#dal finestrino
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Ferguson non aveva ancora cinque anni ma già capiva che il mondo era composto da due regni, il visibile e l'invisibile, e che spesso le cose invisibili erano più vere di quelle visibili.
Auster
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camice blu, radiologo, occhi azzurri, molto anziano, molto alto. mi dice "mi dispiace perché sei una ragazzetta per bene". un'ora dopo una telefonata, inaspettata, un fulmine a ciel non proprio sereno, e non perché piove da giorni, ma perché il mio cielo non è sereno da un po' e i fulmini non mi sorprendono poi così tanto, ma il colpo di tuono mi ha fatto comunque sussultare. sono spaventata, molto sola, che poi non è vero, ma in questi casi si è soli pure in compagnia. sono innamorata di bologna nonostante le brutte notizie che porta, nonostante il maltempo. la amo con il sole e con la pioggia. stanotte non riesco a dormire, tra qualche ora arriva un momento culmine della mia vita che potrebbe cambiarla radicalmente oppure no. oppure tutto questo gonfiarsi non esploderà ma collasserà stanco e morente soffiando lentamente aria da una via di fuga. fuga. vorrei scappare anche io. come Pocho guardo il mondo dal finestrino in questi giorni, viaggio da un ospedale all'altro, da una regione all'altra, rimbalzata e prosciugata, ma comunque non riesco a seminarmi. fuga. niente mi ha mai spaventata, ho sempre affrontato gli ospedali a cazzo duro, come la lega per bossi. però la lega il cazzo duro non è vero che ce l'ha, e neanche io. non ho proprio neanche il cazzo. la lega invece sì, non duro, ma ce l'ha, se non è tra le gambe comunque è sul collo. stavolta ho paura. forse sono testa di cazzo anche io, però sono una ragazzetta per bene... e vorrei un po' di sole. sennò che cazzo me li porto a fare gli occhiali da sole appresso?
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UN QUALCOSA DA NON CREDERE
Mi affaccio dal finestrino. Pur essendo un tardo autunno, l'aria non è ancora fredda e il sole sembra emanare un tiepido calore che filtra attraverso le nuvole.
Guardo alla mia destra; la massicciata della ferrovia taglia in due i campi, parallela alla strada che sto percorrendo con la mia macchina, ma nessun treno con cui perdere la gara di velocità. Pazienza. Improvvisamente i binari si inerpicano su un vecchio ponte di pietra e mi tagliano in due la strada. Io sono costretto a passarci sotto, meglio così che un palloso passaggio a livello. Però…
Aggrotto le sopracciglia ma un BIP mi segnala che ho finito il metano nel serbatoio.
Lo sapevo - penso - lo sapevo ed è per questo che ho preso questa strada invece della solita perché più avanti c'è un distributore di
METANO
recita il cartello, e più piccolo 50 METRI A DESTRA.
Percorro cinquanta metri - non uno di più - e poi svolto a destra.
Il distributore sembra uscito da un disegno di Richard Scarry, quello degli allegri animaletti antropomorfi che fanno cose da umani: stranamente pulito, quasi profumato, con le strisce verde pistacchio e celeste nautico che paiono appena pitturate e una signora sorridente che mi dice 'Oggi si sta proprio bene fuori! Facciamo il pieno?'
Anche se non è più obbligatorio uscire dal veicolo durante il rifornimento, io preferisco sgranchirmi la schiena e prendere una boccata d'aria. C'è un piccolo giardinetto tra le pompe e l'ufficio e dalla panchina posizionata strategicamente sotto un acero campestre intuisco, sorridendo, che quello d'estate è sicuramente un bel rifugio dalla calura. Inoltre dietro alla panchina, appena oltre la recinzione, l'ombra è assicurata anche dagli alti steli del mais che col vento stanno sbattendo contro la rete di metallo.
L'occhio mi cade su un posacenere.
Non è proprio un posacenere ma immagino che venga utilizzato come tale dai clienti e dai gestori per spegnere le sigarette fumate di corsa mentre i serbatoi si riempono.
Nello specifico si tratta di una scatoletta di tonno appoggiata su un trespolo di metallo, forse un vecchio porta estintori.
Aggrotto le sopracciglia, a onor del vero non per la prima volta.
Il posacenere è in mezzo al prato, lontano dalla strada ma lontano anche dalla panchina sotto l'albero. Troppo lontano perché sia comodo e attorno alla panchina nessuna traccia di mozziconi buttati a terra. Avranno pulito - mi dico ma poi vedo che nel tragitto che va dalle pompe alla panchina l'erba è calpestata fino a mostrare il terriccio, mentre il trespolo del posacenere è in mezzo a erba intonsa.
Mi avvicino e prendo in mano la scatoletta: da lontano sembrava di tonno e lo è decisamente anche da vicino… ovviamente il tonno dentro non c'è ma l'etichetta serigrafata recita TONNO PYTHON IN OLIO DI OLIVA. La porto al naso e cerco di distinguere i vari odori - pesce, nicotina, metallo, olio - aggrotto ancora le sopracciglia, avvertendo un sottile mal di testa farsi largo tra gli occhi.
Questo non è l'odore di una lattina di tonno usata come posacenere - sussurro a mezze labbra - questa è una lista di odori, una lista precisa di odori separati
La volto e ne guardo il fondo... Prodotto in PBD - Sagan Industries, Lyssa Inc.
E poi capisco.
Guardo la panchina, l'acero, il campo di mais e, oltre, la ferrovia, su cui non passano treni.
Ma certo…
Mi dirigo verso la tipa del metano che sta aspettando davanti alla mia macchina: braccia lungo i fianchi, schiena dritta, immobile. Non la vedo in faccia perché è voltata ma posso immaginare la sua espressione.
Quando sono a un metro da lei prendo la rincorsa e poi sollevo la gamba, stampandole una pedata di piatto in mezzo alle scapole e lei vola via, andando a sbattere contro la pompa.
