#divise ciclismo
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elrincondelfanatico · 1 year ago
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ERdF 502 - La historia de los 24 juegos perfectos de la MLB ⚾💥🤯⚾
06:04 Iniciamos con la seccion de la MLB, con el paneo de la liga. Dimos la historia de los 24 juegos perfectos de la MLB. De igual manera, la historia de los pitchers que perdieron el juego perfecto en la 9° entrada. Platicamos del roster del juego de estrellas. Cerramos con la capsula ( Por que los guantes de las diferentes posiciones son de diferentes tamaños y caracteristicas ).
50:42 Platicamos de los resultados del GP de Austria en la F1.
55:55 Comentamos de los resultados del torneo de Wimbledon en el tenis.
01:00:00 Dimos los resultados de la Tour de France en el ciclismo.
01:03:37 Cerramos el podcast con la seccion de la NFL. Donde hicimos un analisis de la division del Este de la Conferencia Americana.
Los invitamos a compartir nuestro podcast en sus redes sociales, para que asi lleguemos a mas personas.
Pueden escuchar nuestro podcast en las siguientes herramientas:
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personal-reporter · 1 year ago
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Montagne piemontesi
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Il Piemonte è una regione montuosa situata nel nord-ovest dell'Italia, che comprende le Alpi Occidentali e le Alpi Graie. Questa regione è conosciuta per le sue montagne spettacolari, che offrono alcune delle migliori opportunità di escursionismo e sport invernali in Italia. Le montagne del Piemonte sono divise in diverse catene montuose, tra cui le Alpi Marittime, le Alpi Cozie, le Alpi Graie e le Alpi Pennine. Ogni catena montuosa offre paesaggi unici e diverse attività all'aria aperta per i visitatori. Le Alpi Marittime Le Alpi Marittime si estendono lungo la costa della Liguria e confinano con la Francia. Questa catena montuosa è caratterizzata da picchi rocciosi, foreste e alpeggi. La vetta più alta delle Alpi Marittime è il Monte Argentera, che raggiunge un'altitudine di 3.298 metri. Le Alpi Cozie Le Alpi Cozie sono una catena montuosa che si estende dal Monviso, la vetta più alta della catena, fino al confine francese. Questa catena montuosa offre alcuni dei migliori sentieri escursionistici della regione, tra cui il sentiero dei Rifugi, che attraversa i monti del Monviso, e il sentiero GTA, che attraversa le Alpi Cozie dal confine francese al mare Adriatico. Le Alpi Graie Le Alpi Graie si trovano tra il confine francese e le Alpi Pennine e sono caratterizzate da vette maestose, ghiacciai e foreste. La catena montuosa delle Alpi Graie include il Monte Bianco, la vetta più alta delle Alpi e dell'Europa occidentale, che raggiunge un'altitudine di 4.810 metri. Le Alpi Graie offrono molte opportunità per lo sci e lo snowboard, con alcune delle migliori stazioni sciistiche d'Italia come Courmayeur, La Thuile e Sestriere. Le Alpi Pennine Le Alpi Pennine si trovano sulla frontiera svizzera e confinano con le Alpi Graie a sud e le Alpi Cozie a sud-est. Questa catena montuosa è caratterizzata da picchi, valli e ghiacciai, tra cui il Monte Rosa, la seconda vetta più alta d'Italia, che raggiunge un'altitudine di 4.634 metri. Le Alpi Pennine sono anche famose per il Matterhorn, la montagna a forma di piramide che si trova sulla frontiera tra Italia e Svizzera. Attività all'aria aperta Le montagne del Piemonte offrono una vasta gamma di attività all'aria aperta, tra cui escursioni, trekking, arrampicata, sci e snowboard. I visitatori possono esplorare le montagne del Piemonte attraverso una serie di sentieri escursionistici e trekking, tra cui il sentiero dei Rifugi, il sentiero GTA e il Cammino di Santiago. Per gli appassionati di sci e snowboard, le stazioni sciistiche delle Alpi del Piemonte offrono piste per tutti i livelli di abilità, dalle piste facili per i principianti alle piste più difficili per gli esperti. Alcune delle migliori stazioni sciistiche del Piemonte includono Sestriere, Bardonecchia, Sauze d'Oulx, Limone Piemonte e Courmayeur. Inoltre, le montagne del Piemonte offrono anche molte opportunità per il ciclismo, il rafting, la pesca e l'osservazione della fauna selvatica. I parchi naturali del Piemonte, come il Parco Nazionale del Gran Paradiso, il Parco Naturale delle Alpi Marittime e il Parco Naturale del Monte Avic, offrono un ambiente naturale incontaminato e un habitat per una vasta gamma di specie animali, tra cui camosci, stambecchi, lupi e aquile. Cultura e tradizioni Le montagne del Piemonte non sono solo una destinazione per attività all'aria aperta, ma anche una fonte di cultura e tradizione. L'arte, l'artigianato e la cucina del Piemonte riflettono l'influenza delle montagne sulla vita e la cultura della regione. L'arte del Piemonte ha una forte tradizione religiosa, con molte chiese e monasteri che ospitano opere d'arte, tra cui dipinti e sculture di artisti come Gaudenzio Ferrari, Giovanni Martino Spanzotti e Defendente Ferrari. L'artigianato del Piemonte è noto per la produzione di tessuti pregiati, tra cui la seta di Chieri e i tessuti di lana delle valli montane. La cucina piemontese è rinomata per la sua semplicità e genuinità, utilizzando ingredienti freschi e di stagione, molti dei quali coltivati ​​nelle valli e nelle montagne della regione. La cucina del Piemonte è famosa per i suoi formaggi, tra cui il gorgonzola, il Castelmagno e il Toma Piemontese, e per le sue specialità di carne, come la carne cruda di Fassone e la bollito misto, un piatto a base di carne bollita servita con una salsa verde. La regione è anche famosa per i suoi vini pregiati, tra cui il Barolo, il Barbaresco e il Dolcetto d'Alba. Conclusioni Le montagne del Piemonte offrono una vasta gamma di attività all'aria aperta, cultura e tradizione. Le quattro catene montuose offrono paesaggi unici e molte opportunità per esplorare la natura e le tradizioni locali. Con sentieri escursionistici e piste da sci di classe mondiale, il Piemonte è una destinazione ideale per gli amanti della natura e degli sport invernali. Inoltre, la cultura, l'arte e la cucina della regione offrono un'esperienza autentica e memorabile per i visitatori che desiderano conoscere il Piemonte oltre le montagne. FONTI - Sito ufficiale della Regione Piemonte: https://www.regione.piemonte.it/web/ - Sito ufficiale del Turismo del Piemonte: https://www.visitpiemonte.com/ - Sito ufficiale delle Alpi del Piemonte: https://www.alpidelpiemonte.it/ - Sito ufficiale della Montagna del Piemonte: http://www.montagnapiemonte.it/ - Sito ufficiale delle stazioni sciistiche del Piemonte: https://www.skipasspiemonte.it/ - Sito ufficiale della cultura piemontese: https://www.cultura.piemonte.it/ - Sito ufficiale della cucina piemontese: https://www.gazzettadelgusto.it/cucina-piemontese/ - Sito ufficiale dei parchi naturali del Piemonte: http://www.parks.it/regione.piemonte/index.php Read the full article
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tempi-moderni · 3 years ago
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Le prime olimpiadi della storia moderna, si svolsero a Berlino nel 1936 e furono consacrate da Adolf Hitler. La cerimonia di apertura fu filmata e il segnale radio televisivo risultò così potente da superare il confine della nostra galassia. Oggi come allora, con l'eccezione degli extraterrestri che avessero avuto la sfortuna di intercettarlo, il messaggio è sempre lo stesso: celebrare il superuomo, inteso come filosofia non me ne vogliano le femministe.
