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#dario coletti
patti-campani · 4 years
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MIEI CARI AMICI VICINI E LONTANI … Cari amici, vicini idealmente e, in questi giorni così complessi per tutti noi, forzatamente lontani, MIEI CARI AMICI VICINI E LONTANI è un'idea nata dal desiderio di sentirvi tutti e di farlo nel modo migliore: attraverso l'arte. Così ho pensato di invitare gli artisti coi quali ho collaborato in tutti questi anni di attività di Fiorile+, ad inviarmi immagini di loro opere, progetti in fieri o pensieri in divenire, che stanno realizzando in questo momento. E condividerle. Una visione periferica, fluttuante, una coda dell'occhio rispetto a tutto quanto è in divenire o già realizzato da ognuno di loro singolarmente. Del resto, citando Forster: ‘Solo quello che vedi con la coda dell'occhio ti tocca nel profondo.’ Una mostra virtuale nella quale ogni singolo contributo sarà pubblicato con una cadenza di tre giorni a partire da mercoledi 8 aprile 2020. 33 artisti: -lancillotto bellini -marco bettio -davide bonazzi -fabio bonetti -julien cachki -andrea cataudella -luca coser -dario coletti -daniele contavalli -luca dimartino -flavio favelli -roberta fanti -raffaele fasiello -roberta filippelli -dario ghibaudo -gabriele lamberti -lisa lazzaretti -pietro mancini -antonella mazzoni -pietro meletti -nico mingozzi -emilio nanni -teresa e. nanni -gianni nieddu -marilena pasini -piero roccasalvo rub -gianfranco sergio -stefano scheda -simone ponzi -vittorio valente -william xerra -umberto zampini -roberto zizzo. Grazie a ciascuno loro ed un caro saluto a tutti. Patti Campani/ Fiorile+
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ghost-wit · 5 months
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Dario Coletti (Roma 1959) Prometeo (via)
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fiorile-tatler · 6 years
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Gianluca Morozzi  per Di Tutto Resta un Poco  Chi sei Marika fragile Eccola qua la soluzione!, pensa Marika. Si catapulta fuori dai venticinque-trenta minuti di sonno che ultimamente le sono abituali, e la sua mente di colpo è lucida, le idee sono chiarissime. Dormire mezz’ora spesso regala soluzioni logiche a un problema complicato e in apparenza insormontabile.Il problema che l’ha tenuta sveglia nel letto con gli occhi sbarrati nel buio, mentre l’orologio segnava le tre di notte e poi le quattro di notte e poi le cinque, adesso è risolto.   La soluzione è: uccidere La Strega. Era così semplice, alla fine.     Marika si alza dal letto con un mezzo sorriso. Ora che sa come riprendersi Lauro, è molto più serena. Davvero. Perché si è tormentata per tutto quel tempo? Perché ha annullato tutti quei concerti, perché si è messa a dipingere quei quadri, perché ha perso il sonno fino quasi a diventare pazza? Bastava uccidere La Strega. Ci voleva tanto poco. Non che i suoi quadri non siano belli, pensa osservandoli dagli angoli bizzarri della casa in cui li ha appoggiati in modo precario. Quello con l’ometto col gufo gigante, il primo della sequenza del sesso orale in contesti quantomeno bizzarri, non è davvero bello? Certo che è bello. Quasi quanto quello in cui Paperino uscendo da una botola viene strangolato da Topolino. O quello dell’impiccagione con tucano meteoritico. O la crocifissione con fionda e orsacchiotti. Sono belli, davvero i suoi quadri. Cioè, le sembravano orribili fino alla sera precedente, quando il problema sembrava non trovare una soluzione, ma ora che la soluzione ce l’ha, tutto le pare luminoso e bello.   Marika fa colazione con un goccio di caffè e mezzo biscotto di farro -per uccidere La Strega le servirà tutta l’energia possibile- e poi va a informare Mimì della decisione appena presa. “Mimì, ho deciso. Uccido La Strega e mi riprendo Lauro. Era facile. Ciao ciao, vado a eliminarla e torno.” Mimì, come sempre, non dà alcuna risposta. Né dà segno di averla ascoltata.
I primi dubbi sorgono quando Marika mette piede in strada. Fuori, sul marciapiede, con la gente, le auto, gli autobus, il rumore, i clacson… Cavolo, sembrava un’idea così bella un attimo prima, al risveglio, in casa sua… era così logico, così ovvio… La Strega si era presa il suo –come chiamarlo?- fidanzato, e per riprendersi il fidanzato lei doveva uccidere La Strega. Matematico. Be’, ma ucciderla in che modo, prima di tutto? Marika s’incammina pensando a questo trascurabile particolare pratico. Mica può aspettarla fuori dalla palestra e strozzarla: Marika ha la muscolatura e la struttura fisica di una mozzarella, mentre La Strega sembra uno degli All Blacks. A parte la sesta misura di reggiseno, i capelli fucsia sparati in ogni direzione e quella bocca che da sola potrebbe risucchiare tutto il petrolio nel Golfo del Messico. Lo scontro fisico, basta guardarle, è inverosimile. Accoltellarla? Marika è uscita di casa senza neppure un’arma. E poi il sangue le fa schifo, la impressiona…. Oh, quanti problemi pratici. Sembrava un’idea così bella, al risveglio! Un chiodo! Ecco. Un chiodo abilmente collocato sotto una gomma del suo SUV. La gomma si buca, il SUV esce di strada, La Strega muore orribilmente tra le fiamme. Marika non si deve sporcare le mani né vedere la scena. Ecco, perfetto. Questo sembra un piano migliore. Con qualche piccola, piccolissima lacuna, d’accordo, ma ci sono venti minuti da fare a piedi per arrivare alla palestra. I dettagli verranno messi a punto strada facendo. Oh, era tutto così perfetto, prima che arrivasse La Strega! Lauro era così dolce, così comprensivo, così tenero… era così bello stare sul divano a darsi i bacini per tutta la notte… Certo, anche lui aveva le sue fissazioni, d’accordo. Per esempio, aveva la mania di fare domande assurde. Tipo, la centesima o duecentesima volta che Marika si era rifiutata di fare l’amore con lui, anzi, di togliersi qualunque capo di abbigliamento collocato sotto la cintola, Lauro l’aveva guardata incredulo e aveva detto “Ma senti, puoi dirmelo. Hai avuto dei traumi da piccola? Hai subito molestie?” Lei lo aveva guardato perplessa, aveva risposto “Molestie? Io? Ma quando mai!” Che strano tipo, Lauro. Del resto, scriveva libri di fantascienza. Marika aveva provato a leggerne uno ma non ci aveva capito niente, con tutte quelle storie di universi paralleli, raggi laser e –com’è che si chiamavano?-, ah, sì, doppelganger. Figurarsi. Doppelganger! Cosa diavolo è un doppelganger? E poi, quando Marika gli aveva confidato alcune delle sue fobie, tipo, il terrore dei pesci, Lauro aveva rilanciato. Aveva detto “Ha qualcosa a che vedere con, cioè…” “Cioè cosa?” “Con, voglio dire…” “Vuoi dire cosa?” “Con, ehm, la paura deee, uh, dell’organo sessuale maschile, o…” “Cosa c’entra un pesce con, be’, quella cosa lì?” “No, sai, a livello simbolico…” “Livello simbolico? Un pesce è un pesce. Rappresenta un pesce.” (Scrittori di fantascienza. Che gente.) “Comunque, se vuoi saperlo” aveva aggiunto lei “è stata colpa di mio cugino.” “Tuo cugino? Nel senso che, non so, uhm, te l’ha fatto vedere o…?” “Cos’è che mi ha fatto vedere?” “Niente. Vai avanti.” “Ascolta. Quando andavo a scuola mia mamma mi metteva sempre nella cartella una banana. Lei non voleva che mangiassi delle schifezze per merenda, e allora mi dava una banana. Be’, ti ho detto che vivevo in un paese di mare, no? Un giorno mio cugino mi aveva fatto uno scherzo, aveva rubato un pesce appena pescato e me l’aveva ficcato nella cartella. Così, quando avevo infilato la mano nella cartella, anziché la banana, avevo toccato quella cosa viscida. E avevo tirato fuori un orrendo pesce, boccheggiante, mezzo morto, che mi guardava con gli occhi sbarrati.” “Tutto qui?” “Tutto qui.” “E da allora hai il terrore dei pesci.” “Sì. E delle banane.” “E c’entra qualcosa col fatto che non vuoi che facciamo l’amore?” Lei si era rabbuiata, lo aveva guardato con aria di rimprovero, a braccia incrociate. “Ma guarda che sei proprio strano, Lauro. Cosa c’entra lo scherzo di mio cugino col fare o non fare l’amore?”       