Si volta veloce con un espressione di disappunto e mi dice HEY! poi l'espressione cambia ancora e sorridendo - Oggi si sta proprio bene fuori! Facciamo il pieno?
Allora allungo una mano e le tolgo dal taschino un taccuino e un pennarello. Lei sorride, come se nulla fosse.
Mi avvicino al posacenere e intanto comincio a scrivere qualcosa su una pagina.
Sai - dico a voce alta ma con tono calmo - a volte se graffia e miagola non c'è nemmeno bisogno di guardare troppo per intuire che è un gatto e capisco che questo meccanismo ti sia stato molto comodo però… PERO'… il raggio minimo di curvatura per un binario ordinario si distribuisce perlomeno su 300 metri e la deviazione è solo di pochi gradi, NESSUN TRENO TI CORRE ACCANTO E POI DEVIA DI 90° A TAGLIARTI LA STRADA SU DI UN PONTE!
Poi, dimmi, quale contadino con un po' di cervello seminerebbe un filare di mais a pochi centimetri da una recinzione metallica senza lasciare lo spazio di 2 metri per il dente esterno della spannocchiatrice? E poi, dai… IL MAIS A NOVEMBRE?!
Ma il tuo errore più grosso è stata La Firma...
Potevi metterla ovunque, persino dentro lo sciacquone della toilette o anche tatuata sul culo della benzinaia, ma no, tu volevi che fosse ben visibile! E allora ricorda questo la prossima volta: la teoria del Desire Path ci insegna che un tragitto viene percorso solo se è comodo, altrimenti vengono scelte altre scorciatoie. Nessuno avrebbe usato mai quel posacenere perché troppo lontano dalla panchina ma non c'erano mozziconi in giro, da nessuna parte. Era pulito ma puzzava lo stesso di sigaretta, nonostante ci fosse una patina di olio… se pulisci la cenere pulisci anche l'olio ma la tua intenzione era solo metterti in mostra, non fare un lavoro preciso e professionale.
Adesso basta così ! - e sollevo verso il cielo il taccuino aperto su cui avevo appena finito di scrivere
raise exception ("wake up!")
L'ambiente circostante perde improvvisamente colore e luminosità, i contorni degli oggetti cominciano a sfumare e tutto viene avvolto da un grigio spento che infine diventa nero.
Mi sveglio.
Mi stacco dalle tempie gli elettrocateteri percutanei in silicone e guardo lo schermo del portatile, su cui svetta la riga di codice del taccuino.
Ancora non ci siamo, Lyssa - mi lamento in direzione della Vasca Axolotl in cui galleggiano i banchi proteici del Databurst Brain - non ho acconsentito ad addestrarti se poi commetti questi errori dettati dalla tracotanza e dal poco impegno. Ora devo andare ma la prossima volta esigo che da Intelligenza Artificiale Metagenerativa quale sei tu faccia un lavoro migliore!
Quando sto per uscire dal laboratorio, lo schermo vibra di un nero leggermente meno scuro Vedrai - sussurra una voce femminile dagli altoparlanti - ti prometto che la prossima volta non te ne accorgerai nemmeno.
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in treno vedo solo gente con lo sguardo fisso sul telefono, senza godersi cosa c’è fuori dal finestrino. e io penso che tristezza
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LA LETTERA D'AMORE PIU BELLA CHE IO ABBIA MAI LETTO.
"Cara Francesca,
Spero che questa mia lettera ti trovi bene.
Non so quando la riceverai. Quando io me ne sarò già andato.
Ho sessantacinque anni, ormai, e ne sono passati esattamente tredici dal nostro primo incontro, quando imboccai il vialetto di casa tua in cerca di indicazioni sulla strada.
Spero con tutto me stesso che questo pacchetto non sconvolga in alcun modo la tua vita. Il fatto è che non sopporto di pensare alle mie macchine fotografiche sullo scaffale riservato all’attrezzatura di seconda mano di un negozio o nelle mani di uno sconosciuto. Saranno in pessime condizioni quando le riceverai, ma non ho nessun altro a cui lasciarle e mi scuso del rischio che forse ti costringerò a correre mandandotele.
Dal 1965 al 1975 ho viaggiato quasi ininterrottamente. Nell’intento di allontanarmi almeno parzialmente dalla tentazione di telefonarti o di venire a cercarti, tentazione che da sveglio in pratica non mi lascia mai, ho accettato tutti gli incarichi oltreoceano che sono riuscito a procurarmi. Ci sono stati momenti, molti momenti, in cui mi sono detto: << All’inferno, vado a Winterset e, costi quel che costi, porto Francesca via con me>>.
Ma non ho dimenticato le tue parole, e rispetto i tuoi sentimenti. Forse avevi ragione, non lo so. So però che uscire dal viale di casa tua, in quella arroventata mattinata di agosto, è stata la prova più ardua che abbia mai affrontato e che mai avrò occasione di affrontare. Dubito, in effetti, che molti uomini ne abbiano vissute di più dure.
Ho lasciato il National Geographic, nel 1975 e da allora mi sono dedicato soprattutto a fotografare ciò che piaceva a me, prendendo il lavoro là dove potevo, servizi locali o regionali che non mi impegnavano mai più di pochi giorni.
Finanziariamente è stata dura, ma tiro avanti.
Come ho sempre fatto.
Buona parte del mio lavoro lo svolgo nella zona di Puget Sound. Mi va bene così. Pare che invecchiando gli uomini si rivolgano sempre più spesso all’acqua.
Ah, sì, adesso ho un cane, un golden retriever.
L’ho chiamato Highway, e lo porto quasi sempre con me, quando siamo in viaggio, se ne sta con la testa fuori dal finestrino, in cerca di posti interessanti da fotografare.
Nel 1972 sono caduto da una rupe nell’Acadia National Park, nel Maine, e mi sono fratturato una caviglia.
