#diritto del lavoro
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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Sanità locale a Tortona: Assemblea pubblica del 25 ottobre 2024 per affrontare le criticità del sistema
Liste d'attesa, povertà sanitaria e soluzioni per il miglioramento della sanità locale al centro del dibattito.
Liste d’attesa, povertà sanitaria e soluzioni per il miglioramento della sanità locale al centro del dibattito. Il 25 ottobre 2024, presso la Camera del Lavoro di Tortona, si terrà un’importante assemblea pubblica dedicata alle questioni critiche del sistema sanitario locale. In particolare, il dibattito si concentrerà su temi urgenti come le liste d’attesa e la crescente povertà sanitaria,…
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m-comparini · 2 years ago
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Gli argomenti della Circolare di Aggiornamento Mensile per i Clienti dello Studio
Gli argomenti della Circolare di Aggiornamento Mensile per i Clienti dello��Studio
Prossimo il consueto invio della Circolare di Aggiornamento Mensile per i Clienti dello Studio. Questo mese IN 15 PAGINE approfondimenti tematici su: NOTIZIARIO IN BREVE APPROFONDIMENTO “IMPRESA” BONUS PUBBLICITA’ – ENTRO IL 9 FEBBRAIO 2023 L’INVIO DELLA DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA COSTI CHILOMETRICI – LE NUOVE TARIFFE ACI 2023 CONSUMI DI ENERGIA E GAS – MAGGIORI CREDITI PER IL PRIMO TRIMESTRE…
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ideeperscrittori · 1 month ago
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Lo so, tante persone odiano questo governo perché non si occupa di sanità, scuola, ambiente, sicurezza sul lavoro, povertà, precarietà e diritto alla casa. Ma bisogna anche capire che ci sono delle priorità. Natale si avvicina e il governo si sta attrezzando per la difesa del presepe.
[L'Ideota]
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vintagebiker43 · 4 days ago
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Un professore di Lettere e Filosofia del liceo Tasso, Giancarlo Burghi, ha scritto una lettera aperta al ministro dell’Istruzione Valditara che è un autentico manifesto PARTIGIANO di difesa altissima della cultura e della Costituzione.
È lunga, ma merita davvero di essere letta tutta, condivisa, applicata. Fino in fondo.
“Egregio ministro,
Le scrivo di nuovo dalla desolazione della “trincea”: quella in cui ogni giorno, con le studentesse e gli studenti, combattiamo l’eterna guerra contro la semplificazione e la superficialità. Oggi, però, le scrivo per ringraziarla delle Linee guida sull’insegnamento dell’educazione civica che ci ha inviato all’inizio dell’anno scolastico. Da oggi abbiamo un punto fermo nel nostro lavoro di docenti ed educatori: ci dirigeremo nella direzione esattamente opposta a quanto ci indica. L’educazione civica, secondo lei deve «incoraggiare lo spirito di imprenditorialità, nella consapevolezza dell’importanza della proprietà privata». In modo quasi ossessivo nel documento traccia l’idea di una sorta di “educazione alla proprietà ”.
Ma cosa dovremmo farci di questo slogan vuoto? Stiamo oltrepassando finanche il senso del ridicolo, andando oltre la teoria delle tre “i” di berlusconiana memoria (inglese, impresa, internet). Ai nostri studenti, signor Ministro, l’articolo 42 della Costituzione lo leggiamo e lo spieghiamo: «La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge […] allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere [..] espropriata per motivi di interesse generale". Dice proprio questo la Costituzione! Però non si ispira a Pol Pot ma alla dottrina sociale della Chiesa, al cristianesimo sociale di Giorgio La Pira e Giuseppe Dossetti. Nelle Linee guida Lei continua, poi, con l’affermazione di sapore thatcheriano, ma in realtà generica e vuota quanto la prima, per cui dovremmo insegnare che «la società è in funzione dell’individuo (e non viceversa)».
Vede Ministro, se le dovesse capitare di sfogliare la Costituzione italiana scoprirebbe che il termine “individuo” semplicemente non compare. (…) Mi consenta di farle notare che, se sfogliasse la Costituzione, scoprirebbe che il termine “patria” compare solo una volta (perché Mussolini lo aveva profanato e disonorato) e per di più non ha niente a che fare con “i sacri confini nazionali” da difendere o l’italianità quale identità da salvaguardare contro la minaccia della sostituzione etnica.
La patria è il patrimonio dei padri e delle madri costituenti, vale a dire le istituzioni democratiche non separabili dai valori costituzionali: l’eguaglianza, la libertà, la pace, la giustizia, il diritto di asilo per lo straniero «che non ha garantite le libertà democratiche».
I patrioti non sono quelli che impediscono lo sbarco dei migranti, ma coloro che ogni giorno testimoniano il rifiuto della discriminazione. Cosi come patrioti non erano i fascisti che hanno svenduto la patria a Hitler e l’hanno profanata costringendo milioni di italiani ad offendere altre patrie, ma i membri dei GAP (che non erano i “gruppi di azione proletaria” come ebbe a dire, per dileggio, Berlusconi), ma i “gruppi di azione patriottica (appunto), che operavano nella Brigate Garibaldi dei patrioti comunisti italiani, protagonisti della Resistenza quale secondo Risorgimento.
Ci consenta di formare i nostri studenti ispirandoci a chi di patria si intendeva: non a Julius Evola o Giorgio Almirante, ma a Giuseppe Mazzini che ha ripetuto per tutta la vita che la patria non è un suolo da difendere avidamente ma una «dimora di libertà e uguaglianza» aperta a tutti: «Non vi è patria dove l’eguaglianza dei diritti è violata dall’esistenza di caste, privilegi, ineguaglianze. In nome del vostro amore di patria, combattete senza tregua l’esistenza di ogni privilegio, di ogni diseguaglianza sul suolo che vi ha dato vita. (Dei doveri dell’uomo). Mazzini non contrapponeva la patria all’umanità, ma la considerava il mezzo più efficace per tutelare la dignità di ogni essere umano: «I primi vostri doveri, primi almeno per importanza, sono verso l’ Umanità. Siete uomini prima di essere cittadini o padri. […] In qualunque terra voi siate, dovunque un uomo combatte per il diritto, per il giusto, per il vero, ivi è un vostro fratello: dovunque un uomo soffre, tormentato dall’errore, dall’ingiustizia, dalla tirannide, ivi è un vostro fratello. Liberi e schiavi, siete tutti fratelli. (Dei doveri dell’uomo)
E ci consenta, da educatori democratici, di trascurare le sue Linee guida, per illuminare le coscienze dei giovani con le parole di don Milani: «Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri». Egregio Ministro, dal momento che la costruzione di una cittadinanza consapevole avviene anche attraverso l’esercizio della memoria storica e civile, Lei ci ha inviato a una circolare con cui ha bandito un concorso per le scuole con lo scopo di celebrare la «Giornata Nazionale delle Vittime Civili delle Guerre e dei Conflitti nel Mondo». Il titolo del concorso: «1945: la guerra è finita!» Incredibile! Il 25 aprile 1945 che, prima dell’era Valditara, era semplicemente e banalmente la «liberazione dal nazifascismo» ora diventa un momento della «Giornata Nazionale delle Vittime Civili delle Guerre e dei Conflitti nel Mondo».
