#clement di fiore
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lunefuforu · 1 year ago
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some spooky month ocs I finished a couple months ago but only today decided to tidy up their ref haha whoops
extra under cut
Some explaining stuff that goes into em a little bit more:
Salvatore Fiore is 44 5'8 Born in 1979
Sacrificed by his father in 1994 when he was 15 where his heart was removed and he died, but then came back to life once the demonic powers entered his body. Devoured his father right after the sacrifice due to intense hunger. Went to live with his uncle and cousin since his mother wasn't fit to care for him.
Never married and never had kids.
-
Alessio Fiore is 41 6'5 (6'0 slouched) Born in 1982
His father was killed by his cousin Salvatore in 1997 when he was 15 years old after Sal went into a demon-induced rage. That was when Alessio discovered what has become of his cousin and vows to kill him by any means necessary. Went to live with his great aunt for the remainder of his youth.
Married only once, when he was 19 to his highschool sweetheart named Bernadette because she got pregnant, but then they divorced just 2 years later. Bernadette took the boy when they separated. Alessio's son Clemente is 22 now and visits sometimes.
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jacopocioni · 1 year ago
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Famiglia Carnesecchi: parte seconda
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Questa la PARTE PRIMA Pier Antonio di Francesco Carnesecchi, fu amico intimo di Piero de’ Medici, tentò di difenderlo con le armi. Con la cacciata del Medici e l’istituzione della Repubblica Fiorentina, alla quale Pier Antonio aderì prontamente divenendo Commissario della Repubblica in Maremma. Nello stesso periodo un membro della famiglia Amerigo di Simone intratteneva rapporti commerciali con l’Inghilterra. Nel 1498 ci fu l’assalto al convento di San Marco per arrestare Girolamo Savonarola e consegnarlo alla Signoria, Giovanni di Girolamo Carnesecchi seguace del frate, organizzò la resistenza armata per difenderlo. Altri membri della famiglia furono seguaci del frate ferrarese: Giovanni di Simone, Zanobi di Francesco, Bernardo di Francesco, Giovanni di Niccolò e Carlo Carnesecchi mercante e cittadino molto influente.
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firma di Pierantonio nel 1508 : Petrantonius Carnesecchus commissario e capitano
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Al tempo della Repubblica Fiorentina durante l’assedio del 1530, emerse ambiguamente Andrea di Paolo Carnesecchi partigiano della famiglia Medici, padre dell’eretico Pietro. Costui venne tenuto in grande considerazione dal Papa Mediceo Clemente VII, per l’amicizia fra le due famiglie lo chiamò presso di sé a Roma. Il Pontefice gli affidò l’ufficio di Notaro e protonotaro della Curia. Per marcare l’intimità fra loro, il 16 dicembre 1533 gli concesse il privilegio di aggiungere al proprio cognome quello dei Medici. Da allora si chiamò Pietro Medici dei Carnesecchi. Pietro Carnesecchi mal visto dal Papa Pio V, succeduto sul trono di Pietro alla morte di Clemente VII, venne condannato a morte come eretico. Cosimo I de’ Medici Duca di Firenze, ambiva al titolo di Granduca (il titolo nobiliare non esisteva, venne appositamente creato nel 1569 dallo stesso Pontefice). Per ricevere l’agognato titolo nobiliare consegnò all’Inquisizione il Carnesecchi, che si era rifugiato presso di lui per avere la protezione.
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Lorenzo di Zanobi Carnesecchi Il mercante Zanobi di Francesco Carnesecchi, benché fosse di fosse di provata fedeltà per i Medici fu uno dei sette dittatori della Repubblica. Sempre durante l’assedio del 1530, si distinse per il suo eroismo Lorenzo di Zanobi Carnesecchi. Mandato nella Romagna fiorentina compì atti di valore nella difesa del territorio, tanto da meritarsi il soprannome di “secondo Ferruccio”. Giovanbattista Carnesecchi, fieramente antimediceo, combatté con la città di Siena contro le truppe fiorentine. Alla caduta della città nel 1557, espatriò in Francia a combattere gli Ugonotti, e li vi morì. I discendenti di Ridolfo furono funzionari in Versilia. Inventarono nuovi procedimenti per l’estrazione del ferro e dell’argento. Nel diciassettesimo secolo ebbero imprese commerciali in Sicilia e nel napoletano. Riuscendo ad avere la Baronia di Grottarossa in Sicilia. Un Carnesecchi divenne cavaliere dell’Ordine di Santo Stefano divenendo comandante di Galea, partecipando alle battaglie contro i Turchi a Malta e a Lepanto. In quella battaglia navale vinta dalla flotta cristiana, una galea dell’ordine di Santo Stefano, conquistò la fiamma di combattimento della “Reale” di Alì Pascià comandante della flotta turca. Nella famiglia vi furono quattro canonici della Chiesa di Santa Maria del Fiore. Alla fine del diciassettesimo secolo, morì l’ultimo senatore, ad inizio del diciottesimo secolo la famiglia era in via d’estinzione.
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Alberto Chiarugi Read the full article
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donaruz · 4 years ago
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Non sono un ladro ne' un assassino: sono semplicemente un ribelle. Non vi riconosco il diritto di interrogarmi, perche' qui, sono io l'accusatore.
Accuso questa societa' matrigna e corrotta, in cui l'orgia, l'ozio e la rapina trionfano impuniti e anzi venerati, sulla miseria e sul dolore degli sfruttati. Voi cianciate di furti, voi mi chiamate ladro come se un lavoratore che ha dato alla societa' trent'anni della sua avvilente fatica per poi non avere neppure il pane per sfamarsi, un cencio per coprirsi, un canile in cui rifugiarsi, potesse mai essere un ladro.
Voi sapete bene che mentite, voi sapete meglio di me che e' furto lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, che se al mondo vi sono dei ladri, questi vanno cercati tra coloro che oziando gozzovigliano a spese dei miserabili, i quali producono tutto, con le proprie mani martoriate.
Voi stessi sareste capaci di condividere cio' che sto per dirvi: che scopo dell'essere umano e' la liberta' e il benessere. Ma la prima non puo' trionfare se non grazie alla rivolta contro chi devasta la civile convivenza perseguendo soltanto il proprio profitto, e il secondo si realizzera' soltanto con la violenta distruzione degli intollerabili privilegi di un'oligarchia razziatrice.
E' per questo che sono anarchico. Perche' ho il diritto di essere libero riconoscendo come limite alla mia liberta' la liberta' altrui. E ho consacrato ogni mio pensiero, ogni mia parola e ogni mio sforzo, tutta la vita, a debellare i vostri insani principi di autorita' e proprieta', aspirando a distruggere il vecchio ordine sociale, perche' non ritengo assurdo ne' utopico che dalle nostre menti, dai nostri cuori e dalle nostre braccia possa scaturire un mondo migliore, dove liberta' e benessere siano il frutto dell'eguaglianza e dell'armonia, in una societa' che bandisca lo sfruttamento e persegua le regole della solidarieta' e della reciprocita', in nome del rispetto della vita umana che voi, difendendo i piu' sordidi interessi delle classi privilegiate, soffocate con leggi che insegnano e propagano il disprezzo e la sopraffazione.
Sareste cosi' temerari da negare tutto cio'?
A smentirvi basterebbero le brutali statistiche delle quali cito qualche esempio: nelle fabbriche di vernici o di specchi, i lavoratori sono avvelenati dai sali di piombo e di mercurio, falciati a migliaia nel vigore degli anni, quando sappiamo che la scienza ha dimostrato che questi micidiali sistemi di produzione potrebbero, con poca spesa e minimo sacrificio, essere sostituiti da metodi e prodotti inoffensivi. Le fabbriche di giocattoli intossicano con eguale disinvoltura gli operai che li confezionano e i bambini a cui sono destinati, per non parlare delle miniere, bolge orrende dove migliaia di disgraziati, estranei al mondo, al sole, a un barlume di affetto, sono destinati all'abbrutimento per fare la fortuna di un ignobile pugno di parassiti. Tutto il vostro sistema di produzione e' un insulto alla vita, e un crimine contro l'umanita'.
E lo sfruttamento dell'uomo non e' ancora il piu' feroce e cinico: che dire dello sfruttamento della donna, verso la quale la vostra societa' e' addirittura piu' spietata?
Oh, io le ho viste, e tante, gagliarde, nel fiore della giovinezza, piene di salute, arrivare dalle campagne avare alla citta' piovra. Rideva nei loro occhi la speranza, con sana freschezza nutrivano la fiducia di giungere finalmente nella terra promessa del lavoro, della prosperita', del benessere. Le ho riviste qualche tempo dopo, uscire dai vostri ergastoli senz'aria e senza luce che chiamate fabbriche, lavorando dieci, dodici o quattordici ore per il pane, sognando un'agiatezza che l'onesta fatica non concedera' mai, le ho riviste anemiche, stanche, esauste, nauseate da un lavoro schiavista e dal vostro cinismo. Le ho riviste a tarda notte nelle taverne dei sobborghi, sul lastricato, tra le pozzanghere, guadagnarsi il pane e un rifugio ricorrendo al piu' umiliante mercimonio. Le ho riviste nelle celle delle gendarmerie, schedate, bollate dal marchio dell'infamia, queste poverette che la vostra societa' ipocrita relega al margine. Le ho viste intristirsi, inasprirsi sotto la sferza della fatica e della miseria, non credere piu' nella vita, non credere piu' nell'avvenire, non credere piu' nell'amore, proprio loro che all'amore si erano concesse sorridendo e avevano salutato la nuova culla con lacrime di gioia. E sotto quell'accidia ho visto germinare le delusioni che si trasformano in disperazione, scatenando violenze e l'abbandono della famiglia, questo istituto a vostro dire sacro di cui vi autoproclamate sacerdoti, custodi e paladini.
