#dieppe cosa vedere
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Raccontare della Normandia non è facile e non perché ci sia poco da dire anzi è esattamente il contrario.
“La culla dell’impressionismo, con affaccio sulla Manica, è un luogo bellissimo già al primo approccio. La Normandia, sconosciuta a molti, in realtà è un luogo per tutti! Per gli intellettuali e amanti dell’arte in quanto patria e buen retiro di un numero indefinito di pittori impressionisti e di scrittori, mi vengono in mente Proust, Guy de Moupassant, Gustave Flaubert, Dumas. Per i buongustai è terra di perdizione tra calvados, ostriche e strepitosi formaggi. Per gli appassionati di storia è il luogo dello sbarco più famoso della storia ma è anche la terra che ha portato al rogo Giovanna d’Arco. Per i romantici è il posto ideale grazie al meraviglioso paesaggio tra mare, natura e borghi caratteristici, con una costa ricca di località balneari e paesaggi bucolici che ti resteranno nello sguardo molto a lungo.”
Già da un po’ volevo raccontare del viaggio in Normandia, una vacanza di dieci giorni che mi ha fatto scoprire una regione davvero fantastica, della quale mi sono perdutamente innamorata al primo sguardo. Attraverso quest’articolo non voglio raccontarvi cosa vedere in Normandia, per quello esistono le guide e, appunto, non basterebbe un libro, ma voglio raccontarvi la mia esperienza, il mio tragitto, i miei luoghi, qualche aneddoto e qualche dettaglio senza scendere troppo nella descrizione con il fine di incuriosirvi e di trasmettervi la voglia di acquistare un biglietto aereo, noleggiare un’auto e di farvi andare alla scoperta di un luogo meraviglioso. La Normandia. E quindi cominciamo!
GIORNO UNO
Partiamo da Treviso attorno alle 10.45 e arriviamo all’aeroporto di Beauvais, ottanta chilometri a nord di Parigi, verso mezzogiorno. Sicuramente l’aeroporto d’atterraggio delle compagnie low cost migliore per arrivare in Normandia. Volo A/R per due, dal 18 al 28 agosto, 140,00 euro. Per prima cosa andiamo a ritirare la vettura al noleggio Thrifty, che fa parte del gruppo Hertz, dove ci consegnano una bellissima Fiat 500 rosso fiammante. Costo del noleggio con polizza assicurativa e doppio conducente euro 240,00.
E via destinazione Dieppe (Regione Senna Marittima) per la prima notte, lungo il tragitto ci fermiamo in una boulangerie per la prima baguette farcita della vacanza. Ci fermiamo a mangiare seduti in una panchina della piazzetta del paesino. Arriviamo a Dieppe (Alta Normandia) verso le 15.00 e ci rechiamo subito in albergo, prenotato da casa, come tutti gli alberghi di questa vacanza, anche se in corso d’opera ne ho cambiato qualcuno. Dopo qualche indecisione ho prenotato un Kyriad, una catena che non conoscevo, com’è ovvio si trova ai margini della cittadina di Dieppe e dispone di parcheggio, le foto mostravano camere nuove e di design, il giudizio “ottimo” degli utenti di Booking.com e il prezzo contenuto ed è fatta… Peccato per la pulizia, davvero carente, anche per la Francia. Costo del pernottamento meno di 60,00 euro… Ho voluto risparmiare troppo!? Ben mi sta? No! Sulla base degli altri alberghi prenotati in questa vacanza. Leggete e capirete cosa intendo.
Dieppe
Direi che Dieppe forse si può pure saltare, dato che c’è tanto da vedere in Normandia, ma in realtà Dieppe è la partenza ideale per vedere meravigliosi villaggi marinari della Costa d’Alabastro, il tratto di litorale con affaccio sulla Manica che si estende per 130 chilometri, da Le Tréport a Le Havre e che segna uno lo spettacolare confine tra il mare e la terra. Dopo la doccia, di nuovo a bordo della Fiat 500 e via alla volta di Eu e Le Trèport, una trentina di chilometri a nord di Dieppe, l’inizio della Casta d’Alabastro.
Eu e Le Trèport
Sono situate sulla Valle della Bresle, sono le tappe finali della Côte d’Alabâtre arrivando da Ovest, due luoghi dove il profumo della terra abbraccia quello del mare. Eu si trova a ridosso di un magnifico bosco teatro di luci e leggende. Seconda solo a Rouen quanto a patrimonio immobiliare in Normandia, è una città gallo-romana che assunse importanza grazie all’abbazia benedettina e perché fu la frontiera settentrionale dell’antico ducato di Normandia. Tralasciamo Eu quasi subito perché a incuriosirci è Le Tréport, luogo di villeggiatura, particolarmente in voga durante il XIX secolo con la moda dei bagni di mare della Belle-Epoque, costellata da ville multicolore e animata dal porto. Le Tréport deve la sua fama alle sorprendenti falesie e alla funicolare… Già perché l’ingresso in città grazie alla funicolare gratuita è qualcosa di spettacolare. Quindi lasciata l’auto nel parcheggio in cima alla falesia non ci resta che salire a bordo della cabina azzurra e premere discesa. Partire dal culmine della falesia, attraversare la roccia e ritrovarsi sopra i tetti in ardesia è veramente un’esperienza particolare. La vista del caratteristico e suggestivo porto incastonato sulla punta settentrionale della Normandia lascia a bocca aperta. Dal quartiere dei Cordiers – deve il suo nome ai pescatori che abitavano originariamente questo villaggio i quali, troppo poveri per acquistare delle reti da pesca, pescavano con corde munite di amo – incominciamo la nostra visita…
Ceniamo a Dieppe, nella zona centrale che è poi quella del porto, c’è bassa marea e le imbarcazioni ormeggiate sono sprofondate, sono sempre a galla ma si sono abbassate di molto rispetto le mura di cinta del porto, porto commerciale e punto strategico sulla Manica. Dieppe vanta un aspetto abbastanza moderno, anche perché durante la seconda guerra mondiale fu bombardata per ben 48 volte e quasi interamente distrutta.
GIORNO DUE
Prima di ripartire in direzione Deauville, facciamo un giro nella zona del lungo mare dove sono esposti, veicoli, cimeli e reperti vari risalenti alla seconda guerra mondiale. Proseguiamo poi verso il castello di Miromesnil si trova a Tourville-sur-Arques, a 8 km da Dieppe. Il castello oltre a custodire al suo interno boiseries e mobili dei se-coli XVI e XVIII, custodisce cimeli e ricordi delle famiglie che lo abitarono, tra le quali quelli della famiglia dello scrittore Guy de Maupassant, che vi nacque il 5 agosto 1850 nel periodo in cui i suoi genitori lo ebbero in affitto (dal 1849 al 1853). Sono, tra l’altro, conservate alcune edizioni originali dei suoi romanzi. Proseguiamo. Le tappe che ci aspettano prima di arrivare a Deauville, dove ho prenotato per la notte, sono molte. Percorriamo una strada fiancheggiata a tratti da fitta vegetazione, a tratti da campi con mucche al pascolo o cavalli, tanti cavalli. I continui crocevia che incontriamo lungo il percorso conducono a paesini caratteristici, c’è l’imbarazzo della scelta su quale strada decidere di imboccare. Sarebbe bello avere molto tempo a disposizione e visitare ogni singola località perché, per un motivo o per l’altro, tutte meritano una visita. E allora imbocchiamole queste stradine, e arriviamo a:
Varengeville-sur-Mer
Un luogo tra i più seducenti della Costa d’Alabastro. Il villaggio colpisce perché ricco di curatissimi giardini che contornano le meravigliose abitazioni ai margini della stradina che conduce alla chiesa. Arrivati alla fine della pittoresca stradina, troviamo la bellissima chiesetta di Saint-Valéry che, con il suo cimitero marino, sono sospesi sul pendio della falesia, ottanta metri sopra il livello del mare. Uno spettacolo! All’interno della chiesa, alla destra dell’altare, c’è la vetrata realizzata da Georges Braque, la cui luce illumina il coro. Varengeville è il luogo che ha ispirato l’artista espressionista e cubista, e dove riposa; rimase stregato da questo villaggio tanto da costruirci casa e venire a passarci sei mesi l’anno per ben 35 anni.
Veules-les-Roses
Pittoresco borgo da sempre abitato da pescatori e tessitori, adagiato nell’incavo della scogliera è uno dei più antichi villaggi del Pays de Caux nonché uno dei “più bei villaggi di Francia” e, in effetti, ha un fascino particolare! Molto apprezzato come luogo di villeggiatura nel XIX secolo, anche da artisti come Victor Hugo. Un angolo di Francia che trasuda di romanticismo. La zona nei dintorni del fiume, il più piccolo di Francia, merita una passeggiata mano nella mano e tanti scatti. L’acqua blu cangiante e la sabbia finissima rendono il suo lungo mare un altro luogo ideale dove fare passeggiate romantiche.
Saint-Valley-en-Caux
La fame ci ha condotto a Saint-Valley-en-Caux, un luogo dove tutto ruota attorno all’incantevole porticciolo e che conserva in pieno il fascino ruvido dei posti di mare. Ed è proprio nei pressi del porto che ci rechiamo, dopo aver acquistato in un banchetto due birre medie e due porzioni di Moules frites, le cozze alla marinara con patate fritte, un altro piatto tipico della Normandia, ci accomodiamo in un tavolo comune posto nel molo da dove possiamo ammirare un vecchio veliero.
Saint-Pierre-En-Port
Un minuscolo villaggio di nemmeno mille anime dal fascino inestimabile. La spiaggia è deserta, siamo i soli a calpestare il suolo di ciotoli bianchi e anche qui il nostro contorno è natura e vertiginose scogliere.
