#collezione di adesivi
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La mia collezione di stickers - parte 1
#pensieri per la testa#persa tra i miei pensieri#collezione#collezionare#collezionismo#collezione di adesivi#collezione di stickers#stickers#sticker#adesivi#album#childhood#infanzia
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Un bicchiere di vino con un panino....
In una mia riposta ad un post molto bello di @cinismoerancore avevo scritto che se mi fosse piaciuto il finale del libro che stavo leggendo ne avrei scritto, perché si legava ad un tema che il post tendeva a sottolineare (anche @biggestluca mi ha chiesto che libro fosse).
Voglio subito dire due cose: Felicità© di Will Ferguson, scritto per la prima volta nel 2001, uscito per Feltrinelli qualche anno dopo e riproposto, con nuova traduzione di Andrea Bezzi, che curò anche la prima stampa, da Accento, è un libro da leggere. Per due terzi meraviglioso, sul finale si poteva fare di più. Vi dico subito l'altra cosa che non mi è piaciuta, la copertina:
Quella di Accento non ha nessun riferimento al libro, mentre invece la prima di Feltrinelli si
(per chi è curioso lo spiego in privato).
Restano da dirvi due cose: il libro è la storia di Edwin De Valu, junior editor alla Panderic Inc., casa editrice di New York il cui più grande successo sono i Manuali di Mr Etica, bizzarro personaggio che voleva insegnare fondamenti filosofici per vivere meglio, ma va in carcere per aver ucciso e sotterrato in giardino gli ispettori del Fisco che erano andati a fargli visita. Edwin è specializzato in manuali di autoaiuto, alla Panderic quando arrivano manoscritti del genere vengono messi ad attendere in uno spazio, la montagna di fuffa, sopra la quale campeggia la lavagna con la collezione delle più improbabili espressioni trovate alla prima, unica e superficiale lettura. I libri si accumulano, ma un giorno arriva a Edwin un manoscritto di oltre mille pagine, con appunti a penna e stantii adesivi di margherite. Ha un titolo, Quello che ho imparato sulla montagna, e un autore, Tupak Soiree, che ad Edwin puzzano di broglio da chilometri. Il libro fa la fine di tutti gli altri. Solo che stavolta il suo capo, il Signor Mead, nell'attesa di pubblicare il manuale definitivo sul perdere peso mangiando porco fritto, vuole un titolo che rimpiazzi quelli di Mr Etica. Edwin spavaldamente dice di averne uno straordinario, solo che ritornando nel suo cubicolo ufficio non trova più il libro con le margheritine. Inizia qui il primo viaggio: alla ricerca fisica del manoscritto. Che nel modo più assurdo possibile verrà pubblicato. E nel modo più assurdo funzionerà, regalando ai suoi milioni di lettori la felicità. Ma qui viene il bello (che ovviamente non vi svelo): che conseguenze ha sul mondo il fatto che la gente, di punto in bianco, si senta felice?
In uno stile ironico, lineare e a certi tratti sottilmente drammatico (poichè dietro certi passaggi da ridere ci sono riflessioni profondissime), Ferguson lega il mondo della comunicazione con quello della costruzione sociale di ciò che siamo: lo scrisse nel 2000, quindi lontano da quello che siamo adesso dove l'aspetto è totalmente più pervasivo, ma ci sono già dei pilastri del sistema ben chiari. Non è solo ironia sul ruolo dell'autoaiuto, che oggi si è spostato dai manuali al webinar o alle pagine dei social network, non è solo la capacità di dare l'impressione che siamo in grado di prevedere gli eventi (frase cult: "il marketing? come capacità predittive delle tendenze siamo una tacca sotto al controllo delle viscere degli animali), ma anche l'accento, tra il serio e il faceto, su tutte le attività che sappiamo chiaramente distruttive (spesso per noi, spesso anche per gli altri) ma che sono fondamentali per la vita economica, sociale e persino culturale del mondo, tanto che il povero Edwin si troverà a fronteggiare una parte di questa porzione di mondo rimasta tagliata fuori dall'esplosione della felicità, venendo a mancare questo assunto:"tutta la nostra esistenza si fonda sul dubbio e l'insoddisfazione. Pensa che cosa succederebbe se tutti fossero veramente, autenticamente, felici" (pag. 230).
Si può fare critica sociale ridendoci su? La domanda sembra quasi inopportuna: però ci sono state delle pagine, quando all'inizio il cambiamento si diffonde come un virus alternativo, che mi hanno fatto pensare davvero tanto. Perchè è lampante come certi meccanismi ormai non siano nemmeno più sottotraccia, tipo passare dall'idolatria al dileggio in pochi giorni o scoprire alla prova dei fatti che le ricchezze basate sul nulla producono soldi veri per pochissimi e fregature per tantissimi, oppure indirizzare l'attenzione a specifiche categorie sociali, incapaci o a cui non è più permesso un coinvolgimento intellettuale a ciò che sta intorno loro, e che sia evidente che questi meccanismi siano ormai irrefrenabili, se non cambiando radicalmente il sistema, tanto che segnalarne le storture è presa come una questione di invidia.