Chiunque si spinga oltre i limiti della fisiologia umana, superando record inutili considerando il fatto che è nella natura di ogni organismo cambiare le sue caratteristiche. Virus compresi.
Da qui, celebrale non più l'eroe classico della battaglia di Maratona o il semidio Achille, piuttosto il primo che arriva sul podio (ma ci accontentiamo anche del quarto posto) e più la sua storia personale è travagliata e strappalacrime, meglio funziona. Mai visto tanto panem et circenses (più quest'ultimo ovviamente dato che in Giappone c'è solo il riso). Anche lo zio Adolfo sarebbe stato fiero di queste olimpiadi, nate sulle ceneri di una pandemia inimmaginabile anche per il Dottor Mengele. Avrebbe chiuso tutti e due gli occhi sulle vittorie di donne e neri, l'importante sarebbe stato mandare avanti la propaganda.
Mussolini avrebbe forse storto un po' il naso per le divise dei nostri atleti giacche preferiva colori più scuri ma avrebbe sicuramente tifato per ogni gara di ciclismo e se non avesse vinto un italiano avrebbe giurato di far bere al malcapitato un litro di olio di ricino.
Comunque l'Istituto Luce avrebbe trasmesso ogni gara, accompagnandola dalla voce stentorea dell'unico speaker dell'epoca e due fasci littori come logo.
Altro che Switch Off! Sarebbe uscita un'edizione speciale di Tarzano (i nomi dovevano essere per forza italianizzati)
L'importante è sentirsi italiani solo per lo sport, tanto ormai le auto e le donne non rientrano più neanche nei discorsi al bar o dal barbiere causa Maneskin e sedicenti cantanti trap.
Protestare contro il caro vita, la disoccupazione e i morti sul lavoro è passato di moda.
Meglio il lancio del peso, Cornetto Battiti Live e la Messa della domenica.
Genuflessi e penitenti come agnelli di Dio.
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chaoticstudentcomputer · 4 years ago
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libero-de-mente · 5 years ago
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DIARIO DI UNA QUARANTENA
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• GIORNO 6
Il campionato sospeso.
La notizia ufficiale è arrivata, con disperazione di buona parte dei calciofili che speravano nelle partite televisive per rendere meno pesante la quarantena, il campionato di serie A è sospeso.
Come se non bastasse l’emergenza ci ha privato anche della Formula 1, del basket, della boxe, del ciclismo, della corsa di tartarughe e di qualsiasi altra disciplina sportiva immaginabile. Una tragedia nella tragedia.
Torniamo alla disciplina calcistica, il tam tam nella chat di condominio è diventato il trend topic, uno dei momenti per superare la reclusione casalinga grazie al campionato di calcio, delle coppe europee viene inesorabilmente a mancare.
Gli hashtag #comecazzofacciamo, #ilcalciononsitocca, #mitoccaascoltaremiamoglie o #senzacalciomuoio sono diventati virali.
L’ingegno dell’uomo però esce proprio quando egli è messo con le spalle al muro. Così Simeone Pedone caposcala della scala A lancia la sfida a Calogero Brocchetti suo pari grado della scala B: una sfida di calcetto a cinque in cui i due capi scala saranno gli allenatori.
Inutile dire che il Brocchetti, che vanta nella sua gioventù quattro presenze nella prima squadra della A.S. Oreta nella stagione ’76-’77, non sé l’è fatto ripetere due volte: Sfida accettata. Del resto il Pedone è da sempre il suo rivale, oriundo spagnolo Pedone è stato centravanti nella stagione ’72-’73 nella prima squadra spagnola del Deportivo La Carogna.
Il campo per la sfida è il cortile retrostante il condominio, lo spazio dove ci sono gli ingressi dei garage, il locale immondizia e la sala condominiale. Su questo cortile asfaltato si affacciano finestre e balconi delle camere da letto e dei bagni.
Per rispettare le regole imposte dal Dcpm i giocatori indosseranno sopra le rispettive divise delle sagome circolari di cartone preparate dalle sapienti mani delle loro mogli e dei rispettivi figli, riciclando dal locale immondizia i cartoni delle pizze a domicilio, delle scatole varie dei pacchi consegnati a casa ai compulsivi degli acquisti online. Da noi è forte la concorrenza del colosso Priapon che vende di tutto.
Le sagome circolari del raggio di cinquanta centimetri, che sommati alla stessa misura di un altro cerchio fanno giusto un metro, gira intorno alla vita dei calciatori e si sostiene con due corde elastiche porta pacchi che s’incrociano come due bretelle.
Visti dall’alto i giocatori sembrano dervisci roteanti che girano su se stessi. Le regole sono state cambiate di comune accordo tra gli sfidanti per rispettare il Dcpm (Domani Chiunque Può Morire), niente contatti fisici. Le intenzioni di un’azione devono essere espresse verbalmente come ad esempio: “Tackle da dietro”, “Tunnel”, “Ti ho stoppato”, “Ti ho rubato il tempo”, “Colpo di tacco” e via dicendo.
L’arbitro sarà il signor Frederick Fydriszewski, polacco che abita in Italia da trent’anni, nessuno lo vuole in squadra perché ora che lo chiami per farti passare la palla l’azione è finita. Quindi gli permettono di fare l’arbitro con il soprannome di El Polaco. Pare che sia stato proprio Pedone a soprannominarlo così alla spagnola.
Oltre ai due guardalinee abbiamo il VAR, diretto da Filippo Lupini il nerd (vedi ep. 3 ndr) che con una Go-Pro segue le azione in tempo reale collegandola al suo PC portatile dove può rivedere le azioni.
Il tifo è caldo, tre quarti della palazzina è affacciata a finestre e balconi incitando ognuno la propria squadra di scala. Tra gli spettatori noto che c’è anche il Maestro Osvaldo Lastono, per me è starno vederlo interessato al gioco del calcio. Il Maestro Lastono, che ha l’aspetto di Giuseppe Verdi nel vederlo con barba e capelli bianchi, fu Direttore Musicale del monumentale Teatro cittadino La Chiocciola nel lontano 1971.
La partita ha inizio tra le grida assordanti delle due ali del condominio che delimitano lo spazio del cortiletto, dal mio balcone mi sembra di osservare dei ragazzi che giocano ai dischi volanti, la palla non la vedi perché i piedi sono coperti dalla circonferenza di cartone. Durante le mischie, anche quelle più accese, i giocatori rispettano il Dcpm e quando gli animi si scaldano mimano la testata o la manata, oppure il calcetto provocatore e dall’altra parte l’avversario di turno urla fingendo di essere stato colpito, portandosi le mani al volto o sulla caviglia.
Sembra tutto surreale, sembra un gioco di mimi. Presto le urla d’incitamento si trasformano in risate oppure in mutismi di chi rimane deluso dell’evolversi delle azioni. Così finte. Anche dopo un gol i giocatori esultano facendo finta di saltare abbracciati, in realtà tengono le braccia a forma di cerchio davanti a loro e saltano da soli. La partita finisce otto a sei per la scala B. 
L’unico ad aver applaudito sincero alla fine della partita è stato il Maestro Lastono, che complimentandosi ha detto che era dai tempi dei balletti al Teatro La Chiocciola che non vedeva delle pose di chassé, attitude, en dehors, allongé, brisé e una meravigliosa entrechat royal simile a quella de le ballet de la nuit eseguito come se fosse Nureyev, forse si riferiva all’entrata in sforbiciata con cui un giocatore della scala B ha segnato un magnifico gol, ma nessuno ha osato contraddirlo visto che lacrimava dalla gioia.
Ci sarà di sicuro una rivincita, magari quando il Dcpm ce lo permetterà, perché cosi con i dischi di cartone non ci si può abbracciare ed è importante potersi abbracciare. Ce ne stiamo accorgendo ora che non possiamo farlo. 