Fécamp
Cominciamo attraversando il lungo pontile che conduce al faro, dove la vista sulle falesie, tra le più alte della Normandia, è fantastica e privilegiata. Continuiamo con una visita alle case dei pescatori lungo il porto, Fécamp è il primo porto francese per la pesca del merluzzo. Quella che fino al 1204 è stata la residenza dei Duchi di Normandia, oggi è una città d’Arte e di Storia. Concludiamo con una visita al Palais Bénédictine, dove viene prodotto l’omonimo liquore, il profumo di piante e spezie che servono per il famoso liquore si respira nell’aria.
Yport
Non possiamo non dedicare una mezz’oretta a questo minuscolo villaggio di pescatori che ha accolto numerosi personaggi celebri come Dieterle, Maupassant, Gide, Laurens o Boudin. Nota località di villeggiatura in passato grazie all’architettura balneare eclettica che strizza l’occhio all’Art nouveau e allo stile neo-normanno.
Étretat
La nostra ultima tappa nella Costa d’Alabasto è la celeberrima e magnifica Étretat, ora luogo turistico a tutti gli effetti sempre molto suggestivo, un tempo meraviglioso villaggio di pescatori, incastonato fra le due falesie più note della costa, alle quali deve la propria fama: la Falaise d’Aval e la Falaise d’Amont. Ci dirigiamo verso la spiaggia. Sul posto scopro che non sempre è possibile visitare la base delle falesie, lo decide la marea, consultiamo l’apposita tabella che ci rivela che la marea è favorevole, si è ritirata da un po’ e prima di qualche ora non dovrebbe risalire. Ci incamminiamo lungo il sentiero escursionistico che conduce alla Falesia d’Aval.
“Da questo punto posiamo ammirare l’Arco della Manneporte. La gigantesca volta naturale creatasi da una propaggine della scogliera, che Guy de Maupassant descrisse come un elefante che beve nel mare, fa restare a bocca aperta. Qualche anno fa, al Musée d’Orsay di Parigi, ho potuto ammirare il quadro, ora che lo vedo dal vivo mi è più facile capire perché Monet trascorse un intero inverno a immortalarlo in ogni condizione atmosferica. Prendiamo una scalinata che parte dalla battigia. Duecentocinquanta scalini più tardi, raggiungiamo la cima della Falaise d’Amont e da alcune sporgenze rocciose riusciamo ad ammirare il panorama dall’alto e, a parte la sensazione di vertigine, la vista è mozzafiato! La costa, le dune, le distese verdeggianti, lo splendido mare che sfuma in un cielo ammantato di soffici nuvole bianche e queste opere naturali di calcare e gesso, in alcuni punti rossastre in altri bianche o addirittura dorate che viste da vicino esprimono tutta la loro fragilità, sono una dimostrazione di quanto straordinaria sia la natura.”
Tra gli altri personaggi che furono ospiti di Étretat: gli scrittori Hugo e Flaubert, il compositore Offenbach e i pittori Coubert e Boudin. Anche Maurice Leblanc, l’inventore del famoso ladro gentiluomo Arsène (Arsenio) Lupin, giornalista normanno, nato a Rouen, fece soggiornare il protagonista dei suoi romanzi qui, a Étretat. La nipote dello scrittore ha allestito nella casa di famiglia: le Clos Arsène Lupin, dedicato all’universo enigmatico del nonno.
D’obbligo la visita a Les Jardins d’Étretat che si affacciano sulla Falaise d’Aval, voluti da Madame Thébault, attrice degli inizi del XX secolo, amica di Monet e, appunto, iniziatrice del giardino. Il giardino è stato disegnato da Alexandre Grivko che vanta un primato da record per la progettazione di oltre 500 giardini e lo sviluppo di 100 progetti pubblici e privati su larga scala.
Non ci fermiamo a Le Havre perché è già tardi, dobbiamo arrivare a Deauville, dove ci fermeremo per le prossime due notti, ho prenotato una Chambre d’hôte. La zona è la più cara di tutte quelle che visiteremo e spuntare un prezzo decente in agosto non è stato facile.
Dopo aver fatto check in e doccia, dato che oramai è sera ci rechiamo nella zona centrale di Deauville a fare due passi e cercare un posto per cenare, io sono partita da casa con l’idea, tra le altre, di mangiare la sole meuniere e stasera potrei riuscirci. Come spesso accade in Francia, a pranzo ci siamo sfamati con la baguette farcita e la sera ci concediamo un bel ristorante dove abbiamo mangiato antipasto e secondo di pesce e un’ottima bottiglia di vino. E poi a letto, presto.
GIORNO TRE
Lascio Alan a letto, a sfebbrare con due tachipirina, e vado alla scoperta della zona, siamo io e la Fivehundred. Parto verso Honfleur, che muoio dalla voglia di vedere. Dista 13 chilometri da Deauville. Scelgo casualmente un percorso bellissimo per andare a Honfleur, Route de la Corniche, la strada panoramica che costeggia la collina e si affaccia sul mare, dall’alto vedo il mare e le bellissime ed eleganti ville che vi si affacciano, proseguendo il paesaggio cambia, la strada è costeggiata dalla vegetazione e oltre le siepi di recinzione il mio sguardo è attirato dalle famose tipiche abitazioni con la chioma, le chaumerie, un tempo modeste dimore di contadini, oggi abitazioni ricercate. Ce ne sono di stupende, con giardini fioriti, tante ortensie a recintare le proprietà e in molti casi cavalli allo stato brado.
Honfleur
Arrivo nella zona centrale, lascio l’auto in un parcheggio nelle vicinanze del porto e faccio due passi a piedi, tra le stradine puntellate di porfido dei pittoreschi vicoletti con le tipiche case a graticcio, le caratteristiche botteghe e tanti bistro. Ed è già amore! Baudelaire era molto legato a questo luogo dall’aria antica e autentica e basta un attimo per capirne le ragioni. Dopo una veloce colazione, café au lait e croissant, attraverso la piazza lastricata e raggiungo il vecchio porto. È uno spettacolo!
“I velieri ancorati alle banchine e i vecchi palazzi che lo circondano, che sembra si reggano in piedi perché poggiano uno sull’altro, creano un’atmosfera rarefatta, sembra di tornare indietro nel tempo. Pochi sono i luoghi che, come questo, hanno fatto da sfondo a tanti personaggi dell’arte, alcuni vi sono nati e altri ancora hanno trovato in queste terre un rifugio sicuro. Ogni angolo trasuda di fascino e arte. È di certo un posto prezioso per l’ispirazione. Anche la mia immaginazione è a briglie sciolte e non mi riesce difficile immaginare carrozze e cavalli sfilare per queste vie e donne che, abbandonate crinoline e corpetti del secolo precedente, indossano lunghe gonne morbide, si coprono il capo con un ombrellino mentre si radunano ai tavolini dei Café.”
La cittadina è stata immortalata dai più grandi pittori e, ancora oggi, esercita un incredibile fascino, su artisti che continuano a venire a Honfleur per dipingere i paesaggi e i luoghi del suo prestigioso passato storico e marittimo. Sull’estuario della Senna, le luci cangianti del cielo hanno ispirato Courbet, Monet, Boudin e molti altri e ancora oggi sono numerose le gallerie che espongono opere di pittori del passato e contemporanei. Il mio occhio è rapito da questo luogo incredibilmente affascinante.
Esaurita la batteria della mia Nikon a forza di scatti torno dal mio malato augurandomi che si sia ripreso, ma non prima di aver fatto una capatina nella celeberrima spiaggia di:
Deauville
Deauville è raffinata, certamente più pretenziosa rispetto a Trouville, due località gemelle, divise da un ponte, ma con caratteri diversi. Deauville ha boutique esclusive, un casinò frequentato da personaggi in vista, della moda e dello spettacolo. Ci ha vissuto, tra gli altri, anche Wiston Churchill. Il tratto di spiaggia, ordinato ed elegante, con ombrelloni colorati, davanti il mio sguardo è il lungomare di Deauville, la celeberrima località di villeggiatura, meta preferita dai parigini e per questo definita il 21 Arrondisement nonché città dove visse e operò la mademoiselle per antonomasia: Gabrielle Bonheur Chanel. In spiaggia c’è pochissima gente, il tempo non è dei migliori, ma l’atmosfera è incredibile, sembra di essere in un film. Altro luogo da visitare è la splendida Villa Strassburger, in stile alsaziano con dettagli normanni, fu dimora di Gustave Flaubert; una passeggiata nel suo parco infonde pace e serenità; nelle vicinanze della villa ci sono molti hotel dove soggiornare. Altro edificio caratteristico è il Municipio, una bellissima costruzione al centro del paese con caratteristiche tipiche alsaziane e anglo-normanne, come tutte le case della piccola cittadina francese. Qui i cavalli sono un’istituzione e non è raro vedere cavallerizzi in groppa cavalcare in riva al mare all’alba come al tramonto, per gli appassionati di corse di cavalli consiglio l’Hippodrome Deauville La Tou-ques; un impianto moderno e molto curato nei dettagli. Il giro turistico di Deauville e dei suoi dintorni si può fare anche con le Petit Train de Deauville che arriva fino in spiaggia. Acquisto il biglietto!
Recupero il mio malato che ne frattempo si è ripreso e partiamo per il nostro giro nei dintorni e la prima tappa è la celeberrima
Cabourg
Dista da Deauville 18 chilometri ed è situata sull’estuario della Dives, l’itinerario che scegliamo è la strada che costeggia il mare passando per Benerville-sur-Mer, Blonville-sur-Mer, Villers-sur-Mer, Auberville, Houlgate e Dives-sur-Mer. Cabourg è una tappa da non perdere, in quanto località balneare famosa per l’atmosfera belle epoque e ne sono tangibile dimostrazione le ville dell’alta borghesia e dell’aristocrazia parigina di inizio novecento disposte attorno al Casinò e al Grand Hotel.