Uomini, aveva pensato. Non capiscono proprio niente. Poverini. Marika gira a destra puntando dritto verso la palestra, ancora ben determinata a portare a termine la sua missione. Va bene, non ha un chiodo con sé, ma questi sono dettagli ancora secondari. L’importante è non incontrare cose brutte lungo il percorso. Cose brutte, bruttissime, tipo AAAAAAAAAAAAAH I PICCIONI! I passanti possono assistere a una scena abbastanza surreale. C’è questa ragazza che cammina rasente al muro, una ragazza che sarebbe anche carina se non pesasse, tipo, nove chili, e non fosse bianca come la calce e non avesse la faccia di una che ha dormito l’ultima volta quando ancora c’erano le lire, che d’improvviso caccia un urlo acutissimo fissando con orrore un innocuo piccione che le vola davanti senza aggredirla o disturbarla, del tutto indifferente alla sua esistenza. Un attimo dopo l’elfo dei boschi insonne è scappato via velocissimo con la testa tra le mani. Marika se ne sta appoggiata a un cartellone pubblicitario a riprendere il respiro, aggirata da tutti come una drogata. Guarda il cielo terrorizzata, come se il piccione dovesse piombare giù in picchiata per cavarle gli occhi. Ha il terrore dei piccioni ancor più di quanto ne abbia dei pesci. Poco a poco, sempre ansimando come un mantice, ricomincia a camminare. Ora, l’importante sarebbe proseguire il percorso senza incontrare qualcuna delle altre cose che le fanno paura. Tipo, un pescivendolo con la merce esposta. O un fruttivendolo con dei caschi di banane in bella vista. Oppure AAAAAAAAAAAAH UN UOMO PELOSO IN CANOTTIERA! L’uomo peloso in canottiera –un impiegato delle poste in ferie, impegnato a innaffiare le piante nel proprio giardino- può a quel punto assistere a un’altra scena surreale: uno scheletrino femmina che passa davanti al suddetto giardino, si blocca paralizzata davanti al suo cancello, guarda verso di lui, si tappa la bocca con una mano, cerca un angolo riparato con occhietti disperati, si butta tra due cassonetti dell’immondizia e, inequivocabilmente, vomita. Gesù, pensa l’impiegato delle poste continuando a innaffiare le piante, Poveri ragazzi, come vengon su strani. Marika si pulisce la bocca con il dorso della mano, si rialza tremante, si allontana un po’ debole dai cassonetti, e continua il suo percorso. Ormai ha perso il senso di quella pericolosissima camminata per la città –in casa, oh, come si sta bene in casa!, o a dipingere, oh, come si sta bene a dipingere!-, non ha più neppure bene in mente come procurarsi un chiodo, o cosa fare esattamente alle gomme della Strega. No, è difficile, troppo difficile uscire in città. Troppa folla. Troppe cose. Troppe orribili, orribili pesci. Troppe banane, troppi uomini pelosi in canottiera, troppi piccioni. Ora manca solo un AAAAAAH UN BARBONE CHE MI GUARDA!   Marika rientra in casa pochi minuti dopo, distrutta, ancor più pallida del solito. “Mimì” singhiozza “non ce l’ho fatta, non ho ammazzato La Strega, non ce l’ho fatta, c’è tanta roba brutta là fuori, ho visto un piccione, e un uomo peloso in canottiera, e un barbone, lo sai che io ho paura dei barboni, Mimì, come faccio ad ammazzare La Strega?, dimmi tu, Mimì…” Mimì non risponde e non fa segno di aver capito. Pochi cactus nani, in effetti, risponderebbero alla loro padrona o darebbero segno di aver capito. Mimì si comporta come tutti i cactus nani battezzati con un nome di donna: ascolta in silenzio, e serena vive la sua vita da cactus.
***
Eccola qua la soluzione!, pensa La Strega. Era così semplice. Come ho fatto a non arrivarci prima? Troppo lavoro, pochi integratori, e poi il mio cervello non funziona a dovere. Anche quello stronzo di Lauro che non risponde, lo sa benissimo che quel cazzo di iPhone deve tenerlo acceso - stronzo, stronzo, stronzo -, che poi se non risponde io ho paura che sia con la violinista anoressica che parla con le piante, cretina, nana, come faceva a pensare di poter stare col mio Lauro?, cosa ci trovava in lei quel cretino?, non gliela dava neanche, almeno, questo è quel che mi racconta lui, sarà vero o non sarà vero?, magari scopavano dalla mattina alla sera e lui a me racconta che non gliela dava neanche pitturata, cazzo, è vero, e io che ci ho creduto, e io che dicevo Oh, io te la do quanto e quando ti pare bello mio, non me ne frega un benenamato cazzo se devi finire il capitolo del tuo romanzetto, ciccio, sono in casa tua e noi adesso facciamo quel che si deve fare, ma ti pare?, hai ‘sto bel pezzo di femmina qui in casa tua e devi perdere tempo a scrivere le tue boiate? -  con rispetto parlando, eh -, quelle storie lì dei marziani che vanno sulla Luna o cose così, no, no, adesso si tromba, bello mio, non son mica come la violinista di ‘sto cazzo che non te la faceva vedere neanche disegnata, io te la faccio vedere e ti ci faccio una foto e te la appendo sul letto così quando sei da solo ti ricordi bene come son fatta, bello mio, e adesso invece mi viene il dubbio, cazzo, se non è vero che la nana non gliela dava?, ah, ma comunque ho avuto la genialata in questo momento, ah, che testa che hai, Sandra, era così facile, Lauro mi ha detto che la deficientina ha il terrore dei barboni, no?, e allora, quell’ubriacone che ho pagato stamattina per aggirarsi intorno a casa della nana e controllare se per caso andava da Lauro mentre io ero qua al lavoro, ecco, lo pago il triplo, gli dico di stare seduto dalla mattina alla sera davanti a casa della mentecatta, quella mette il naso fuori, vede che c’è un barbone, se ne torna subito in casa, sì, sì, certo, così son sicura che la cretina non se ne va dal mio Lauro, ma perché spegne il telefono quel demente?, va bene, mi ha detto Oh, Sandra, io devo lavorare, l’editore vuole il romanzo entro due giorni, io spengo tutto, mi chiudo in casa, devo pensare solo alle mie cazzo di astronavi e ai miei cazzo di marziani, va bene, non ha detto così, il cazzo di astronavi e i cazzo di marziani ce li ho messi io, comunque, cazzo, io son qua che lavoro, faccio un lavoro vero, questo è un centro fitness con i contromaroni e non azzardatevi a chiamarlo palestra e io sono una personal trainer con i contromaroni ma io sono anche una donna innamorata e gelosa, gliel’ho anche detto alla signora Boldrini prima di sbatterla a correre sul tapis roulant per farla star zitta, signora Boldrini, le ho detto, lei mi vede come la sua personal trainer tutto d’un pezzo ma io sono anche una donna gelosa e innamorata, e… Oddio. Ma da quanto tempo è sul tapis roulant, la signora Boldrini?
