#computer quantici
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Il Nobel per la Chimica a Bawendi, Brus e Ekimov
Il Nobel per la Chimica 2023 è stato assegnato a Moungi Bawendi, Louis E Brus e Alexey Ekimov per le nanotecnologie, con la scoperta del quantum dot, (punti quantici) che sono considerati la base per moltissime tecnologie, dalle comunicazioni all’ottica, ai futuri computer superveloci o la diagnosi per immagini per la biomedicina. La scoperta che ha colorato le nanotecnologieI quantum dot sono…
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È del 2013 la notizia che D-Wave 2X - un computer che utilizza un metodo chiamato ricottura quantistica - sarebbe in grado di operare a una velocità cento milioni di volte superiore a una macchina convenzionale. Per quanto strabiliante, questo dato rappresenta solo un’approssimazione della capacità di calcolo che potrebbe raggiungere un computer quantico “maturo". Di fatto D-Wave 2X è poco più di un prototipo e, sebbene uno dei più promettenti, per gli esperti starebbe a un vero e proprio computer quantico come un bozzetto all’opera finita. Per comprendere come un computer quantico sia in grado di fornire simili prestazioni è necessario scendere al livello delle interazioni quantistiche, lì dove la materia si comporta in maniera del tutto contro-intuitiva rispetto a quanto siamo abituati a osservare nella meccanica classica che regola la nostra vita quotidiana.
#Computer#Computer quantici#Innovazione#Rete#Tecnologia#Cesare Alemanni#Francesco Scura#Chiara Bellini#Morgana Production#Morganalab#Ecosin#Le macchine volanti#T.I.M.
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Nel famoso esperimento mentale del gatto di Schrödinger, ideato per mostrare i paradossi logici della teoria quantistica, come il principio d’indeterminazione e il principio di sovrapposizione, l’animale è chiuso in una scatola con una sorgente radioattiva e una fiala di veleno. Se un atomo radioattivo decade – il che avviene in modo assolutamente casuale – un meccanismo rompe la fiala e il gatto muore avvelenato.
La meccanica quantistica prevede che se esistono i due stati per l’atomo “decaduto” e l’atomo “non decaduto”, allora il sistema microscopico può esistere anche in uno stato di sovrapposizione di questi due. Solo una misurazione di uno sperimentatore fa collassare l’atomo in uno dei due stati. Il meccanismo fa sì che tutto ciò si trasferisca al gatto: finché non si apre la scatola, non si può sapere se il gatto è vivo o morto, anzi il gatto stesso è in una sovrapposizione di questi due stati (di cui uno letale).
O almeno così si pensava finora. I risultati di uno studio pubblicato su “Nature” da Michel Devoret e colleghi della Yale University, hanno dimostrato che in linea teorica, si potrebbe sapere con un po’ di anticipo se il gatto sta per morire (o vivere). Non solo: si può anche invertire il processo, potenzialmente salvando il felino dal trapasso.
Per capire di che cosa si tratta, bisogna rifarsi brevemente al modello quantistico dell’atomo introdotto nel 1913 dal fisico danese Niels Bohr. In questo modello, l’atomo possiede livelli discreti di energia, e i suoi elettroni possono saltare da un livello energetico a un altro, in modo istantaneo, quando li si osserva, e non si può prevedere in alcun modo il momento esatto in cui si verificheranno i salti.
Lo studio di Devoret e colleghi mette in discussione questi principi, grazie a un esperimento. Gli autori hanno usato un piccolo circuito elettrico superconduttore, in cui cioè la corrente fluisce senza resistenza. Questo tipo di circuito è chiamato atomo artificiale perché riproduce il comportamento quantistico di un atomo. Nello specifico caso del gruppo di Yale, il sistema ha uno stato fondamentale, uno stato ausiliario “luminoso” e un terzo stato chiamato “oscuro” in cui il sistema può passare.