Arriviamo alla spiaggia da un vicolo a lato del Grand Hotel. Anche la spiaggia si presenta di un’eleganza straordinaria.
“Oltre una fila ordinata di pittoreschi ombrelloni con tendine paravento a righe bianche e beige, i bambini giocano. Rincorrono palloncini colorati sulla battigia e le loro madri non li perdono di vista un attimo. Al di là della distesa di sabbia svetta maestoso, con affaccio in riva al mare, il Grand Hotel, che ospitò in molte occasioni lo scrittore Marcel Proust. A separare l’hotel dalla spiaggia la Promenade che prende il nome dallo scrittore, oggi semi deserta. La percorriamo per un paio di chilometri immersi in un’atmosfera leggera a raffinata. Il mare e il cielo si fondono in un’unica sfumatura di colore. L’occhio non è in grado di coglierne la linea d’orizzonte, il confine. Del resto l’infinito non ha confine.”
Dopo la passeggiata sulla Promenade risaliamo in auto e ci spostiamo, verso l’interno di una trentina di chilometri, in pieno Calvados e arriviamo a:
Pont-l’Évêque
Il villaggio che ha dato il nome a un meraviglioso formaggio, è stato completamente ricostruito dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Con grande maestria hanno saputo ricostruire le splendide case a graticcio che si affacciano sui pittoreschi vicoli che si snodano lungo il canale e che danno luogo a scorci bucolici di pura magia. Un bellissimo angolo di pace che ha saputo conservare tutto il fascino delle antiche terre del Calvados. Da vedere Église Saint-Michel e le sue splendide navate inondate di luce. Il secondo fine settimana di maggio, si tiene la Festa del Formaggio una vera goduria per chi si trova da quelle parti, dato che siamo nella patria del formaggio.
Lisieux
Dopo Lourdes è considerata la seconda meta di pellegrinaggio in Francia, grazie al milione di visitatori l’anno. La maggiore attrazione della cittadina è senza dubbio la Basilica di Santa Teresa di Lisieux, costruita in suo onore, custodisce le reliquie della santa e dei suoi genitori, il centro è molto carino, attraversato da un fiume. A me è piaciuta particolarmente la zona del mulino. Grazie alla sua ricca storia, Lisieux conserva numerose testimonianze dei fasti del passato, dalla nascita della Normandia fino alla Rivoluzione Francese. Lisieux che è stata sede del vescovato, ha un quartiere chiamato “Quartier Canonal”, nel quale ancora oggi si trova la Cattedrale (tra le prime in stile gotico normanno), il Palazzo Episcopale, l’Hotel du Haut Doyenné, le canoniche e il Giardino del Vescovo.
Dopo una doccia e un po’ di relax nella chambre ci vestiamo e torniamo verso Honfleur, mi è piaciuta così tanto che voglio passarci la serata e farla vedere anche ad Alan. Honfleur la sera è ancor più bella che di giorno, suggestiva e il suo fascino corsaro emerge tutto.
Per cena abbiamo un suggerimento, da parte di mio zio Roberto che è stato qui qualche mese fa ci ha suggerito un ristorante sul porto La Grenouille. Ordiniamo il Plateau de fruits de mer e nell’attesa delle immancabili ostriche, come vino di accompagnamento Alan decide per una bottiglia di Muscadet, un bianco secco, semplice ma in grado di stupire, è il compagno ideale per le ostriche. Fresco con quella punta di mineralità salmastra sul finale, richiama proprio il gusto del mollusco. Il piatto principale è una spettacolare e pantagruelica porzione di capesante, scampi, astice, granchi, cozze, vongole, gamberi e gamberetti. Concludiamo la serata con due meravigliose pozioni di Calvados nel dehors di uno dei tanti localini sul porto.
GIORNO QUATTRO
Carichiamo i bagagli in auto e andiamo a fare colazione con croissant e cafè au lait in una boulangerie in centro a Trouville, un modo economico per fare una colazione di qualità quando non è compresa nel pernottamento, tanto difficilmente berremo un buon caffè o cappuccino in Francia, loro sono bravi a fare i croissant non il caffè, alla fine io preferisco quelli dei distributori automatici che hanno nelle boulangerie, in qualche caso ci sono pure le macchine professionali. Prima di ripartire e uscire dalla città non ci perdiamo una passeggiata a:
Trouville-sur-Mer
Il centro storico che si inerpica sulla collina, ha degli scorci davvero interessanti (nell’ufficio del turismo si trovano i depliant relativi a due possibili itinerari a piedi) come la carinissima Rue des Rosiers con le case di pescatori dai colori pastello o le ripide scalinate de l’escalier du serpent che, fatti i suoi 100 gradini, vi regalerà bellissimi panorami o gli antichi quartieri operai di Rue Berthier e Rue Mogador. Come dicevo Trouville, che io preferisco, ha sempre avuto un carattere molto meno pretenzioso rispetto a Deauville, ha infatti attratto persone e personaggi di nicchia, artisti e scrittori come Dumas e Flaubert, quella sua natura più malinconica ma decisamente carica di fascino ed eleganza ne fa la meta per coloro che vogliono sfuggire la mondanità.
Oggi dobbiamo percorrere 170 chilometri, la tappa per la notte sarà Cherbourg-Octeville (Penisola del Cotentin). Lungo il tragitto ci aspettano i luoghi dello sbarco. La prima tappa è:
Caen
Ha 1000 anni di storia e si vedono tutti, in particolare, nei quartieri antichi del centro. Guglielmo il Conquistatore, che la elesse sua città preferita, vi fece costruire un castello e due abbazie: l’Abbaye aux Hommes e l’Abbaye aux Dames. Storia, abbastanza recente, racconta che la città durante la seconda guerra mondiale è stata pesantemente distrutta, fu poi ricostruita intorno ad alcuni monumenti superstiti restaurati. Io non sono rimasta così entusiasmata da questa ricostruzione, a dire il vero ma lo shopping a Caen è garantito!
Bayeux
La carinissima Bayeux, vanta un ricco e importante passato e possiede un cospicuo patrimonio culturale e artistico, molto ben conservato, in quanto miracolosamente risparmiata dalla distruzione dei bombardamenti della seconda guerra mondiale. Questo fa sì che conservi intatto tutto il suo fascino medievale, ne sono dimostrazione le sue caratteristiche stradine, i suoi canali con i mulini, le chiese, la totale assenza di modernità, nonché la mancanza di industrie nell’imminente periferia.
Bayeux deve la sua fama internazionale al famosissimo arazzo medievale, Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. 68 metri di tela di lino dipinta, scampata miracolosamente alle razzie naziste in quanto nascosta in uno scantinato del Louvre. La Tapisserie de Bayeux è, senza dubbio, una delle più importanti testimonianze del Medioevo: narra i principali episodi che hanno permesso al duca di Normandia, Guglielmo detto il Bastardo (in quanto figlio naturale del duca Roberto e della figlia di un conciatore di pelli) di conquistare il trono d’Inghilterra e di diventare Guglielmo il Conquistatore. Racconta gli eventi dal 1064 al 1066, anno della decisiva battaglia di Hastings, e per farlo mette in scena 623 persone, 505 animali di specie differenti, 202 tra cavalli e bestie da soma, 55 cani, 41 imbarcazioni e 49 alberi è composto da otto elementi cuciti tra loro, con fili di lana di otto colori diversi, fino a formare una specie di fumetto del Medioevo, scritto nella stoffa, anziché su carta. L’arazzo, che dovrebbe essere stato prodotto a Canterbury, fu tessuto tra il 1070 e il 1077 per volere del vescovo Odone, il fratellastro di Guglielmo il Conquistatore. Fu esposto, a partire dal 1476, nella cattedrale di Bayeux. Dal 1724 che l’arazzo iniziò a interessare gli studiosi e che venne prima compresa la sua importanza.
Le spiagge dello sbarco
“Il mare blue cobalto, le distese smeraldo, i tratti di spiaggia finissima rendono il paesaggio quasi onirico e rievocano gli sfondi dei quadri impressionisti. Se non fosse per i monumenti e i residui bellici apposti su quella spiagge, mai potrei pensare che su quelle coste, all’alba del 6 giugno 1944, un numero imprecisato di volenterosi militari inglesi, americani e canadesi andavano incontro alla morte, in nome della libertà. Questo mare oggi azzurro e brillante era tinto di rosso sangue, queste spiagge di sabbia chiara una distesa di corpi mutilati, trucidati, assassinati. Su quelle spiagge, del Calvados e della Manica, avvenne la più grande invasione anfibia della storia: Lo Sbarco in Normandia. Quell’operazione militare e lo scempio di corpi che ne segui dava inizio alla liberazione dell’Europa, dalla Germania Nazista. Quell’Europa che tanto amo.”
Arromanches-les-Bains
Qui sbarcarono 2 milioni e mezzo di soldati, 4 milioni di tonnellate di equipaggiamento e 500.000 veicoli. Stazione balneare, incastonata tra le falesie è una delle spiagge più importanti per la liberazione dell’Europa dalla gogna nazista. Musei, cimiteri, musei e vedute panoramiche sono stati creati per far capire al visitatore che cosa ha rappresentato lo Sbarco in Normandia. La visita al Musée du Débarquement fa conoscere tutti i dettagli dell’operazione. Presso Arromanches 360, in una sala circolare viene proiettato il filmato The Price of Freedom, un’emozionante resoconto della battaglia. Nei mesi estivi c’è da fare la coda.
Omaha Beach Lungo questi 7 chilometri di costa si è combattuta la battaglia più drammatica e cruenta dell’operazione. Il momento dello sbarco, fu un vero massacro di americani che tentavano di raggiungere la spiaggia mentre i tedeschi, dall’alto delle dune di sabbia, sparavano senza sosta.
