#domina paris
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kendra was supposed to be cured before she could turn into a vampire — so why is ser thomas haunting her dreams, lingering out of the corner of her eye? how is she supposed to help stop st. roch when she's so endlessly hungry? and what is she going to do when carter finds out, if she can only think about draining him dry? hawkman (2002) post #26 au: kendra's a baby vampire. carter has no idea, and ironically, he's trying to push her away for her own good. domina doesn't understand what she's seeing. combined with an alleged avenging angel on the loose only one thing is certain: the city of st. roch is about to lose a lot of blood.
#hawkman (2002)#carter hall#kendra saunders#hawkman#hawkgirl#hawkmanedit#hawkmates#hawkman au#domina paris#st. roch#*mine#technically haadia's very late bday gif but i DID already post it to twitter and that was only a day late so really
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Lettera aperta - Olimpiadi
La cerimonia inaugurale delle Olimpiadi di Parigi è la rappresentazione plastica di come certi eventi di caratura internazionale siano un’operazione di indottrinamento delle masse, volta ad attuare una riformattazione dei costumi, se non antropologica, delle cosiddette società occidentali.
Malgrado il dietro front di chi lancia il sasso per poi nascondere la mano con l’incalzare delle polemiche, alludendo a margine delle scuse ufficiali che la disposizione attorno a un tavolo di transessuali agghindati ad arte per l’occasione, manco le Olimpiadi siano il Carnevale di Rio de Janeiro, non sia una caricatura blasfema dell’Ultima Cena rappresentata dal Da Vinci, ma secondo la direttrice della comunicazione delle Olimpiadi Anne Descamps e Thomas Jolly, il direttore artistico (se così possiamo definirlo) della cerimonia, si voleva invece educare alla tolleranza e alla comunione.
Le Olimpiadi quali giochi che si svolgevano in Grecia iniziavano con celebrazioni religiose in favore di Zeus e si concludevano con la premiazione degli atleti vincitori, vennero riprese in epoca moderna a fine ‘800, ma sempre hanno conservato un universo estetico e simbolico arcaico proprio di quella civiltà ellenica che ha permeato l’Europa: dalla fiamma olimpica alla traslazione in altre nazioni a testimoniarne l’universalità.
E con la competizione insita nella natura dell’essere umano di confrontarsi con avversari al proprio pari, si veicolava un’immagine di sé salubre, forte ed atletica. E quindi indiscutibilmente bella. Perché nonostante le infezioni culturali contemporanee che propinano un relativismo tout court, esiste un canone oggettivo della bellezza, che la classicità ci suggerisce da tempi immemori che è rappresentato dall’armonia delle forme e da un ordine che è sintesi dell’unità che domina la diversità.
Bellezza, ordine, sostanza e FORMA. Ciò che abbiamo interpretato e riprodotto in tutti gli ambiti e in ogni epoca. Fino ad oggi. Perché noi siamo europei e proveniamo da una Civiltà.
Di contro, ciò che più di ogni altra cosa mina l’esistenza di una civiltà è l’informe. Perché l’assenza di Forma genera una sostanza malata. E là dove la sostanza è malata, la bellezza non può trovare posto e si finisce inesorabilmente per imbruttirsi. Prima nel singolo, poi nella moltitudine e infine nella società. E quindi si avvia il declino di una civiltà in decadenza.
E quando una società è decadente si può arrivare ad assistere all’esibizione della cerimonia inaugurale delle Olimpiadi con un personaggio come Barbara Butch investita dal ruolo di frontman.
Conferitole recentemente il premio di personalità LGBT dell’anno per via della moltitudine di battaglie coraggiosissime a difesa delle minoranze arcobaleno condotte temerariamente al fianco di pressoché tutte le multinazionali, dei magnati della finanza e del mainstream globale. Allora comprendiamo perfettamente che il concetto di Forma quale riflesso di bellezza e di un ordine superiore suggeritoci dalla classicità dei greci, quegli europei che hanno dato vita alle Olimpiadi nel 776 a.C., difficilmente possa attecchire su chi come Barbara Butch conduce audacemente crociate in difesa de “l’accettazione dei grassi”.
Perché l’immagine della cerimonia inaugurale in salsa woke è la più fulgida rappresentazione di come sia ripugnante l’esaltazione delle devianze promosse da chi essendo informe per natura, ha in spregio tutto ciò che essendo bello e giusto secondo natura, costituisce saldezza e ancoraggio: la famiglia e la Nazione, la Cultura e l’identità.
L’agenda cosmopolita della società aperta in fase di consolidamento mira alla distruzione di questi cardini e opera attraverso il condizionamento sociale di una propaganda che si fa sempre più spinta e pervasiva.
Nell’industria dell’intrattenimento, quella cinematografica, musicale o sportiva come in questo caso, ormai è prassi ordinaria rendere espliciti aspetti occulti di un certo misticismo sinistro: dall’ostentazione di modelli devianti per giungere all’esposizione di immagini sempre più spesso esplicitamente sataniste.
Ci chiediamo se eventi come Eurovision, Berlin Fashion Show e Super Bowl ad esempio attraverso performance altamente simboliche, non siano rivelatrici di un retroterra “esclusivo” che rappresenta egregiamente Sodoma e Gomorra: costumi BDSM, ballerini vestiti da donna in perizoma, cantanti che si esibiscono nudi, sesso omosessuale di gruppo praticato in un bagno sporco, croci rovesciate, streghe e demoni che si accoppiano al centro di un pentagramma, adulti che posano davanti alle cineprese con genitali esposti in presenza di bambini.
Vorremmo esimerci anche solo dal pronunciare certe oscenità per via della natura scabrosa di certi contenuti, se non fosse che vengono trasmesse in mondovisione sintonizzando centinaia di milioni di ascoltatori, sdoganando e normalizzando un passo alla volta le più infime degenerazioni dell’uomo mascherate da creatività, arte e inclusività.
Una poderosa macchina di propaganda mondiale che aspira a cancellare le identità nazionali e sovvertendo le religioni, i costumi e le tradizioni dei popoli, mira a scalzare ciò a cui siamo profondamente legati con lo squallore di una “cultura” globale indifferenziata che si esibisce in tutta la sua ripugnanza.
