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Sogin avvia lo smantellamento del reattore nucleare a Caorso. Un progetto innovativo per il decommissioning e la sostenibilità ambientale
Il 5 novembre 2024 ha segnato una tappa fondamentale per la centrale nucleare di Caorso, con l’avvio delle attività di smantellamento dei sistemi e componenti all’interno dell’edificio reattore da parte di Sogin.
Il 5 novembre 2024 ha segnato una tappa fondamentale per la centrale nucleare di Caorso, con l’avvio delle attività di smantellamento dei sistemi e componenti all’interno dell’edificio reattore da parte di Sogin. Questo progetto rappresenta un momento cruciale nel programma di dismissione dell’impianto nucleare emiliano, che punta a smantellare progressivamente la centrale per restituire l’area…
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BARIcode: presentato a Palazzo di Città il festival scientifico e culturale cittadino
BARIcode: presentato a Palazzo di Città il festival scientifico e culturale cittadino. Bari, tre giornate di incontri, dal 23 al 25 ottobre, con un programma ricco di attività ed eventi diversificati e diffusi che vanno da laboratori nelle scuole primarie e scuole superiori a incontri di divulgazione, mostre, concerti a salotti letterari con docenti, aziende, start-up, artisti e intellettuali. Il Festival BARIcode, organizzato da Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Università degli Studi di Bari Aldo Moro (UniBa), Politecnico di Bari (Poliba), Università LUM (LUM), Istituto Nazionale Fisica Nucleare (INFN) con la collaborazione dell’Agenzia Regionale per la Tecnologia e l'Innovazione, Accademia delle Belle Arti, Conservatorio Niccolò Piccinni e con il patrocinio del Comune di Bari è stato presentato oggi nella sala giunta del Comune di Bari. Sono intervenuti Eugenio Di Sciascio, vicesindaco e assessore all’Innovazione del Comune di Bari; Paola Romano, assessora alle Politiche educative e giovanili del Comune di Bari; Danilo Caivano, delegato del rettore dell'Università degli studi di Bari Aldo Moro; Vincenzo Spagnolo, prorettore del Politecnico di Bari; Pasquale Del Vecchio, delegato del rettore dell'Università LUM; Cinzia Giannini, presidente dell’area della ricerca del CNR Bari e Francesco Cafagna, delegato per INFN sezione di Bari. Cogliendo come la spinta iniziale le celebrazioni per i 100 anni dalla fondazione del CNR, il festival di respiro cittadino da una parte vuole intercettare l’interesse dei diversi stakeholders e delle istituzioni (scuole, famiglie, aziende, ricercatori, cittadinanza) e dall’altra costruire le fondamenta di una collaborazione strutturale per l’istituzione di una iniziativa, a favore della divulgazione, della conoscenza e della ricerca che sia sistematica e sostenibile. In questa prospettiva l’iniziativa, oggetto di progettualità, si configura come “edizione zero” del 2023. Il tema scelto per questa edizione è l’albero, come simbolo universale della vita e come metafora di qualsiasi sistema, radicato in un territorio, che si nutre, si sviluppa e rinnova l’ambiente in cui vive. In questo senso ogni attività umana e ogni prodotto della ricerca e della conoscenza trova virtualmente collocazione in una parte dell’albero, dalle radici ai frutti. L’inaugurazione si terrà il 23 ottobre, a partire dalle ore 17.00, presso il Teatro Piccinni con un evento istituzionale, incentrato su quattro incontri sulle progettualità PNRR, quali: “Sostenibilità ambientale ed economia circolare”, "Scienze della vita e tecnologie per la salute” e “Crescita blu” che vedono coinvolti gli enti di ricerca e le università baresi, insieme a impese del territorio e policy maker, per raccontare al territorio le opportunità generate e le prospettive future. In chiusura si terrà un breve momento musicale. L’evento finale è programmato per il 25 ottobre, in occasione della visita di Giuseppe Colpani, direttore generale del CNR, con un evento musicale, presso la cattedrale di Bari dalle ore 20.00 alle 22.00. Nelle giornate del 23, 24 e 25 si svilupperanno diverse attività per la città già a partire già dalla mattina del 23 con ‘Mettiamo radici’, laboratori didattici e piantumazione di alberi che si svolgeranno in 16 scuole primarie di Bari; e con ‘La forza, la resilienza e la crescita’, animazione scientifica