Mi chiamo Juri Quarantino e questo è il mio diario di quarantena.
Pagina 6 (to be continued)
- @libero-de-mente​
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Murphy vince inzuppato opener Colorado Classic
John Murphy ha vinto la tappa del Colorado Classic apertura in una volata frenetica e fradicio alla linea nel centro di Colorado Springs. Murphy (Holowesko-Cittadella) ha guidato il progetto dei abbigliamento ciclismo on line suoi compagni di squadra Joe Lewis e Miguel Bryon alla testa al gruppo, e poi scatenato il suo sprint con 250 metri rimanenti in fase di 150 chilometri. Travis McCabe (UnitedHealthcare) finito secondo con Logan Owen (Axeon-Hagens Berman) attraversano la linea a terzi. "Miguel è stato il mio ultimo ragazzo e ho urlato a lui per iniziare la volata circa 450 metri [] per andare. Mi ha portato a 250 e sono stato in grado di fornire", ha detto Murphy dopo la vittoria. "E 'stato da manuale". Con la sua vittoria Murphy crea un ponte tra la nuova razza e l'ormai defunta pro sfida di riciclaggio, che ha cessato il funzionamento nel 2015. Murphy ha vinto la tappa finale di quella razza nel centro di Denver durante la guida per UnitedHealthcare outlet maglie ciclismo. Murphy e il gruppo tuonavano le strade bagnate di Colorado Springs dopo essere stato pestato dalla pioggia e grandine per gran parte della giornata. Plotone degli uomini filata sei giri intorno ad un circuito di 25 chilometri attraverso il famoso giardino della sosta di condizione dei dei. Ogni giro incluso una salita di 650 piedi e discesa tornare in città. il gruppo guidato fuori dal centro di Colorado Springs sotto un cielo limpido, ma dopo quasi due ore di gara, il tempo ha cominciato a battere in giù. Quando il gruppo accelerato resta in Colorado Springs, essi spruzzato attraverso l'acqua alla caviglia in alcune sezioni. Il tempo forzata velivoli ad ala fissa della corsa per essere messa a terra, che ha eliminato la copertura TV per gran parte della gara. Al contrario, i funzionari e le squadre corrispondevano divise ciclismo dalle radio. "E 'stato bagnato e selvaggio", ha detto Murphy circa le condizioni. "Non riuscivo a vedere attraverso i miei occhiali là fuori".
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kawaiimiraclecloud · 6 years ago
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Ciclismo!AU
Ok, la visione prolungata degli europei mi ha portata a plottare roba sportiva sui metamoro.
Non è niente di che, eh.
Non che ci sia chissà quanta descrizione sportiva, quindi eventuali cavolate su regolamenti o posizionamenti dovrebbero essere quasi nulle (ma correggetemi pure se notate roba).
Anyway, buona lettura =)
Mancano poco meno di 2 ore quando gli giunge all'orecchio che Danilo si è sentito male
Niente di grave, per fortuna, solo un virus gastro-intestinale
Ma rimane il fatto che non potrà prendere parte alla gara e la squadra non può partecipare con un elemento in meno
E Fabrizio è sì preoccupato per l'amico, ma è anche nero, perché si è allenato insieme agli altri con dedizione e, insomma, sa che poteva giocarsela una medaglia
Così si aggira per l'albergo tutto scazzato in cerca dell'allenatore per sapere cosa faranno e, quando lo trova, viene sgridato perché non è ancora pronto per raggiungere il luogo della gara
Fabrizio non capisce come possano partecipare con un uomo in meno, ma si fida di Conti e si fa trovare pronto in un paio di minuti
E durante il viaggio vorrebbe parlare con lui, per capire che succede, ma non riesce a salire sulla stessa navetta della sua squadra e si trova in quella successiva
Quella degli spagnoli, a quanto pare dalle bandiere sulle divise
E quindi passa 20 minuti di viaggio a spostare la testa da un lato all'altro ad osservare gente che parla una lingua a lui ignota
E che probabilmente sta ridendo della sua espressione spaesata...
Anyway
Appena arrivato al punto di raccolta si riunisce alla sua squadra e nota una testa riccia che non aveva mai visto prima
Ma non ci fa troppa attenzione, visto che deve controllare se la sua bici è a posto e manca davvero poco allo start
Quando, però, nota che il ricciolo si posiziona con gli altri della sua squadra ai posti di partenza rimane un attimo spiazzato
E poi si maledice mentalmente, perché era ovvio che Conti avesse convocato una riserva per salvare la loro partecipazione alla gara
Così cerca di guardarlo per bene, per capire se lo ha già rivisto
Ma il caschetto e gli occhiali non lo aiutano
Può solo notare dei lineamenti delicati, che lo spingono a far indugiare il suo sguardo più a lungo di quanto avesse preventivato
Si riprende giusto in tempo per non far notare il suo interesse per il ragazzetto
Non è che ci farebbe una bella figura a farsi beccare mezzo girato all'indietro ad osservare un suo compagno di squadra, eh
Così si rimette composto ad aspettare che venga sparato il colpo di inizio e decide di non prestare attenzione al novellino se non per monitorarne l’andamento di gara
Ma poi la gara inizia e il riccioletto gli si posiziona bellamente davanti
E non può fare a meno di notare il sedere del suo nuovo compagno di squadra
Non che lo osservi di proposito, eh
Ci mancherebbe
È che è proprio davanti a lui e deve stare attento a non andargli addosso, ecco
E così, per diversi chilometri, alterna lo sguardo tra la strada, gli altri ciclisti e il sedere sodo del riccioletto che si muove da un lato all'altro del sellino ad ogni pedalata
Poi, non sa come, si ricorda che sta partecipando agli europei e sì, se si concentrasse sulla gara e non su altro magari potrebbe anche giocarsi un posto medaglia
Si mette quindi a pedalare con più vigore e fa segno alla squadra che devono partire all'attacco del gruppo di testa
Tutti lo seguono, anche il riccioletto che, a quanto pare, è piuttosto bravo per essere solo un novellino
Pian piano recuperano posizioni e si vanno a infilare in mezzo al gruppo di testa
E Fabrizio non può fare a meno di sorridere, perché riesce a posizionarsi tra i primi quattro della fila e, quando lancia uno sguardo indietro, vede che i suoi compagni sono là a dargli man forte
Il riccioletto primo fra tutti, nota con stupore, e, tornando a pedalare, si ripromette di conoscere quel novellino tanto in gamba
E dal sedere tanto sodo...
Anyway
Mentre sfreccia chino sul manubrio della bici, sente il pubblico ai lati della strada fare il tifo per i vari ciclisti e, tra i tanti nomi, sente anche il suo
E lo sa che è considerato la punta della squadra italiana, ma sentire la gente incitarlo in quel modo lo fa quasi piangere dall'emozione
Gli ultimi chilometri gli sembrano non finire mai
Poi, quando nota in lontananza l'arrivo, stringe i denti e pedala con tutta la sua forza
E quando sfreccia sotto l'arco d'arrivo per primo non può fare a meno di lasciarsi andare ad un grido di trionfo
Insomma, ha appena vinto una medaglia d'oro europea quindi oh, ci sta
Così, quando poi smonta di bici, inizia ad abbracciare e a dispensare bacetti a tutti quelli che gli capitano a tiro
E si ritrova a stringere e sbaciucchiare in breve tempo: Conti e la sua assistente, il loro fisioterapista, un giornalista che gli si è avvicinato per chiedergli le sue impressioni a caldo e, infine, il riccioletto che, tra quelli della sua squadra, è il primo ad arrivare
E andrebbe tutto bene, se non fosse che, nell'entusiasmo del momento, sbaglia mira e si ritrova a stampare un bacio sulle labbra del novellino
Le labbra estremamente morbide del novellino
E se non fosse che viene reclamato dai supervisori della gara per la predisposizione del podio non sa cosa avrebbe fatto
...