E in cuor mio, non vi ho piu' perdonato.
Sono un operaio che non ha sopportato a capo chino, e prima, ero carne da cannone, tornato dalla bassa macelleria del 1870 straziato dalle ferite e spezzato dai reumatismi. Nei tristi androni dell'ospedale ho avuto tempo, molto tempo, per riflettere su quanto la patria aveva voluto da me e quanto la patria mi aveva dato. Prima mi avete annebbiato il cervello di menzogne, odio e furore selvaggio, per poi farmi avventare in nome dell'onore e della gloria della Francia, tra rulli di tamburi e squilli di fanfare, contro il nemico.
Il nemico? Li ho visti faccia a faccia, i nemici: erano poveracci come noi, che avanzavano verso la carneficina mesti, docili, inconsapevoli quanto noi di essere strumento di calcoli che di la' come di qua dalla frontiera rinsaldavano i diritti feudali di vita e di morte sui sudditi.
Il nemico e' qui. Dentro le frontiere segnate dal capriccio e dalla bramosia di profitto dei governi. L'umanita' che soffre e lavora, quella e' la nostra patria. Il nemico, e' l'oligarchia ladra che si ingozza sul nostro sudore. Non ci ingannate piu'.
Voi ci avete spediti al di la' del mare contro popoli che chiedevano soltanto di mantenere inviolato il proprio focolare. In nome della vostra civilta' ci avete incitato allo stupro, al saccheggio, alla strage, per sete di conquista. E dopo tanto orrore e ferocia, avete la sfrontatezza di giudicare i disgraziati che vedendosi negato il diritto a una dignitosa esistenza, hanno avuto almeno il coraggio di andarsi a prendere il necessario la' dove abbonda il superfluo?
Ecco perche' mi trovo qui: per aver gridato forte e chiaro cio' che Proudhon si e' limitato a pronunciare a bassa voce davanti a un'accademia di benpensanti: che la proprieta', se non nasce dal lavoro, se non germoglia dal risparmio, dall'abnegazione, dall'onesto vivere, e' un furto. Voi avete fatto della proprieta' un'istituzione. Egoista e una pratica selvaggia a cui tributate venerazione, mentre i miserabili devono a essa i dolori, l'odio e le maledizioni.
Io non tendo la mano a chiedere l'elemosina. Io pretendo che mi sia riconosciuto il diritto a riprendermi cio' che mi e' stato tolto da una congrega di accaparratori, ladri e corrotti.
Non mi ingannate piu'. E, in cuor mio, non vi perdono.
CLEMENT DUVAL
La fiaccola dell' Anarchia fb
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ninoelesirene · 5 years ago
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7 aprile 1947, mia nonna Miris e mio nonno Deserto si sposano nella chiesa di San Domenico, che domina Piazza del Plebiscito, o semplicemente “Piazza del Papa”, come la chiamiamo tutti ad Ancona, per via della statua di Clemente XII che la occupa.
Mio nonno è morto che avevo 8 mesi così l’unica fonte di notizie sulla loro storia d’amore è sempre stata nonna Miris, che ha intrecciato per noi un racconto universale, secondo la sua solita capacità di rendere tutto magico.
Ricordava spesso il primo incontro in via San Pietro, quando, appena tredicenne, lo vide passare in divisa della Marina Militare e seppe subito che non avrebbe mai amato nessun altro; o la distanza durante i primi anni della guerra o lo sfollamento nella famosa "Villa Mattei" (Enrico), dove tutta la sua famiglia si rifugiò negli anni dei bombardamenti e dove poi lo nascosero, per evitargli il fronte.
Ci parlava dei Natali, allietati dall'arrivo de "la befana delle ferrovie", e da ogni parola emergeva, intatta, la gelosia viscerale che l’aveva consumata per quella bellezza sfrontata, che tutte potevano notare a Roma, Firenze, Ginevra o Stoccarda o ovunque il suo lavoro di capotreno lo portasse.
Spesso imitava, con perfetto accento aretino e non senza una punta di rancore, la cognata Amelia, che a suo dire la odiava, nascondendole la biancheria intima e facendole ogni genere di dispetto quando andavano in visita a San Giovanni Valdarno, dove lui era nato.
Si perdeva rievocando i viaggi insieme, rappresentati tutti su una delle pareti della cucina, letteralmente ricoperta di foto e che a me da bambino sembrava immensa e passavo i minuti prima del pranzo del sabato a cercare nuovi dettagli in ogni immagine.
E si commuoveva, dicendoci del modo in cui lui la chiamava "Còre mio" e le diceva "pelle di alabastro" o "vita d'ape e collo di cigno".
Tutto è racchiuso in questa data, che molti, moltissimi anni fa ho eletto a mia preferita in assoluto. SETTE APRILE: suona come una nota intonata alla perfezione, c'è dentro un fiore che sboccia, c'è la limpidezza di un sentimento che sai riconoscere e definire, che coltiverai con abnegazione, senza rinunciare a te stesso, anche se questo a volte ferisce te e chi ami; perché sai che l'amore è più forte, resiste, e vive sempre, anche dopo di te.
Dunque, cara indimenticabile nonna, buon anniversario a te e alla tua inestinguibile idea di amore.
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likelytowritesomestuff · 5 years ago
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Tutto quello che succede a Ibiza (non) rimane a Ibiza - prima parte
UPDATE 2021: visto che è passato quasi un anno dalla pubblicazione della mia prima fanfiction, ho deciso di darle una sistemata per riproporla a chi ancora non l’ha letta o a chi ai tempi piacque e vuole rileggerla... Perché oltre a Sanremo, anche Ibiza è Ibiza!
(Qui la seconda parte)
Parole: 2497
Fandom: Sanremo RPF (sta succedendo davvero, la mia prima fanfiction mai pubblicata è sull’ultima coppia che avrei pensato di shippare e di scrivere!)
Amadello a Ibiza nel 1990, precisamente dalla sera dell’EVENTO al KU, due chaotic bisexuals pazzi l’uno dell’altro, fine di una lunga slow burn e di un lungo oblivious mutual pining, first kiss, internalised homophobia (per il contesto storico e geografico), a little angst, jealous!Ama and a little touch-starved
Note: Claudio è Claudio Cecchetto (dormire, salutare... Andiamo, l’avete pensato tutt*), Leonardo è Leonardo Pieraccioni (mannaggia a te - leggendo capirete!), menzione del fatto che Ama ha finto per mesi di vivere a Milano quando in realtà faceva avanti e indietro da Verona e che il padre di Fiore è venuto a mancare durante il Festival di Sanremo del ‘90
Buona lettura e vi raccomando i commenti :-)!
Amedeo si trova al KU Club, il locale più trasgressivo di Ibiza, portato lì a forza, ma, invece di divertirsi come chiunque altro sembra fare, sta al bancone a bere il suo Margarita mentre guarda con desiderio l'ennesimo bellissimo ragazzo leggermente fuori dal coro divertirsi al posto suo, sentendosi contemporaneamente agitato ed entusiasta al pensiero di aver conquistato la sua amicizia.
Quella mattina stava bevendo il suo secondo caffè per nascondere i postumi della levataccia a cui si costringeva pur di far credere a tutti che viveva a Milano, quando Claudio gli aveva presentato quel ragazzo dai capelli lunghi e la pelle ambrata che sembrava uscito dalla copertina di un Harmony. Si chiamava Rosario Fiorello, anche lui siciliano, a quanto si diceva una star dei villaggi turistici con la capacità di far ridere chiunque si trovasse nelle sue vicinanze e a Milano principalmente perché gli avevano assicurato che era piena di ragazze. Sarebbe stato facile invidiare un tipo del genere (dal momento che tutte cadevano ai suoi piedi), ma gli ci era voluto poco per capire che era difficile odiarlo. Era bastato che scoprisse che condividevano la stessa origine che da quel momento Rosario aveva iniziato a provare per lui un affetto spontaneo, simile alla gioia di trovare un compaesano lontano da casa e nel giro di poco era nata una splendida amicizia. 
Prima di conoscerlo, Amedeo aveva passato l'infanzia e l'adolescenza a ricercare l'approvazione dei ragazzi più carismatici, non potendone chiedere l'amore - l'educazione cattolica e quella dei genitori meridionali non gliel'avrebbero permesso -, e di colpo il migliore fra questi l'aveva eletto a suo migliore amico, il tutto senza che fosse costretto a far alcuna fatica. L'aveva reso la sua spalla, lo coinvolgeva nei suoi oramai leggendari scherzi al resto della squadra della radio e insieme avevano girato ogni luogo di Milano, collezionando così tanti aneddoti e storie che un giorno avrebbero potuto farci un libro. Ma Rosario non gli aveva offerto solo il lato divertente che lo rendeva 'Fiorello’: quando era morto suo padre, aveva avuto modo di conoscere il suo lato più fragile, che spesso e volentieri teneva nascosto e Amedeo l'aveva sostenuto come avrebbe fatto il migliore degli amici. Quell'evento paradossalmente li aveva avvicinati molto di più delle notti in bianco, portandoli a confidarsi le rispettive paure e desideri e man mano che questi venivano svelati, era come se ogni pudore scomparisse e la loro amicizia si fosse irrimediabilmente fortificata. E con quale coronamento…
“… Sai qual è la cosa più brutta? È che papà se n'è andato proprio durante il Festival… Adesso come farò a guardarlo?” aveva scherzato per la prima volta dopo essere tornato a Milano dal funerale.  
“Lo guarderai, Ciuri, lo guarderai, anzi… Un giorno io e te ne faremo uno talmente bello che quando ripenserai al Festival ti verrà in mente solo quello!"
Ricordava ancora l'occhiata sorpresa che gli aveva rivolto.                                  "Io e te a Sanremo? Figurati se ce lo fanno condurre a noi: e poi ci vedi me a Sanremo? Tu sei molto più da Rai di me…"                                                     "Non m'importa, gli obbligherò a prenderti: se vogliono me, dovranno prendere anche te!" 