Ferocemente
-Kulturaeuropa
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_marinadallacosta_
#prodottooffertodaalexandredeparis La stagione del Flower Power è la mia preferita, lo sapete già! 🥳🌸🌻 In queste fredde giornate autunnali voglio portare un po’ di vibes della bella stagione vestendomi e indossando accessori super colorati🌷🌺🌷 Un maglione caldo dai colori sgargianti a cui ho abbinato un cerchietto @alexandredeparis_official con fiorellini arancio e fucsia che profumano di positività e nuovi inizi, illuminati da cristalli Swarovski incastonati nel pistillo 🤩💎✨ . #fashionisinthehair con ALEXANDRE DE PARIS! Accessori 100% #handmadeinFrance 🇫🇷 da oltre 50 anni. 👑 . #Ginger #gingerhair #gingermodels #redheadsdoitbest#glamouruivo #goddess_redhead #howtobearedhead#irishstyle #love #naturalredhair #naturalredhead #paleskin#redhair #redhead #redheadgirl #redheadroyalty#redheadsrock #rockitlikearedhead #ruiva #ruivanatural#stunning #domina #gingersofinstagram
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Berenice
- Edgar Allan Poe -
La sventura ha molti aspetti; la miseria sulla terra è multiforme. Domina il vasto orizzonte come l’arcobaleno e i suoi colori sono altrettanto variati, altrettanto distinti eppure strettamente fusi. Domina il vasto orizzonte come l’arcobaleno. In che modo ho potuto trarre un carattere di bruttezza da un esempio di bellezza? Dal sogno dell’amicizia e della pace una similitudine di dolore? Ma come, in morale, il male è la conseguenza del bene, ugualmente, nella realtà dalla gioia nasce l’affanno; sia che il ricordo del passato felice crei 1’angoscia dell’oggi, sia che le agonie reali traggano la loro origine dalle estasi che sono state possibili.
Io ho da raccontare una storia la cui essenza è piena di orrore. La sopprimerei volentieri se non fosse piuttosto una cronaca di sentimenti che di fatti.
Il mio nome di battesimo è Egeo, il mio nome di famiglia non lo dirò. Nella regione non c’è castello più carico di gloria e d’anni che il mio vecchio e melanconico maniero avito. Da molto tempo la nostra famiglia aveva nome di una razza di visionari; il fatto è che in molte particolarità notevoli- nel carattere della nostra casa padronale- negli affreschi della gran sala- negli arazzi delle camere- nei fregi dei colonnini della sala d’armi- ma più specialmente nella galleria dei vecchi quadri, nell’aspetto della biblioteca e finalmente nella natura peculiare del contenuto di questa biblioteca- si può trovare di che giustificare ampiamente questa persuasione.
I ricordi dei miei primi anni sono legati unicamente a quella sala e a quei volumi dei quali non parlerò più. Quivi morì mia madre; quivi nacqui io. Ma sarebbe ozioso dire che non ho mai vissuto prima d’allora- che l’anima non ha un’esistenza anteriore. Lo negate?- non discutiamo su questa materia. Io son convinto ma non cerco di convincere altri. C’è, del resto, una rimembranza, di forme eteree, di occhi spirituali e parlanti, di suoni melodiosi e melanconici, una rimembranza che non vuole andarsene; una specie di memoria pari a una ombra,- vaga, trasmutabile, indeterminata, vacillante; e di questa ombra essenziale non potrò mai disfarmene, finché brillerà il sole della mia ragione.
Io nacqui in quella stanza là. Emergendo così di mezzo alla lunga notte che sembrava essere ma non era la, non esistenza, per cadere ad un tratto in una regione fantasmagorica, in un palazzo fantastico- negli strani domini del pensiero e dell’erudizione monastica- non è meraviglia che io guardassi intorno a me con occhio ardente e sbigottito- che abbia consumato l’infanzia fra i libri e prodigato la mia gioventù in fantasticherie; ma quel che è strano- quando gli anni passarono e il meriggio della mia virilità mi trovò vivo ancora nella dimora dei miei antenati- quel che è strano è quel ristagno che si produsse nelle sorgenti della mia vita, quella completa inversione che si produsse nelle qualità dei miei pensieri più abituali. Le realtà del mondo agivano su me come delle visioni e solo come visioni, mentre che 1’idee folli del mondo dei sogni divenivano, in compenso, non solo il pascolo della mia esistenza quotidiana, ma effettivamente la mia stessa unica, la mia intera esistenza.
Berenice ed io eravamo cugini e crescevamo insieme nella casa paterna. Ma crescemmo disugualmente: io malaticcio e sepolto nella mia melanconia, essa agile, graziosa, esuberante di energia; a lei il vagabondare per le colline- a me gli studi da monaco io vivevo nel mio cuore stesso e mi votavo, anima e corpo, alla più intensa, alla, più ingrata meditazione- essa errava traverso alla vita, noncurante, senza pensare alle ombre del suo cammino né nella fuga silenziosa delle ore alla nere piume Berenice!- io invoco il suo nome – e dalle grigie rovine della mia memoria su levano a questo nome mille ricordi tumultuosi. Ah, La sua immagine è là, vive dinanzi a me come nei giorni primi della sua spensieratezza e della sua gioia! Oh, magnifica e insieme fantasiosa bellezza! Oh silfide nei boschetti di Arnheim! Oh naiade di quelle fontane! Poi- poi tutto diviene mistero e terrore storia che non vuole esser raccontata. Un male- un male tragico piombo sul suo corpo come il simoun; anzi mentre la contemplavo, lo spirito trasformatore passava su di lei e la rubava a poco a poco, impossessandosi della sua mente delle sue abitudini, del suo carattere, perturbando perfino la sua fisionomia in modo sottilissimo e terribile. Ahimé! il distruttore veniva e se ne andava; ma la vittima- la vera Berenice- che è diventata? Quella lì non la conoscevo o almeno non la riconoscevo più quale la Berenice di un tempo. Nel corteo numeroso di malattie apportate da quel fatale e principale attacco che produsse una rivoluzione così orribile nell’essere fisico e morale di mia cugina, la più tormentosa e la più ostinata era una specie di epilessia che spesso finiva in catalessi- catalessi che rassomigliavano in tutto alla morte, da cui essa, certe volte, si risvegliava in un modo brusco e improvviso. Nel tempo stesso il mio male- perché mi hanno detto che non potevo denominarlo altrimenti- il mio male aumentava rapidamente i sintomi erano aggravati dall’uso dell’oppio; e finalmente prese il carattere di una monomania di nuovo genere e mai vista. Ogni ora, ogni minuto, guadagnava in energia e alla fine conquistò su me il più strano e il più incomprensibile potere. Questa monomania se devo servirmi di questo vocabolo consisteva in una morbosa irritabilità delle facoltà dello spirito che il linguaggio filosofico comprende sotto il nome di “facoltà di attenzione”. È più che probabile che non sia capito; ma in verità, temo di non poter dare in nessun modo alla più gran parte dei lettori un’idea esatta di questa intensità d’interesse per la quale, nel caso mio la facoltà meditativa- eviterò il linguaggio tecnico – si applicava e si sprofondava nella contemplazione delle cose le più banali di questo mondo.