Nella caduta ho perso la catena e la medaglia, ma fortunatamente non erano finite lontano. Le ho recuperate e un gioielliere ha provveduto ad aggiustare la catena.
Vivo con il cuore impolverato, Meglio di così non saprei metterla. C’erano state delle donne prima di te, qualcuna, ma nessuna dopo. Non mi sono votato deliberatamente alla castità: è solo che non provo alcun interesse.
Una volta ho avuto modo di osservare il comportamento di un’oca canadese la cui compagna era stata uccisa dai cacciatori. Si uniscono per la vita, sai. Dopo l’episodio, ha continuato ad aggirarsi intorno allo stagno per qualche giorno. L’ultima volta che l’ho vista, nuotava tutta sola tra il riso selvatico, ancora alla ricerca. Immagino che da un punto di vista letterario la mia analogia sia troppo scontata, ma è più o meno così che mi sento anch’io.
Con la fantasia, nelle mattine caliginose o nei pomeriggi in cui il sole riflette sull’acqua a nord-ovest, cerco di immaginare dove sei e che cosa stai facendo.
Niente di complicato…ti vedo in giardino, seduta sulla veranda, in piedi davanti al lavello della cucina. Cose così.
Ricordo tutti. Il tuo profumo e il tuo sapore, che erano come l’estate stessa. La tua pelle contro la mia, e il suono dei tuoi bisbigli mentre ti amavo.
Robert Penn Warren scrisse: << Un mondo che sembra abbandonato da Dio >>. Non male, molto vicino a quello che provo per te certe volte. Ma non posso vivere sempre coì. Quando la tensione diventa eccessiva, carico Harry e, in compagnia di Highway, ritorno sulla strada per qualche giorno.
Commiserarmi non mi piace. Non è nella mia natura. E in genere non me la passo poi tanto male.
Al contrario, sono felice di averti almeno incontrata.
Avremmo potuto sfiorarci come due frammenti di polvere cosmica, senza sapere mai nella l’uno dell’altra.
Dio o l’universo o qualunque altro nome si scelga di dare ai grandi sistemi di ordini ed equilibri, non riconosce il tempo terrestre. Per l’universo, quattro giorni non sono diversi da quattro miliardi di anni luce. Per quanto mi riguarda, cerco di tenerlo sempre a mente.
Ma, dopo tutto, sono un uomo.
E tutte le considerazioni filosofiche non bastano a impedirmi di desiderarti, ogni giorno, ogni momento, con la testa piena dello spietato gemito del tempo, del tempo che non potrò mai vivere con te.
Ti amo, di un amore profondo e totale. E così sarà sempre."
“I ponti di Madison County”, R.J.Waller
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Se mangiate della frutta, non buttate i noccioli nella spazzatura. Sciacquateli e asciugateli. Metteteli in una scatola e conservateli in macchina.
Quando siete in viaggio, gettateli fuori dal finestrino in luoghi dove non ci sono alberi. Oppure lanciateli durante una passeggiata a piedi o in bicicletta. La natura si prenderà cura di loro. 🍃
Questa pratica esiste da secoli nei paesi asiatici. È per questo che la loro frutta cresce ora ovunque.
Ho personalmente constatato un fenomeno simile in Slovenia. Camminando nel bosco, sono rimasto sorpreso di trovare meli, albicocchi, prugni e peri che crescono nella foresta. 🍐🍏
Basta raccoglierli e mangiarli quanto vuoi. 😊💚
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Ti aspettavo in fondo alla strada nella pioggia
andavo a capo chino ti vedevo lo stesso
ma non riuscivo a sfiorarti la mano
Ti aspettavo su una panchina le ombre degli alberi
cadevano sulla ghiaia fresca
come anche la tua ombra mentre ti avvicinavi
Ti aspettavo una volta di notte sul monte
crepitavano i rami quando li hai scostati
dal tuo viso e mi hai detto che non potevi restare
Ti aspettavo a riva con l’orecchio incollato
a terra sentivo il tonfo dei tuoi passi
sulla sabbia morbida poi si fece silenzio
Ti aspettavo quando arrivavano i treni lontani
e le persone tornavano tutte a casa
mi hai fatto un cenno da un finestrino e il treno non si è fermato
Agota Kristof
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Foto a caso dal finestrino.
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Ogni tanto godo, raramente mi perdóno
Eccomi qui, l'Amministratore Delegato italiano della potente multinazionale in ginocchio davanti a un ragazzo aitante e sexy. Umiliata a implorare ed elemosinare da lui briciole d'affetto. E sesso. Legata e imbavagliata come una salamella. Ho lavorato duramente, essendo una donna, per arrivare dove sono. Guadagno ogni mese una cifra di denaro vergognosa. Si: è ovvio che paghi tutte le tasse, tranquilli. Godo per la mia posizione di privilegi che i comuni mortali possono solo sognare. E purtroppo, vedo attorno a me solo invidia. Compero ciò che voglio. Certo: faccio beneficenza. Di sicuro per alleviare un minimo i miei complessi di colpa. Però mi fa bene, almeno per un po’. Poi torno la solita stronza odiata.
Dio sa se cerco comunque di essere una brava persona, sebbene non possa mai mollare un attimo il controllo, per evitare che tutte le persone che ho sempre attorno si approfittino di me. E a tutti sembro dura, senza emozioni e inflessibile. Nessuno mi dice mai ciò che pensa veramente, per paura di cascarmi sulle palle; tutti non fanno altro che compiacermi e leccarmi metaforicamente il culo. Ma dentro sono una donna vera anche io e ho il bisogno fisico di sentirmi ogni tanto dominata, di essere “messa al mio posto” da un maschio di cui avere un po’ di sano timore, diciamocelo francamente. Uno che mi ordini di leccargli le palle, il cazzo e infine il suo buco del culo per davvero.
