alle SS e quelle che affondano nella propaganda omofoba e anti-immigrati, conviene partire da Hydra Comics. Che è diventato un caso politico. Andiamo con ordine. Ai lettori e agli appassionati della Marvel il nome Hydra non suonerà affatto nuovo: è la denominazione di una fittizia organizzazione terroristico-sovversiva, nata come società segreta, che compare nei fumetti americani Marvel Comics nel 1965. Gli spietati agenti di Hydra puntavano a istituire un nuovo ordine mondiale di stampo nazionalsocialista. Il loro motto? “Taglia una testa, altre due penderanno il suo posto”.
Sassonia ultranazionalista
Dresda, Sassonia. Un luogo a caso? No. E’ nel capoluogo del Land divenuto tristemente celebre negli ultimi anni per la nascita e l’attività violenta di gruppi di estrema destra e neonazisti che nasce Hydra Comics. Il fondatore è Michael Schafer, ex politico della Cdu poi passato a NPD e per anni dirigente dei Junge Nationaldemokraten (JN). Chi finanzia la creazione di Hydra? I destrissimi Movimento Identitario (Identitäre Bewegung) e Ein Prozent. Islamofobici, nemici dell’immigrazione e del multiculturalismo, oppositori dei diritti Lgbt. Parliamo di movimenti che non rifiutano angolazioni nostalgiche e neonaziste. Come Pegida, anche questa made in Sassonia. Nell’opera di proselitismo mediatico di queste formazioni, in particolar modo tra i giovani, oltre a cortei, presidi, manifestazioni no-vax, giocano un loro ruolo anche i fumetti.
Venticinque febbraio scorso: il caso Hydra balza alle cronache. Sulla pagina Fb di Comixene, importante rivista tedesca dedicata al fumetto, il direttore in persona fa, di fatto, da cassa di risonanza alla nascita di Hydra: prendendo formalmente le distanze dalla pubblicazione su un numero di Comixene della notizia del lancio della casa editrice nera, e invitando a indagare sulle sue origini segrete, nella pratica le offre un graditissimo spot. Comixene – come racconta sempre “Lo Spazio bianco – il cuore nel fumetto” - viene travolto da critiche durissime. Per altro: chi siano e cosa pubblichino quelli di Hydra Comics è già noto. Strisce e vignette con riferimenti ai “veri patrioti”, simbologia delle “squadre di salvaguardia” (SS) naziste, agenti segreti al servizio del popolo. Gli eroi Marvel Capitan America e Superman decontestualizzati. “Siamo aperti a tutti quegli autori che nel panorama odierno non trovano un posto in cui pubblicare” – spiega Hydra. “Opere non conformi, anche provenienti dall’estero” in difesa di quei lettori e quegli artisti che si sentono “limitati da un settore in cui l’ideologia viene prima del talento”. Intorno al progetto editoriale Hydra e alla sua lotta alla “dittatura del buonismo” si muovono artisti tedeschi della scena dell’estrema destra: il writer Wolf PM (che usa caratteri calligrafici di epoca nazista) e Remata’Clan dalla Turingia.
Asse Roma-Berlino-Tokyo
In Germania – dopo una lunga scia di violenze, molte delle quali avvenute proprio in Sassonia, e dopo la strage terroristica di Hanau del 21 febbraio 2020 – si è riaperto il dibattito sull’estremismo di destra. I servizi segreti hanno messo sotto sorveglianza AfD perché considerato un movimento pericoloso per la democrazia. AfD. Hydra. Link che si riattivano. Ci sono fumetti, in Germania, partoriti e pubblicizzati dagli stessi partiti. Tra il 2017 e il 2018 sulla pagina della sezione AfD di Berlino sono stati pubblicati sette racconti intitolati “Emilia and friends”. L’autore? Il caposezione Georg Pazderski. Protagonista dei racconti è, appunto, Emilia, una ragazza dalle sembianze di uccello, sostenitrice di AfD che difende le posizioni più estreme del partito contro una società fatta di crimini. A chi è ispirato, per la sua striscia ultranazionalista, Pazderski? Agli omologhi austriaci dell’FPÖ (Freiheitliche Partei Österreichs), partito di estrema destra austriaco il cui leader, Heinz Christian Strache, in questi anni è stato protagonista, a sua volta, di numerose vignette che lo immortalavano come un supereroe in lotta contro i mali della società liberale e globalista. Intorno a super Strache, un florilegio di riferimenti, diretti e indiretti, al nazismo e alle rune che ne hanno caratterizzato la deriva esoterica. L’elenco dei fumetti tedeschi finiti sotta accusa è lungo e fornito. Si è molto parlato, tra gli altri, di Der Vigilant. L’eroe qui – in un paradosso perfetto - è un vendicatore solitario che protegge il popolo da un partito dittatoriale ecologista. L’editore che ha dato alle stampe il fumetto si chiama Eric Zonfeld (Zonfeld-Comics). E’ noto per la pubblicazione di romanzi giovanili xenofobi, razzisti e attraversati da continui richiami al nazismo. Libri il cui contenuto – vari esposti sono finiti sul tavolo Tribunale di Colonia - “stimola l’odio razziale, glorifica o minimizza le idee del Nazionalsocialismo, glorifica i membri delle SS e discrimina gli omosessuali”. Il bisogno continuo di additare un nemico da combattere e annientare; la mitizzazione dei regimi e della razza; l'avversione verso gli "invasori” colpevoli di rovinarla. Dalla Germania all’Italia, sotto traccia, lavora la fabbrica del fumetto. L’ultimo prodotto Hydra Comics è dedicato all’artista giapponese Yukio Mishima, ultranazionalista adottato come feticcio dalle destre europee. Chi ha realizzato la nuova striscia? Semplice: Ferrogallico, l’etichetta editoriale dei fascisti di Forza Nuova distribuita dai fascisti di Altaforte-CasaPound. Siamo in tempo di pace, ma nella graphic novel si rinsalda l’asse Roma-Berlino-Tokyo.