Edwin De Valu , lo dice in un passo delizioso quando il Signor Mead gli chiede di lavorare su <<un manuale di autoaiuto per donne sovrappeso che spieghi come fare a mangiare maiale e perdere peso. sarà una nuova teoria. Possiamo chiamarla "il paradosso del porco">> (pag. 150), si è laureato in letteratura comparata con tesi su Proust, da una prospettiva postmoderna. Lui è l'autore di una delle più grandi immagini della felicità, che come rassicurazione suppongo sia ancora presente nell'animo di molti di noi:
Mi portai alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo lasciato che s’ammorbidisse un pezzetto di madeleine. Ma nello stesso istante in cui il liquido al quale erano mischiate le briciole del dolce raggiunse il mio palato, io trasalii, attratto da qualcosa di straordinario che accadeva dentro di me. Una deliziosa voluttà mi aveva invaso, isolata, staccata da qualsiasi nozione della sua casa. Di colpo mi aveva reso indifferenti le vicissitudini della vita, inoffensivi i suoi disastri, illusoria la sua brevità, agendo nello stesso modo dell’amore, colmandomi di un’essenza preziosa: o meglio, quell’essenza non era dentro di me, io ero quell’essenza. Avevo smesso di sentirmi mediocre, contingente mortale. Da dove era potuta giungermi una gioia così potente? Sentivo che era legata al sapore del tè e del dolce, ma lo superava infinitamente, non doveva condividerne la natura. Da dove veniva? Cosa significava? Dove afferrarla? Bevo una seconda sorsata nella quale non trovo di più che nella prima, una terza che mi dà un po’ meno della seconda.
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A good day for a nail colour therapy. No one beats Chanel. And all its shades with an attitude.
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Terapia del colore per unghie di carattere con una nuova edizione speciale della collezione smalti Chanel Le Vernis. 24 le tonalità approntate, di cui 17 inedite, colori saturi, a lunga tenuta, impeccabili sempre per stesura e finishing.
Uno per ogni occasione, uno per ogni umore, uno per festeggiare, uno per sognare, uno per non smettere mai di divertirsi!
E per chi vuole osare la doppiaC a vista imperdibili gli sticker adesivi in edizione limitata!
Qui la nostra topten: 105 Particulière 111 Ballerina 135 Immortelle 137 Sorcière 139 Activiste 141 Oiseau de Nuit 147 Incendiaire 153 Pompier 155 Rouge Noir 161 Le Diable en Chanel
@igbeautycove
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Pokemon Mini Tin Collezione Paldea Sfavillante ITA
Pokemon Mini Tin Collezione Paldea Sfavillante ITA Nei Mini Tin da collezione Paldea Sfavillante del GCC Pokémon troverai: Due buste di espansione del GCC Pokémon Un foglio di adesivi Una carta con l’illustrazione Pokémon esclusiva della miniscatola: puoi collezionarle tutte e cinque per completare l’immagine Acquista ora a 12 € per farlo tuo
potete acquistarlo in comode rate con scalapay, Paypal, Satispay e Pagolight (se disponibile) oltre ad altri metodi di pagamento Nei Mini Tin da collezione Paldea Sfavillante del GCC Pokémon troverai: Due buste di espansione del GCC Pokémon Un foglio di adesivi Una carta con l’illustrazione Pokémon esclusiva della miniscatola: puoi collezionarle tutte e cinque per completare…
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Adesivi murali per le camere da letto dei vostri bambini https://www.design-miss.com/adesivi-murali-per-le-camere-da-letto-dei-vostri-bambini/ Children’s Wall Decals è la #collezione di #adesivimurali per personalizzare le #camere da #letto dei vostri #bambini, realizzata dallo studio creativo francese
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Cose che mi mancano della mia infanzia:
Mi manca andare con papà a prendere le videocassette a noleggio e stare lì a leggere i titoli e dire "già visto" o "quello mi ispira"
Mi manca fare merenda con gli happy hippo alle elementari e giocare in giardino con tutta la mia classe (eravamo praticamente tutti amici)
Mi manca passare il tempo a giocare con le Barbie e inventare le storie d'amore impossibili
Mi manca disegnare i personaggi dei miei cartoni animati preferiti
Mi manca guardare la sigla delle Winx da mia nonna, vedere arrivare a casa mio papà che mi viene a prendere e correre a casa ad accendere la tv su Rai2 per non perdere la puntata. Sgridare mio papà che prova a cantare la sigla ma la sbaglia.
Mi manca mangiare gli ovetti Kinder e far finta che il contenitore della sorpresa siano dei soldi per "fare la spesa"
Mi manca comprare i multipack di patatine classiche San Carlo solo per trovare la sorpresa dentro
Mi mancano le Wakos
Mi mancano gli scambi di ciucetti al grest in estate. Io che non potevo mai comprare niente e avevo sempre le merendine mezze sciolte dal caldo
Mi manca cantare le canzoni di High School Musical
Mi manca giocare a nascondino dopo il pranzo in mensa
Mi manca mettere 3 bustine di formaggio nel riso in bianco della mensa e aspettare con ansia il giorno in cui ci davano le patate arrosto (l'unica cosa iper buona, tranne per la mela dopo pranzo. MA SOLO PERCHÉ ERA DIVERTENTE IL COSO CHE USAVANO PER TAGLIARE LA MELA A FETTE CHE LASCIAVA IL TORSOLO IN UN CILINDRO PERFETTO)
Mi manca vedere che tutti fanno la collezione di carte Pokemon o che si scambiano i Nintendo per giocare con i giochi del gameboy o che si scambiano adesivi trovati nei giornalini di Barbie .. e io a guardare.