E quanto mi piace obbedirgli, ingoiare i suoi sapori, sentire i suoi odori intimi. Adoro che mi si ordini di fare qualcosa, cosicché io possa far uscir fuori il mio lato più timoroso, servile, dolce e un po’ fragile di segreta puttana. Voglio essere una geisha: una creatura un po’ passiva, un fiore da accarezzare e proteggere. Ho anche un'insostenibile voglia, continua e sempre a fatica repressa, di essere fottuta con foga. Bramo moltissimo che il mio corpo venga trattato con estrema rudezza, voglio essere desiderata, usata e strizzata mentre godo dei colpi potenti e squassanti del cazzo di un bel ragazzo sopra e dentro di me. Voglio un uomo che dopo l'amplesso mi chieda di succhiarglielo forte, che goda dentro la mia gola senza alcun riguardo e poi mi imponga di adorarlo, stando in ginocchio davanti a lui.
Da sempre sono costretta a pagare, per avere un tale, forse un po' squallido, simulacro d'intimità. Ma non posso farne a meno. Allora ogni tanto prendo il telefono e prenoto. Perché sono una donna profondamente sola. Ho tanto amore completamente inutilizzato, dentro di me. Perciò mi accontento del sesso a pagamento, fatto di nascosto e in un'altra città. Mentre ogni giorno sfiorisco un po’ di più. Mi faccio tenerezza, mentre pago una fortuna allo stallone di turno: con i soldi pago anche la sua discrezione. Che nessuno sospetti. Qualche volta a qualcuno di loro mi sono anche affezionata, ma poi capisco di essere solo una scema, che questo è un mio lato potenzialmente vulnerabile ed eventualmente molto ricattabile da qualcuno di questi trentenni stupendi.
Allora tronco di netto con l'idillio del momento. Quindi, come una vecchia troia rotta in culo e in fregna, soffro di un immediato rimpianto, di un cocente rimorso e desidererei fortemente essere presa da lui ancora un'ultima volta, come la cagna in calore che oggettivamente sono. E sono sempre lì sul punto di telefonargli. Ma mi impongo di non farlo. A casa mi accarezza l'anima il mio fedele dildo. E mi illudo: sogno sempre l'amore. Quindi mi calmo, ricompongo il puzzle usurato e sempre uguale della mia personalità disturbata, inebriata dal potere e vado avanti. Sempre da sola.
Al mattino successivo, indosso di nuovo la mia corazza, ritocco sapientemente la maschera da manager integerrima e vado. Invidio da morire le umili mammine che incrocio per strada; le vedo dal finestrino della mia potente auto con autista mentre accompagnano i figli a scuola: hanno, sul viso un po' arrossato, il sorriso dell'amore materno e muliebre. Pagherei oro, per poter essere una di loro. Magari per una settimana sola, per favore: una mogliettina che la notte deve soddisfare il marito, di giorno poi accompagnare i figli e governare la casa. Dio, che sofferenza la mia vita. Non ha senso. Ha solo il colore del denaro.
RDA
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meglio non mettersi in viaggio con google maps nelle mie mani, per due motivi:
-non so leggerlo, praticamente ci ritroviamo sperduti in mezzo al nulla perché non so orientarmi
-ti direi vie sbagliate appositamente perché mi piace stare in macchina, guardare fuori dal finestrino ed ascoltare la musica
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Piloti di Formula 1: edizione rapimento Moro. Ovvero: come reagirebbero i piloti della griglia 2024 a guidare la Renault 4 in cui era stato rapito lo statista Aldo Moro. Leggere a discrezione della propria sensibilità.
Max Verstappen: il tempo di prepararsi un caffè, e Max è già tornato alla base delle BR. L'unico problema è che attacca una pippa di due ore su tutti i problemi della Renault: sospensione fottuta, motore ridicolo, aerodinamica imbarazzante. Poi parte con l'elogio della RB19 mentre cerca in rubrica il numero di Newey, perché senza di lui si rifiuta di far parte del team. La polizia invade il covo delle BR il giorno dopo perché Max stava streammando da lí una gara di sim racing. Prima di essere arrestato, Max riceve un telegramma da Jos che lo insulta perché poteva andare più veloce in curva e risparmiare un paio di secondi durante il rapimento.
Sergio "Checo" Perez: con evidenti difficoltà, dopo un'ora circa Perez è rientrato alla base. Il ritardo è dovuto ad un tamponamento con Kevin Magnussen, che appena ha visto Perez in strada ha rubato un motorino parcheggiato davanti a un punto SNAI solo per andargli a sbattere contro. La Renault è ammaccata e ha uno sportello distrutto. Aldo Moro è morto a causa di una commozione celebrale a seguito dell'impatto con Magnussen, le BR hanno perso il loro ostaggio e non hanno più modo di ricattare il governo. Tuttavia, Perez viene ugualmente riconfermato come pilota per i prossimi due anni perché "tiene famiglia".
Charles Leclerc: stava andando tutto bene, finchè il motore non ha deciso di andare in panne nel bel mezzo della strada. Charles telefona alla base delle BR lamentando il problema, ma l'unica risposta che ottiene é "We are checking". Inoltre, per qualche motivo la macchina ha le catene e le ruote da neve in primavera. Mentre la macchina è ferma, le passano davanti quattro gatti neri. Charles si mette a piangere e picchiare sul volante gridando "Why am I so unlucky?". Aldo Moro tenta di consolarlo dal bagagliaio. Alla fine è costretto a chiamare un carro attrezzi per ritirare l'auto. Moro viene scoperto nel bagagliaio. Charles viene sottoposto a interrogatorio e viene fuori che era convinto che le BR fossero una sottodivisione della Ferrari in quanto rosse. Riesce a corrompere gli ufficiali con delle confezioni di gelato LEC e se la dà a gambe, a piedi: così è sicuro che non ci siano imprevisti tecnici.