e di orientamento nei laboratori della Cittadella Mediterranea della Scienza per gli studenti delle scuole secondarie di II grado. Sempre dal 23 inizieranno le viste, presso l’Urban Center, all’“HEPscape – Alle radici della ricerca”, dove, per le tre giornate del festival, si potrà visitare l'escape room, ispirata alla ricerca sulle particelle elementari e far vivere ai visitatori l’esperienza di entrare in una delle sale di controllo sotterranee del CERN di Ginevra. Il 24, presso il dipartimento di Scienze della terra e geoambientali di UniBA avrà luogo lo spettacolo di MusicArte "Some digital notes on the nature's kingdom", all'incrocio tra musica, arte e scienza. Nelle giornate del 24 e 25 ci saranno i ‘Salotti verdi’ in cinque locali (bar e librerie) della città con incontri divulgativi animati da ricercatori, giornalisti ed esperti in diverse discipline scientifiche. Dal 23 al 27, invece, saranno allestite cinque mostre dislocate presso il Fortino Sant’Antonio e presso l’Area Ricerca del CNR. “Il festival BARIcode sarà fondamentale per mostrare la forza del sistema della ricerca presente qui a Bari, valorizzando il lavoro di tanti enti, ricercatrici e ricercatori che rendono la nostra città un grande hub di conoscenza e sviluppo, a vantaggio della crescita di tutto il territorio - ha dichiarato Eugenio Di Sciascio -. E’ quindi importante, come farà questa iniziativa, raccontare a tutte e tutti i cittadini questo sistema così prezioso, che dobbiamo custodire e sostenere. Le città che hanno una forte rete di università, di centri di conoscenza e ricerca hanno molte più possibilità di crescere. La nostra amministrazione è al fianco di questo ecosistema, e crede fermamente nel paradigma della “learning city”: una città che impara e che si sviluppa grazie al contributo di chi insegna e trasmette conoscenze fondamentali”. “Ringrazio, assieme a tutta l’amministrazione e alle scuole coinvolte, le università e i centri di ricerca che hanno dato vita a questo festival così importante – ha affermato Paola Romano -. All’interno del programma di eventi di BARIcode, le iniziative di “Mettiamo radici” vedranno coinvolte diverse scuole e circa diecimila studenti, con 26 laboratori scientifici - che prevedono l’utilizzo di strumenti come LIM, microscopi e board didattiche - e piantumazioni di alberi. E’ un modo per coinvolgere le più piccole e i più piccoli e per augurarci che le nuove generazioni che si affacciano ora alla ricerca diventino sempre più vicine alle materie scientifiche e in generale alla conoscenza”. “La ricerca è utile e accessibile soprattutto nella sua capacità di dialogare, confrontarsi, farsi linguaggio – ha dichiarato Danilo Caivano -. BARIcode non sarà solo divulgazione, ma anche didattica e occasione di dialogo scientifico. Sarà soprattutto racconto di come le Università e le istituzioni di ricerca stiano cercando percorsi che mettano al centro i territori e la loro capacità di connettersi con il mondo”. “L’albero della ricerca ha radici profonde ma anche nuovi germogli e nell’occasione del centenario del CNR il sistema universitario e della ricerca della città metropolitana di Bari si dimostra compatto per affrontare le grandi sfide del nuovo millennio - ha affermato Antonello Garzoni, rettore dell’università LUM -. Uno scenario che sollecita sempre più ricerca interdisciplinare nelle quali integrare le scienze dure dell’area STEM con le discipline umanistiche, la medicina e le nuove tecnologie di intelligenza artificiale e supercalcolo. In questo quadro il ruolo delle università è complementare a quello dei grandi laboratori di ricerca delle aziende nella identificazione di nuovi modelli di business fortemente innovativi”. “L’opportunità dei festeggiamenti del Centenario del Consiglio Nazionale delle Ricerche in tutta Italia, è stata tradotta nella condivisione con tutti i partner di un nuovo linguaggio, un codice appunto, per raccontare la bellezza della scienza e della cultura e l’impatto per la città di Bari - ha dichiarato Cinzia Giannini -. Lo faremo a partire dalle importanti ricadute sul territorio delle ingenti risorse del PNRR, con tutti gli enti che contribuiscono ai progetti sistemici in corso, dedicando poi ai più giovani attività didattiche e divulgative, anche con la piantumazione di alberi, simbolo delle radici