Riflettere infaticabilmente per ore ed ore, inchiodando l’attenzione su qualche puerile citazione in margine o nel testo di un libro- restare assorto per quasi tutta una giornata d’estate per un’ombra bizzarra che si allungava obliquamente sugli arazzi o sul pavimento- dimenticare tutto per una intera notte nel sorvegliare la fiammella diritta di un lume o la brace del caminetto- sognare giorni interi sul profumo di un fiore- ripetere in una maniera monotona qualche parola volgare fino a che il suono a forza d’esser ripetuto, non rappresenti più allo spirito nessuna idea- perdere ogni coscienza di movimento e di esistenza fisica in un assoluto riposo prolungato ostinatamente- queste erano alcune delle più comuni e perniciose aberrazioni delle mie facoltà mentali, aberrazioni che certamente non restano del tutto senza esempi, ma che certamente sfidano ogni spiegazione e ogni analisi. Anzi mi spiego meglio. L’anormale, intensa, morbosa attenzione eccitata così da oggetti in se stessi frivoli, non e di natura tale da confondersi con quella inclinazione al fantasticare che è comune a tutta umanità, a cui si abbandonano sopratutto le persone di ardente immaginazione.
Non solamente non era, come si potrebbe supporre a prima vista, un termine remoto, un’esagerazione di quell’inclinazione, ma anzi n’era differente per origine e per qualità. Nell’un caso il sognatore, l’uomo immaginativo occupato da un oggetto generalmente non frivolo, perde a poco a poco di vista il suo oggetto attraverso un’ infinità di deduzioni e suggestioni che ne scaturiscono fuori, cosicché in fondo ad una di queste meditazioni spesso piene di voluttà si accorge che l’incitamentum o causa prima delle sue riflessioni è completamente svanito e dimenticato. Nel caso mio invece il punto di partenza era sempre banale sebbene assumesse un’ importanza immaginaria e di rifrazione, traversando il campo della mia visione malata. Io facevo poche deduzioni- se pure ne facevo, e nel caso, esse tornavano ostinatamente all’oggetto principale come a un centro. Le meditazioni non erano mai piacevoli; e alla fine del sogno la causa prima lungi dall’essere fuori questione aveva raggiunto quell’importanza straordinariamente esagerata che era il tratto dominante del mio male. In poche parole la facoltà dello spirito in modo speciale acuita in me era, come dissi la facoltà, dell’attenzione, mentre che nel sognatore comune quella della meditazione.
In quel tempo i libri se non mi servivano proprio a irritare il male, partecipavano ampiamente come si può capire, nel loro carattere imaginativo e irrazionale, delle qualità peculiari del male stesso. Mi ricordo bene, fra gli altri del trattato del nobile italiano Celio Secondo Curione, Della grandezza del felice regno di Dio; la grande opera di S. Agostino, La Città di Dio e Della carne del Cristo di Tertulliano, il cui inintelligibile detto: credibile est quia ineptum est; sepultus resurrexit, certum quia est quia impossibile est– assorbì esclusivamente tutto il mio tempo, per più settimane di una laboriosa e infruttuosa investigazione.
Senza dubbio più d’uno concluderà che la mia ragione, scossa nel suo equilibrio da certe cose insignificanti, offriva una certa somiglianza con quella rocca marina di cui parla Tolomeo Efestio che resisteva immutabilmente a tutti gli attacchi degli uomini e al furore più terribile delle acque e dei venti e che fremeva al tocco del fiore chiamato asfodelo. A un giudice superficiale parrà semplicissimo e fuor di dubbio che la terribile alterazione prodotta della condizione morale di Berenice dalla sua malattia dovesse fornirmi più di una occasione ad esercitare questa intensa e anormale meditazione di cui a grave fatica ho potuto definirvi la qualità. Ebbene le cose non stavano punto in questo modo. Nei lucidi intervalli della mia infermità, la sua sventura mi cagionava è vero molto dolore; quella rovina totale della sua bella e dolce esistenza mi pungeva acutamente il cuore; io riflettevo spesso e amaramente sul modo misterioso e strano nel quale aveva potuto prodursi una sì rapida trasformazione. Ma queste riflessioni non avevano il colore proprio al mio male ed erano uguali a quelle che in circostanze analoghe si sarebbero presentate alla massa comune degli uomini. Quanto alla mia malattia, fedele al suo carattere, si faceva un pascolo dei cambiamenti meno importanti ma più visibili, che si manifestavano nell’organismo fisico di Berenice- nella strana e spaventevole distorsione del suo aspetto. È certissimo che nei giorni più luminosi della sua incomparabile bellezza io non l’avevo amata. Nella strana anomalia della mia esistenza, i sentimenti non mi sono mai venuti dal cuore e le mie passioni mi son sempre venute dallo spirito. Traverso alla pallidezza del crepuscolo- a mezzogiorno fra le ombre intrecciate della foresta- e la notte nel silenzio della mia biblioteca- essa mi era passata oltre gli occhi e io 1’avevo vista, non come la Berenice vivente e respirante, ma come la Berenice di un sogno, non come un essere della terra, un essere carnale, ma come l’astrazione di un tal essere; non come una cosa da ammirare, ma da analizzare non come oggetto di amore, ma come il tema di una meditazione tanto astrusa quanto anormale. E ora, ora tremavo al suo cospetto, impallidivo al suo avvicinarsi; intanto sebbene lamentassi amaramente la sua triste condizione di deperimento, mi ricordai che essa mi aveva amato lungamente e, in un momento infelice, le parlai di matrimonio. Il tempo fissato per le nostre nozze si avicinava quando un pomeriggio d’inverno- una di quelle giornate nebbiose che preparano la febbre al cuore- mi sedei credendomi solo nella stanza della biblioteca. Ma, alzando gli occhi, vidi Berenice dinanzi a me.