Cosa dovrebbero ricordare le giovani generazioni nella sua bizzarra idea di memoria civile? Ecco il suo testo: «Il popolo che ha subito sulla propria pelle gli orrori di quel tremendo conflitto, dai bombardamenti degli alleati alle rappresaglie nazifasciste [equiparati !] fino agli ordigni bellici inesplosi che, nei decenni a venire, hanno continuato a produrre invalidità e mutilazioni». E tutto per andare «al di là della tradizionale lettura vincitori-vinti», opposizione che attentamente sostituisce quella di antifascisti/liberatori e fascisti. Si tratta dunque, secondo lei, di ricordare una guerra tra tante, quasi un ineluttabile evento naturale in cui tutti sono cattivi (i liberatori, gli aguzzini e i partigiani) e dunque tutti ugualmente assolti nel tribunale della neostoria. Del resto, Ministro, devo darle atto di una certa garbata compostezza sulla memoria del 25 aprile. La sua sottosegretaria (la nostra sottosegretaria all’Istruzione) Paola Frassinetti la Festa della Liberazione l’ha festeggiata al campo 10 del Cimitero maggiore di Milano per onorare i volontari italiani delle SS. È immortalata in un video in mezzo a un drappello di camerati che sfidano, tra insulti e minacce, alcuni manifestanti antifascisti. Frassinetti si lascia andare alla rabbia ed esclama “ma vai aff…”.
Sempre a proposito di Linee guida per l’educazione civica… Da sottosegretaria del suo Ministero Paola Frassinetti, il 28 ottobre del 2024, anniversario della marcia su Roma, ha celebrato il “fascismo immenso e rosso”. Capisce, signor Ministro, perché ci sentiamo soli nella trincea? E perché le ho detto che è “passato al nemico” (il nemico è la parzialità, la manipolazione, la contrapposizione faziosa). Ma noi siamo combattenti testardi. Non avendo capi politici da lusingare, la nostra coscienza e la Costituzione antifascista sono le nostre uniche e inderogabili “linee guida” da seguire nel formare cittadine e cittadini liberi e consapevoli. Egregio Ministro, spero che queste parole non mi costino quella decurtazione dello stipendio che ha inflitto a un mio collega per aver pronunciato delle parole che Lei non ha gradito. Sarebbe non solo grave ma anche di cattivo gusto anche perché di recente insieme ad altri ministri lei lo stipendio ha cercato di aumentarselo.”
P. S. Le sue Linee guida stanno conseguendo i primi risultati. Qualche giorno fa uno studente che aveva studiato la divisione dei poteri di Montesquieu ha osservato che se un ministro fa una manifestazione sotto un tribunale per difendere un altro ministro sotto processo viola la separazione dei poteri. Aggiungendo che un ministro non è un semplice cittadino ma un membro dell’esecutivo, cioè di un potere dello stato. Gli ho risposto che ha ragione e gli ho dato un ottimo voto in educazione civica.
Con cordialità, prof. Giancarlo Burghi.
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fatticurare · 6 months ago
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Circa vent’anni fa difendere la proprietà privata, era una posizione moderata, oggi è definita di estrema destra.
Circa vent’anni fa, parlare di controllo dell’immigrazione, era una posizione moderata, oggi è definita di estrema destra.
Circa vent’anni fa, che le scelte sessuali dei singoli non toccassero i bambini, era una posizione moderata, oggi è definita di estrema destra.
Circa vent’anni fa, il rispetto dell’ambiente unito indissolubilmente alla tutela del lavoro, era una posizione moderata, oggi è definita di estrema destra.
Circa vent’anni fa, chiedere controlli rispetto a derive estremiste nei luoghi di preghiera islamici, era una posizione moderata, oggi è definita di estrema destra.
Circa vent’anni fa, parlare di sovranità nazionale rispetto all’Europa, era una posizione moderata, oggi è definita di estrema destra.
Non c’è nessun ritorno al fascismo, non c’è nessun nuovo estremismo. C’è una minoranza, organizzata, ben finanziata, padrona quasi totale della narrazione e capace di attirare sempre nuovi adepti, aggregandoli su tematiche specifiche, che ha deciso di attaccare i diritti e il libero pensiero del resto della popolazione.
La politica si basa sulla trattativa, su tavoli di confronto, o perlomeno questo ci è sempre stato detto, ma non vi può essere confronto con chi ti ritiene impresentabile a prescindere, perché il passo successivo è il non diritto alla rappresentanza.
Inutile discutere con un nemico che mira a ledere i tuoi diritti fondamentali. E lo dichiara esplicitamente.
Alex Bazzaro
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kon-igi · 1 year ago
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CARI AMICI UOMINI
Dopo avere letto una pletora di articoli di giornale polemichetti e frignosetti sull'argomento, mi permetto, in quanto tesserato da 50 anni presso il Patriarcato, di raccontarvi come andrà a finire.
Intanto due o tre considerazioni sulle donne.
Le donne non devono essere 'conquistate'... Le donne hanno voglia di trombare tanto quanto voi, quindi se non le state trombando significa che non vi vogliono trombare. Punto.
Non dovete convincerle, non le dovete ammansire o ammaliare, non stanno facendo 'le difficili'... non vi vogliono trombare per una serie di motivi che voi non capite o che magari non hanno voglia di spiegarvi, anche perché magari ci sono donne stronze (o stanche o a cui girano i coglioni per fatti loro) che non hanno voglia di dare spiegazioni.
Non vi hanno fatto perdere tempo facendovela annusare.
Magari è successo l'esatto contrario, perché loro si aspettavano un uomo più interessante, perdendo così tempo prezioso nel credervi migliori di quanto non siate poi risultati.
Nessuno deve niente a nessuna. E viceversa.
Impacchettate le vostre palle blu e segatevi a casa. Ri-punto.
Ho incontrato parecchi omuncoli tambleri con le palle e l'orgoglio feriti che, frignanti per le aspettative tradite, sentivano di dover in qualche modo pareggiare i conti...
Mi piacerebbe insultarvi in modo colorito e fantasioso ma credo che il vostro specchio ogni mattina stia facendo un lavoro migliore del mio.
E vi svelo un segreto, a voi che vi sentite demascolinizzati da tutte queste donne disinibite, rompicoglioni e pretestuose con le loro lotte femministe.
Le donne sono disinibite?
Scopatevi una bambola gonfiabile ascoltando in loop l'mp3 di vostra mamma che vi dice che voi valete.
Le donne sono pretestuose e rompicoglioni con le loro lotte?
Credo che 10.000 anni di patriarcato abbia conferito loro questo diritto e se a volte alcune polemiche possono sembrare davvero pretestuosamente costruite, pazienza... ci sta che per i primi tempi qualcha uomo possa pagare le colpe dei propri padri, dei propri nonni, dei propri bisnonni, di tutti i parenti defunti dal principio alla fine sino ad arrivare a quel coglione di Agamennone. Si difenderà e sarà riabilitato, lusso poco concesso all'altro 50% dell'umanità.
Se la vostra virilità è così fragile da sentirsi minacciata dalla normalità, allora si merita di essere distrutta senza rimorso alcuno.