per un futuro sostenibile. Tutto questo nella cornice della bellezza di arte e musica, con le mostre, i dibattiti culturali e un concerto finale in cattedrale per riconoscerci comunità e darci appuntamento alla prossima edizione di BARIcode”. “Desidero esprimere la mia soddisfazione in seguito alla conferenza stampa di presentazione del festival scientifico BARIcode, frutto di un'importante iniziativa culturale congiunta - ha sottolineato Vincenzo Spagnolo -. In questa prima edizione del festival, attraverso una vasta gamma di attività coinvolgenti, tra cui laboratori didattici, mostre, incontri e tanto altro, dimostreremo che la scienza è davvero alla portata di tutti e che l'apprendimento può essere una gioia condivisa. L'obiettivo di questo evento è infatti ben chiaro. Si tratta di diffondere la passione per la scienza, trasmettere la conoscenza e promuovere la collaborazione tra diverse realtà. L'interazione fruttuosa tra accademici, ricercatori, artisti e musicisti potrà creare un'atmosfera unica, in cui la creatività e la conoscenza possono fiorire insieme”. “L'INFN ha nel suo codice genetico il trasferimento sia tecnologico che culturale della conoscenza- ha affermato Francesco Cafagna -. Per questo ci siamo impegnati con entusiasmo nella organizzazione del Festival, con l'idea di renderlo un appuntamento fisso per la città di Bari. Per la prima volta a Bari abbiamo realizzato HEPscape!, con la collaborazione del Dipartimento di Fisica e dell’Urban Center. Attraverso il gioco, proponiamo un avvicinamento divertente e nuovo alla Scienza illustrando il funzionamento dell'LHC del CERN, l'acceleratore di particelle più potente al mondo. Pensiamo che LHC incarni perfettamente la metafora di un albero che affonda le radici nella ricerca di base nella fisica dei costituenti fondamentali, e che porta i frutti delle scoperte presenti e future”.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Speciale intervista ad un esperto sul deposito nazionale unico di rifiuti radioattivi.
Poirino, 31 gennaio 2021
Per saperne di più abbiamo fatto alcune domande a Beppe Tresso, imprenditore nel campo dell’energia rinnovabile ed economia circolare, attivo da trent’anni in campo ambientale nelle associazioni ambientaliste, con alle spalle diversi incarichi pubblici e con una lunga collaborazione con l’Istituto per le Piante da Legno e l’ambiente della Regione Piemonte.
1. Serve davvero un deposito nazionale per i rifiuti radioattivi?
Certamente si. Si tratta di un’opera urgente e indispensabile.
Per quanto l’energia nucleare sia sovente abbinata alle scorie delle centrali energetiche (In Italia ne erano entrate in funzione quattro tra il 1963 e il 1990), in realtà le fonti di produzione nucleare sono molte e quotidiane, basti pensare alle comuni radiografie o a certi tipi di cure mediche.
Le scorie, pertanto, esistono e vengono prodotte continuamente.
Sono quindi da gestire in sicurezza con realismo, competenza tecnica, responsabilità sociale e senso civico.
2. Questi impianti sono sicuri?
Non sono un esperto, ma tenderei ad escludere rischi particolari. Si tratta di tecnologie e processi collaudati in molte parti del pianeta.
Inoltre, la Sogin, responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi è una società pubblica controllata dal Ministero dell’economia.
Ovviamente ci sarà qualcuno che storcerà il naso proprio perché questa società è controllata da un ministero, ipotizzerà complotti e dietrologie… Io, invece, per esperienza tendo a fidarmi delle procedure, dei sistemi di controllo e soprattutto delle professionalità presenti nelle strutture pubbliche.
3. Ma il nucleare non era stato abbandonato dopo un referendum abrogativo?
Bisogna capirsi su cosa si intenda con “nucleare”: se ci si riferisce alla realizzazione di centrali di produzione energetica, va subito chiarito che ben due referendum popolari (nel 1987 e nel 2011) hanno sancito il divieto di costruzione di siti nucleari in Italia. Che infatti oggi non ci sono.
Però “nucleare” significa anche “decommissioning” cioè le azioni collegate allo smantellamento di un impianto nucleare: la separazione del combustibile, la caratterizzazione radiologica (cioè la verifica del livello di contaminazione radioattiva), la decontaminazione delle strutture e infine la demolizione delle strutture stesse.