L’atomo artificiale è chiuso in una cavità tridimensionale di alluminio, ed è illuminato da tre fasci di radiazione elettromagnetica nelle microonde, allo scopo di immettere energia nel sistema. Il più delle volte, questa energia porta il circuito nello stato luminoso, così chiamato perché dura solo un tempo molto breve: il sistema ritorna allo stato fondamentale emettendo un quanto di luce, ovvero un fotone. Se l’energia immessa è un po’ più alta, occasionalmente il sistema può passare allo stato oscuro: si tratta di uno stato più stabile di quello luminoso, e per questo la transizione non è seguita da un’emissione luminosa.
L’esperimento ha dimostrato che la transizione verso lo stato oscuro è preceduta da un lampo di luce e da un periodo limitato di quiete in cui non succede nulla. Ciò significa che l’evento è ancora intrinsecamente casuale, ma alcuni segni lo preannunciano. Questo apre la strada potenzialmente alla possibilità di controllare i salti quantici, con opportuni segnali inviati sul sistema nel periodo di quiete. Il dato particolarmente interessante è che gli sperimentatori sono riusciti anche a invertire un salto mentre si stava verificando, impedendogli di completarsi.
“I salti quantici di un atomo sono in qualche modo analoghi all’eruzione di un vulcano”, ha spiegato Zlatko Minev, primo autore dello studio. “Sono imprevedibili a lungo termine, ma con un monitoraggio corretto possiamo rilevare un avvertimento precoce di un disastro imminente e agire su di esso prima che si verifichi”.
Il risultato potrebbe rivelarsi utile soprattutto nel campo applicativo dei qubit, le unità d’informazione quantistica, basati su atomi, ioni e particelle, che rappresentano i mattoni elementari dei futuri computer quantistici. Questi ultimi dovrebbero surclassare in potenza di calcolo i computer convenzionali attuali, ma il controllo completo dei qubit, per le loro dimensioni e per il loro bizzarro comportamento quantistico, attualmente è ancora fuori portata. (red)
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Applicata la tecnologia quantistica al monitoraggio dei vulcani attivi
Tecnologia quantistica: questi i risultati raggiunti da uno studio realizzato da iXblue, azienda high-tech, specializzata nei settori della navigazione, della fotonica applicata allo spazio e dell'autonomia marittima, e l'Osservatorio Etneo dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV-OE), che, per la prima volta, hanno osservato variazioni di massa subsuperficiale su un vulcano attivo, utilizzando un gravimetro atomico. Lo strumento è stato installato sull'Etna, in Sicilia. I risultati di questo studio sono stati recentemente pubblicati su Geophysical Research Letters, una rivista peer-reviewed dell'American Geophysical Union (AGU). Tecnologia quantistica e vulcani attivi Nell'ambito del progetto NEWTON-g, finanziato attraverso il programma H2020 dell’Unione Europea, l’Absolute Quantum Gravimeter (AQG), prodotto da iXblue, è stato migliorato per renderlo adatto all’uso in condizioni ambientali sfavorevoli e, successivamente, è stato installato nella zona sommitale attiva dell’Etna per testare le sue potenzialità come strumento per il monitoraggio vulcanico. Da allora, l’AQG ha registrato dati gravimetrici in continuo e, nella loro pubblicazione, iXblue e INGV-OE presentano una serie temporale di circa 4 mesi. Il gravimetro è stato installato a circa 2,5 km dai crateri attivi dell'Etna e ha registrato dati di alta qualità, nonostante le condizioni ambientali sfavorevoli (mancanza di rete elettrica, forti sbalzi termici, presenza di polvere e gas vulcanici corrosivi) e l’alto livello di tremore vulcanico. Variazione del campo gravitazionale “L'AQG, installato nella zona sommitale dell'Etna, ha fornito una serie temporale gravimetrica di buona qualità e non affetta dei problemi strumentali che interessano altri gravimetri. Anche in condizioni ambientali sfavorevoli, è stato possibile rilevare piccole variazioni di gravità su scale temporali diverse, che riflettono ridistribuzioni