Prima ci fate pace con questa consapevolezza, prima smetterete di lagnarvi e accetterete questa nuova normalità, più giusta perché restituisce allle donne il diritto negato da sempre di sentirsi intere.
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questouomono · 1 month ago
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Questo uomo no, #141 - Quello che secondo lui il patriarcato non esiste più
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Premessa importante: questo testo non è "contro" un ministro ignorante che dice ingiuste e violente inesattezze in una sede istituzionale intervenendo neanche di persona a sproloquiare di cose che non sa, in modo quantomeno inopportuno. Quanto successo alla presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin in Senato è già successo innumerevoli volte, e succederà ancora per molto tempo. Questo testo è l'ennesima ripetizione di cose già sapute e stabilite scientificamente da chi studia le questioni di genere e i femminismi da decenni, e che ripete a ogni occasione perché questo è il suo lavoro: la ricerca e l'azione volte a dare strumenti per risolvere problemi sociali gravi e inderogabili e a puntualizzare concetti importanti per quella ricerca e quell'azione.
"Il patriarcato è finito nel 1975, con la riforma del diritto di famiglia" non è una opinione nuova, è una vecchia ignoranza che in molte forme diverse va in giro appunto dal 1975, sostanzialmente per due motivi. 1) Un punto temporale indietro nel tempo - il '75 è cinquant'anni fa! - fa sembrare questo argomento vecchio, datato, superato, e insieme a lui i femminismi che lo combattono. La realtà è che se intendiamo il patriarcato come modello politico-sociale che informa le leggi del nostro paese, è nel 1981 che viene abolito il delitto d'onore, è nel 1996 che lo stupro è classificato reato contro la persona e non contro l'onore. In più, se anche per le questioni di violenza possiamo fermarci al 1996, il patriarcato è presente nelle leggi del nostro paese in molti altri luoghi dei codici: le leggi sulla cittadinanza basate sul sangue sono leggi patriarcali, le leggi che regolano l'eredità sono patriarcali, la presenza nei nostri codici dell'espressione "buon padre di famiglia" con valore regolativo è patriarcato. Nel '75 sono finite tante cose nelle leggi italiane, ma il patriarcato no. 2) Il secondo motivo riguarda la strumentalizzazione del termine patriarcato, che da questione culturale si cerca di chiuderlo a questione legislativa. Questo è l'esempio di uno dei modi tipici di invalidare le critiche femministe e gli studi di genere: delimitare la complessità della parola patriarcato a un significato, a un solo ambito disciplinare. Si usa l'antropologia per dire che il patriarcato è un modello familiare ormai scomparso dalle nostre società; si usa la storia per rinchiuderlo in tempi lontani e civiltà remote; si usa l'etimologia per sostenere la sua inconsistenza, dato che la figura paterna ha perso potere rispetto a quella materna, la maschile rispetto a quella femminile; si usa la linguistica per sostenere che il termine è inadeguato alla complessità e alle trasformazioni della famiglia e della società contemporanee. E così via, pur di limitarne l'unico uso sensato in queste questioni: l'uso che ne fanno, da qualche secolo, i femminismi e gli studi di genere.
Il patriarcato è il nome di una relazione di potere tra esseri umani o tra istituzioni umane basata su valori sociali comunemente e tradizionalmente associati a ciò che, in una determinata cultura, viene considerato maschile. Questo è il motivo per cui: - il patriarcato non è un modo di "attaccare" o "accusare" gli esseri umani maschi, perché come forma di potere può essere usato (e nei fatti viene usato) da persone di qualsiasi genere; - il patriarcato non è il nome di una struttura sociale, di una relazione o di una forma espressiva (parola, locuzione, testo, opera d'arte), ma il nome del potere che viene usato - anche insieme ad altri - in quelle situazioni o in quelle espressioni. Quindi non esistono parole o azioni "patriarcali" da vietare, ma usi patriarcali di espressioni e situazioni che andrebbero evitate. - il patriarcato non è la "causa" della violenza di genere subita dagli esseri umani, ma il potere usato in tutte le forme di violenza di genere subite dagli esseri umani in maniera differente a seconda dei loro corpi e del loro genere. A questo proposito varrà la pena ricordare che questo è il motivo per cui non esiste alcuna "simmetria" tra la violenza di genere subita dalle donne rispetto a quella subita dagli uomini, e poi tra etero e non etero, e così via. Ogni particolarità di genere subisce forme di violenza di tipo patriarcale; 350 anni e più di femminismi permettono oggi di identificare e parlare con certezza di quelle subite da qualsiasi genere non sia l'uomo eterocis, mentre quest'ultimo genere continua, in tantissimi casi che capitano nella vita dei suoi membri, a non saperla neanche riconoscere, data l'assenza di una competenza diffusa proprio su questo aspetto specifico degli studi di genere: la maschilità. Ecco anche detto il perché in nessun senso il patriarcato è una ideologia, o può essere assimilato a un atteggiamento ideologico: il patriarcato è un fatto sociale esistente e funzionante nelle nostre società, e la sua esistenza è oggetto di studi e ricerche scientifiche da moltissimi anni, in tutte le sue forme (linguistiche, sociali, filosofiche, economiche, storiche). Può essere certamente ideologica, e di fatto lo è, la scelta di non occuparsene oppure sì, di non riconoscerlo oppure sì, di discuterne come fatto sociale del quale occuparsi nelle proprie vite oppure no.
Oppure ancora, come è stato fatto di recente seguendo un andazzo molto in voga tra le persone ignoranti e schierate contro i femminismi di ogni tipo, si può dichiarare che il patriarcato è finito e che ci sono in giro "solo" forme di maschilismo - ignorando il legame tra i due, che non sono sinonimi - e che la violenza di genere diffusa è dovuta anche all'immigrazione.
Dalle mie parti fare così si chiama "buttàlla in caciara", ed è il tipico atteggiamento di chi è ignorante e/o vuole ottenere credibilità e consenso spostando le argomentazioni altrove. Questo uomo no.
Probabilmente anche io, che studio queste cose a livello accademico dalla metà degli anni '90 e che da più di un decennio ne ho fatto un lavoro apprezzato e un'opera di divulgazione che ha aiutato moltissime persone, vengo considerato "ideologicamente schierato". Evidentemente, sapere le cose e usarle per il bene comune anche professionalmente adesso qualcunə preferisce chiamarlo così, sperando che ne possa rimanere fuori. Invece, anche se da diversi posizionamenti, o si conosce e affronta il problema, o si è parte del problema. Buon patriarcato a tuttə. P.S. per chi è più esigente, qui una mia bibliografia aggiornata a fine '23. Ci metto solo quello che leggo, studio e ho usato con risultati, quindi non ci sono pubblicazioni troppo recenti.
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raccontidialiantis · 1 month ago
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Era l’anno del mio diploma
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Avevo compiuto diciotto anni a novembre e circa un mese dopo, dalla Francia venne a darci una mano in casa Claudine, un’amica d’infanzia di mia madre Margot e sua compagna di liceo. Una donna di poco sopra i quaranta, come mamma appunto. Lei era piccolina, ma perfetta. Molto proporzionata. Una francesina bella, pulita, colta e piena di fascino. A differenza di mamma, che s’era sposata giovanissima ed era venuta subito in Italia, lei invece era convolata a nozze un po' più tardi, ma purtroppo era rimasta vedova pochi anni dopo il matrimonio, a causa di un incidente stradale in cui era rimasto coinvolto il marito. S'era trovata per questo, dopo neppure un anno, completamente a terra economicamente. Pur se laureata in lettere moderne, appena sposata avevano deciso di comune accordo col marito che lei avrebbe lasciato l’insegnamento, si sarebbe occupata della casa e avrebbero subito messo al mondo dei figli, che però non fecero a tempo ad arrivare.