Juno Beach Presso la spiaggia di Berniéres-sur-mer sbarcarono le forze militari canadesi. Presso Juno Beach Centre è possibile capire quale ruolo ha avuto il Canada nell’offensiva militare in cui persero la vita oltre 45.000 canadesi.
Utah Beach Su questa spiaggia, all’alba del 6 giugno 1944, toccarono per primi il suolo francese i soldati dell’ottavo reggimento di fanteria americani portati vicino alla riva da 20 chiatte da sbarco. In parecchi persero la vita sia a causa del fuoco nemico ma anche per annegamento a causa dell’eccessivo peso dell’equipaggiamento e delle armi in dotazione. Al Musée du Débarquement potrete conoscere tutti i dettagli di quella giornata storica attraverso fotografie e reperti autentici.
Ci sono altri luoghi da visitare dedicati allo sbarco ma per noi questi sono più che sufficienti. Abbiamo un bel po’ di chilometri prima di arrivare a Cherbourg-Octeville dove abbiamo prenotato per la notte. Riprendiamo il nostro viaggio dopo una pausa spuntino-pranzo nella vicina
Port-En-Bessin
Una pittoresca cittadina marinara dove tutto gira attorno al porto che ha un passato storico e prestigioso, attualmente porto di pesca dove i pescherecci vanno e vengono dal porto. La zona del porto è animata da negozi e locali, in uno dei quali noi abbiamo mangiamo una buonissima baguette farcita.
Arriviamo a destinazione il tardo pomeriggio. Ho prenotato Ambassadeur Hotel – Cherbourg Port de Plaisance, affacciato sul bacino con un parcheggio pubblico sul retro ed è comodissimo a la Cité de la Mer, il complesso scientifico, turistico e culturale dedicato al mondo marino, in particolare all’oceano e all’ambiente sottomarino.
Cherbourg-Octeville
Affacciata sul mare si trova nel nord della Penisola del Cotentin, la contraddistingue il suo ricco patrimonio marittimo. Cherbourg-Octeville è la rada artificiale più grande del mondo. La città è inoltre dotata di diversi porti: di pesca, turistico, commerciale e militare. In realtà, per quanto mi riguarda, Cherbuorg non ha molte attrattive ma era una soluzione comoda per visitare la Penisola de la Hague, che visiteremo domani.
Dopo un giro della zona nei pressi del bacino, ci fermiamo per una birra in uno storico pub frequentato da locali, qui non sembra ci siano molti turisti. Per cena decidiamo per un ristorante vicino all’albergo, ce ne sono molti, noi ci affidiamo a Le Regence, degna di nota la crème brûlée.
Il racconto del viaggio CONTINUA in un altro post, questo è già troppo lungo. ECCOLO!
Le parti virgolettate sono tratte dal mio romanzo “L’Amore a colpi di Champagne”.
Il 18 agosto di quattro anni fa "sbarcavamo" in Normandia per un on the road che ci ha fatto scoprire una splendida regione della Francia. Ve lo racconto in questo articolo Raccontare della Normandia non è facile e non perché ci sia poco da dire anzi è esattamente il contrario.
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Arazzi e Mohicani
Andai a vedere al cinema “L’Ultimo dei Mohicani” con mio padre, il 1993 era appena iniziato. Da casa nostra, prendemmo le biciclette e raggiungemmo la sala, in centro città. “Qui una volta ci giocavano a Hockey su Pista”, mi disse, mentre eravamo in coda per fare i biglietti nella sala umida, dalla quale si scorgeva ancora la strada attraverso dei vetri sporchi. La gente camminava veloce portando ombrelli e sacchetti di plastica bianchi: era domenica, forse la prima domenica dell’anno. Un gennaio gelido, da quel che ricordo. “Almeno sino agli anni ’50.” Rafforzò. Il 3 luglio del 1998, Emmanuel Petit era appena passato all’Arsenal dal Monaco, tornando più vicino a casa di quanto non lo fosse nel Principato, lui che è un puro normanno di Dieppe, dai capelli lunghi e biondi. Nel 1066 i Normanni arrivarono sino in Inghilterra su veloci navi legnose, sconfiggendo gli Inglesi ad Hastings. Lui, invece, giunse a Londra semplicemente dopo aver vinto la Ligue 1. Se nel Medioevo, però, decine di artigiani e decoratori ricamarono un intero arazzo, dedicandolo alla descrizione dell’impresa francese oltremanica, nell’età moderna del calcio che stiamo vivendo, il trasferimento di Petit dal Monaco all’Arsenal non fu acclamato come un evento epocale, sebbene con i monegaschi di Tigana fece la differenza in ogni situazione, mettendo in luce un ruolo che nel campionato francese, soprattutto a sinistra, non aveva mai avuto dei rappresentanti degni di nota.
In Francia si era sempre giocato al centro e le azioni erano sempre arrivate dai numeri dieci. Il 3 luglio del 1998, alla fine del secondo tempo regolamentare, Di Biagio è a terra nell’area dell’Italia di Cesare Maldini, che aveva appena sfiorato l’impresa con un tiro al volo “fuori di tanto così” di Robertino. La Francia è in avanti, le tremano ancora le gambe nonostante sia passato quasi tutto il lasso dei supplementari. Petit si trova sulla traiettoria del pallone e Gigi terrebbe in gioco chiunque, dei Bleus, così ridotto. Basterebbe allargare un attimo il gioco, ancora un po’ di più, perché gli Azzurri non hanno nemmeno il mediano a far da diga davanti alla lunetta della loro area di rigore. Ma Emmanuel la calcia fuori. A pochi istanti dall’ultima, probabile, azione d’attacco della sua nazionale, la nazionale che si era così faticosamente guadagnato vincendo un campionato con il Monaco. La rivisitazione cinematografica de “L’Ultimo dei Mohicani” venne curata, per la prima volta, nel 1992 da Michael Mann. Non avevo ancora letto il romanzo di Cooper, dal quale il film prendeva ovviamente trasposizione e al quale mio padre era stato sempre molto attaccato, soprattutto per le descrizioni dei boschi e dei laghi nordamericani fornite dallo scrittore statunitense. Tornando a casa, nella dell’inverno cittadino, ripensai acutamente al personaggio di Duncan Heyward, un maggiore dell’esercito inglese che, infatuato senza essere contraccambiato della figlia maggiore di un colonnello britannico, preferisce sacrificare la sua vita, lasciando vivere la donna e il suo innamorato, Nathan, un cacciatore bianco adottato ancora in fasce da una famiglia di Mohicani. Madeline Stowe e Daniel Day- Lewis. Durante tutto il film, Duncan viene descritto come un aziendalista, un soldato al seguito di un sovrano che sta perdendo la guerra la cui ripicca nei confronti di Cora e Nathan è data per scontata. Ripensavo alle sue espressioni e provavo una forte antipatia per Cora, l’oggetto del suo amore non contraccambiato. Appena arrivato a casa, iniziai a leggere il romanzo, che finii in un paio di giorni. Ma l’immagine di Duncan Heyward, in me, rimaneva sempre quella, di un semi-eroe oggetto di una critica toppo violenta, dettata dall’attaccamento che ognuno di noi ha, innato, verso le storie d’amore difficili da vivere, tormentate. Vicende che fanno scemare l’attenzione verso i tratti più crudi e pragmatici della vita reale. O di una guerra tra francesi e inglesi combattuta tra le foreste del Nordamerica, che coinvolse secolari tribù indiane, coloni, animali. La Guerra dei Sette Anni non si svolse nè in mare nè in Europa. La mattina del 4 luglio del 1998 mi alzai con il cinguettare degli uccelli fuori dalla finestra. Dovevo trovarmi lavoro per l’estate, mentre il giorno prima l’Italia era stata eliminata dalla Francia ai rigori. L’ultimo errore per gli Azzurri, dal dischetto, fu quello di Gigi di Biagio. Il giocatore che spinse Emmanuel Petit a calciare la palla fuori dal campo per poter agevolare i soccorsi. È strano, il calcio: alle volte le partite sembrano seguire una trama ben precisa, scritta e definita in momenti antecedenti il loro ferale fischio d’inizio. L’attore che ne “L’Ultimo dei Mohicani” interpreta Magua, l’indiano Urone antagonista, lo Iago dell’intera vicenda, venne scelto da Michael Mann per svolgere il ruolo di uno zelante poliziotto, aiutante di Al Pacino, nel film che succedette, come uscita, proprio “L’Ultimo dei Mohicani”. Vidi al cinema con mio padre anche quel lungometraggio, intitolato “Heat – La Sfida”. In un cinema diverso, però. Prima della sala, mio padre non mi spiegò a cosa fosse adibita la struttura nella quale ci trovammo. La mattina del 4 luglio del 1998, rimuginai però soprattutto sugli insulti che i miei amici, coi quali avevo guardato in televisione il Quarto di Finale della Francia contro l’Italia, rivolsero in particolare a lui, a Petit, che nessuno aveva mai sentito nominare e che si apprestava a vincere persino anche un Mondiale. E fu un po’ come pensare a Duncan Heyward e al suo sacrificio, per un amore mai corrisposto.
La Bayeux Tapestry è più lunga di un lato corto di un campo da calcio.