di massa profonde legate alla dinamica del vulcano", afferma Daniele Carbone, ricercatore dell’INGV-OE e coautore dell'articolo. Le variazioni del campo gravitazionale terrestre possono rivelare utili informazioni sulle caratteristiche del sottosuolo: dalla presenza di tunnel e grotte alla dinamica delle acque sotterranee e del magma. L'AQG di iXblue è un sensore quantico, trasportabile e facile da usare, in grado di misurare le variazioni del campo gravitazionale utilizzando una tecnologia nota come interferometria atomica. Utilizzando, come massa campione, una nuvola di atomi di rubidio raffreddati fino allo zero assoluto, l'AQG di iXblue può rilevare minuscole variazioni di gravità. Parole degli esperti "Le ridistribuzioni di massa che si verificano sotto la superficie terrestre, ad esempio quando il magma si sposta attraverso il sistema di alimentazione di un vulcano attivo, possono indurre piccoli cambiamenti di gravità nel tempo, che possono essere rilevati dal nostro AQG". spiega Vincent Menoret, R&D Manager presso la divisione iXblue Quantum Sensors e coautore della pubblicazione, aggiungendo che “i recenti progressi nello sviluppo di sensori quantici, ottenuti da iXblue con i suoi partner, hanno permesso lo sviluppo di un gravimetro portatile che ha dimostrato oggi la sua capacità di operare in condizioni anche estreme, rendendo le tecnologie quantistiche una realtà industriale”. “I risultati confermano le possibilità operative dei gravimetri quantici e aprono nuovi orizzonti per l'applicazione della gravimetria in geofisica. Questo eccezionale risultato è anche la chiara dimostrazione della maturità delle tecnologie basate su atomi freddi. Ci si può aspettare un impatto molto più ampio nel campo dei computer quantistici ad atomi neutri e della comunicazione quantistica a lunga distanza con Quantum Repeater Networks”, conclude Jean Lautier-Gaud, della divisione iXblue Quantum Sensors e coautore della pubblicazione. Read the full article
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Quantum computing: prova un computer quantico direttamente da casa
Abbiamo visto insieme perché la ricerca si concentra sui computer quantici, ma anche come funziona questo nuovo tipo di computer. Dopo aver tanto parlato di pasta al sugo, è ora di iniziare a sporcarsi le mani — o meglio, di mettere su le mani su un quantum computer vero. via http://bit.ly/2RrUO8C
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IL FUTURO ALLE PORTE - I COMPUTER QUANTICI - COSA SONO & COME FUNZIONANO
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#NEURALINK startup esponenziale
Il microchip che secondo Elon Musk collegherà mente umana e computer quantici. Nel frattempo, prima di arrivare ai cyborg, Il 4 maggio 2020 Elon Musk e la sua compagna Claire “Grimes” Boucher hanno dato il benvenuto al loro primo figlio insieme, rivelando il nome del bambino: X Æ A-12: il codice di riconoscimento di una macchina tra le tante e non sembra il nome di un essere umano. Lo stesso era…
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Perché Apple non realizza un nuovo Thunderbolt 3 Display 27" 5K?
Tra il 2017 ed il 2018 abbiamo portato avanti la serie SaggeScrivanie grazie a 35 utenti che ci hanno dato la possibilità di dare uno sguardo ravvicinato alle loro postazioni di lavoro. Nel 2020 vorrei dare il via ad una nuova "stagione" ma tutto dipende da quantici voi vorranno partecipare, dunque iniziate ad inviare le foto con una descrizione all'indirizzo [email protected]. La mia postazione vede spesso cambiamenti e personalmente la vivo come un costante work in progress. C'è sempre quell'accessorio che vorrei aggiungere, il dispositivo da aggiornare o una migliore sistemazione da programmare, inoltre ogni 2 anni circa faccio un'upgrade della macchina principale. Nella stessa stanza ho una postazione secondaria abbastanza importante su cui mi appoggio per alcune attività di lavoro e per avere un backup sempre pronto in caso di problemi su quella primaria, attualmente basata su un iMac Pro.