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Per cui erano ormai già diversi anni che campava di stenti arrangiandosi e che soffriva da morire nel sentirsi sempre poco considerata, dovendo svolgere tutti i lavori più umili pur di sopravvivere. Per giunta, non riusciva a tenersi un lavoro per più di qualche mese. Infatti essendo veramente una bella donna, peraltro vedova e bisognosa, doveva regolarmente respingere le avances aggressive dei vari datori di lavoro. Che si sentivano in diritto di approfittarsene. Per questo, doveva ricominciare ogni volta daccapo a cercare. Con mamma comunque si era sempre tenuta in contatto. Dopo tanto tempo di continua e ininterrotta consuetudine, ebbe un chiarimento finale e risolutivo con mamma via e-mail. Aveva sempre rifiutato l’aiuto che mamma Margot le offriva, ma dopo l’ultimo scambio, evidentemente esasperata e stanca, accettò senza più esitare l’offerta genuina dei miei genitori di poter venire in Italia a casa nostra: un po’ colf, un po’ dama di compagnia e infine, visto l’approcciarsi del mio Esame di Stato, anche quale mia temporanea istitutrice. Arrivò e passò finalmente un Natale sereno con noi. Forse il primo, dopo tanto tempo.
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Mio padre è un capace industriale. Mia madre invece è un’insegnante. Di francese, ovviamente. In famiglia abbiamo un discreto agio. Le due donne avevano ritrovato l’antica, intima confidenza e Claudine finalmente era tornata rilassata. Quando sorrideva, illuminava la stanza. Margot passava alla sua amica del cuore un sacco di suoi vestiti ancora nuovi; uscivano spesso insieme per la spesa o per un caffè. Claudine percepiva un regolare stipendio, oltre ad alloggiare e mangiare con noi. Intanto, i miei si ingegnavano per trovarle una sistemazione dignitosa, un vero lavoro. Ma senza troppa fretta, perché intanto in casa si respirava un’aria di novità e maggior serenità. Poi, lei aveva anche questo compito di aiutarmi al pomeriggio coi compiti e guidarmi verso l’esame di stato che ci sarebbe stato di lì a pochi mesi. Era veramente uno spettacolo di femmina: intelligente, spiritosa ed effettivamente sotto la sua guida, per me era divenuto un vero piacere studiare, ripassare e organizzarmi per bene le materie e le interrogazioni.
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Prendemmo subito molta confidenza. Io capìì subito che lei era solo un’anima bisognosa di tanto affetto e aveva necessità di tornare a essere finalmente riconosciuta e apprezzata: soprattutto come donna. Gradiva di sicuro essere corteggiata, ma anche rispettata, considerata nei suoi valori. Però intuivo come dentro bramasse essere desiderata, oggetto di genuina passione. Io per parte mia le morivo letteralmente dietro. Sbavavo. Con assoluta discrezione, ovviamente. Nel correggermi i compiti, lei si alzava dalla normale posizione al tavolo ‘a squadra’, avvicinava la sua sedia alla mia e mi si metteva di fianco, sullo stesso lato. Ero letteralmente stordito e rapito dal suo profumo, dal suo fascino di donna matura e sensuale. Diffondeva inconsapevolmente bellezza ed erotismo tutt’attorno a sé. Io ero abbagliato da tanta grazia. Inevitabilmente se ne accorse e prese a provocarmi. Come il gatto col topo. Veniva in camera mia col golfino oversize; se lo toglieva e potevo così ammirare le sue camicette trasparenti o quei top mozzafiato scollatissimi. Poi, le gonne corte che, ritirandosi sulla coscia, quando lei si sedeva, lasciavano intravedere le calze autoreggenti. Tutti indumenti che riconoscevo essere stati in passato di mamma. La sua pelle candida e profumata di pesca reclamava, assetata, delle labbra che la baciassero al più presto ovunque. Mi guardava negli occhi e scherzando mi stuzzicava, mi mandava dei bacini in punta di dita e poi mi toccava, mi accarezzava tenera.
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Con me avevo l'impressione sincera che tornasse diciottenne. Non mancava di salutarmi con un dolcissimo bacino sulla guancia, sia entrando in camera che uscendone. Un bacino che durava sempre di più. Alla fine al bacino aveva aggiunto l’abbraccio stretto. La camera degli ospiti dove lei dormiva era vicina alla mia, giù nel seminterrato e vicino al grottino; mentre la stanza da letto dei miei era ben distante, al primo piano e nell’altra ala della villa. Un pomeriggio, dopo che avevamo pranzato, mamma era tornata a scuola per il ricevimento dei genitori. Mio padre come sempre era in azienda. Nel silenzio totale della casa, prima dell’ora stabilita per i compiti - le tre - ognuno di noi due era in camera sua per un breve riposino. Io avevo i sensi acuiti dal folle desiderio di lei, per cui notai comunque un lievissimo mugugnare provenire dalla parete in comune. Non resistetti e andai a sbirciare dalla sua porta. Che aprii appena, senza farmi sentire: c’era una vera Dea nuda, sul letto. Con indosso solo un perizoma. A occhi chiusi, con una mano sul seno e un'altra negli slip, si toccava il basso ventre e si muoveva sospirando, piena di evidente passione erotica. Udì qualcosa, si girò di scatto e s’accorse di me! Però non urlò: dapprima si coprì col lenzuolo. Poi però, rossa in viso e adorabile, mi sorrise e senza rimproverarmi mi fece cenno di avvicinarmi a lei. Ero paralizzato, da tanto spettacolo. Mi disse:
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"vieni qui vicino; ormai sei un adulto e potrai ben guardare una donna che si dà piacere. In fondo, è anche questo parte dell’educazione di un giovane uomo, no?" "posso vederti da vicino e sentire il tuo odore, Claudine?" "si, certo. Ma… non mi toccare, capito? Non vorrei mai litigare con Margot: dovrà essere proprio un nostro assoluto segreto, ok?"
E così assistetti allo spettacolo più bello del mondo: una donna che infila le sue dita nella fica e si dà godimento. Lentamente. Quell’aroma, il sudore delle sue ascelle, dell’inguine misto al suo profumo preferito e la vista di quel vero paradiso mi si stamparono in mente. Venne in silenzio, inarcando la schiena. Che cosa meravigliosa. Ogni tanto si girava su un fianco, allargava le natiche, scostava il filetto e mi faceva vedere il suo buco del culo mentre lo contraeva e lo rilassava. Infine, quando fu contenta di essere stata adorata da me per diversi minuti, sorrise soddisfatta.