Mi mancano gli scambi illegali di merendine nei corridori o andare dal mio compagno Federico e dirgli "vuoi un Orociock io non lo voglio più " e lui tutto contento perché riceve cibo gratis
Mi manca prendere micro pezzetti di colla e impastarli con pezzi di gomma per fare una palla gigante tipo slime
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FASTTRACK ( Deluxe Weaponizer ) War for Cybertron EARTHRISE
Nonostante il concetto e la gimmick si siano evoluti negli attuali Modulator, i Weaponizer continuano a bazzicare la trilogia War for Cybertron, e dopo esser esorditi in Siege ecco che anche in Earthrise ne compare un altro, ovvero FASSTRACK, un altro degli originali droni assortiti insieme ai Citybot G1, solo che il nostro è l'unico uscito in contemporanea col Titan d'appartenenza, ovvero Scorponok.
L'originale G1 non era neanche così brutto od approssimativo, non avendo pezzi staccabili per la trasformazione ( anche se volendo le braccia si potevano togliere ), dotato di due fucili che potevano sistermarsi anche sopra le spalle, e pure assai posabile per la media del tempo, con non solo le braccia che si alzavano, ma anche le gambe che potevano piegarsi per farlo sedere ( e basta, che erano unite nella parte inferiore ); magari era globalmente troppo monocromatico, ecco, tutto grigio senza alcun dettaglio dipinto o adesivi, tranne che per le ruote e le summenzionate pistole in plastica arancione.
Il Generations, come ROBOT, per la colorazione si ispira a quella dei Guardminder, ovvero a dei droni apparsi nella serie giapponese Masterforce e appunto basati sul Fasttrack G1, rendendola quindi molto meno noiosa dell'originale, aggiungendo del nero su cosce, addome, pugni e altri particolari delle braccia, più dell'azzurro brillante sui "vetri" del petto, così come dell'argento sulle antenne della testa, col visore rosso, mentre i dettagli scolpiti sono anch'essi fedeli al solito G1 ma non sono neanche "eccessivi" come era moda fare in Siege.
Le armi sono ovviamente due pistole arancioni gemelle come il G1, anche se corte in proporzioni rispetto alle originali, ed in più abbiamo una sorta di pugnale, che servirà ad altro nelle trasformazioni che andremo poi ad illustrare. Tornando alle pistole arancio, queste possono posizionarsi sopra le spalle, perpendicolari al pavimento, come nel G1, ma non guardando verso l'alto, sempre come si poteva fare nel Fasttrack del 1987.
Bello a vedersi, quindi, anche a livello di articolazioni siamo al top, con la posabilità base dei WfC ( anche se nell'alzare le braccia lateralmente non è naturalissimo ), più pure le punte dei piedi che si abbassano e i pugni che ruotano, mentre come difetti possiamo citare magari il vuoto dietro le gambe inferiori ed uno zaino sulla schiena magari troppo pronunciato, ma volendo si può staccare senza creare troppo vuoto, aprendosi ed unendosi al pugnale di più sopra diventa uno scudo sparante con punta che anticipa le sue modalità di Weaponizer.
In quanto tale quindi, sebbene come dicevamo all'inizio il G1 non lo faceva, il nostro si TRASFORMA in veicolo anche separandosi in svariati pezzi, col succitato zaino già staccato ed il torso che si separa dall'addome, mantenendo il primo il pannello del petto: mentre i moduli dei fianchi ruotano di 180°, le gambe si ripiegano con i piedi che vanno a coprirli, ed intanto la testa ruota anch'essa e viene coperta dal modulo cabina, e questi due uniti, con le braccia alzate di 90°, si uniscono alla parte delle gambe, formando così il VEICOLO A 6 RUOTE cybertroniano.
Il mezzo non è affatto male, migliorando nettamente il design originale con un look meno super deformed e con le braccia / cannoni spostate all'indietro piuttosto che non a metà veicolo come il G1. La cabina di pilotaggio, dipinta di azzurro brillante, è coperta centralmente da un pannello, dato che poi abbiamo visto che quel pezzo si può dividere, ma fa un po' specie che, dopo Full-Tilt, il veicolo di questo drone non possa farsi pilotare decentemente da un omino Titan Master, che Fasttrack, anche se venduto separatamente, è comunque il drone di Scorponok.
Ma il Full-Tilt annesso al Trypticon Titan era già di suo un Headmaster, mentre Fasttrack qui è fondamentalmente un Weaponizer, quindi l'unico modo con cui interagisce con l'omino di Lord Zarak è tramite il pugnale, che posto nel foro dietro la nuca ha una fessura su cui fissare i talloni di un Titan Master e in questa maniera può essere ( scomodanente ) guidato dall'omino succitato. ^^'
Insomma, un peccato che già che c'erano non hanno creato una cabina apposita per Lord Zarak, ma in quanto Weaponizer a Fasttrack hanno preferito dargli le caratteristiche della sua specie, concentrandosì sopratutto poi sul dargli la forma di un'arma unica specifica, ovvero di una sorta di LANCIA, in modo da citare l'arma che accompagnava Black Zarak, il remold del 1988 di Scorponok per il solo mercato giapponese.