Infine, come già accennato, molte fonti di produzione nucleare vengono dal settore medico ospedaliero, dall’industria e dalla ricerca.
4. Chi aveva deciso il ritorno al nucleare in Italia?
Il governo Berlusconi nel 2009 firmò un accordo con la Francia per la realizzazione di 4 centrali, decidendo in tal modo il ritorno al nucleare. Tuttavia, il successivo referendum del 12-13 giugno del 2011 ha determinato l’abbandono del progetto.
5. Non trovi curioso che proprio quelle forze politiche che vollero reintrodurre il nucleare in Italia siano oggi in prima fila a combattere il deposito?
Diciamo che non sono sorpreso.
Sui temi ambientali la politica ha spesso la memoria corta e agisce in base alle contingenze e al clima del momento.
In secondo luogo, in parte dei residenti di un territorio (spesso si tratta di una “gran” parte…) l’atteggiamento “Nimby” (Not In My Back Yard) – per cui le opere pubbliche vanno bene a condizione che vengano fatte da altre parti – è una costante che può essere sfruttata con successo da parte di partiti o movimenti populisti.
È evidente che siamo di fronte ad una contraddizione evidente: In certi contesti, dichiararsi favorevole al nucleare esalta la polemica sulla presunta arretratezza italiana rispetto alle altre nazioni e fa scattare l’applauso.
Ma si tratta del medesimo applauso popolare che viene tributato (spesso dalle stesse persone…) al primo gruppo che si oppone pubblicamente e avvia comitati di protesta, quando si tratta di gestire una qualsiasi opera di valore pubblico ambientale.
6. Non credi che con la centrale di Trino e il deposito di Saluggia il Piemonte abbia già dato all’Italia un contributo adeguato?
…non capisco in basa quale criterio si possa definire “adeguato” questo eventuale contributo, e – anche ammettendo un eventuale eccesso di carico territoriale - mi pare che sarebbe comunque difficile trovare in Italia un’area che non “abbia già dato” dei contributi all’Italia in materia di rifiuti.
E saremmo daccapo.
Peraltro, non mi pare che Saluggia sia stata individuata tra le aree ritenute idonee.
Credo che la domanda in realtà indichi semplicemente la volontà inconsapevole di cedere il cerino a qualcun altro. Mi sembra un desiderio francamente irresponsabile.
E comunque non capisco il criterio del confine geografico. Comune, provincia, regione, nazione...
Con lo stesso principio, la Francia, che fornisce energia elettrica all’Italia prodotta nelle sue centrali nucleari, si dovrebbe sentire autorizzata a scaricare sul nostro territorio la quota di scorie che producono per sostenere il nostro consumo energetico.
I criteri di scelta che sono stati individuati sono pubblici e verificabili: credo sia meglio concentrare l’attenzione su questi, invece di inventare altre categorie.
7. Torniamo all’oggi. Dal 5 gennaio sono noti i 67 siti ritenuti idonei in Italia per ospitare il deposito nazionale unico dei rifiuti radioattivi, i criteri adottati nello studio preliminare sono condivisibili?
I criteri mi pare proprio di si.
È comunque sempre possibile che la descrizione delle motivazioni adottate presenti degli errori o richieda delle correzioni, per cui è necessaria la verifica puntuale a livello locale di quanto scritto nella relazione tecnica della Sogin.
Si tratta di un’azione di partecipazione attiva dei territori che il processo decisionale, correttamente, prevede.
8. Serve chiedere oggi a Mattarella, al Presidente Cirio o alla Sindaca Appendino di depennare il sito di Carmagnola?
Non ne vedo il motivo… non sono loro i soggetti incaricati. inoltre, si tratta di un percorso di selezione che durerà ancora diversi anni.
9. Condivide il parere del Sindaco di Cambiano (ripreso dal “Corriere di Chieri”) che ritiene le petizioni su questi temi superate? E’ vero che nei livelli superiori non le guarda più nessuno e quindi risultano solo iniziative di facciata?
Personalmente condivido la perplessità sull’opportunità di molte iniziative di protesta e indignazione pregiudiziale.
La questione delle scorie è seria, delicata e complessa e non deve essere affrontata con reazioni istintive, senza una piena coscienza dei fatti.