Carlos Sainz: la guida prosegue inizialmente liscia, Carlos spara a volume altissimo Smooth Operator della radio per coprire i lamenti di Moro. Tuttavia, al momento di fare il pieno, un agente segreto delle BR che era appostato alla pompa di benzina per fare sì che nessun estraneo vedesse e riconoscesse il volto di Carlos riempe il serbatoio col diesel invece che la benzina. Le BR sono costrette a chiamare un carro attrezzi e Moro viene scoperto nel bagagliaio, a Carlos tocca la galera. Si scopre che l'incidente era programmato per togliere dalle palle Carlos, così che possa subentrare Hamilton.
Lando Norris: ignorando la raccomandazione alla discrezione, Lando si presenta davanti alla casa di Moro sparando a mille i suoi pezzi da DJ dalla radio della Renault. Chiama Moro "muppet" cinque volte e prima di riuscire a mettere a moto la macchina deve calmarsi dal ridere perché "la situa è troppo assurda bro". Arriva alla base senza troppi imprevisti, ma dopo 5 minuti arriva anche la polizia che lo ha facilmente seguito grazie agli giganteschi sticker fluorescenti con il suo logo che Lando ha attaccato alla macchina.
Oscar Piastri: è letteralmente Baby Driver di Edgar Wright. La polizia non lo ferma mai perché c'ha troppo la faccia da bravo ragazzo. Mentre guida taglia la strada a Carlos Sainz che si mette a inseguirlo gridandogli dal finestrino che doveva dargli la precedenza, cabrón. L'inseguimento alla Fast and Furious si interrompe quando alla macchina di Carlos si buca una ruota, Oscar scuote la testa mormorando "Classic Carlos". Moro viene consegnato alla base delle BR senza ulteriori problemi. Dopo questa felice collaborazione, le BR provano ad ingaggiare Oscar per un altro colpo, considerandolo ormai parte della squadra. La sua risposta è una missiva contenente la seguente dichiarazione: I understand that, without my agreement, Brigate Rosse have put out a statement this afternoon that I am driving for them next year. This is wrong and I have not signed a contract with BR for 1979. I will not be driving for BR next year.
Lewis Hamilton: nonostante la manomissione del sedile e del motore da parte dell'ex capo Toto Wolff, Hamilton riesce ad arrivare sotto casa di Moro, che quasi si imbarazza alla presenza del 7 volte campione del mondo britannico e si scusa che lo abbiano scomodato per il rapimento di uno statista qualunque. Insomma, Hamilton meriterebbe come minimo un presidente della repubblica! Ma il britannico sorride educatamente e lo tranquillizza, ringraziandolo per i complimenti e la stima. Viene fermato dalla polizia che lo vede bere al volante, ma il disguido è presto spiegato: si tratta della tequila analcolica di sua produzione, spiega Hamilton con un occhiolino. Ne lascia un paio di bottiglie ai poliziotti insieme a un autografo e va per la sua strada. Tutto sembra andare liscio, finché non incontra ad un incrocio Nico Rosberg. Istintivamente, si lancia in una corsa senza pietà che si conclude con Nico e e Lewis che si tamponano a vicenda. Moro approfitta della confusione per uscire dal bagagliaio e scappare. Appena uscito dall'auto, Nico tenta di intervistare Lewis in una live di TikTok chiedendogli di commentare l'incidente. Lewis se ne va senza dire una parola. Quando fa ritorno alla base delle BR senza Renault e senza Moro, alla richiesta di spiegazioni Lewis scrolla le spalle. Le BR non hanno il coraggio di domandare oltre: lui é Lewis Hamilton, Cavaliere della Corona Britannica e sette volte campione del mondo, e loro non sono un cazzo.
George Russell: il problema maggiore è superare la barriera linguistica, dato che George parla esclusivamente britannico stretto che consiste di espressionj insensate tipo "if and buts, carrots and nuts", "right, what's all this then" e "innit, mate". Dopo avergli fatto un disegnino, George capisce il piano e si reca a casa di Moro. Tutto starebbe andando per il meglio, finché nella visuale di George non si para un muro davvero irresistibile e il pilota britannico non riesce a controllare la tentazione e vi si schianta. In modo apparentemente non correlato, Carlos Sainz esulta per aver vinto una gara di sim racing contro Max Verstappen. L'onorevole Moro ha dato una capocciata contro il bagagliaio e ha apparentemente perso la memoria. Cosa ancora più tragica, adesso parla anche lui in britannico stretto e fa discorsi strani sul restaurare la monarchia in Italia e abolire il caffè a favore del the.
Lance Stroll: abituato al lusso, Lance si rifiuta di guidare una miserrima Renault. Si presenta davanti casa di Moro con un'Aston Marton Valkyrie, regalo di papino. Il bagagliaio in cui Moro viene tenuto prigioniero ha tutti i comfort: é spazioso, rivestito in pelle, c'è l'aria condizionata condizionata e qualche rivista messa a disposizione per ingannare l'attesa. A lavoro finito, l'onorevole Moro dichiara sia stata un'esperienza più rilassante di una crociera, da provare almeno una volta nella vita. Ovviamente la macchina di Lance non passa inosservata e la polizia risale facilmente a lui. Tuttavia, papà Stroll corrompe tutti i giudici con un ammontare di denaro che basterebbe a saldare il debito pubblico italiano e tutti sono felici e contenti. Nel frattempo, inizia a discutere l'acquisizione delle BR così da garantire a Lance il posto fisso. Cosa non si fa per amore di un figlio.
Fernando Alonso: accusato di aver violato tutte le leggi della strada nonché diversi articoli della convenzione di Ginevra con la sua guida, ha rischiato di investire 12 pedoni. Ha passato un numero imprecisato semafori rossi, dato il medio a 5 vigili e guidava a 120 km all'ora per le strade di Roma, almeno secondo quanto sostiene l'accusa. Briatore peró rassicura: Alonso non era al corrente di avere lo statista della Democrazia Cristiana nel bagagliaio. Assolto con formula piena, nel dubbio la colpa va a Nelson Piquet jr. Alonso fa inoltre ricorso al tribunale per accursalo di bias contro gli spagnoli.
