#e avrebbero pure ragione
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labalenottera · 3 months ago
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organizzare un normale weekend fuori porta con le mie amiche è diventato impossibile allora ho deciso di prenotare con cancellazione gratuita in 4 strutture diverse, una per ogni caso a seconda di quante conferme riceverò
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myrquez · 7 months ago
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io non credo la ducati abbia già deciso senza dirlo ai diretti interessati prima dei giornalisti perché questo non significherebbe solo aver preso in giro marc ma, soprattutto, Campinoti, a cui se sta notizia fosse vera avrebbero raccontato una balla perché gli avrebbero detto Marc te lo porto e invece no e non puoi dire a gente che ti paga i milioni, ti porto via il pilota di punta E ti racconto balle, non esiste Marc, imo, è molto scocciato di essere usato come merce di scambio in un accordo in cui lui non c'entra niente, lo capisco lo sarei anch'io, e anch'io penso sia una mossa per fare pressione, secondo me è Campinoti che si è rotto i coglioni di Gigi che fa "Ma, mo, adesso vediamo, ci mettiamo d'accordo, con calma, vediamo" e vuole forzare la situazione per capire di che morte deve morire
che non sia stato ancora firmato nessun contratto penso sia sicuro, e pure un accordo a voce mi sembra improbabile considerando le parti coinvolte, il leak a gazzetta te lo giuro l’avevo messo in conto potesse essere campinoti stesso per mettere un punto alla situazione senza tante rotture di cazzo
la cosa più divertente è che ora marc, a giusta ragione pure, si è scazzato totale, un po’ per il threesome pramac-ducati-yamaha, un po’ secondo me pure perché martin va in giro a fare la faccia di cazzo come se avesse già tutto in saccoccia (da cosa è data la convinzione poi?) (also, con aleix che a dazn esp dice “sarebbe emozionante se jorge venisse a sostituirmi in aprilia, ma non credo proprio succederà”)
quindi voglio vedere proprio come cazzo la mettono a posto sta situazione
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mchiti · 1 year ago
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https://x.com/onlinepaleng/status/1711335558474055943?s=46&t=kc8Qs1lSmzNPxieZS5PEug
Io veramente non mi capacito di come possano anche solo pensare qualcosa del genere dopo tutto quello che hanno passato nel corso della storia… Ho letto un’opinione molto interessante a riguardo, come tale crudeltà sia il risultato di secoli di sofferenza e di trauma collettivo di un intero popolo, con l’oppresso che in questo caso diventa l’oppressore. Penso anche che avrebbero agito nella stessa identica maniera se si fossero trovati un altro popolo di fronte perché avrebbero percepito chiunque come un ostacolo tra loro e la “terra promessa”
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Una parola sola per Gallant: un nazista. Non c'è alcun confine tra questa disumanizzazione del popolo palestinese e l'olocausto del popolo ebraico per mano nazista. Nessuna, lo stesso principio, la stessa narrazione, la stessa barbarie che portano avanti da 80 anni.
Ora, non per fare la komunista ma Mao una cosa bella la scrisse: "la rivoluzione non è un pranzo di gala" . Non si fa con le belle parole, con i teoremi, con gli intellettuali, con i se e con i ma. La resistenza civile è questa, è violenta come tutte le rivoluzioni nella storia. E che ridere che fa l'occidente che si sente figlio culturale della più grande rivoluzione europea - quella francese, che ghigliottinava nobili e tuti quelli a loro vicini. Cantiamo la marsigliese perché lo consideriamo l'inno più bello del mondo - a ragione, probabilmente - senza battere ciglio. Abbiamo sostenuto la resistenza ucraina senza battere ciglio. Ti dicono che gli ucraini non colpivano i civili (e uno potrebbe dire che non è proprio così, i morti nel donbass erano civili o sbaglio, ma va bene, c'era tensione anche lì) ma i 400 palestinesi uccisi dall'inizio dell'anno erano civili. Ragazzi, studenti, bambini, uomini, donne. Un continuo martirio, ogni anno, ogni anno.
Quello israeliano è un popolo che ogni anno festeggia la Nakba, che ogni anno scende in piazza in parate distruggendo negozi palestinesi, cantando "l'unico palestinese buono è un palestinese morto" i cui politici credono che gli aRaBi abbiano convinto hitler a fare la shoah, vette complottiste nazifasciste che nessuno può eguagliare. Ha la leva obbligatoria e manda ragazzini al macello con un continuo lavaggio del cervello, e in galera chi non ci sta. Il tutto mentre poi sponsorizza l'eurovision con il moroccan oil (che non è marocchino, è israeliano, fatto di terre espropriate al mio paese) e con una botta di pinkwashing/greenwashing si fa pensare pure progredito. Questo sta appoggiando l'occidente.
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intotheclash · 2 years ago
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La coppia era seduta ad un tavolo in disparte, nello spazio esterno di quel minuscolo ristorante. La cornice era da mozzare il fiato. Antichi palazzi signorili incastonavano quella piazzetta di Trastevere, facendola risplendere senza arroganza, come un diamante grezzo non ancora tagliato. A prima vista, i due, avrebbero potuto essere scambiati per una coppia felice in luna di miele, o, quanto meno, per due furtivi amanti in vena di sfidare la gabbia dell'anonimato. Ma un attento osservatore avrebbe sicuramente colto il procedere incerto di chi veleggia su una rotta sconosciuta. Mangiavano poco o niente, parlavano molto. In verità era soprattutto lui a parlare. Troppo e con troppa enfasi. Come un attore consumato che, dopo aver ripetuto la parte un'infinità di volte e limato ogni sbavatura, va in scena la sera della prima convinto di ammaliare e catturare il suo pubblico. Si sentiva in forma, bello ed irresistibile. E bello ed in forma lo era pure, ma di una bellezza stereotipata, da rotocalco rosa. Indossava un impeccabile vestito firmato, grigio scuro, abbronzatura perfetta, denti sfavillanti; proprio non vedeva alcun motivo che potesse impedirgli di fare colpo.
Il problema era che le donne, una parte delle donne, almeno quella, lo vedeva benissimo. Fin troppo evidente. Lo sapeva ancor prima di accettare l'invito a pranzo. Lo sapeva, ma aveva tentato lo stesso. Voltando deliberatamente le spalle all'evidenza. Aveva paura della solitudine e aveva accettato.
Durante il pasto non aveva quasi aperto bocca, tranne che per poche frasi di cortesia e per assaggiare quel cibo, tanto ricercato quanto insipido. Non per mancanza di sale, ma di passione. Era bello, questo sapeva vederlo, ma quella bellezza che arrivava agli occhi era poi incapace di raggiungere la bocca dello stomaco. Niente da fare, la linea doveva essere interrotta. Come se non bastasse, aveva assunto l'atteggiamento del professionista della conquista, era evidente che si sentisse tale. Lei posò la forchetta sul piatto, sbuffò contrariata, si coprì gli occhi con una mano e chiese:“Di che colore sono i miei occhi?”
L'uomo fu colto alla sprovvista. Colpito ed affondato. Non era in grado di rispondere, così cercò, in maniera maldestra, di prendere tempo.
“Come dici Andrea?” Andrea era la donna.
“Ti ho chiesto: di che colore sono i miei occhi? Non è troppo difficile. Puoi farcela anche tu! Non si vince nulla, è tanto per giocare.”
“Che razza di domanda è? Dove vorresti arrivare? Non capisco!” Aveva capito bene invece. Non era stupido. Non fino a quel punto, almeno.
“Lascia perdere, non importa. Chissà cosa succede se ti sforzi troppo. Ti faccio la domanda di riserva: quanti giorni sono che ci frequentiamo?”
L'uomo era in difficoltà. Sentiva il sudore iniziare ad imperlargli la fronte. E non era per il caldo. La situazione stava sfuggendogli di mano. E non riusciva neanche a trovare il tasto reset.
“Quattordici!” Quasi urlò. Cazzo, questa era facile!
“Bravo Umberto! Una l'hai presa! Quattordici giorni e non hai trovato un secondo di tempo per guardarmi negli occhi?”
“Non è vero! Nel modo più assoluto! I tuoi occhi sono bellissimi!” Rispose, ma con uno slancio eccessivo e un tono a metà strada tra l'offeso ed il piagnucoloso che la donna trovò infantile e disgustoso.
“Scommetto tutto quello che ho, anche se non è molto, che se ti chiedessi come sono le mie tette, che taglia porto di reggiseno e di che colore è, non esiteresti un istante a rispondere. Ti giocheresti pure il jolly. O sbaglio?”
Certo che non sbagliava! Aveva delle tette meravigliose. Che sfidavano sfrontatamente la legge di gravità. Sulla taglia del reggiseno, nutriva qualche perplessità. Se la giocavano alla pari la terza e la quarta. Non ne era sicuro. Il colore era facile, visto che ne sporgeva un pezzetto. Turchese. Probabilmente coordinato con le mutandine, che, ormai ne era sicuro, non avrebbe mai visto.
“Il tuo silenzio conferma che ho ragione. Eppure ancora avresti potuto salvare la faccia. Sarebbe bastato ammetterlo. Dirmi: è vero, non ho fatto altro che ammirare le tue tette! Non ci sarebbe stato niente di male. Anche se tu ti sei lasciato prendere un po’ troppo la mano. D'altra parte a me non dispiace mostrarle. E fino a quando riusciranno a tenersi su da sole, continuerò a farlo. Anche in questo non c'è nulla di male. Solo una sana dose di civetteria. Ma, a rischio di sembrare banale, ti informo che c'è dell'altro.”
“Eccome se c'è dell'altro!” Pensò l'uomo. E l'espressione trasognata e vagamente ebete lo tradì di nuovo.
Difatti non sfuggì alla donna. Evidentemente, oltre ad essere decisamente bella, doveva avere un cervello niente male. Non roba che si possa trovare ad ogni angolo di strada.
“Ascolta, Umberto,” Era giunto il momento della disillusione, “Facciamola finita. Ho paura che, da adesso in avanti, tutto ciò che potresti dire, non farebbe che aggravare ulteriormente la situazione. Peccato, avrebbe potuto essere diverso. Ma non tra noi due. Questa è la mia parte, stammi bene e addio.” Concluse sorridendo e lasciando trenta euro sul tavolo. Prese la sua borsetta, fece un mezzo giro sui tacchi e sparì per sempre dalla vista dell'uomo, accompagnata dallo sguardo di tutti i presenti. O, almeno, di quelli appartenenti al genere maschile.