di Paolo Berizzi - la Repubblica
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tarditardi · 4 years ago
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Puntata speciale quella di Sabato 24 Aprile dello show live web ideato da DiTutto e condotto da Lele Procida, che chiude la stagione con un’esclusiva puntata dedicata alla musica degli anni 70, 80 e 90, rivivendo le emozioni di quell’indimenticabile periodo attraverso il racconto di alcuni dei suoi celebri protagonisti ospiti del virtual bar di “Go Italy!”: Gazebo, Regina, Ago, Carmelo La Bionda, Orlando Johnson, Ronnie Jones, Savage, Paky Mele, Emilio Lanotte, Enzo Persueder.
“Go Italy! Rewind” sarà trasmesso alle ore 18.00  in diretta streaming multivisione sulle pagine Facebook Ditutto Italia, LecceVideo,  Inondazioni.it,  Silver Music Radio, Music Records Italy,  AllaDiscoteca,  sul Canale Youtube  DituttoMovie e  sui canali streaming dell’emittente televisiva Mediterranea Tv(mediterraneatv698.com e mediterraneatv.it). Mentre Lunedì 26 Aprile alle ore 21.00 lo show live sarà trasmesso in replica dall’emittente Mediterranea TV sui canali del digitale terrestre 214 e 698 per la PUGLIA e 623 per la BASILICATA, e in tv streaming su mediterraneatv698.com e mediterraneatv.it
Un flash sui grandi ospiti di “Go Italy! Rewind”: GAZEBO con oltre 12 milioni di copie vendute in tutto il mondo, è unanimemente riconosciuto come uno dei maggiori esponenti dell'Italo Disco. Tra i suoi maggiori successi sicuramente “Masterpiece” e la bellissima “I Like Chopin”, brano icona degli anni 80. È anche autore de “La Dolce Vita”, altro brano simbolo del periodo, accreditato con oltre 4 milioni di copie vendute. REGINA la regina della dance anni 90 con brani come “Killing me Softly” e “Day by Day”. Attualmente conduttrice radiofonica su R 101 insieme a Fernando Proce. Sempre su R101 Regina sta ottenendo un grande successo con “Dance Party” dove ogni sabato sera, dalle 21:00 alle 00:00 presenta le canzoni dance più belle, dagli anni 90 ai nostri giorni. AGO dj e cantante di grandissima classe, toscano d’adozione ha portato negli anni 80 la figura professionale del disc jockey ad un vero salto di qualità, arricchendo le sue performance con coriste, rendendo così le sue esibizioni in tutto il mondo di grandissimo impatto ed effetto scenico! Tra i suoi grandi successi discografici la ballatissima “For You!” Ancora oggi continua a girare l’Italia e nelle sue tantissime serate propone dj set esclusivamente in vinile.
CARMELO LA BIONDA col fratello Michelangelo fondatore del gruppo La Bionda e dei D.D. Sound. Eleganza e grande energia nei loro brani dal successo internazionale da “One for you one for me” a “One two three four gimme some more”, fino all’incredibile “I Wanna Be Your Lover”. A loro si deve tra gli altri la scoperta e la produzione dei Righerira con “Vamos a la Playa”.
ORLANDO JOHNSON cantante, arriva in Italia sotto l’egida del fratello Wess. A lui vanno attribuiti alcuni tra i più grandi successi della dance 80/90 da “I Say Yeah” fino a “Keep on Jammin”, realizzati insieme al dj e producer Stefano Secchi. In questi giorni è uscito il suo ultimo lavoro “Bring Back The Good Times”, realizzato con il producer Dan-E-Mc. RONNIE JONES cantante, dj, conduttore radiofonico e televisivo, da sempre considerato uno degli artisti più poliedrici della scena europea. Grande successo ai tempi del programma televisivo Popcorn che ha condotto con  Augusto Martelli su Canale 5 per il suo brano “Video Games”.
SAVAGE nome d’arte di Roberto Zanetti, una delle icone della scena disco anni 80, famosissimo per “Don’t cry Tonight”, negli anni successivi produttore discografico di grande successo: ha praticamente inventato Double You, Ice mc, Alexia e Corona e prodotto brani di grandissimo riscontro per Zucchero Fornaciari.
PAKY MELE un pioniere nel mondo della disco, uno dei primi disc-jockey Italiani, premiato come miglior dj italiano col Pick Up d’Oro nel 1978. Grande conoscitore del soul e della disco funky music, responsabile per anni  per la Puglia  dell’ AID, Associazione Italiana Discjockey, che vede come presidente il grande Renzo Arbore. Numerosissime le sue apparizioni in radio e tv sui canali nazionali, Paky è il famosissimo dj with the moustache.