E lui, rivolgendogli un sorriso che se il mondo fosse stato più clemente lo avrebbe spinto a baciarlo per la gioia, gli aveva risposto: "Allora prometto che se mai, SE MAI, la Rai ti affidasse il Festival, sarò a farti da supporto morale!"   Avevano suggellato la promessa con una stretta di mano per poi abbracciarsi, come fratelli. Peccato che in quel momento Amedeo si era sentito ancora più colpevole per i sentimenti che provava per lui di quanto gli fosse mai capitato.
Amedeo sta ripensando a quel momento quando dalla folla danzante riemerge Rosario che balla con un’affascinante bionda che non nasconde troppo quale finale vorrebbe dare alla sua serata. Amedeo la guarda e sente l'invidia scorrergli in corpo come un brutto veleno… Da una parte però come biasimarla, soprattutto quando il suo ballerino sembra posseduto dal demone della danza e balla meglio di tutti quelli che si trovano in pista? Come fa a muoversi in quel modo, senza fatica e senza imbarazzo? Se solo potesse andare verso Ciuri e sostituirsi alla bionda… No, non deve chiamare Rosario Ciuri, è il soprannome meno etero tra quelli con cui gli ha permesso di chiamarlo - anche se gli piace così tanto ed è il solo a poterlo usare -. Ma soprattutto, è stufo di stare a guardare gli altri divertirsi, in particolare qualcuno che non potrà mai avere. Butta giù l'ultimo sorso del suo Margarita e s'incammina faticosamente verso uno dei cubi. C'è odore di alcool, cloro, sudore, salsedine e altro che non è sicuro di voler conoscere, ma non sarà questo a fargli perdere di vista il cubo dal quale Rosario non potrà non vederlo e vedere come si diverte senza di lui. Soprattutto da quando sul cubo è salita la sosia di Madonna nel video di 'Hanky Panky’.
Le mani di Paloma hanno preso ad esplorare il suo corpo oltre i limiti del consentito in pubblico, ma Rosario la lascia fare, perché è la cosa meno trasgressiva che abbia visto fare in quel locale. Sta già pregustando l'inevitabile seguito di quel ballo quando qualcosa entra nel suo campo visivo… È Ama quello che sta ballando sul cubo? Ma soprattutto, sa di avere dietro due ballerini neri nudi e decisamente superdotati? Di colpo Paloma e le sue mani non sembrano più così tanto interessanti, così le chiede scusa per abbandonarla lì dove un momento prima stavano ballando per avvicinarsi quanto riesce al cubo e avvisare il suo amico della 'compagnia’.
"Ama, Ama!"
Niente, non lo sente. Can’t touch this è troppo forte e lui continua a ballare come se niente fosse. Rosario comincia a sbracciarsi per farsi notare, ma ancora niente. Potrebbe lasciar perdere, recuperare Paloma che forse è ancora in tempo, e invece rimane lì, a guardare il suo migliore amico ballare incosciente di essere solo. Gliel'ha sempre detto che il segreto per ballare bene è fingere di essere da solo con le cuffie nelle orecchie e ora eccolo lì, su un cubo a muovere i fianchi senza alcun pudore… Peccato solo non possa farsi avanti.
Di Amedeo Sebastiani la prima cosa che l'aveva colpito era stato il fatto che rideva ad ogni sua battuta, anche le peggiori. E siccome amava mettersi costantemente alla prova e soddisfare la propria vanità, Rosario si era sentito sempre spinto a dare il meglio per farlo ridere di gusto. Solo che a un certo punto i suoi continui successi avevano iniziato a soddisfare anche un'altra parte di sé, una parte che conosceva molto bene, ragion per cui si era sempre premurato di tenere il più nascosta possibile. Se voleva diventare qualcuno, se voleva continuare ad essere amato da tutti che passasse pure per un morto di figa: gli vengono comunque perdonate più cose che a un mezzo richione. I villaggi turistici per quello erano stati una liberazione: tra una signora annoiata e una ragazza in cerca di avventure aveva avuto modo di esplorare questa parte di sé con i loro corrispettivi maschili, sicuro che nessuno lo avrebbe mai tradito  perché i pochi che lo sapevano erano la discrezione fatta persona - oltre che uomini molto aperti di mente -. Era sempre stato attento a evitare di prendersi sbandate in ambienti lavorativi ed ecco che nel giro di qualche tempo si era ritrovato a sbavare dietro quel figurino sempre così calmo ed educato. Quanto gli piaceva sconvolgerlo coinvolgendo nelle sue uscite senza fine per Milano portandolo nei posti più strani e spingendolo a lasciarsi andare: erano giovani, se non si divertivano ora, quando avrebbero potuto farlo? Spesso faceva ancora più casino di quanto avrebbe fatto normalmente pur di vedere le sue reazioni, perché in fondo era chiaro a tutti che Amedeo lo teneva sul palmo di una mano: se avesse potuto dimostrargli meglio quanto la cosa era reciproca, che lo considerava la persona più gentile, talentuosa e preparata che avesse conosciuto, che non smetteva mai di mostrare lati inediti che non facevano che renderlo più desiderabile che mai (chi l’avrebbe detto che sapeva cavalcare?)… Ma soprattutto, Amedeo era una delle poche persone a ispirargli fiducia e a fargli venire voglia di diventare un artista e una persona migliore; come quando suo padre era morto e per consolarlo al pensiero che non avrebbe più guardato il Festival senza pensarci gli aveva promesso che un giorno l'avrebbero condotto insieme e avrebbe avuto solo bei ricordi connessi a quello. Maledetto Claudio che li faceva sempre lavorare insieme: aveva idea di quanto fosse difficile sforzarsi di essere professionali quando avevi accanto un ragazzo che avrebbe rinunciato all'occasione della vita se non avessero preso anche il suo migliore amico?
Ma non è questo il momento di rimembrare la promessa e l'abbraccio che si sono scambiati in seguito, ora deve far scendere Amedeo dal cubo prima che quei due stalloni diventano troppo molesti. Non che gli dispiaccia la visione, anzi, è parecchio eccitante, ma è sicuro al cento per cento che il suo Ama non se ne sia accorto.
Prova a richiamarlo, stavolta più forte: "Ama, Ama!"
Finalmente si accorge di lui.
"Dietro di te!” gli urla indicandogli di guardare alle sue spalle.
E come volevasi dimostrare, quel nanosecondo che ci impiega per rendersi conto della situazione lo trasforma in un attimo da re della festa a ragazzino imbarazzato alla sua prima volta in discoteca. Rosario ovviamente scoppia a ridere a crepapelle, mentre guarda il suo amico preso d'assalto dai due suoi improvvisi compagni di ballo mentre cerca di scendere dal cubo. Fa per fare una battuta a Paloma, quando si ricorda di averla persa di vista e che sarà difficile ritrovarla in quella marmaglia di gente. Poi però lancia un'occhiata al suo amico in difficoltà e a Paloma non ci pensa più. 
“Perché non c'erano le telecamere…"
"Meno male che non c'erano le telecamere!"
Sono in camera nel loro alberghetto dalla parte opposta dell'isola rispetto alla discoteca, a scolarsi qualche bottiglia di birra per rilassarsi dopo tutto il caos di cui facevano parte qualche ora prima. Rosario continua a ricordare divertito quell'istante, mentre Amedeo vorrebbe solo esser stato inghiottito dal cubo. E lui che pensava di mostrare che poteva divertirsi senza problemi anche senza il suo amico…
”… Sono salito pensando di trovare la sosia di Madonna…“
”… E hai trovato i suoi ballerini! Povero Ama, per stasera siamo entrambi in bianco!”
Amedeo si fa all'improvviso più attento mentre Rosario gli rivela come i suoi tentativi di salvargli la reputazione gli siano costati la perdita dell'affascinante spagnola che aveva rimorchiato. Non è sua abitudine gioire delle 'disgrazie’ altrui, ma in quel momento non può fare a meno di rallegrarsi per aver evitato l'ennesimo racconto di un'avventura che lo ecciterebbe e infurierebbe al tempo stesso. Fortuna che il suo amico non possa leggergli nel pensiero, anche se i suoi pensieri piacerebbero ad Amedeo: Rosario infatti sta bevendo la sua birra e non riesce a staccare gli occhi dal suo amico che sarà pure quello che arriva sempre preparato, sia sul piano musicale che su quello pratico, ma stasera ha tutti i segni della classica nottata ad Ibiza che lo rendono ancora più affascinante del solito. In questo momento il nome d'arte che gli ha dato Claudio non potrebbe calzargli meglio a pennello.
”… Che poi la canzone di sottofondo, Can’t touch this… A una certa ti stavano toccando ovunque!“
Ad Amedeo in quel momento le orecchie diventano bordeaux esattamente come quando si era ritrovato in mezzo ai due ballerini. Quando comincia a ridere per smorzare la tensione, Rosario capisce che quello è il momento di maggior vulnerabilità e inizia a toccarlo ovunque, scherzosamente, divertito dal suo crescente imbarazzo. Nei cinque anni che ha avuto l'occasione di conoscerlo, Amedeo ha imparato che Rosario è una persona molto fisica, del tipo che quando parla ti prende la mano o ti blocca un braccio per essere sicuro che lo stai ascoltando: è vero che il più delle volte lo fa spontaneamente, ma ogni volta che lo fa, Amedeo prega il Signore di non dar troppo a vedere quanto il suo corpo dipenda da quel contatto anche casuale. Peccato che adesso, tra le varie parti del suo corpo che abbia preso di mira, ce ne sia una particolarmente suscettibile al contatto fisico e una parte di lui spera che questa tortura finisca presto o potrebbe mandare all'aria una bella amicizia. Quando si rende conto di dove l’ha appena toccato, Rosario si ferma: l’ha fatto spontaneamente, Amedeo non ha reagito in maniera particolare, eppure gli rivolge uno sguardo come se non l'avesse mai visto o si fosse trasformato di colpo in un'altra persona. Le labbra di Rosario si piegano in uno di quei sorrisi che hanno il potere di sciogliere una persona come neve al sole e in un attimo Amedeo si ritrova le sue mani sulle spalle e la sua bocca sulla sua. Ha gli occhi ancora spalancati per la sorpresa quando inizia a baciarlo delicatamente, come se sapesse che quello è il suo primo bacio, dato a un uomo perlomeno. E prima che questo miracolo si riveli soltanto un sogno molto reale, chiude gli occhi per concentrarsi a ricambiare quella che oramai è la sua principale fonte di ossigeno.