Ok, lui sa cosa avrebbe fatto
Il punto è che manco lo conosce quel riccioletto, non sa nemmeno come si chiama
Però un altro bacetto glielo avrebbe dato volentieri
Anche due, eh
Famo tre e la chiudiamo qua
Ed è così preso da questi pensieri che quasi non si gode la consegna della medaglia e l'applauso che il pubblico gli dedica quando lo speaker pronuncia il suo nome
Si riprende solo quando Conti gli assesta qualche pacca sulla schiena e gli sorride tutto saputo e ammiccante
"Allora, come la festeggiamo questa vittoria? Uscita di gruppo? O preferisci festeggiare in solitaria con Ermal?"
E Fabrizio è confuso, perché, insomma, chi è sto Ermal?
Poi segue lo sguardo di Conti e vede che sta osservando il riccioletto, che, appena nota il suo sguardo su di sé, gira il viso e arrossisce
"Non hai perso tempo, eh? Guarda come lo hai ridotto con un semplice bacio!"
E ci prova anche a dire che è stato un errore di calcolo, ma Carlo si è già allontanato verso gli altri
Ci mette qualche attimo di troppo a sbloccarsi e, sotto lo sguardo dei suoi compagni, che lo perculeranno sicuramente per tutta quella situazione, si avvicina al novellino
"Oh, ricciolé. Scusa per prima, ero un po' sovreccitato e me so confuso sulla mira."
"Ah no, figurati nessun problema."
E Fabrizio sorride, perché sì, insomma, la reazione del novellino lo fa ben sperare
"È che di solito ci esco con una persona, prima di baciarla. Quindi..."
E qui si blocca, perché la sua insicurezza deve sempre fare capolino nei momenti meno opportuni
Ma Ermal lo capisce, benedetto ricciolino, e gli sorride tutto malizioso
Fabrizio.exe perché dai, non è legale vedere quella luce illuminare un viso così angelico
Apparentemente angelico
Ermal accetta il suo invito smozzicato e, prima di lasciarlo solo in mezzo ad una nuova ondata di giornalisti, gli stampa un bacio all'angolo della bocca
Fabrizio.exe parte seconda
Si riprende solo quel tanto che basta per rispondere in modo sensato ai giornalisti e, nel frattempo, non stacca praticamente mai gli occhi dal riccioletto
E quando tornano in albergo Fabrizio non può fare a meno di sorridere tutto soddisfatto e sornione
Insomma, quella giornata era iniziata a singhiozzo e adesso si ritrovava con una medaglia d’oro europea ed un appuntamento con il sexy novellino della squadra
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lamilanomagazine · 2 years ago
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Milano, “Immagina 2022” con le Olimpiadi 50&Più
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Milano, “Immagina 2022” con le Olimpiadi 50&Più. Milano, 3 ottobre 2022 - Pantaloncini rossi e maglietta bianca, sulla schiena la scritta ‘Immagina’ con i colori dell’arcobaleno e il numero di concorso attaccato sul petto. È questo lo stile dei 463 atleti over 50 che si sono sfidati sui campi da gioco durante la 28ª edizione delle Olimpiadi 50&Più. L’appuntamento, tra i più attesi e i più importanti firmati 50&Più, si inserisce all’interno di un evento dal respiro più ampio: ‘Immagina 2022’ che comprende anche le semifinali della 19ª edizione di ‘Italia In…Canto’. La kermesse di fine estate – andata in scena presso il Garden Toscana Resort di San Vincenzo, in provincia di Livorno – ha visto 50&Più al fianco di UNICEF, Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, che dal 1946 tutela i diritti dei bambini e delle bambine nel mondo garantendo salute, uguaglianza, istruzione e protezione. Gli atleti - 252 donne e 211 uomini – si sono sfidati in undici discipline olimpiche, dalle bocce singolo e doppio misto alle freccette, alla marcia e all’arco e ancora basket, tennis singolo e doppio, nuoto (stile libero e rana), ping-pong, maratona e ciclismo. Le 50&Più Provinciali in base al numero degli iscritti sono state divise in quattro categorie. Come di consueto, gli atleti e gli ospiti hanno avuto occasione di rilassarsi con una passeggiata in bicicletta accompagnati da Francesco Moser, un ospite fisso degli appuntamenti sportivi di 50&Più e già maglia rosa al Giro d’Italia del 1979. Lo ‘sceriffo’ Moser – soprannominato così per la sua capacità di gestire il gruppo durante la corsa - ha aperto la gara della categoria ciclismo uomini. Quest’anno, per la prima volta alle Olimpiadi degli over 50, anche la ciclista velocista Mara Mosole, prima nel Campionato nazionale nel 1984 e già maglia rosa, ha dato il ‘via’ alla gara di ciclismo donne. Si sono svolte nel pomeriggio di sabato 24 settembre, presso il teatro del Garden Toscana Resort, le premiazioni dei giochi olimpici. Le coppe 50&Più con il titolo di vincitore assoluto delle Olimpiadi 50&Più individuali uomo e donna sono andate a: terzo posto per Angela Sicuro di Lecce con 81 punti, al secondo posto Mirella Trotti di Sondrio con 86 punti e al primo posto Maria Teresa Bianchi di Belluno con 106. Per gli uomini, invece, si è classificato al terzo posto Massimo Pissinis di Vercelli con 73 punti; al secondo posto con 91 punti Giulio Rocco Castello di Salerno e primo Roberto Marchesi di Milano con 92 punti. Vincitore assoluto delle Olimpiadi 50&Più con la migliore media punti atleta va alla provincia di Milano. Salgono sul podio anche Vercelli al secondo posto e Salerno al terzo posto. E anche questa competizione, come ogni gara che si rispetti, ha avuto le sue mascotte, gli atleti più longevi. È tornata sui campi da gioco Pierina Tumiatti: all’età di 99 anni si è cimentata nel gioco delle bocce e – fuori concorso - nel nuoto in disciplina stile libero. Nando Nardis 92 anni in gara per le sfide di basket, freccette, marcia, ping-pong e arco. E ancora il piacentino Silvestro Paolo Costanzo che all’età di 90 anni ha gareggiato alla marcia e alla maratona. Tutti hanno dato prova della loro tenacia e della loro forza. “Partecipare alle Olimpiadi non è solo una sfida da intraprendere, partecipare significa superare i limiti che spesso ci poniamo da soli, perché senza questi limiti il confronto si trasforma in incontro. L’impegno, la fatica, la costanza e la passione si esprimono soprattutto con lo sport. Per noi di 50&Più, è un impegno liberare il potenziale della nostra generazione per metterlo al servizio del Paese. Il nostro compito è sollecitare le istituzioni perché invecchiare bene non sia un privilegio di pochi ma un obiettivo di tutti” ha commentato Carlo Sangalli, Presidente Nazionale di 50&Più (l’associazione che del 1974 opera per la rappresentanza, la tutela e l’assistenza dei propri soci e per il riconoscimento degli over 50 come risorsa della società. Con oltre 330mila iscritti, è diffusa sul territorio nazionale con numerose sedi provinciali e zonali e supera i confini italiani con 29 sedi in 10 Paesi del mondo).  ... Read the full article
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abbigliamentociclismo · 3 years ago
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Queste sono le divise della squadra su strada 2022
Ogni anno, il Pro Peloton adorna ogni squarera con una gamma di nuovi colori e loghi degli 赞助商,con alcuni nuovi look audaci per le le小队 Maschili e femminili per il 2022。 Latenenza del rosa neon, dell'arancione e del viola ha scatenato scontri tra le quattro squares femminili, e il team Andy Schleck-CP NVST-Immo Losch è stato costretto a riprogettare e ricreare gli abiti per l'intera stagione dopo che l' UCI ha optato per la combinazione di colori — È vicino a quello che indosserà il Lussemburgo nel 2021, troppo simile al nuovo kit di SD Worx, Human Powered Health e UAE ADQ。 Il nostro sito presenta le divise da ciclismo più recenti e più popolari。 Se sei interessato,咨询:abbigliamentociclismo.com。
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brunoquaresima · 5 years ago
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Coppi o Bartali? Edlinger o Berhault?