La lancia si ottiene escludendo il petto e spalle del robot, ricombinando le gambe sul bacino e unendo sotto i piedi la cabina del veicolo aperta, con in cima il pugnale / punta, mentre le braccia unite fra loro diventano il lungo manico.
E' un peccato che il modulo con petto e testa non sia incluso in questa trasformazione ( anche se volendo lo ci si fa stare in qualche modo, inserendolo a piacere in uno dei numerosi fori o spine ), così come la lancia stessa ricordi solo vagamente la forma della "Tyrant Spear" di Black Zarak, ma è apprezzabile che come Weaponizer possa formare un'arma bianca ufficialmente, e la citazione al suo possessore originale è ovviamente una chicca per intenditori.
A parte questa modalità, nelle istruzioni viene illustrata un'altra configurazione per diventare una sorta di zaino con due cannoni, e in generale il nostro, sebbene non zeppo di bocche di fuoco come un Cog o un Six-Gun, è assai versatile nel suo scomporsi in armi e pezzi di armatura varia, così come, nella sua forma di veicolo, può far uscire dal retro un aggancio compatibile con le rampe delle vari basi WfC, Micromaster e non.
Infine, un gran bel Transformers Weaponizer, che completa il Titan Scorponok ma che è assai giocabile anche da solo; avesse avuto la cabina per Lord Zarak sarebbe stato PER-FET-TO, ma anche così è davvero un'ottima aggiunta alla collezione dei Generations. ^^
#transformers#fasttrack#generations#deluxe#weaponizer#scorponok#scorpion#decepticon#distructor#wfc#war for cybertron#earthrise#hasbro#review
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Capitolo I
Giuditta sa di piacere, e sa che non c’è nulla di male.
In fondo, lo sanno tutti quanto è ingiusto il mondo: ci sono persone che sono sempre state bellissime e che lo saranno fino alla vecchiaia. Non è questione di trucco o postura, è proprio il loro possesso di un’eleganza elettrica e innata, forse ereditaria.
Trovo più ragionevole vedere Giuditta come una ragazza fortunata nel suo essere così affascinante piuttosto che abbandonarmi al fatto che sia una specie di dea adolescente.
Sdraiata per terra nella sua casa sull’albero, fissa il soffitto con quello sguardo sempre lancinante al punto giusto. La canottiera extralarge del suo ragazzo le copre mezza parte delle cosce, e posso affermare con convinzione che Giuditta Moschella non è mai stata così bella come in questo momento.
Mi sembra serena. Non sorride, magari non è felice, ma è sicuramente serena. Con il braccio sollevato e la mano destra sistemata a sostegno della nuca come per simulare la presenza di un cuscino, assume una posa così regale che potrebbe apparire in una qualsiasi rivista di moda.
La sigaretta ancora spenta che le pende dalle labbra, poi, non è nulla se paragonata a quel mento leggermente pronunciato, sul quale i suoi pochi brufoli diventano quasi un abbellimento più che un difetto.
“Sono contenta di non essere l’unica che è rimasta sveglia stanotte” mi confessa a mezza bocca, mentre la sua mano sinistra comincia a tastare il pavimento circostante alla ricerca dell’accendino.
“Solitamente lo sei?” le chiedo, tenendo le mani nelle tasche dei miei jeans. Dopo essersi accesa la stizza, annuisce.
Il suo sguardo rimane fisso sul soffitto di legno, debolmente illuminato dalle luci colorate appese alle pareti.
Ho avuto l’occasione di studiare Giuditta già dai banchi di scuola delle medie. Non siamo mai stati semplici conoscenti, c’è sempre stata un’intesa molto forte tra noi due, ma non è esattamente la persona a cui confiderei i miei segreti o a cui scriverei un messaggio per chiedere consiglio. Non penso di averne mai avuto l’occasione, a dire il vero. Ormai ognuno ha i propri amici, la propria routine e i propri interessi. Inoltre, ho sempre nutrito un certo timore nel relazionarmi con lei.
Quando si passano diciannove anni della propria vita in una cittadina come Cordello, è abbastanza difficile evitare due cose: odiare i propri genitori per essersi bloccati in un posto simile, e non conoscere almeno di vista ogni coetaneo che attraversa le strade del centro paese. In fondo, il nostro liceo è uno solo, e la città vera e propria più vicina è a un’ora e venti di treno da qua.
Siamo tutti bloccati in questo paesino di tremila abitanti che si estende per nove chilometri quadrati, in un claustrofobico ammasso di ville tanto decorate quanto vuote. Ad oggi, sono convinto che si sia dato un nome per sole questioni di orgoglio e comodità amministrativa.
E ora Cordello è anche peggio del solito: sta arrivando l’autunno, è tutto ancora più nebbioso e grigio. In questa casa sull’albero, però, c’è ancora aria di piena estate.
“Pensavi sarebbe rimasto sveglio qualcun altro?” sussurro a Giuditta, come se considerassi insincera la sua gratificazione nell’avermi al suo fianco.
Lei assume una smorfia altezzosa, come per giudicare tutte le persone che non hanno voluto fare after con noi, e si volta verso Stefano, steso in un angolo. Sta dormendo in una posizione che sembra scomodissima: è ingarbugliato peggio dei cavi di un quadro elettrico, con il cranio inclinato verso il basso e le braccia incrociate. Russa molto pesantemente.
