#ecco cosa dicevano
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Bella la vita in Giappone dicevano...
Bella la cultura e la cucina giapponese dicevano...
#dicevano sul strunzat#ecco cosa dicevano#my life in tokyo#giappone#random#frutta#verdura#perché sono qui perché
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Tratto dal libro " Favole al Telefono" Rodari ci presenta una realtà troppo triste da accettare.
Il brano è " La vecchia zia Ada"
La vecchia zia Ada, quando fu molto vecchia, andò ad abitare al ricovero dei vecchi, in una stanzina con tre letti, dove già stavano due vecchine, vecchie quanto lei. La vecchia zia Ada si scelse subito una poltroncina accanto alla finestra e sbriciolò un biscotto secco sul davanzale.
- Brava, così verranno le formiche, - dissero le altre due vecchine, stizzite.
Invece dal giardino del ricovero venne un uccellino, beccò di gusto il biscotto e volò via.
- Ecco, - borbottarono le vecchine, - che cosa ci avete guadagnato? Ha beccato ed è volato via. Proprio come i nostri figli che se ne sono andati per il mondo, chissà dove, e di noi che li abbiamo allevati non si ricordano più.
La vecchia zia Ada non disse nulla, ma tutte le mattine sbriciolava un biscotto sul davanzale e l'uccellino veniva a beccarlo, sempre alla stessa ora, puntuale come un pensionante, e se non era pronto bisognava vedere come si innervosiva.
Dopo qualche tempo l'uccellino portò anche i suoi piccoli, perché aveva fatto il nido e gliene erano nati quattro, e anche loro beccarono di gusto il biscotto della vecchia zia Ada, e venivano tutte le mattine, e se non lo trovavano facevano un gran chiasso.
- Ci sono i vostri uccellini, - dicevano allora le vecchine alla vecchia zia Ada, con un po' d'invidia. E lei correva, per modo di dire, a passettini passettini, fino al suo cassettone, scovava un biscotto secco tra il cartoccio del caffè e quello delle caramelle all'anice e intanto diceva:
- Pazienza, pazienza, sono qui che arrivo.
- Eh, - mormoravano le altre vecchine, - se bastasse mettere un biscotto sul davanzale per far tornare i nostri figli. E i vostri, zia Ada, dove sono i vostri?
La vecchia zia Ada non lo sapeva più: forse in Austria, forse in Australia; ma non si lasciava confondere, spezzava il biscotto agli uccellini e diceva loro: - Mangiate, su, mangiate, altrimenti non avrete abbastanza forza per volare.
E quando avevano finito di beccare il biscotto: - Su, andate, andate. Cosa aspettate ancora? Le ali sono fatte per volare.
Le vecchine crollavano il capo e pensavano che la vecchia zia Ada fosse un po' matta, perché vecchia e povera com'era aveva ancora qualcosa da regalare e non pretendeva nemmeno che le dicessero grazie.
Poi la vecchia zia Ada morì, e i suoi figli lo seppero solo dopo un bel po' di tempo, e non valeva piú la pena di mettersi in viaggio per il funerale. Ma gli uccellini tornarono per tutto l'inverno sul davanzale della finestra e protestavano perché la vecchia zia Ada non aveva preparato il biscotto.😢
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🟡 IL WEF AVVERTE: DOPO LE ELEZIONI USA ARRIVERANNO DISORDINI, TERRORISMO, PESTILENZE, ISOLE SOMMERSE E BLACKOUT INFORMATICI GLOBALI❗👀
In un inquietante quanto delirante articolo (ECCO IL LINK AL PEZZO), l'organizzazione di Klaus Schwab spiega che mancando UN FORTE GOVERNO GLOBALE, come quello che si stava instaurando durante la dittatura sanitaria, da novembre arriverà un'era di eventi shock"!
Il World Economic Forum (WEF) perciò lancia il suo avvertimento: dopo le elezioni statunitensi del 2024 ci dobbiamo aspettare interi anni di tormenti.
Forse l'élite mondiale si prepara a scatenare il caos nella società?
In questo delirante articolo il WEF avverte che i cittadini americani che si recheranno alle urne a novembre dovrebbero aspettarsi subito dopo gravissimi “eventi destabilizzanti”, tra cui una “pandemia informatica intenzionale”, l’emergere di un “nuovo gruppo estremista globale” e "disastri climatici accelerati", quali un improvviso innalzamento del livello del mare che sommergerà intere isole.
L'élite globalista è disperata perché teme che le elezioni del 2024 non vadano a suo favore.
In questo contesto non sorprende che il WEF ci stia avvertendo insistentemente di "prestare attenzione ai rischi globali che saranno ulteriormente esacerbati da eventi shock inaspettati e destabilizzanti".
Cosa sta pianificando l'élite globale? Forse la frase più preoccupante dell'articolo è in riferimento agli attacchi intenzionali alla sicurezza informatica. Nessuno crede realmente che il blocco di tutti i software Microsoft di luglio sia stato provocato da un impiegato che ha sbagliato l'aggiornamento.
Dato il lungo interesse di Klaus Schwab per lo scatenarsi di un "attacco informatico devastante" in tutto il mondo, e le esercitazioni già svolte, questo avvertimento non dovrebbe essere preso alla leggera.