****
Eccola qua la soluzione, pensa Lauro. Era così semplice. Semplicissima. Arrivano in sogno le soluzioni, arrivano sempre in sogno. Uno si arrovella tanto, si maciulla le meningi su un problema, poi si fa un bel sonno, ed eccolo qua. Tutto risolto. Lauro si stiracchia sotto le lenzuola, soddisfatto. Aaah. Era così facile. Il Conte Cremisi è il clone difettoso del leader della Resistenza di Terra 32! Fatto. Si chiude perfettamente la trama, il romanzo fila, e si capisce perché la combattiva Darkena si è fatta ingannare così facilmente nel capitolo dieci. Ah, che bella la vita dello scrittore di fantascienza! Senza neppure un problema al mondo. “Lauro? Sei sveglio?” sbadiglia Claudine, nuda sotto le lenzuola. “Sì, tesoro, mio unico amore, passerotta mia. Sono talmente felice che ti preparo la colazione, guarda!” Lauro si alza in piedi. Accende lo stereo, diffondendo nell’appartamento una bizzarra versione lounge di Egg cream di Lou Reed. Controlla che l'iPhone bianco sia spento –sia mai che lo cerchino Marika o Sandra o la cameriera del pub-, che quello nero sia acceso –sia mai che lo chiami la sua agente, o l’editore, o un importante giornalista- e va a fare il caffè. Il clone difettoso del Conte Cremisi. Era così facile risolvere il problema. La vita non è meravigliosa?
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domenicosolimeno · 3 years
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Dario Coletti, vent’anni di fotografia tra l’altro e l’invisibile
Dario Coletti, vent’anni di fotografia tra l’altro e l’invisibile
Mana. Sacro e profano nel carnevale barbaricino è un progetto fotografico di Dario Coletti confluito in un’esperienza di ricerca collettiva e interdisciplinare, attivando un processo dialogico che ha coinvolto ricercatori, curatori, artisti, filosofi e antropologi e che si vedrà concretizzato in un progetto espositivo ed editoriale. Il nucleo di immagini, scattate dal 1995 al 2016 e riemerse…
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giancarlonicoli · 4 years
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2 gen 2021 08:44 1. FERMI TUTTI! IL MINISTRO DELLA CULTURA, DARIO FRANCESCHINI, SI FA LE POMPEI DA SOLO! 2. SEMBRAVA CHE LO STRAORDINARIO THERMOPOLIUM, UNA SPECIE DI FAST FOOD DI 2.000 ANNI FA, FOSSE STATO PORTATO ALLA LUCE DA BABBO NATALE IN PERSONA E CONSEGNATO COME CADEAU A SU-DARIO. BEH, IL RINVENIMENTO DI POMPEI E' VECCHIO DI ALMENO UN ANNO E MEZZO! 3. ED È STATO UTILIZZATO A OROLOGERIA SOTTO NATALE PER LANCIARE UN DOCUMENTARIO FRANCESE, PAGATO (UN PO’ TROPPO) CARO E TRASMESSO SU RAI2 - FRANCESCHINI PENSA ALLA SUA NETFLIX FUORI DALLA RAI, I COSTI PUBBLICI LIEVITANO E LA STRUTTURA MORMORA...
Giorgio Gandola per "La Verità"
La tavola calda di Pompei ci ha servito una Luisona. La brioche rafferma resa immortale dall'autore satirico Stefano Benni nel libro Bar Sport se la sono mangiata tutti, dai giornali alle tv ai social, in un sabba mediatico postnatalizio che negli ultimi anni ha avuto pochi eguali nel panorama archeologico italiano.
Sembrava che il Thermopolium, una specie di fast food di 2.000 anni fa, fosse stato portato alla luce da Babbo Natale in persona e consegnato come cadeau al ministro della Cultura, Dario Franceschini, che nelle dichiarazioni e nelle interviste dei giorni scorsi si è dimenticato di sottolineare un dato rilevato ieri con sagacia da Italia Oggi: il ritrovamento è vecchio di almeno un anno e mezzo ed è stato utilizzato a orologeria per lanciare un documentario francese su Rai2.
Il sospetto del semi-tarocco è sorto il 27 dicembre alla messa in onda del docufilm Pompei ultima scoperta che anche per il furbo battage pubblicitario ha ottenuto una media share dell'11,4% (2.976.000 spettatori), molto al di sopra della media del 6% scarso della rete in prima serata.
Un termopolio intatto, con affreschi straordinari, nel quale gli abitanti andavano a rifocillarsi nel 79 dopo Cristo, ha costituito un'attrazione liberatoria per telespettatori costretti all'asporto con mascherina nel plumbeo Natale apparecchiato da Giuseppe Conte. Della serie: che invidia.
In realtà lo scavo era cominciato nel 2018 e il bar pompeiano era stato portato alla luce nel 2019. Dirlo chiaramente non avrebbe offeso nessuno e avrebbe sollevato il servizio pubblico da un'imbarazzante situazione.
È bastato qualche minuto di proiezione per smascherare la furbata: alla scoperta del sito sono stati dedicati i primi dieci minuti, appiccicati con cura su un documentario dedicato alle ultime ore di Pompei raccontate dal direttore del parco archeologico Massimo Osanna, l'unico che in un comunicato aveva specificato che il termopolio era stato «solo parzialmente indagato nel 2019». Titolo originale curiosamente in francese: Les dernières heures de Pompéi. Perché?
Il motivo costituisce la seconda sorpresa di questo regalo natalizio. Il prodotto non è stato creato in Italia e non è della Rai, nonostante l'azienda si avvalga di una sezione interna chiamata appunto Rai Documentari diretta da Duilio Giammaria.
Il manager è stato nominato in quota Movimento 5 stelle con voti favorevoli in cda di Fabrizio Salini, Beatrice Coletti (scelti da Luigi Di Maio) e del rappresentante sindacale Riccardo Laganà. Il film appartiene alla Gedeon Programmes ed è stato realizzato in coproduzione con il Parco archeologico di Pompei, France Télévision, la televisione belga, l'Ebu (Unione europea di radiodiffusione), l'americana Curiositystream ed NHK, il servizio pubblico giapponese.
Tutti tranne la Rai, anche se la voce narrante è quella di Osanna, dirigente molto vicino al ministro Franceschini che nel 2014 lo mise a capo delle rovine di Pompei. La massima azienda culturale italiana ha acquistato il documentario, ha costruito l'incipit sul fast food del primo secolo dopo Cristo, lo ha mandato in onda ed è passata a incassare i complimenti. Tecnicamente, come ha spiegato il direttore Giammaria «lo abbiamo attualizzato con l'équipe interna».