“Hai deciso cosa fare con lui?” domando, notando come Giuditta si sia un po’ inorridita nel vedere il suo ragazzo in condizioni simili.
“Che devo fare? Ci sto insieme e fine. Se dura, dura, se non dura, ciao.”
Non riesco a capire se non voglia parlarne o se è un argomento che la fa arrabbiare.
“Dico solo che è l’ultima notte che poteva passare con me. Poteva evitare di andare a giocare a calcetto con Davide e tutti gli altri coglioni per poi collassare all’una alla mia festa” aggiunge, alzando il tono al punto di disturbare i pochi superstiti che ci circondano, ora intenti a muoversi e fare facce strane nel sonno. Fortunatamente, nessuno si sveglia.
Prendo Giuditta per mano, prima di alzarmi da terra e mimarle di stare in silenzio.
Mentre mi dirigo a passo felpato verso le scale casarecce per scendere dall’albero, mi accorgo quante lattine di birra abbiamo lasciato sul terreno del giardino.
Settembre si sta facendo sentire: nonostante indossi una felpa e dei jeans corti, ho i brividi. Sono le quattro e mezza di mattina, effettivamente, e il sole sta giusto ricomparendo all’orizzonte.
Alzo lo sguardo al cielo, già chiaro e grigio.
“Non so se sono pronta a una relazione a distanza” mi dice Giuditta, camminando a piedi scalzi sul prato che circonda la sua casa sull’albero. Senza distogliere lo sguardo dalle pochissime deboli nuvole sopra di noi, la seguo.
In una mano tiene le sue Vans beige, con l’altra l’accendino. Assume una postura gobba, come se fosse stanca.
Le macchine in strada sono l’unica cosa che provoca rumore al momento, anche perché non saprei bene cosa dire a Giuditta per aiutarla.
“O meglio, non so se mi piaccia abbastanza per tentare una relazione a distanza.”
Si ferma, poco lontana dall’entrata posteriore della sua casa, e aggiunge: “voglio dire, alla fine parto anche per scappare da Cordello, non me ne voglio portare dietro un pezzo.”
Scrolla le spalle mentre lo dice, come se si fosse arresa all’evidenza che per questo suo viaggio dovrà fare molti sacrifici, ed entra in casa. Mi lascia la portafinestra aperta, come per invitarmi a entrare. Probabilmente si è accorta che sto gelando.
Do un’ultima studiata al cielo, prima di attraversare il salotto e raggiungere Giuditta nella sua camera, al piano di sopra.
Uno degli elementi più interessanti di casa Moschella è che unisce un arredamento che tenta di essere ultramoderno e futuristico a un sacco di fotografie famigliari appese alle pareti. Noto, in particolare, una piccola Giuditta intenta a costruire un castello di sabbia in una spiaggia a Bali.
Quando entro nella sua stanza blu, una versione triste e cresciuta di quella bambina mi lancia uno sguardo fulminante dal letto.
Forse voleva che me ne andassi.
Mentre lei ritorna a usare il suo cellulare, mi accorgo quanto soltanto dalla sua stanza si possa capire cosa andrà a studiare.
“Mi piacciono le stelle” le dico, indicando timidamente gli adesivi fosforescenti attaccati al soffitto.
Lei ridacchia, spiegandomi che le ha da quando andava alle scuole elementari ma non è mai stata alta abbastanza per riuscire a toglierle, anche con l’aiuto della grata di scale del padre. Al mio chiedergli perché non si faccia aiutare, mi rendo conto da solo che Giuditta non ama chiedere favori, soprattutto ai suoi.
Mi avvicino alla sua biblioteca, attento a non calpestare i vestiti sparsi in giro per il parquet.
Osservo la collezione di enciclopedie, film spaziali e romanzi fantascientifici dalle copertine luminosissime.
Afferro il DVD de La conquista dello spazio, studiando attentamente le condizioni della custodia. Sembra uno di quei classici degli anni cinquanta con un capitano mega virile e cazzuto che mi annoiano fino alla morte.
In realtà, lo spazio è sempre stato particolarmente interessante per me. Ci sono tanti di quegli studi che affermano molte cose spettacolari e devastanti al riguardo e, davvero, l’astronomia è uno di quegli argomenti per cui riservo una particolare devozione senza una ragione apparente.
Non che mi sarà mai utile.
Io non sono determinato o intelligente come Giuditta, e soprattutto, non ho i suoi mezzi per poter continuare gli studi.
“Verrai a trovarmi?” mi chiede, sempre a letto, cogliendo la mia aria sognante nell’osservare la cartina europea appesa alla parete.
Le dico di sì, sferrando un sorriso agrodolce. In realtà, lo sappiamo entrambi che è un no, mi ha fatto una domanda stupidissima. Mi insospettisce come sembri aver bisogno di assicurarsi che la gente non si dimentichi di lei, come se non fosse una delle ragazze più apprezzate e intriganti della cittadina.
Da sotto il letto afferra una bottiglia di coca-cola, mentre io mi appresto a cercare un accendino in giro per la stanza. Mi appoggio una mano sulla tasca posteriore dei jeans per controllare che il mio personal sia ancora lì.
Ne lascio sempre uno per quando finisce una festa.