Mi piacciono molte cose di questo computer ma ce n'è una che mi infastidisce fin dal primo giorno: lo schermo. Ho iniziato ad usare display da 27" nel 2009, grazie al primo iMac che ha superato la precedente barriera dei 24". Non ricordo com'era lavorare su diagonali ancora più piccole ma ho trovato interessante questo pensiero che avevo scritto nella mia recensione di allora:
È troppo grande? Per le prime ore l'impressione è quella. Si deve leggermente girare la testa per guardare due punti ai margini opposti del display. Una sensazione fastidiosa solo per il primo giorno fortunatamente. Dal secondo ci si fa l'abitudine e rimane solo il piacere di lavorare con una scrivania immensa – dalla mia recensione sull'iMac 27" del 2009
Nel 2019 sono passato dall'iMac 24" a quello da 27"
Oggi che vediamo anche schermi da 49" ultrawide fa un po' sorridere l'aggettivo "immenso" su una diagonale da 27", ma all'epoca vi assicuro che faceva il suo effetto. Nei 10 anni successivi Apple ha migliorato le qualità fisiche del pannello, aumentando la risoluzione, riducendo i riflessi, ecc.. ma la superficie è rimasta sempre quella. Se non si è mai andati oltre e non si è mai sentita la necessità di farlo sicuramente non interesserà questo discorso, ma la mia parentesi di circa 1 anno e mezzo con un Dell 4K da 32" ha reso molto frustrante il ritorno sui precedenti 27" con l'iMac Pro.
Quando usavo il Mac Pro 2013 e sono passato da un Dell 27" ad uno da 32"
Evito di partire per la tangente con riflessioni sui possibili computer alternativi (che di fatto possiedo ed uso in parallelo) per concentrarmi su quella che è l'attuale offerta Apple. L'azienda realizza monitor da lunghissimo tempo e voglio citarne due che hanno avuto grande riuscita e diffusione, ovvero il Cinema Display 30" ed il successivo LED Cinema Display 27". Il primo monitor con una mela sopra risale addirittura al 1980 (con manifattura Sanyo), mentre l'ultimo è stato il Thunderbolt Display 27" del 2016. In realtà questa affermazione è stata vera fino alla WWDC 2019, quando è stato annunciato il Pro Display XDR 32" che oggi è anche in vendita. Un monitor davvero meraviglioso sotto ogni punto di vista ma che pochi si possono permettere. Tuttavia io sento l'esigenza di un display più grande di quello da 27" integrato nell'iMac Pro ed Apple non propone niente di interessante a chi si trova nella mia stessa condizione.
Ecco perché ho rispolverato l'idea della postazione con doppio monitor, cosa che non amo per diverse ragioni ma che potrebbe essere l'unica strada per superare questo scoglio – che anche chi possiede un iMac 27" o un portatile Apple potrebbe avvertire. In tal senso la proposta di Cupertino è una sola e si chiama LG UltraFine 5K: uno schermo di terze parti con diagonale da 27" e caratteristiche analoghe a quello integrato negli iMac, dotato anche di webcam e speaker ma con un grande difetto: il design. Non è un prodotto Apple e si vede. È interamente di plastica, traballa un po' sulla scrivania e con la connessione T3/USB-C si è rilevato un po' instabile nella gestione delle periferiche ad esso connesse.
Ecco come l'iMac Pro sta vicino agli LG Ultrafine 5K
Ma a parte queste ultime due cose a me quello che più dà fastidio è proprio il design, dato che non si sposa minimamente con il resto. Forse sono esagerato, ma ho anche ora uno schermo di terze parti simile a quello di LG messo di fianco all'iMac Pro e l'insieme proprio non lega. Mi dà l'idea di qualcosa di raffazzonato ed approssimativo.
Nel periodo intercorso tra l'uscita di scena del Thunderbolt Display 27" e l'arrivo del Pro Display XDR 32" poteva sembrare che Apple non volesse mai più produrre monitor, ma ora questa ipotesi è scartata. Tuttavia il nuovo 32" 6K è l'unico presente nella propria offerta pur essendo assolutamente overkill per il 99% degli abitanti del pianeta terra. Un po' come se l'unico computer in vendita a marchio Apple fosse l'ultimo Mac Pro. Dunque mi chiedo: perché non realizzare di nuovo anche dei 27"?