Rosario non sa bene cosa l’ha spinto a fare quello che sta facendo. Si è lasciato guidare dal momento, ma non appena ha iniziato a baciarlo ha pregato tutti i santi che un'eventuale reazione negativa del suo amico non lo costringa a fare una battuta per uscire dall'imbarazzo di un rifiuto; ma quando sente la mano di Amedeo sulla nuca, è come se partisse una scarica elettrica che gli corre lungo tutta la schiena e lo spinge a baciarlo ancora più intensamente e a venir ricambiato con la stessa intensità.
"Ama! Fiore!"
Basta qualche colpo alla porta dato da Leonardo per far staccare i due, fino a qualche minuto prima improbabili, amanti.
"Minchia, Leo, la prossima volta prendi le chiavi la prossima volta, stavamo dormendo!” sbotta Rosario, alzandosi e andando ad aprire molto lentamente la porta, dando il tempo ad Amedeo di disfare i letti a supporto della bugia. E non appena entra Leonardo, i due si comportano come se fossero stati effettivamente svegliati all'improvviso. Fortuna che l'amico è troppo preso a raccontare cos’ha fatto con la ballerina di flamenco che frequenta da una settimana per accorgersi che i due non sono messi così male da essersi addormentati di colpo vestiti. E dal momento che anche questa notte non si dorme, una volta terminato il suo racconto, Rosario comincia a raccontare a Leonardo della loro serata, aneddoto dei ballerini compreso. Tutto sembra perfettamente nella norma. Peccato che Amedeo conosca abbastanza Rosario per capire che la sua voce sia appena più nervosa del normale e si passi le mani troppe volte nei capelli.
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thetudorslovers · 5 years ago
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"Giuliano de' Medici (25 March 1453 – 26 April 1478) was the second son of Piero de' Medici and Lucrezia Tornabuoni. As co-ruler of Florence, with his brother Lorenzo the Magnificent, he complemented his brother's image as the "patron of the arts" with his own image as the handsome, sporting, "golden boy."
Giuliano had been promised in marriage to Semiramade Appiani Aragona, daughter of Iacopo IV Appiani, the Lord of Piombino. He died without any legitimate heir .
Giulio di Giuliano de' Medici, Giuliano's illegitimate son by his mistress Fioretta Gorini,  went on to become Pope Clement VII.
As the opening stroke of the Pazzi Conspiracy, he was assassinated on Sunday, 26 April 1478 in the Duomo of Florence, Santa Maria del Fiore, by Francesco de' Pazzi and Bernardo Baroncelli.He was killed by a sword wound to the head and was stabbed 19 times. In this Conspiracy took part : Pope Sixtus IV ,Girolamo Riario Francesco, Salviati Francesco de' Pazzi,
Giovan Battista da Montesecco, Antonio Maffei da Volterra , Stefano da Bagnone, Bernardo Bandini dei Baroncelli, Jacopo di Poggio Bracciolini, Jacopo de' Pazzi, Rinaldo Orsini, Federico da Montefeltro.
The Pazzi conspiracy (Italian: Congiura dei Pazzi) was a plot by members of the Pazzi family and others to displace the de' Medici family as rulers of Renaissance Florence.On 26 April 1478 there was an attempt to assassinate Lorenzo de' Medici and his brother Giuliano de' Medici. Lorenzo was wounded but survived; Giuliano was killed. The failure of the plot served to strengthen the position of the Medici. The Pazzi were banished from Florence.
After a modest funeral on 30 April 1478,Giuliano was buried in his father's tomb in the Church of San Lorenzo, but later, with his brother Lorenzo, was reinterred in the Medici Chapel of the same church, in a tomb surmounted by a statue of the Madonna and Child of Michelangelo."
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nuviolebianche · 5 years ago
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« Les temps changent, on connait plus l'nom des fleurs
On prend la tangente, l'amertume au fond des cœurs »
-Népal (repose en paix grand artiste 🙏🏻)
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fondazioneterradotranto · 5 years ago
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Nuovo post su https://is.gd/Z8iCy7
La terra d'Otranto del XVII secolo nei versi di un autore coevo
di Armando Polito
Oggi l’Italia arranca disperatamente in Europa e nel mondo e le roboanti, giornaliere  dichiarazioni su un presunto riconoscimento altrui del nostro prestigio rappresentano solo un tentativo di gettare fumo negli occhi per avere consensi in cabina elettorale. Ancora più desolante è il quadro se lo sguardo per settori si sofferma sul profondo sud. Che la situazione, soprattutto sotto il profilo economico, per quanto territorialmente ci riguarda fosse radicalmente diversa quattro secoli fa, lo mostra non solo una vasta letteratura specialistica con le sue testimonianze del tempo, ma anche la produzione poetica. Prenderemo in considerazione, per quanto riguarda quest’ultima, Paolo Antonio Di Tarsia1 e la sua opera Europa pubblicata a Madrid nel 1659, prima edizione ormai introvabile. Una seconda uscì a Lione nel 1661 e ad essa farò riferimento2.
L’opera, tutta in latino,  contiene all’inizio ben tre dediche: due in prosa, rispettivamente di uno di coloro a spese dei quali l’opera fu pubblicata (C. Bourgeat) a Giovanni Clemente di Belle-Croix e del Di Tarsia a Pasquale d’Aragona; la terza, ancora del Di Tarsia, in distici elegiaci, a papa Alessandro VII, che già era stato vescovo di Nardò3. Seguono 14 elegie celebranti l’Europa. Alla fine il volume contiene note esplicative per ogni elegia (in questa seconda edizione, come si legge nel frontespizio, sono del fratello Biagio.
Appare significativo che nella parte dedicata al Regno di Napoli (Elegia V, pp. 19-22) sono ricordati, ognuno con una o più peculiarità, ben dieci centri di Terra d’Otranto. Siccome vi compaiono in ordine sparso nelle pp. 21-22, ne riproduco i dettagli dopo averli estrapolati (nota esplicative comprese, laddove ci sono), aggiungendo alla trascrizione la traduzione e qualche nota. Le elegie, superfluo dirlo, sono in distici elegiaci; di solito, però, ogni toponimo non occupa l’intero distico ma solo la prima o la seconda parte, cioè o l’esametro o il volgarmente detto pentametro. La E o la P in parentesi tonde accanto ad ogni toponimo hanno questa funzione indicativa. Anticipo che dominanti sono i riferimenti all’economia o al paesaggio, ad eccezione di quelli culturali di Rudie e Martina Franca.
                                                                            BRINDISI (E)
Brundusium commendant Castra, Via Appia, Portus. (Fanno apprezzare Brindisi i castelli, la via Appia, il porto)
                                                                           TARANTO (E)
Aequor ut immensum, extendit se fama Tarenti. (Come l’immenso mare si estende la fama di Taranto)
                                                                              GALLIPOLI (P)
Gallipolis cultros, vinaque, vela facit. (Gallipoli produce coltelli, vini, veli)
Gallipolis. Vela ibi fiunt ex bombacio sive xylo, aureis sericisque filis intexta, quibus Mulieres tegendis, ornandisque capitibus utuntur. (Gallipoli. Ivi si fanno veli di bambagia ovvero cotone, intessute di fili di oro e di seta, dei quali le donne si servono per coprire e ornare la testa)
E dopo? Si legge in Pietro Maisen Valtellinese, Gallipoli e suoi dintorni, Tipografia municipale, succursale della Tipografia Garibaldi in Lecce, Gallipoli, 1870, pp. 53-54: Uno sguardo retrospettivo di due o tre secoli, ci addita Gallipoli la città delle industrie e delle belle arti. Avevansi diverse manifatture come di mussolini e veli di finissima ventinella, fregiati di vari colori, ed altri travagli di cotone di cui era molto esteso il lavoro. Si fabbricavano guanti e calze di finissima ventinella, di cui i Maltesi, i Veneziani, i Genovesi e Siciliani ne facevano grande smercio; ma ora tali lavori decaddero in depreziamento per le esotiche manifatture che s’introdussero a prezzi mitissimi, di cui non ponno sostenere la concorrenza le indigene.