Mi piace fumare l’ultima canna mentre cammino verso casa alle cinque di mattina perché è quando la cittadina sembra ancora più morta e statica di quanto non lo sia quando le strade si riempiono di nonnetti e mogli che portano a spasso i propri cani bavosi. Dove almeno per un po’ non sono parte di quella realtà, ma l’imperatore di un territorio distrutto. Mi piace mettermi le cuffiette e ballare in mezzo alla strada, sapendo che non passerà mai neanche una bicicletta. Nulla attorno a me è in grado di illuminarsi se non la mia corona.
Devo però ammettere che, per quanto essere ospite della navicella spaziale di Giuditta Moschella non fosse nei miei piani iniziali, mi ritrovo comunque in un posto dove posso permettermi di mettere un po’ di musica e rilassarmi prima di lanciarmi sul mio letto per qualche ora.
Mi ritrovo da solo sul balconcino della camera di Giuditta. Mi accendo il personal e comincio a scenerare per terra. Tanto Giuditta parte domani, i suoi non le faranno certo pulire casa.
“Come sta andando con Sami?” mi chiede lei, quasi agitata. Sembra non voler stare in silenzio, o magari non ci riesce ora che un quasi-estraneo è nella sua camera.
Ci sono molti cinguettii di uccelli intenti a rendere l’ambiente ancora meno quiete, e una fine pioggerellina sembra volermi dire di tornare dentro casa.
Ignoro il consiglio.
“Tutto bene” le dico, schietto: “è un po’ la solita storia, ecco.”
“Ho visto come guardavi il culo a Davide stanotte” mi confessa, con un sorrisetto malizioso.
Scrollo le spalle, continuando a fumare dal balcone.
Guardo Giuditta negli occhi, io appoggiato alla ringhiera in legno del balcone mentre lei sta ancora sul letto, senza togliersi quel ghigno da Stregatto. Penso mi stia sfidando.
“Lo sai che non tradirei mai Sami” le dico, con in testa l’immagine di Davide che balla in mezzo alla casa sull’albero: “Davide ha dei bei lineamenti, okay, è atletico. Ma non mi dice niente, e mi sa di coglione” continuo.
Giuditta si alza, comincia ad avvicinarsi con una camminata delicata e lenta.
Si sta comportando come se non volesse svegliare qualcuno, ma siamo a casa da soli.
Mi prende la canna dalle mani e comincia a fumarla.
“E’ un ragazzo in gamba il nostro Sami, non fartelo scappare.”
Si espone col busto al di fuori della ringhiera. Il vento sbuffa sui suoi capelli e li scompiglia, ma lei non sembra infastidita dalla cosa. Continua a fumare, cercando di guardare oltre la nebbia con gli occhi socchiusi.
“Se ne andrà pure lui via da qui, prima o poi” le dico, e il solo pensiero mi fa salire un’angoscia in grado di tritarmi la gola: “Sami è parte della Cordello bene, come te.”
“Christian” sussurra, appoggiando una mano sulla mia spalla: “chi ti dice che non scapperai via anche te?”
Mi ripassa la canna, prima di sdraiarsi sulle mattonelle arancioni del balcone.
“I soldi. Come sempre.”
Giuditta sbuffa, prima di usare le mani per alzarsi col busto e guardarmi in faccia, quasi scocciata.
“Che palle i soldi, mamma mia.”
“Non dirmelo.”
Soprattutto te, che non hai mai mosso un dito in vita tua perché sei nata col cordone ombelicale d’oro.
“Cosa vorresti fare da grande?” mi chiede.
“Non lo so. Mi basta andare via da Cordello un giorno, per quel che mi interessa posso anche prostituirmi per andar via di casa.”
Non era un discorso che volevo trattare, soprattutto ora. Volevo stare tranquillo.
Lancio il rimasuglio puzzolente della canna lontano dal balcone di Giuditta, prima di rientrare in casa.
Sono quasi le sei. Ci metterò una quindicina di minuti a tornare a casa e mio padre si sveglia tra venti per andare a lavoro.
“Devo scappare.”
“Puoi dormire qui per un po’, se ti va… parto alle tre di pomeriggio” mi comunica lei, mentre io mi avvicino alla porta.
Mi giro. Lei mi guarda con un fare simile a quello di un gatto che vuole farsi grattare. Se non fosse circondata da valige ancora da fare, forse rimarrei.
“Mio padre si sveglierà tra poco, devo andare” ripeto, più convinto. Non la guardo negli occhi: so che mi convincerebbe a restare.
Giuditta mi sembra dispiaciuta, ma non insiste. Con la sua sfilata elegante mi raggiunge e mi abbraccia. Non profuma, ma non puzza. Sento il suo odore vero, e mi piace.
“Ti vedrò per le vacanze di Natale, no?” le dico, ancora attaccato a lei.
“Sì, tornerò” risponde, prima di interrompere l’abbraccio.
Mi prende per mano e mi porta al piano di sotto come un Virgilio particolarmente sicuro di sé.
Esco dal retro, diretto verso il cancello che si affaccia alla strada.
Mi giro un’ultima volta per salutarla. Sarà strano non vederla più in piazza.
Comincio a camminare verso casa, sotto la pioggia. Vorrei tanto una sigaretta ora, ma ho finito il tabacco.
Mogio mogio raggiungo le strisce pedonali che mi allontanano dal quartiere di Giuditta, addentrandomi nel parchetto comunale.
Sospiro. Vorrei davvero ritrovare della magia in queste strade, ma ormai mi nauseano da quanto le ho viste.