Uno schermo Apple 27" 5K con lo stesso design, altezze, dimensioni, cornici degli iMac
Non dico che si debba scende al di sotto di questa taglia o che si debba puntare alla fascia casalinga ed economica, però di iMac ed iMac Pro con schermi 5K 27" se ne vendono tantissimi in area prosumer o professionale e sarebbe davvero bello poterci affiancare un display che si abbini in modo ottimale. Fino all'anno scorso nutrivo una certa speranza che anche gli all-in-one Apple potessero guadagnare un piccolo incremento dello schermo, ma dopo la presentazione della nuova offerta professionale mi sembra sempre più difficile poiché l'azienda è molto schematica nella scelte e se ha stabilito che per il 27" serve il 5K e per il 32" il 6K non saprei cosa si potrebbe aggiungere in mezzo, a meno di non ridurre la densità sul più piccolo dei due allargando semplicemente il pannello fino magari a 30" mantenendo il 5K.
Comunque io è questo che vorrei attualmente: un 27" 5K realizzato da Apple con un design praticamente identico a quello dell'iMac, anche se significherebbe avere degli enormi cornicioni doppi affiancati. E se fosse per me lo farei proprio con le stesse identiche finiture, così da potersi abbinare alla perfezione sia agli all-in-one che ai portatili, dato che sarebbe molto utile pure con quelli. Ovviamente sarebbe Thunderbolt 3 e fornirebbe utili connessioni in cascata oltre che la ricarica per i MacBook. Il problema è che a vederlo così sembra già un prodotto vecchio dato che nella sostanza è del tutto analogo al Thunderbolt Display 27" che però era dell'epoca pre-Retina e dunque limitato alla risoluzione solo WQHD, con vecchio design di profondità elevata e connessioni ormai superate.
Purtroppo (o per fortuna...) vederlo ritornare con un design solo leggermente rivisto, pannello 5K e connessioni T3 mi sembra del tutto improbabile per gli standard di Apple. A me servirebbe molto e avrebbe un potenziale pubblico degno di nota, dato il venduto di computer compatibili sia dal punto di vista hardware che stilistico, ma guardandolo l'unica cosa che mi viene in mente è che forse è arrivato il momento di aggiornare prima di tutto il design degli iMac, magari avvicinandolo a quello dei Pro Display XDR e del nuovo Mac Pro. Tuttavia anche se tutto ciò fosse in programma non se n'è sentito parlare e difficilmente potrebbe avverarsi nel corso del 2020.
Io credo che Apple potrebbe tranquillamente ritornare a produrre uno schermo di fascia professionale ma decisamente più abbordabile e anche più piccolo del nuovo 6K, ma temo che ci potremmo trovare in uno di quei periodi di transizione in cui non è ancora pronto il nuovo e il vecchio inizia a stancare. È successo fin troppo spesso nella storia recente della produzione di Cupertino, ma negli ultimi anni sono stati sempre più attenti ad evitare i lunghi vuoti nell'offerta. Pensate ad esempio all'iMac Pro, che è sembrato essere solo un "contentino" per l'utenza professionale in attesa dell'arrivo della soluzione definitiva con il nuovo Mac Pro.
Tirando le somme temo che ciò che cerco non arriverà e questo mi pone in una posizione di incertezza sulla scelte hardware future. Nel 2020 cambierò quasi certamente il computer nella postazione primaria, anche perché inizio a sentire piuttosto stretta la Vega 56, ma non so in che direzione andare. L'ideale sarebbe il Mac Pro per poter gestire liberamente gli schermi ed avere piattaforma che supporti delle espansioni future per ammortizzare l'investimento, ma l'investimento sarebbe piuttosto importante in base ai ragionamenti fatti in un precedente articolo.
Se anche voi lavorate con i Mac e come me sentite il limite dei 27" sarei curioso di sapere come avete risolto o se pensate di farlo in futuro. Inoltre vi ricordo che potete iniziare ad inviare le foto e la descrizione delle vostre postazioni a [email protected] per partecipare all'edizione 2020 di SaggeScrivanie.
L'articolo Perché Apple non realizza un nuovo Thunderbolt 3 Display 27" 5K? proviene da SaggiaMente.