                                                                              LECCE (E)
Dulce domos ornent pelles, quas pingit Aletum. (Le pelli che colora Lecce, piacevole cosa, ornino le case)
Aletum. Vulgò Lecce. Provintiae Hydruntinae caput. Pelles ibi coccinei coloris ex Oriente delatas,auro et coloribus graphicè exornant, pinguntque,quibus sellas, mensas, scrinia, ephippia, caeteraque utensilia tegunt. (Aleto. Correntemente Lecce. Capitale della provincia otrantina. Ivi con oro e colori adornano e dipingono artisticamente le pelli di colore scarlatto importate dall’Oriente, con le quali rivestono sedie, tavoli, cofanetti, selle e altri utensili) 
Aletum mi appare come deformazione di Aletium (nulla a che fare con l’attuale Alezio) che il Galateo (XV-VI secolo) riporta come una delle tante varianti: Urbem hanc alii Lupias, alii Lypias, alii Lopias, alii Lupium, alii Lispiam, alii Lypiam, alii Aletium, alii Licium, alii Lictium, a Lictio Idomeneo, alii Liceam: omnia haec nomina idem sunt. (Alcuni chiamano questa città Lupie, altri Lipie, altri Lopie, altri Lupio, altri Lispia, altri Lipia, altri Alezio, altri Licio, altri Littio da Littio Idomeneo, altri Licea: tutti questi nomi sono la stessa cosa)
                                                                        GALATONE (P)
Vite, oleis, plena est Galata, melle, croco. (Galatone è piena di vite, di ulivi, di miele, di zafferano)
Quanto allo zafferano ancora oggi, nonostante tutto, fiorisce spontaneamente, almeno nella campagna in cui, a Nardò, ho la fortuna di vivere, ma la storia è vecchia. Scriveva, infatti, il già citato Galateo: Hic coelum salubre, ac tepidum, aurae salutares, et suaves, ager apricus semper vernans floribus, et bene olentibus herbis, thymo, thymbra, pulegio, serpillo, hysopo, melolotho, camomilla, calamentho, ubique abundans; unde et caseum nobile, et mel gignit, non deterius Hymectio, ac crocum laudatissimum. Itaque ut apud Marsos, et Pelignos Sulmonensis, sic et apud Salentinos Galatanensis crocus ceteris praestat. Temporibus patrum nostrorum in Salentinis hic, non alibi crocus habebatur. Unde huc venerit incompertum est: attamen videtur hoc solum sponte sua crocum gignere. Omnis ager, ubi sues non sunt, silvestri croco abundat; qui flore, bulbo, capillamentis, ortensi sive sativo similis est; tempore etiam conveniunt, uterque enim floret post ortum Arcturi.(Qui [nel territorio di Galatone] il clima è salubre e tiepido, l’aria salutare e soave, la campagna soleggiata che sempre si ricopre di fiori e di erbe profumate: timo, santoreggia, puleggio, serpillo, issopo, meliloto, camomilla, nepeta abbondante ovunque. Perciò produce pregiato formaggio e miele non inferiore a quello dell’Imetto [monte della Grecia famoso nell’antichità per la bontà del suo miele] e zafferano apprezzatissimo. E così, come presso i Marsi e i Peligni il croco di Sulmona, presso i Salentini lo zafferano di Galatone supera gli altri.Ai tempi dei nostri padri il croco c’era qui in Salento, non altrove. Da dove sia giunto qui, non si sa, tuttavia si vede che questa terra lo produce spontaneamente. Ogni campo dove non ci sono maiali  abbonda di zafferano selvatico, che nel fior, nel bulbo, nei filamenti è simile a quello dei giardini o coltivato. Concordano pure nel tempo: entrambi infatti fioriscono dopo il sorgere di Arturo [stella visibile in primavera guardando ad est])
                                                                           GROTTAGLIE (E)
Spumantes offert bibulis Cryptalla racemos. (Grottaglie offre ai bevitori spumeggianti vini)
Si legge in Vincenzo Corrado, Notiziario delle produzioni particolari del Regno di Napoli, Nicola Russo, Napoli, 1792, p. 128 : Produce di particolare il territorio di questa Terra [Galatone] grossissime e gustose mela granate; puranche saporite uve, per cui il vino delle Grottaglie vanta un’eccellenza superiore agli altri vini della Provincia.
                                                                               OSTUNI (E)
Ostuni Diana dedit sua munera sylvis. (Diana diede i suoi doni alle selve di Ostuni)
In Giovanni Battista Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva, Parrino, Napoli, 1703, parte II, p. 177: Nelle selve assai feconde di Salvaggina, e fra’ Campi fertili di odoroso, e gratissimo Vino, di Olio, di Formento, e di altro esquisito, siede questa [Ostuni ]…
Sarebbe interessante sapere quanto esattamente è rimasto di quella selva e, questa volta, per colpa di quale dio o sedicente tale…
                                                                                     RUDIE (P)
Eversas Rudias Ennius erudiit. (Ennio erudì la devastata Rudie)
                                                                                   EGNAZIA (E)
Olim ignes factos, Equites nunc Gnatia gignit. (Egnazia ora genera cavalieri, un tempo fuochi fatti [senza che si vedessero4])
Gnatia. Nunc Monopolis, Urbs praeclara, et nobilis in Apulia Peucetia. Hic olim thura liquescere credebant Gentiles in primo templi aditu,sine igne, supero nimirum calore, de quo Horatius lib. serm. saty. 5. (Egnazia. Ora Monopoli, città illustre e nobile nella Puglia peucezia. Qui un tempo i pagani credevano che gli incensi si liquefacessero nel vestibolo del tempio senza il fuoco, senza dubbio per il calore celeste, della qual cosa [parla] Orazio, libro I, satira 5)
Ed ecco il pezzo oraziano (vv. 97-100):… dein Gnatia Lymphis/iratis exstructa dedit risusque iocosque,/dum flamma sine tura liquescere limine sacro/persuadere cupit. (… poi Egnazia dalle acque adirate5 diede occasione di ridere mentre vuol farci credere che sulla sacra soglia l’incenso si liquefà senza fiamma)
                                                                     MARTINA FRANCA (E)
Me iuvenem Martina dedit Grecumque Latinum. (A me giovane Martina diede il greco e il latino)
Martina. Alludit ad doctissimum Ludimagistrum Iosephum Caramiam in ea Urbe natum, à quo Auctor, Graecis Latin(is)que Litteris Cupersani imbutus fuit. (Martina. Allude al dottissimo maestro Giuseppe Caramia nato in quella città, dal quale l’autore fu istruito a Conversano nelle lettere latine e greche)    
                                                                            OTRANTO (P)
Ex Hydruntinis citria mala pete. (Agli otrantini chiedi cedri)
Oggi non so, ma questa caratteristica permane nel XVIII secolo; si legge in Francesco d’Ambrosio, Saggio istorico della presa di Otranto .., Giuseppe De Bonis, Napoli, 1751, p. 3: Questa Città ha breve il suo orizonte,per il sito basso che tiene, vedendosi per terra circondata da valloni; e però sarebbe di aria mal sana, se i molti arbori di cedri, e melaranci, de’ quali nelle sue vicinanze abbonda, non la purificassero col grato, e continuo odore. E in Francesco Antonio Primaldo Ciatara, Relazione di fatti che interessano la fedelissima città di Otranto, Stamperia Simoniana, Napoli, 1772, p. 6: Il terreno della Città di Otranto poi è molto atto agli aranci, cedri, e limoni per le acque, che lo bagnano.
                                                                               NARDÒ (P)
Stragula Neriti xylina lectus amat. (Il letto ama le coperte in cotone di Nardò)
Neriti. Urbs Neritonensis celebris est. Texuntur ibi stragula, sive lectorum tegumenta lemniscata ex bombacio, sive Xilo, quae sunt in pretio. (Di Nardò. La città di Nardò è celebre. Vi si tessono coperte o coperture di letti decorate di nastri di bambagia ovvero cotone, che sono apprezzate)
Coverte di bombace di Nardò ricorre, quasi a mo’ di etichetta, negli inventari presenti in atti notarili fino alla fine del secolo XIX e riferentisi, è ovvio, a famiglia abbienti.
____
1 Nato a Conversano nel 1619 , morto a Madrid nel 1670, pubblicò anche: 
De S. Io. Baptistae humanae salutis prodromi laudibus oratio panegyrica. Ad illustrissimum, D. D. Iulium Aquavivam Aragonium, Francesco Savio, Napoli, 1643
Divae Virginis insulanae cupersanensis historia, Iuliano De Paredes, Madrid, 1648
Historiarum Cupersanensium libri tres, Iuliano De Paredes, Madrid, 1649
Memorial politico-historico, s. n., Madrid, 1657
Succus prudentiae sacropoliticae ex nonnullis r. Pp. Ioan. Eusebii Nierembergii, Societ. Iesu, operibus expressus, & per locos communes digestus, a spese di Claude Bourgeat e Michel Lietard, Lione, 1659
Vida de Don Francisco de Quevedo y Villegas, S. M. Redondo, s. n., 1663
Tumultos de la ciudad y Reyno de Napoles, en ano de 1647, En Leon de Francia: a costa de Claudio Burgea, mercador de libros, 1670
2 https://books.google.it/books?id=kJhf-zqGOCcC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false
3 http://www.fondazioneterradotranto.it/2014/03/02/alessandro-vii-un-papa-gia-vescovo-fantasma-di-nardo-e-il-suo-vice/ . Credo che questa dedica e l’altra della prima opera indicata nella nota 1 a Giulio Acquaviva (marito di Caterina d’Aragona duchessa di Nardò) siano due dati non sufficienti ad ipotizzare un qualche rapporto tra il Di Tarsia e Nardò, tanto più che il futuro papa da vescovo non vi mise mai piede e la stessa Caterina dopo le nozze risiedette stabilmente nella città del marito, a Conversano.
4 Per comprendere il senso della traduzione e di questa integrazione è necessario leggere il seguito.
5 Questa è la traduzione letterale di lymphis adiratis, locuzione la cui oscurità ha propiziato fin dai tempi antichi una ridda di interpretazioni: chi vi ha trovato un’allusione alla penuria di acqua dolce, chi, quasi collateralmente, all’abbondanza di acqua salmastra, chi al potere distruttivo dei torrenti precipitanti dalle Murge (in questo caso la traduzione sarebbe “distrutta dalle acque adirate”.