Non è un caso che in tutti i siti italiani vi sia stata la medesima reazione di protesta. Ed è un po’ deprimente, ma molto in linea con i tempi, che le forze politiche che hanno sostenuto con forza il ritorno del nucleare in Italia nel 2009 siano proprio quelle che oggi sono in prima linea a protestare.
Servono approfondimenti, analisi, dati tecnici e motivi concreti per opporsi – eventualmente - ad accogliere una opera di alto valore pubblico. Non le reazioni di pancia.
10. Cosa possono fare oggi le istituzioni per tutelare i cittadini del Chierese e Carmagnolese?
Una verifica puntuale di tutti i fattori utilizzati dalla Sogin, per formulare tutte le obiezioni entro due mesi, salvo proroghe, ovvero entro l’inizio di marzo.
E’ necessario un lavoro molto accurato per far emergere tutti gli eventuali errori e incongruenze delle analisi preliminari, in particolare per quanto riguarda le valenze agrarie e naturali del territorio, perché i sopralluoghi utilizzati finora risalgono all’autunno 2014.
11. Serve accelerare la costituzione e l’avvio operativo del Distretto del Cibo del Chierese e del Carmagnolese?
Non credo serva “per evitare la costruzione del sito”: serve a prescindere.
Il nostro è un territorio splendido che va valorizzato indipendentemente dalla eventuale presenza di un sito di stoccaggio.
Segnalo che in Francia i due principali siti di stoccaggio delle scorie sono da anni all’interno di una splendida zona turistica nella regione dell’Aube.
Non mi farei quindi condizionare. Operiamo per avviare il distretto il prima possibile perché è giusto, non perché forse, prima o poi, ci saranno delle scorie da gestire.
I referenti di Italia Viva del Chierese e Carmagnolese
Federica Zamboni e Pier Antonio Pasquero
#italia viva#italiaviva#depositonazionale#deposito#rifiutiradioattivi#rifiutinucleari#CARMAGOLESE#carmagnola#idonee
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Green Refining: cosa sta succedendo a Gela?
La città di Gela, in Sicilia, sta vivendo un importante momento di transizione e riqualificazione industriale, avviato nel novembre del 2014 con la firma del Protocollo di Intesa tra Eni e istituzioni locali e nazionali e che passa attraverso la trasformazione della Raffineria: da polo petrolchimico per la raffinazione, stoccaggio e trasformazione degli idrocarburi nato negli anni ‘60, a quella che in termini tecnici si chiama “Green Refinery”, una raffineria verde di nuova generazione. Dopo la raffineria Eni di Venezia, quella di Gela rappresenta il secondo esempio al mondo di riconversione di una raffineria a ciclo tradizionale a “bio-refinery”, in grado di produrre “green diesel, green nafta e green GPL”. Il discorso è tecnicamente lungo e complesso, ma cerchiamo di spiegarlo in modo semplice.
La crisi della raffinazione
Gli ultimi dieci anni il settore della raffinazione in Europa ha vissuto il periodo più critico della sua storia. Da un lato la competizione delle raffinerie di Asia e Medio-Oriente e il conseguente crollo dei margini, dall’altro le direttive del Parlamento Europeo sulla promozione dell’utilizzo dell’energia da fonti rinnovabili congiuntamente ai risparmi energetici e al contrasto del cambiamento climatico, in rispetto al protocollo di Kyoto, che hanno dato un forte impulso verso la produzione di biocarburanti.
La soluzione più semplice (e più praticata) sarebbe stata quella di chiudere i battenti, ma non per Eni che ha deciso di scommettere sulla riconversione dei siti industriali di Venezia prima e Gela dopo in impianti di raffinazione “green”.
La Bioraffineria di Gela
L’annuncio della riconversione di Gela è del 2014, a seguito di un Protocollo d’Intesa siglato nel mese di novembre tra Eni, il Ministero dello Sviluppo Economico, le organizzazioni sindacali, la Regione Sicilia, l’Amministrazione Comunale di Gela, le istituzioni e Confindustria.