Facendo riferimento all'interruzione della sicurezza informatica globale di Crowdstrike di luglio, il WEF testualmente afferma:
"Immaginate se un malintenzionato avesse fatto questo, intenzionalmente e su scala ancora più grande?"
Non ci resta che fare gli scongiuri!
Del resto dicevano anche che i non vaccinati sarebbero tutti morti, e che la Russia si sarebbe arresa in due mesi.
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avevi un cuore infinito. l’odore di fragole copriva tutto, i bricchi del caffè, le tazzine verdi coi fondi anneriti e secchi, quelle cicche di sigarette ormai morte da tempo. il posacenere appoggiato storto. la tua foto.
nella foto tu con le tette al vento e la sigaretta sulle ventitrè, attaccata blesa al labbro. quelle labbra che proprio non sapevano fare sesso, ma tu eri convinta di sì, che siccome erano gonfie, allora tutti dicevano così - che lo eri - e tu ci credevi. corpo magro, forse troppo magro… ma tu come molte persone sei convinta che magro è sexy, o che è meglio magro e tra le gambe niente di niente, niente pelo fredda come una zucchina uscita dal frigo eri, amore bello ma siccome tutti dicono che è sexy così, tu ci credi. eri nuda e fresca in quella foto; e questo mi faceva solo ricordare che eravamo distanti, perchè io volevo un’altra persona che non sei tu ma tu eri convinta che io volessi te, perchè tutti ti dicono che sei figa e nessuno ti resiste. e tu ci credi. ci credi a queste cose quante favole il senso comune. E la verità e il senso comune si rincorrono nella tua testa, e ti piegano a metà; come quella sigaretta, ti mettono sulle 23. io adoravo tutt’altro di te. tu insistevi a voler fare sesso anale, come se fosse “la cosa figa da fare” “amore... dai” mi dicevi e agitavi il culo come una bandierina; io ti penetravo come una sant’honorè col mio cazzo bleso, sulle 23 come la tua sigaretta. e tu ti muovevi di conseguenza… sai che non ricordo niente di quelle "sessioni anali"? solo te che dicevi dimmi che sono la tua troia dimmi che sono la tua troia con un soffio di aria calda in bocca, la voce nasale e la t tronca e moscia della calabbria del sud. quella cazzo di t che tiravi fuori solo quando facevi così. non ricordo niente di te. cioè scusa, non ricordo niente di quelle sessioni dove io ti prendevo da dietro e tu ti dimenavi come se fosse bello. ricordo l’odore delle fragole, però. ecco…io adoravo tutt’altro di te. quello sguardo che facevi quando eravamo nei locali di c.so Washington a Milano, tra il caldo e il futuristico, elegante morbido, lo sguardo di un’anima altèra e vera. e le tue risa quando sbagliavi i conti, fai il ricercatore e stai con una che non sa le tabelline dell’otto, mi dicevi, quanto fa otto per sei?? e ridevi. eri bellissima e naturalmente elegante. eri sapiente, modesta, intelligente. eri una tigre di velluto e nell’occhio avevi tutta la tragedia del mondo e la classe delle grandi donne. avevi un cuore infinito. e quell’odore di fragola che copriva tutto
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S'è dimesso. Ce l'ha fatta finalmente. Non ce la facevo più a vederlo così, ero in imbarazzo per lui.
Piccola postilla: ho letto in queste ore tante persone che ironizzavano sul fatto che la destra predica (e strapredica) di famiglia tradizionale, e poi razzola tutt'altro. Come nel caso di Sangiuliano.
Vorrei far sommessamente notare che in questo caso siamo perfettamente dentro la cornice (di destra?) della famiglia tradizionale, tanto che le sue dimissioni sono state respinte in prima istanza. Perché nella visione della famiglia tradizionale una cosa come questa c'è sempre stata: se sei uomo ti sposi e, arrivato a una certa età, pur rimanendo all'interno del matrimonio, cerchi una donna più giovane e attraente di tua moglie che ti faccia sentire meno vecchio. Se sei uomo di potere le donne possono essere anche più di una, e soprattutto se sei uomo di potere la cosa non si fa di nascosto: le donne possono essere beneficiate col potere stesso ed esibite (perché ti ritorni anche a livello sociale l'immagine di uomo che promuovi). E' stato il leitmotiv del berlusconismo, i cui risultati abbiamo tutt* sotto gli occhi.
Allora come adesso, c'erano e ci sono tante persone a sinistra che dicevano e dicono che queste sono quisquilie, è gossip, che bisognerebbe cacciare via uno come Sangiuliano per "ben altro", per motivi DAVVERO "politici". Ecco, io penso che sì, ci sono tanti e vari motivi per cui mi sarebbe piaciuto vedere cacciati via a calci nel sedere tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi anni, e mi piacerebbe veder sparire questo governo in carica più che mai. Tuttavia ero convinto ai tempi di Berlusconi, e sono convinto anche oggi, che questi siamo temi politici eccome! Riguardano il nostro modo di vivere insieme, il rapporto tra uomini e donne, il rapporto col potere. Cosa c'è di più politico di queste cose?