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Poi mi chiese di uscire e di andare a prepararmi per i compiti. Da quel giorno, la sua presenza vicino a me ogni pomeriggio alle tre divenne una vera, dolcissima tortura. Non aspettavo altro. Non desideravo altro. Un pomeriggio si sedette al mio tavolo da studio, al solito a squadra rispetto a me; tolse il golfino e sotto aveva la camicetta di tulle molto trasparente, ma… non portava il reggiseno! Spavaldi e troneggianti in alto sul pianale del tavolo, le sue mammelle erano le protagoniste principali in commedia. Sudavo freddo! Non potevo staccare il mio sguardo da quei trionfi di bellezza, dalla magnetica attrazione sessuale. Lei si accorse del mio stato e mi chiese, finto-stupita: “che c’è, tesoro?” Le risposi che avrei tanto desiderato vederle nuovamente i seni completamente nudi. Non si fece pregare: chiuse a chiave la porta, tolse la camicetta e si sedette di fianco a me a torso nudo. Le chiesi di poter adorare ancora una volta e magari toccare le sue stupende e sode mammelle, di poterle annusare, drogarmi d’amore per lei… arrossì ma alla fine disse: “Ma che dici, stupido! Va bene. Toccale, per alcuni secondi soltanto però, eh?”
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Come iniziai a carezzargliele teneramente, i suoi capezzoli istantaneamente crebbero. Smisi, spaventato. Ma lei disse: “no, no: va tutto bene non ti preoccupare. Una donna fa così, quando è eccitata; continua, ti prego…” e io continuai a lungo, altro che secondi! A un tratto mi disse: “vabbè tanto vale che me li baci, no?” Quindi risoluta mi prese la testa, se la premette su un seno e mi mise un capezzolo in bocca. “Succhia, mio piccolo tesoro. Leccami e succhia” stetti una mezz’ora buona in quel paradiso di sapori, odori e perfezione femminile. Le leccai, succhiai intensamente e carezzai entrambi i seni. Riuscii anche a metterle una mano tra le cosce. Sulle prime lei le allargò anche: potetti così sentire inequivocabilmente che era bagnata, da sopra le sue mutandine. Ma poi di colpo mi tolse la mano, si rimise la camicetta, il golfino, si ricompose e cominciammo a studiare. Quel pomeriggio faticai non poco a mantenere un comportamento civile.
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Da quel momento, tutti i giorni alle tre passavamo dapprima una mezz’ora in assoluta intimità: lei ad allattarmi e a godere delle mie labbra; io a torturarle, leccarle i seni e a cercare di arrivare con le mani alla sua fica. A volte mi faceva stare anche un minuto, con la mano a coppa sulla sua passera, che sentivo gonfia e calda; ma regolarmente dopo un po’ me la toglieva e la sessione di studio doveva iniziare. Era inflessibile. Un pomeriggio la sentìì più languida del solito: appena arrivata in stanza e chiusa la porta mi prese la testa tra le mani e mi baciò a lungo, lingua in bocca. Potetti subito toglierle facilmente la camicetta e iniziare a leccarle i seni e le ascelle depilate e profumatissime. Cercai di portarla al solito verso il tavolo da studio, dove avevo già disposto le sedie aperte strategicamente, ma lei invece stavolta volle sedersi a bordo letto!
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Mentre succhiavo ingordo i suoi capezzoli, stavolta fu lei stessa a prendere la mano e mettersela appena sotto la gonna. Io un po’ esitavo, perché sapevo ormai che il mio arrivare a toccarle le mutandine in genere sanciva la fine del ‘preambolo’ e l’inizio dei compiti. All’orecchio con voce dolcemente roca mi disse: “che fai, mio giovane studente, esiti? Oggi non vuoi salire?” e io presi a salire piano lungo il suo interno coscia. A un tratto il mio cuore sobbalzò… non indossava gli slip!!! Ero impazzito di gioia: potetti infilarle senza che si opponesse dapprima un dito, poi due e infine riuscii con un minimo sforzo a farle entrare tutta la mano! Lei ormai coricata sulla schiena, gonna sollevata completamente e a cosce allargate gemeva, godeva, si muoveva e mi carezzava la testa, mentre le succhiavo i seni. Le baciavo il collo e la bocca. Venne… mordendomi piano un orecchio per non urlare! Mi sarei lasciato divorare tutto, da lei. Quindi al solito, d’improvviso si staccò e ci ricomponemmo.
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Siccome da un po’ di tempo il pomeriggio passavamo sempre più tempo a ‘intrattenerci’ e sempre meno a fare i compiti, lo studio soffriva. Quindi lei d’un tratto decise che: "basta! Di pomeriggio si studia e niente altro più." Ci rimasi molto male, ma capii che per lei stava diventando forse qualcosa di imbarazzante. Io, sebbene giovanissimo, ero pur sempre un gentiluomo. Che mai avrebbe voluto forzare la volontà di una signora stupenda e raffinata come lei. Quella stessa notte però, attorno alle undici e quaranta, dormendo ma socchiudendo un occhio per un lieve rumore, vidi aprirsi piano la porta della mia camera e una figura adorata in controluce venire verso il mio letto. In silenzio si mise sotto le coperte con me, mi baciò schiaffandomi mezzo metro di lingua in bocca e poi mi sussurrò all’orecchio: “fottimi, mio giovane stallone. Fammi tua per tutto il tempo che riuscirai a resistermi dentro duro.”
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Mi si mise sopra a cavalcioni. Prese l’uccello e se lo infilò dentro. Cavalcò fino a godere una prima volta. Quindi mi mise un seno in bocca e stesa a pelle su di me mi comandò di succhiarla e leccarla a lungo. Dopo che venne di nuovo, si mise a pancia sotto sul letto. Cuscino sotto i fianchi, sollevò il culo in alto a natiche larghe e mi disse: “non vuoi leccarmi ed esplorarmi tutta?” Non me lo feci ripetere: la leccai nell’ano a lungo e per questo lo sentivo aprirsi sempre di più, fino a che mi intimò con una sola parola: “sfondamelo.” Ordine perentorio che mi fece impazzire di gioia e desiderio. La inculai e stantuffai per un’ora almeno: giuro! Sono sicuro che le feci male lavorandola nel culo perché ogni tanto gridava ‘ahia’ però mi diceva di non preoccuparmi e di continuare a cavalcarla, che mi voleva tantissimo. Che sborrassi pure quanto volevo, nel suo culo. La tenevo per le zinne. Non poteva scappare. Né lo desiderava.
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Il giorno dopo era più bella che mai. E se a colazione, a pranzo e insieme a mamma Margot era la Claudine di sempre, facendo i compiti con me alle tre era invece diventata castigata e rigorosissima: un’insegnante che non tollerava rilassamenti. Ma non mi dispiaceva. Perché a mezzanotte, quasi tutte le notti, Claudine era mia e potevo incularmela e scoparmela di dritto e di rovescio. Mi faceva dei pompini che mi mandavano in estasi e regolarmente ogni volta, subito dopo ingoiato il mio seme, aveva il vezzo di baciarmi a lungo in bocca. Poi mi infilava un dito nel culo, così mi dava lo stimolo e il tempo di eccitarmi di nuovo. Di ritrovare la voglia insopprimibile di lei e quindi voleva che la inculassi, per ‘punirla’ di quel suo ardire. La prima volta fui sorpreso di conoscere questo suo giochino per stimolare un uomo. Ma poi glielo chiedevo io. Ero innamoratissimo di lei. Dopo l’Esame di Stato, superato da me col massimo dei voti, mio padre riuscì a trovarle finalmente un impiego decoroso in città, in un punto vendita legato alla sua azienda, che aveva filiali e punti vendita in tutta Europa. E ovviamente anche in Francia, per cui in futuro forse avrebbe potuto tornarvi. Si stabilì in un appartamentino poco distante da casa nostra.