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tradizioni-barcellona · 2 years ago
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MARTEDÌ 23 AGOSTO 2022 - 🔸♦️ SANTA ROSA DA LIMA ♦️🔸 Rosa da Lima, o Rosa di Santa Maria, al secolo Isabel Flores de Oliva (Lima, 20 aprile 1586 – Lima, 24 agosto 1617), è stata una religiosa peruviana del terz'ordine domenicano. È stata canonizzata nel 1671 da papa Clemente X ed è la santa patrona del Perù, suo paese di origine. Rosa nacque a Lima, nel ricco Perù, il 20 aprile 1586 da una nobile famiglia di origine spagnola, decima di tredici figli, e fu battezzata con il nome di Isabella. Il padre si chiamava Gaspare Flores, gentiluomo della Compagnia degli Archibugi, la madre donna Maria de Oliva. Quindi il suo nome completo era Isabella Flores de Oliva. Questo però sarà poi dimenticato in favore del nome che le diede la serva affezionata, di origine india, che le faceva da balia, la quale, colpita dalla bellezza della bambina, secondo il costume indios le diede il nome di un fiore, nello specifico una rosa. I suoi numerosi agiografi (esistono circa 400 agiografie su di lei), raccontano che a tre mesi dalla nascita la sua culla sarebbe stata circondata da rose. Fu cresimata dall'allora arcivescovo di Lima, anche lui Santo, Turibio de Mogrovejo, che le confermò, tra l'altro, in onore alle sue straordinarie doti fisiche e morali, quell'appellativo datole dalla serva india, Rosa. E ad esso aggiunse anche "di Santa Maria" ad esprimere il tenerissimo amore che sempre ebbe per la Vergine, soprattutto sotto il titolo di Regina del Rosario, la quale non mancò mai durante la sua vita di comunicarle il dono dell'infanzia spirituale fino a farle condividere la gioia e l'onore di stringere spesso tra le braccia il Bambino Gesù. Visse un'infanzia serena ed economicamente agiata. Ben presto, però, la sua famiglia subì un tracollo finanziario. Rosa, che aveva studiato con impegno, aveva una discreta cultura ed aveva appreso l'arte del ricamo. Si rimboccò quindi le maniche, aiutando la famiglia in ogni genere di attività, dai lavori casalinghi alla coltivazione dell'orto ed al ricamo, potendosi così guadagnare da vivere. Fin da piccola comunque aspirava alla vita religiosa. Il suo modello di vita e di fede era diventata Caterina da Siena, di cui aveva letto gli scritti si (presso Lima, Peru) https://www.instagram.com/p/ChmSjqFMY0j/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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michelangelob · 3 years ago
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Monna Margherita e il mio agente Fattucci
Monna Margherita e il mio agente Fattucci
Giovan Francesco Fattucci era il cappellano di Santa Maria del Fiore e spesso faceva da intermediario fra me e papa Clemente VII curando i miei interessi. Nel corso degli anni il nostro rapporto si rinsaldò talmente tanto che lui si prendeva la briga di andare a trovare i miei familiari quando me ne stavo a Roma. Nella lettera che mi scrisse il il 18 maggio del 1538 da Firenze mi rendeva noto…
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lamilanomagazine · 3 years ago
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Al negozio PIME di Milano, tante delizie artigianali e solidali
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Il tradizionale panettone avvolto in un colorato  foulard ricavato da sari indiani riciclati, deliziosi alberelli di cioccolato dai gusti variegati, cesti e cofanetti regalo con  birre, vini, marmellate e tante altre bontà dolci e salate provenienti da monasteri italiani e cooperative sociali. Anche quest' anno allo shopping store del Centro missionario PIME di Milano in via Monterosa 81 sono tante le idee golose per celebrare il Natale e allo stesso tempo fare del bene: come sempre, acquistando questi prodotti si sostengono i missionari in Italia e nel Mondo e si contribuisce indirettamente ai progetti di solidarietà ed emancipazione in cui sono impegnati  gli stessi fornitori. Si possono fare ordini online sul sito e-commerce negozio.pimemilano.com o chiamando nel negozio da lunedì al sabato ore 9-18. Per informazioni: email [email protected],  telefono 02 43822390 .  Il Panettone Solidale Fiore all’occhiello dell’offerta natalizia del PIME da più di 10 anni, il Panettone è realizzato da Variomondo, cooperativa di Limbiate impegnata nel commercio di prodotti artigianali ed alimentari provenienti dai Paesi del Sud del Mondo o da realtà italiane no profit. Il dolce è a base di lievito madre ed altri ingredienti equosolidali ed è confezionato in un foulard ricavato dal riciclo dei coloratissimi sari indiani. Disponibile in versione classica (900gr), con gocce di cioccolato (900 gr), con mele e cannella(750) o come Pandoro (750 gr). Prezzo: €13,80   Creme dolci e salate di La Madre Terra Madre Terra di San Clemente (RN), presente sul mercato dal 1987, è il marchio di una cooperativa che, oltre a produrre prodotti biologici di alta qualità, porta sul mercato l’impegno di quanti, diversamente abili e non, hanno ritrovato la propria dignità attraverso  il lavoro in questa struttura  in cui  nessuno è escluso e ognuno diventa importante. Le proposte per assaggiare le  principali specialità sono due:   Piccole Tentazioni: confezione regalo con 4 vasetti, 2 di creme salate bio (35 gr) e 2 di creme dolci o confetture extra bio (40 gr). Gusti: albicocca, nocciola e cioccolato, mela e zenzero; funghi, topinambur, cavolo nero, porro e curry. Prezzo: €11,90   Doppio Gusto: confezione regalo con 2 vasetti: crema zucca e porro (180 gr), confezione extra di pera e bergamotto (220 gr). Prezzo: €11,90    Vino, lenticchie, hummus e pasta di Libera Terra   La cooperativa Libera Terra di San Giuseppe Jato (PA) nasce con l’obiettivo di valorizzare territori stupendi ma 'difficili', partendo dal recupero sociale e produttivo dei beni liberati dalle mafie per ottenere prodotti di alta qualità attraverso metodi rispettosi dell’ambiente e della dignità della  persona. La  vasta offerta include vini locali e una varietà di referenze tipiche e biologiche a marchio I Giusti di Libera Terra.   Confezione Libera: busiate (pasta tipica siciliana a spirale) biologiche 500gr, lenticchie biologiche 400gr, hummus (crema di ceci biologica) 270gr, Giato Nero d’Avola Perricone Sicilia DOC 2019 75cl. Prezzo: €22,90   Cofanetto di Vini Centopassi Giato: Giato Nero d’Avola, Perricone Sicilia DOC 2019 75cl, Giato Grillo, Catarratto Sicilia DOC Superiore 2019 75cl. Prezzo: €19   Cofanetto di Vini Hiso Telaray: Filari de Sant’Antoni Negroamaro Rosso Salento IGT 2019 75cl, Alberelli de la Santa Negroamaro Rosato Salento IGT 2019 75cl. Prezzo: €19   Olio,vino e pasta del Monastero di Siloe   Guidati dalla Regola di San Benedetto “sono veri monaci solo allorchè vivono con il lavoro delle proprie mani” i confratelli del Monastero di Siloe di Poggi del Sasso (GR) lavorano ogni giorno la terra seguendo i criteri dell’agricoltura biologica. Tutti i loro prodotti vengono poi trasformati artigianalmente affinché rimangano sani e conservino le caratteristiche nutrizionali, il gusto e i sapori originali. Le confezioni regalo sono due: Scatola legno semplice: Bottiglia di vino bio DOC maremma toscana “La Grangia” 75cl,  confezione 250gr di penne grano duro turanicum, bottiglia olio bio 250ml in confezione regalo, vasetto di salsa di pomodoro fresco bio 340 gr. Prezzo. €30,00.   Scatola cece nero: Bottiglia di vino bio DOC maremma toscana “La Grangia” 75cl confezione 250 gr di Cece nero, bottiglia olio bio 500 ml, vasetto di salsa di pomodoro fresco bio 340gr, zafferano bio. Prezzo: €40,00   Pesto, composte e sottoli di Calabria Solidale   Calabria Solidale è una rete di piccoli produttori locali che dal 2012 promuove i principi di legalità, trasparenza, rispetto del lavoro e tutela dell'ambiente. Il progetto è sostenuto dalla onlus Chico Mendes, cooperativa sociale di commercio equo e solidale fondata a Milano nel 1990. La proposta natalizia offre diverse prelibatezze, realizzate nel pieno rispetto del territorio, delle persone e delle tradizioni locali:   Il Pacco dei Golosi: olio extra vergine di oliva Calabria Solidale 75ml, melanzane a filetti sott’olio Calabria Solidale 300gr, pomodori secchi sott’olio Calabria Solidale 300gr, funghi misti sott’olio calabria solidale 300gr, pesto di pomodori secchi Calabria Solidale 190gr, composta biologica di kiwi, limone e zenzero 260gr, tavoletta cioccolato fondente con peperoncino 130gr.     Le marmellate  del Monastero Germagno   Ispirati dal tradizionale adagio monacale dell’ "ora et labora”, i frati  benedettini del Monastero Santi Pietro e Paolo di Germagno (VB) producono artigianalmente confetture, miele, alcolici e formaggi per dare sostentamento alla propria comunità. Ecco due cofanetti che racchiudono i  bestseller: le deliziose marmellate realizzate con i frutti dell’orto.   