E infatti, alla fine, Sangiuliano deve dimettersi. E anche Berlusconi entrò in grosse difficoltà su questi temi a causa degli impicci che gli derivavano dall'aver costruito una corte in cui pubblico e privato non si distinguevano più; e si salvò più volte per il rotto della cuffia, grazie a un parlamento di maggiordomi strapagati grazie a lui (o proprio da lui). Una forza che, chiaramente, un più modesto Sangiuliano non ha.
Faccio notare che, allora come oggi, l'elemento che fa saltare il gioco dell'uomo di potere è la donna che prende parola. Perché, nel quadro della cornice della famiglia tradizionale, tutto l'impianto si regge sul fatto che - tradizionalmente - le donne stanno zitte. Le mogli tacciono per salvaguardare la loro reputazione, sperando che la cosa passi sottotraccia. Le amanti tacciono, in quanto beneficiate e miracolate mediante soldi o quote di potere che, altrimenti, non avrebbero mai raggiunto.
Allora come oggi il fatto nuovo è che le donne prendono pubblicamente parola, non si fanno mettere alla porta, propongono le loro versioni dei fatti, spingono l'uomo di potere di fronte alle proprie responsabilità (e alle bugie di cui riempiono i media). Allora come oggi l'informazione pubblica dà voce solo all'uomo e cerca di screditare la donna che parla. Allora come oggi una Veronica Lario che va presso una grande testata giornalistica e batte i pugni sul tavolo denunciando il grottesco sistema (bio)politico messo in piedi dal marito, o una Maria Rosaria Boccia che ad ogni fandonia del ministro (ex ministro) risponde con un post o un'intervista dove porta le prove che lo smentiscono: questo è quello che fa saltare il banco.
Cari ometti di potere, l'unico motivo per cui avete un ruolo istituzionale è perché questo paese non ha mai avuto una classe dirigente più scarsa della vostra, da trent'anni in qua: invece di giocare a fare i signorotti rinascimentali, ringraziate il cielo e volate bassi. Può darsi che 'ste poltrone durino un po' di più 🧡
P.s. - uno dei motivi per cui credo valga ancora la penna vivere in occidente è che le donne hanno possibilità di parola (e spero ne abbiano sempre di più). Urbano Grandier, Facebook
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URSULA
Tra le tante cazzate (1h netta di discorso) dette dalla Von der Leyen in occasione del suo ultimo discorso sullo stato dell’Unione, due sembrano particolarmente impressionanti.
A parte l’ipocrisia di fondo sulla questione migranti, quando parla di ‘problema comune’, con Lampedusa che strafoga e tutti gli altri che ci chiudono le frontiere a sfregio, a parte le stronzate sull’Europa unita nella solidarietà nei confronti dell’Ucraina, con la Polonia che ha già detto chiaro e tondo che non farà entrare il grano ucraino neppure se Bruxelles glielo vorrà imporre perché costa troppo poco, i punti che risaltano, sembrano i seguenti:
1️⃣"L'adesione all'UE è basata sul merito e la Commissione difenderà sempre questo principio. Ci vuole duro lavoro e leadership” e l’Ucraina, ohi, ohi, non è ancora pronta. Praticamente gli hanno fatto fare un colpo di stato, una guerra civile e li hanno mandati allo schianto contro la Russia per oggi sentirsi dire le stesse cose che disse candidamente Yanukovich nel 2014 “non siamo pronti, non ci conviene”. Bastava dirglielo prima no? E no, la filosofia è “lacrime e sangue”, soprattutto sangue. Eccola lì.
2️⃣È stata istituita una commissione d’inchiesta per combattere i prezzi dumping cinesi sulle auto elettriche. Attenzione – cosa dicevano sempre i cosiddetti complottisti? Che questa ‘Green Econmy’ non è altro che una buona occasione di affari per qualcuno. Ecco, domandiamoci – se davvero il fine ultimo fosse quello di inquinare di meno, non sarebbe una manna dal cielo che uno Stato esterno all’unione investa per abbassare i prezzi, di modo che i cittadini dell’Unione possano finalmente permettersi di comprare macchine elettriche ed iniziare ad inquinare meno sul serio?
E non vi dico gli applausi che ha preso.
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Vi ricordate il corsivo? Vi siete mai chiesti perché oggi non s’insegna più ai ragazzi a scrivere in corsivo? E no, non è un caso che si tenda ad usarlo sempre meno.
Scrivere in corsivo vuol dire tradurre il pensiero in parole; ti obbliga a non staccare la mano dal foglio. Uno sforzo che stimola il pensiero, che ti permette di associare le idee, di legarle e metterle in relazione. Non a caso la parola corsivo deriva dal latino «currere», che corre, che scorre, perché il pensiero è alato, corre, s’invola.
Scrivere in stampatello invece vuol dire, a detta degli psicologi dello sviluppo, «spezzettare il pensiero, sezionarlo in lettere, negare il tempo e il respiro della frase.»
Naturale che il corsivo non abbia più posto nel mondo di oggi, un mondo che fa di tutto per rallentare lo sviluppo del pensiero, per azzopparlo. Pensate che il corsivo nacque proprio in Italia e poi si diffuse in tutto il mondo. Perché? Perché era una scrittura compatta, elegante, chiara.