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Se ne tornò in patria dopo tre anni. Nel frattempo, mentre era ancora in Italia, regolarmente l’andavo a trovare perché "solo un ventenne come te sa farmi sentire la vera donna che sono." Per parte mia mi laureai ed entrai a lavorare in azienda con papà. Mi sposai a ventiquattro anni con Luisa, la donna che amo, di dodici anni più grande di me. Forse ho scelto lei per il mio inconscio e grande desiderio di replicare la storia con Claudine. Ma comunque spesso per lavoro devo andare in Francia, nell’azienda collegata alla nostra e di cui abbiamo delle quote, dove ormai lavora anche lei. Non manco mai di andare a trovarla in ufficio, con la scusa di portarle un souvenir d’Italie. Per poterle invece poi, nel tardo pomeriggio, godere della sua bocca, succhiarle i seni, la fica e incularmela a lungo. Naturalmente, dopo che m’ha fatto il suo giochino preferito post pompino con quelle dita birichine. Ci vediamo invariabilmente nell’albergo dove alloggio. Anche perché lei s’è risposata con un suo collega ed è ormai serena nel suo ménage. Ha una figlia. Con Claudine ci scriviamo tuttora in gran segreto delle porcate assurde, perché ci desideriamo veramente, malgrado la differenza d’età notevole. Mia moglie non l’ha mai saputo. Né lo saprà mai. Mia madre forse lo sa. O molto più probabilmente addirittura le aveva dato lei stessa l’incarico di svezzare e far diventare un vero uomo suo figlio. Un giorno Claudine me lo confesserà! Continuo ad adorarla, nell'intimo del mio cuore. Un amore segreto è l'unica cosa che ti saprà dare un'ottima ragione per vivere, quando sarai soffocato dalla routine.
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RDA
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crazy-so-na-sega · 4 months ago
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Il liberalismo, unica ideologia dogmatica rimasta, rivela la sua essenza proprio nella gestione del fenomeno migratorio. Ma andiamo per gradi e dall’inizio: il liberalismo nasce come ideologia borghese e mercantile per tutelare gli interessi della nascente borghesia compradora che liberatasi di Trono e Altare, trova la sua legittimazione culturale e politica nell’utilitarismo di Locke, Hume e altri , basandosi soprattutto sulle teorie di Hobbes dove l’assetto sociale e statuale è determinato dal ” contratto sociale ” tra i componenti e in quelle di Montesquieu sulla divisione dei poteri , dove prevale però chi detiene i mezzi economici.
Il liberalismo infatti concepisce solo diritti del tutto ” astratti” e non collegati in alcun modo alla concretezza materiale tranne quello alla proprietà privata ( anche questo soggetto alle differenze di censo) e alla libera impresa. Ad esempio il CD diritto al lavoro e’ il classico esempio di diritto che in realtà è esercitabile a condizione che la dinamica domanda/ offerta corrisponda alle necessità del ” mercato del lavoro ” ergo alle necessità del Capitale, altrimenti è un diritto inesigibile da parte del titolare del diritto stesso. Potremmo citare altri esempi di diritti totalmente svincolati dalla realtà e dalla dinamica materiale ( libertà di espressione, alla salute, alla sicurezza…) ed è proprio per questo che ad esempio in Italia dal 1948 si parla di Costituzione formale, in pratica mai attuata , e Costituzione reale, cioè quella parte che per prassi necessita per il funzionamento dell’economia di mercato.
Posto questo dato , nel caso del fenomeno migrazione, controllata o meno, assistiamo ad un classico dello Stato liberale. Cercare di agevolare l’ingresso di un esercito industriale di riserva , in modo più o meno surrettizio, cercando al contempo di introdurre l’idea culturale che la persona, come le merci, è spazialmente e temporalmente ” fungibile” .Ergo un congolese ad Oslo o un norvegese in Congo possono ” integrarsi” a vicenda perché sono persone che , in teoria , non soffrono alcuna influenza identitaria o ambientale.
Ora il marxismo , che lo ricordiamo nasce come liberalismo ” rovesciato”, nella sua corrente rappresentata da Adorno , Horkheimer ma anche dalla corrente francese che fa capo a Guattari , pone invece l’uomo come prodotto delle condizioni sociali, ambientali e della società in cui vive. Si arriva a dire , ed è per certi versi assolutamente inconfutabile, che l’uomo è determinato dalla famiglia, dal clima e dal paesaggio in cui vive , tralasciando usi, costumi, credenze religiose etc. Questi fattori determinano non solo chi li vive ma anche le generazioni successive che dovessero emigrare altrove, come dimostrano anche gli italiani che da generazioni vivono in altri paesi che mantengono uno stretto legame, magari spesso folkloristico, con le proprie origini.
Quindi l’origine come il DNA di ogni persona è ineliminabile, a onta dei” costruttori di diritti a tavolino” che continuano a parlare di inesistenti ” diritti universali” che si concretizzano solo nel ” diritto del capitale ” di spostare manodopera da un capo all’ altro del pianeta. I tentativi quindi di eliminare i dati identitari e qualitativi sia degli europei che degli immigrati, in nome di un astrattismo materiale che vorrebbe solo ” replicanti” consumatori globali o ” cittadini del mondo” non è logico, non è razionale e soprattutto genera violenza e problemi psichici che ben vediamo nella cronaca nera quotidiana anche e soprattutto con gli immigrati di terza generazione. I tentativi surrettizi tipo lo ” ius scholae” sono semplicemente risibili , ancora una volta non basta studiare Dante per sentirsi europei, anche perché primo non si capisce perché un africano dovrebbe sentirsi ” europeo” e viceversa, ma soprattutto perché la cd integrazione non può avvenire su queste basi di astrattezza puramente mercantile che non permette un effettivo dialogo tra culture e identità, ma al contrario lo mortifica e lo soffoca in nome del puro profitto di pochi.
-Kulturaeuropa
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mucillo · 9 months ago
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In un quartier della ville Lumiere
Dove fa sempre buio e manca l'aria
E d'inverno come d'estate e' sempre inverno
Lei era sulle scale
Lui accanto a lei e lei accanto a lui
Faceva notte
C'era un odore di zolfo
Perche' nel pomeriggio avevano ucciso le cimici
E lei gli diceva
E' buio qui
Manca l'aria
E d'inverno come d'estate e' sempre inverno
Il sole del buon Dio non brilla da noi
Ha fin troppo lavoro nei quartieri ricchi
Stringimi tra le braccia
Baciami
Baciami a lungo
Baciami
Piu' tardi sara' troppo tardi
La nostra vita e' ora
Qui si crepa di tutto
Dal caldo e dal freddo
Si gela si soffoca
Manca l'aria
Se tu smettessi di baciarmi
Credo che morirei soffocata
Hai quindici anni ne ho quindici anch'io
In due ne abbiamo trenta
A trent'anni non si e' piu' ragazzi
Abbiamo l'eta' per lavorare
Avremo pure diritto di baciarci
Piu' tardi sara' troppo tardi
La nostra vita e' ora
Baciami!