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omarfor-orchestra · 5 months ago
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non sono l'anon di prima, ma sul discorso di edoardo quello che ho sempre trovato fastidioso è che a livello emozionale l'hanno reso il peggiore della serie praticamente dopo don salvatore e molto al pari di ciro se non pure di più, perchè almeno ciro le sue sfumature le ha avute, compresa la morte. Per me a voler "rimanere fedeli" alla natura di un personaggio così tanto si rischia di cadere nell'irreale, perchè non penso avesse le basi per essere così spietato. Mai voluta la romanticizzazione del suo personaggio (zero), però hanno addolcito sia totò sia gaetano perché avevano dietro famiglie "rispettabili", e i ricci perché non erano rispettabili in quel senso, ma erano persone di potere ed erano pur sempre famiglia. come se questo garantisse loro dei valori per quanto codificati. con lui s'è sempre giocato sul fatto che fondamentalmente non era niente e nessuno (o sua madre non avrebbe fatto la serva) se non "il cane di...", infatti è quello di cui si sa meno se non due scene in cui si vede un bambino che era sì vivace ma non stronzo, con quella bonarietà tipica dei quartieri popolari. A me non piace proprio l'idea che non ci sia spessore umano per chi cresce con niente, questo va al di là della redenzione che sono d'accordo non poteva esserci. Intendo solo dire che non aveva proprio le basi per essere così orrendo. È una cosa che mi infastidisce a priori e va al di là del personaggio.
Allora sono d'accordo con quello che dici, avrei preferito vedere sviluppata così Rosa piuttosto che lui, che aveva un bel potenziale poi distrutto per la storiella d'amore (ma questo è un altro discorso)
Tuttavia ti dico che secondo me uno spiraglio di incertezza si è visto, ed è quello che avrebbero dovuto sviluppare. Se penso alla prima stagione non lo vedo spietato e irrecuperabile, è lui che ha detto a Ciro che stava esagerando, è lui che sogna di cambiare vita e si inorridisce quando Teresa lo vede come lo guardano tutti gli altri (potrebbe essere la seconda stagione e Teresa continua a non piacermi, ma comunque), è lui che parla del mondo indifferente che guarda e se ne va.
Tutto questo per dire che hai ragione, le possibilità c'erano, ma hanno deciso di non farlo.
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valentina-lauricella · 2 years ago
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<<[...] sfogliando vecchi articoli di giornali e quotidiani dei primi del '900, l'occhio si è posato quasi per caso su certe righe che riportavano un bellissimo aneddoto. Esso ci mostra Leopardi nella sua quotidianità ma pure un aspetto della sua personalità da sempre intuito.
"A Recanati, sulla via di Montemorello, di fronte al paesaggio che poté inspirare il lirismo solenne e possente dell’Infinito, v’è un masso che fu caro a Giacomo Leopardi, il quale vi si sedeva per attendere alla lettura o alla meditazione. Un vecchio negoziante che si prestava come guida al forestiero racconta, a tal proposito: “Mia nonna veniva qui sotto a far erba. Allora, al tempo del Poeta, non c’era la strada. Mia nonna si doleva che quel giovinetto se ne stesse lassù sulla balza, zitto e malinconico. E gli diceva talvolta: - Lei, signor conte, pensa troppo, a me pare. Non le fa male alla salute studiar tanto? Giacomo Leopardi rispondeva: “Avete ragione, Maria Domenica. Non si dovrebbe studiare mai, non si dovrebbe pensare mai. Voi beata che cogliete erba e cantate!” La mia nonna lo invitata a scendere allora nel campo; e lui scendeva, tutto buono e gentile. Aveva sempre una buona parola per i poveri e la mia nonna diceva che non poche volte egli la interrogava su questo e quel tal malato o moribondo del paese: “Che male ha?”, chiedeva. S’informava di tutto: e se qualcuno aveva malattia grave, voleva conoscere i sintomi, le fasi, le sofferenze. Qualche volta sparava il ferraiolo e diceva alla mia nonna: “Io non ho soldi, Maria Domenica, ma ne troverò e ve ne porterò”. Così riferisce Mario Puccini, che in una sua Passeggiata Leopardiana, pubblicata nel fascicolo di luglio della "Lettura", è guida commossa ed eloquente attraverso la città e i luoghi in cui si maturò la vita e la musa di Giacomo Leopardi. (CORRIERE DELLA SERA 19 LUGLIO 1914 MILANO “Giacomo Leopardi nei ricordi di Recanati”)>>
(da un articolo di Loretta Marcon)
Mi piacerebbe sapere quanti anni aveva Leopardi ai tempi di quest'aneddoto e se davvero qualcuno si preoccupasse del suo studiare e pensare troppo, o se questa non sia un'invenzione postuma del narratore.
Se Leopardi l'avessi incontrato io, gli avrei detto che i suoi studi erano appena sufficienti, che con un'intelligenza e una memoria come le sue, applicandosi, avrebbe potuto imparare ancora più lingue e ben più che i rudimenti di tutte le discipline in cui non era molto ferrato, e che avrebbe dovuto pensare molto di più, per apportare correzioni al suo abbozzo di sistema filosofico che difetta dal punto di vista ontologico, con quella parziale identità tra essere e nulla, e pensare molto di più a Gesù Cristo, ai suoi segni (miracoli), alla Risurrezione, e di provare, durante le sue meditazioni, a fare dei viaggi astrali per connettersi con la dimensione spirituale, perché credo che fosse medianicamente dotato (i nati di venerdì come lui, potenzialmente, lo sono). Inoltre, gli avrei chiesto di ridimensionare la sua venerazione per il passato, da lui visto sotto la lente idealizzata delle opere letterarie che vi erano state prodotte, altrimenti a causa delle opere ch'egli stesso avrebbe prodotto, saremmo stati costretti a giudicare con lo stesso metro e parimenti grandioso quel secolo che disprezzava; inoltre di non idealizzare il cosiddetto stato di natura dell'essere umano prima del sopravvento della ragione, e di non additare quest'ultima come causa dell'infelicità, ché forse è solo la scarsa applicazione di essa a rendere taluni infelici. Gli avrei detto inoltre che la realtà supera sempre il sogno, che tutti abbiamo fame di realtà, che il sogno è un falso cibo che ci rende maggiormente deboli e insoddisfatti vieppiù che ne abusiamo. Quindi gli avrei detto che in sostanza pensava troppo poco, e di continuare a farlo sempre di più, per il bene dell'umanità e di coloro che al suo pensiero si sarebbero appoggiati, che da alcune sue righe avrebbero tratto intere carriere filosofiche e letterarie; per tutti gli amanti e i vampiri del suo pensiero, per i suoi confutatori che mai sarebbero esistiti senza di lui, per tutti coloro che avrebbero creduto di aver pensato come lui prima di conoscerlo, giacché ogni essere umano che apre gli occhi a questo mondo non può che pensare come lui, anche senza scriverlo né dirlo, e quindi il grazie di alcuni di noi, che lo avrebbe raggiunto, non sarebbe stato per debito intellettuale, ma di pura amicizia, e avrei sperato che anche per lui, come per noi, sarebbe stato, perciò, ancora più prezioso: che avrebbe perdonato la nostra superbia di considerarlo compagno anziché maestro qual era.
Gli avrei detto anche di non considerare i miei appunti se non come una semplice scusa per parlargli, che io ero solo un'ignorante e la mia felicità in quel momento non derivava certo dall'esercizio della ragione, ma dal trovarmi con lui. E che non avrei cambiato con cento secoli dei più bei sogni quel frammento di realtà.
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corallorosso · 3 years ago
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«Questa violenza l’ho vista solo nei film» di SELVAGGIA LUCARELLI * Samuele, 22 anni, è uno degli studenti che hanno manifestato a Torino per chiedere maggiore sicurezza sul lavoro e che, come molti altri, è finito coinvolto nelle cariche della polizia. * La sua versione smentisce la ricostruzione della Questura e di numerosi giornali: a partire dal fantomatico furgone che gli studenti avrebbero usato per rompere il cordone della polizia. * «Questo corteo non andava fatto», risponde quando gli chiediamo perché secondo lui gli studenti hanno ricevuto così tanta violenza. - «Stanotte non ho dormito, ero troppo scosso per le cose che ho visto ieri in piazza a Torino». Samuele, 22 anni, prossimo alla laurea, è uno dei ragazzi che ieri si erano ritrovati in Piazza Albarello per manifestare nel ricordo di Lorenzo Parelli e per chiedere maggiore sicurezza sul lavoro, e non solo relativamente all’alternanza con la scuola. Ha girato alcuni dei video delle cariche della polizia sugli studenti poi diventati virali e che smentiscono clamorosamente le dichiarazioni rilasciate dalla questura. IL RACCONTO DI SAMUELE «Ieri ero in piazza per manifestare in maniera pacifica, perché credevo nella ragione della manifestazione. Ero stato anche al “Friday for future”, conoscevo tanti ragazzi che erano lì come me perché credono che la sicurezza sul lavoro sia un tema fondamentale per tutti». Cosa è successo ieri a Torino? Secondo la questura c’era un vostro furgone che provava a sfondare lo sbarramento. "Quelle che ho letto sui giornali sono narrazioni distorte, io ero lì e ho filmato tutto. Noi ci siamo ritrovati in piazza e da lì abbiamo provato a muoverci, ma dopo 5 metri già la polizia ci ha fermati. E ci ha iniziato a caricare da subito. Il nostro furgone aveva una cassa dentro con un microfono, serviva per parlare e mettere musica. Era un furgone parcheggiato, aperto dietro." Doveva sfondare la linea dei poliziotti? "Ma figurati, questa versione è imbarazzante." Dicono che avete lanciato uova e bottiglie . "Chiariamo anche questo passaggio. Dopo quattro cariche qualche ragazzo più agitato ha cercato qualcosa da lanciare contro i poliziotti, ma erano cose cercate lì sul momento. Perché mai avremmo dovuto sfidare con la violenza dei poliziotti armati? Sarebbe stata una pazzia." È andata in maniera molto simile anche a Milano. "Allucinante che abbiano minacciato gli studenti di caricarli per un uovo e che poi lo abbiano fatto. Io questa violenza l’ho vista nel film “Acab” e alla Diaz." A Torino la polizia con i no vax ha sempre avuto un atteggiamento mite invece. "Ecco e loro hanno messo a ferro e fuoco la città." Ti sei spaventato ieri? "Sono rimasto scioccato e mi sento meglio nel poterne parlare con qualcuno oltre che con i miei genitori. Io come dicevo ho preso parte anche al “Friday for future”, sono un ragazzo che manifesta pacificamente." Ho visto nei video che hai provato a dialogare con i poliziotti. "Ho chiesto a un poliziotto perché ci manganellassero e lui: «Ma quali manganellate!». Due secondi dopo si è messo a manganellare dei ragazzi. Ho chiesto al capo della celere «perché state picchiando degli studenti pacifici?». «Sto facendo il mio lavoro, manda tutto ai giornalisti!», mi ha risposto sarcastico. Al che ho continuato a registrare e mi hanno intimidito, cercavano di spostarmi, uno ha detto: «Riprendi pure, va bene, ma guarda che se poi ti trovi in mezzo…». Come a dire che avrei preso le botte anche se fossi stato un giornalista, per quello che ne sapeva lui." Perché ieri hanno picchiato gente a caso, diciamolo. "Totalmente a caso. Eppure eravamo lì per ideali che dovevano essere condivisibili, dovrebbero essere di tutti, anche i loro: sul lavoro non si deve morire." (...) Conoscevi dei ragazzi che sono stati picchiati ieri? "Certo. C’era un ragazza con cui mi sto frequentando, la sua amica ha preso delle botte in testa ed è svenuta. Ora è a casa dopo essere stata in ospedale, ha una gamba malandata e altri problemi fisici. Ha solo 18 anni."(...) Un poliziotto ha messo le mani al collo a un ragazzo. "Ero lì e poi ho parlato con quel ragazzo, tra l’altro aveva i segni sul collo, sai, un uomo di 100 chili ti stritola con una mano…Lui fa parte del comitato studentesco, ha più o meno la mia età." C’erano anche tanti minorenni. "Sì, tanti quindicenni, molti poverini sono scappati impauriti subito durante le famose “cariche di alleggerimento”…" Nessuno ha aggredito i poliziotti. "I video raccontano che nessuno li ha attaccati, la loro non è stata una reazione… si vedono addirittura due ragazzi tramortiti per terra, uno viene letteralmente trascinato via dagli amici, tra l’altro lo conosco, un ragazzo davvero pacifico." Perché secondo te hanno adottato questa violenza nei vostri confronti? "In questo paese una cosa fa molta paura: la cultura. E quindi anche gli studenti. Da sempre, nella storia, la cultura è in grado di sovvertire il sistema, per cui il discorso è semplice e terribile: questo corteo per loro non andava fatto. "
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mvpgiannacarletto · 3 years ago
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Buongiorno a tuttə. Ecco un'altra cosina scritta da me. Tecnicamente per festeggiare il compleanno di Sandrino, solo con qualche giorno in ritardo. Solito disclaimer, è tutto immaginario e non è stato scritto con intenti diffamatori.