Fu la mia immaginazione sovreccitata, o l’influsso dell’atmosfera brumosa o la veste oscura, che avvolgeva la sua persona, che le diede quel contorno così tremante e indeciso? Non potrei dirlo. Forse dopo la sua malattia era cresciuta. Essa non disse una parola; e io non avrei pronunziato una sillaba per nulla al mondo. Un brivido gelato mi corse il corpo; una sensazione di angoscia insopportabile mi opprimeva; una curiosità divorante s’introdusse nel mio animo; e appoggiandomi riverso sulla poltrona rimasi un po’ di tempo senza moto e senza respiro cogli occhi inchiodati sulla sua persona. Ahimé era estremamente smagrita; dell’essere di una volta non era sopravvissuto vestigio né era rimasto neppure un lineamento. Finalmente i miei sguardi caddero sulla sua faccia. La fronte era alta, pallidissima e supremamente serena; i capelli, una volta di un nero corvino la coprivano in parte e ombravano le tempie incavate colle fitte anella, ora di un biondo caldissimo; e quel tono capriccioso di colore stonava dolorosamente colla malinconia dominante sulla sua fisionomia. Gli occhi erano senza vita e senza splendore, come senza pupille, e involontariamente io distornai lo sguardo da quella vitrea fissità, per contemplare le labbra affinate e aggrinzite. Esse si aprirono e in un sorriso stranamente espressivo i denti della nuova Berenice si rivelarono lentamente alla mia vista. Non li avessi mai guardati o fossi io morto subito dopo averli guardati.
Una porta chiudendosi mi scosse e, alzando gli occhi, vidi che mia cugina era uscita dalla camera. Ma nella camera sconvolta del mio cervello lo spettro bianco o terribile dei suoi denti restava e voleva andarsene più. Non una scalfittura, sulla superficie di quei denti, non un’ombra sul loro smalto, non una punta sul quel sorriso passeggero non fosse bastato a imprimere nella mia memoria. Anzi li vidi allora più nettamente che non poco prima. Quei denti! quei denti!- Essi erano qui- poi là, per tutto- visibili palpabili, dinanzi a me; lunghi stretti e bianchissimi, colle labbra pallide che si torcevano intorno, orribilmente tese, com’erano poco prima. Allora sopraggiunse la furia piena della mia monomania ed invano lottai contro la sua irresistibile influenza. Nella massa infinita degli oggetti del mondo esteriore, non avevo pensiero che per i denti. Tutte le altre cose, tutte le alterazioni diverse furono assorbite in quella unica contemplazione. Essi, essi soli, eran presenti all’occhio del mio spirito e la loro esclusiva individualità divenne il fulcro della mia vita intellettuale. Io li guardavo sotto tutte le luci; li volgevo in tutti i sensi; studiavo le loro qualità; osservavo i loro segni particolari; meditavo sulla loro conformazione. Riflettevo sull’alterazione della loro natura. Rabbrividivo attribuendo loro nella mia immaginazione una facoltà, di sensazione e di sentimento e anche, senza neppure il concorso delle labbra, una potenza d’espressione morale. Fu detto eccellentemente della signorina Sallé che tutti i suoi passi erano dei sentimenti e di Berenice io pensavo seriamente che tutti i denti erano delle idee.- Delle idee!- ah! ecco il pensiero assurdo che mi ha perduto!! Delle idee! ah! ecco dunque perché li desideravo così pazzamente! Sentivo che solo il loro possesso poteva restituirmi la pace e ripristinare la mia ragione. E la sera così discese su di me- e le tenebre vennero, si fissarono e poi se ne andarono- e una luce nuova comparve e le nebbie di una seconda notte si agglomerarono su di me- ed io ero sempre immobile in quella camera solitaria, sempre seduto, sempre sepolto nella mia meditazione, o sempre il fantasma dei denti manteneva la sua influenza terribile a tal punto che io la vedevo fluttuare qua e là e traverso la luce e le ombre cangianti della camera, colla più viva e la più orrida limpidezza. Finalmente in mezzo ai miei sogni scoppiò un gran grido di dolore e di spavento al quale successe dopo una pausa, con suono di voci desolate, intramezzato da gemiti sordi di dolore e di lutto. Io mi alzai e aprendo una delle porte della biblioteca trovai nell’anticamera un servo piangente che mi disse che Berenice non viveva più! Era stata presa dall’epilessia nella mattinata; e ora, sul cader della notte, la fossa aspettava la futura abitatrice e tutti i preparativi del seppellimento erano terminati.
…
Il cuore grave di angoscia, oppresso da sbigottimento, mi diressi con una certa ripugnanza nella camera da letto della defunta. La camera era vasta e oscura e ad ogni passo inciampavo nei preparativi della sepoltura. Le cortine del letto, mi disse un domestico, erano chiuse intorno alla bara, e dentro a questa bara, aggiunse o, voce bassa, giaceva tutto quel che restava di Berenice. Chi fu dunque che mi domandò se volevo rivedere il corpo? – Io non vidi che nessuno muovesse le labbra; eppure la domanda era stata proprio fatta e l’eco dell’ultime sillabe strascicava ancora nella camera. Era impossibile opporsi e con un senso di oppressione mi trascinai accanto al letto. Sollevai adagio il cupo panno dello cortine, ma nel lasciarle ricadere discesero sulle mie spalle e separandomi dal mondo vivente mi chiusero nella più stretta comunione colla defunta. Tutta l’atmosfera della camera sapeva di morte; ma l’odore particolare della bara mi faceva male, e mi pareva che un odore deleterio esalasse già dal cadavere. Avrei dato l’oro del mondo per scappare, per fuggire il pernicioso influsso della morte per respirare ancora 1’aria pura dei cieli immortali. Ma non avevo più la forza di muovermi; i ginocchi mi vacillavano; avevo preso radice nel suolo, guardando fissamente il cadavere rigido, steso in tutta, la sua lunghezza nella bara aperta. Dio del cielo! è mai possibile? Il mio cervello delira? o il dito della defunta si è mosso sotto la tela bianca che lo chiude? Tremando di un terrore indescrivibile alzai gli occhi lentamente per vedere la faccia del cadavere. Avevano messo una benda intorno alle mascelle, ma non so come si era sciolta. Le labbra livide si torcevano in una specie di sorriso e traverso alla loro melanconica cornice i denti di Berenice bianchi, lucenti terribili mi guardavano ancora con una realtà troppo viva. Io mi scostai convulsamente dal letto e senza dir parola mi slanciai come un maniaco fuor di quella camera di misteri, di orrore e di morte.