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Ritornano su Apple Store i monitor LG UltraFine 4K e 5K, ora compatibili con iPad Pro Prima della presentazione del nuovo Mac Pro e del monitor...
from Perché Apple non realizza un nuovo Thunderbolt 3 Display 27" 5K?
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Transistor quantistico a singolo fotone per i computer quantici | Giuseppe Benanti
Transistor quantistico a singolo fotone per i computer quantici | Giuseppe Benanti
Il transistor quantistico a semiconduttori, per il calcolo, oggi basato su fotoni
I ricercatori dimostrano sul primo transistor a singolo fotone usando un chip semiconduttore: un singolo fotone, memorizzato in una memoria quantica, commuta lo stato di altri fotoni. I transistor minuscoli interruttori sono il fondamento del moderno computing: miliardi di loro trasmettono segnali elettrici…
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Vertigo di Katharine McGee
Buongiorno lettori!
come procedono le vostre letture in questa calda estate? Le mie sono finalmente ripartite anche se non vedo l'ora collassare in ferie per recuperare tutti gli arretrati!
Titolo originale: The Dazzling Heights
Serie: The Thousandth Floor n°2
Genere: Fantascienza
Target: Young Adult
Editore: Piemme
Data di pubblicazione: 12 Giugno 2018
N°pagine: 430
Trama: New York, 2118. Il Tower è una meraviglia da mozzare il fiato, che svetta nel cielo di Manhattan. Lungo i mille piani della torre più tecnologica e futuristica del mondo, cinque ragazzi nascondono segreti inconfessabili. Leda farebbe qualsiasi cosa per cancellare il giorno peggiore della sua vita. È disposta a tutto per impedire che la verità venga a galla. Persino a fidarsi del suo nemico. Watt vorrebbe gettarsi il passato alle spalle, ma Leda continua a non dargli tregua, ricattandolo per raggiungere i suoi fini. Riuscirà a liberarsi di lei una volta per tutte? Rylin ha per le mani la migliore occasione che le sia mai capitata: una borsa di studio per una scuola dei piani alti. Ma significherebbe vedere ogni giorno il ragazzo a cui ha spezzato il cuore. Avery desidera solamente stare con la persona che ama, pur sapendo che è l'unica al mondo che non potrà mai avere. Che prezzo è disposta a pagare in nome del suo amore impossibile? E poi c'è Calliope, appena arrivata al Tower, così misteriosa, affascinante... e determinata a fare quello che ha sempre fatto: dimostrare di essere la più furba di tutti. Nell'ombra qualcuno li segue, mosso da un unico obiettivo: la vendetta. E in una torre alta mille piani un semplice passo falso può significare una caduta devastante.
The Tower è stato uno dei romanzi che più mi ha catturato lo scorso anno quindi non serve vi dica quanto attendevo il seguito... e finalmente è tra le mie mani!
Nel primo romanzo di questa serie futuristica conosciamo il mondo delle città verticali, degli enormi grattacieli che a poco a poco iniziano a sorgere nelle grandi città del mondo: la prima è stata New York e nella sua torre di mille piani ospita appartamenti, negozi, scuole, una fattoria, qualsiasi cosa.
E proprio dal millesimo piano cade Eris una delle protagoniste della nostra storia.
Vertigo si apre con un capitolo dedicato a Mariel, la ragazza di Eris decisa a scoprire cosa è veramente successo quella notte, su quel tetto, perchè non riesce a credere che la ragazza che amava e l'amava si sia buttata giù.
Intanto la vita degli altri protagonisti continua, tra le mura della torre: Avery, Watt, Leda, Rylin sono tutti legati dagli avvenimenti di quella sera ma nella loro storia si aggiunge un nuovo volto Calliope, una ragazza in visita a New York e che alloggia in uno degli hotel della torre.