Buona lettura<3
La prima cosa che viene in mente ad Alessio quando vede Sandro seduto sul divano di casa sua è che avere il giovane intorno crea sempre un'atmosfera particolare. La seconda è che non ha idea di come l'altro non si stia lamentando della posizione scomoda del suo collo.
Capisce il perché quando, girando lentamente intorno al divano, lo vede con gli occhi chiusi ed il petto che si alza ed abbassa ritmicamente.
Ale rimane interdetto dalla scena, ma ne è anche intenerito: da un paio di giorni ha notato qualcosa di strano nell'atteggiamento dell'altro. In allenamento era concentrato, dava il massimo in partita, ma fuori dal campo era sempre di fretta, e spesso era distratto in spogliatoio.
 Indeciso su cosa fare, va per toccargli delicatamente la spalla, ma appena le sue dita fanno contatto, sente il polso venire stretto. Sandro glielo aveva afferrato, svegliandosi di soprassalto. Neanche due secondi, il tempo per il più giovane di realizzare la situazione, che sente il contatto svanire.
  "Scusa. Mi ero distratto." dice Sandro, come se non stesse letteralmente dormendo fino a pochi secondi prima.
  Ale decide di glissare sull'argomento, almeno per ora. "Non preoccuparti. Hai fame?" Chiede, ricordandosi l'ora tarda e calcolando il tempo impiegato dal campo al suo appartamento, era improbabile che l'altro avesse mangiato.
  Sandro stava sicuramente per rispondere che si, aveva già mangiato (bugia), e di non disturbarsi, che sarebbe andato via presto; allora, prima che potesse mentire, Ale si gira verso la cucina, dicendo di star preparando la cena, lasciando l'altro sul divano, ancora stordito da quei pochi minuti, ma con un flebile sorriso ad aprirgli il viso.
  Mentre cucina, il capitano sente dei passi strascicati, e vede con la coda dell'occhio l'altro rimanere sulla soglia della stanza.
  "Va bene che ho fame, ma guarda che non ti mangio mica se ti avvicini un po' di più, eh." scherza il più grande, guadagnandosi uno sbuffo divertito da parte dell'altro, che si avvicina ai fornelli.
  "Hai bisogno di aiuto? Posso fare qualcosa?" chiede Sandro, ansioso di muoversi e di non essere troppo di peso.
  Ale ci pensa un attimo, ma poi scuote la testa. Ritorna il silenzio, un silenzio pieno ma non teso; pieno di cose da dire e di pazienza per ascoltarle.
  Dopo aver mangiato, i due ritornano sul divano. Ale aspetta ancora, mentre Sandro temporeggia.
  "Grazie per la cena." "Figurati, mi fa sempre piacere cucinare per qualcun altro." La conversazione si spegne lentamente. Allora Ale cerca di dare una mano al giovane.
  "Sandro ho notato che c'è qualcosa che non va. Non in campo, " si affretta a dire Alessio, percependo già l'ansia del più giovane "ma in spogliatoio è già un paio di giorni che sei frettoloso. Hai rifiutato un paio di inviti ad uscire fuori da parte dei ragazzi. Si vede che hai un problema." Quello era l'eufemismo dell'anno. Sandro appariva stanco, con ombre ogni giorno più scure sotto gli occhi, i capelli trasandati ed un'aria spossata. "Dimmi solo come posso aiutarti." conclude Ale, guardandolo dritto negli occhi.
  Sandro sospira e si prende il viso tra le mani, stropicciandosi poi gli occhi. "Ok. Mi è successa una cosa. Non è grave, però mi sta facendo perdere non poche ore di sonno, e non voglio disturbare nessuno della squadra, e poi so che mi prenderebbero in giro, e avrebbero pure ragione, ma non mi va, non ora... " Si ferma per riprendere fiato. Alessio non può fare altro che aspettare, confuso dal mormorio sommesso ma paziente.
  Sospirando, Sandro torna a parlare. "L'altro giorno, dopo l'allenamento mattutino, ho sentito dei ragazzi fare un commento su di me. Stavano scherzando, lo so, però ho continuato a pensarci per tutto il pomeriggio, e quando sono arrivato a casa ero così sconnesso che.." Alessio non sa che fare, quindi per mostrargli la sua vicinanza senza interromperlo, poggia una mano sul ginocchio, che da qualche minuto ha iniziato a fare su e giù. Quando, a primo impatto, sente il muscolo tendersi, quasi la sposta; ma quando poi sente non solo il muscolo distendersi ma anche la gamba che smette di tremare, decide di lasciarla dov'è. Inizia anzi a disegnare piccoli cerchi col pollice. Sandro sembra rilassarsi ed inconsciamente avvicinarsi al più grande.
  "Ero così distratto che mi sono accorto troppo tardi di aver acceso il gas con un panno troppo vicino al fuoco. Il panno ha incominciato a bruciare ed è scattato l'antincendio. Niente di grave, solo che l'appartamento ha bisogno di qualche giorno per asciugarsi" Dopo aver finito la frase, il ragazzo sembra essersi tolto un peso dal petto, tanto che per quanto teso è sicuramente più a suo agio rispetto all'inizio della serata.
  Alessio cerca di elaborare tutte le parole dell'altro, e sta quasi per chiedergli i nomi dei compagni per dirgli due parole, quando una domanda più urgente appare nella sua mente. Se l'appartamento è inagibile, dove ha dormito il ragazzo? Quando glielo chiede, Sandro evita il suo sguardo.
  "Ho trovato una stanza in un hotel qua vicino" Alessio sente che quello non è tutto, quindi aspetta ancora. Quando però l'altro non sembra intenzionato a continuare, fa forza col pollice sulla parte tenera della coscia, così che l'altro lo guardi in faccia. "Non sono potuto tornare a prendere altri vestiti, girare a Milano da giocatore del Milan non è il massimo della privacy e.." "E...?"  lo incoraggia Alessio. "E sia il letto che il cuscino sono la cosa più scomoda su cui abbia mai cercato di dormire" dice un po' sbuffando. Alla vista del broncio sul viso del più giovane, lo stomaco di Alessio si muove curiosamente e gli si riscalda il cuore. Quel concentrato di furia e furore agonistico, sconfitto da un cuscino scomodo.   Gli viene quasi da sorridere, ma poi pensa a come possa essere stato difficile dover passare quei giorni lontano da casa, senza avere niente con sé e senza chiedere aiuto a nessuno.
  Sospira ancora una volta, e con voce ferma ma calda, gli dice "Sandro, lo sai che potevi chiedere aiuto ad ognuno di noi; io ti avrei aiutato senza dire niente." L'altro sembra sul punto di controbattere, ma basta ancora una volta premere sulla sua gamba che si interrompe. " Voglio solo che tu sappia che, la prossima volta che succede una cosa del genere, o per qualsiasi altro problema, potrai sempre contare su di me."
  "Io lo so, è solo che non volevo disturbarti." "Non sei mai un disturbo, Sandro. Aiutarti è un piacere, siamo amici in fondo, no? E gli amici si aiutano a vicenda. A parti inverse, sono sicuro che tu avresti fatto la stessa cosa."
  Dopo il cenno d'assenso del più giovane, Ale lascia che tra i due cali il silenzio per un po', lasciando sempre la sua mano poggiata sulla gamba del più giovane. È proprio grazie al silenzio che si accorge che l'altro trattiene a stento un sonoro sbadiglio. Quella tenerezza di prima torna a scaldargli il cuore, e stavolta non può trattenere un soffice sorriso.
  "Vieni, ti mostro la stanza degli ospiti. Puoi dormire lì finché non ritorni a casa."
  Sandro sembra sul punto di protestare, ma Alessio si alza velocemente dal divano e lo costringe a seguirlo. Quando apre la porta, non può fare a meno di notare come le spalle del più giovane sembrino perdere un po' della tensione che prima le stringeva.
  Tensione che ritorna quando Sandro, controllando il borsone, si accorge di non avere niente di pulito con cui poter dormire. Per evitargli l'imbarazzo, Alessio gli porge silenziosamente un suo vecchio pigiama, che a lui stava ormai piccolo. Quando ritorna a controllarlo però, nota che il più piccolo ha dovuto fare i risvoltini ai pantaloni, e la manica finisce ben oltre le punta delle dita.