Daniel Ricciardo: quel gran simpaticone di Daniel si presenta sotto casa di Moro gridando "Donne! È arrivato l'arrotino!". Lo carica in macchina dopo aver fatto u. paio di battute per alleggerire la situazione e si mette in moto. Alle BR aveva assicurato: un quarto d'ora, venti minuti se c'è traffico, sono da voi. Passa un'ora e mezza e di lui non c'è traccia. È anche vero che gli avevano promesso una Renault 4, però ci sono stati problemi con la gestione dei fondi finanziari e adesso Daniel si muove con una Renault 4CV. Alla base, le BR sono divise: c'è chi dice che Daniel ormai non vale più nulla come pilota e dovrebbero scaricarlo e chi sostiene che sia la Renault 4CV a impedirgli di dare la sua prestazione migliore. Il dibattito dura per altre 3 ore, quando finalmente Daniel arriva, senza Moro. Sono rimasti imbottigliati nel traffico per 2 ore, hanno avuto modo di fare conoscenza e Daniel non se l'é sentita di consegnarlo alla morte. Si sono bevuti un paio di Vodka RedBull ad un bar e poi lo ha riaccompagnato a casa. Le BR sono ancora troppo impegnate a discutere se Daniel sia o meno ancora un grande pilota per interessarsi della situazione Moro.
Yuki Tsunoda: anche a Yuki tocca una Renault 4CV, il modello precedente della Renault 4. Inizialmente c'era timore che, a causa dei tratti somatici tipicamente giapponesi, Yuki potesse facilmente riconosciuto dalla polizia. Ma Yuki inizia a sbraitare e bestemmiare da inizio e fine corsa, strombazzando il clacson contro qualunque macchina gli si pari davanti, e la polizia lo scambia per un veneto qualunque. L'onorevole arriva alla base delle BR traumatizzato dalle volgarità che è stato costretto ad ascoltare e prega la Brigate di ucciderlo il prima possibile.
Pierre Gassly: Pierre si mette alla guida della Renault con l'orgoglio che solo un francese può provare nel guidare una vettura di gallica matrice. Purtroppo la Renault 4 è uno scossone e Pierre impiega 20 minuti per metterla in moto. Mentre si dirige a casa di Moro, intravede il connazionale Estaban Ocon che cammina su un marciapiede. Decide di fare una breve deviazione di percorso e tenta di investire Ocon numerose volte gridando dal finestrino "VOGLIO IL TUO SCALPO". La Renault non rientrerà mai alla base e l'onorevole Moro è sano e salvo. Qualcuno sostiene che Gassly sia ancora da qualche parte a Castelli a inseguire Ocon e che la Renault si alimenti puramente del suo odio e della sua frustrazione. Il suo obiettivo è incidere sulla fronte di Ocon le parole "liked by Pierre Gassly".
Esteban Ocon: anche il suo orgoglio francese dura poco alla guida della Renault e la sua attenzione viene rapita dalla vista del rivale Gassly. Tuttavia, Ocon deve inoltre avere a che fare con un impressionante numero di persone a cui è riuscito a stare sul cazzo negli anni. Quindi, nel bel mezzo dell'insegnamento, devo schivare una serie di bombe carta che gli vengono tirate addosso da Fernando Alonso e Checo Perez. Aldo Moro, che passa di lì per andare a lavoro, sente un improvviso un sfrigolamento di coglioni alla vista di Esteban, e si fa prestare qualche bomba carta da Alonso e Perez. Il giorno dopo, tutt i giornali riportano la notizia di un giovane francese attaccato dall'onorevole Moro, che viene arrestato per aggressione.
Nico Hulkenberg: le BR volevano un pilota di tedesco, che quelli sono fortissimi, ma Schumacher non era disponibile e Vettel non lo potevano permettere, quindi hanno dovuto ripiegare su Nico Hulkenberg, sperando che i geni teutonici facciano qualcosa di buono. Hulkenberg fa un lavoro sorprendente pulito. Moro viene recapitato alla base delle BR senza complicazioni e in perfetto prario. Le Brigate si imbarazzano nell'aver sottovalutato e gli chiedono come mai un pilota della sua caratura non ha mai raggiunto il podio. Una lacrima solitaria scende sulla pallida gota alemanna: é la domanda che si pone Hulkenberg ogni sera, fissando il soffitto della sua camera da letto per ore intere.
Kevin Magnussen: appena individuato Moro, Magnussen gli tira due sberle e lo spinge nel bagagliaio con un calcio. Durante il tragitto verso la base delle BR, causa volutamente tre incidenti e investe un gruppo di ciclisti per aver osato mettersi sulla sua strada. Fa una deviazione e si mette a guidare sui sampietrini, per il gusto di rendere il viaggio più sgradevole a Moro, che viene sballotatto su e giù nel bagagliaio. Per la stessa ragione, frena all'improvviso ogni tre per due. Quando i vigili lo fermano, Magnussen non nega la sua colpevolezza: non batte ciglio mentre i vigili lo privano di tutti i punti della patente, ma prima che possano portarlo in centrale si rimette al volante, guidando a 150 all'ora verso la base delle BR. La Renault 4 a malapena si tiene insieme quando la parcheggia. Magnussen apre il bagagliaio e trascina un Aldo Moro grondante di sangue per un orecchio al cospetto delle BR. A tale vista, le Brigate mettono seriamente in discussione la possibilità di potersi definire terroriste se messe al confronto col pilota danese. Due membri della banda trascinano l'onorevole in infermeria, mentre un terzo chiama di nascosto la polizia, pregando che li venga a salvare dallo psicopatico che hanno accidentalmente ingaggiato. L'onorevole Moro viene portato in salvo, le BR si costituiscono e Kevin Magnussen viene condannato a nove ergastoli.