È curioso notare che una sezione come Rai Documentari, dedicata e finanziata con denari pubblici, si limiti ad attualizzare iniziative altrui dopo averle lautamente pagate. Si attendono segnali di risveglio dalla Commissione parlamentare di Vigilanza.
L'intera faccenda ha creato non pochi mal di pancia interni (effetto non solo della Luisona) e dopo l'accrocchio tecnologico è venuto alla luce il solito accrocchio politico. In questo caso un'alleanza fra pentastellati (l'ad Salini e Giammaria) e i manager del Mibact impegnati a realizzare il sogno del ministro: costituire la Netflix italiana.
Orgoglioso per l'audience, lo stesso Salini si è sbilanciato: «Il successo sottolinea la sintonia della Rai con il suo pubblico giustamente esigente. Ed è il riconoscimento del grande lavoro dei dipendenti e di Rai documentari». Per la verità i due docufilm precedenti erano stati un flop epocale: Food revolution - Il futuro del cibo, anch'esso comprato all'estero, aveva ottenuto il 3,2% di share (746.000 spettatori) e Butterfly l'1,94% con 313.000 spettatori. Quest'ultimo è stato prodotto in Rai e portato avanti con grande favore proprio dal ministero della Cultura. Con questi numeri una major americana avrebbe già mandato a casa tutti.
Franceschini pensa alla sua Netflix fuori dalla Rai, o comunque sfruttandone solo in minima parte le risorse interne. Orgoglioso della sua legion d'onore, ha un occhio di riguardo per la cinematografia francese anche se si tratta di illustrare Pompei. Di conseguenza i costi pubblici lievitano e la struttura mormora.
Il ministro è particolarmente presente in questi ultimi tempi in azienda con i suoi uomini di riferimento; non dimentichiamo che il famoso presepe laico divenuto ingombrante per Nicola Sinisi è stato trasferito agli Uffizi per chiudere le polemiche. Vive la France.
Eppure in Rai i documentari sono sempre stati una risorsa primaria. Alberto Angela li propone con successo da una vita, ha un contratto con l'azienda e ne utilizza le potenzialità. Proprio nel mitico sito archeologico aveva realizzato per Rai 1 con successo Stanotte a Pompei. A detta di chi lo conosce bene, ultimamente si è sentito emarginato, senza la piena libertà di girare le riprese necessarie, stranamente frenato da Osanna. Il 27 sera, davanti alla Luisona d'Oltralpe, deve avere capito il motivo.
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Il giovane Edward Hopper nel dipingere si chiedeva: com’è una stanza quando nessuno la osserva? Oggi, in tempi di quarantena, possiamo permetterci di estendere questa domanda a un’intera città. Come è una città quando nessuno la guarda? La domanda diventa ancora più interessante se la rivolgiamo a Roma, una metropoli abituata, controvoglia, a ricevere attenzioni, ieri meta esclusiva del Grand Tour, quindi di tutta l’intellighenzia europea dell’Ottocento, poi scenografia prediletta del grande cinema del Boom e oggi tra le destinazioni più ambite dal turismo di massa. Com’è adesso questa Roma senza nessuno che la osservi? Una risposta possiamo trovarla nel libro-testimonianza, per metà fotografico per metà letterario, dal titolo «Nolite timere Roma non perit 2020» (ovvero «Non temete, Roma non perirà»), pubblicato da Il Cigno GG Edizioni. Questo progetto indiscreto, ideato dalla stessa casa editrice, che ha coordinato la raccolta di fotografie e testimonianze scritte in un clima quasi surreale dalla sua redazione, situata nel pieno centro storico capitolino, ha voluto raccontare Roma ai tempi del Coronavirus, con l’obiettivo puntato su una città deserta, dandoci, per assurdo, la possibilità di guardarla mentre nessuno la guarda. A accompagnarci in questo itinerario voyeuristico nella città fantasma sono le fotografie, tra gli altri, di Paolo Cenciarelli, Dario Coletti, Angelo Cricchi, scatti commoventi, come cartoline da un’epoca indefinita, affiancate dai testi – lettere, racconti, poesie, riflessioni – di artisti, storici, scrittori come Gigi Proietti, Giordano Bruno Guerri, Marco di Capua e Tahar ben Jelloun. E com’è questa Roma metafisica, senza turisti, senza traffico e senza romani, dove monumenti, chiese, piazze e vicoli, sono insieme i soggetti indisturbati e anche gli sfondi eterei di ogni scatto?Continua a leggere l'articolo su 👉 www.lintellettualedissidente.it (link diretto all'articolo sulle instastory) #12maggio #lintellettualedissidente #news #notizia #notizie #informazione #quotidiano #giornale #societa #covid #covid19 #coronavirus #pandemia #roma #chiesa #bellezza #fellini #iorestoacasa #cittàdeserta #vaticano #sorrentino #gigiproietti #dpcm https://www.instagram.com/p/CAGARwqK8qC/?igshid=ebl1z69wriro
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giallofever2 · 5 years
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Questa Mattina alle Ore 05,00 su Rai Movie
Londra chiama Polo Nord
ANNO: 1956
REGIA: Duilio Coletti
MUSICHE: Nino Rota
SCENEGGIATURA: Duilio Coletti, Ennio De Concini, Massimo Mida, Giuseppe Scoponi
FOTOGRAFIA: Gábor Pogány
PAESE: Italia 🇮🇹
DURATA: 100 Min
FORMATO: CINEMASCOPE FERRANIACOLOR
DISTRIBUZIONE: MINERVA - TITANUS
ATTORI: René Deltgen, Lauro Gazzolo, Giacomo Rossi Stuart, Stephen Garrett, Philippe Hersent, Chris Hofer, Edith Jost, Curd Jürgens, Albert Lieven, Dawn Addams, Ludovico Ceriana, Folco Lulli, Alfonso Mathis, Dario Michaelis, Matteo Spinola, Edoardo Toniolo, Adriano Uliani
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5185jb · 6 years
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Traditional Craftsmanship | Trentino, Italy — Edge of Humanity Magazine Photographer Dario Coletti is the Edge of Humanity Magazine contributor of this documentary photography. From his project ‘Gestures – The Artisans of Trentino’.