…
Mi ritrovai nella biblioteca, ero e solo. Mi sembrava di uscire da un sogno confuso ed agitato. Vidi che era mezzanotte ed io avevo preso le mie precauzioni perché Berenice fosse sepolta subito dopo il tramonto. Ma di quel che accadde durante quel lugubre intervallo non ho conservato memoria certa né chiara. Pure la mia mente era ingombra di orrore, tanto più orribile quanto più vago, di un terrore che l’ambiguità rendeva più spaventoso. Era come una pagina paurosa nel registro della mia esistenza scritto interamente con ricordi oscuri, orrendi e inintelligibili. Mi sforzai di decifrarli, ma invano. Pure di tanto in tanto simile all’anima di un suono fuggevole, un grido sottile e penetrante- come voce di donna- mi sembrava che si ripercuotesse nelle mie orecchie. Io avevo fatto qualche cosa, ma che cos’era mai? Io mi rivolgevo la domanda ad alta voce e gli echi della camera mi bisbigliavano per tutta risposta: Che era mai?
Sulla tavola accanto a me ardeva una lampada e accanto c’era una piccola scatola di ebano. Non era una scatola di stile notevole e 1’avevo già vista più volte perché apparteneva al medico di famiglia; ma come mai era venuta lì, sulla tavola, e perché mi venivano i brividi a guardarla? Eran cose che non valeva la pena di attrarre l’attenzione; ma gli occhi mi caddero alla fine sulle pagine aperte di un libro e su una frase sottolineata. Erano le parole bizzarre, ma molto semplici del poeta Ebn Zaiat: Mi andavan dicendo i compagni miei che se avessi visitato il sepolcro dell’amica i miei affanni sarebbero alquanto allievati.
Perché mai dunque a leggere quelle linee mi si rizzarono i capelli sulla testa e il sangue mi si ghiacciò nelle vene? Un colpo fu battuto alla porta, e un servo, pallido come un cadavere, entrò sulla punta dei piedi. Aveva gli occhi sconvolti dallo spavento, e mi parlo con voce bassissima, tremante, soffocata. Che mi disse? Io sentii qualche frase qua e là. Mi raccontò, sembra, che un grido spaventoso aveva turbato il silenzio della notte, che tutti i domestici si eran riuniti, e che avevan cercato nella direzione del suono, poi la sua voce bassa divenne chiara in modo da darmi i fremiti parlandomi di violazione di sepoltura, d’un corpo sfigurato, spogliato del lenzuolo, ma che ancora respirava e palpitava, che viveva ancora.
Mi guardò i vestiti; erano imbrattati di fango e di sangue aggrumato. Senza far parola mi prese dolcemente per mano; la mia mano aveva delle impronte di unghie umane. Poi richiamò la mia attezione sopra un oggetto appoggiato al muro, 1o guardai qualche minuto. era una vanga. Mi gettai con un grido sulla tavola ed afferrai la scatola di ebano, ma non ebbi la forza di aprirla e nel tremito mi sfuggì di mano, cadde pesantemente e andò in pezzi; ne uscirono rotolando con fragore di terraglia degli strumenti da dentista e con essi trentadue piccole cose bianche, simili ad avorio, che si sparpagliarono qua e là sul pavimento
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intro post
on this blog you'll find mostly historical hetalia, maybe occasionally other things that catch my interest. i mostly stick to medieval and early modern stuff because that's the period i know, but i try to have a broad range of interests.
i draw and write for this fandom! art will be posted here, fic is on my ao3
i have one primary OC that i focus on and often draw and post about friend's OCs (credit will always be given!) I'll post an OC directory later but for now here is a quick rundown of the ones that appear most often on this blog
florence (fiora/flora/fiorella depending on the spelling) is my creation, my material girl
pisa, mopey scholar™ belongs to my dear friend who isn't online very much
papal states (pietro) kind of emerged from several people but i am indebted to @grapeautumn primarily
i shamelessly use all of @absolvtely-barbaric's OCs but in terms of art there will be a lot of fem!rome on this blog. mamma mia domina
should probably say here that i mostly disregard canon whenever i want. most commonly this comes up as:
italies are not children during the renaissance but roughly the same age as the other characters in their proximity! HRE is usually stuck as a child because of geopolitical circumstances, but increasingly I've been considering adult!HRE, just because it's interesting.
germania does not exist. there are like, 48574958 different germanias
generally adjusting ages and sometimes order of events to fit a more historical narrative
ships you'll find on this blog
spaus (thanks to them for my url+color scheme+all my bad decisions. they were married for 195 slutty slutty years and made it everyone else's problem)
fruk (waterloo.mp3)
prufra (i've been getting into this for the last year and it's ruined my entire life thanks for asking.)
pruhun (nfwmb.mp3)
spamano (roma suffered being the side piece for two centuries but he came out on top. so to speak)
hre/veneziano (karl has been feli's problem since the 900s. love wins.)
hre/all italies except milan and papal states (except actually totally with papal states)
rome/ancient greece (helen/paris-coded in the streets, ulysses/penelope-coded in the sheets)
veneziano/turkiye (feli went from "omg noooooo he destroyed constantinople!" to "haha so you'll give me a discount on silks? really? wow you're so handsome" real quick)
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A friend showed me screencaps of a scene from Domina, and I knew what I had to do, because it was perfect for Helen and Paris.
The screencaps this was based on under the cut!
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Tradizionalmente, non a torto, l’alpinismo è visto come una pratica aristocratica di destra. Lo scalatore è un solitario che riconosce i suoi pari soltanto nel numero ristretto di fortunati che salgono in vetta come lui (cfr. Evola, “Meditazioni delle vette”). In questo ambiente ultraselettivo, incentrato sull’abnegazione e sul coraggio domina l’estetica della giovinezza: leggeri, magri come gatti, con uno zaino piccolissimo, gli scalatori praticano una frugalità ostentata, portano a termine in poche ore quello che a voi richiederebbe due giorni. C’è in loro un ascetismo che combina l’eleganza con la potenza e li si immagina come stambecchi saltellanti di cui si invidia la grazia.