Valterri Bottas: Bottas aveva chiesto di poter passare a prendere l'onorevole in bici, ma non c'è stato verso di convincere le BR. Bottas si presenta sotto casa di Moro con invidiabile nonchalance, occhiali da sole e braccio fuori dal finestrino. Batte un paio di colpi sulla portiera: come a dire, entra. L'onorevole sarebbe dovuto entrare nel bagagliaio, ma lì Bottas tiene la bici, quindi lo fa sedere davanti con lui. L'onorevole e il pilota piombano in un silenzio imbarazzante. Moro prova a fare conversazione, ma senza successo. Tuttavia, invece di dirigersi alla base delle BR, perché è una bella giornata, Bottas decide di fare una deviazione verso Ostia e andare al mare. Ovviamente, Bottas si dirige verso una spiaggia di nudisti e, appena messo piede sulla sabbia, si disfa di ogni indumento e si tuffa a mare ignudo come mamma lo ha fatto. Aldo Moro, che famosamente si presentava in giacca e cravatta persino in spiaggia, è disgustato da cotale spettacolo e si allontana indignato. Le BR non vedranno mai più nè Aldo Moro, né la loro Renault 4, nè Valterri Bottas, almeno dal vivo, perché anni dopo lo ritroveranno su un calendario a posare nudo.
Zhou Gyanyu: una Renault 4 potrà essere poco chic, ma ci pensa l'outfit griffato di Zhou a restituire charme a questo rapimento che di terroristico ha solo il senso dello stile. La guida sarebbe proseguita senza intoppi se non fosse per il pitstop di 45 minuti alla pompa di benzina. Zhou si era fermato solo per riempire il serbatoio, ma oer qualche ragione dopo mezz'ora la macchina ha una ruota in meno e caccia fumo. Quando finalmente ritorna alla sede delle BR, Zhou tiene una TedTalk sul comunismo di Mao, mentre le Brigate prendono appunti. Zhou sostanzialmente li addita come dilettanti e afferma di aver partecipato al rapimento solo per pietà nei loro confronti. Quando, quattro ore dopo, le Brigate vanno a recupare Moro dal bagagliaio scoprono che è morto di asfissia.
Alex Albon: la Renault di Alex Albon, oltre a ospitare uno statista nel bagagliaio, trasporta tre dei suoi tenerissimi gattini. Alex si scusa con l'onorevole, ma purtroppo quel giorno aveva già confermato una visita dal veterinario e proprio non la puó rimandare: promette di fare il prima possibile. Moro è costretto ad aspettare un paio d'ore parcheggiato in macchina. Alex torna tutto pimpante, informando accuratamente Moro della buona salute dei suoi animali domestici. Durante la conversazione a senso unico, riceve un messaggio da Lily, che gli ricorda dell'appuntamento romantico fissato per quella sera: Alex se n'era proprio scordato! Peró mica puó lasciare i gatti da soli. Chiede quindi a Moro se non gli dispiaccia fare da babysitter ai gatti per una sera. Moro, persona cortese, accetta di buon grado. Alex e Lily passano una splendida serata, rasserenati dalla consapevolezza che i loro animali domestici godono di buona salute. Una volta tornato a casa, Alex ringrazia di cuore l'onorevole Moro e si offre di accompagnarlo a casa per il disturbo. Alex riconsegna la Renault alle BR con tanto di pieno, e alla domanda "E Moro?" risponde "Una persona squisita, vi saluta tanto!"
Logan Sargeant: Sargeant prova a mettere in moto la macchina (che gli era stata fatta trovare parcheggiata davanti casa di Moro per evitare che si schiantasse almeno all'andata), ma compreso che si tratta di un modello con cambio manuale si mette a piangere sul volante. Prova ugualmente a guidarla ma si schianta contro un palazzo a 5 metri da casa dell'onorevole. La polizia arriva nel giro di 20 minuti, recupera Aldo Moro e consola Sargeant.
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Spiegami il significato dei fiori, cerchiamo la notte stelle e costellazioni. In moto con il vento che scompiglia i cappelli, in macchina la mano fuori dal finestrino.
Togliamo la sabbia dai piedi con le onde del mare. Ascoltiamo i rumori degli alberi in una passeggiata fra i boschi. Raccogliamo funghi e piantiamo semi.
Assaggiamo i nostri gusti preferiti mentre leccando il cono mi sporco il naso.
E come ridi.
Ma come mi guardi?
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🍀
I giorni difficili.
Quelli che iniziano con un pensiero e finiscono con lo stesso identico pensiero. Irrisolto.
I giorni in cui, quando ti svegli, non ti ricordi bene dove sei. Forse nemmeno chi sei.
I giorni in cui percorri chilometri con lo sguardo fisso verso il finestrino e ti passano davanti le strade, la campagna, la vita di prima, quella di adesso.
I giorni in cui torni a casa ma non sai più qual è la destinazione. I giorni in cui hai l'impressione che la testa non possa contenere tutte le domande che ti sgorgano dal cuore, in cui vorresti fare ordine ma il caos avvolge tutto.
I giorni in cui guardi un luogo, un tempo, una sedia. E ti rendi conto che non sei al tuo posto, dove dovresti essere, sei nel posto sbagliato, un posto che non è fatto per te.
I giorni in cui alcune distanze ti rivelano troppo. Di te, degli altri. I giorni in cui ti rendi conto che hai riposto male la fiducia, che le persone racconteranno sempre e solo quello che credono di sapere, non la verità. Ma non ti va più nemmeno di spiegare, di precisare, di fare proclami. Che ognuno creda ciò che gli fa comodo, quello che mette in maniera fittizia in pace la coscienza. Del resto, ai più non interessa conoscere, ai più non interessa nulla.
I giorni in cui le lacrime scelgono di scendere, anche se non vuoi. Scendono e portano via alcune cose, le affidano a chi si trova lì a raccoglierle senza nemmeno pensarci. A chi vuole esserci.