(Jacques Prévert)
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fatalquiete · 1 year ago
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...ogni tanto è bene ripostarlo:
7 frasi da evitare per non sembrare un analfabeta funzionale, di Dario Bressanini
1) “A me una volta è successo che…”:
sulla terra siamo 7 miliardi di persone, quindi quello che è successo a te costituisce “un settemiliardesimo” delle ipotesi possibili. L’esperienza personale non è una legge universale.
2) “Ho letto su internet che…”:
su internet c’è tutto, il contrario di tutto e tutte le sfumature che ci stanno in mezzo; se non hai le competenze specifiche per distinguere ciò che è plausibile da ciò che è inverosimile, quello che hai letto tu non significa assolutamente nulla perché tanto su internet c’è sempre anche il suo esatto contrario.
3) “Non credo alla versione/teoria ufficiale, dimostrami tu che è valida”:
una versione/teoria ufficiale è tale proprio perché gode già del supporto probatorio necessario per essere considerata preferibile a tutte le altre. Pertanto, se non credi alla versione ufficiale spetta a te l’onere di provare perché questa sia errata, e anche perché la tua sia invece valida. Pretendere l’inversione dell’onere della prova è un atteggiamento profondamente illogico e antiscientifico.
Il fatto che tu non comprenda il contenuto di quelle prove non significa che quelle prove non esistano o non siano valide, significa solo che tu non hai gli strumenti e le conoscenze per comprenderle.
4) “Ci guadagnano sopra, quindi sicuramente c’è qualcosa sotto”: se escludete i volontari e gli stagisti, tutte le professioni del mondo sono a scopo di lucro, quindi tutti noi guadagniamo da quello che facciamo. Ciò non ci rende tutti automaticamente parte di un qualche complotto o sotterfugio.
5) “Quella volta è accaduto che…, quindi anche questa volta…”:
“quella volta” è diversa da “questa volta”. Se una cosa capita in una occasione non c’è nessuna legge che stabilisce automaticamente che accada sempre e a tutti. Se un medico vende organi sotto banco, non significa che tutti i medici lo facciano ogni giorno; se un ingegnere sbaglia i calcoli, non significa che tutti gli ingegneri siano cani e non sappiano fare il loro lavoro; se un avvocato prende una mazzetta, non significa che tutti gli avvocati siano corrotti o corruttibili. Serve una prova specifica per ogni singolo caso.
6) “Tu hai la tua opinione, io ho diritto ad avere la mia”:
questo è un principio sacrosanto quando si parla di preferire le bionde o le brune, il mare o la montagna, la Juve o il Milan. Ma quando si parla di argomenti scientifici, la tua opinione non conta assolutamente nulla se non hai competenze e ragioni tecniche che possano dimostrare la validità di quella opinione; o forse pretendi di avere un’opinione anche su come si calcola l’area del triangolo?
7) “Non mi fido della roba chimica, quindi…”:
La chimica spiega la composizione della materia in generale, di conseguenza tutto ciò che esiste nell’universo è chimico. L’acqua ad esempio è composta da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno, quindi è fatta di sostanze chimiche. E lo sei anche tu.
Se il vostro ragionamento si basa su uno o più di questi presupposti, sappiate che il vostro approccio è stupido, illogico e antiscientifico, quindi evitate di renderlo pubblico.
Ne va della vostra reputazione.
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intotheclash · 3 months ago
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Una strana follia possiede le classi operaie delle nazioni in cui regna la civiltà capitalistica. Questa follia porta con sé miserie individuali e sociali che da due secoli torturano l’infelice umanità. Questa follia è l’amore per il lavoro, la passione esiziale del lavoro, spinta fino all’esaurimento delle forze vitali dell’individuo e della sua progenie. Anziché reagire contro questa aberrazione mentale, i preti, gli economisti ed i moralisti hanno proclamato il lavoro sacrosanto. Uomini ciechi e limitati, che hanno voluto essere più saggi del loro stesso Dio; uomini deboli e spregevoli, che hanno voluto riabilitare quel che il loro stesso Dio ha maledetto. Io, che non mi professo cristiano, economista o moralista, non posso fare a meno di mettere a confronto il loro giudizio con quello del loro Dio; i precetti della loro morale religiosa, economica e libero-pensatrice, con le spaventose conseguenze del lavoro nella società capitalistica.
Paul Lafargue - Il diritto all'ozio
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smokingago · 11 months ago
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🍀
"Va' serenamente in mezzo al rumore e alla fretta,
e ricorda quale pace ci può essere nel silenzio.
Finché è possibile, senza cedimenti,
conserva i buoni rapporti con tutti.
Di' la tua verità con calma e chiarezza,
e ascolta gli altri,
anche il noioso e l'ignorante,
anch'essi hanno una loro storia da raccontare.
Evita le persone rumorose e aggressive,
esse sono un tormento per lo spirito.
Se ti paragoni agli altri,
puoi diventare vanitoso o aspro,
perché sempre ci saranno persone superiori ed inferiori a te.
Rallegrati dei tuoi successi come dei tuoi progetti.
Mantieniti interessato alla tua professione, per quanto umile,
è un vero patrimonio nelle fortune mutevoli del tempo.
Sii prudente nei tuoi affari,
poiché il mondo è pieno di inganno.
Ma questo non ti renda cieco su quanto c'è di virtuoso,
molte persone lottano per alti ideali,
e dovunque la vita è piena di eroismo.
Sii te stesso.
Specialmente non fingere negli affetti.
E non essere cinico riguardo all'amore,
perché a dispetto di ogni aridità e disillusione
esso è perenne come l'erba.
Accetta serenamente l'insegnamento degli anni,
abbandonando con grazia le cose della giovinezza.
Coltiva la forza d'animo per difenderti dall'improvvisa sfortuna.
Ma non angosciarti con fantasie oscure.
Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine.
Al di là di una sana disciplina,
sii gentile con te stesso.
Tu sei un figlio dell'universo,
non meno degli alberi e delle stelle;
tu hai diritto ad essere qui.
E che ti sia chiaro o no,
senza dubbio l'universo va schiudendosi come dovrebbe.
Perciò sta' in pace con Dio,
comunque tu Lo concepisca,
e qualunque siano i tuoi affanni e le tue aspirazioni,
nella rumorosa confusione della vita conserva la pace con la tua anima.
Nonostante tutta la sua falsità, il lavoro ingrato ed i sogni infranti,
questo è ancora un mondo meraviglioso.
Sii allegro.
Fa' di tutto per essere felice."
Desiderata, Max Ehrmann
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abr · 11 months ago
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Mercoledì scorso, durante la sessione del World economic forum a Davos, il discorso del Presidente argentino Javier Milei ha fatto scoppiare una bomba a livello mondiale al punto di essere commentato in mezzo mondo e tradotto da molte testate giornalistiche. E così quello che molti media avevano dipinto alla stregua di un matto (soprattutto nella nostra cara Italia) improvvisamente si è trasformato in una via di mezzo tra un nuovo Churchill e Adenauer (...).