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LE SERATE DI MEDAN
Ho cominciato a leggere questo bel volume rilegato solo perché me l'ero ripromesso. Era una promessa che mi ero fatto nel dicembre del 1971 quando arrivò in casa mia un'imponente collezione di classici della letteratura che mio padre volle comprare. Insieme alla collezione di più di cento volumi, arrivò anche una libreria, nemmeno troppo pacchiana. E così con quasi cinquant'anni di ritardo, qualche settimana fa ho preso tra le mani il volumne in brossura e ho incominciato a leggerlo. Certo che la descrizione del mulino del vecchio Merlier, nel primo racconto proprio di Zola, "L'attacco al mulino", può provocare due reazioni opposte: o ci si appassiona alla scrittura "naturalista" del suo caposcuola, oppure ci si rimangia la promessa, si ripone il bel volume e si passa ad altro, poiché "...I, fascino di Reocreuse è la frescura di questa buca di verzura nelle giornate più calde di luglio e agosto. La Morelle scende dai boschi di Gagny e sembra che si porti via il freddo del fogliame sotto il quale scorre per leghe, reca i rumori mormoranti, l'ombra gelida raccolta nelle foreste... (pagina 19), è qualcosa per stomaci forti o per grandi lettori, e non avendo lo stomaco forte, presumo di essere un grande lettore. Anche perché la vicenda proprio originalissima non è. Nella guerra franco-prussiana, il paese viene circondato dai prussiani e all'arrivo dei francesi per difendere il paese, pensano bene di fare del mulino di Merlier (che è anche sindaco del paese), il loro quartier generale. Naturalmente la figlia di Merlier che il traduttore si ostina a chimare Francesca (del resto cento classici più la libreria qualche sorpresa dovevano pur riservarla), si innamora di un fannullone belga, tale Domenico (nome tipicamente belga). Questo Domenico invece di farsi gli affari suoi, al sopraggiungere delle truppe francesi decide di mettersi a combattere col risultato di essere fatto prigioniero. Francesca tenta invano di farlo fuggire e alla fine Domenico, Francesca e Merlier vengono fucilati dai prussiani. E uno. Il secondo racconto è "Palla di sevo" (almeno nella traduzione di Franco della Pergola), l'autore Guy de Maupassant. Anche qui, sullo sfondo la Guerra franco-prussiana e un gruppetto di "sfollati", borghesotti e bottegai che cercano riparo dalla guerra trasferendosi da Rouen a Dieppe. Palla di Sevo è una mignotta che, una volta fermati ad un posto di blocco, l'allegra combriccola supplica perché si sacrifichi in nome della "causa" che null'altro è che la tranquilla prosecuzione del viaggio. Come si dovrebbe sacrificare? Beh nel modo che si sacrificano tutte le mignotte del mondo: "Non staremo mica qui a morire di vecchiaia! Dato che è il suo mestiere, di quella baldracca, di far questo con tutti gli uomini, penso che non abbia il diritto di rifiutare l'uno piuttosto che l'altro..." (pagina 92). Il gioco riesce e tutti vissero felici e contenti. Ma cos'è il sevo? È la traduzione più ridicola che elegante di "sego", cioè una sorta di strutto bovino che contiene una non proprio elegantissima allusione alla mignotta. E così arriviamo a Karl Huysmans, l'autore del decadentissimo "À rebours", che si cimenta con "Zaino in spalla" che dovrebbe essere , almeno nelle intenzioni dell'autore, una feroce critica antimilitarista ma che si rivela essere ben poca cosa, diario di un soggiorno in ospedale di due commilitoni tra suorine, infermieri, medici burberi e chinino. Francamente ho letto di meglio, anche di molto meglio. Subito dopo lo stucchevole "Zaino in spalla" ecco la chicca di tutto il volumone; si tratta di "Il salasso" del poco conosciuto e dell'ancor meno celebrato Henry Cèard. Parigi è assediata dai Prussiani e "l'uomo gallonato" che altri non è che la caricatura del generale Trochu che è il signor tentenna della situazione e che, più interessato alle grazie di M.me Pahauen e meno interessato alle sue truppe le manda al massacro durante l'assedio di Parigi del 1870. Ed è proprio nel ritratto della frivola M.me Pahauen che Cèard sembra dare il meglio di sè: "...Il suo piacere era di gabbare il pubblico, nascondendo vizi eccessivi e raffinatezze che arrivavano sino alla bestialità, sotto l'apparenze di una piccola esistenza borghese virtuosa e tranquilla, poi di riprendere, attaccandosi ad un amante, il tumulto di una vita smarrita (pagina 166). Insomma la figura centrale dell'intero racconto non è l'impacciato generale Trochu, ma lei, M.me Pahauen: "...Alcune sue eccentricità rimasero celebri: una sera ad una cena, era uscita assolutamente nuda da un pasticcio colossale la cui crosta gigantesca si arrotondava sulla tavola; per prima ella aveva fatto quei bagni di champagne che furono poi imitati da dalle attricette in cerca di fantasia e a corto di immaginazione..." (pagina 166). Peccato che M.me Pahauen fosso solo una prostituta e, nonostante il romanticismo, le prostitute il mondo non lo hanno mai redento: "...Le corte intelligenze popolari", taglia corto Céard, ".,,semore portate alla glorificazione e al simbolismo, vedevano in lei non si sa quale personaggio straordinario che jncarnava nella città in armi la gaiezza francese resistente agli scacchi, che trionfava in tutti i disastri..." (pagina 173). Nonostante "grazie all'onnipotenza del suo sesso e alla strapotenza della sua depravazione", ella dominasse ancora, M.me Pahauen non poté impedire di vedere la sua Parigi, mortificata e offesa sotto i colpi dei Prussiani. Racconto triste, la cronaca di guerra sacrificata con successo alla costruzione del suo personaggio. La pratica de "La faccenda del Gran 7" di Léon Hennique si può chiudere in due parole: la cronaca di uno scontro tra truppe su una piazza d'armi. Una cronaca appunto, forse più degna di un giornale d'epoca che ad una raccolta di racconti. "Dopo la battaglia" di Paul Alexis, conclude l'antologia dedicata al conflitto franco-prussiano è la cronaca di un soccorso quello del soldato Gabriel Marry, raccatato sul campo di battaglia dalla vedova del barone di Plémoran che lo carica sul calesse dove ha già preso posto il marito, appunto il barone di Plémoral, morto. Con quella amabile compagnia lo sventurato Marry riesce a fuggire dal luogo della battaglia e corona la sua fuga con un bacio alla vedova-vetturina (delle pompe funebri). La descrizione "naturalista" sembra essere spesso troppo "naturalista", quasi una caricatura della realtà. Nessun sussulto nella narrazione, solo quello della carrozza in fuga ad eccezione di qualche bella "madleine" della vedova, come quando rimemora i primi appetiti sessuali: "...Attraverso una siepe ella aveva ascoltato i gridolini di una contadina, rovesciata, nell'erba falciata, da un garzone della fattoria..." (pagina 230). Parafrasando Eco pochi clamori tra il Rodano e la Loira...
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Raccontare della Normandia non è facile e non perché ci sia poco da dire anzi è esattamente il contrario.
“La culla dell’impressionismo, con affaccio sulla Manica, è un luogo bellissimo già al primo approccio. La Normandia, sconosciuta a molti, in realtà è un luogo per tutti! Per gli intellettuali e amanti dell’arte in quanto patria e buen retiro di un numero indefinito di pittori impressionisti e di scrittori, mi vengono in mente Proust, Guy de Moupassant, Gustave Flaubert, Dumas. Per i buongustai è terra di perdizione tra calvados, ostriche e strepitosi formaggi. Per gli appassionati di storia è il luogo dello sbarco più famoso della storia ma è anche la terra che ha portato al rogo Giovanna d’Arco. Per i romantici è il posto ideale grazie al meraviglioso paesaggio tra mare, natura e borghi caratteristici, con una costa ricca di località balneari e paesaggi bucolici che ti resteranno nello sguardo molto a lungo.”
Già da un po’ volevo raccontare del viaggio in Normandia, una vacanza di dieci giorni che mi ha fatto scoprire una regione davvero fantastica, della quale mi sono perdutamente innamorata al primo sguardo. Attraverso quest’articolo non voglio descrivervi per filo e per segno cosa vedere in Normandia, per quello esistono le guide e, appunto, non basterebbe un libro, ma voglio raccontarvi la mia esperienza, il mio tragitto, i miei luoghi, qualche aneddoto e qualche dettaglio senza scendere troppo nella descrizione con il fine di incuriosirvi e di trasmettervi la voglia di acquistare un biglietto aereo, noleggiare un’auto e di farvi andare alla scoperta di un luogo meraviglioso. La Normandia. E quindi cominciamo!
GIORNO UNO
Partiamo da Treviso attorno alle 10.45 e arriviamo all’aeroporto di Beauvais, ottanta chilometri a nord di Parigi, verso mezzogiorno. Sicuramente l’aeroporto d’atterraggio delle compagnie low cost migliore per arrivare in Normandia. Volo A/R per due, dal 18 al 28 agosto, 140,00 euro. Per prima cosa andiamo a ritirare la vettura al noleggio Thrifty, che fa parte del gruppo Hertz, dove ci consegnano una bellissima Fiat 500 rosso fiammante. Costo del noleggio con polizza assicurativa e doppio conducente euro 240,00.
E via destinazione Dieppe (Regione Senna Marittima) per la prima notte, lungo il tragitto ci fermiamo in una boulangerie per la prima baguette farcita della vacanza. Ci fermiamo a mangiare seduti in una panchina della piazzetta del paesino. Arriviamo a Dieppe (Alta Normandia) verso le 15.00 e ci rechiamo subito in albergo, prenotato da casa, come tutti gli alberghi di questa vacanza, anche se in corso d’opera ne ho cambiato qualcuno. Dopo qualche indecisione ho prenotato un Kyriad, una catena che non conoscevo, com’è ovvio si trova ai margini della cittadina di Dieppe e dispone di parcheggio, le foto mostravano camere nuove e di design, il giudizio “ottimo” degli utenti di Booking.com e il prezzo contenuto ed è fatta… Peccato per la pulizia, davvero carente, anche per la Francia. Costo del pernottamento meno di 60,00 euro… Ho voluto risparmiare troppo!? Ben mi sta? No! Sulla base degli altri alberghi prenotati in questa vacanza. Leggete e capirete cosa intendo.