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Agenda de novembre au donjon le 9 novembre apt 14h le munch de Waterloo
Le bar du donjon organise un spectacle transformiste avec miss Sovanja
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MIS LECTURAS DEL 2022
Va una lista de mis lecturas favoritas de este año. Quiero saber cuáles fueron las tuyas y por qué. En esta lista vienen cuentos, crónicas, autores; no me concentro en libros exclusivamente.
1-THE PENGUIN BOOK OF THE UNDEAD . Un magnífico recorrido por las apariciones de muertos y fantasmas desde la antiguedad clásica hasta el renacimiento. Las series de la editorial Penguin, muy bien investigadas y editadas, son de un gran valor literario y son, al mismo tiempo, buenas fuentes de entretenimiento, combinación esencial para despertar el interés por la lectura en tiempos donde el entretenimiento banal e inconsecuente domina nuestra cotidianidad. De la misma línea tenemos el libro de los exorcismos, de las brujas y del infierno. ¡Un gran viaje por la oscuridad!
2-SCHOPENHAUER: Parerga y Paralipómena. Me identifico mucho con mi tío Arthur por su pesimismo pero también por su manera de percibir a la naturaleza, como una fuerza ciega e irrefrenable. Y eso la convierte en un escenario de terror natural tremendo. Lo asocio vagamente con el terror cósmico de Lovecraft. Porque dentro de este escenario no existe un dios benévolo que ve por sus criaturas sino un vacío tremendo sin sentido.
Sus apuntes sobre los libros y la lectura son una delicia. Ah, y el capítulo sobre fantasmas, un tema favorito. Pero lo que más disfruto es que un filósofo de este nivel haya escrito sobre una variedad de temas que son de interés para todos, algo que los filósofos de hoy lo hacen cotidianamente. Eso, me parece, es la base de la filosofía: cuestionar, comentar nuestras cosas y preocupaciones de todos los días bajo distintos puntos de vista.
3-ODISEA, de Carlos García Gual. No se habla de "regresar a los clásicos"; ellos nunca se han ido ni nosotros nos hemos alejado de ellos. Son una presencia y garantía constante. Esta versión de García Gual logra despertar emociones y mantener vivo el interés por una obra que es parte esencial de nuestra cultura. Releer no para mantener viva esta litaratura, sino para descubrirnos de otra manera con cada nueva visita a estos textos. No conozco a nadie que habiendo leído la Odisea no se haya emocionado, y todos los que la hemos leído recordamos siempre una parte epecífica de ese viaje maravilloso.
4-LEONID ANDREYEV. Wow: un redescubrimiento. Había leído un par de cuentos en antologías y siempre me quedó la curiosidad de saber más de él. Su cuento "Lázaro" es de los 5 mejores que he leido. Le sigue "fantasmas", “abismo” y otos más. En mi nunca humilde opinión, se le debería poner más atención.
5-¡BORGES!Quien no ha leído a Borges está perdido. La editorial Lumen ha sacado una serie de entrevistas y conferencias del escritor argentino que rebozan sabiduría y sorpresa. Junto con Eco, es de mis escritores favoritos y los que más estimulan la mente. Imprescindible.
6-THE PARIS REVIEW: 1953-2012. Grandes entrevistas a escritores e intelectuales. Leer una entrevista es escuchar un monólogo entre una persona de interés que sólo quiere hablar de su obra y de sí mismo y un periodista que le importa un carajo lo que el escritor diga con tal de sacar una buena nota. Aquí el mejor ejemplo. Encontrará a su escrito favorito hablando un poco de todo. Pero lo más revelador siempre será que estos intelectuales muestran facetas y puntos de vista que parecieran no tener nada que ver con lo que escribieron. Hay muchas entrevistas: estamos ante un pequeño y conciso universo de opiniones y vivencias. Muy entretenido e ilustrativo.
7-GILCHRIST. Leyendo los cuentos de Robert Murray Gilchrist pareciera a veces como si los personajes atravesaran esta frontera, dibujada en un ambiente liminial, entre nuestro mundo y esas otras realidades alternativas, un poco como lo que ocurre en The willows, de Algernon Blackwood. Se percibe una especie de ensoñación que se desarrolla entre una densidad neblinosa, en la oscuridad de los bosques y las brumas de la mañana, pero estos ambientes terminan por absorber el destino de los personajes, los cuales, por fortuna, nunca terminan bien. Un viaje por oscuras y mágicas creencias de las islas británicas y su rico pasado imaginativo, pero con un toque sombrío y decadente que nos envuelve en esta atmósfera que no tiene salida.
8-¡TENSIÓN! Una de las características fundamentales en los cuentos de Shirley Jackson es la manera magistral de crear tensión a partir de situaciones cotidianas, inocuas. Generar conflictos desde la mecánica rítmica de los ritualitos, la rutina. De la misma manera en que otros autores descubrieron que justamente ahí se hallaba la base para construir una literatura de horror, Jackson aprovecha para descubrir -¿catalizar?- represiones, odios, rencores, complejos y otras pasiones normales y construir thrillers que rallan en el homicidio, la locura, el linchamiento. Cuentos como The people of the lake, The lottery, Trial by combat, o Charles, que trata de un niño que proyecta su personalidad conflictiva en un niño inexistente, utilizan este recurso para construir poco a poco un ambiente siniestro que progresa, algunas veces, hasta consecuencias fatales, otras, a finales abiertos que nos dejan con una gran inquietud.
Luego de leer estos textos uno se formula algunas preguntas; ¿Hasta dónde estiramos la liga de la tensión acumulada por las presiones cotidianas? ¿Cómo opera este mecanismo inconsciente que nos reprime al momento de querer o tener esta imperiosa necesidad de estallar, de liberar emociones? ¿Qué ocurre cuando estas reacciones suprimidas se canalizan de manera social y de esa manera justificamos su expresión? ¿Qué papel juegan las leyes, la moral y las costumbres aprendidas en casa y en la calle en la manera en que nos comportamos? Estas preguntas las aborda la señora Jackson en textos ya clásicos de la vida cotidiana escritos hace ya tantas décadas pero que parecen escritas hoy.