Durante l’edizione del 1952 del Tour de France, un fotografo immortalò il passaggio di una borraccia d’acqua tra Gino Bartali e Fausto Coppi, due campioni assoluti e indimenticati del ciclismo di tutti i tempi. L’istantanea di quel gesto, di per sé così normale fra due atleti, per giunta della stessa nazione, fece il giro del mondo, venendo al contempo strumentalizzato per alimentare a dismisura la loro rivalità. Produsse un caso. Fu Coppi che passò la borraccia a Bartali o viceversa? Si scrissero fiumi di parole: Bartali era meglio  o peggio di Coppi? Si travalicò, e la polemica assunse toni che andarono oltre lo sport invadendo le sfere personali dei due campioni. L’opinione pubblica si divise in due fazioni, le tirature dei quotidiani schizzarono verso l’alto e per un attimo si ebbe l’impressione che il ciclismo avesse soppiantato il calcio negli interessi degli italiani. Fu la storia a chiarire che di rivalità tra i due, al di fuori delle impervie salite del Tour o del Giro, non ce n’era, anzi, tra loro esisteva una forte amicizia cementata da un rispetto e una stima reciproca. Se il ciclismo non avesse avuto un ruolo importante tra gli appassionati sportivi, tutto ciò non sarebbe mai potuto succedere. 
Dobbiamo allora augurarci che uno sport, per esempio l’arrampicata, non diventi mai talmente popolare da generare strumentalizzazioni come questa che non hanno niente a che fare con la pratica e la passione? Oppure, viceversa, sarebbe auspicabile che ciò succeda per far crescere l’attenzione che questa disciplina si merita e che non riesce a conquistarsi solo coi risultati sportivi?
In Francia negli anni ’80 l’arrampicata aveva assunto un ruolo abbastanza importante, tale da meritarsi copertine sulle grandi riviste non specializzate come Paris Match. In fondo era stata la Francia a “inventare” e a diffondere il verbo dell’arrampicata libera e poi sportiva. Tutto il mondo invidiava le loro falesie della Provenza: il Buoux, il Verdon, la Loubière… Scimmiottavamo lo stile dei climber francesi, le loro movenze da ballerini, i loro vestiti dai colori sgargianti, la loro terminologia tecnica.
In particolare ce n’erano due, entrambi di nome Patrick, che ci facevano sognare. Uno biondo e uno bruno. Il primo di cognome faceva Edlinger, l’altro Berhault. Si conoscono per caso, presentati da un amico che intuisce quanto i due possano formare una cordata eccezionale. Posseggono la stessa disposizione d’animo, la stessa passione folle di arrampicare, la stessa corporatura, lo stesso accento del sud e una certa ostentata indifferenza; si piacciono subito. Per circa quattro anni i due sono inseparabili. Arrampicano quasi tutti i giorni, si allenano costantemente, cosa curiosa per quei tempi, e ogni giorno, sia che si trovino a casa, in un rifugio sulle Alpi o alla stazione ferroviaria di Ginevra, non rinunciano al loro rito: trazioni, flessioni, stretching, corsa e, ben prima che nasca la slackline, ore e ore a camminare su una semplice corda dinamica da 8 millimetri!
Girano le falesie di Francia, e nel Verdon vivono un po’ come I vagabondi del Dharma di Jack Kerouac. Non hanno molti soldi ma a scalare sono fenomenali. Praticano spesso il free solo arrampicando su e giù per le vie del Buoux o del Verdon facendo furore nel piccolo mondo dell’arrampicata. Finché qualcuno li nota. Il primo sponsor è un certo Michel Bèal che possiede una piccola fabbrica di corde di nylon���. Poi ne arriveranno altri. La fama cresce, alimentata dalle spettacolari fotografie che li immortalano su vie vertiginose, spesso senza imbrago e corda, da film, da interviste. È il momento delle scelte. Berhault si dedica alla montagna, cercando di far fruttare la sua notorietà e il suo brevetto di guida alpina mentre Edlinger si butta a capo fitto nell’arrampicata pura. Le loro strade si dividono. Il biondo diventa “l’angelo biondo”, una star al pari dei grandi campioni del calcio, frequenta gli ambienti bene parigini, donne, lusso, soldi. Il bruno prosegue la sua ricerca personale sul gesto dell’arrampicata, un artista, idealista e coerente.
Durante questi anni di ascesa i due Patrick si vedono poco, ognuno ha la sua carriera, i suoi sponsor i suoi compagni di cordata. Come per Coppi e Bartali sono i media che innescano la scintilla della rivalità. Su una nota rivista francese esce un articolo dal titolo emblematico: Cosa succede agli angeli quando si fanno pubblicità?
Il giornalista che firma il pezzo si chiede semplicemente se il denaro, entrato così prepotentemente nella vita di alcuni arrampicatori, abbia in qualche modo inquinato o corrotto il messaggio iniziale. Ma poi, nelle righe finali, insinua che il rapporto di amicizia fra i Patrick sia finito e che ormai i due siano in contrapposizione. 
Bartali o Coppi? Berhault o Edlinger? 
Gli appassionati di montagna, già divisi tra alpinisti e climber, si schierano. Credono che uno dei due Patrick possa incarnare meglio dell’altro i loro ideali e la loro passione. Così tifano Berhault quelli che non vogliono rinunciare ai valori tradizionali dell’alpinismo puro, disinteressato e fuori dai giri commerciali. Un alpinismo che non si vende e non si fa sfruttare, che rifiuta la competizione assoggettata a regole. Esaltano una figura moderna di alpinista, arrampicatore estremo sì, ma poco mediatizzato, come diremmo oggi, e un po’ selvaggio. Edlinger invece incarna per molti lo spirito del momento, quello più sportivo, muscolare, aggressivo, che vive la realtà sociale ed economica del suo tempo, che non si fa scrupoli a vendere la propria immagine in cambio di fama e ricchezza, che “sfrutta” il sistema per alimentare la sua passione sfrenata e conseguentemente si fa sfruttare. Edlinger parteciperà alla prima gara di arrampicata sportiva mentre Berhault condannerà duramente e senza ripensamenti quella svolta troppo competitiva.
Sarà però ancora la storia a dimostrare che l’amicizia fra i due non è morta. Patrick Berhault cova da tempo un progetto che ha dell’incredibile: attraversare le Alpi dalla Slovenia a Nizza da solo e a piedi e durante il tragitto salire le vie storiche sulle montagne più belle. Il nizzardo vuole però condividere pezzi di questo viaggio con pochi, selezionati amici. Telefona quindi al compagno di tante avventure Patrick Edlinger. «Ho un super progetto in mente - gli confida -  e vorrei che tu venissi con me. Ci stai?»
«Sembra un progetto un po’ stravagante - risponde il biondo - ti assomiglia, e allora buttiamoci! Quando si parte?»
Passeranno trentasei giorni assieme, come ai vecchi tempi, a camminare e scalare. Saliranno perfino la mitica Via del Pesce in Marmolada. Un bel modo per polverizzare ogni dubbio sulla loro vecchia e imperitura amicizia. 