EMILIO LANOTTE dai suoi esordi artistici negli anni 80 con Claudio Cecchetto è diventato uno dei produttori discografici più significativi ed innovativi degli ultimi anni. Discomagic, Zac Music, Level One, questi alcuni dei passaggi più significativi della sua prestigiosa carriera, ed oggi Emilio Lanotte, dopo aver collaborato per oltre 10 anni in Self Distribution è il manager di Discology Digital, la piattaforma di distribuzione digitale fra le più evolute al Mondo.
ENZO PERSUEDER dj e showman, inventore di uno stile nuovo e scanzonato nel contatto col pubblico. A lui si deve negli anni 80 il grande successo della discoteca Bandiera Gialla, con la presenza ad ogni serata di migliaia di persone. Numerosissime le sue presenze televisive in programmi di grande successo su Rai 1 e Canale 5 realizzati proprio nella famosa discoteca riminese.
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scienza-magia · 1 year ago
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Alla ricerca di una antigravità relativamente quantistica
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La strana storia dell’antigravità. Come la fissazione di un milionario per contrastare la forza che ci tiene a terra procurò finanziamenti a ricerche scientifiche più ampie e trascurate. Nei primi anni Sessanta diverse università statunitensi, tra cui la Emory University ad Atlanta, in Georgia, e la University of Tampa, in Florida, ricevettero cospicui finanziamenti e un monumento da un istituto di New Boston, nel New Hampshire: la Gravity Research Foundation. Su alcuni dei monumenti, lastre in pietra piantate all’esterno degli edifici, c’è ancora questa iscrizione: «È per ricordare agli studenti le benedizioni che arriveranno quando verrà scoperto un semi-isolante per sfruttare la gravità come potenza libera e ridurre gli incidenti aerei». Tra i moltissimi filantropi e finanziatori privati della ricerca scientifica statunitense nel Novecento il fondatore della Gravity Research Foundation, l’imprenditore Roger Babson, è ricordato come uno dei personaggi più bizzarri ed eccentrici. La sua storia è principalmente nota per la sua ossessione per l’antigravità, e cioè per la ricerca di un sistema che permettesse agli oggetti di essere liberi dalla forza di gravità, da lui considerata responsabile della morte di milioni di persone ogni anno in incidenti aerei e di altro tipo. La generosità di Babson è anche considerata un esempio storico significativo di interesse privato verso un’area della ricerca scientifica molto trascurata tra gli anni Quaranta e Sessanta. Come scritto dagli storici David Kaiser e Dean Rickles, mecenati come Babson e come l’imprenditore Agnew Bahnson non solo finanziarono la ricerca sulla gravità e sulla relatività generale in un momento in cui questo ambito riceveva scarso sostegno istituzionale, ma contribuirono concretamente a formare una comunità di ricerca.
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Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, che già aveva provocato in Europa la chiusura di molti centri di ricerca sulla gravità, la ricerca di base finanziata con fondi pubblici negli Stati Uniti fu in larga parte guidata dagli interessi nazionali nella Guerra fredda e nella corsa verso lo Spazio. Si concentrò in particolare sulla fisica nucleare e sulla meccanica quantistica, a scapito di altre aree fondamentali della fisica: alla fine degli anni Quaranta nessuno dei principali dipartimenti di fisica delle università statunitensi includeva un corso sulla relatività generale. A partire dalla metà degli anni Sessanta un periodo di ripresa degli studi sulla gravità in Europa e negli Stati Uniti, definito da Kaiser e Rickles «rinascimento della relatività», coinvolse giovani ricercatori come Stephen Hawking e Roger Penrose (vincitore del Nobel per la fisica nel 2020), e portò a integrazioni fondamentali della teoria formulata decenni prima da Albert Einstein. Finanziamenti privati come quelli di Babson avevano contribuito intanto ad accrescere negli Stati Uniti un interesse per la ricerca sulla gravità in un momento in cui quell’interesse era minimo, sebbene Babson fosse interessato soprattutto a scoprire l’antigravità. Con “antigravità” si fa di solito riferimento a un fenomeno ipotetico che permetta a un oggetto di essere libero dalla forza di gravità senza doverne esercitare una contraria. Non è cioè considerata antigravitazionale l’assenza di peso sperimentata dagli astronauti nello Spazio, per esempio, né il bilanciamento della forza di gravità tramite qualche altra forza, come quella diretta verso l’alto che l’aria esercita sulle ali e sulla fusoliera di un aereo in volo (la portanza). Considerando che secondo la relatività generale la gravità è un effetto della curvatura spazio-tempo determinata dalla presenza di corpi dotati di massa, l’antigravità è considerata un fenomeno impossibile, se non in circostanze artificiose, ed è un concetto presente soprattutto nella fantascienza. Nel romanzo del 1901 I primi uomini sulla Luna, scritto da Herbert George Wells, lo scienziato Cavor scopre la formula per ottenere una sostanza, la “cavorite”, in grado di schermare la gravità (la stessa sostanza è peraltro presente anche nella serie a fumetti di Alan Moore La Lega degli Straordinari Gentlemen). Una sostanza con effetti simili, l’“inertron”, è presente nel racconto del 1928 Armageddon 2419 AD, scritto da Philip Francis Nowlan, l’autore di fantascienza statunitense che inventò il personaggio Buck Rogers, protagonista di popolari fumetti e serie televisive. Grazie all’inertron i personaggi del racconto sviluppano una sofisticata tecnologia aerea basata su una specie di levitazione. Dopo essersi laureato in ingegneria al Massachusetts Institute of Technology, Babson lavorò per qualche anno in una società di investimento e fondò nel 1904 un’azienda di analisi dei titoli finanziari e gestione degli investimenti che esiste ancora oggi (la Babson-United). Dopo essersi fatto una reputazione come analista per aver previsto il crollo del mercato azionario del 1929, scrisse decine di libri di consigli sugli investimenti e saggi su problemi economici e sociali. Il suo interesse laterale per la fisica e per la forza di gravità si concretizzò negli anni Quaranta, per ragioni in parte biografiche. Babson riteneva la forza di gravità responsabile della morte di sua sorella Edith e di un suo nipote, che erano entrambi annegati in due diversi incidenti. Lo raccontò in un saggio pubblicato nel 1948, intitolato Gravity – Our Enemy No. 1, in cui descrisse una sorta di rancore personale. Scrisse che sua sorella annegò in un lago, «incapace di combattere la Gravità, che salì, l’afferrò come un drago e la trascinò sul fondo». L’anno successivo attinse ai capitali messi da parte per fondare la Gravity Research Foundation, con l’idea di assegnare premi annuali in denaro per studi e ricerche in grado di migliorare la comprensione della forza di gravità.
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Il monumento della Gravity Research Foundation al Gordon College a Wenham, in Massachusetts (Elizabeth B. Thomsen/Wikimedia) Come raccontato da Kaiser e Rickles, il principale obiettivo di Babson era scoprire un qualche «isolante parziale, riflettore o assorbitore di gravità», o una qualche lega «i cui atomi possano essere agitati o riorganizzati dalla tensione gravitazionale per eliminare calore» o «la cui temperatura possa essere influenzata dalle onde gravitazionali». Spinto da questa ambizione, immaginò macchine a movimento perpetuo e altri sistemi assurdi per invertire o quantomeno ridurre la forza di gravità. Considerando la gravità responsabile anche di molti malanni fisici, brevettò una medicina da lui soprannominata «pillola della gravità», che avrebbe teoricamente dovuto alleviare i dolori alle gambe. Il suo impegno nella ricerca dell’antigravità era così noto che, secondo un articolo uscito su Time nel 1950, una grande azienda di scarpe gli offrì 100mila dollari – oggi più o meno equivalenti a un milione – per avere «qualcosa che potesse essere inserito nella suola delle scarpe per isolare la gravità», e diversi produttori di tappeti lo avvicinavano per cercare di avere informazioni su come sviluppare tappeti volanti. Nei pressi della Gravity Research Foundation Babson fondò anche un museo ornitologico con circa 5mila specie, il Thomas Edison Bird Museum. Gli diede il nome dell’imprenditore e suo amico Thomas Edison, che una volta gli aveva suggerito che gli uccelli erano come macchine volanti perché le loro ali probabilmente contenevano una sorta di assorbitore gravitazionale. L’obiettivo di Babson – che morì nel 1967, a 91 anni – non fu mai raggiunto, e lo scrittore e divulgatore scientifico Martin Gardner paragonò i suoi sforzi a pseudoscienze come la parapsicologia e la rabdomanzia. Tuttavia i finanziamenti dell’istituto favorirono una ripresa significativa degli studi sulla relatività. Tra gli anni Sessanta e Settanta, prima di pubblicare le sue ricerche più famose, Hawking vinse per sei volte il premio annuale di mille dollari assegnato dalla Gravity Research Foundation. Altri noti vincitori, oltre a lui e a Penrose, furono il fisico Freeman Dyson, il fisico Bryce DeWitt e l’astronomo Martin Rees. «Ciò che era iniziato come uno sforzo eccentrico diventò mainstream», scrisse nel 2014 il New York Times, citando la storia dell’istituto. Già alla fine degli anni Cinquanta la Gravity Research Foundation si era ormai fatta una reputazione di istituto rispettabile, mettendo da parte l’idea di controllare la gravità per concentrarsi sugli sforzi per studiarla e comprenderla. Alla prima conferenza annuale nel 1951 i partecipanti erano stati ventidue: nel 1958 furono 280. L’interesse per l’antigravità fu portato avanti dall’altro magnate citato da Kaiser e Rickles, più giovane di Babson: Bahnson, un membro del consiglio di amministrazione della fondazione, che aveva fatto fortuna nella produzione di macchine tessili. Collaborando con DeWitt e la moglie Cécile DeWitt-Morette, due dei più importanti fisici teorici della storia moderna, Bahnson fondò nel 1956 l’Institute of Field Physics alla University of North Carolina, Chapel Hill. Per gran parte della vita raccolse finanziamenti per conto dell’istituto, che intanto aveva ormai chiarito di non essere impegnato nella ricerca