9-LIAO YIWU. Extraordinario narrador chino contemporáneo. Crónicas como El adivino y el embalsamador nos remontan a escenarios donde se entremezclan magia, tradición y política para crear una extraña ambientación que denuncia al tiempo que nos conecta con realidades suprimidas por una ideología. Vetado en China, es una voz indispensable para comprender la evolución de sociedades forzadas a creer unas cosas y dejar de creer otras, bajo estériles consignas de libertad y bienestar popular.
10-THE BRITISH LIBRARY. Una colección que recién descubrí este año y que me ha obsesionado. Muy buenas antologías de -cuento principalmente- y textos de temas varios, vistos desde el umbral del terror, la fantasía y el género weird. Así, se cuentan títulos que cubren los siguientes temas: cuentos de terror sobre la navidad, sobre las costas de Inglaterra, el terror en la tecnología, el horror de y en los mares, fantasmas y apariciones de niños, escritores poco conocidos de la época victoriana, insectos, fenómenos atmosféricos, terror en los polos, plantas asesinas, dimensiones extrañas, etc. Una gran colección que nos permite acudir a toda esta variedad de temas en cualquier momento.
11-MEDIEVAL GHOST STORIES (Andrew Joynes), SUPERNATURAL ENCOUNTERS: DEMONS AND THE RESTLESS DEAD IN MEDIEVAL ENGLAND de Stephen Gordon y THE DIALOGUE ON MIRACLES de Cesáreo de Heisterbach. Tres libros para entender la percepción del fantasma y otros fenómenos paranormales en el medievo europeo. Se cuentan historias terribles y otras que rayan en lo fantástico. En muchas se aprecia el tono moralizante pero hay otras crónicas que arrastran una tradición nórdica anterior al cristianismo y en las cuales se puede ver este paganismo vivo y en constante desarrollo. Lo interesante es que no fue sino hasta finales del siglo XVIII cuando todos estos fenómenos comienzan a trasladarse de la superstición cotidiana y religiosa hacia el fenómeno literario. Ahí comienza otra historia.
12-¡EL QUIJOTE! Dicen que el Quijote es lectura obligada. Yo digo que usted debe leer lo que le salga del forro de las pelotas. A mí siempre me ha fascinado este libro y yo lo considero indispensable. El tono y el humor aquí son absolutamente necesarios para entender una faceta de la naturaleza humana que con frecuencia nos salva de serios descalabros alimentados por el odio y la intolerancia. Además, la edición actualizada de Andrés Trapiello refresca el viejo español, susituyendo arcaísmos y frases ininteligibles, logrando una lectura más fluida.
13-LA TRAGEDIA DEL DOCTOR FAUSTO, Christopher Marlowe. No sólo es la segunda obra de teatro más vista en la historia, representa nuestro último gran mito en occidente. El doctor Fausto vende su alma al diablo por sabiduría. ¿Pero es esto lo que realmente ocurre aquí? Hay algo más; esta transacción representa más bien la transición de la superstición a la ciencia, al pensamiento racional. La venta del alma es en realidad la negación de la misma y la sabiduría adquirida se fundamenta en lo experimental, lo científico. Tal vez con la intención de acercarnos más a dios para destruirlo, y ahí podría estar focalizado el conflicto del conocimiento. Y también está el tema del Círculo Mágico; en tanto que se trata de una estructura que viene de la antigüedad en este caso no se utiliza como elemento para contener o proteger, sino como un medio comunicativo. Lo que hace esta estructura es permitir el acceso no a una realidad paranormal o sobrenatural, sino acercarnos a la posibilidad de conocer facetas de la naturaleza por ahora inaccesibles y misteriosas.
14-¡CONAN! Robert E. Howard. Confieso que nunca lo leí. Vi la película con Arnold Schwarzeneger en la secundaria pero fue tiempo después que descubrí quién era su autor, y esto porque me encontraba leyendo sus cuentos de terror. No soy fan de la literatura fantástica pero Conan me parece formidable y a esto hay que agregar el manejo del lenguaje por parte del autor, capaz de crear atmósferas increíbles y generar vivas e intensas emociones. Los episodios de Conan el Cimerio atrapan, arrebatan y cuando uno termina la lectura sentimos ese típico vacío que nos deja añorando por más. Y claro, ya que estamos tocando el tema del cuento fantástico, no me voy sin recomendar a Lord Dunsany, pero de él hay que hablar en detalle en otra ocasión.
EPÍLOGO. Leer es una gran aventura. En tanto que sí hay literatura chafa y superficial, debemos inclinarnos por aquellos textos que tengan no sólo un impacto personal, sino una hechura correcta. Los clásicos bien pueden ser garantía de esto, por eso siempre se recomienda tenerlos a la mano. Y si estudiamos los textos que analizan estas obras nuestro nivel de comprensión y gozo de las mismas será mayor. Pero, como dije en el caso de Conan, también se lee para distraerse y arrebatarse, para sumergirse en esos mundos fantásticos que nos sacan momentáneamente de los rituales, rutinas y hábitos cotidianos. Y así como los médicos recomiendan una alimentación saludable basada en proteínas, carbohidratos, frutas y verduras, así con la lectura: se debe leer un poco de todo para tener una constitución y salud intelectual adecuadas.
Por lo pronto hay varios libros que aún no termino y ya se nos viene encima el 2023, así que habrá que or viendo qué títulos se van presentando y qué tendencia tomaré este año que viene.