Quattro anni più tardi, una sera, una telefonata sveglierà Edlinger: «È successo qualcosa di grave a Patrick».  Non ci sarà bisogno di aggiungere altro. 
Nel 2012 anche l’angelo biondo raggiungerà il suo amico e dalla rivalità si passerà direttamente al mito.
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thebeckhamrule-blog · 7 years ago
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Proprio quando il Mondiale di Bergen 2017 stava giungendo alla sua conclusione, in uno dei momenti più concitati della corsa, è successo quello che non sarebbe mai dovuto succedere. Il segnale televisivo è andato via e il pubblico da casa ha dovuto “godersi” i due chilometri precedenti alla flame rouge con le telecamere fisse su un pezzo di strada vuoto di ciclisti, in attesa solamente degli eroi che potessero concludere la loro avventura e decidere chi, per la prossima stagione, si sarebbe dovuto fare carico dell’onere e dell’onore di indossare la maglia bianca con i colori decorata con i colori dell’iride. E come gli istanti più concitati della corsa mondiale non sono stati visti da nessuno ad eccezione dei tifosi che hanno abbondantemente popolato le strade di Bergen, Peter Sagan non è stato visto quasi da nessuno nel corso degli oltre duecento chilometri di corsa, anche perché la situazione critica del ciclismo slovacco, al di fuori del suo massimo rappresentante, non permette al campione in carica di avere abbastanza sostegno. Eppure, per la terza volta consecutiva, il fenomeno Sagan è riuscito a mettere davanti a tutti gli altri la sua bicicletta, con un vantaggio di nemmeno mezza bicicletta sull’idolo di casa e grande velocista Alexander Kristoff. Con questa vittoria in grande stile, Peter Sagan è ufficialmente entrato nella storia, diventando il primo ciclista ad indossare per tre anni consecutivi la maglietta di campione del mondo. Tutto questo a ventisette anni. Tutto questo correndo praticamente da solo, contro squadre imbottite di capitani, come il Belgio dalle otto punte, o divise fra più di una punta, come la Norvegia di quest’anno, distinta in Squadra Kristoff e Squadra Boasson Hagen. Questo risultato, in uno sport che è la sublimazione stessa del concetto di squadra, che non può prescindere dalla presenza dei gregari, preferibilmente di alto livello, è assolutamente impensabile, è rappresentazione di un dominio sovrumano, è la consacrazione di un fenomeno assoluto che ha ancora tutto il tempo per scrivere pagine di record su record. In questo momento lo slovacco è più che, molto semplicemente, il migliore ciclista al mondo, ma è quello che Michael Jordan è stato per la pallacanestro, un simbolo, la faccia dello sport, ed è per distacco il più popolare dei ciclisti, oltre che il più personaggio fra gli atleti moderni. Oltre a essere, probabilmente, il più grande atleta slovacco di ogni epoca. E tutto questo, a nemmeno metà del libro della sua carriera, che potrebbe coronarlo come uno dei più grandi di ogni epoca, sicuramente come quello che ha traghettato questo sport nel futuro. Sagan è l’atleta di questa epoca, e oggi ce ne ha dato l’ennesima dimostrazione.
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levysoft · 6 years ago
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Cara redazione,
Permesso che di ciclismo ne capisco niente, mi potete spiegare in parole semplici cosa si intende per “tattiche di gara” nel ciclismo? Nella mia ignoranza penso che il tempo al traguardo di un ciclista è indipendente da quello che fanno gli altri concorrenti (al contrario per esempio della Formula Uno, dove dipende da sorpassi e traffico ai box etc). Quindi perché c’è la necessità di organizzare fughe a sorpresa, fare accordi con il gruppo, etc?
Ciao,
Carlo Risponde Umberto Preite Martinez Caro Carlo,
il ciclismo, come ogni sport, è apparentemente molto semplice: si parte tutti insieme e vince il primo che arriva al traguardo. Il problema è che in ogni gara ci sono circa 180-200 atleti che partono contemporaneamente e devono percorrere distanze molto lunghe (un tempo le tappe del Giro d’Italia erano intorno ai 300 chilometri, oggi siamo intorno ai 200 scarsi ma sono comunque un bel po’) in tempi che oscillano fra le 3 e le 6 ore abbondanti di corsa a circa 40 km/h di media. Per darti un’idea: Vincenzo Nibali ha vinto la Milano-Sanremo 2018 dopo una gara di 7 ore e 18 minuti alla media di 40,208 km/h.
Questo ci avvicina al motivo per il quale il risultato del singolo è forzatamente condizionato dal comportamento degli altri e, di conseguenza, dalle strategie delle varie squadre visto che non si possono correre 6 ore di gara “a tutta” ma bisogna scegliere con cura il momento giusto per sferrare l’attacco vincente; ma ancora non possiamo essere soddisfatti.
Un altro fattore da tenere in considerazione è l’aerodinamica o, per dirla in termini gergali, il prendere il vento in faccia. Come nella Formula Uno, anche nel ciclismo le scie hanno un’importanza fondamentale, soprattutto in quei frangenti di gara in cui le velocità sono molto sostenute. Di solito la prima ora di una corsa va via a una media molto vicina ai 50 km/h, una velocità che fa sì che l’effetto della scia si senta parecchio. Nei tratti in pianura, dove quindi la velocità è costantemente più alta, è importantissimo stare a ruota per risparmiare energie sfruttando il lavoro di altri ciclisti detti “gregari”, ovvero quei ciclisti che non hanno ambizioni di vittoria ma sono lì solamente per aiutare il “capitano” a vincere. E come lo fanno? Lo spingono fino all’arrivo? No, questo non si può fare (è espressamente vietato dal regolamento) ma possono fare altre cose fondamentali: andare all’ammiraglia a prendere acqua o cibo vario per i compagni (in sei ore di corsa bisogna anche alimentarsi bene); “tirare” il gruppo mettendosi in testa a fare l’andatura proteggendo il capitano dal vento; stare sempre vicino al capitano per tenerlo fuori dai guai (che nel gruppo sono tanti e di varia natura: si va dal pericolo del viaggiare in bicicletta in mezzo a un centinaio di altre persone fino ai pericoli dati dalla strada stessa come spartitraffico, marciapiedi, tombini, buche e quant’altro) o per prestargli la ruota in caso di foratura in modo da non farlo attendere a bordo strada fino all’arrivo dell’ammiraglia.
Mi rendo conto di non aver ancora spiegato che cos’è l’ammiraglia: molto semplicemente è la macchina della squadra che segue il gruppo con a bordo il direttore sportivo (che è in contatto diretto con i ciclisti in gara tramite le radioline e riveste un ruolo simile a quello del team principal nelle scuderie di Formula Uno) e, soprattutto, un meccanico sempre pronto a intervenire in caso di problemi. Il problema dell’aerodinamica spiega anche perché le divise dei ciclisti sono così attillate e perché nelle prove a cronometro indossano quei buffi caschi a punta. Secondo gli studi fatti nelle gallerie del vento, il 94% dell’energia spesa da un ciclista lanciato a 50 km/h è utilizzata per vincere la resistenza dell’aria. Questo ci spiega perché per la maggior parte del tempo i ciclisti procedono in gruppo. In una fila di ciclisti, il beneficio del secondo atleta in termini di resistenza aerodinamica è di circa il 45%, valore che aumenta se aumenta il numero di ciclisti in fila.
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Nell’immagine si vede bene come i primi ciclisti del gruppo subiscano molto di più la resistenza dell’aria rispetto a chi sta nella pancia del gruppo. In una situazione-tipo, le prime posizioni sono occupate quindi dai gregari mentre i capitani rimangono coperti nel gruppo e possono risparmiare energie per il momento clou della gara.