sull’antigravità. Lui continuò a manifestare quel suo interesse soltanto attraverso la fantascienza: nel suo libro del 1959 The Stars Are Too High raccontò la storia di tre uomini che si fingono alieni per mostrare al mondo un disco volante libero dalla forza di gravità da loro costruito, con l’obiettivo di allentare le tensioni politiche internazionali. Morì nel 1964, a 48 anni: in un incidente aereo. Le iscrizioni su alcuni dei monumenti che ancora oggi in diverse università statunitensi ricordano i finanziamenti ricevuti dalla Gravity Research Foundation non citano più «semi-isolanti antigravitazionali» e sforzi per ridurre gli incidenti aerei. Contengono tuttavia ancora un vago riferimento all’antigravità: «Serve a ricordare agli studenti le benedizioni che arriveranno quando la scienza determinerà cos’è la gravità, come funziona e come può essere controllata». La lastra che si trova al Colby College a Waterville, nel Maine, viene a volte rovesciata dagli studenti per scherzo, come segno ironico della forza di gravità. L’area in cui si trova quella della Tufts University a Medford, in Massachusetts, è invece utilizzata come luogo di una breve cerimonia informale. Gli studenti che ricevono il dottorato in cosmologia si inginocchiano mentre il relatore lascia cadere una mela sulla loro testa, per ricordare il racconto secondo cui Isaac Newton ebbe l’ispirazione per la legge di gravitazione universale quando una mela gli cadde in testa mentre si trovava nel giardino della sua tenuta a Colsterworth, in Inghilterra. Read the full article
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salvatoreferrounderwrites · 4 years ago
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Otto anni con Papa Bergoglio,
nulla di male alla fine del mondo
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Vedo Satana cadere come la folgore... Effimera quanto potenzialmente rovinosa scarica elettrica, ma pure effetto ottico lungo un istante: quel fulmine evocato nell'ultimo scorcio di Novecento da René Girard è nemico visibile quanto caduco, vero finché vi si volge lo sguardo. Si vedrà poi quanto quel termine – nemico - sia insufficiente, nello studio del grande antropologo e filosofo, per ora vada per la comodità. Girard era cattolico. Ma ciò ha poco a che vedere con il fascino universale del suo pensiero. Una sua lettura laica non soltanto è possibile, ma imposta dal flusso libero della costruzione antropologica (costruzione del mondo, nel mondo) alla foce della quale si pone l'abbraccio di fede dell'autore. Potrebbe essere estuario o sabbie di dubbio, poco o nulla cambierebbe.
Papa Francesco, in queste settimane all'ottavo anno di pontificato (il suo buonasera risuonò per la prima voluta in San Pietro il 13 marzo 2013) con la divagazione d'ouverture, c'entra. C'entra con il rapporto tra professione di fede e condotte secolari che innerva la sua stessa missione storica (il suo mestiere, diremmo); c'entra con Satana e le sue declinazioni mondane. C'entra poiché Satana (ancora, per comodità terminologica, usiamo questo nome) nei propri linguaggi che interessano gli umani non ha nulla di necessariamente trascendente: è mondo e libido e conflitto puri. Eccome se Francesco c'entra.
L'operato apostolico di Bergoglio attraversa acque di tempesta: alla consueta grandine fuori delle mura pietrine, si aggiunge un vortice d'epicentro sotterraneo che sgorga dall'interno della stessa Chiesa. E quante parole e definizioni vediamo sprecare, pure sulle sue preferenze politiche in senso stretto. L'impressione, anzi la certezza, è che l'acredine sorga, sempre e perciò nel caso del Papa in maniera più conclamata e virulenta, quando la manifestazione suprema di una propria istanza (di fede, in questo caso) non incarni perfettamente e prevedibilmente le proprie convinzioni pregiudiziali. Ebbene, Francesco non ne incarna una che sia una, di previsioni pregiudiziali e visioni solipsistiche della comunità ecclesiale e umana in genere. E ciò non significa affatto che smetta di essere Papa, con tutte le implicazioni: secolarmente, monarca assoluto che – ce lo ricordava un bell'articolo del Foglio giorni fa – non ha necessità di motivare decisioni drastiche come quelle riguardanti il cardinale Becciu o il fondatore della Comunità di Bose; spiritualmente, guida evangelica.
E qui, in cauda, ecco Francesco, per esempio: “In Quaresima digiunate, sì, ma di pettegolezzi e maldicenze”. Ché queste e quelli alimentano il conflitto, la rivalsa, e poi ancora daccapo. Non occorre aggiungere elettricità all'aria perché la folgore esploda e cada. Satana – cioè il male del mondo - non è nemico possente per forza, lo diventa se ne viene legittimata l'esistenza. È altro da fugare, quando è ancora nebbia e materia di scelta. Non serve delegittimarne la forza, quanto legittimarne la non vita. Facendo. Questo pare dire Francesco - e non c'entra qui il suo magistero sul demonio nell'ottica del trascendente, che solo ai cattolici necessariamente si rivolge - a deboli e forti. Non è indispensabile essere cattolici per capirlo: la fine del mondo dalla quale il Papa disse di provenire è, facciamo che sia, la caduta ingloriosa della folgore.