  Vedere il più giovane nuotare in un suo pigiama scatena in Alessio qualcosa che ha poco a che fare con la tenerezza provata precedentemente.
  Prima di dire qualcosa di inopportuno e fare una figura di merda, decide di dare semplicemente la buonanotte all'altro.
  Sandro lo saluta stancamente, per poi avvicinarsi al letto e buttarsi a peso morto, facendo a malapena lo sforzo di mettersi sotto le coperte.
  Un senso di calma pervade Ale, e non lo lascia fino a quando, ora anche lui nel suo letto, si chiede quale commento abbia distratto così tanto Sandro, e si ripromette di chiederglielo il giorno dopo.
-
  Il giorno dopo inizia normalmente, con la sveglia di Alessio che suona, lui che si trascina in cucina e mette sul fuoco il caffè. Il cielo è nuvoloso, una tempesta all'orizzonte. Quasi si è dimenticato dell'ospite, quando le scarpe in più all'ingresso glielo ricordano.
  Dato che ancora non lo vede arrivare, decide di andarlo a chiamare. La scena che si trova davanti quando apre leggermente la porta lo fa sciogliere.
  Vedere Sandro rannicchiato nel letto, con le coperte ad avvolgerlo, tranne i piedi che sono miracolosamente spuntati fuori, ed il viso disteso gli fanno perdere di nuovo un battito.
  Decide dunque di richiudere la porta, per poi bussarci sopra; la apre solo quando sente dei chiari mugugni, e dice semplicemente "Il caffè è pronto." L'altro sembra frastornato, ma cosciente abbastanza da annuire ed incominciare ad alzarsi. Ale decide di lasciargli la porta aperta e tornare in cucina.
  Apparecchia la tavola, mettendo su tutto il necessario, e non appena Sandro, già con i suoi vestirti addosso, si siede gli porge una tazzina di espresso.
  Il giovane sta acquistando sempre più lucidità, anche grazie alla caffeina in circolo, quindi Alessio decide di parlare.
  "Quindi, ieri non mi hai detto il commento dei ragazzi." "Niente di serio, niente di nuovo." sbuffa quasi il giovane, ma il capitano non demorde. "Sarà anche così per te, ma io non ne so nulla." "Ale, dai.."
  Quando il giovane vede la determinazione sul volto del più grande, sospira, e si stropiccia gli occhi con la mano prima di dire "Che corro così velocemente solo quando rincorro il tuo culo, e che forse dovremmo usarti come incentivo anche prima e dopo le partite"
  Alessio si aspettava molte cose, ma non quella. Era rimasto totalmente stupito dalle parole del giovane, che ora sembrava più che sveglio, e impallidiva sempre più.
  Il silenzio si stava facendo sempre più pesante ed imbarazzato. Nessuno dei due riusciva a muoversi da quello stallo. I due vengono prontamente riscossi da un lampo che illumina a giorno la cucina. Sandro scatta in piedi, prima di gettare un'intellegibile scusa, e avviarsi velocemente dove ha lasciato borsone e scarpe, per fuggire da quella situazione.
  Quando apre la porta, scarpe ancora in mano perché non ha avuto tempo di metterle, vede che infuria una tempesta. L'attimo di esitazione gli è però fatale, e Alessio lo riesce a prendere per il polso e riportarlo dentro, chiudendo la porta per evitare di far entrare la pioggia.
  Alessio però non aveva realizzato immediatamente che strattonare Sandro non fosse stata una grande idea. Il più giovane aveva perso l'equilibrio e, nel cercare di appigliarsi a qualcosa, aveva spinto Ale, che ora si ritrovava sotto di lui, facendo congiungere i loro corpi fino all'ultimo centimetro.
  "Oddio, sta bene? Ti sei fatto male? Ora mi alzo" dice Sandro, preoccupato di pesare sull'altro, che invece, a parte la botta inaspettata, non poteva lamentarsi della posizione. Quando Sandro fa forza sulle braccia per alzarsi, Ale lo trattiene con un braccio che gli avvolge la vita.
  "Non ti permetterò di scappare, quindi ora rimaniamo qui e mi spieghi tutto." "Ale, che cazzo devo spiegare? Lo sai che i ragazzi sanno essere dei cazzoni, tutto qui." dice Sandro, che nel frattempo sta cercando in tutti i modi di non pesare sul corpo solido sotto il suo.
  "E allora perché scappare?" "Ale dai, non farmelo dire, lo sai tu come lo sanno tutti. Fammi alzare." "Io non so proprio niente. Anzi, per come mi stai evitando nell'ultimo periodo potresti odiarmi e volermi morto. Poi ti presenti a casa mia, all'improvviso, stanco e preoccupato. Come dovrei interpretare tutto questo?"
  Ale ha a malapena il tempo di finire la frase che sente Sandro muoversi, ma stavolta non per provare ad alzarsi. Stavolta gli si avvicina al viso e lo bacia.
  Il bacio è un semplice tocco di labbra, ma quel tanto basta ad accendere un fuoco ardente nello stomaco del capitano.
  "Interpretalo così. Col fatto che hanno ragione che ti guardo il culo, che quando so che sei vicino gioco meglio per pavoneggiarmi. Che sono qui perché sei l'unica persona che so che può capirmi e con cui mi sento al sicuro" Sandro finisce il discorso chiudendo gli occhi e poggiando il capo sul petto di Alessio.
  Il più grande è stupito dalle parole, ma ora che sono state dette, realizza la tensione che c'è da un po' di tempo fra loro due. Non nervosismo, bensì impazienza.
  Prima di impazzire definitivamente, decide che è tempo di smettere di pensare. Richiama l'altro e, quando si guardano dritti negli occhi, legge i suoi stessi sentimenti. Allora gli accarezza la guancia e, con la mano riporta vicino i visi, affinché possano darsi un bacio adeguato. Il caffè si fredda nelle tazzine.
(Quando si presentano a Milanello insieme lo spogliatoio impazzisce, ma entrambi sono finalmente felici, so who cares, really?)
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luposolitario00 · 3 years ago
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La mia storia con i disturbi alimentari
Dai 19 anni ho avuto un problema col cibo, non riuscivo più a mangiare come una volta. La mia crush mi ripeteva che io non vado bene e che devo cambiare il mio fisico. E che se la voglio come ragazza devo impegnarmi. Perché “l’amore va coltivato”. Diceva. Quindi conoscendo sta frase ho pensato “un motivo ci sarà se esiste sta frase, quindi devo impegnarmi per questa ragazza”.
Era proprio fissata. Diceva che mi avrebbe abbandonato se non avessi avuto un certo fisico. E in più diceva che tutte le ragazze avrebbero fatto lo stesso. Quindi pensavo che fosse normale che la gente mi abbandonasse per questo. Quindi pensavo fossi io il problema. In più lei faceva la carina e la dolce con me dicendo di essersi innamorata e che lo dice per il mio bene. Mi ha pure fatto regalini e mi scriva cose carine su whatsapp. Però continuava a dire “sei bello però saresti perfetto con cinque chili in più”. Sta cosa mi rendeva molto triste e mi abbassa l’autostima. Non volevo più leggere quel “però”.
In più avevo gente attorno che mi diceva “perché non mangi di più? Non va bene, mangia ancora !”. E quindi pensavo che lei avesse ragione. Poi avevo anche un migliore amico di merda che invece di dar ragione a me, dava ragione a lei dicendomi cosa secondo lui devo mangiare.
E quindi ho iniziato a esagerare col cibo, stavo anche male. Il problema è che non riuscivo ad evitare sta maledetta nausea. Era tutto complicato.
In più avevo iniziato ad avere l’indipendenza del McDonald’s. Mi piaceva tanto, ci andavo per noia e tristezza e pensavo mi potesse aiutare a prendere peso. Ma alla fine ci ho mangiato talmente tante volte che sono diventato intollerante. E dico sul serio. Io ora come ora non posso andarci perché vomito. Degli ultimi due anni, ogni volta che ci sono andato ho vomitato e mi sono sentito tanto male. Ora odio e detesto il McDonald’s. Mi faceva sempre fare figure di merda perché vomitavo per strada. Un giorno ho provato a riandarci ma ho vomitato. Mai più. Ogni cosa ma proprio ogni cosa che prendevo la mi fa stare male. Anche le patatine e i nuggets. È assurdo. Le uniche cose che ancora non mi hanno fatto venire la nausea sono i dolci del McDonald e il gelato. L’unica cosa! Ma mi sono anche accorto che non posso mangiare nessun tipo di Hamburger. Io comunque trovavo altri modi di mangiare. Cercavo di fare più possibile. Alla fine la mia crush si è stancata e mi ha abbandonato. E il mio migliore amico mi ha tradito provandoci con lei, e a lei piaceva lui e il suo fisico.
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LupoSolitario00 🐺
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kon-igi · 3 years ago
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τὸ ὄνομα τῶν πραγμάτων Nomen rerum Il nome delle cose
Come il termine latino RES significa ‘bene, possesso’ e noi lo conosciamo per l’unione con l’aggettivo ‘pubblico’ (res+publica -> Repubblica), così in greco abbiamo il termine PRAGMA con lo stesso identico significato e da cui noi abbiamo derivato l’aggettivo ‘pragmatico’ nel senso di pratico.
Sia In Greco che in Latino non esiste un sostantivo generico assimilabile al nostro termine ‘cosa’ ma solo perifrasi, participi e unione con aggettivi che in sé racchiudono già la spiegazione di cosa qualla cosa sia o a cosa quella cosa tenda.
E invece noi con COSA ci possiamo definire un ente, un corpo, una realtà oggettiva e indiscutibile, oppure un oggetto, un’azione, un’opera compiuta o da compiere, un fatto, un avvenimento, una situazione ma anche un’idea, un’essenza, un concetto filosofico, una nozione scientifica, una singola parola, una frase, un lungo discorso, una dichiarazione infinita, un contenuto letto o scritto, un argomento pratico o teorico e infine pure una causa, un motivo, una ragione o financo uno scopo.
Ehi, coso... mi potresti cosare quella cosa dentro al coso? in Greco o in Latino non avrebbero avuto quel senso di indeterminatezza così aspecifica da farti venire voglia di strusciare la faccia sull'asfalto di chi ti avesse rivolto tale domanda.
Poi ho riflettuto su una cosa (appunto)...
Le cose non hanno un nome.
Alle cose viene dato una nome.
Per convenzione storica, culturale e sociale decidiamo di definire con un nome specifico e univoco una cosa che ognuno di noi percepisce e riconosce come comune perché condivisa da una sensorialità collettiva.