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cavegirl66 · 5 years
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A.Buggerru 9.1996 ISPANTOS. Passavamo sulla terra leggeri Dario Coletti
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patti-campani · 7 years
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Prospettiva Nomade #03 DI TUTTO RESTA UN POCO Dario Coletti e Luca Coser e un racconto di Gianluca Morozzi a cura di Patti Campani “Di tutto resta un poco. Non molto: da un rubinetto stilla questa goccia assurda, metà sale e metà alcool, salta questa zampa di rana, questo vetro di orologio rotto in mille speranze, questo collo di cigno, questo segreto infantile…” - da Residuo, Carlos Drummond  de Andrade Le cose accadono in un tempo che è reale. Ma il tempo individuale spesso non coincide con questo; esiste  uno scarto tra l’uno e l’altro, una sorta di extrasistole, un fuori tempo dettato da mille diversi  stimoli. Un sine materia o realtà invisibile che appartiene, differente, a ognuno di noi e che ci conduce a percepire un evento in più direzioni, anche temporali, convergendo in qualcosa che gli è simile ma non uguale. Perché in ogni  punto di ogni singola storia, o di ogni singola vita se preferite, Di tutto resta un poco. Ed è questo residuo, diventato improvvisamente materia viva, che  inceppa il meccanismo:  sovrappone immagini, suoni, riporta, nasconde, distorce, ci acceca o finalmente ci illumina uno spazio possibile che fino a poco prima era ancora inespresso. Ci rivela qualcosa che già c’era ma che non conoscevamo. Di  questo plurale  ed enigmatico prolungamento  di senso  ci narrano le opere di Dario Coletti e di  Luca Coser, così come  il racconto di Gianluca Morozzi. Di tutto resta un poco -  frammenti  che si ricompongono dettando microstorie, riscritture, eventi declinati nelle loro  potenzialità rimaste inespresse, in attesa. Dario Coletti  “Prometeo – god inside me” “Prometeo è un flusso di pensieri.  (…) Una caverna della memoria in continua evoluzione e destinata a un continuo lavoro di rilettura e rielaborazione. Un lavoro di riciclo, dove tutte le immagini scartate vengono esaminate, recuperate e riutilizzate in contesti narrativi nuovi. “( Dario Coletti ) Nel mito Prometeo  rappresenta il dono della previdenza, saper prevedere, cogliere un senso  in anticipo, ed in queste opere maggiormente risuona , a me, l’idea di uno sguardo quasi oracolare e  nel quale è costantemente suggerito il rimando fra il frammento e quanto racchiude in nuce.   Sguardo fissato ricomponendo  in unità i frammenti di immagini, ma un’ unità che vuole restare  incerta tra comprensione anticipata o tardiva, consegnata  nel suo oscillare continuo nel tempo e nello spazio  e  proiettata ai nostri occhi per essere data a quella che Tabucchi definisce “ una virtù dello sguardo, che non appartiene al nervo ottico ma all’intelligenza.” Luca Coser   “Chi sogna cosa “ “ (…) una sorta di necessità di affermare, attraverso il frammento, la condizione umana nel suo essere fragile, indefinita. “(Luca Coser) Riflettere sulla memoria o accadimento è sempre nella ricerca di Coser  un momento estremamente vitale e luminoso, rivelatorio:  una possibile chiave per decifrare  una certa vaghezza inquieta che ci accompagna. E queste ultime opere realizzate da Coser mi riportano direttamente all’idea di inveramento del possibile inespresso, all’immagine come configurazione di senso.   la dichiarazione nel titolo “ Chi sogna cosa” sottolinea poi, a mio parere,  di essere anche qui in scarto, in non coincidenza col tempo reale.  Una sorta di sospensione  del momento della rappresentazione, e per noi della visione, per farsi indice di un reale impossibile da rappresentarsi . Gianluca Morozzi  “Marika fragile “ “- Eccola qua la soluzione! Pensa Marika.  - Eccola qua la soluzione! Pensa la Strega.  - Eccola qua la soluzione! Pensa Lauro. “ Più voci a narrarci di un unico momento temporale, quello intercorso tra la notte e la mattina seguente. Frammenti sconcertanti per l’amaro e allo stesso tempo divertito  sorriso che strappano nella la loro evidente diversità;  un conflitto ad armi impari che seminerà nuovi resti, residui.  Perché è evidente: di tutto resta un poco. Patti Campani, marzo 2018 Tatler - via Rialto 29/2 Bologna dal 24 marzo al 18 maggio  aperto dal lunedi al sabato dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19 chiuso giovedì pomeriggio e festivi La mostra è parte del progetto Prospettiva Nomade, a cura di Patti Campani. La rassegna, che si svolge nel corso della stagione 2017/2018 nello spazio espositivo  Tatler di Gianfranco Salomoni, vede la partecipazione di cinque artisti, cinque fotografi e cinque scrittori.
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metacsi · 8 years
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Dario Coletti - L’Aquila
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fiorile-tatler · 7 years
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Prospettiva Nomade
a cura di Patti Campani
Come da sempre mi accade, le letture di un momento - o meglio lo splendido equilibrio delle parole degli autori - vengono in mio soccorso e mi offrono sul magnifico vassoio delle loro pagine la forma migliore per esprimere la vaghezza incerta e il balbettio delle mie riflessioni. Anche questa volta non sono venute meno al loro mandato e così, nel mentre del progetto che sto realizzando per la futura stagione espositiva, mi si sono presentate: erano lì ,tra le righe di John Berger, che attendevano di essere viste, di apparire nello spazio che le stava aspettando. In Sacche di resistenza Berger usa, o più probabilmente conia, il termine prospettiva nomade per definire l’insieme, realizzato da diverse mani, delle pitture di Chauvet. Scrive John Berger che – (…) la prospettiva nomade riguarda la coesistenza non la distanza - In questo senso mi è parso che le sue parole definissero al meglio quanto era nel mio intento : espressioni diverse come media (pittura e fotografia) che coesistono non in un ordine di grandezza, vicinanza o lontananza, ma coesistono nella definizione aperta dell’oggetto-tema della ‘speculazione’ artistica e poetica.
Perché questo sarà Prospettiva Nomade: una serie di mostre a quattro mani per le quali ho invitato coppie di artisti, pittori e fotografi, nella realizzazione di un progetto comune. Ogni mostra è accompagnata dal racconto di uno scrittore, racconto dedicato e parte integrante della mostra.
Nell’invitarli mi sono limitata a seguire l’intuizione di possibili sintonie poetiche e personali, lasciando a loro, alle singole coppie, la scelta del tema- oggetto e della modalità di sviluppo; aspetto fondante e che porterà a sviluppi molto differenti.
Opere di: Andrea Cataudella, Dario Coletti, Luca Coser, Luca Dimartino, Dario Ghibaudo, Giuseppe Leone, Nino Migliori, Cateno Sanalitro, William Xerra, Umberto Zampini.
Gli scrittori: Alberto Andreoli Barbi, Mauro Curati, Luca Martini, Gianluca Morozzi, Concetto Prestifilippo.
Gli appuntamenti:
2017
8 ottobre- 11 novembre: Il Paesaggio - Giuseppe Leone e Cateno Sanalitro - con un racconto di Concetto Prestifilippo
25 novembre : Il Ritratto  - Andrea Cataudella e Luca Dimartino - con un racconto di Luca Martini
2018
fino al 3 febbraio:  Il Ritratto - Andrea Cataudella e Luca Dimartino - con un racconto di Luca Martini
24 marzo - aprile: Di tutto resta un poco - Dario Coletti e Luca Coser - con un racconto di Gianluca Morozzi
maggio - giugno: Philum - Dario Ghibaudo e Umberto Zampini - con un racconto di Alberto Andreoli Barbi  da novembre: Il Frammento - Nino Migliori e William Xerra - con un racconto di Mauro Curati
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patti-campani · 7 years
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Marika Fragile di Gianluca Morozzi dedicato a DI TUTTO RESTA UN POCO - Dario Coletti e Luca Coser
Eccola qua la soluzione!, pensa Marika. Si catapulta fuori dai venticinque-trenta minuti di sonno che ultimamente le sono abituali, e la sua mente di colpo è lucida, le idee sono chiarissime. Dormire mezz’ora spesso regala soluzioni logiche a un problema complicato e in apparenza insormontabile.Il problema che l’ha tenuta sveglia nel letto con gli occhi sbarrati nel buio, mentre l’orologio segnava le tre di notte e poi le quattro di notte e poi le cinque, adesso è risolto.   La soluzione è: uccidere La Strega.