Ho sempre pensato che un turista straniero troverebbe questo paesino italiano un piccolo capolavoro se lo visitasse in piena estate: alla fine c’è molto verde, è piuttosto curato e abbiamo un sacco di campi attorno al centro abitato.
Però, ecco, se lo stesso turista fosse confinato qui per mesi, probabilmente cambierebbe idea.
Tengo il ritmo della musica tamburellando le dita tra di loro, ormai arrivato alla fine del parchetto.
Raggiungo la piazzetta davanti al cimitero mentre sento dei passi infrangersi con le pozzanghere d’acqua dietro di me.
Mi giro mentre mi tolgo le cuffiette, giusto in tempo per vedere Giuditta corrermi incontro.
Mi salta addosso, baciandomi.
Rimango stizzito, mi immobilizzo.
Lì, davanti al cimitero di Cordello, Giuditta Moschella mi ha baciato nella sua ultima mattinata da ragazza di paese. Non so cosa pensare, né se mi sta piacendo.
Mi sento come se fossi ancora nella sua stanza, a guardare con meraviglia le stelle attaccate al suo soffitto.
Sondaggio: 29 Aprile 2019, 03.26 am
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La storica dell’arte Susanne Meyer-Büser ha scoperto che un quadro dell’artista olandese Piet Mondrian è stato appeso al contrario per 77 anni. Meyer-Büser si è accorta che qualcosa non tornava mentre era impegnata nelle ricerche per una mostra dedicata all’artista. «Quando l’ho fatto notare agli altri colleghi, abbiamo realizzato quanto fosse ovvio», ha detto Meyer-Büser: «Sono sicura al cento per cento che il quadro è appeso al contrario».
La curatrice ha però sconsigliato di girarlo, spiegando che poiché l’opera si è rovinata col tempo e i nastri adesivi con cui è stata realizzata si sono in parte staccati dalla tela, si rischierebbe di rovinarla. Inoltre, capovolgerlo ora cambierebbe l’aspetto generale del quadro, perché i nastri adesivi allentati cadrebbero in un’altra direzione, e si cancellerebbe un errore che è ormai parte della storia dell’opera.
Il quadro si chiama New York City I ed è realizzato con nastri adesivi rossi, gialli, neri e blu disposti perpendicolarmente, come a rappresentare una versione molto stilizzata dello skyline della città. Eseguito da Mondrian nel 1941, era stato esposto al MoMA di New York nel 1945 e poi era stato spostato in vari musei fino al 1980, quando era stato collocato all’interno della Collezione d’arte della Renania settentrionale e della Vestfalia di Düsseldorf, in Germania, dove si trova ancora adesso.
Uno dei motivi per cui il quadro potrebbe essere stato appeso nel modo sbagliato senza che nessuno se ne accorgesse è che non è firmato, probabilmente perché Mondrian morì prima di finirlo. Uno degli indizi che Meyer-Büser cita a favore della sua tesi è che in una foto scattata nello studio di Mondrian pochi giorni dopo la sua morte e pubblicata sulla rivista Town and Country si vede la tela appoggiata a un cavalletto al contrario rispetto a come è esposta ora. «È stato l’errore di qualcuno che ha rimosso l’opera dalla sua confezione? Qualcuno è stato poco attento nel trasportarlo? È impossibile dirlo», ha commentato Meyer-Büser.
L’altro indizio è che in un’altra opera simile di Mondrian, fatta con colori a olio ma dedicata sempre alla città di New York ed esposta al Centre Pompidou di Parigi, le righe sono più fitte nella parte alta del quadro, mentre nell’opera esposta a Düsseldorf c’è una maggiore concentrazione di nastri colorati nella parte bassa. Secondo Meyer-Büser ha senso che le righe si infittiscano in alto, come in un «cielo scuro».
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Qui continua l’avventura dello Zoo Bonaventura! Le mie quasi tre settimane stanno andando e hanno iniziato ad arrivare i rinforzi dei miei amici. Da Lunedì 22 Agosto la collezione delle “scarpe rosse” sarà esposta a Gargnano al bar “del Mauro”, di fronte alla chiesa del paese. Continuano i Laboratori del Colore su prenotazione per grandi e piccini e, fino al prossimo Giovedì 25 Agosto, non aprirò tutto il giorno (ma a mezze giornate) e mi prenderò qualche ora per spupazzare i miei amici tra Lombardia, Veneto e Trentino. Per incontrarmi e vedere la mostra, le shopperone, le pochettone, i segnalibro, gli adesivi, i calzettoncini, qualche grembiule, le creazioni di Aaron, i cuscini in pezzi unici, le cartoline, i quadrotti e ancora qualche stampa, basta scrivermi qui o chiamarmi al telefono e pattuiremo l’appuntamento insieme 😊😊😊 Vorrei provare a vendere tutto per vivere qui ancora un altro mese 😻😻😻 #thabevulacquadelport (presso Gargnano) https://www.instagram.com/p/ChY_wMNMY8U/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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La mia collezione di stickers - parte 2
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[ARTICOLO] Esclusivo: Facebook Messenger, grazie alla partnership con i BT21, lancia un set di adesivi ispirati ai BTS
“Se diecimila newyorkesi che hanno comprato tanti articoli quanti sono riusciti di abbigliamento, di cancelleria e di pelouche in seguito al lancio in America della nuova collezione BT21 dei BTS ne è qualche indicazione, i personaggi animati del gruppo K-pop sono un vero successo. Ora si stanno anche impossessando dei nostri telefoni nel modo più adorabile possibile.