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Ad domina
22.11.22
I will love you
In Paris
I love you
Sacre coeur
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Il Toro domina a Verona,con brivido finale.Granata capolisti per una notte
Pesante vittoria del Torino che passa 3-2 a Verona. In gol Sanabria (che sbaglia anche un rigore), Zapata e Che Adams, in mezzo il pari provvisorio di Kastanos, tardiva la rete di Mosquera sul gong. Decisiva, però, l’espulsione di Dawidowicz al 21′ che condiziona il resto della partita. Almeno per una notte i granata si godono la vetta della classifica di Serie A. Verona-Torino, cronaca del…
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Paraolimpíadas de tênis em cadeira de rodas de 2024: o dominador Tokito Oda #ÚltimasNotícias #Suiça
Hot News – O japonês Tokito Oda, de 18 anos, domina o tênis em cadeira de rodas Aos 15 anos ele era profissional e aos 17 era o mais jovem vencedor desde o início do tênis em cadeira de rodas. Tokito Oda reivindica ouro em Paris. Thomas Hahn Publicado hoje às 8h23 Tokito Oda, tenista em cadeira de rodas de 18 anos do Japão. Foto: Christophe Ena (Keystone) Assine agora e aproveite a função de…
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OSMAR OLVERA GANA MEDALLA DE BRONCE EN TRAMPOLÍN INDIVIDUAL
Paris, Francia., jueves 8 de agosto de 2024.-El mexicano Osmar Olvera consiguió su segunda medalla en París 2024, tras lograr el Bronce en el trampolín individual de 3 metros
Como un avión, Osmar desplegó sus alas y voló del trampolín hacia el Bronce olímpico. Se dice que el trampolín está diseñado del material con el que se elaboran las alas de un avión. Osmar voló alto en París para convertirse en doble medallista olímpico 40 años después del último mexicano que ganó dos preseas en una misma edición de Juegos Olímpicos: Raúl González en Los Ángeles 1984. Con tan solo 20 años logró su segunda presea olímpica en París. Solo abajo del 1-2 de China, en la prueba de trampolín individual de 3 metros. Osmar no había nacido cuando Fernando Platas había ganado medalla olímpica en esta prueba hace 24 años. Hoy es el nuevo rey del aire.
Sus puntas no son simples puntas, son las puntas de un clavadista que practica ballet para mejorar sus saltos. Son las puntas de un clavadista bailarín dotado de elegancia que se ayuda del viento. Su tercer clavado, dos vueltas y media hacia atrás, recibió calificaciones de 6.0, pero aún se mantuvo en la pelea por el Bronce debajo de los chinos Wang Zongyuan y Xie Siyi, que tiraron arriba de los 90 puntos. Un salto que provocó angustia del público en el Centro Acuático, pero que no lo sacó del podio. El grado de dificultad comenzó a subir, la atmósfera en el público se calentó y la presión en el trampolín se intensificaba. Los aficionados mexicanos ya no tenían uñas ni garganta. En la cuarta ronda tiró un clavado de 98.80, de casi 100 puntos. A Osmar no le gustan el camino fácil, su entrenadora, la china Ma Jin, le ha sugerido bajar su grado de dificultad y hacer clavados más sencillos, pero el mexicano se ha negado, por lo que su lista de saltos es una de las de mayor grado de dificultad. La estrella mexicana fue uno de los afectados por el retiro de becas deportivas de la Conade. En torneos internacionales compitió sin su entrenadora. A pesar de esto ha logrado tres metales dorados en Juegos Panamericanos, cuatro medallas en Mundiales y ahora dos preseas en los Olímpicos. Con su último clavado sabía que estaba en el podio, agitaba los brazos, bebía de su propia confianza. Osmar es el nuevo genio que domina el viento.
(Agencia Reforma)
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Napoli in testa: le città più amate per le vacanze
I viaggi rappresentano un'occasione per rilassarsi, esplorare nuovi luoghi e immergersi in culture e tradizioni diverse. Ma quali sono le destinazioni preferite dagli italiani? Un recente studio svela i luoghi più cercati per trascorrere le vacanze, rivelando tendenze interessanti e sorprendenti in Italia e all’estero. Sardegna al Nord, Puglia al Sud: le mete italiane più amate Tra le regioni italiane è da segnalare la popolarità crescente di Basilicata e Umbria, precedute da destinazioni classiche come Toscana e Trentino. In testa le due grandi isole e una regione marittima che ha guadagnato grande popolarità negli ultimi anni. Sorpende in questo caso l’assenza di Campania e Lazio. Interessante anche la distribuzione geografica che vede una netta divisione tra nord e sud del paese: al nord domina la Sardegna, mentre al sud si distingue l’interesse per la Puglia. Albania meglio degli Stati Uniti, avanza la Turchia Tra le mete estere per le vacanze, Tunisia e Marocco aprono la top 10 seguiti da Portogallo e Turchia, mentre fa notizia la posizione bassa della Spagna. In cima alle preferenze Croazia, Grecia e Albania, con quest’ultima che ha recentemente superato gli Stati Uniti grazie alla promozione delle sue bellezze naturali. Le preferenze variano significativamente a seconda delle regioni italiane, con un forte interesse per l'Albania al sud e per la Grecia al nord; in calo l’Egitto. Questi dati offrono uno sguardo interessante sulle scelte di viaggio degli italiani, lasciando spazio per ulteriori approfondimenti nella ricerca completa. Vacanze: Assente Roma, Napoli in testa Lo studio prosegue con l’analisi delle città italiane più cercate e con una sopresa: l’assenza di Roma. Siracusa, Mantova, Peschiera del Garda e Trieste occupano le ultime posizioni, mentre Bologna e Firenze si confermano mete intramontabili. Sul podio le soprendenti Matera e Ortigia, in testa Napoli con un ampio margine di vantaggio (con il capoluogo campano che ‘vendica’ così l’assenza della regione nella prima classifica). A livello regionale, Napoli prevale nella maggior parte delle regioni, su tutte Sardegna, Abruzzo e Liguria, mentre Firenze domina in Toscana e Valle d'Aosta. Quattro città spagnole in classifica, ma la vetta delle vacanze è portoghese La ricerca si conclude con il ranking delle città estere, aperto da Berlino, Barcellona e Madrid a pari numero di ricerche, con New York che rappresenta l’unica città non europea in settima posizione. Il primato spagnolo è confermato da Valencia e Siviglia (quinto e quarto posto), mentre le imperiali Vienna e Budapest occupano i gradini più bassi del podio. Lisbona emerge come la città più cercata con 900 ricerche. Le preferenze regionali variano notevolmente: Valencia in Emilia-Romagna, Vienna in diverse regioni del centro-sud (ma la percentuale più alta è nel vicino Friuli) e Budapest in Sardegna, Puglia, Veneto e Trentino. Lisbona riscuote il maggior successo nelle Marche. Foto di Lajos Móricz da Pixabay Read the full article
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Domina Paris & Hawkman/Carter Hall by Grag Land, Jay Leisten #comicart #comicbookart
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