I giorni in cui sei allo specchio. E lo specchio sono gli occhi della persona che hai di fronte.
I giorni in cui sai di avere degli sguardi addosso e, senza nemmeno ricambiarli, conosci ad uno ad uno, esattamente, i sentimenti di chi ti sta osservando.
Le sere in cui raccogli. Anche se non hai abbastanza forze per sistemare le esperienze, le parole, gli attimi.
Le sere in cui l'unica cosa che sai è che andrai avanti, sempre e comunque, nonostante gli sbagli, nonostante le delusioni atroci, nonostante le mancanze strazianti, nonostante tutto.
Le sere in cui devi rimettere i pezzi insieme.
Le sere come questa.
Laura Messina
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"Cara Francesca,
Spero che questa mia lettera ti trovi bene.
Non so quando la riceverai. Quando io me ne sarò già andato.
Ho sessantacinque anni, ormai, e ne sono passati esattamente tredici dal nostro primo incontro, quando imboccai il vialetto di casa tua in cerca di indicazioni sulla strada.
Spero con tutto me stesso che questo pacchetto non sconvolga in alcun modo la tua vita. Il fatto è che non sopporto di pensare alle mie macchine fotografiche sullo scaffale riservato all’attrezzatura di seconda mano di un negozio o nelle mani di uno sconosciuto. Saranno in pessime condizioni quando le riceverai, ma non ho nessun altro a cui lasciarle e mi scuso del rischio che forse ti costringerò a correre mandandotele.
Dal 1965 al 1975 ho viaggiato quasi ininterrottamente. Nell’intento di allontanarmi almeno parzialmente dalla tentazione di telefonarti o di venire a cercarti, tentazione che da sveglio in pratica non mi lascia mai, ho accettato tutti gli incarichi oltreoceano che sono riuscito a procurarmi. Ci sono stati momenti, molti momenti, in cui mi sono detto: << All’inferno, vado a Winterset e, costi quel che costi, porto Francesca via con me>>.
Ma non ho dimenticato le tue parole, e rispetto i tuoi sentimenti. Forse avevi ragione, non lo so. So però che uscire dal viale di casa tua, in quella arroventata mattinata di agosto, è stata la prova più ardua che abbia mai affrontato e che mai avrò occasione di affrontare. Dubito, in effetti, che molti uomini ne abbiano vissute di più dure.
Ho lasciato il National Geographic, nel 1975 e da allora mi sono dedicato soprattutto a fotografare ciò che piaceva a me, prendendo il lavoro là dove potevo, servizi locali o regionali che non mi impegnavano mai più di pochi giorni.
Finanziariamente è stata dura, ma tiro avanti.
Come ho sempre fatto.
Buona parte del mio lavoro lo svolgo nella zona di Puget Sound. Mi va bene così. Pare che invecchiando gli uomini si rivolgano sempre più spesso all’acqua.
Ah, sì, adesso ho un cane, un golden retriever.
L’ho chiamato Highway, e lo porto quasi sempre con me, quando siamo in viaggio, se ne sta con la testa fuori dal finestrino, in cerca di posti interessanti da fotografare.
Nel 1972 sono caduto da una rupe nell’Acadia National Park, nel Maine, e mi sono fratturato una caviglia.
Nella caduta ho perso la catena e la medaglia, ma fortunatamente non erano finite lontano. Le ho recuperate e un gioielliere ha provveduto ad aggiustare la catena.
Vivo con il cuore impolverato, Meglio di così non saprei metterla. C’erano state delle donne prima di te, qualcuna, ma nessuna dopo. Non mi sono votato deliberatamente alla castità: è solo che non provo alcun interesse.
Una volta ho avuto modo di osservare il comportamento di un’oca canadese la cui compagna era stata uccisa dai cacciatori. Si uniscono per la vita, sai. Dopo l’episodio, ha continuato ad aggirarsi intorno allo stagno per qualche giorno. L’ultima volta che l’ho vista, nuotava tutta sola tra il riso selvatico, ancora alla ricerca. Immagino che da un punto di vista letterario la mia analogia sia troppo scontata, ma è più o meno così che mi sento anch’io.
Con la fantasia, nelle mattine caliginose o nei pomeriggi in cui il sole riflette sull’acqua a nord-ovest, cerco di immaginare dove sei e che cosa stai facendo.
Niente di complicato…ti vedo in giardino, seduta sulla veranda, in piedi davanti al lavello della cucina. Cose così.
Ricordo tutti. Il tuo profumo e il tuo sapore, che erano come l’estate stessa. La tua pelle contro la mia, e il suono dei tuoi bisbigli mentre ti amavo.
Robert Penn Warren scrisse: << Un mondo che sembra abbandonato da Dio >>. Non male, molto vicino a quello che provo per te certe volte. Ma non posso vivere sempre coì. Quando la tensione diventa eccessiva, carico Harry e, in compagnia di Highway, ritorno sulla strada per qualche giorno.
Commiserarmi non mi piace. Non è nella mia natura. E in genere non me la passo poi tanto male.
Al contrario, sono felice di averti almeno incontrata.
Avremmo potuto sfiorarci come due frammenti di polvere cosmica, senza sapere mai nella l’uno dell’altra.
Dio o l’universo o qualunque altro nome si scelga di dare ai grandi sistemi di ordini ed equilibri, non riconosce il tempo terrestre. Per l’universo, quattro giorni non sono diversi da quattro miliardi di anni luce. Per quanto mi riguarda, cerco di tenerlo sempre a mente.
Ma, dopo tutto, sono un uomo.
E tutte le considerazioni filosofiche non bastano a impedirmi di desiderarti, ogni giorno, ogni momento, con la testa piena dello spietato gemito del tempo, del tempo che non potrò mai vivere con te.
Ti amo, di un amore profondo e totale. E così sarà sempre."
“I ponti di Madison County”, R.J.Waller.
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