Era così semplice, alla fine.     Marika si alza dal letto con un mezzo sorriso. Ora che sa come riprendersi Lauro, è molto più serena. Davvero. Perché si è tormentata per tutto quel tempo? Perché ha annullato tutti quei concerti, perché si è messa a dipingere quei quadri, perché ha perso il sonno fino quasi a diventare pazza? Bastava uccidere La Strega. Ci voleva tanto poco. Non che i suoi quadri non siano belli, pensa osservandoli dagli angoli bizzarri della casa in cui li ha appoggiati in modo precario. Quello con l’ometto col gufo gigante, il primo della sequenza del sesso orale in contesti quantomeno bizzarri, non è davvero bello? Certo che è bello. Quasi quanto quello in cui Paperino uscendo da una botola viene strangolato da Topolino. O quello dell’impiccagione con tucano meteoritico. O la crocifissione con fionda e orsacchiotti. Sono belli, davvero i suoi quadri. Cioè, le sembravano orribili fino alla sera precedente, quando il problema sembrava non trovare una soluzione, ma ora che la soluzione ce l’ha, tutto le pare luminoso e bello.   Marika fa colazione con un goccio di caffè e mezzo biscotto di farro -per uccidere La Strega le servirà tutta l’energia possibile- e poi va a informare Mimì della decisione appena presa. “Mimì, ho deciso. Uccido La Strega e mi riprendo Lauro. Era facile. Ciao ciao, vado a eliminarla e torno.” Mimì, come sempre, non dà alcuna risposta. Né dà segno di averla ascoltata. I primi dubbi sorgono quando Marika mette piede in strada. Fuori, sul marciapiede, con la gente, le auto, gli autobus, il rumore, i clacson... Cavolo, sembrava un’idea così bella un attimo prima, al risveglio, in casa sua... era così logico, così ovvio... La Strega si era presa il suo –come chiamarlo?- fidanzato, e per riprendersi il fidanzato lei doveva uccidere La Strega. Matematico. Be’, ma ucciderla in che modo, prima di tutto? Marika s’incammina pensando a questo trascurabile particolare pratico. Mica può aspettarla fuori dalla palestra e strozzarla: Marika ha la muscolatura e la struttura fisica di una mozzarella, mentre La Strega sembra uno degli All Blacks. A parte la sesta misura di reggiseno, i capelli fucsia sparati in ogni direzione e quella bocca che da sola potrebbe risucchiare tutto il petrolio nel Golfo del Messico. Lo scontro fisico, basta guardarle, è inverosimile. Accoltellarla? Marika è uscita di casa senza neppure un’arma. E poi il sangue le fa schifo, la impressiona.... Oh, quanti problemi pratici. Sembrava un’idea così bella, al risveglio! Un chiodo! Ecco. Un chiodo abilmente collocato sotto una gomma del suo SUV. La gomma si buca, il SUV esce di strada, La Strega muore orribilmente tra le fiamme. Marika non si deve sporcare le mani né vedere la scena. Ecco, perfetto. Questo sembra un piano migliore. Con qualche piccola, piccolissima lacuna, d’accordo, ma ci sono venti minuti da fare a piedi per arrivare alla palestra. I dettagli verranno messi a punto strada facendo. Oh, era tutto così perfetto, prima che arrivasse La Strega! Lauro era così dolce, così comprensivo, così tenero... era così bello stare sul divano a darsi i bacini per tutta la notte... Certo, anche lui aveva le sue fissazioni, d’accordo. Per esempio, aveva la mania di fare domande assurde. Tipo, la centesima o duecentesima volta che Marika si era rifiutata di fare l’amore con lui, anzi, di togliersi qualunque capo di abbigliamento collocato sotto la cintola, Lauro l’aveva guardata incredulo e aveva detto “Ma senti, puoi dirmelo. Hai avuto dei traumi da piccola? Hai subito molestie?” Lei lo aveva guardato perplessa, aveva risposto “Molestie? Io? Ma quando mai!” Che strano tipo, Lauro. Del resto, scriveva libri di fantascienza. Marika aveva provato a leggerne uno ma non ci aveva capito niente, con tutte quelle storie di universi paralleli, raggi laser e –com’è che si chiamavano?-, ah, sì, doppelganger. Figurarsi. Doppelganger! Cosa diavolo è un doppelganger? E poi, quando Marika gli aveva confidato alcune delle sue fobie, tipo, il terrore dei pesci, Lauro aveva rilanciato. Aveva detto “Ha qualcosa a che vedere con, cioè...” “Cioè cosa?” “Con, voglio dire...” “Vuoi dire cosa?” “Con, ehm, la paura deee, uh, dell’organo sessuale maschile, o...” “Cosa c’entra un pesce con, be’, quella cosa lì?” “No, sai, a livello simbolico...” “Livello simbolico? Un pesce è un pesce. Rappresenta un pesce.” (Scrittori di fantascienza. Che gente.) “Comunque, se vuoi saperlo” aveva aggiunto lei “è stata colpa di mio cugino.” “Tuo cugino? Nel senso che, non so, uhm, te l’ha fatto vedere o...?” “Cos’è che mi ha fatto vedere?” “Niente. Vai avanti.” “Ascolta. Quando andavo a scuola mia mamma mi metteva sempre nella cartella una banana. Lei non voleva che mangiassi delle schifezze per merenda, e allora mi dava una banana. Be’, ti ho detto che vivevo in un paese di mare, no? Un giorno mio cugino mi aveva fatto uno scherzo, aveva rubato un pesce appena pescato e me l’aveva ficcato nella cartella. Così, quando avevo infilato la mano nella cartella, anziché la banana, avevo toccato quella cosa viscida. E avevo tirato fuori un orrendo pesce, boccheggiante, mezzo morto, che mi guardava con gli occhi sbarrati.” “Tutto qui?” “Tutto qui.” “E da allora hai il terrore dei pesci.” “Sì. E delle banane.” “E c’entra qualcosa col fatto che non vuoi che facciamo l’amore?” Lei si era rabbuiata, lo aveva guardato con aria di rimprovero, a braccia incrociate. “Ma guarda che sei proprio strano, Lauro. Cosa c’entra lo scherzo di mio cugino col fare o non fare l’amore?”       Uomini, aveva pensato. Non capiscono proprio niente. Poverini. Marika gira a destra puntando dritto verso la palestra, ancora ben determinata a portare a termine la sua missione. Va bene, non ha un chiodo con sé, ma questi sono dettagli ancora secondari. L’importante è non incontrare cose brutte lungo il percorso. Cose brutte, bruttissime, tipo AAAAAAAAAAAAAH I PICCIONI! I passanti possono assistere a una scena abbastanza surreale. C’è questa ragazza che cammina rasente al muro, una ragazza che sarebbe anche carina se non pesasse, tipo, nove chili, e non fosse bianca come la calce e non avesse la faccia di una che ha dormito l’ultima volta quando ancora c’erano le lire, che d’improvviso caccia un urlo acutissimo fissando con orrore un innocuo piccione che le vola davanti senza aggredirla o disturbarla, del tutto indifferente alla sua esistenza. Un attimo dopo l’elfo dei boschi insonne è scappato via velocissimo con la testa tra le mani. Marika se ne sta appoggiata a un cartellone pubblicitario a riprendere il respiro, aggirata da tutti come una drogata. Guarda il cielo terrorizzata, come se il piccione dovesse piombare giù in picchiata per cavarle gli occhi. Ha il terrore dei piccioni ancor più di quanto ne abbia dei pesci. Poco a poco, sempre ansimando come un mantice, ricomincia a camminare. Ora, l’importante