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corallorosso · 4 years ago
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"Gala mi insegnò l'arte del ménage à trois" Parigi, 1965. La serata promette bene al Club Castel, il locale preferito dalle celebrità che amano fare le ore piccole. È arrivato, infatti, anche il pittore catalano Salvador Dalì e ora siede a capotavola su una poltrona che sembra un trono, circondato dal solito codazzo di cortigiani e ragazze adoranti. Ha 61 anni, due inconfondibili baffetti rivolti verso l’alto, modi irritanti da genio egocentrico. Al suo tavolo, lunghissimo, si accomodano anche tre nuovi arrivati: Brian Jones, fondatore dei Rolling Stones, e il suo amico Tara Browne, uno degli eredi dell’impero Guinness, con la fidanzata di turno, una modella francese sottile come un grissino. Il suo nome è Amanda Lear. A partire dagli Anni 70 si distinguerà nel mondo musicale e televisivo, cantando brani come Tomorrow e Queen of Chinatown. Dalì si presenta con enfasi, sfoderando un inglese zoppicante e apostrofando Jones con il titolo di “mister Rolling Stones”. Alla modella bionda, che lo colpisce per il fisico androgino, si rivolge con il nome Ginesta. Lei non gradisce, ma più tardi accetta ugualmente l’invito a pranzo per l’indomani che l’artista rivolge a tutti e tre. Da questo incontro nasce uno dei triangoli amorosi più celebri e bizzarri del secolo scorso: Amanda Lear, all’epoca poco più che ventenne, sarà per i successivi 17 anni amante e musa di Dalì nonché grande amica di sua moglie Gala (nata nel 1894 e quindi settantenne). Insieme formeranno un trio inconsueto e affiatato che condividerà le vacanze, animerà i locali più esclusivi e i salotti più eccentrici del jet set internazionale. Gala, cioè Elena Dmitrievna Djakonova, questo il nome della modella, artista e mercante d’arte russa che per Dalì è indispensabile come l’aria, è una donna fuori dall’ordinario. "Fu di una generosità assoluta", ha raccontato Amanda Lear. "Mi accolse immediatamente in seno alla sua coppia. Siamo rimaste amiche fino alla sua morte, perché capiva che ero una ricchezza, non un ostacolo. Non ci fu mai alcuna gelosia tra di noi, non faceva parte della concezione che avevamo della vita. (...) Nell’estate del 1929 i coniugi Éluard, la loro bambina e Max Ernst sono ospiti dell’artista catalano a Cadaqués, in Spagna. Neppure Dalì, con il suo ego smisurato, riesce a resistere alla malia di Gala. La quale, a sua volta, s’innamora perdutamente del pittore dagli occhi fiammeggianti, più giovane di 10 anni: abbandona marito, figlia, amante e resta con lui. Diventa la sua musa, la sua dea, la donna più importante di tutte. Fino alla morte. "Amo Gala più di mia madre, più di mio padre, più di Picasso e perfino più del denaro", dirà lui, che attende la morte di Éluard (1952) per sposarla (1958) e continua per tutta la vita a dipingerla con enfasi, collocandola al centro del suo universo sentimentale, spirituale, creativo. Questo non significa che la loro relazione si possa definire tradizionale: la signora Dalì ha robusti appetiti sessuali e non nasconde i propri tradimenti, consumati anche in età avanzata con giovanotti baldanzosi. Anche perché il pittore - assicura Amanda Lear - non è affatto interessato al sesso: "Lui era totalmente impotente, incapace di avere qualsiasi rapporto sessuale. Le sue passioni erano solo cerebrali. Non ha mai fatto l’amore in vita sua, era un mistico che dipingeva il Cristo e la Vergine, andava dal Papa, non come il suo amico e contemporaneo Picasso, che pensava solo a quello". Amanda entra nella vita della coppia con naturalezza. "A Gala, che era più vecchia, non interessava più uscire con Dalì, erano 35 anni che lo portava in giro. Così lo accompagnavo io", ha raccontato la cantante. "Dalì era innamorato spiritualmente di sua moglie, ma amava anche me. Diceva che era pazzo del mio scheletro, perché ero molto magra". La giovane Lear, che ha già fatto la modella per gli artisti quando era iscritta all’Accademia d’arte, posa per l’amante pittore. Diventa il soggetto di numerose opere, tra cui Venus in furs, partecipa ai suoi esperimenti di cineasta, lo accompagna agli eventi mondani. Gala le cede volentieri il compito di stargli accanto durante gli incontri con i media, eventi che spesso si trasformano in veri show, dove Amanda ha un ruolo centrale. La presenza costante al fianco di Dalì rende Amanda Lear un personaggio celebre. Ad accrescere la sua popolarità è poi l’alone ambiguo che la circonda e che lei stessa alimenta, giocando sul timbro maschile della voce e sull’aspetto androgino. (...) Nel 1982, ormai in fin di vita, la donna affida Dalì ad Amanda: "Mi disse: “Io adesso me ne vado e tu devi giurare che dopo la mia morte lo sposerai e rimarrai con lui”". Ma la scomparsa di Gala ha un effetto devastante sull’artista, che si isola dal mondo e sprofonda nella depressione. Nel libro La mia vita con Dalì (1984, Costa & Nolan) Amanda ricorda il loro ultimo incontro, a Barcellona. Il pittore, sempre più magro e ammalato, vive al buio. La congeda in fretta, ma le regala un pezzetto di legno che ha un valore enorme per lui, il talismano di Gala. di Silvia Casanova
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levysoft · 4 years ago
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“Perché la maggior parte di noi fino a un certo punto del­la vita è come se leggesse senza guardare la punteggiatura? Quante volte si sente dire: ‘Il più delle volte il punto e virgola può essere sostituito dal punto, o addirittura dalla virgola’. Non sanno quello che dicono; non sanno quello che si per­dono“.