Ma la nostra è una società che non ha più tempo per l’eleganza, per la bellezza, per la complessità; abbiamo sinteticità ma non chiarezza, rapidità ma non efficienza, informazioni ma non conoscenza! Sappiamo troppo e troppo poco perché non siamo più in grado di mettere in relazione le cose. La gente non sa più pensare. Non sa più costruire un discorso. Ricordate quando alle elementari la maestra vi chiedeva di scrivere dei “pensierini”? Fanno tenerezza, nella loro disarmante semplicità, i primi temi scritti dai bambini, almeno quando sono i bambini a farlo.
Pensierini, frasi ad effetto e slogan creati ad hoc per manipolare e stupire, ma certamente non per far pensare: ecco a cosa si è ridotta la cultura, l’informazione! Per questo bisognerebbe tornare a scrivere in corsivo, soprattutto a scuola. Perché qua non si tratta soltanto di recuperare uno stile di scrittura, ma di tornare a dare respiro ai nostri pensieri. Tutto ciò che ci fa vivere, che nutre l'anima, che sostiene lo spirito, è legato al respiro. Senza respiro, dicevano gli antichi greci, non c’è pensiero. E senza pensieri non c’è vita. Se sia importante o no, lo lascio decidere a voi.
Guendalina Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X
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CONSAPEVOLEZZA PER TUTTI
L’altro giorno durante l’Ascolto di un libro ho fatto delle riflessioni.
Nel testo si diceva che praticando la consapevolezza in qualsiasi cosa facciamo, la possiamo fare anche per coloro che non possono farla.
Mi è tornato in mente che quando ero piccolo mi dicevano: “anche se non ti piace mangialo, pensa ai bambini più poveri che non hanno da mangiare”. Io sinceramente a quel tempo non capivo come il fatto che io finissi il piatto avrebbe potuto aiutare quei bambini.
Allora ho avuto un momento di illuminazione comprendendo cosa mancasse in ciò che mi dicevano da piccolo: Mancava la consapevolezza. Quando fai qualcosa con consapevolezza, Stai vivendo veramente. Quando vivi veramente, ciò che fai influenzerà maggiormente tutto il mondo intorno a te.
Noi siamo tutti interconnessi: siamo tutti Uno. Piccole unità dell’Uno più grande. L’energia che fluisce in me è la stessa che poi fluirà in qualcun altro. Ecco perché migliorando noi stessi possiamo fare del bene al mondo. Perciò quando camminiamo, mangiamo, lavoriamo, giochiamo, leggiamo, meditiamo,... pratichiamo la consapevolezza.
Quello che facciamo possiamo dedicarlo al beneficio di tutti gli altri esseri e, essendo anche consapevoli del principio di interconnessione, possiamo vivere quell’azione che stiamo svolgendo anche per coloro che in quel momento non ne sono in grado. Possiamo veramente mangiare o camminare con consapevolezza e farlo con l’apertura del cuore per coloro che non ne hanno la possibilità. Questo farà nascere in noi una profonda Gratitudine per tutto ciò che abbiamo nella vita ed una grande Compassione. Tutto partendo dalla consapevolezza.
Alleniamoci alla consapevolezza del respiro tutti i giorni, poi portiamola nelle nostre azioni del momento presente e il mondo ne trarrà grande beneficio.
Il libro da cui è nata questa riflessione, che suggerisco di leggere, è: “Il dono del silenzio – Tich Nath Han”
Un Abbraccio Amorevole
Davide
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Ho sognato che mio padre si laureava in una chiesa, insieme ad altri suoi vecchi compagni di scuola.
Durante la cerimonia, mi rivelava che mia madre era coreana. io pensavo "ah ecco perché ho gli occhi piccoli" mentre lui mi presentava a un suo amico di origini coreane che aveva conosciuto mia madre.
Questo qui aveva anche dei figli, che mi dicevano quanto fossi fortunata a essere una mezza coreana di tipo B, cioè con tratti più occidentali, mentre loro erano di tipo A perché avevano gli occhi a mandorla e i capelli neri e la gente li prendeva in giro.
Dopo la cerimonia torno a casa e racconto al mio ragazzo che sono una mezza coreana e gli porto anche un hamburger con pollo fritto di un qualche fast food strano.
Dopo che ha finito di mangiare, mi raggiunge sul divano e cominciamo a fare cosine zozzine quando a un certo punto entra in camera Rocco Siffredi e si siede sul divano accanto a lui.
Io dico "ehi, per favore te ne vai che mi metti in imbarazzo" e Rocco mi risponde: "guarda che questo è il mio lavoro, vai tranquilla io vi guardo soltanto"
E io ribattevo piccata: "ma che lavoro, come puoi trasformare una cosa naturale come il sesso e l'amore in lavoro?"
E Rocco rispondeva calmo e tranquillo: "va be' ma guarda che per fare sesso ci vuole qualcuno di sgamato che ti insegna come fare. Io sono quello sgamato, vi do solo dei suggerimenti e delle guide pratiche!"
E qui mi sono svegliata.
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~ Questa è una storia che, per quanto vera,
non parte con “Una volta c’era”,
ma inizia invece a narrar del fatto con
“Una volta non c’era affatto”,
Perché all’inizio del tempo antico,
quando vestiva foglie di fico
o pelli, quando poteva averne,
l’uomo viveva nelle caverne
e come un bruto si comportava,
menando tutti con la sua clava,
portando infine questo abominio
nelle riunioni di condominio,
così che tutti, ladri ed onesti
si ritrovavan con gli occhi pesti:
ecco, a quel tempo, un tempo infame,
su questa terra non c’era il pane.