Questo romanzo, ancora una volta, ricco di intrighi, misteri, ricatti, bugie ma anche storie d'amore, d'amicizia e di fantasia. Katharine McGee si è davvero superata con Vertigo, capace di tenermi attaccata alle pagine fino a notte fonda, a immaginarmi un futuro fatto di bot, computer quantici, intere città dentro edifici e architetture che sfidano ogni legge. Leggendo le suggestioni ricreate dalla sua scrittura, queste affiorano nella mente senza difficoltà e nessun aspetto di questo mondo sembra stridere o esagerato... ammetto che parte di me vorrebbe scoprire se esiste un concept di questo mega edificio per studiarne tutte divisioni e i funzionamenti (il mio animo da architetto con questo romanzo è stato enormemente appagato!)
Inutile dirvi che la fine di Vertigo non chiude la vicenda, anzi la complica e io non vedo l'ora di scoprire cosa accadrà di Leda, Watt, Avery, Atlas, Calliope, Rylin, Cord e ogni altro personaggio di questa strepitosa serie.
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Chip ibrido a 128 qubit di diamante e fotonica quantistica
Nuovo chip quantistico basato su diamante e fotonica: è la svolta per i computer quantistici? Il più grande processore quantistico scalabile per sistemi basati sulla fotonica quantistica, che potrebbe rappresentare una svolta nel campo dell’informatica quantistica, è stato costruito presso i laboratori del MIT e dei Sandia National Laboratories, Stati Uniti. Questi nuovi chip quantistici sono stati realizzati tramite qubit basati sul diamante e sulla fotonica quantistica. La svolta potrebbe esserci perché per costruire computer quantistici realmente degni di nota sarà necessario strutturare insieme milioni di processori quantici, un assemblaggio su larga scala attualmente non ancora possibile. “La costruzione di dispositivi quantistici su larga scala comporterà sia l’assemblaggio di un gran numero di qubit di alta qualità sia la creazione di circuiti affidabili per la trasmissione e la manipolazione di informazioni quantistiche tra loro”, spiega Fredrik Fatemi, uno dei ricercatori coinvolti nel progetto secondo il quale i risultati ottenuti dal suo team dimostrano “progressi eccezionali nella produzione affidabile di chip quantistici complessi”. I qubit contenuti nel nuovo chip sono costituiti da atomi artificiali a loro volta fatti grazie a difetti del diamante. Questi chip possono essere alimentati con la luce visibile o con le microonde in modo che i fotoni possano trasmettere informazioni. Read the full article
#atomiartificiali#chipquantistico#computerquantistici#diamante#diamanti#FOTONICA#fotonicaquantistica#laser#MIT#nitrurodialluminio#qubit#Tsung-JuLu
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Volkswagen: al CeBIT il traffico si combatte con linformatica quantistica
Volkswagen: al CeBIT il traffico si combatte con linformatica quantistica
L’informatica quantistica, con la prossima generazione dei cosiddetti “supercomputer”, potrà portarci a fare enormi progressi in tutte le aree chiave dell’IT e della digitalizzazione. Automobili comprese. Questo è quanto si auspica Volkswagen, che al CeBIT di Hannover ha presentato i frutti della propria collaborazione con D-Wave, specialista nella realizzazione di computer quantici. Leggi…
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La corsa al computer quantico continua
La corsa al #computerquantico continua e stavolta la notizia di un passo avanti viene non dai colossi del web ma da un'università pubblica olandese.
Dalla Delft University of Technology, un ateneo pubblico olandese, arriva notizia di uno studio pubblicato su Science che documenta un significativo passo avanti nella corsa al computer quantico(o quantistico). Nello stesso numero di Science è stato pubblicato uno studio complementare proveniente dalla stessa università (su come trasferire informazioni sullo spin di una particella a un fotone),…
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Oltre lo 0 e 1: il Computer Quantistico
Come è ben noto, tutti i calcolatori attualmente in uso sono basati sull'elaborazione e l'immagazzinamento di dati tramite sequenze di bit, che possono avere valore 0 o 1. E se il bit non potesse avere solo due valori, ma di più?
Evidentemente la potenza di calcolo aumenterebbe esponenzialmente, così come la velocità di esecuzione di qualsiasi operazione.
Per la teoria quantistica, in alcune condizioni e a livello atomico, la materia può essere in più stati contemporaneamente. Questi particolari stati sono chiamati “super-posizioni”. Si può pensare ad esempio ad un atomo che gira su se stesso, in due diverse direzioni nello stesso istante.