Lo scriveva nel 2018 Leonardo G. Luccone (autore, traduttore, agente letterario e fondatore dello studio editoriale Oblique) nel suo Questione di virgole. Punteggiare rapido e accorto, edito per Laterza e di cui su ilLibraio.itavevamo pubblicato un estratto.
Maneggiare bene questo segno di punteggiatura, infatti, può sembrare delicato e complesso, specialmente se non ne abbiamo approfondito le potenzialità e se non ci sono chiari i suoi contesti d’uso. E, tuttavia, padroneggiarlo è fondamentale sia che si vada ancora a scuola sia che ci si trovi già nel mondo del lavoro, per redigere con efficacia dei testi espositivi, argomentativi o regolativi e anche, se si scrive di mestiere, per capire come infrangere la regola e sperimentare giocosamente con la lingua italiana.
Per questo motivo proviamo a fare un punto e a capire come e quando si usa il punto e virgola in base a diversi criteri.
Il punto e virgola in sintesi
Partendo da una rapida visione d’insieme, secondo la grammatica il punto e virgola si utilizza per:
collegare gli elementi di un elenco complesso;
collegare proposizioni che contengono altri segni di interpunzione;
collegare idee concettualmente vicine;
evitare ambiguità;
ottenere effetti stilistici particolari.
Vediamo adesso nel dettaglio ciascuno di questi casi, per poi passare ad alcuni consigli finali.
Collegare gli elementi di un elenco complesso
Cominciamo dall’ipotesi più intuitiva: abbiamo una lista di concetti da enumerare, ma separarli l’uno dall’altro con la virgola non è l’ideale, perché non si tratta di singole parole, bensì di sintagmi più articolati.
Pensiamo a una frase del tipo: “Quando la vidi, la riconobbi subito: portava una giacca bianca con i bottoni tutti chiusi, aveva gli occhi stanchi, ma vispi, la sua pettinatura era rimasta quella di sempre, la pelle era abbronzata come se fosse stata in vacanza fino al giorno prima, i pantaloni, forse troppo larghi, le coprivano le caviglie, e la prima cosa a cui pensai era che mi era mancata”.
Se sostituiamo la virgola tra i macroelementi con dei punti e virgola, otteniamo: “Quando la vidi, la riconobbi subito: portava una giacca bianca con i bottoni tutti chiusi; aveva gli occhi stanchi, ma vispi; la sua pettinatura era rimasta quella di sempre; la pelle era abbronzata come se fosse stata in vacanza fino al giorno prima; i pantaloni, forse troppo larghi, le coprivano le caviglie; e la prima cosa a cui pensai è che mi era mancata”.
Così l’effetto è molto diverso, più ordinato e scorrevole, e permette di seguire facilmente il filo del discorso, anche se ci troviamo davanti a un periodo lungo parecchie righe.
Collegare proposizioni che contengono altri segni di interpunzione
Questo caso assomiglia al precedente, con la differenza che stavolta parliamo espressamente di proposizioni da congiungere fra di loro attraverso il punto e virgola.
Vediamolo con un esempio, nel quale immaginiamo di scrivere un report aziendale con la seguente punteggiatura: “Nel corso del trimestre si è osservato un aumento delle vendite, oltre a una più elevata richiesta da parte dei fornitori, i proventi sono aumentati, grazie anche all’arrivo di nuove sovvenzioni richieste durante l’anno precedente, e il bilancio è nettamente positivo”.
Ancora una volta, sostituiamo le virgole fra le proposizioni con dei punti e virgola, così da evitare di usare lo stesso segno di interpunzione con funzioni differenti: “Nel corso del trimestre si è osservato un aumento delle vendite, oltre a una più elevata richiesta da parte dei fornitori; i proventi sono aumentati, grazie anche all’arrivo di nuove sovvenzioni richieste durante l’anno precedente; e il bilancio è nettamente positivo”.
Percepite anche voi quanto la frase in questione ne guadagni in leggibilità?
Collegare idee concettualmente vicine
Cosa fare se invece, in un periodo, non c’è un nesso causa-effetto esprimibile tramite i due punti, né viene in nostro soccorso un connettivo logico esplicito, ma vogliamo riunire due frasi che hanno un significato correlato? Lo avrete già capito: ricorriamo senza indugi al punto e virgola.
Per afferrare meglio questa regola di grammatica, analizziamo una frase estrapolata dall’art. 19 della Costituzione italiana: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”.