Se io vedo una cosa legnosa e fogliosa di colore marrone e verde che esce dal terreno dico che è un albero, poi arriva lo scassacazzo che obietta che invece è un arbusto. Roba rossa picchiettata dolce da mangiare? Una fragola, un frutto. No, la fragola non è un frutto perché i frutti sono quei cosi sulla superficie della fragola che si incastrano in mezzo ai denti. Aspetta... rosso e dolce? Un pomodoro! Ma il pomodoro non è un frutto ma una verdura! No... verdura deriva dal latino viridis che significa verde e quella cosa è rossa. Veramente per me è grigia perché sono un cane e io quella cosa la chiamo WOOOOFF!! come le altre 740 cose.
Noi diamo nomi alle cose perché in questo modo ci illudiamo di possederne quell’essenza che intuiamo appena come sulla soglia del sogno ma in realtà mai conosceremo il loro vero nome, quello che decidono per se stesse nell’attimo che passa tra il non-essere e l’essere.
Perché il vero nome della cosa (ὤν/iens, l’essenza) non è conseguente alla creazione della cosa ma causa della cosa stessa.
E voi, nella realtà che vi circonda, lo sentite il sussurro del nome delle cose che chiamano se stesse ad essere?
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intotheclash · 2 years ago
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La coppia era seduta ad un tavolo in disparte, nello spazio esterno di quel minuscolo ristorante. La cornice era da mozzare il fiato. Antichi palazzi signorili incastonavano quella piazzetta di Trastevere, facendola risplendere senza arroganza, come un diamante grezzo non ancora tagliato. A prima vista, i due, avrebbero potuto essere scambiati per una coppia felice in luna di miele, o, quanto meno, per due furtivi amanti in vena di sfidare la gabbia dell'anonimato. Ma un attento osservatore avrebbe sicuramente colto il procedere incerto di chi veleggia su una rotta sconosciuta. Mangiavano poco o niente, parlavano molto. In verità era soprattutto lui a parlare. Troppo e con troppa enfasi. Come un attore consumato che, dopo aver ripetuto la parte un'infinità di volte e limato ogni sbavatura, va in scena la sera della prima convinto di ammaliare e catturare il suo pubblico. Si sentiva in forma, bello ed irresistibile. E bello ed in forma lo era pure, ma di una bellezza stereotipata, da rotocalco rosa. Indossava un impeccabile vestito firmato, grigio scuro, abbronzatura perfetta, denti sfavillanti; proprio non vedeva alcun motivo che potesse impedirgli di fare colpo.
Il problema era che le donne, una parte delle donne, almeno quella, lo vedeva benissimo. Fin troppo evidente. Lo sapeva ancor prima di accettare l'invito a pranzo. Lo sapeva, ma aveva tentato lo stesso. Voltando deliberatamente le spalle all'evidenza. Aveva paura della solitudine e aveva accettato.
Durante il pasto non aveva quasi aperto bocca, tranne che per poche frasi di cortesia e per assaggiare quel cibo, tanto ricercato quanto insipido. Non per mancanza di sale, ma di passione. Era bello, questo sapeva vederlo, ma quella bellezza che arrivava agli occhi era poi incapace di raggiungere la bocca dello stomaco. Niente da fare, la linea doveva essere interrotta. Come se non bastasse, aveva assunto l'atteggiamento del professionista della conquista, era evidente che si sentisse tale. Lei posò la forchetta sul piatto, sbuffò contrariata, si coprì gli occhi con una mano e chiese:"Di che colore sono i miei occhi?"
L'uomo fu colto alla sprovvista. Colpito ed affondato. Non era in grado di rispondere, così cercò, in maniera maldestra, di prendere tempo.
"Come dici Andrea?" Andrea era la donna.
"Ti ho chiesto: di che colore sono i miei occhi? Non è troppo difficile. Puoi farcela anche tu! Non si vince nulla, è tanto per giocare."
"Che razza di domanda è? Dove vorresti arrivare? Non capisco!" Aveva capito bene invece. Non era stupido. Non fino a quel punto, almeno.
"Lascia perdere, non importa. Chissà cosa succede se ti sforzi troppo. Ti faccio la domanda di riserva: quanti giorni sono che ci frequentiamo?"
L'uomo era in difficoltà. Sentiva il sudore iniziare ad imperlargli la fronte. E non era per il caldo. La situazione stava sfuggendogli di mano. E non riusciva neanche a trovare il tasto reset.
"Quattordici!" Quasi urlò. Cazzo, questa era facile!
"Bravo Umberto! Una l'hai presa! Quattordici giorni e non hai trovato un secondo di tempo per guardarmi negli occhi?"
"Non è vero! Nel modo più assoluto! I tuoi occhi sono bellissimi!" Rispose, ma con uno slancio eccessivo e un tono a metà strada tra l'offeso ed il piagnucoloso che la donna trovò infantile e disgustoso.
"Scommetto tutto quello che ho, anche se non è molto, che se ti chiedessi come sono le mie tette, che taglia porto di reggiseno e di che colore è, non esiteresti un istante a rispondere. Ti giocheresti pure il jolly. O sbaglio?"
Certo che non sbagliava! Aveva delle tette meravigliose. Che sfidavano sfrontatamente la legge di gravità. Sulla taglia del reggiseno, nutriva qualche perplessità. Se la giocavano alla pari la terza e la quarta. Non ne era sicuro. Il colore era facile, visto che ne sporgeva un pezzetto. Turchese. Probabilmente coordinato con le mutandine, che, ormai ne era sicuro, non avrebbe mai visto.
"Il tuo silenzio conferma che ho ragione. Eppure ancora avresti potuto salvare la faccia. Sarebbe bastato ammetterlo. Dirmi: è vero, non ho fatto altro che ammirare le tue tette! Non ci sarebbe stato niente di male. Anche se tu ti sei lasciato prendere un po' troppo la mano. D'altra parte a me non dispiace mostrarle. E fino a quando riusciranno a tenersi su da sole, continuerò a farlo. Anche in questo non c'è nulla di male. Solo una sana dose di civetteria. Ma, a rischio di sembrare banale, ti informo che c'è dell'altro."
"Eccome se c'è dell'altro!" Pensò l'uomo. E l'espressione trasognata e vagamente ebete lo tradì di nuovo.
Difatti non sfuggì alla donna. Evidentemente, oltre ad essere decisamente bella, doveva avere un cervello niente male. Non roba che si possa trovare ad ogni angolo di strada.
"Ascolta, Umberto," Era giunto il momento della disillusione, "Facciamola finita. Ho paura che, da adesso in avanti, tutto ciò che potresti dire, non farebbe che aggravare ulteriormente la situazione. Peccato, avrebbe potuto essere diverso. Ma non tra noi due. Questa è la mia parte, stammi bene e addio." Concluse sorridendo e lasciando trenta euro sul tavolo. Prese la sua borsetta, fece un mezzo giro sui tacchi e sparì per sempre dalla vista dell'uomo, accompagnata dallo sguardo di tutti i presenti. O, almeno, di quelli appartenenti al genere maschile.
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justmythings-stuff · 2 years ago
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Era una battuta, ma parlando seriamente, regalarle una vacanza dopo una litigata in cui lui aveva ragione è un po' too much. // Comunque una cosa che non ha detto nessuno: lui aveva ragione per l’anonimo! Chi lo dice che in realtà non era lei ad avere ragione? Tra l’altro ho letto che pure la sorella di lui, Adriana, dava ragione a lei quindi le sue ragioni le avrà sicuramente. // Sta cosa di Adriana non l'ho capita, se io avessi uno discussione con il mio ragazzo mi incazzerei di brutto se un mio o un suo familiare si intromettesse �� Tantopiù se fosse il mio ragazzo a venir difeso da mia sorella, ma fatti i cazzi tua, statti al tuo posto se ho una lite con il MIO ragazzo 😂 Se litigo con il mio ragazzo ci litigo IO soltanto, tu non hai diritto di parola perché non sai le dinamiche e non vivi con noi
No allora, apparte gli scherzi apparte tutto, ma che razza di discussione può includere anche la sorella? Era una cosa riguardante la famiglia forse? Perché non credo che avrebbero lasciato parlare la sorella per una semplice litigata di coppia. Boh 😂🤔
Ciò che sembra - e sottolineo sembra - è che sua sorella e Lucia vadano molto d'accordo. Non si sa su cosa abbia concordato con lei, ma mettere in mezzo lei e le amiche è comunque sbagliato. Era una questione di coppia (?) e forse per questo Fede passa dalla parte della ragione (?). Quindi concordo con te, le questioni di coppia vanno discusse tra le persone interessate e non tra amici e familiari. Cos'è? Tifo da stadio? 😅
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lamiamenteinpocherighe · 3 years ago
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Storie di Demoni (come nasce il male)
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Sapete come nasce il male..?
C'è chi dice che il male venga creato, altri dicono che a volte cattivi si nasce, io sono convinta che il male invece alberga dentro ognuno di noi e che molti non lo sanno perché non lo sentono. Esso dorme tutto il tempo finché non viene alimentato, dopodiché cresce e divora tutto... perfino l'anima
Anche una creatura pura come me ha dentro il male.
Sono un angelo, il mio compito dovrebbe essere quello di fare del bene e sottomettere per sempre il male, fino a cancellarlo completamente.
Ma i miei pensieri sono tutt'altro. Delle visioni vengono alla mia mente e tutte portano sangue, malattie, morte e guerre. Sembra quasi la visione dell'Apocalisse imminente. Provai a parlare di questi incubi forse troppo reali ma un essere con questi pensieri non merita certo di stare in paradiso così fui bandita sulla terra.
Le mie ali non erano più in grado di volare dopo l'urto per non parlare del fatto che un essere come me se cade sulla terra perde tutta la sua aura facendo così scendere il tempo che ci resta da vivere. Un angelo sulla terra è destinato a morire, a meno ché esso non si trasformi, cosa che io fino a quel giorno non sapevo fosse possibile.
Dopo tanto girovagare, uno strano essere mi si parò davanti, era in tutto e per tutto un essere umano, fatta eccezione per i suoi occhi; le sue iridi erano un misto tra l'arancio e il rosso e se guardavi bene potevi scorgere un serpente dentro. Per istinto feci un passo indietro perché vedevo tale essere come una minaccia.
"Ti prego essere celestiale." Cominciò a dire "Non aver paura di me, non ti farò alcun male. Se davvero lo volevo non ti avrei dato nemmeno il tempo di pensarci e allontanarti non servirebbe a niente."