A questo punto possiamo parlare delle “tattiche di gara” ma per farlo dobbiamo inquadrare le varie tipologie di corsa. Possiamo innanzitutto individuare due macrocategorie: le corse a tappe e le corse di un giorno. Le prime sono gare che si svolgono su più giorni: le tre corse a tappe più importanti, Giro d’Italia, Tour de France e Vuelta di Spagna, durano 21 giorni (più due o tre giorni di riposo sparsi nel mezzo); poi ci sono le corse a tappe di una settimana, come il Giro di Svizzera, il Criterium del Delfinato, la Tirreno-Adriatico e la Parigi-Nizza, e altre corse più o meno importanti; infine ci sono le brevi corse a tappe di durata minore e, spesso, anche di minore importanza.
Le corse di un giorno sono, invece, tutte quelle corse che si compongono di una sola tappa e le più importanti fra queste vengono definite Classiche. Abbiamo già citato la Milano-Sanremo, una delle Classiche più importanti del mondo, ma probabilmente avrai sentito parlare della Liegi-Bastogne-Liegi (resa celebre al di fuori del mondo ciclistico dal noto regista Bruno Liegibastonliegi, autore di capolavori del calibro di “Mobbasta”, “Ahia – Una toccante introspezione sul dolore” e “Momenevado”), del Giro delle Fiandre, della Milano-Torino, del Giro di Lombardia o della Parigi-Roubaix.
Nelle corse di un giorno il sistema è molto semplice: si parte tutti insieme e il primo che arriva ha vinto. Non importa il tempo, il distacco o altro, conta solo tagliare il traguardo prima degli altri. Non tutte le Classiche sono uguali, però: ci sono quelle più o meno piatte, dove la strategia migliore è tenere il gruppo compatto con i gregari mentre il velocista della squadra risparmia energie nella pancia del gruppo in vista della volata. Ci sono le Classiche vallonate (chiamate così dalla regione simbolo di questa tipologia di corsa, la Vallonia, in Belgio) caratterizzate da continui saliscendi su brevi ma dure collinette (dette anche “côte” se ci si trova in vallonia, salite che solitamente non superano i due chilometri di lunghezza). Questo tipo di gara presenta un andamento molto più nervoso ed è più difficile per il gruppo tenere la corsa chiusa, ovvero far sì che nessuno vada in fuga anticipando la volata di gruppo. Un po’ perché è più difficile per i velocisti tenere il passo su queste brevi salite, visto che sono specializzati nella potenza e nell’esplosività, non nella resistenza in salita; un po’ perché essendoci pochi tratti in pianura è meno importante, soprattutto negli ultimi 20-30 km di gara, stare a ruota ed è anche più complicato organizzare un trenino di squadra per guidare il gruppo. La Liegi-Bastogne-Liegi, ad esempio, è una Classica vallonata che si svolge ogni anno nella quarta domenica di Aprile su un percorso di circa 250 chilometri (che Bob Jungels, vincitore dell’ultima edizione, ha percorso in 6 ore e 24 minuti). Il profilo altimetrico della Liegi è un continuo su e giù per le colline della Vallonia dove però le salite più dure sono concentrate negli ultimi 30 chilometri e sono la Redoute (2 km, 8.9% di pendenza media), la Roche-aux-Faucons (1.3 km, 11.0% di pendenza media) e la Côte de Saint-Nicholas (1.2 km, 8.6% di pendenza media). Bob Jungels ha vinto la Liegi 2018 scattando nel tratto in falsopiano subito dopo la Roche-aux-Faucons mentre gli altri stavano tirando il fiato dopo lo sforzo molto intenso. Da dietro, le squadre avversarie ci hanno messo un po’ a organizzare un inseguimento, anche a causa della tortuosità della strada. E quando finalmente sono riusciti a organizzarsi, Bob Jungels era già lontano e i suoi compagni di squadra si sono impegnati a “rompere i cambi” dietro. Rompere i cambi significa inserirsi nelle rotazioni delle squadre avversarie e rallentare il ritmo del gruppo. È una strategia lecita e molto produttiva se fatta bene, ma che, ovviamente, provoca l’ira di tutti gli avversari che si sentono sabotati nel loro inseguimento.
Cosa succede però nei primi 220 chilometri? Semplicemente i capitani rimangono il più possibile a ruota mentre i gregari tengono a portata di mano la fuga del mattino (c’è sempre una fuga del mattino, composta da ciclisti che di vincere proprio neanche gli passa per la testa e vanno avanti all’inizio della gara solo per farsi vedere e per far contenti gli sponsor che così vengono inquadrati dalle telecamere. Il resto del gruppo li lascia fare per un centinaio di chilometri e poi li va a riprendere, spesso senza troppi patemi). Poi, sulla Redoute, le squadre dei favoriti iniziano ad aumentare bruscamente il ritmo creando la cosiddetta selezione da dietro, che è quando i ciclisti più deboli non riescono a seguire il ritmo e si staccano. Davanti quindi rimangono solo quelli che riescono a tenere il passo. Sulla Roche-aux-Faucons, poi, si continua col forcing per allungare il gruppo e far fuori qualche altro elemento prima di provare l’attacco col capitano. Nel caso della Quick-Step, la squadra di Jungels, il capitano era il belga Philippe Gilbert che ha provato l’attacco sulla Roche-aux-Faucons senza però riuscire a fare il vuoto. In cima si sono ritrovati una ventina di corridori e mentre tutti si guardavano per “fare la conta” e capire quanti dei grandi nomi erano rimasti in testa, Jungels è partito in contropiede e li ha lasciati tutti lì. A quel punto i capitani delle altre squadre si sono guardati per capire come muoversi: continuare a marcare Gilbert, il capitano designato della Quick-Step, o lanciarsi subito all’inseguimento di Jungels? Il più esperto del gruppo, Alejandro Valverde, ha capito la strategia della Quick-Step e ha provato a riacciuffare subito Jungels ma a quel punto Gilbert gli si è piazzato a ruota facendo da stopper. Il ruolo dello stopper, in questi casi, è quello di seguire l’attacco di chiunque provi ad andare a riprendere il compagno in fuga cercando di farlo desistere. E perché dovrebbe desistere? Banalmente, perché se tutto dovesse andar bene e l’inseguitore riuscisse a riprendere il fuggitivo, si ritroverebbe da solo contro due compagni di squadra e in quel caso, a meno che non stia correndo contro la nazionale spagnola (vedi il Mondiale di Rui Costa nel 2013), è destinato alla sconfitta. Nel 2vs1 solitamente i due compagni di squadra scattano a turno a ripetizione fiaccando la resistenza dello sventurato solitario che a un certo punto è destinato a cedere lasciandone andare uno da solo verso la vittoria.
Poi ci sarebbero le classiche del pavé ma quelle seguono logiche troppo complicate e troppo particolari per spiegarle ora, quindi possiamo passare direttamente alle corse a tappe. In questo particolare tipo di corsa non importa arrivare per primi al traguardo perché non vengono presi in considerazione i piazzamenti ma soltanto il tempo totale. Può succedere, cioè, che il vincitore di una corsa a tappe non vinca neanche una tappa (come è successo ad Alberto Contador al Giro d’Italia del 2008). È chiaro però che se un ciclista dovesse vincere tutte le tappe, allora matematicamente vincerebbe anche la corsa, ma è un caso limite che come tale non ci interessa perché la varietà della tipologia delle tappe di un grande giro è tale da rendere impossibile a un solo ciclista di vincerle tutte.
In una grande corsa a tappe (ma anche nelle corse a tappe di una settimana) ci sono tappe piatte per i velocisti (che puntano alla classifica a punti), tappe vallonate, tappe di montagna e tappe a cronometro. Delle tappe per velocisti abbiamo parlato qui, le tappe vallonate seguono un andamento simile alle classiche anche se si inserisce prepotentemente il fattore degli uomini di classifica che devono evitare di rimanere imbottigliati nel traffico e di perdere tempo prezioso per la classifica generale. I grandi distacchi nella classifica generale si fanno nelle tappe di montagna e nelle prove a cronometro, ed è qui che i capitani si mettono finalmente in mostra dopo essersi nascosti e aver risparmiato preziose energie negli altri giorni.