C’era però fra le piante incolte,
che non venivano mai raccolte,
un arboscello dal fusto in riga
che terminava con una spiga,
che nasce d’inverno, sotto la neve,
ma poi diventa, per farla breve,
frutto maturo, per la sua natura
a inizio d’estate, nella calura.
Ci fu qualcuno, chissà chi è stato,
stufo di pranzi da disgraziato,
un tipo sveglio, con gli occhi acuti,
fra quegli uomini tutti barbuti
e donne tristi come epitaffi,
fra cui più d’una aveva i baffi,
che, dando prova del suo talento,
disse “Orca vacca, questo è frumento!”
Quell’uomo rifece, fiutando a naso,
ciò che natura affidava al caso:
arò, zappò, preparò una serra,
prese quei semi e li mise in terra
e faticò fino a che il sedere,
che ha una forma sua di paniere,
cioè rotondo, gli si fece a cubo,
mentre chi invece non faceva un tubo
lo derideva per la sua fatica
con frasi pungenti come l’ortica
e criticava quel farsi il mazzo
come lo stupido critica il pazzo,
quello che fa cose nuove o strane,
come chi ha i denti e vuole il pane,
ma porta il mondo allo stato in cui
o prima o dopo, ha ragione lui.
Così, un bel giorno, non dopo molto,
ci fu alla fine un bel raccolto
di chicchi biondi, gialli come il sole:
tutti dicevano “Ma chi li vuole…!?
Che ci facciamo con questi chicchi?”
E, per disprezzo, davan dei picchi
sopra quel frutto della fatica
e quegli idioti non sapevan mica,
così facendo, di dare l’avvio,
al mal concetto del tuo e del mio,
che già in quel tempo così lontano
c’era l’invidia per chi fa il grano…
L’uomo tornò dopo il disastro
e dato ch’era proprio un furbastro
vide che il frutto del batti e batti
non era cosa d’andar nei matti
ma era una polvere bianca e leggera
con un profumo di primavera
e quando vide la polverina
disse “Orca vacca, questa è farina!”
Si sa, la strada quando s’è presa
dal verso giusto, corre in discesa:
l’uomo di genio si guardò intorno
e in un momento t’inventò il forno,
anche se dopo quella creazione,
dovette chiedersene la ragione:
“Va bè’, t’ho fatto, ora che nervi…
adesso che esisti, a cosa servi?”
Per un momento restò perplesso
ma poi quell’uomo disse a sé stesso
“Lo scoprirò, ma mentre attendo,
io quasi quasi ora lo accendo…”
La sua tribù lo prendeva in giro,
mentre vedevano che col respiro
soffiava dentro a quel nuovo gioco
per attizzare le fiamme al fuoco:
“Cosa combina, ma che cosa fa,
che soffia dentro a quel “coso” là?
Se c’era un dubbio, sembra che adesso
sia confermato: è proprio un fesso!”
Venne dal mare un temporale,
con lampi, tuoni, pioggia infernale.
Per non bagnarsi, scapparon certo
in una grotta tutti al coperto.
Scappò anche l’uomo che lavorava
vicino al fuoco che scoppiettava:
“Di un raffreddore ne faccio a meno
forse son pazzo, ma non son scemo!”
Quando tornò con l’arcobaleno
che attraversava un cielo sereno,
vide che l’acqua ch’era cascata
dal cielo scuro s’era mischiata
fortuna volle, quanto ne basta,
con la farina fuori rimasta,
in un miscuglio che, tira e molla,
più che una pasta sembrava colla.
Forse un’idea non spaccherà un capello,
ma come un lampo taglia il cervello
in un istante, da cima a fondo,
ed è un istante che cambia il mondo.
A quella pasta, quel pensiero astratto,
lui diede forma di un disco piatto
e lo infilò, con un gesto attento,
nel forno acceso che non s’era spento.
Passò del tempo, ma nemmeno tanto
cuoceva il tutto e lui ci stava accanto
bello tranquillo, pur senza sapere,
che prima era un uomo, ora un panettiere.
Ne uscì un profumo che arrivò lassù
dove viveva l’intera sua tribù
che spinta dal richiamo dell’olfatto
venne a vedere ciò che aveva fatto:
vennero giù coi denti preparati
come di solito fanno gli affamati
per controllare se quel buon odore
fosse abbinato con un buon sapore.
Quando c’è fame non ci si fa caso
però c’è sempre quel che storce il naso:
“E’ buono sì, però ci sembra un muro
l’ha appena fatto ed ecco che è già duro!”
Quel panettiere senza una licenza,
che allora ancora si faceva senza,
che però aveva tutti gli attributi
che gli giravano, disse: “Cornuti!”,
disse: “Di fisime ne avete tante,
che non è duro…solo un po’ croccante!
Frenate dunque la vostra stizza,
che volevate, fosse già una pizza?
Migliorerò questo mio prodotto
che sia ben morbido quando sia cotto
e infine, quando sarà sul desco,
più sarà caldo più sarà fresco:
dirà in un modo che val per tutti,
per alti e bassi, per belli e brutti,
in un concetto nobile e arcano
che il pane nostro sia quotidiano,
dirà alla luce di un’altra fame
che non si vive di solo pane
e verrà un tempo, molto vicino,
di pane al pane, di vino al vino,
e per gli uomini crudi e violenti
ci sarà pane per i loro denti,
sarà così che, piaccia o non piaccia,
gli sarà reso pan per focaccia.