"Chi sei tu?" Domandai "cosa sei?"
L'essere ghignò: "Ho molti nomi, non saprei quale dirti. Principe dell'inferno, demonio, Satana..."
Sgranai gli occhi, ero incredula: "Quindi tu sei... Lucifer? Quel Lucifer? L'angelo caduto sulla terra? Bandito dal paradiso" fece un movimento con la mano e io mi ritrovai ancorata a terra senza alcuna possibilità di movimento.
"Non sono caduto. Ho deciso di andarmene. Tu conosci la storia nel modo sbagliato. Dimmi la verità, perché sei stata bandita? Per i tuoi strani incubi, perché li fai o perché nei hai parlato? Prima era tutto diverso. Io ero il preferito di Dio, ogni cosa che creava richiedeva il mio parere, non mi sono mai opposto, ogni cosa era meravigliosa e giusta, finché creò l'uomo. Un essere così imperfetto e capace di pensare. Avrebbe portato solo male ma a nessuno importava il mio parere, tanto meno a Dio. Gli altri approfittarono di questo per mettersi contro di me, non gli ero mai piaciuto dopotutto. Ma io dovevo dimostrare a tutti che avevo ragione così tentai quelle creature, dimostrando che alla prima occasione avrebbero tradito. Ma loro non capirono nulla. Anzi, mi accusarono.. io mi rivolsi a Dio puntandogli contro il dito, affrontandolo con queste parole: essi sono il male, sarebbero capaci di cose orribili se ne avessero l'occasione e io ve lo proverò. Scenderò sulla terra e farò di essa un inferno. Creerò un impero e dimostrerò che gli esseri che hai appena creato si rivolteranno contro di te per seguirmi, che non faranno del bene ma agiranno solo per soddisfare il proprio ego."
"Bada a come parli, è a al tuo Dio che ti stai rivolgendo" disse uno di loro. "Non sei degno di essere quello che sei, una guardia celeste, un consigliere. Hai dimenticato tutto il bene che ti è stato fatto? Ingrato che non sei altro, come osi andare contro il tuo stesso creatore?"
"Il mio creatore, hai detto bene. Lui mi ha creato così, lui aveva già predetto tutto ciò, altrimenti non sarebbe il Dio che dice di essere.."
"Adesso basta! Insolente!"
Ma Dio l'interruppe: "Basta così Raphael." Poi rivolgendosi a me disse "D'accordo allora. Lucifer, va pure sulla terra. Ma una volta arrivato giù sulla terra cesserai di essere un angelo e non potrai più pentirti di ciò, se ciò di cui sei convinto fosse sbagliato cesserai di esistere e questa fine toccherebbe a qualunque angelo che cadrebbe sulla terra. Se invece avessi ragione continueresti a vivere e a diventare ciò che tu in cuor tuo brami di essere. Ovvero il male. La durata media della vita sulla terra è di 3 giorni per un angelo. Buona Fortuna"
"Se io sono il male, come dici tu, significa che tu stesso lo sei. Dato che da te sono stato creato."
“Gli altri fecero per attaccarmi ma io mi lanciai nel vuoto" interruppe qui il suo racconto.
Io domandai: "Come sei sopravvissuto dunque?"
"Grazie agli uomini." Continuò "è bastato poco per convincerli a fare del male e non immagini nemmeno quello che sono pronti a fare per i loro fini. Hanno creato civiltà ma per farlo hanno schiavizzato i propri simili, hanno conquistato terre, ma hanno anche ucciso centinaia di altre persone per riuscirci. Essi uccidono per loro stessi. Il movente può essere qualunque, una donna, il denaro, il vuoto interiore..."
Ci fu un po' di silenzio ma poi continuò: "Io ho dato solo loro una mano, li ho spinti un po' incoraggiandoli, il resto l'hanno fatto tutto da soli."
Io cominciavo ad indebolirmi un po'...
"É iniziato." Disse guardandomi "hai due possibilità. Unirti a me o sparire per sempre."
Rimasi in silenzio, cercando di riflettere. Cosa sarebbe stato peggio? Morire o vivere come un mostro alimentando il male?
"Suvvia. Definirci mostri è un po' esagerato"
"Riesci a sentire quello che penso?"
Scoppio a ridere: "Sono il diavolo, non esiste nulla che io non possa fare." Poi aggiunse "ti sto offrendo la possibilità di continuare a vivere. In cambio dovrai solo essermi fedele, e dare il tuo contributo all'inferno ovviamente.
Ascolta, quello che i tuoi fratelli dalle ali piumate ti hanno detto della mia razza, sono cose sbagliate... pensaci bene.
Noi demoni siamo spesso raffigurati come mostri e non intendo solo esteticamente. Noi in verità aiutiamo gli esseri umani, offriamo loro quello che vogliono, ricchezze, popolarità, donne. Tutto quello che sognano è a portata di mano, con qualche sacrificio ovviamente ma del resto chi non fa sacrifici per ottenere ciò che vuole? Il sacrificio è la base della vita. Tu non dovrai fare del male se non vuoi, occupati dei contratti di felicità è poi riscuoti le tasse. Pensaci bene ti rimangono meno di 60 ore di vita, dopodiché comincerai a svanire e di te rimarrà solo la polvere."
"D'accordo, accetto."
"Ottima scelta direi, non te ne pentirai vedrai."
Aveva uno strano luccichio nei suoi occhi: "Adesso... sentirai caldo" schioccò le dita e il mio corpo prese fuoco. Sentivo le fiamme, lo sentivo ardere e il dolore era allucinante.
Quando tutto cessò sentii il mio corpo friggere, mi guardai attorno e l'essere che adesso avevo davanti non aveva nulla di umano, distolsi lo sguardo e provai a dare un occhiata a me stessa, la mia pelle era carbonizzata, le mie unghie lunghe e avevo la coda.
"Il mio aspetto è sempre quello, solo che adesso riesci a vedermi veramente per come sono. Solo altri della nostra razza possono farlo. Evita di guardarti, dovrai farci l'abitudine, anche per quanto riguarda la pelle, smetterai di sentire dolore una volta abituata."
"Voglio vedermi"
"D'accordo." Fece apparire uno specchio.
La mia pelle era nera, o grigia? Non riuscivo a distinguerne il colore, era segnata da strisce di fuoco, i miei capelli erano diventati il colore della pece. Avevo le corna adesso e i miei occhi quasi non li riconoscevo più... aprii le mie ali, erano anch'esse segnate dal fuoco, non avevano più piume ma solo dalle ossa sottili coperte da strati di pelle simili alle ali dei pipistrelli.
Mentre io ero intenta a fissarmi ancora incredula, il diavolo si avvicinò a me sussurrandomi all'orecchio: "Benvenuta all'inferno."
-lamiamenteinpocherighe
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fromthefishbowl · 3 years ago
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Ciao, solo di recente ho iniziato a seguire il fandom di The Old Guard e mi sono imbattut* nel discourse. Ho letto i tuoi post e credo tu abbia ragione su alcune cose, ma dici un'inesattezza: cioè che gli italian* sono tutt* contro Len. In realtà ci sono molt* che dubitano della buona fede dietro il post e che pensano che voi italian* che vi siete subito schierati siete dei veri fanatici razzisti e che Len non aveva tutti i torti a contrastarvi
Sinceramente non penso di avere mai detto una cosa del genere? Infatti ho visto abbastanza italiani che sono andati a leccarle il culo e che nonostante tutto continuano a darle ragione - che bello vedere quando l'antisemitismo e il razzismo vengono a galla! Tra le altre cose ha passato tempo a terrorizzare una donna ebrea e poi ha accusato una donna indonesiana di essere una macchina della supremazia bianca, ma ha fatto anche cose buone! Tipo... uh... beh, qualcosa di buono l'avrà pure fatto, no?
Len ha chiaramente problemi con gli italiani perché è una francese fatta e finita, punto.
Perché io questa non l'ho cagata né mi sono interessata a lei, come ho già detto più e più volte, finché la stronza non ha iniziato a fare vagueblogging su di me e a riempirmi l'askbox di insulti e minacce perché avevo osato scrivere un post dicendo che stereotipare Nicky e in generale gli italiani con la mafia - così, generico, la mafia, perché ce n'è una sola - era una cosa xenofobica. Prima non sapevo manco chi fosse, questa, e anche lì non ho interagito con Miss Parigi fino a giugno.
Non ho parlato una sola volta di razzismo, ma lei doveva stare al centro dell'attenzione e quindi s'è messa a frignare su dinamiche razziali che lei non capisce e sulle quali è totalmente ignorante - anche perché, se fosse realmente del nord Africa, mi avrebbe dato ragione, quando ho scritto che i mafiosi sono terroristi. Sarebbe cosciente del fatto che la mafia italiana ha in pugno anche una buona parte dei paesi MENA e che li terrorizzano e sfruttano così come terrorizzano e sfruttano noi.
Ma, seriamente, posso avere una lista di questi post scritti da italiani che opprimono la povera donna marrone - ma come cazzo parlate? Ma vi rendete conto? Ma voi andate davvero in giro a chiamare la gente "marrone"? E nessuno vi ha ancora preso a pugni? - perché, per ciò che ne ricordi io, gli unici italiani che hanno osato opporsi a lei possono essere contati sulle dita di forse due mani.
Io mi sono "schierata" col post perché avevo realizzato sin da subito che era una cazzara, ma onestamente avevo pensato che, come il resto del fandom che pensa che il razzismo possa essere combattuto attraverso fyccine, fosse americana o australiana o una roba così - e poi ho visto la merda che 'sta rincoglionita mandava alla gente, insulti e minacce, quindi... non è che sarei stata dalla sua parte anche se fosse stata davvero marocchina.
Di certo non mi aspettavo tutta quella trafila di merda, ecco.
E comunque non solo voglio una lista dei post in cui gli italiani kattyvih sono andati personalmente a casa della donna marrone-che-non-è-marrone per pestarla a sangue, ma anche una bella lista dei post in cui lei, regina di Marrakech by the Sea e la più grande attivista per i diritti umanitari del secolo, ha alzato un dito per accusare di razzismo gli amichetti suoi, tutti gli ammmericani, australiani, e nord europei che hanno passato mesi a insultare e perseguitare gente effettivamente MENA e/o musulmana, obbligandoli ad abbandonare i loro blog.
Perché non è proprio un segreto, che tutti gli amichetti di Len fossero stranamente americani, australiani, e nord europei, no?
E che in uno spazio in cui c'era molta gente del sud Mediterraneo, lei fosse attorniata solamente da imbecilli che il Mediterraneo l'hanno visto forse in cartolina, giusto?