Dieppe
Direi che Dieppe forse si può pure saltare, dato che c’è tanto da vedere in Normandia, ma in realtà Dieppe è la partenza ideale per vedere meravigliosi villaggi marinari della Costa d’Alabastro, il tratto di litorale con affaccio sulla Manica che si estende per 130 chilometri, da Le Tréport a Le Havre e che segna uno lo spetta-colare confine tra il mare e la terra. Dopo la doccia, di nuovo a bordo della Fiat 500 e via alla volta di Eu e Le Trèport, una trentina di chilometri a nord di Dieppe, l’inizio della Casta d’Alabastro.
Eu e Le Trèport
Sono situate sulla Valle della Bresle, sono le tappe finali della Côte d’Alabâtre, due luoghi dove il profumo della terra abbraccia quello del mare. Eu si trova a ridosso di un magnifico bosco teatro di luci e leggende. Seconda solo a Rouen quanto a patrimonio immobiliare in Normandia, è una città gallo-romana che assunse importanza grazie all’abbazia benedettina e perché fu la frontiera settentrionale dell’antico ducato di Normandia. Tralasciamo Eu quasi subito perché a incuriosirci è Le Tréport, luogo di villeggiatura, particolarmente in voga durante il XIX secolo con la moda dei bagni di mare della Belle-Epoque, costellata da ville multicolore e animata dal porto. Le Tréport deve la sua fama alle sorprendenti falesie e alla funicolare… Già perché l’ingresso in città grazie alla funicolare gratuita è qualcosa di spettacolare. Quindi lasciata l’auto nel parcheggio in cima alla falesia non ci resta che salire a bordo della cabina azzurra e premere discesa. Partire dal culmine della falesia, attraversare la roccia e ritrovarsi sopra i tetti in ardesia è veramente un’esperienza particolare. La vista del caratteristico e suggestivo porto incastonato sulla punta settentrionale della Normandia lascia a bocca aperta. Dal quartiere dei Cordiers – deve il suo nome ai pescatori che abitavano originariamente questo villaggio i quali, troppo poveri per acquistare delle reti da pesca, pescavano con corde munite di amo – incominciamo la nostra visita…
Ceniamo a Dieppe, nella zona centrale che è poi quella del porto, c’è bassa marea e le imbarcazioni ormeggiate sono sprofondate, sono sempre a galla ma si sono abbassate di molto rispetto le mura di cinta del porto, porto commerciale e punto strategico sulla Manica. Dieppe vanta un aspetto abbastanza moderno, anche perché durante la seconda guerra mondiale fu bombardata per ben 48 volte e quasi interamente distrutta.
GIORNO DUE
Prima di ripartire in direzione Deauville, facciamo un giro nella zona del lungo mare dove sono esposti, veicoli, cimeli e reperti vari risalenti alla seconda guerra mondiale. Proseguiamo poi verso il castello di Miromesnil si trova a Tourville-sur-Arques, a 8 km da Dieppe. Il castello oltre a custodire al suo interno boiseries e mobili dei se-coli XVI e XVIII, custodisce cimeli e ricordi delle famiglie che lo abitarono, tra le quali quelli della famiglia dello scrittore Guy de Maupassant, che vi nacque il 5 agosto 1850 nel periodo in cui i suoi genitori lo ebbero in affitto (dal 1849 al 1853). Sono, tra l’altro, conservate alcune edizioni originali dei suoi romanzi. Proseguiamo. Le tappe che ci aspettano prima di arrivare a Deauville, dove ho prenotato per la notte, sono molte. Percorriamo una strada fiancheggiata a tratti da fitta vegetazione, a tratti da campi con mucche al pascolo o cavalli, tanti cavalli. I continui crocevia che incontriamo lungo il percorso conducono a paesini caratteristici, c’è l’imbarazzo della scelta su quale strada decidere di imboccare. Sarebbe bello avere molto tempo a disposizione e visitare ogni singola località perché, per un motivo o per l’altro, tutte meritano una visita. E allora imbocchiamole queste stradine, e arriviamo a:
Varengeville sur Mer
Un luogo tra i più seducenti della Costa d’Alabastro. Il villaggio colpisce perché ricco di curatissimi giardini che contornano le meravigliose abitazioni ai margini della stradina che conduce alla chiesa. Arrivati alla fine della pittoresca stradina, troviamo la bellissima chiesetta di Saint-Valéry che, con il suo cimitero marino, sono sospesi sul pendio della falesia, ottanta metri sopra il livello del mare. Uno spettacolo! All’interno della chiesa, alla destra dell’altare, c’è la vetrata realizzata da Georges Braque, la cui luce illumina il coro. Varengeville è il luogo che ha ispirato l’artista espressionista e cubista, e dove riposa; rimase stregato da questo villaggio tanto da costruirci casa e venire a passarci sei mesi l’anno per ben 35 anni.
Veules-les-Roses
Pittoresco borgo da sempre abitato da pescatori e tessitori, adagiato nell’incavo della scogliera è uno dei più antichi villaggi del Pays de Caux nonché uno dei “più bei villaggi di Francia e, in effetti, ha un fascino particolare! Molto apprezzato come luogo di villeggiatura nel XIX secolo, anche da artisti come Victor Hugo. Un angolo di Francia che trasuda di romanticismo. La zona nei dintorni del fiume, il più piccolo di Francia, merita una passeggiata mano nella mano e tanti scatti. L’acqua blu cangiante e la sabbia finissima rendono il suo lungo mare un altro luogo ideale dove fare passeggiate romantiche.
Saint Valerie en Caux
La fame ci ha condotto a Saint-Valley-en-Caux, un luogo dove tutto ruota attorno all’incantevole porticciolo e che conserva in pieno il fascino ruvido dei posti di mare. Ed è proprio nei pressi del porto che ci rechiamo, dopo aver acquistato in un banchetto due birre medie e due porzioni di Moules frites, le cozze alla marinara con patate fritte, un altro piatto tipico della Normandia, ci accomodiamo in un tavolo comune posto nel molo da dove possiamo ammirare un vecchio veliero.
Saint-Pierre-En-Port
Un minuscolo villaggio di nemmeno mille anime dal fascino inestimabile. La spiaggia è deserta, siamo i soli a calpestare il suolo di ciotoli bianchi e anche qui il nostro contorno è natura e vertiginose scogliere.
Fécamp
Cominciamo attraversando il lungo pontile che conduce al faro, anche da qui la vista sulle falesie, tra le più alte della Normandia, è fantastica e privilegiata. Continuiamo con una visita alle case dei pescatori lungo il porto, Fécamp è il primo porto francese per la pesca del merluzzo. Quella che fino al 1204 è stata la residenza dei Duchi di Normandia, oggi è una città d’Arte e di Storia. Una visita al Palais Bénédictine, dove viene prodotto l’omonimo liquore, il profumo di piante e spezie che servono per il famoso liquore si respira nell’aria.
Yport
Non possiamo che dedicare una mezz’oretta a questo minuscolo villaggio di pescatori che ha accolto numerosi personaggi celebri come Dieterle, Maupassant, Gide, Lau-rens o Boudin. Nota località di villeggiatura in passato grazie all’architettura balneare eclettica che strizza l’occhio all’Art nouveau e allo stile neo-normanno.
Étretat
La nostra ultima tappa nella Costa d’Alabasto è la celeberrima e magnifica Étretat, ora luogo turistico a tutti gli effetti sempre molto suggestivo, un tempo meraviglioso villaggio di pescatori, incastonato fra le due falesie più note della costa, alle quali deve la propria fama: la Falaise d’Aval e la Falaise d’Amont. Ci dirigiamo verso la spiaggia. Sul posto scopro che non sempre è possibile visitare la base delle falesie, lo decide la marea, consultiamo l’apposita tabella che ci rivela che la marea è favorevole, si è ritirata da un po’ e prima di qualche ora non dovrebbe risalire. Ci incamminiamo lungo il sentiero escursionistico che conduce alla Falesia d’Aval.
“Da questo punto posiamo ammirare l’Arco della Manneporte. La gigantesca volta naturale creatasi da una propaggine della scogliera, che Guy de Maupassant descrisse come un elefante che beve nel mare, fa restare a bocca aperta. Qualche anno fa, al Musée d’Orsay di Parigi, ho potuto ammirare il quadro, ora che lo vedo dal vivo mi è più facile capire perché Monet trascorse un intero inverno a immortalarlo in ogni condizione atmosferica. Prendiamo una scalinata che parte dalla battigia. Duecentocinquanta scalini più tardi, raggiungiamo la cima della Falaise d’Amont e da alcune sporgenze rocciose riusciamo ad ammirare il panorama dall’alto e, a parte la sensazione di vertigine, la vista è mozzafiato! La costa, le dune, le distese verdeggianti, lo splendido mare che sfuma in un cielo ammantato di soffici nuvole bianche e queste opere naturali di calcare e gesso, in alcuni punti rossastre in altri bianche o addirittura dorate che viste da vicino esprimono tutta la loro fragilità, sono una dimostrazione di quanto straordinaria sia la natura.”
Tra gli altri personaggi che furono ospiti di Étretat: gli scrittori Hugo e Flaubert, il compositore Offenbach e i pittori Coubert e Boudin. Anche Maurice Leblanc, l’inventore del famoso ladro gentiluomo Arsène (Arsenio) Lupin, giornalista normanno, nato a Rouen, fece soggiornare il protagonista dei suoi romanzi qui, a Étretat. La nipote dello scrittore ha allestito nella casa di famiglia: le Clos Arsène Lupin, dedicato all’universo enigmatico del nonno.