sarebbe proseguire il percorso senza incontrare qualcuna delle altre cose che le fanno paura. Tipo, un pescivendolo con la merce esposta. O un fruttivendolo con dei caschi di banane in bella vista. Oppure AAAAAAAAAAAAH UN UOMO PELOSO IN CANOTTIERA! L’uomo peloso in canottiera –un impiegato delle poste in ferie, impegnato a innaffiare le piante nel proprio giardino- può a quel punto assistere a un’altra scena surreale: uno scheletrino femmina che passa davanti al suddetto giardino, si blocca paralizzata davanti al suo cancello, guarda verso di lui, si tappa la bocca con una mano, cerca un angolo riparato con occhietti disperati, si butta tra due cassonetti dell’immondizia e, inequivocabilmente, vomita. Gesù, pensa l’impiegato delle poste continuando a innaffiare le piante, Poveri ragazzi, come vengon su strani. Marika si pulisce la bocca con il dorso della mano, si rialza tremante, si allontana un po’ debole dai cassonetti, e continua il suo percorso. Ormai ha perso il senso di quella pericolosissima camminata per la città –in casa, oh, come si sta bene in casa!, o a dipingere, oh, come si sta bene a dipingere!-, non ha più neppure bene in mente come procurarsi un chiodo, o cosa fare esattamente alle gomme della Strega. No, è difficile, troppo difficile uscire in città. Troppa folla. Troppe cose. Troppe orribili, orribili pesci. Troppe banane, troppi uomini pelosi in canottiera, troppi piccioni. Ora manca solo un AAAAAAH UN BARBONE CHE MI GUARDA!   Marika rientra in casa pochi minuti dopo, distrutta, ancor più pallida del solito. “Mimì” singhiozza “non ce l’ho fatta, non ho ammazzato La Strega, non ce l’ho fatta, c’è tanta roba brutta là fuori, ho visto un piccione, e un uomo peloso in canottiera, e un barbone, lo sai che io ho paura dei barboni, Mimì, come faccio ad ammazzare La Strega?, dimmi tu, Mimì...” Mimì non risponde e non fa segno di aver capito. Pochi cactus nani, in effetti, risponderebbero alla loro padrona o darebbero segno di aver capito. Mimì si comporta come tutti i cactus nani battezzati con un nome di donna: ascolta in silenzio, e serena vive la sua vita da cactus.
***
Eccola qua la soluzione!, pensa La Strega. Era così semplice. Come ho fatto a non arrivarci prima? Troppo lavoro, pochi integratori, e poi il mio cervello non funziona a dovere. Anche quello stronzo di Lauro che non risponde, lo sa benissimo che quel cazzo di iPhone deve tenerlo acceso - stronzo, stronzo, stronzo -, che poi se non risponde io ho paura che sia con la violinista anoressica che parla con le piante, cretina, nana, come faceva a pensare di poter stare col mio Lauro?, cosa ci trovava in lei quel cretino?, non gliela dava neanche, almeno, questo è quel che mi racconta lui, sarà vero o non sarà vero?, magari scopavano dalla mattina alla sera e lui a me racconta che non gliela dava neanche pitturata, cazzo, è vero, e io che ci ho creduto, e io che dicevo Oh, io te la do quanto e quando ti pare bello mio, non me ne frega un benenamato cazzo se devi finire il capitolo del tuo romanzetto, ciccio, sono in casa tua e noi adesso facciamo quel che si deve fare, ma ti pare?, hai ‘sto bel pezzo di femmina qui in casa tua e devi perdere tempo a scrivere le tue boiate? -  con rispetto parlando, eh -, quelle storie lì dei marziani che vanno sulla Luna o cose così, no, no, adesso si tromba, bello mio, non son mica come la violinista di ‘sto cazzo che non te la faceva vedere neanche disegnata, io te la faccio vedere e ti ci faccio una foto e te la appendo sul letto così quando sei da solo ti ricordi bene come son fatta, bello mio, e adesso invece mi viene il dubbio, cazzo, se non è vero che la nana non gliela dava?, ah, ma comunque ho avuto la genialata in questo momento, ah, che testa che hai, Sandra, era così facile, Lauro mi ha detto che la deficientina ha il terrore dei barboni, no?, e allora, quell’ubriacone che ho pagato stamattina per aggirarsi intorno a casa della nana e controllare se per caso andava da Lauro mentre io ero qua al lavoro, ecco, lo pago il triplo, gli dico di stare seduto dalla mattina alla sera davanti a casa della mentecatta, quella mette il naso fuori, vede che c’è un barbone, se ne torna subito in casa, sì, sì, certo, così son sicura che la cretina non se ne va dal mio Lauro, ma perché spegne il telefono quel demente?, va bene, mi ha detto Oh, Sandra, io devo lavorare, l’editore vuole il romanzo entro due giorni, io spengo tutto, mi chiudo in casa, devo pensare solo alle mie cazzo di astronavi e ai miei cazzo di marziani, va bene, non ha detto così, il cazzo di astronavi e i cazzo di marziani ce li ho messi io, comunque, cazzo, io son qua che lavoro, faccio un lavoro vero, questo è un centro fitness con i contromaroni e non azzardatevi a chiamarlo palestra e io sono una personal trainer con i contromaroni ma io sono anche una donna innamorata e gelosa, gliel’ho anche detto alla signora Boldrini prima di sbatterla a correre sul tapis roulant per farla star zitta, signora Boldrini, le ho detto, lei mi vede come la sua personal trainer tutto d’un pezzo ma io sono anche una donna gelosa e innamorata, e... Oddio. Ma da quanto tempo è sul tapis roulant, la signora Boldrini?
****
  Eccola qua la soluzione, pensa Lauro. Era così semplice. Semplicissima. Arrivano in sogno le soluzioni, arrivano sempre in sogno. Uno si arrovella tanto, si maciulla le meningi su un problema, poi si fa un bel sonno, ed eccolo qua. Tutto risolto. Lauro si stiracchia sotto le lenzuola, soddisfatto. Aaah. Era così facile. Il Conte Cremisi è il clone difettoso del leader della Resistenza di Terra 32! Fatto. Si chiude perfettamente la trama, il romanzo fila, e si capisce perché la combattiva Darkena si è fatta ingannare così facilmente nel capitolo dieci. Ah, che bella la vita dello scrittore di fantascienza! Senza neppure un problema al mondo. “Lauro? Sei sveglio?” sbadiglia Claudine, nuda sotto le lenzuola. “Sì, tesoro, mio unico amore, passerotta mia. Sono talmente felice che ti preparo la colazione, guarda!” Lauro si alza in piedi. Accende lo stereo, diffondendo nell’appartamento una bizzarra versione lounge di Egg cream di Lou Reed. Controlla che l'iPhone bianco sia spento –sia mai che lo cerchino Marika o Sandra o la cameriera del pub-, che quello nero sia acceso –sia mai che lo chiami la sua agente, o l’editore, o un importante giornalista- e va a fare il caffè. Il clone difettoso del Conte Cremisi. Era così facile risolvere il problema. La vita non è meravigliosa?
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patti-campani · 4 years
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MIEI CARI AMICI VICINI E LONTANI … #07_ Dario Coletti 27->29 aprile Fiorile+ a cura di Patti Campani
Cara Patti, aderisco volentieri alla tua richiesta con una serie di composizioni legate a Luigi Pirandello: sono collage ispirati da testi dello scrittore.