E che quando più blogger MENA hanno scritto che avrebbero abbandonato il fandom/smesso di scrivere post perché ricevevano continuamente insulti, la nostra reginetta non abbia scritto un solo post di incoraggiamento, non li abbia contattati, non abbia mosso un dito per fare sì che cambiassero idea, esatto?
E anzi, che sia pure rimasta amyketta del cuore di Lazaefair l'Antisemita della Quarta Dimensione, che aveva festeggiato, quando uno di questi blogger aveva annunciato che se ne sarebbe andato perché non sopportava più di ricevere minacce di morte, vero? Blogger che, per altro, Len Principessa Magrebina aveva tacciato come essere un "rabid nationalist" perché lui il Marocco lo conosce davvero e non per sentito dire.
Chissà com'è, ma tutte queste cose non vengono portate a galla, quando si parla dei suoi atteggiamenti di merda. Povera donna marrone...
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valentina-lauricella · 2 years ago
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Se anche lui ebbe una stalker, c'è speranza un po' per tutti
<<Profonde parole piene di amore, e vi è del vero anche se trovo Giacomo una figura molto più combattiva, positiva, che ha affrontato la sua disabilità e le sue sofferenze con un coraggio ed una forza che parrebbero odierni, dotato di una buona dose di ironia, un carattere talvolta forte, non esente da qualche difetto, certamente, ma VITALE. Purtroppo gli ottocenteschi crearono questo mito leopardiano del dolore, (l'"ombra di castità, disperazione, rinuncia, malattia e dolore cui compagna è solo la morte") che a Giacomo stava molto stretto. Ricordo come reagì scioccato quando Giordani gli scrisse (mentre egli era neppure ventenne!) più o meno queste cose. Teresa di Pisa che lo conobbe di persona, lo descrisse diversamente. Forse vi fu del sentimento tra i due, ma la diversità di ceto non avrebbe mai permesso alcuna unione. Ella lo descrisse molto più passionale, virile e, come ai giovani della sua età, gli piaceva la vista di una bella donna (Giacomo non specifica se abbia o meno avuto una donna, e penso fossero…fatti suoi, certamente da non scrivere né nei suoi pensieri, né in qualche lettera, né nello Zibaldone); con la sua vena di ironia, diciamolo pure, con i suoi sbalzi di umore, non eccessivamente ordinato (le persone geniali hanno una logica un po' diversa dal comune), un carattere tutt'altro che fragile, intelligentissimo e coltissimo, nobile ma mai altezzoso, che detestava la volgarità becera, ma al contrario apprezzava l'ironia e l'umorismo, amava scherzare con gli amici… "Chi ha il coraggio di ridere è padrone del mondo", e quando qualche signora un po' troppo soffocante (la Tommasini? O la Maestri? Non ricordo…) prese a vessarlo con lettere d'amore di giorno e di notte, egli esasperato (a ragione) se ne sfogò col fratello, denunciando una certa morbosità in quella donna (tra l'altro sposata! E il tutto di nascosto dal marito e SENZA mai il consenso di Giacomo il quale oltre a subire tali vessazioni, in caso ella fosse stata scoperta, sarebbe stato cacciato in un mare di guai, mentre egli ne era totalmente innocente). Una personalità complessa…purtroppo etichettato come il poeta del dolore, immerso in un'energia di dolore, messaggero del dolore. A mio avviso Giacomo non era questo, anche se certamente questo scritto dice molte verità.
I liberali lo avrebbero voluto il poeta ateo del dolore, morto casto e disperato, malato, senza fede, mai corrisposto in amore, infelice, ecc. E lo etichettarono con questo fardello. Egli era passionale, gli piaceva la bellezza femminile, criticò più volte i sessuofobi, se ebbe molte prove le affrontò con coraggio, ebbe i suoi momenti di infelicità certo, ma anche di allegria e, come già detto, umorismo, non era ateo ma in crisi con un certo dogmatismo, e morì riconciliato con Dio. L'opposto di ciò che avrebbero voluto i liberali, creando un'ombra di dolore che ci fu trasmessa forzatamente fino ai giorni nostri.
Detto ciò, lo scritto della Colonna è una dichiarazione di Amore sincero e mi piacerebbe sapere se lo conobbe in vita… (dal momento che scrive questo a pochi anni dalla morte del Poeta).>>
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sciatu · 4 years ago
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Siracusa - Ristorante Macallè
Un amore in tre atti unici - Atto terzo
GIUGNO 2021 - CONOSCERSI
Per lei era stata, scusate l’espressione, una giornata di minchia. Al mattino nell’ufficio postale dove lavorava ecco che si presenta una che sembrava una “baraccota” una di quelle che vivono ancora nelle baracche di Messina, a cui la vita ha negato tutto e che affrontano ogni persona con le unghie pronte a graffiare e i denti abituati a strappare il cuore.
“Posso aiutarla?”
Aveva chiesto lei presentendo guai in arrivo
“Grazie no” rispose la belva guardando in cagnesco Concettina, la sua collega. Ti ho già detto nel racconto precedente che quest’ultima aveva una lista di spasimanti che occupava tutta la memoria del telefonino e che identificava i vari soggetti con nomi quali “Vittorio meno di 18” “Enrico più di 24” “Gianni quasi 30” dove il numero non era ovviamente legato all’età dell’individuo ma a particolari caratteristiche anatomiche prettamente maschili. Concettina, che grazie alle sue relazioni ed esperienza conosceva la vita e le figure umane che della vita sono il frutto o i relitti, non esitò e da dietro il bancone dei Pacchi e Raccomandate attaccò immediatamente
“Picchi lei i mia chi boli?”
“Io niente è lei chi non avi boliri nenti i me maritu”
“Mi su tinissi strittu e u sazziassi a so maritu e non vinissi chìù a sconcicari i personi pi beni”
“ A lei si a me maritu u sazziu o menu nun sunnu cosi ca ci ‘nteressanu! Lei pinsassi a fari chiddu chi ci veni megghiu fari stradi stradi e lassassi stari cu teni famigghia”
“È so maritu chi m’avi lassari in paci chi mu trovu sempri a rumpiri chiddu chi mancu iddu avi”
“ Nun mi pari chi nun navi vistu chi ci canusci boni i soi e chiddi i menzu paisi”
“ Cu canusciu o non canusciu, cu rispettu parrannu, su cazzi mei, mi pinsassi a so maritu chi chiuttostu i vidiri u so cuzzaru siccu si spariria, picchì cu jè vecchiu e laidu s’aviria mettiri u cori in paci! ”
A questo punto l’escalation di offese era ormai all’ultimo livello ed il rituale prevedeva che iniziasse la parte violenta dello scambio d’idee, così la parte offesa, cioè la moglie cornuta, partì alla carica per strappare gli occhi alla rivale. Per fortuna però, davanti allo sportello di Concettina vi era una fila di vecchi che dovevano ritirare la pensione; il gregge di capelli bianchi si frappose tra loro due cercando di calmare l’una e l’altra con la paura di perdere il posto in fila e ritardare così il prezioso pagamento della pensione e conseguente pagamento delle bollette arretrate. Lei aveva già chiamato i carabinieri e proprio in quel momento entrò l’appuntato Pino-25-con-gusto che incominciò ad urlare più delle due donne e si portò via la moglie tradita. Vi fu di nuovo calma e Concettina tornò a lavorare in silenzio ricevendo l’approvazione delle vecchie pensionate secondo cui la moglie doveva prendere a bastonate il marito traditore e non una brava ragazza come lei che dava la pensione anche in pezzi da 20 o da 10. Più tardi Simone-non-ne-vale-la-pena prese il posto di Concettina e quest’ultima se ne andò nello sgabuzzino sul retro dell’ufficio a fumare. Lei la raggiunse dopo qualche minuto e vide la sua gran massa di capelli ricci in un angolo, quasi nascosta che fumava guardando per terra.
Tra loro due vi era una forte complicità fin da quando si erano incontrate. Concettina sapeva della violenza che aveva subito da giovane e la rendeva complice di tutte le sue storie in cui trattava gli uomini come giocattoli, forse pensando che questo suo modo di disprezzare gli uomini usandoli, potesse darle un qualche vendicativo piacere.
“tutto bene?”
Le chiese preoccupata.
Concettina sollevò la testa e vedendola sorrise.
“Mariì Tutto bene, non ti preoccupare. Era una scena che quella doveva fare per rispetto a sé stessa.”
Lei la guardò preoccupata.
“Scusa se faccio la mamma, ma non è meglio se lasci stare questa tua collezione di maschietti in calore e ti trovi qualcuno che ti voglia bene veramente?”
Diventò seria
“Mariì, lo so che lo dici perché mi vuoi bene, ma per me va bene cosi”
“Ma alla fine sei sempre sola, nessuno ti dura più di tanto”
Alzo le spalle
“Tutti muoiono soli, nessuno prende mai la tua croce e ne divide il peso – disse di un fiato facendo oscillare i suoi riccioli - l’amore poi è solo un attimo e il sesso è l’unico modo per illudersi che esista qualcosa che ci unisca a qualcuno – restò in silenzio qualche secondo - Gli uomini poi sono i fratelli di Giuda e di San Pietro, tradire per loro è motivo di vanto, perché dovrei fare la santa se chi mi ama pensa solo a se stesso? Io sono così e resterò così: non farò la fine di mia madre maltrattata da suo marito e sfruttata dai suoi figli. Io credo solo all’inferno in cui sono cresciuta, tra botte e litigi e come vita familiare mi è bastata quella – tirò una boccata di fumo che fece uscire lentamente dalle labbra – Allora ero piccola, pensavo che i miei avessero sempre ragione ed avevo paura di tutto. Ora però non ho più paura di niente, faccio quello che voglio e ho capito che sfruttare la mia libertà, è l’unico modo che ho per esistere!”