Le 4 stagioni di Germagno: confezione regalo composta da 4 confetture da 330gr dai gusti assortiti: arance intere, fragole, albicocche,nespole invernali    Le confetture  del Monastero di Vitorchiano   Poco più di 70 donne, di tutte le età, provenienti dalle più diverse esperienze, entrate in clausura per il desiderio che vivifica il cuore di ogni essere umano: conoscere il Mistero di Dio e fare esperienza del Suo Amore. In una vita plasmata dalla fede, dalla liturgia, dal lavoro manuale nel Monastero Trappista di Pallone Vitorchiano (Viterbo), nascono le ottime marmellate dolci o salate, naturali al 100 per cento, a marchio Monache Trappiste di Vitorchiano.   Colazione e Formaggi di Vitorchiano: cofanetto con 4 marmellate da 400 gr. Gusti assortiti fra: mandarino, sambuco, uva spina, peperoni e pomodori.   Le birre dei Monaci della Cascinazza   E' il 2008 quando i monaci benedettini della Cascinazza, comunità che vive all'interno del Parco Agricolo Sud alle porte di Milano, decide di seguire l'esempio di altri confratelli in Europa: avviare una produzione di birra in stile abbazia, fondando il primo micro birrificio monastico  in Italia. Da allora le  miscele artigianali e genuine, realizzate come un tempo senza alcun  processo di filtrazione, stabilizzazione o pastorizzazione,  sono conosciute e apprezzate in tutto il Paese.    Confezione regalo 2, 3 o 4!   Confezione due birre: Birra Blond e birra Amber Prezzo €22,00   Confezione tre birre: Birra Blond, Birra Amber, Birra Bruin. €35,00   Confezione quattro birre: Birra Blond, Birra Amber, Birra Bruin e Birra Krein €45   Alberelli, tavolozze e tartufini: i  cioccolati di Dolci Saperi   Dolci Saperi è un laboratorio artigianale con sede a Paderno Dugnano (MI) che utilizza solo materie prime equo solidali e di altissima qualità. In particolare la pasta di cacao alla base del loro cioccolato nasce da  due delle migliori qualità presenti sul mercato: quella domenicana e  peruviana, unite in una miscela studiata su misura per raggiungere l’eccellenza del gusto. Ecco le bontà natalizie dedicate a grandi e piccini:   Alberello di cioccolato 120 gr disponibile nelle varianti latte e nocciola, fondente e nocciola, latte e confetti, bianco e confetti, fondente e pistacchi. Prezzo: €6,00   Tavolozza di cioccolato 200 gr: bianca e cremosa, latte e frutta secca, fondente e mandorle o  fondente e pistacchi. Prezzo: €12,50   Tartufini:  confezione regalo da 180 gr con 12 cioccolatini morbidi  assortiti fra  bianco e pistacchi, latte e cocco, fondente e caffè o fondente e zenzero. Prezzo: €12,50   Nuovo Centro PIME Il PIME è il più antico istituto missionario italiano. Nacque nel 1850 come seminario lombardo per le missioni estere. Nel 2019, si è provveduto alla dismissione del polo romano concentrando le attività a Milano per una scelta di sobrietà e risparmio economico, al fine di dare più servizi. Il nuovo Cento PIME milanese, con ingresso in via Monterosa 81, oggi offre il teatro completamente rinnovato internamente ed esternamente da 499 posti, una libreria, il Museo Popoli e Culture ristrutturato e dotato di tecnologia interattiva, una caffetteria culturale, uno Store per lo shopping  equo e solidale e dei prodotti delle cooperative sociali attive in Italia; la Biblioteca con il suo patrimonio di 43.000 volumi, una nutrita emeroteca, una sala lettura aperta alla cittadinanza con particolare attenzione ai giovani studenti;  una nuova sala polivalente e altri spazi per appuntamenti culturali e proposte per il tempo libero per tutte le età. Il PIME pubblica anche la rivista Mondo e Missione. L'Ufficio Educazione Mondialità del PIME organizza attività con i ragazzi delle scuole e degli oratori. Tutte le info sul sito www.pimemilano.com Read the full article
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cinquecolonnemagazine · 3 years ago
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Elezioni amministrative 2021: le proiezioni (in aggiornamento)
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Le urne sono chiuse ed il momento del conteggio delle schede per oltre 1000 comuni e la Regione Calabria. Ecco le proiezioni: Regione Calabria Candidati%Roberto Occhiuto (Centrodestra)46,5 - 50,5Amalia Cecilia Bruni (Centrosinistra)24 - 28Luigi De Magistris (DEMA)21 - 25Gerardo Mario Oliverio (Oliverio Presidente)1,5 - 3,5 Fonte: SWG Capoluoghi di regione Roma Candidati%Enrico Michetti (Centrodestra)27-31Roberto Gualtieri (Centrosinistra)26- 30,5Virginia Raggi (M5S)16,5 - 20.5 Carlo Calenda (Calenda Sindaco)16,5 - 20.5 Fonte: SWG Napoli Candidati%Gaetano Manfredi (Centrosinistra)57 -61Catello Maresca (Centrodestra)19 -23Antonio Bassolino (Bassolino X Napoli)9 - 13Alessandra Clemente (Potere al Popolo)5,5 - 7,5 Fonte: SWG Milano Candidati%Giuseppe Sala (Centrosinistra)56.2 - 60.2Luca Bernardo (Centrodestra)27.2- 37.2 Fonte: SWG Torino Candidati%Stefano Lo Russo (Centrosinistra)44 - 48Paolo Damilano (Centrodestra)36.5 - 40Valentina Sganga (M5S)7 - 9Angelo D'Orsi (Potere al Popolo e PCI)1,5 - 3,5 Fonte: SWG Bologna Candidati%Matteo Lepore (Centrosinistra)61 - 65Fabio Battistini (Centrodestra)26,5 - 30,5Dora Palumbo (Sinistra Unita)1 - 3 Fonte: RAI Trieste Candidati%Roberto Dipiazza (Centrodestra)42.6- 46.4Francesco Russo (Centrosinistra)30.1- 34.1 Fonte: SWG Capoluoghi di provincia Benevento Candidati%Clemente Mastella (Destra)Luigi Diego Perifano (Centrosinistra)Rosa De Stasio (Fratelli d'Italia) Fonte: RAITipo: Exit Poll Caserta Candidati%Carlo Marino (Centrosinistra)Gianpiero Zinzi (Centrodestra)Pio Del Gaudio (Lista Civica) Fonte: RAITipo: Exit Poll Cosenza Candidati%Franz Caruso (Centrosinistra)Francesco Caruso (Centrodestra)Bianca Rende (M5S) Fonte: RAITipo: Exit Poll Grosseto Candidati%Antonfrancesco Vivarelli Colonna (Centrodestra)Leonardo Culicchi (Centrosinistra) Matteo Di Fiore (Potere al Popolo) Fonte: RAITipo: Exit Poll Isernia Candidati%Gabriele Melogli (Centrodestra)Domenico Bennardi (Centrosinistra)Cosmo Tedeschi (Isernia Civica) Fonte: RAITipo: Exit Poll Latina Candidati%Vincenzo Zaccheo (Centrodestra)Gianluca Bono (M5S)Damiano Coletta (Centrosinistra) Fonte: RAITipo: Exit Poll Novara Candidati%Alessandro Canelli (Centrodestra)Mario Iacopino (M5S)Nicola Fonzo (Centrosinistra) Fonte: RAITipo: Exit Poll Pordenone Candidati%Alessandro Ciriani (Centrodestra)Vitto Claut (Coalizione Etica)Gianni Zanolin (Centrosinistra)Anna Ciriani (#AmiAmoPordenone) Fonte: RAITipo: Exit Poll Ravenna Candidati%Michele De Pascale (Centrosinistra)Alberto Ancarani (Forza Italia)Filippo Donati (Lega e Fratelli d'Italia) Fonte: RAITipo: Exit Poll Rimini Candidati%Jamil Sadegholvaad (Centrosinistra)Gloria Lisi (M5S)Enzo Ceccarelli (Centrodestra) Fonte: RAITipo: Exit Poll Salerno Candidati%Vincenzo Napoli (Centrosinistra)Elisabetta Barone (M5S)Michele Sarno (Centrodestra) Fonte: RAITipo: Exit Poll Savona Candidati%Angelo Schirru (Centrodestra)Manuel Meles (M5S)Marco Russo (Centrosinistra) Fonte: RAITipo: Exit Poll Varese Candidati%Luigi Matteo Bianchi (Centrodestra)Davide Galimberti (Centrosinistra)Alberto Carlo Coletto (Azione con Carlo Calenda) Fonte: RAITipo: Exit Poll Read the full article
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pangeanews · 4 years ago
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“In questo fragore italico i miei versi son tutti ugualmente inattuali”. Sopra una poesia di Clemente Rebora
«È una bella fissazione la mia; tanto più che la mia professione mi lascia poco tempo per vestirli decentemente cotesti miei poetici parti, come dicevasi un tempo; tanto più che – vecchi o recenti, gravi o labili – son tutti ugualmente inattuali in questo fragore italico, nel quale c’è altro da pensare». Così scriveva Clemente Rebora nel 1912 all’amico Angelo Monteverdi, riguardo il suo proposito di provare a pubblicare le poesie da lui scritte, in gran segreto, fino a quel momento.
Dubbi, ripensamenti, perplessità e sfiducia tormentano la mente del poeta. Tali tentennamenti, d’altronde, sembrano confermati l’anno dopo, alla pubblicazione dei Frammenti lirici. Edito per i tipi della «Voce», la critica del tempo si dimostra molto tiepida nei confronti del libro: dissonante e contorta nei ragionamenti, nella metrica e nell’uso della lingua, la poesia dei Frammenti lirici risulta di difficilissima interpretazione. Il suo stesso editore, Giuseppe Prezzolini, ammette di non aver compreso pienamente l’opera, e di aver faticato molto per convincersi a pubblicarla.
Proprio in virtù di questa loro tortuosità, i Frammenti lirici non hanno goduto di una vasta fortuna, anche all’interno della stessa produzione reboriana, solo recentemente vi è stata una globale rivalutazione di questo primo periodo artistico del poeta.
A discapito del titolo, l’opera è in sé decisamente unitaria, come composta dai frammenti di «un solo poema che non sarà scritto» (Contini). A rendere complessa la lettura dei testi è il continuo alternarsi tra pensieri astratti e descrizioni concrete, l’uso indiscriminato di un linguaggio aulico e di termini colloquiali, l’assenza di una musicalità coerente nel tessuto metrico, caratterizzato da una estrema polimetria: i versi rispettano, almeno singolarmente, quasi sempre le norme prosodiche, ma si susseguono senza continuità di lunghezza e di ritmo, generando asimmetrie e spezzature.