Dal momento che si tratta di un insieme di caratteristiche interconnesse, scindere le proposizioni in più periodi non ce ne farebbe individuare i legami sottintesi. Per mantenerle tutte in maniera armonica dentro la stessa frase, la soluzione più pertinente consiste dunque nell’utilizzo dei punti e virgola, che ci spiegano il senso generale, ne separano i singoli elementi e al tempo stesso ci segnalano quanto fra loro siano vicini l’uno all’altro.
Usare il punto e virgola per evitare ambiguità
Se il nostro scopo è trasmettere un messaggio inequivocabile, che non presti il fianco a dubbi o a fraintendimenti, il punto e virgola può essere un nostro prezioso alleato. Come? Aiutandoci a disambiguare i concetti che altrimenti, come già dicevamo, sembrerebbero giustapposti per via di una virgola, collegati male tramite i due punti o fin troppo scollegati se ci serviamo di un punto fermo.
Il 22 agosto 2003, per esempio, sul quotidiano La Repubblica (fonte: Università degli Studi della Campania) si leggeva questa comunicazione: “Lunedì primo settembre, in omaggio con il giornale, il primo volume dell’Enciclopedia; poi con cadenza settimanale ogni lunedì, a partire dall’8 settembre, sarà possibile acquistare i successivi diciannove volumi dell’opera”.
Cosa sarebbe successo se la redazione avesse preferito la virgola, scrivendo “Lunedì primo settembre, in omaggio con il giornale, il primo volume dell’Enciclopedia, poi con cadenza settimanale ogni lunedì, a partire dall’8 settembre, sarà possibile acquistare i successivi diciannove volumi dell’opera”? Al di là di uno strano andamento sintattico, si sarebbe persa di vista la gerarchia temporale e logica delle informazioni.
Ancora peggio con i due punti, che avrebbero lasciato intendere una consequenzialità inesistente: “Lunedì primo settembre, in omaggio con il giornale, il primo volume dell’Enciclopedia: poi con cadenza settimanale ogni lunedì, a partire dall’8 settembre, sarà possibile acquistare i successivi diciannove volumi dell’opera”.
E se si fosse optato per un punto, dando origine a “Lunedì primo settembre, in omaggio con il giornale, il primo volume dell’Enciclopedia. Poi con cadenza settimanale ogni lunedì, a partire dall’8 settembre, sarà possibile acquistare i successivi diciannove volumi dell’opera”? Le notizie sarebbero sembrate erroneamente a sé stanti.
Grazie al punto e virgola, invece, le due idee rimangono sì indipendenti, però allo stesso tempo associabili fra di loro non solo con facilità, ma anche e soprattutto senza equivoci di sorta.
Ottenere effetti stilistici particolari
Veniamo ora all’uso forse più creativo del punto e virgola, cioè a quello che ci permette di usare questo segno di interpunzione per conferire una specifica enfasi a una o più parole, oppure per suggerire delle pause particolari nel nostro enunciato.
Sul sito di Treccani viene citato al riguardo uno stralcio molto calzante, tratto da un articolo di Ilvo Diamanti apparso su La Repubblica: “Tuttavia dispiace, comunque, osservare che la vecchiaia venga trattata come una malattia incurabile; risolta attraverso l’esclusione e la morte. Ma dispiace di più vederla inghiottita dalle logiche dell’infinito presente; piegata al modello “giovanilista” e “consumista”, sublimato dalle logiche mediali”.
Ebbene: “risolta” avrebbe potuto legarsi facilmente a “una malattia incurabile” tramite una virgola, così come “piegata” alla porzione di frase precedente. Questo, però, avrebbe conferito al testo un ritmo diverso, più rapido, che non avrebbe consentito di rimarcare una certa posizione nella mente di chi legge.
Dopotutto, costringere a una pausa tramite la punteggiatura significa invitare i nostri destinatari a soffermarsi in un determinato punto del testo e a soppesare con particolare attenzione i termini scelti da chi scrive.
Consigli finali sul punto e virgola
Dopo quanto detto, speriamo che il punto e virgola non abbia più segreti per voi, anche se è importante tenere a mente un altro paio di nozioni per evitare ogni traccia di confusione.
Innanzitutto, il punto e virgola non va usato al posto della virgola: come abbiamo visto, la virgola serve a creare o a rafforzare i nessi logici, semantici e sintattici, e svolge funzioni diverse e non sovrapponibili a quelle del punto e virgola. Sarebbe scorretto, quindi, scrivere “La pizza mi piace da matti; ma la mangio solo due volte al mese” al posto di “La pizza mi piace da matti, ma la mangio solo due volte al mese”.
Di converso, bisognerebbe anche evitare di usare la virgola al posto del punto e virgola. Se dobbiamo collegare elementi di un elenco complesso, collegare proposizioni che contengono altri segni di interpunzione, collegare idee concettualmente vicine, creare enfasi, evitare ambiguità o sortire specifici effetti stilistici, come abbiamo visto, è pertanto corretto ricorrere al punto e virgola, ma non lo sarebbe limitarsi a una virgola.
Ultimo, ma non per importanza, un consiglio sempreverde: andare alla ricerca di testi che contengono il punto e virgola e leggerne quanti più possibile, così da osservare le scelte di chi con la scrittura ha già una grande familiarità. In questo modo si imparerà a stare alla larga da eccessi e sbavature, usando la punteggiatura con una sempre maggiore cognizione di causa.
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