Dopo la visita a Les Jardins d’Étretat che si affacciano sulla Falaise d’Aval, voluti da Madame Thébault, attrice degli inizi del XX secolo, amica di Monet e, appunto, iniziatrice del giardino. Il giardino è stato disegnato da Alexandre Grivko che vanta un primato da record per la progettazione di oltre 500 giardini e lo sviluppo di 100 progetti pubblici e privati su larga scala.
Non ci fermiamo a Le Havre perché è già tardi, dobbiamo arrivare a Deauville, dove ci fermeremo per le prossime due notti, ho prenotato una Chambre d’hôte. La zona è la più cara di tutte quelle che visiteremo e spuntare un prezzo decente in agosto non è stato facile.
Dopo aver fatto check in e doccia, dato che oramai è sera ci rechiamo nella zona centrale di Deauville a fare due passi e cercare un posto per cenare, io sono partita da casa con l’idea, tra le altre, di mangiare la sole normande e stasera potrei riuscirci. Come spesso accade in Francia, a pranzo ci siamo sfamati con la baguette farcita e la sera ci concediamo un bel ristorante dove abbiamo mangiato antipasto e secondo di pesce e una ottima bottiglia di vino. E poi a letto, presto.
GIORNO TRE
Lascio Alan a letto, a sfebbrare con due tachipirina, e parto alla scoperta della zona, siamo io e la Fivehundred e parto verso Honfleur, che muoio dalla voglia di vedere. Dista 13 chilometri da Deauville. Scelgo casualmente un percorso bellissimo per andare a Honfleur, Route de la Corniche, la strada panoramica che costeggia la collina e si affaccia sul mare, dall’alto vedo il mare e le bellissime ed eleganti ville che vi si affacciano, proseguendo il paesaggio cambia, la strada è costeggiata dalla vegetazione e oltre le siepi di recinzione il mio sguardo è attirato dalle famose tipiche chaumerie, le abitazioni con la chioma, un tempo modeste dimore di contadini, oggi abitazioni ricercate. Ce ne sono di stupende, con giardini fioriti, tante ortensie a recintare le proprietà e in molti casi cavalli allo stato brado.
Honfleur
Arrivo nella zona centrale, parcheggio la 500 in un parcheggio nelle vicinanze del porto e faccio due passi a piedi tra le stradine puntellate di porfido dei pittoreschi vicoletti con le tipiche case a graticcio, le caratteristiche botteghe e tanti bistro. Ed è già amore! Baudelaire era molto legato a questo luogo dall’aria antica e autentica e basta un attimo per capirne le ragioni. Dopo una veloce colazione, café au lait e croissant, attraverso la piazza lastricata e raggiungo il vecchio porto. È uno spettacolo!
“I velieri ancorati alle banchine e i vecchi palazzi che lo circonda-no, che sembra si reggano in piedi perché poggiano uno sull’altro, creano un’atmosfera rarefatta, sembra di tornare indietro nel tempo. Pochi sono i luoghi che, come questo, hanno fatto da sfondo a tanti personaggi dell’arte, alcuni vi sono nati e altri ancora hanno trovato in queste terre un rifugio sicuro. Ogni angolo trasuda di fascino e arte.”
È di certo un posto prezioso per l’ispirazione. La cittadina è stata immortalata dai più grandi pittori e, ancora oggi, esercita un incredibile fascino, su artisti che continuano a venire a Honfleur per dipingere i paesaggi e i luoghi del suo prestigioso passato storico e marittimo. Sull’estuario della Senna, le luci cangianti del cielo hanno ispirato Courbet, Monet, Boudin e molti altri e ancora oggi, numerose gallerie espongono opere di pittori del passato e contemporanei. Il mio occhio è rapito da questo luogo incredibilmente affascinante.
Esaurita la batteria della mia Nikon a forza di scatti torno dal mio malato augurandomi che si sia ripreso, ma non prima di aver fatto una capatina nella celeberrima spiaggia di:
Deauville
è raffinata, certamente più pretenziosa rispetto a Trouville, due località gemelle, divise da un ponte, ma con caratteri diversi. Deauville ha boutique esclusive, un casinò frequentato da personaggi in vista, della moda e dello spettacolo. Ci ha vissuto, tra gli altri, anche Wiston Churchill. Il tratto di spiaggia, ordinato ed elegante, con ombrelloni colorati, sono il lungomare di Deauville, la celeberrima località di villeggiatura, meta preferita dai parigini e per questo definita il 21 Arrondisement nonché città dove visse e operò la mademoiselle per antonomasia: Gabrielle Bonheur Chanel. In spiaggia c’è pochissima gente, il tempo non è dei migliori, ma l’atmosfera è incredibile, sembra di essere in un film. Altro luogo da visitare è la splendida Villa Strassburger, in stile alsaziano con dettagli normanni, fu dimora di Gustave Flaubert; una passeggiata nel suo parco infonde pace e serenità nelle vicinanze della villa ci sono molti hotel dove soggiornare. Altro edificio caratteristico è il Municipio di Deauville, bellissima costruzione al centro del paese con caratteristiche tipiche alsaziane e anglo-normanne, come tutte le case della piccola cittadina francese. Qui i cavalli sono un’istituzione e non è raro vedere cavallerizzi in groppa cavalcare in riva al mare all’alba come al tramonto, per gli appassionati di corse di cavalli consiglio l’Hippodrome Deauville La Tou-ques; un impianto moderno e molto curato nei dettagli. Il giro turistico di Deauville e dei suoi dintorni si può fare anche con le Petit Train de Deauville che arriva fino in spiaggia. Acquistiamo il biglietto!
Recupero il mio malato che ne frattempo si è ripreso e partiamo per il nostro giro nei dintorni e la prima tappa è la celeberrima
Cabourg
Dista da Deauville 18 chilometri ed è situata sull’estuario della Dives, l’itinerario che scegliamo è la strada che costeggia il mare che costeggia il mare passando per Benerville-sur-Mer, Blonville-sur-Mer, Villers-sur-Mer, Auberville, Houlgate e Dives-sur-Mer. Cabourg è una tappa da non perdere, località balneare famosa per l’atmosfera belle epoque, e ne sono tangibile dimostrazione le ville dell’alta borghesia e dell’aristocrazia parigina di inizio novecento disposte attorno al Casinò e al Grand Hotel, che donano un fascino elegante alla cittadina.
Arriviamo alla spiaggia da un’apertura posta a lato del Grand Hotel. Anche la spiaggia si presenta di un’eleganza straordinaria. A separare l’hotel dalla spiaggia la Promenade Marcel Proust che prende il nome dallo scrittore, che ha reso celebre Cabourg descrivendola nei suoi romanzi. La percorriamo per un paio di chilometri immersi in un’atmosfera leggera a raffinata.
“Oltre una fila ordinata di pittoreschi ombrelloni con tendine paravento a righe bianche e beige, i bambini giocano. Rincorrono palloncini colorati sulla battigia e le loro madri non li perdono di vista un attimo. Al di là della distesa di sabbia svetta maestoso, con affaccio in riva al mare, il Grand Hotel, che ospitò in molte occasioni lo scrittore Marcel Proust. A separare l’hotel dalla spiaggia la Promenade che prende il nome dallo scrittore, oggi semi deserta. La percorriamo per un paio di chilometri immersi in un’atmosfera leggera a raffinata. Il mare e il cielo si fondono in un’unica sfumatura di colore. L’occhio non è in grado di coglierne la linea d’orizzonte, il confine. Del resto l’infinito non ha confine.”
Ci spostiamo, verso l’interno di una trentina di chilometri, in pieno Calvados e arriviamo a:
Pont-l’Évêque
Il villaggio che ha dato il nome a un meraviglioso formaggio, è stato completamente ricostruito dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Con grande maestria hanno saputo ricostruire le splendide case a graticcio che si affacciano sui pittoreschi vicoli che si snodano lungo il canale e che danno luogo a scorci bucolici di pura magia. Un bellissimo angolo di pace che ha saputo conservare tutto il fa-scino delle antiche terre del Calvados. Da vedere Église Saint-Michel, con le sue splendide navate inondate di luce. Il secondo fine settimana di maggio, si tiene la Festa del Formaggio una vera goduria per chi si trova da quelle parti dato che siamo nella patria del formaggio.
Lisieux
Dopo Lourdes è considerata la seconda meta di pellegrinaggio in Francia, grazie al milione di visitatori all’anno. La maggiore attrazione della cittadina è senza dubbio la Basilica di Santa Teresa di Lisieux, costruita in suo onore, custodisce le reliquie della santa e dei suoi genitori, il centro è molto carino, attraversato da un fiume. A me è piaciuta particolarmente la zona del mulino. Grazie alla sua ricca storia, Lisieux conserva numerose testimonianze dei fasti del passato, dalla nascita della Normandia fino alla Rivoluzione Francese. Lisieux che è stata sede del vescovato, ha un quartiere chiamato “Quartier Canonal”, nel quale ancora oggi si trova la Cattedrale (tra le prime in stile gotico normanno), il Palazzo Episcopale, l’Hotel du Haut Doyenné, le canoniche e il Giardino del Vescovo.
Dopo un po’ di relax nella chambre e una doccia ci vestiamo e torniamo verso Honfleur, mi è piaciuta così tanto che voglio passarci la serata e farla vedere anche ad Alan. Honfleur la sera è ancor più bella che di giorno, suggestiva, il suo fascino corsaro emerge tutto.