L’exploit del discorso di Davos: (é stato) osannato da tanti presenti che si sono complimentati con lui (...). Ma che cos’ha colpito così tanto la gente e soprattutto fatto arrabbiare in maniera clamorosa i grandi capi del Wef?
Semplice: per la prima volta un Presidente di una nazione si è rivolto al mondo intero (...) senza mezzi termini o frasi diplomatiche (...). In pratica Milei ha scoperto quell’acqua calda che molti continuano a negare, esaltando il modello capitalista come l’unico in grado nel corso del tempo, di cambiare radicalmente la condizione umana dando un benessere e un progresso nella società stessa davvero unico (...).
La parte che ha fatto più arrabbiare i leader del Wef ed entusiasmato molti è stata quando Milei ha detto (...): “Ora, per capire cosa siamo qui a difendere (...) è il rispetto illimitato del progetto di vita degli altri, basato sul principio di non aggressione, sulla difesa del diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà degli individui, le cui istituzioni fondamentali sono la proprietà privata, i mercati liberi dall’intervento statale, la libera concorrenza, la divisione del lavoro e la cooperazione sociale. Dove si può avere successo solo servendo il prossimo con beni di migliore qualità a un prezzo migliore”.
E più avanti ha sostenuto che “i socialisti, visti gli innegabili progressi del mondo libero, i socialisti sono stati costretti a cambiare la loro agenda. Si sono lasciati alle spalle la lotta di classe (...) per rimpiazzarla con altri presunti conflitti sociali che sono ugualmente dannosi … come quello dell’uomo contro la natura.
Sostengono che gli esseri umani nuocciono al pianeta che deve essere protetto a tutti i costi, addirittura sostenendo un meccanismo di controllo della popolazione o la tragedia dell’aborto. Purtroppo queste idee dannose hanno permeato fortemente la nostra società (...). Hanno raggiunto questo risultato grazie all’appropriazione dei media, della cultura, delle università e anche delle organizzazioni internazionali (come il Wef, ndr). (...).
Fortunatamente siamo sempre più numerosi a osare alzare la voce perché vediamo che, se non combattiamo queste idee a testa alta, l’unico destino possibile è che avremo sempre più Stato, più regolamentazione, più socialismo, più povertà, meno libertà e, di conseguenza, un tenore di vita peggiore”.
(...) Purtroppo l’attuale Ue, già immersa nelle sue scandalose regole ambientali che decimeranno la classe media nel giro di pochi anni, attraverso un falso progressismo Radical-Chic Ztl sta portando avanti molte delle cose criticate dal Presidente argentino. (...)
Au point, grade Milei, il resto solo chiacchiere, distintivi, appeasement o nostagie canaglia, via https://www.ilsussidiario.net/news/diario-argentina-le-bordate-di-milei-a-davos-e-alle-linee-guida-dellue/2650140/
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mezzopieno-news · 6 months ago
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GLI STUDENTI UNIVERSITARI CREANO CITTÀ A MISURA D’API
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Oasi urbane di biodiversità per le api, sparse nel cuore delle città, con fiori nutrienti, piante aromatiche per l’impollinazione e casette rifugio i piccoli insetti impollinatori.
Migliaia di studenti distribuiti in 5 campus universitari italiani sono diventati custodi di centinaia di colonie di api e dell’equilibrio naturale dell’ambiente, attraverso un progetto diffuso che coinvolge i campus di Roma, Bari, Chieti, Firenze e Torino e una popolazione di 5.300 universitari fuori sede. In collaborazione con la startup agri-tech 3Bee specializzata nello sviluppo di sistemi di monitoraggio per la salvaguardia e la protezione delle api, hanno realizzato il progetto “Oasi Urbane di Biodiversità” una serie di aree dedicate, all’esterno dei campus studenteschi in cui vivono, per sostenere la protezione, il benessere e la riproduzione delle api. All’interno dei CX Campus&Hotel e con il supporto della Fondazione Experience, ente filantropico impegnato sul fronte della mobilità studentesca e del diritto allo studio e su quello dell’ecosostenibilità, il programma si estenderà anche ai campus di Trieste, Milano Bicocca e Milano Novate dove gli studenti e le studentesse potranno unire lo studio alla lotta per la salvaguardia delle api, ricreando habitat ideali con risorse mellifere fondamentali.
Spostandosi da un fiore all’altro, le api impollinano oltre 170mila specie vegetali, garantendo così la biodiversità nei vari ecosistemi e permettendo lo sviluppo e la rigenerazione della natura. In un giorno le api di un alveare possono visitare fino a 225mila fiori.
___________________
Fonte: Fondazione Experience; 3Bee
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VERIFICATO ALLA FONTE | Guarda il protocollo di Fact checking delle notizie di Mezzopieno
BUONE NOTIZIE CAMBIANO IL MONDO | Firma la petizione per avere più informazione positiva in giornali e telegiornali
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gregor-samsung · 8 months ago
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" Il volto del colonialismo inglese si rivelò in tutta la sua brutalità in Sudafrica. I bianchi si erano impadroniti dell'88 per cento delle terre, mentre i neri, con la Legge sulla terra dei neri, il Natives Land Act, del 1913, avevano perso ogni diritto di proprietà. Fu l’inizio della politica razzista di segregazione dei neri in “riserve per gli indigeni”. Ma siccome questo processo non funzionò, nel 1948 fu introdotto il sistema dell'apartheid. Nel 1949 furono proibiti i matrimoni misti e nel 1950 la popolazione fu catalogata secondo quattro gruppi razziali: bianchi, indiani, gente di colore e neri, con questi ultimi relegati in bantustan. Almeno tre-quattro milioni di neri furono segregati con la forza in queste zone loro riservate. Mentre ai neri che rimanevano, per ragioni di lavoro, in zone “bianche”, era vietato accedere a scuole, locali pubblici, mezzi di trasporto, riservati ai soli bianchi. I leader del movimento anti-apartheid, tra i quali Nelson Mandela, furono condannati all'ergastolo. Ma la repressione del governo non riuscì a soffocare la ribellione degli africani. Sia i lavoratori sia gli studenti neri diedero vita a una serie di scioperi e di manifestazioni che lentamente fece entrare in crisi il sistema dell'apartheid. La svolta avvenne nel 1990 quando il primo ministro Frederik De Klerk annunciò in Parlamento la rimozione della messa al bando del Congresso nazionale africano e il rilascio dei prigionieri politici. Dopo ventisette anni di carcere, Nelson Mandela fu liberato. Nel 1994 si svolsero le prime elezioni su base non razziale e, il 10 maggio, Mandela divenne il presidente del Sudafrica. Anche qui le Chiese dei bianchi, tanto cattoliche quanto anglicane e protestanti, appoggiarono in larga maggioranza il sistema dell'apartheid. Ma un piccolo gruppo profetico, composto dall'arcivescovo cattolico di Durban, Denis Hurley, dal pastore della Chiesa riformata Beyers Naudé e dall'arcivescovo anglicano Desmond Tutu, guidò la resistenza dei neri contro l’apartheid. "
Alex Zanotelli, Lettera alla tribù bianca, Feltrinelli (collana Serie Bianca); prima edizione marzo 2022. [Libro elettronico]
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