Chi vede un fatto ben più scontato,
che può esser zuppa o pan bagnato,
mangi in silenzio le pagnotte gialle
e non stia lì a rompere le palle!”
Ecco la storia, forse sarà vera
soltanto in parte, oppure tutta intera,
perché fra tanti “C’era una volta…”
è il risultato quello che conta.
Da quell’arbusto col fusto in riga
che sale al cielo con una spiga,
da un uomo preso nel suo lavoro
nasce quel piccolo capolavoro:
in un bisticcio fra estate e inverno
cotto in un forno che par l’inferno,
farina, acqua, lievito e strutto,
si chiama pane e questo è tutto. ~
G. Faletti
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«A Sparta il figlio se era deforme e poco prestante veniva gettato dal baratro del monte Taigeto, poiché né per se stesso né per la città era meglio che vivesse. Di tutte le città della Grecia, Sparta è l’unica a non aver lasciato all’Umanità né uno scienziato, né un artista né un poeta. Forse gli spartani, senza saperlo, eliminando i loro neonati troppo fragili, hanno ucciso i loro musici, i loro poeti, i loro filosofi.»
Chi di voi non ha visto almeno una volta nella vita un dipinto di Caravaggio? O letto una poesia della Merini? E Van Gogh? C’è un motivo se in ogni parte del mondo, le opere di Van Gogh, a distanza di due secoli, continuano a suscitare emozioni tanto forti. Pensate che dipinse La notte stellata dalla finestra di un manicomio. Anche Alda Merini venne rinchiusa in manicomio. Molti dicevano che Caravaggio fosse pazzo, e lo stesso dissero di Camille Claudel, di Beethoven, persino di Socrate! Perché? Perché non vivevano come gli altri pretendevano che vivessero. Perché questi uomini sentivano e pensavano in modo diverso. Cosa c’entra con Sparta?
Ecco Sparta fu l’emblema nel mondo antico dell’efficienza. Della forza. Nel mondo spartano non c’era spazio per l’iniziativa individuale, per la libertà d’azione, per i sentimenti; a Sparta la vita dei cittadini seguiva soltanto ordini e regole: era il mondo dell’obbedienza. Ogni aspetto della vita dei cittadini-soldati era controllato dallo stato. Essere un buon guerriero era l’unico scopo dello spartano. Chi non poteva e non sapeva esserlo, doveva sparire. O essere sfruttato. Per questo motivo Sparta non ebbe musici, poeti, filosofi.
Oggi lo stato non vuole cittadini-soldati, ma cittadini-consumatori. Persone che pensino e sentano in modo facilmente prevedibile, facilmente controllabile. Non servono i filosofi, non servono i pensatori, non servono gli artisti ma soltanto operai altamente qualificati. Ed ecco perché la Storia, a detta del nostro illustre ministro Cingolani, non serve a nulla. Agli uomini-macchina non è utile conoscere la storia di Sparta. Ragionare. Mettere in relazione.
G. Middei
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Il Viaggiatore Notturno
Un viaggio di ritorno dalla bellezza. Così, Maurizio Maggiani la chiama per nome, non la nasconde dietro metafore. Il suo viaggiatore notturno ha cercato la bellezza sui polpastrelli, l'ha voluta proprio toccare. Finché lo leggo, quasi ci guardiamo con Maggiani e ci chiediamo: esiste allora la bellezza? posso sentirla sulla punta delle mie dita, come questo telefono su cui scrivo? posso tenerla nelle mani a coppa, come se raccogliessi acqua a una fontana? posso guardarla negli occhi? ma soprattutto: cosa lascia quel tocco sulle mie mani una volta che loro sono tornate ad essere vuote? cosa mi lascia la bellezza vissuta, on my fingertips? toccare la bellezza, e poi vedere cosa resta di lei: questa è la storia di questo libro. Il protagonista è un irundologo che aspetta l'arrivo della rondine comune in mezzo a un deserto. E immerso in questa attesa, in questa assenza totale di contatto fisico con le rondini e con gli uomini, lui ricorda invece tutte le volte in cui quelle mani hanno toccato, si sono riempite significativamente del bello: sono diventate un nido. Le rondini sono il bello, e così anche l'orsa Amapola, che lui incontra anni prima di quel deserto, in mezzo ai boschi delle Alpi: è una rondine anche lei, addormentata tra le sue mani. E infine, la Perfetta. Lei è la bellezza. Completa, rotonda. Lui la trova ferita, la porta in salvo e le tiene il viso tra le mani, come aveva già fatto con le rondini, come aveva fatto con Amapola. Ma la Perfetta è la somma di tutta la bellezza che esiste al mondo, ed è lì, per un attimo, tra le sue mani, come l'acqua che uno raccoglie alla fontana. Neanche si capiscono, lui e quella donna, ma non ce n'è affatto bisogno: loro si toccano, che altro serve? Non importa se ora lui è solo, nel deserto. Non ha bisogno neanche di pensarci, alla bellezza: loro si sono toccati, e lei è la Perfetta, lo seguirà ovunque lui si trovi, sulle spalle, come un saio, anche in mezzo a quella solitudine, a quel silenzio, a quell'assenza: lui è per sempre toccato dalla bellezza, anche nel deserto.