Si legge sul sito dell’Eni: “Il progetto della bioraffineria, che sarà ultimata entro ottobre 2018, vuole ripensare la struttura della raffineria individuando soluzioni innovative attraverso cicli “verdi”, sostenibili sia dal punto di vista ambientale che da quello economico. Attraverso la valorizzazione degli impianti esistenti e l’applicazione di tecnologie proprietarie, la bioraffineria converte materie prime non convenzionali di prima (olio di palma) e seconda generazione (grassi animali, olii di frittura) in green diesel, green GPL e green nafta. Quella di Gela sarà una delle poche bioraffinerie al mondo in grado di trattare cariche unconventional in elevata quantità, intorno all’80%. L’impianto potrà lavorare materie derivanti da scarti della produzione alimentare, quali olii usati (UCO, used cooking oil), grassi animali (tallow) e sottoprodotti legati alla lavorazione dell’olio di palma (PFAD, acidi grassi). La costruzione del nuovo impianto di produzione idrogeno, “Steam Reforming” rappresenta la svolta per avviare la produzione entro il 2018 e consentire entro il 2019, con il completamento anche del secondo nuovo impianto di pretrattamento delle biomasse, l’utilizzo di materie prime di seconda generazione. Questa caratteristica renderà la raffineria di Gela un sito a elevata sostenibilità ambientale, in quanto farà uso di cariche che diversamente andrebbero smaltite come rifiuti, con aggravio dei costi per la comunità e impatto sull’ambiente. In linea con l’ultima normativa EU, ridurrà del 60% le emissioni di gas serra.”
La Bioraffineria di Gela, in altre parole, instaura un percorso virtuoso di “economia circolare” permettendo di raggiungere elevatissimi standard di sostenibilità correlati alla riduzione in maniera significativa sia dei costi per la comunità sia degli impatti sull’ambiente derivanti dallo smaltimento dei prodotti di risulta. Oltre ai benefici in termini ambientali, l’intervento di riconversione degli impianti esistenti consentirà di riqualificare il sito industriale, con ricadute positive sull’indotto locale sia nella fase di realizzazione sia di esercizio.
Un contributo importante viene anche dalla ricerca, “Presso il Centro Ricerche Upstream di San Donato vengono impiegate tecniche di analisi elementare e cromatografica, e tecniche spettroscopiche come la Risonanza Magnetica Nucleare (NMR), per studiare le caratteristiche di diverse cariche disponibili in commercio quali oli di frittura o grassi animali semilavorati. Conoscere approfonditamente ogni potenziale carica è il primo passo per ottenere biocarburanti sempre più efficienti e innovativi.”
Cosa succederà nel 2020?
Il Green Diesel è il primo importante passo verso formulazioni sempre più avanzate che permettono di rispettare o addirittura anticipare le stringenti normative italiane ed europee sui biocarburanti. La normativa italiana prevede nel 2020 l’aggiunta di 10% di biocarburante nei prodotti immessi al consumo in Italia, di cui l’1,6% di biocarburanti avanzati. Green Diesel è addizionabile, teoricamente senza limiti di percentuale, nei gasoli autotrazione. Infatti, essendo ottenuto dall’idrogenazione di oli vegetali, non contiene ossigeno ed è totalmente idrocarburico, a differenza del biodiesel tradizionale. …. Green Diesel risponde a tutti i requisiti del “biocarburante perfetto”, e grazie alla flessibilità del processo Ecofining
potrà anche essere ottenuto da grassi animali o olio di scarto nonché da fonti che il legislatore italiano definisce “avanzate”, quali gli scarti lignocellulosici opportunamente pre-trattati. Eni, grazie al suo impegno costante in ricerca e innovazione nel mondo dei carburanti, si appresta a far fronte ai prossimi impegni fissati dalla Commissione Europea, tra cui la riduzione delle emissioni di gas serra grazie all’uso di biocarburanti.
(Si ringrazia Mario Carfagna per le preziose indicazioni fornite) (Copertina: foto di Paolo Negro)
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Sogin: Online il Bilancio di Sostenibilità 2023. Il Gruppo Sogin presenta il nuovo Bilancio di Sostenibilità, con un focus su economia circolare e gestione dei rifiuti radioattivi
Il Gruppo Sogin ha annunciato la pubblicazione online del Bilancio di Sostenibilità 2023, disponibile sui siti sogin.it e nucleco.it.
Il Gruppo Sogin ha annunciato la pubblicazione online del Bilancio di Sostenibilità 2023, disponibile sui siti sogin.it e nucleco.it. Questo documento rappresenta uno strumento volontario di rendicontazione, con il quale l’azienda comunica ai propri stakeholder le attività svolte, i risultati ottenuti e gli obiettivi futuri in ambito economico, sociale e ambientale. Attraverso il Bilancio, Sogin…
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