Per cena abbiamo un suggerimento, da parte di mio zio Roberto che è stato qui qualche mese fa ci ha suggerito un ristorante sul porto La Grenouille. Ordiniamo il Plateau de fruits de mer e nell’attesa delle immancabili ostriche, come vino di accompagnamento Alan decide per una bottiglia di Muscadet, un bianco secco, in grado di stupire, è il compagno ideale per le ostriche, adatto anche per i frutti di mare. Fresco con quella punta di mineralità salmastra sul finale, richiama proprio il gusto del mollusco. Il piatto principale è una spettacolare e pantagruelica porzione di capesante, scampi, astice, granchi, cozze, vongole, gamberi e gamberetti. Concludiamo la serata con due meravigliose pozioni di Calvados nel-la terrazza di uno dei tanti localini sul porto.
GIORNO QUATTRO
Carichiamo i bagagli in auto e andiamo a fare colazione con croissant e cafè au lait in una boulangerie in centro a Trouville, un modo economico per fare una colazione di qualità quando non è compresa nel pernottamento, tanto difficilmente berremo un buon caffè o cappuccino in Francia, loro sono bravi a fare i croissant non il caffè, alla fine io preferisco quelli dei distributori automatici che hanno nelle boulangerie, in qualche caso ci sono pure le macchine professionali. Prima di ripartire e uscire dalla città non ci perdiamo una passeggiata a:
Trouville-sur-Mer
Il centro storico che si inerpica sulla collina, ha degli scorci davvero interessanti (nell’ufficio del turismo si trovano i depliant relativi a due possibili itinerari a piedi) come la carinissima Rue des Rosiers con le case di pescatori dai colori pastello o le ripide scalinate de l’escalier du serpent che, fatti i suoi 100 gradini, vi regalerà bellissimi panorami o gli antichi quartieri operai di Rue Berthier e Rue Mogador. Come dicevo Trouville, che io preferisco, ha sempre avuto un carattere molto meno pretenzioso rispetto a Deauville, ha infatti attratto persone e personaggi di nicchia, artisti e scrittori come Dumas e Flaubert, quella sua natura più malinconica ma decisamente carica di fascino ed eleganza ne fa la meta per coloro che vogliono sfuggire la mondanità.
Oggi dobbiamo percorrere 170 chilometri, la tappa per la notte sarà Cherbourg-Octeville, e lungo il tragitto diverse tappe, tra le quali i luoghi dello sbarco. La prima tappa è:
Caen
Ha 1000 anni di storia e si vedono tutti, in particolare, nei quartieri antichi del centro. Guglielmo il Conquistatore, che la elesse sua città preferita, vi fece costruire un castello e due abbazie: l’Abbaye aux Hommes e l’Abbaye aux Dames. Storia, abbastanza recente, racconta che la città durante la seconda guerra mondiale è stata pesantemente distrutta, fu poi ricostruita intorno ad alcuni monumenti superstiti restaurati. Io non sono rimasta così entusiasmata da questa ricostruzione, a dire il vero. Lo shopping a Caen è garantito!
Caen. Normandy. Abbey exterior and gardens
Bayeux
La carinissima Bayeux, vanta un ricco e importante passato e possiede un cospicuo patrimonio culturale e artistico, molto ben conservato, in quanto miracolosamente risparmiata dalla distruzione dei bombardamenti della seconda guerra mondiale. Conserva pertanto intatto tutto il suo fascino medievale, ne sono dimostrazione le sue caratteristi-che stradine, i suoi canali con i mulini, le chiese e l’assenza di modernità, nonché la mancanza di industrie nell’imminente periferia.
Bayeux deve la sua fama internazionale al famosissimo arazzo medievale che custodisce, Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. 68 metri di tela di lino dipinta, scampata miracolosamente alle razzie naziste in quanto nascosta in uno scantinato del Louvre. La Tapisserie de Bayeux è, senza dubbio, una delle più importanti testimonianze del Medioevo: narra i principali episodi che hanno permesso al duca di Normandia, Guglielmo detto il Bastardo (in quanto figlio naturale del duca Roberto e della figlia di un conciatore di pelli) di conquistare il trono d’Inghilterra e di diventare Guglielmo il Conquistatore. Racconta gli eventi dal 1064 al 1066, anno della decisiva battaglia di Hastings, e per farlo mette in scena 623 persone, 505 animali di specie differenti, 202 tra cavalli e bestie da soma, 55 cani, 41 imbarcazioni e 49 alberi è composto da otto elementi cuciti tra loro, con fili di lana di otto colori diversi, fino a formare una specie di fumetto del Medioevo, scritto nella stoffa, anziché su carta. L’arazzo, che dovrebbe essere stato prodotto a Canterbury, fu tessuto tra il 1070 e il 1077 per volere del vescovo Odone, il fratellastro di Guglielmo il Conquistatore. Fu esposto, a partire dal 1476, nella cattedrale di Bayeux. Dal 1724 che l’arazzo iniziò a interessare gli studiosi e che venne prima compresa la sua importanza.
Le spiagge dello sbarco
“Il mare blue cobalto, le distese smeraldo, i tratti di spiaggia finissima rendono il paesaggio quasi onirico e rievocano gli sfondi dei quadri impressionisti. Se non fosse per i monumenti e i residui bellici apposti su quella spiagge, mai potrei pensare che su quelle coste, all’alba del 6 giugno 1944, un numero imprecisato di volenterosi militari inglesi, americani e canadesi andavano incontro alla morte, in nome della libertà. Questo mare oggi azzurro e brillante era tinto di rosso sangue, queste spiagge di sabbia chiara una distesa di corpi mutilati, trucidati, assassinati. Su quelle spiagge, del Calvados e della Manica, avvenne la più grande invasione anfibia della storia: Lo Sbarco in Normandia. Quell’operazione militare e lo scempio di corpi che ne segui dava inizio alla liberazione dell’Europa, dalla Germania Nazista. Quell’Europa che tanto amo.”
Arromanches-les-Bains
Qui sbarcarono 2 milioni e mezzo di soldati, 4 milioni di tonnellate di equipaggiamento e 500.000 veicoli. Stazione balneare, incastonata tra le falesie è una delle spiagge più importanti per la liberazione dell’Europa dalla gogna nazista. Musei, cimiteri, musei e vedute panoramiche sono stati creati per far capire al visitatore cosa ha rappresentato il famigerato Sbarco in Normandia. La visita al Musée du Débarquement fa conoscere tutti i dettagli dell’operazione. Presso Arromanches 360, in una sala circolare viene proiettato il filmato The Price of Freedom, un’emozionante resoconto della battaglia. Nei mesi estivi c’è da fare la coda.
Omaha Beach Lungo questi 7 chilometri di costa si è combattuta la battaglia più drammatica e cruenta dell’operazione. Il momento dello sbarco, fu un vero massacro di americani che tentavano di raggiungere la spiaggia mentre i tedeschi, dall’alto delle dune di sabbia, sparavano senza sosta.
Juno Beach Presso la spiaggia di Berniéres-sur-mer sbarcarono le forze militari canadesi. Presso Juno Beach Centre è possibile capire quale ruolo ha avuto il Canada nell’offensiva militare in cui persero la vita oltre 45.000 canadesi.
Utah Beach Su questa spiaggia, all’alba del 6 giugno 1944, toccarono per primi il suolo francese i soldati dell’ottavo reggimento di fanteria americani portati vicino alla riva da 20 chiatte da sbarco. In parecchi persero la vita sia a causa del fuoco nemico ma anche per annegamento a causa dell’eccessivo peso dell’equipaggiamento e delle armi in dotazione. Al Musée du Débarquement potrete conoscere tutti i dettagli di quella giornata storica attraverso fotografie e reperti autentici.
Ci sono altri luoghi da visitare dedicati allo sbarco ma per noi questi sono più che sufficienti. Abbiamo un altro centinaio di chilometri prima di arrivare a Cherbourg-Octeville dove abbiamo prenotato per la notte. Riprendiamo il nostro viaggio dopo una pausa spuntino-pranzo nella vicina
Port-En-Bessin
Una pittoresca cittadina marinara dove tutto gira attorno al porto che ha un passato storico e prestigioso, attualmente porto di pesca dove i pescherecci che vanno e vengono. La zona del porto è da animata negozi e locali, in uno dei quali noi mangiamo una buonissima baguette farcita.
Arriviamo a destinazione il tardo pomeriggio. Ho prenotato Ambassadeur Hotel – Cherbourg Port de Plaisance, affacciato sul bacino con un parcheggio pubblico sul retro ed è comodissimo a la Cité de la Mer, il complesso scientifico, turistico e culturale dedicato al mondo marino, in particolare all’oceano e all’ambiente sottomarino.
Cherbourg-Octeville
Affacciata sul mare si trova nel nord della Penisola del Cotentin, la contraddistingue il suo ricco patrimonio marittimo. Cerbourg-Octeville è la rada artificiale più grande del mondo. La città è inoltre dotata di diversi porti: di pesca, turistico, commerciale e militare. In realtà, per quanto mi riguarda, Cherbuorg non aveva molte attrattive ma era una soluzione comoda per visitare la Penisola de la Hague, che visiteremo domani.
Dopo un giro la zona nei pressi del bacino, ci fermiamo per una birra in uno storico pub frequentato da locali, qui non sembra ci siano molti turisti. Per cena decidiamo per un ristorante vicino all’albergo, ce ne sono molti, noi ci affidiamo a Le Regence, degna di nota la crème brûlée.
Il racconto del viaggio CONTINUA in un altro post, questo è già troppo lungo. …TO BE CONTINUED….
Le parti virgolettate sono tratte dal mio romanzo “L’Amore a colpi di Champagne”, Sabina Samogin.
Normandia: tra arte, scogliere, villaggi di pescatori e tanto altro (diario di viaggio – parte prima) Raccontare della Normandia non è facile e non perché ci sia poco da dire anzi è esattamente il contrario.
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