Io ultimamente ho toccato ben poca bellezza e ne ho guadagnato, con sorpresa, un terribile super potere. Ho guardato talmente tanto il brutto da vicino, che ormai quasi non mi spaventa più. Ma questo non è ancora il potere. È una cosa singolare quella che mi succede, se penso alla persona che io ero prima: perché io ero quella persona che al primo linfonodo ingrossato, al primo colpo di tosse sospetta, al primo sudore precoce di bambina, si tuffa in un mare di forum-salute, quelli in cui non risponde mai l'ombra di un medico vero, per capirci, e riemerge dopo giorni di vero terrore con una laura ad honorem: ematologia, bronco-pneumologia, endocrinologia pediatrica. Esattamente come Neo in Matrix: conosco il Kung fu. Ecco, uguale. Ho passato la vita nel terrore della malattia, che mi sono sempre figurata nella mia testa come un macigno che ti cade dal cielo, senza intelligenza, ciecamente. Così ho camminato tutti i giorni con la testa incassata nelle spalle, sperando che quella mia attesa del macigno, quella mia consapevolezza della sua esistenza nell'aria potesse in qualche modo salvarmi, o almeno farmi trovare pronta: il pensiero magico. Ho pensato per anni, tutti i santi giorni, al terremoto, perché io lo sento prima di tutti, sono peggio di un gatto, e sono terrorizzata da lui, dallo sciame sismico che si lascia dietro. Di nuovo, il pensiero magico. Sono esagerata, mi dicevano tutti: ho troppa paura, dai. E invece ora che quel macigno ha colpito così ciecamente io ho sviluppato, o ne ho guadagnato, un super potere. Ho scoperto di avere il potere di rovinare un pranzo di famiglia, una riunione di amici, un aperitivo, semplicemente rispondendo alla domanda: "'come va?". Perché io sono testimone del brutto, e posso rovinarti il pranzo apparecchiandotelo tutto sotto agli occhi: il brutto, quello senza intelligenza. Mi ha colpita e ho perso la paura di lui. Qualche volta in questi mesi ho persino desiderato sentire una scossetta di terremoto. Piccola o grande. Tanto non ho più paura. E lo vado perfezionando, quel potere, perché ogni giorno divento una testimone più accurata. Quando mia figlia mi chiede a tavola cos'è una metastasi, e tutti i commensali mi guardano muti lasciando che sia io a rispondere, il potere aumenta. E a volte, questo è bello e inconfessabile insieme, provo piacere ad usarlo contro gli altri: contro quelli che non mi aiutano a rispondere a mia figlia. Contro quelli che ora hanno negli occhi la paura, gliela leggo benissimo, quando mi chiedono come va: ti prego abbi pietà di me. Come va? Provo un certo gusto perverso ad infliggere il brutto a chi mi diceva esagerata quando confessavo ingenuamente di avere paura dei temporali. Un giorno un fulmine scoperchierà casa a tutti, e mi sentirete ridere di gusto.
E invece lo voglio ancora toccare, il bello. Nonostante il mio superpotere, mi ritrovo ancora a sperare di fargli un nido con le mani. Come l'irundologo di Maggiani, voglio sentire il tocco della bellezza sulla punta delle mie dita: voglio conoscere la sua Perfetta Intelligenza. Allora, adesso che ho finito il libro, adesso che sono proprio sola, devo chiedermelo di nuovo: esiste la bellezza? E me lo chiedo nel reparto di radioterapia oncologica, davanti a un avviso per donne incinte o in allattamento: si prega di rivolgersi a un medico dell'ambulatorio prima di procedere alla radioterapia. E quindi, dicevamo: esiste la bellezza? Davvero? Io l'ho toccata la tua bellezza oppure quello che ho sentito era solo il calore che lasci dietro di te, quando passi, quando te ne vai? Posso dire di averti toccato con le mie mani, oppure esiste solo quel vuoto dentro di loro, e basta? Questa prospettiva per me, quella della assenza per sempre garantita, degli oggetti che sono caldi solo del calore delle mie mani, è esattamente il contrario della bellezza: come una donna incinta che deve fare radioterapia: ma è mai possibile? Mi fa venire voglia di urlare dal dolore, quanto è stupida questa cosa? quanto manca di intelligenza? e quanto posso affinare il mio potere, non c'è un limite? Sono tornata a casa ho trovato una canzone che mi ha risposto. È la canzone che si trova sul frontespizio del romanzo di Maggiani, Suzanne, di Leonard Cohen. È sempre stata lì, la risposta: toccare la bellezza, come si fa? Per forza con le mani? Come si fa se siamo destinati ad avere le mani vuote? Ecco, c'era scritto lì, almeno così voglio credere, ancora prima che il viaggiatore iniziasse il suo viaggio, ancora prima che tornasse da quello.
But just when you mean to tell her
That you have no love to give her
Then she gets you on her wavelenght
And she lets the river answer
That you've always been her lover
And you want to travel with her
You want to travel blind
And you know that you can trust her
Cause she's touched your perfect body with her mind.