_ OMAGGIO A PIRANDELLO _
_ riflessioni in forma di testo e immagine #1
“È naturale che illusioni e disinganni, dolori e gioie, speranze e desideri ci appaiano vani e transitori, di fronte al sentimento che spira dalle cose che restano e sopravanzano ad essi, impassibili.” Uno, nessuno e centomila. Luigi Pirandello
_ riflessioni in forma di testo e immagine #2 ‘’M’erano passati avanti, non si mette in dubbio, e tutti braveggiando come tanti cavallini; ma poi, in fondo alla via, avevano trovato un carro: il loro carro; vi erano stati attaccati con molta pazienza, e ora se lo tiravano dietro. Non tiravo nessun carro, io; e non avevo perciò né briglie né paraocchi; vedevo certamente più di loro; ma andare, non sapevo dove andare. Uno, nessuno e centomila.” Luigi Pirandello _riflessioni in forma di testo e immagine #3 “Io volevo esser solo in un modo affatto insolito, nuovo. Tutt’al contrario di quel che pensate voi: cioè senza me e appunto con un estraneo attorno. Vi sembra già questo un primo segno di pazzia? Forse perché non riflettete bene. Poteva già essere in me la pazzia, non nego, ma vi prego di credere che l’unico modo d’esser soli veramente è questo che vi dico io. La solitudine non è mai con voi; è sempre senza di voi, è soltanto possibile con un estraneo attorno: luogo o persona che sia, che del tutto vi ignorino, che del tutto voi ignoriate, cosi che la vostra volontà e il vostro sentimento restino sospesi e smarriti in un’incertezza angosciosa e, cessando ogni affermazione di voi, cessi l’intimità stessa della vostra coscienza. La vera solitudine è in un luogo che vive per sé e che per voi non ha traccia né voce, e dove dunque l’estraneo siete voi. Cosi volevo io esser solo. Senza me. Voglio dire senza quel me ch’io già conoscevo, o che credevo di conoscere. Solo con un certo estraneo, che già sentivo oscuramente di non poter più levarmi di torno e ch’ero io stesso: estraneo inseparabile da me. ”Uno, nessuno e centomila” Luigi Pirandello _ riflessioni in forma di testo e immagine #5 “Tutto ciò che di noi si può immaginare è realmente possibile, ancorché non sia vero per noi. Che per noi non sia vero, gli altri se ne ridono. E’ vero per loro. Tanto vero, che può anche capitare che gli altri, se non vi tenete forti alla realtà che per vostro conto vi siete data, possono indurvi a riconoscere che più vera della vostra stessa realtà è quella che vi danno loro. ”Uno, nessuno e centomila” Luigi Pirandello
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patti-campani · 4 years
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MIEI CARI AMICI VICINI E LONTANI ... Cari amici, vicini idealmente e, in questi giorni così complessi per tutti noi, forzatamente lontani, MIEI CARI AMICI VICINI E LONTANI è un'idea nata dal desiderio di sentirvi tutti e di farlo nel modo migliore: attraverso l'arte. Così ho pensato di invitare gli artisti coi quali ho collaborato in tutti questi anni di attività di Fiorile+, ad inviarmi immagini di loro opere, progetti in fieri o  pensieri in divenire, che stanno realizzando in questo momento. E condividerle. Una visione periferica, fluttuante, una coda dell'occhio rispetto a tutto quanto è in divenire o già realizzato da ognuno di loro singolarmente. Del resto, citando Forster: 'Solo quello che vedi con la coda dell'occhio ti tocca nel profondo.' Una mostra virtuale nella quale ogni singolo contributo sarà pubblicato con una cadenza di tre giorni a partire da mercoledi 8 aprile 2020.  Questi i primi artisti che, invitati, hanno dato la loro adesione: -lancillotto bellini -marco bettio -davide bonazzi -fabio bonetti  -julien cachki -andrea cataudella -luca coser -dario coletti -daniele contavalli -luca dimartino -flavio favelli -roberta fanti -raffaele fasiello -roberta filippelli -dario ghibaudo -gabriele lamberti -lisa lazzaretti -pietro mancini -antonella mazzoni -pietro meletti -nico mingozzi -emilio nanni -teresa e. nanni -gianni nieddu -marilena pasini -piero roccasalvo rub -gianfranco sergio -stefano scheda -simone ponzi -vittorio valente -william xerra -umberto zampini -roberto zizzo Grazie a ciascuno loro ed un caro saluto a tutti. 
Patti Campani/ Fiorile+
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patti-campani · 7 years
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Prospettiva Nomade
a cura di Patti Campani
Come da sempre mi accade, le letture di un momento - o meglio lo splendido equilibrio delle parole degli autori - vengono in mio soccorso e mi offrono sul magnifico vassoio delle loro pagine la forma migliore per esprimere la vaghezza incerta e il balbettio delle mie riflessioni. Anche questa volta non sono venute meno al loro mandato e così, nel mentre del progetto che sto realizzando per la futura stagione espositiva, mi si sono presentate: erano lì ,tra le righe di John Berger, che attendevano di essere viste, di apparire nello spazio che le stava aspettando. In Sacche di resistenza Berger usa, o più probabilmente conia, il termine prospettiva nomade per definire l’insieme, realizzato da diverse mani, delle pitture di Chauvet. Scrive John Berger che – (…) la prospettiva nomade riguarda la coesistenza non la distanza - In questo senso mi è parso che le sue parole definissero al meglio quanto era nel mio intento : espressioni diverse come media (pittura e fotografia) che coesistono non in un ordine di grandezza, vicinanza o lontananza, ma coesistono nella definizione aperta dell’oggetto-tema della ‘speculazione’ artistica e poetica.Perché questo sarà Prospettiva Nomade: una serie di mostre a quattro mani per le quali ho invitato coppie di artisti, pittori e fotografi, nella realizzazione di un progetto comune. Ogni mostra è accompagnata dal racconto di uno scrittore, racconto dedicato e parte integrante della mostra.
Nell’invitarli mi sono limitata a seguire l’intuizione di possibili sintonie poetiche e personali, lasciando a loro, alle singole coppie, la scelta del tema - oggetto e della modalità di sviluppo; aspetto fondante e che porterà a sviluppi molto differenti.
Opere di: Andrea Cataudella, Dario Coletti, Luca Coser, Luca Dimartino, Dario Ghibaudo, Giuseppe Leone, Nino Migliori, Cateno Sanalitro, William Xerra, Umberto Zampini.
Gli scrittori: Alberto Andreoli Barbi, Mauro Curati, Luca Martini, Gianluca Morozzi, Concetto Prestifilippo.
Gli appuntamenti:
2017
ottobre:  IL PAESAGGIO - Giuseppe Leone e Cateno Sanalitro -  Concetto Prestifilippo
novembre : IL RITRATTO - Andrea Cataudella e Luca Dimartino  -  Luca Martini
2018
marzo: DI TUTTO RESTA UN POCO Dario Coletti e Luca Coser  - Gianluca Morozzi
maggio: PHILUM Dario Ghibaudo e Umberto Zampini - Alberto Andreoli Barbi ottobre: Nino Migliori e William Xerra - Mauro Curati
Tutto troverà il luogo di esposizione nello spazio di Gianfranco Salomoni: 
Tatler - via Rialto 29\2 Bologna
http://fiorile-tatler.tumblr.com/
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