Le prove a cronometro sono semplici: si parte uno alla volta, a distanza di qualche minuto, e si valutano i tempi di percorrenza totali. In queste prove, solitamente su percorsi pianeggianti di 30-40 chilometri, è favorito chi riesce a sprigionare una grande potenza sui pedali. Quindi i grandi passisti, come Fabian Cancellara, o i cosiddetti passisti-scalatori; sarebbe a dire quegli uomini di classifica che vanno forte in salita ma riescono a difendersi molto bene a cronometro. Chris Froome è l’esempio più calzante di questa tipologia di corridore, ma anche Vincenzo Nibali o, più recentemente e seguendo il percorso inverso (ovvero da cronoman puro a uomo da corse a tappe), Tom Dumoulin. I più sfavoriti nelle cronometro sono proprio gli scalatori puri, quei piccoli ed esili ciclisti che riescono a mangiarsi le salite andando su con agilità ma che perdono nettamente il confronto quando si tratta di sprigionare pura potenza in pianura. Nairo Quintana, Domenico Pozzovivo, Romain Bardet, sono solo i primi tre esempi che mi vengono in mente quando si parla di scalatori puri. Andando nel passato e facendo un nome che tutti conoscono, Marco Pantani era uno scalatore puro, e infatti per vincere il Tour de France del 1998 contro Jan Ullrich (tipico passista-scalatore fortissimo a cronometro) si è dovuto inventare un numero pazzesco in una tappa di montagna passata alla storia.
In ogni caso, gli uomini di classifica, siano essi scalatori puri o passisti-scalatori, hanno bisogno di compagni di squadra che li aiutino a risparmiare energie nelle fasi pianeggianti della corsa, che tengano il gruppo sotto controllo e che facciano il forcing in salita per sfiancare gli avversari. Il Team Sky di Chris Froome è una macchina studiata perfettamente per questo. Al Tour 2017, l’ultimo vinto dal ciclista britannico, la squadra era composta da nove corridori perfettamente assortiti: Rowe e Knees erano i due passistoni che tiravano il gruppo in pianura, insieme a Vasil Kiryenka (campione del mondo a cronometro nel 2015), Henao e Nieve subentravano nelle tappe più mosse dove i passisti faticano troppo per poter fare l’andatura in testa; per le montagne, invece, Kwiatkowski, Landa e Thomas erano gli uomini destinati ad aumentare l’andatura per scremare il gruppo prima dell’attacco decisivo del capitano unico, Chris Froome. Lo schema poteva variare a seconda dello stato di forma dei vari gregari (alla fine Henao si rivelò pressoché inutile e Thomas fu costretto al ritiro alla 9ª tappa) ma quel che è importante è notare come ogni singolo aspetto della corsa fosse studiato e controllato grazie al fondamentale lavoro di squadra.
Poi, certo, per fare imprese come quella di Chris Froome al Giro 2018 serve la classe sopraffina del campione, ma anche in quell’occasione niente è stato lasciato al caso. La Sky ha tirato fortissimo fin da subito, ha sgretolato il gruppo all’inizio del Colle delle Finestre e quando nel gruppo di testa sono rimasti solo i capitani delle varie squadre, Froome ha piazzato l’attacco decisivo. A quel punto, il peso dell’inseguimento era tutto sulle spalle dei suoi avversari, lasciati da soli senza compagni di squadra, in un lunghissimo tutti contro tutti dove la superiorità di Froome ha avuto la meglio.
Insomma, se il ciclismo è uno sport tendenzialmente molto semplice, in realtà nasconde dei meccanismi molto complessi che sono difficili da spiegare in poche righe. Il consiglio che do sempre è quello di iniziare guardando qualche classica del nord o qualche tappa di montagna del Giro d’Italia insieme a un amico che ne capisce e che possa chiarire qualsiasi dubbio. Poi, da lì, si può pensare di cominciare con le altre classiche e gradualmente inserire anche le volate dei grandi giri e il Tour de France. Una volta superato anche questo scalino ci si può finalmente cimentare con le cronometro, ma è un passo molto importante, da compiere con le giuste precauzioni e solo dopo aver consultato uno specialista. Effetti collaterali: può provocare sonnolenza, formicolio agli arti inferiori, aumento dell’appetito, dipendenza cronica.
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burgerprint · 5 years ago
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solosoysaul · 6 years ago
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singularshirts · 7 years ago
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purpleavenuecupcake · 7 years ago
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Mapei da dodici anni, sponsor ufficiale della Pallacanestro Reggiana
Mapei ha deciso di rinnovare l’accordo di co-sponsorizzazione con la Pallacanestro Reggiana per la stagione 2017/2018 del Campionato Lega Basket Serie A. L’azienda, per il dodicesimo anno presente con il proprio logo sulla divisa biancorossa, per la quinta stagione consecutiva sarà sul retro maglia della Grissin Bon. Quest’anno Mapei sostiene la Pallacanestro Reggiana anche nelle partite di EuroCup,  diventando co-sponsor della manifestazione del Club biancorosso. Il logo Mapei sarà presente sulle maglie che i giocatori indosseranno durante le partite del girone B, le quali vedranno i biancorossi affrontare squadre prestigiose quali Galatasaray Odeabank Istanbul (Turchia), FC Bayern Munich (Germania), Hapoel Bank Yahav Jerusalem (Israele), Lietkabelis Panevezys (Lituania), Buducnost VOLI Podgorica (Montenegro). L’esordio delle nuove divise col logo Mapei sarà proprio in Montenegro, mentre la prima casalinga è prevista per il 18 ottobre contro il Galatasaray. Mapei e la Pallacanestro Reggiana, un connubio che nasce dalla condivisione degli stessi valori: la fatica, il lavoro costante d’equipe, l’attenzione alle risorse umane e la grinta per affrontare nuove sfide. Lo sport fa parte da sempre della storia di Mapei, anzi si può dire che è nel suo DNA. La passione del ciclismo trasmessa dal fondatore di Mapei Rodolfo Squinzi al figlio Giorgio, attuale Amministratore Unico di Mapei, ha portato alla forte presenza di Mapei nel ciclismo professionistico con una squadra che è stata per nove anni al vertice delle classifiche internazionali. La presenza di Mapei nello sport non si manifesta solo attraverso la sponsorizzazione di squadre ed eventi, ma anche attraverso un’attività di vero e proprio supporto tecnico-scientifico (Mapei Sport di Olgiate Olona) e attraverso la fornitura di prodotti e sistemi innovativi e assistenza tecnica qualificata per la realizzazione e manutenzione di strutture e impianti sportivi indoor e outdoor. Fondata nel 1937 a Milano, Mapei taglia oggi il traguardo degli 80 anni contando 81 consociate – di cui 7 società di servizi – e 73 stabilimenti produttivi in 34 paesi nei cinque continenti. La produzione Mapei si riassume in questi dati: 2,4 miliardi di euro è il fatturato consolidato del 2016 e quasi 10.000 sono i dipendenti del Gruppo. Mapei ha costruito la sua strategia su tre linee guida: la specializzazione nel mondo dell’edilizia attraverso l’offerta di prodotti e sistemi certificati che soddisfino le richieste dei clienti; la Ricerca e Sviluppo, a cui vengono destinati gli sforzi più importanti dell’azienda in termini di fatturato e dipendenti; l’internazionalizzazione, per una maggiore vicinanza alle esigenze locali e riduzione al minimo dei costi di trasporto. Click to Post
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