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Vangelo che ci porta alla contemplazione
Lettura del Vangelo secondo Giovanni (4,5-42)
In quel tempo. Il Signore Gesù giunse a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunse una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete: ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore - gli dice la donna -, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.
Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ha da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
Dalla Parola alla vita
Papa Francesco scrive: «Per tutti è un tempo favorevole per poter uscire dalla propria alienazione esistenziale grazie all’ascolto della Parola e alle opere di misericordia». L’invito è molto chiaro e sarà il filo rosso che guiderà le nostre riflessioni ascoltando la Parola e scegliendo, di volta in volta, alcune opere di misericordia per un concreto “esercizio di cristianesimo” da vivere nella settimana.
1. Il messaggio della Parola. «Gesù, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua». La situazione di partenza è di impotenza: l’uomo desidera la salvezza, ma scopre che essa è… in fondo al pozzo. Il pozzo è profondo e l’acqua non è a portata di mano: questa è la condizione dell’uomo che cerca la salvezza e non la trova. Gesù ci prende per mano per condurci nel cammino della fede. Il dialogo di Gesù con la Samaritana è lo stesso che ogni cristiano intesse con lui nella preghiera. I passi che Gesù ci invita a compiere sono tre: chiede attenzione, suscita il desiderio della grazia, cambia il cuore con il suo perdono. Per noi, concretamente, questi passi costituiscono il programma quaresimale. Nella preghiera e nel silenzio più intensi ascoltiamo la voce dello Spirito Santo che ci parla di Gesù; il desiderio della grazia ci conduce alla celebrazione della riconciliazione che permette di scoprire il volto misericordioso del Padre; l’acqua donata da Gesù purifica dal male e dona, nel perdono, gioia e pace.
2. Le opere di misericordia. L’incontro di Gesù con la Samaritana ci suggerisce di «dar da bere agli assetati» e «consigliare i dubbiosi». Sappiamo che nel mondo i deserti stanno avanzando e che folle immense sono oppresse da una cronica mancanza d’acqua. L’acqua rende possibile la vita e dove manca l’acqua tutto rischia di morire. Noi non sappiamo neppure cosa significhi soffrire la sete. Il pensiero che tante sorelle e fratelli non riescono a soddisfare questo bisogno primario ci deve indurre a un serio ripensamento del nostro modo di vivere. Senza rendercene conto siamo diventati sciuponi e dissipatori di tante ricchezze del creato. Sant’Ambrogio ci ammonisce: «Il superfluo dei ricchi è il necessario dei poveri». Ognuno, nella propria coscienza, deve trovare la maniera di non sprecare l’acqua e in genere il cibo, e anche cercare di far crescere intorno a sé la cultura del rispetto del creato e di una vera condivisione dei beni tra tutti gli uomini.
Dobbiamo aggiungere che Gesù, nell’incontro con la Samaritana, non si è lasciato guidare dai pregiudizi, ma si è avvicinato a lei mostrando comprensione per la sua situazione e, al contempo, aprendo la sua mente e il suo cuore a un cambiamento profondo. Nella vita quotidiana di ciascuno di noi, sul lavoro o in famiglia, ci capitano tante occasioni in cui siamo chiamati a non giudicare, ma anche a non tacere. Imparare a dire la verità con garbo e umiltà è oggi una delle opere misericordiose più urgenti.
Commento di don Luigi Galli
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➡️🌺🙏Domenica 2 Febbraio 2025
👉❤️❤️❤️PRESENTAZIONE DEL SIGNORE (f); S. Caterina de’ Ricci
4.a settimana del Tempo Ordinario
Ml 3,1-4; opp. Eb 2,14-18; Sal 23; Eb 2,14-18; Lc 2,22-40
Vieni, Signore, nel tuo tempio santo.
👉🌹📖❤️VANGELO
I miei occhi hanno visto la tua salvezza.
+ Dal Vangelo secondo Luca 2,22-40
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
Parola del Signore.❤️🙏
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padre Paul Devreux "EPIFANIA DEL SIGNORE"
EPIFANIA DEL SIGNOREIs 60,1-6 Sal 71 Ef 3,2-3.5-6 Mt 2,1-12 Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Se un non credente mi fa questa domanda, cosa gli rispondo? Preghiamo insieme e parliamone, perché tu riesca ad incontrarlo. Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo…
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le nostre fratellanze criptiche ci impediranno di arrossire sotto il sole
beata sia la timidezza non vista, che si nasconde anch'essa
beati siano i poveri di spirito, beati siano quelli che lo spirito lo hanno ucciso, beati beati che parola idiota
beatitudine, una cosa mai provata, vista solo nei quadri, nelle teche dei santi... ho riso guardato il dito di Santa Caterina da Siena...i turisti giapponesi lo indicavano a dito(il dito)e dicevano cose, forse farneticavano di qualche storia, replicavano nozioni, e poi ho riguardato il dito che sembrava fatto di legno e all'improvviso ecco spavento sconforto angoscia
e se quello fosse stato il mio, di dito?
come pronunciarsi davanti alla profanazione del corpo umano? come non bestemmiare davanti all'amarezza che le vetrine delle chiese proiettano sui nostri capi chinati, sulle nostre antiche preghiere, sui nostri versi mostruosi, che terminano sempre in un''amen'', che più che un segno di fede è un atto di penitenza?
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