Billboard condivide in esclusiva che Tata, RJ, Chimmy e la squadra al completo saranno parte di una collezione di adesivi e di effetti di realtà aumentata su Messenger e Facebook alla fine di quest’anno. Grazie a una partnership con LINE FRIENDS, gli 1.3 miliardi di utenti di Messenger saranno presto in grado di usare otto adesivi e due cornici per fotocamera, otto effetti di realtà aumentata e un set di sticker avente come protagonisti i personaggi dei BT21.
Dando un primo sguardo alla nuova funzione, Billboard ha scoperto che gli utenti avranno la possibilità di usare un filtro con una faccia di un cagnolino in stile Chimmy (mettendo in risalto il tratto distintivo, ossia gli occhiali da sole rosa), uno con una corona con Shooky (con il personaggio del biscotto che salta in testa a chi lo usa per quattro volte) e un altro con il dispettoso Cooky che sale lungo la faccia (per disegnare una delle sue sopracciglia). Ci saranno altre sorprese visive per le quali gli utenti dovranno pazientare ancora qualche giorno.
Come già è stato spiegato a ottobre, i personaggi dei BT21 e le loro personalità sono stati immaginati dai membri stessi dei BTS dando vita a Tata (il personaggio creato dal cantante dei BTS V), Koya (creato da RM), Chimmy (Jimin), RJ (Jin), Mang (J-Hope), Shooky (Suga), Cooky (Jungkook) e il loro robot spaziale VAN (che rappresenta il gruppo e il suo fandom, gli ARMY). Questa nuova attivazione permette agli ARMY -e a qualunque altro utente che si ritrovi ad avere a che fare con questi personaggi dai colori vivaci- di condividere questo aspetto speciale del fandom con i loro amici di Facebook.
“L’espressione creativa è al centro di come le persone comunicano su Messenger” condivide con Billboard Jennifer Whitley, direttore artistico presso Messenger Art. “Siamo sempre alla ricerca del divertimento, di nuovi modi per aiutare le persone a trasmettere quello che vogliono dire. Offriamo davvero tanti modi divertenti per esprimersi visivamente, attraverso messaggi individuali, videochat di gruppo e una varietà di effetti per la fotocamera”.
La collezione verrà rilasciata giovedì 19 luglio.”
Traduzione a cura di Bangtan Italian Channel Subs (©cam) | ©billboard
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Irmela Mensah-Schramm. La donna che cancella le scritte naziste
https://www.unadonnalgiorno.it/la-signora-berlinese-che-cancella-le-scritte-naziste/
Irmela Mensah-Schramm è nota in tutto il mondo perché, dal 1986, ha passato le sue giornate a cancellare dai muri scritte naziste, omofobe e razziste.
Nata in Germania nel 1945, è un’attivista per i diritti umani e un’insegnante di sostegno in pensione.
Ha iniziato per caso, dopo aver visto un adesivo a una fermata dell’autobus, a Berlino, che chiedeva il rilascio di un criminale di guerra nazista che aveva raschiato via con le chiavi.Da quel momento in poi, la sua è diventata una vera e propria missione di vita. Ha iniziato a camminare sempre provvista di raschietto, acetone e vernice spray, per rimuovere o ricoprire scritte e adesivi di estrema destra. Ha passato più di trent’anni a eliminare messaggi di odio, tutti documentati, fotografati e conservati, sono stati esposti in diverse mostre internazionali.Per la sua incessante attività è stata aggredita, denunciata, ma lei, inarrestabile, non si è ancora fermata.Fino al 2021 aveva rimosso almeno 90.000 adesivi e cancellato 10.000 messaggi o simboli sui muri della sua città e di tutta la Germania.
Dai primi anni del 2000, ha iniziato a diventare famosa per il suo lavoro e i media di tutto il mondo si sono interessati al suo peculiare caso.
Ha ricevuto moltissimi riconoscimenti tra cui la medaglia al merito della Repubblica Federale Tedesca.
La sua vasta collezione di adesivi neonazisti rimossi è stata esposta al Museo della Storia di Berlino, nel 2016.
I neonazisti tedeschi hanno tappezzato Berlino con adesivi che la raffiguravano inneggiando alla sua morte, ha ricevuto un sacco di multe, ma anche abbracci riconoscenti, mentre le sue mostre fotografiche sono ospitate in tutta Europa.
Irmela Mensah-Schramm da sola, spesso rischiando di grosso, ha rifiutato di piegarsi con la caparbietà semplice e rivoluzionaria di chi si alza in piedi e dichiara il suo “no”, che può ancora fare la differenza.
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Berlin Punk Rock Market
Berlin Punk Rock Market
Al Punk Rock Market che si terrà domenica il 19 settembre 2021 al Cassiopea ci saranno oggetti da collezione, spillette, toppe, dischi, cassette, vestiti, monili, poster, adesivi e molto altro. Nel biergarten del club troverete delle bancarelle con dischi, vestiti, oggetti di seconda mano, cose fatte in casa e quant’altro. Ma il mercato offre molto di più del semplice piacere dello shopping.…
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