Simone-non-ne-vale-la-pena apparve sulla porta dicendo che c’era l’appuntato Pino-25-con-gusto che voleva parlare con Concetta. Quest’ultima, buttò subito la sigaretta e si passò il lucidalabbra, che portava nei jeans aderentissimi, mostrando il suo sorriso più seducente. Mariì se ne tornò nel suo ufficetto concentrandosi sulla chiusura di fine mese per non pensare alle parole di Concetta, ed evitando di chiedersi se il suo Giuseppe fosse anche lui fratello di Giuda. Chiuso l’ufficio aveva diverse cose da fare, dall’andare dall’estetista che finalmente riapriva a passare dalla sarta e quindi dal centro commerciale anche lui riaperto di sabato dopo mesi di chiusura per covid. Finalmente si diresse verso il ristorante di Giuseppe che riapriva dopo la triste lunga serrata a causa del virus. Giuseppe aveva aumentato i tavoli fuori dal ristorante ma lei riconobbe subito il suo che aveva nel mezzo, in un piccolo vaso di cristallo, una rosa appena sbocciata. Andò a prendere possesso del suo posto da cui poteva osservare tutti gli altri tavoli, ed aspettò Giuseppe. Arrivò invece il nipote che era il secondo cameriere. La salutò contento e le riempi il bicchiere con in prosecco dell’Etna. Le disse che lo zio era occupato e scomparve a prendere un’ordinazione. Mentre beveva il prosecco vide Giuseppe aggirarsi tra i tavoli poi fermarsi a quello dove era seduta una bionda e mettersi a scherzare con lei mentre le versava l’acqua. Mariì sentì come una fitta nell’anima e l’osservò cercare di essere divertente, sorridere, parlare, cosi come aveva fatto con lei quando l’aveva conosciuto. Aveva ragione Concetta? Era un altro fratello di Giuda? La bionda lo ascoltava quasi indifferente e lui per reazione, cercava invece di interessarla, di farla ridere, perché una donna che ride è sempre più vulnerabile. Osservò la ragazza e la trovò giovane e carina, mentre lei era pure più vecchia di lui. Che futuro avrebbero avuto loro due? In aggiunta, il suo corpo, devastato dalle cicatrici, non sarebbe invecchiato ancora più velocemente? Non si sarebbe stancato di lei prima del dovuto? E se è vero quello che diceva Concetta, che l’amore dura finché dura il sesso, quanti anni avevano davanti a loro? Cinque? Otto? Dieci? E poi? Sarebbe andata anche lei a litigare con l’amante di allora? Era meglio fare come Concetta, vivendo alla giornata, del poco e subito? Ma Mariì dentro di se si diceva che lui non era così come stava vedendo e immaginando ! O forse non lo conosceva veramente perché nessun traditore si palesa per tale! Stava cadendo nella paranoia assoluta. Non sapeva se dovesse andare a prendere a sberle la bionda o prendersi la bottiglia di prosecco e andarsene a casa a piangere sul letto. Se lo ritrovò davanti con un piatto di antipasti misti
“Ciao amore come è andata oggi”
Le chiese tutto serio
“Ah – disse piccata – ti sei finalmente ricordato di me, quale onore…”
E lo guardò severa.
Giuseppe fece finta di niente e si giro a guardare la bionda che osservava fisso il bicchiere vuoto.
“È mia cugina Anto – fece sottovoce – il suo zito l’ha lasciata ieri con un SMS mentre lo aspettava a casa dei suoi per presentarglielo. Non ti dico come si sente…. È apparsa qui e non ha detto una parola. Io lo so che soffre…. Ma cosa le posso dire? Ho impiegato anni a superare quando quell’altra mi ha lasciato e ho trovato pace solo ora con te! Cosa le posso dire per tirarla su? La vita è questa? Pensa alla salute? Qualcuno prima poi lo trovi? A me queste cose mi snervano: vedi qualcuno che annega e non sai come salvarlo”
Lo guardò. Era veramente seccato. Lui per gli altri avrebbe dato l’anima ma quando si trattava di sentimenti si muoveva come un bradipo. Giuseppe Lasciò gli antipasti poi mise a posto il cestino del pane e la bottiglia d’acqua e lei capì che era turbato, che voleva stare con lei perché in lei trovava la sicurezza che gli serviva. Poi qualcuno lo chiamò e lui senza dire o fare scomparve. Lei mangiò lentamente pensando a lui, a come si era comportato e a quello che aveva fatto. Bevve un sorso e guardò la ragazza che fissava il nulla facendo palline di mollica di pane. Ebbe come un flashback e si ricordò che mentre i demoni la usavano sul velluto sporco e attaccaticcio del treno regionale in cui erano, qualcuno aveva aperto la porta che divideva le due carrozze, forse aveva visto, aveva capito, aveva sentito i mugolii con cui gridava aiuto, poi aveva richiuso velocemente la porta ed era scomparso. Non era questo quello che facevano in tanti? Voltarsi dall’altra parte, per non vedere, per non sentire, per stare tranquilli. Forse se qualcuno allora fosse intervenuto prendendo a moffe (sberle) quei tre, la sua vita sarebbe stata completamente diversa. Ripensò alla porta dello scompartimento che si chiudeva mentre diventava tutto buio.
Si alzò con il bicchiere in mano e si diresse verso la bionda. Fece due passi, si fermò e tornò indietro, prese la rosa e andò spedita verso il tavolo di Antonella dove si sedette di fronte a lei che la guardò meravigliata.
“Ciao sono la zita di Giuseppe, tu sei sua cugina Antonella non è vero?”
E dopo aver posato la rosa vicino a lei, allungò la mano per salutarla. Lei la guardò stupita e disorientata, guardandosi intorno per vedere se c’era suo cugino che potesse confermare quell’inaspettata intrusione. Alla fine, allungò la mano e strinse quella che era rimasta ferma e decisa ad aspettare il suo benvenuto.
A Mariì venne il panico? Che cosa aveva fatto? Perché era li?
La porta dello scompartimento si stava chiudendo….
“Non sono il tipo che si fa i fatti degli altri, ma ho capito che stai soffrendo. Una volta ho visto un cane investito per strada e un suo compagno correre tra le macchine e sdraiarsi su di lui per proteggerlo finché qualcuno non fermò la macchina e si occupò del suo compagno ferito. Allora mi sono detta che nessun uomo l’avrebbe fatto. Che a veder qualcuno per strada prima di andare ad aiutarlo si guarda il sesso, il colore, i vestiti, quanti followers ha e poi forse si decide…”
Antonella sorrise
“Per questo sono qui perché se un uomo vede soffrire una donna o scappa, o ne gode o fa finta di niente o resta disorientato e imponente. Giuseppe fa così perché il dolore degli altri lo sente suo e ne rimane prigioniero. È così che mi ha amato ed è per questo che lo amo. Lui, in questo momento non sa cosa dire perché sente che stai soffrendo e la cosa lo disorienta – osservò Giuseppe arrivare al tavolo dove era prima con un piatto di calamari ai ferri, guardò stupito la sedia vuota e si mise a cercarla nei tavoli intorno. Lei alzò una mano per dirgli dov’era e lui si avvio verso di loro sconcertato – Per questo sono venuta. Non perché sono un’esperta di problemi sentimentali ma perché ho sofferto e so cosa vuol dire soffrire da soli. Vivere con dentro l’anima un fuoco che nessuno vede ma che lentamente ti consuma”
Bevve un sorso sorpresa del discorso che aveva fatto. Sorrise a Giuseppe che arrivato al tavolo la guardava stupito
“Amore mi porti anche il vino? Io e Antonella stiamo facendo conoscenza”
Gli disse sorridendo. Lui la guardò e poi osservò lo sguardo incerto di sua cugina
“ Si vado… vado - disse alla fine , poi si voltò verso la cugina – è la mia zita: è una che parla poco ma dice le cose giuste! ”
e si allontanò felice di non dover affrontare il dolore di Antonella.
“Lo vedi… lui capisce quanto soffri e la cosa gli fa male perché ti vuole felice. Ecco, a me è capitato di soffrire moltissimo, di provare vergogna per quello che sentivo. Ma il dolore non è mai una fine, il permanere di una punizione immeritata, ma è uno stimolo, è un principio e l’ho capito quando Giuseppe mi ha chiesto di parlarne. Io gli ho raccontato tutto! Proprio tutto e nel dire, nel mettere una dietro l’altra tutte le lacrime che ho avuto ho capito il mio dolore, ho incominciato a fare due più due e ad avere la somma della mia vita, capire quello che ha senso e quello che era il riflesso di quanto avevo avuto e che non era vita, perché la vita è uno scorrere un continuo fluire cambiando giorno dopo giorno: fermarsi in una situazione passata, in un ricordo, non è vivere. Penso che se ti và, puoi fare lo stesso: rivedere quello che è successo insieme a qualcuno che non ti giudica ma semplicemente ti ascolta e che se può, ti consiglia.”
Antonella guardò davanti a sé il cimitero di palline di mollica che aveva fatto.
“Non c’è nulla da dire. Da che c’era a che non c’è più, senza un perché, una ragione… “
e continuò così a dire a descrivere, a parlare e ogni volta che si fermava, Mariì chiedeva, commentava, spiegava e Antonella riprendeva a fare lo stesso racconto in modo diverso. Giuseppe le osservava parlare in modo fitto e ogni tanto si avvicinava e portava la frutta, un dolcetto, il limoncello, i biscotti, un cioccolatino e loro ancora a parlare a dire ora quasi piangendo ora invece ridendo ora tutte serie, ora una stupita e incredula e l’altra che parlava con fare convincente. Giuseppe vide il ristorante svuotarsi ed incominciò a portare dentro tavoli e sedie, ma loro due restavano a parlarsi come se il tempo non passasse. Alla fine disse loro che per il coprifuoco dovevano andare e Mariì propose di accompagnare Antonella a casa e tutti e tre si avviarono verso la casa della cugina, le due donne avanti a parlare e lui dietro come un cane senza un padrone. Lasciata la cugina, Mariì si strinse a lui e camminarono in silenzio per qualche minuto.
“Allora tutto bene?”
Chiese lui per capire come era andata con la cugina
“Questa mattina avevo la sensazione che l’amore non poteva esistere. Ad inizio serata ne ero convinta. Poi però ho capito che non è così. Se non esiste perché ti fa soffrire? Perché ti fa morire e rinascere? E che cos’è alla fine l’amore?”
Restò in silenzio guardando il selciato
“e sei riuscita a darti una risposta?”
Lei sorrise, si fermò e lo baciò
“Si, l’ho capito con Antonella. L’amore è il domani, l’attesa del nuovo giorno che mi porterà a te. Il passato, il presente, sono la vita subita, la vita che scorre spesso travolgendoti e distruggendoti, ma l’amore è la certezza che domani troverai pace, avrai qualcuno che non scomparirà appena ti volti, dimenticherai il dolore di oggi, potrai creare, dare e avere felicità. Il sesso è adesso, un istante che viviamo e muore lasciandoci felici ma vuoti. Ma tutti abbiamo bisogno di un domani per continuare a vivere ed è questo che l’amore ci dona: sapere che ci sarà in altro domani in cui saremo felici come oggi. È l’assenza di questa certezza che ci umilia e ci fa morire.”
Lui la guardò tutto serio.
“avevo ragione a dire ad Anto che parli poco ma che dici le cose giuste…”
Ripresero a camminare verso il loro domani.
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