Sfruttando questi fenomeni quantistici, si sta cercando di elaborare calcolatori che posseggano bit in grado di essere nella posizione 0, nella posizione 1 o una combinazione di 0 e 1. Questi “super-bit” sono stati denominati “qubit”.
Bit e Qubit
Principali difficoltà di realizzazione
Gli effetti quantistici si verificano solo in condizioni specifiche. Non ci devono infatti essere interferenze di alcun tipo; i qubit attualmente realizzati sono schermati magneticamente, tenuti nel vuoto a temperature bassissime. Una volta costruito un sistema di qubit, lo si deve interfacciare, e non è possibile utilizzare il sistema informatico tradizionale.
Infatti il computer quantico si basa su un modello probabilistico, non deterministico come quelli normali. Ad esempio il computer quntistico che viene prodotto dalla D-Wave, elabora decine di migliaia di risposte differenti a un singolo problema, restituendo poi quella ottimale o “più probabile”.
L'unico ostacolo che non si presenterà nella realizzazione di un computer quantistico sembra essere quello economico: la NASA e Google hanno deciso di collaborare con la D-Wave per lo sviluppo e il miglioramento del loro computer quantico.
D-Wave
Stato attuale delle ricerche
La D-Wave Company è stata la prima che ha commercializzato un computer quantico nel 2011 La compagnia prevede di raddoppiare il numero di qubits collegati tra loro ogni anno, in modo da aumentare la velocità di calcolo. Il D-Wave Two (secondo nato della compagnia canadese) dovrebbe presentare ben 512 qubits, tenuti ad una temperatura di soli 0,2° sopra lo zero assoluto.
Alcuni però mettono in dubbio le reali potenzialità del sistema D-Wave, sostenendo che non si tratti di un sistema quantico puro; infatti al momento non è possibile sapere con certezza cosa accada all'interno di un qubit (se venga sfruttata o meno la “super-posizione”), a causa degli stessi fondamenti della meccanica quantistica: il semplice atto di osservare un fenomeno quantistico, ha influenza sullo stesso fenomeno.
Essere esaustivi sull'argomento in poche parole è difficile, forse impossibile. Pertanto invito a visitare i siti internet linkati in precedenza, se siete interessati all'argomento.
Giorgio Nicola
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Un piccolo evento casuale non altera il mondo quantistico
Effetto farfalla non esiste nel mondo quantistico secondo nuovo esperimento. Nel mondo quantistico il cosiddetto “effetto farfalla” praticamente non ha conseguenze: è questo il risultato di nuovi esperimenti effettuati da ricercatori del Los Alamos National Laboratory i quali hanno usato un computer quantistico per simulare il viaggio nel tempo nel regno quantico. Per tentare di capire l’esistenza di un eventuale effetto farfalla anche nel contesto quantico, i ricercatori danneggiavano alcuni qubit, o bit quantici, nel passato simulato a seguito del “viaggio nel tempo”. Quando poi tutti i qubit ritornavano al “presente”, apparivano inalterati, come se la realtà del presente si autorigenerasse da sola. A spiegare questi risultati è Nikolai Sinitsyn, fisico teorico del Los Alamos e uno degli autori dello studio che inizia dicendo che per quanto riguarda i computer quantistici sembrano non esserci particolari difficoltà nel simulare un processo che va in direzione opposta (ossia nel passato) nella linea del tempo: “Possiamo effettivamente vedere cosa succede con un mondo quantistico complesso se viaggiamo indietro nel tempo, aggiungiamo piccoli danni e ritorniamo. Abbiamo scoperto che il nostro mondo sopravvive, il che significa che non c’è alcun effetto farfalla nella meccanica quantistica“. Il cosiddetto “effetto farfalla” è stato descritto, per la prima volta, in un racconto fantascientifico, intitolato A Sound of Thunder, scritto da Ray Bradbury e pubblicato nel 1952. Read the full article
#computerquantistici#EdwardLorenz#effettofarfalla#meccanicaquantistica#mondoquantistico#Qbit#viaggioneltempo
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