Questo stile disarmonico non è dettato da una precisa volontà di dissoluzione del canone prosodico italiano, come invece accade nei versi di molti suoi contemporanei (si pensi ad esempio ai primi poeti futuristi), ma è specchio di qualcosa di più profondo.
*
Vi sono poeti che, presi da un grande tormento, riescono a trasmettere il loro stato d’animo persino nella costruzione stilistica delle loro opere; Rebora, probabilmente uno degli autori più inquieti del nostro Novecento, fa sicuramente parte di questa cerchia. Il poeta è dilaniato, nel suo animo, da forze contrastanti e interrogativi irrisolvibili. I componimenti rappresentano l’irrequietudine di un pensiero in continuo movimento, alla ricerca di certezze. L’autore, in questa spasmodica ricerca, si trova sempre in mezzo agli opposti, ed è da questi continuamente attratto o respinto. Una poesia, quindi, che vive di contrapposizioni, quasi manichea, come si evince già dal primo frammento lirico, ovvero la poesia che apre la silloge, conosciuta anche con il titolo L’egual vita diversa urge intorno.
Composta di un’unica strofa di 35 versi, la poesia assolve pienamente il suo ruolo incipitario, mostrando senza indugi o eccessivi ricami lo spirito che anima tutta la raccolta. Non è un caso che questa, infatti, si apra con un evidente ossimoro, ovvero «L’egual vita diversa». Il brulicare della vita attorno a sé, ma il suo quasi meccanico ripetersi di giorno in giorno, spinge il poeta a una ricerca infruttuosa di un senso, per poi perdersi nel suo viavai. L’assecondare la vita che scorre sembra, esternamente, cosa usuale, ma nell’anima del poeta fa nascere un’oscura paura («cerco e non trovo e m’avvio / nell’incessante suo moto: / a secondarlo par uso o ventura, / ma dentro fa paura»). Questo sgomento è suscitato dall’inesorabile scorrere del tempo, che niente riesce a fermare, né l’abbandonarsi ai piaceri, né il perdersi nella contemplazione estatica delle cose («né i melliflui abbandoni / né l’oblїoso incanto / dell’ora il ferreo bàttito concede»). Questo inquietante senso di caducità opprime il poeta, che disperatamente cerca di avventarsi sul tempo per fermarlo, quasi fosse un essere umano che fugge; nel suo pensiero, lo vorrebbe uccidere, liberarsene per sempre, nella realtà, il senso di oppressione è così alto da far venir meno il respiro («E quando per cingerti io balzo / – sirena del tempo – / un morso appena e una ciocca ho di te: / o non ghermita fuggi, e senza grido / nel pensiero ti uccido / e nell’atto mi annego»).
*
Fin qui, non si ha che una riproposizione del tema della volatilità del tempo, trattato in maniera, tutto sommato, canonica. Nella sua seconda parte, invece, la lirica sembra cambiare completamente. La tensione e la cupezza dei primi versi lasciano spazio a immagini e pensieri più luminosi, come se un repentino lampo di speranza fosse balenato nella mente dell’autore: «Se a me fusto è l’eterno, / fronda la storia e patria il fiore, / pur vorrei maturar da radice / la mia linfa nel vivido tutto / e con alterno vigore felice / suggere il sole e prodigar il frutto». Il ritmo si addolcisce, negli ultimi tra i versi riportati si affaccia pure una certa regolarità melodica. La visione descritta fa completamente parte del mondo vegetale: l’esistenza del poeta è come un albero, in cui il tronco rappresenta l’eterno, probabilmente la parte immutabile dell’essenza della vita umana, la fronda che si stacca è la storia, intesa come mutevolezza dello spazio e del tempo, il fiore la vita effettivamente percepita, bella ma fugace. L’autore vorrebbe maturare direttamente dalle radici di questo arbusto, attingendo, quindi, tanto dalla sua natura eterna, quanto da quella mutevole, e donare così al mondo un bel frutto maturo.
Per fare questo, però è fondamentale cambiare il ritmo stesso dell’esistenza. Se la quotidianità della vita contemporanea, con la sua fretta e le sue frenesie, genera paura e senso di vuoto, riavvicinarsi ai ritmi della natura, alla sua placidità e lentezza, provoca un certo senso di quiete e di luminosità; «suggere» la luce del sole «con alterno vigore felice» è l’unico modo per far maturare un frutto destinato, altrimenti, a rimanere acerbo.
Anche il senso di asfissiante isolamento dei primi versi viene meno, con il manifestarsi del desiderio di sentirsi parte di qualcosa di più ampio («vorrei palesasse il mio cuore / nel suo ritmo l’umano destino»): vorrebbe che le bellezze del mondo e dell’anima umana potessero riportare ossigeno nei polmoni di coloro che, come lui, sentono l’affanno della quotidianità («e che voi diveniste – veggente / passїone del mondo, / bella gagliarda bontà – / l’aria di chi respira / mentre rinchiuso in sua fatica va»).
*
Tutto il componimento, quindi, si basa su una serie di contrapposizioni: l’eternità e il tempo, il ritmo umano e il ritmo vegetale, l’isolamento e la condivisione, l’asfissia e l’ossigeno. Più importante, però, è sicuramente quella tra realtà e desiderio. Lo «spettacolo del mondo» si offre a Rebora in maniera contraddittoria, suscitando in lui reazioni opposte: la volontà di divenire tutt’uno con ciò che esprime bellezza e bontà, la voglia di fuggire da ciò che distrugge e che opprime. Si ha, perciò, il desiderio di fermare il tempo, di poter attingere all’eterno, di potersi liberare dagli affanni della vita. Il canto di Rebora, però, non sembra riuscire ad andare oltre il “vorrei”: proprio nel momento in cui dovrebbe spiccare il volo, si spegne, poiché consapevole della sua vanità. Ma vi è ancora una piccola possibilità di salvezza: che chiunque legga i suoi versi possa essere raggiunto dalla loro emotività, e che possa così capirne il senso; già questo risulterebbe un avvicinamento verso la condizione del poeta. È questo, infine, il motivo della scelta di Rebora di pubblicare i Frammenti lirici:
«Qui nasce, qui muore il mio canto:
e parrà forse vano
accordo solitario;
ma tu che ascolti, rècalo
al tuo bene e al tuo male:
e non ti sarà oscuro».
Nicolò Bindi
*Come “Desiderio e realtà. Un frammento lirico di Clemente Rebora”, questo articolo è stato edito originariamente su “Il Pensiero Storico. Rivista internazionale di storia delle idee”
L'articolo “In questo fragore italico i miei versi son tutti ugualmente inattuali”. Sopra una poesia di Clemente Rebora proviene da Pangea.
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thearkitalk · 4 years ago
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Trend glamping
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La nuova tendenza per le vacanze è in grado di coniuigare il piacere di immergersi nella natura con le coccole del lusso, in resort che sembrano usciti da una rivista di architettura. Vi presento il Glamping.
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Mirrorcube - Treehotel Alzi la mano chi associa alla parola “campeggio” questi flash: vita spartana, tende lillipuziane, sassi conficcati sotto la schiena, bagni chimici e imprese fantozziane tra picchetti e teloni. Anche nella mia mente scorrevano queste immagini, retaggio di un'infanzia da scout che mi ha regalato momenti bellissimi ma sicuramente non comodi e, soprattutto, che oggi rifuggirei come la peste. Fino a che mi sono imbattuta su Instagram in questo hashtag: #GLAMPING. E da lì, l'illuminazione! In un magico connubio si fondono insieme le amenità del campeggio (primo tra tutti, l'immersione nella natura) con le comodità del resort, talvolta fino a sconfinare nel lusso. Non solo tende, ma bungalow, bolle geodetiche e veri e propri gioielli di design.La tendenza non è propriamente recente, ma il particolare momento storico (a proposito, a voi cosa è rimasto di questo periodo?) indubbiamente incoraggia scelte di viaggio inusuali e meno di massa. Affascinata da queste immagini, ho navigato alla ricerca delle mete glamping più particolari e caratteristiche: eccole qui per voi. TREEHOTEL (Harads, Svezia) 
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Bird's Nest e Dragonfly - Treehotel
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Le fronde dei pini di questa foresta nel nord della Svezia sono uno scrigno che raccoglie piccole gemme di design. Sette diverse tipologie di casa sull'albero, ognuna assolutamente unica e progettata nei minimi dettagli. Tra queste Mirrorcube, un cubo di 4 metri per lato, dalle facce specchiate così da integrarsi completamente nel contesto, con tanto di un balcone nascosto dalla facciata vetrata, per vedere senza essere visti. Bird's nest, un gigantesco nido di uccelli posto sulla cima degli alberi, in grado di ospitare fino a 4 persone e accessibile attraverso una botola posta al termine di una scala. Dragonfly, una suite di ben 52 metri quadri e destinata anche ad ospitare piccole conferenze. SANDY PINES CAMPING (Kennebunkport, USA) 
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Glass House - Sandy Pines Camping
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Se “The way life should be” è il motto del Maine, alloggiare in questo glamping non può far altro che avvalorare questa tesi. Il campeggio offre diverse tiplogie di alloggio, ma le più particolari sono sicuramente le “Unique retreats” tra cui spiccano Starry Night (la casa di vetro), la cupola Stargazed e la capanna extra lusso Sheperd's Hut. Tutte dotate di letto king size, ovviamente. CAPITOL REEF RESORT (Torrey, USA) 
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Teepee e vagoni al Capitol Reef Resort
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Nello Utah si può respirare ancora l'atmosfera della frontiera, senza i disagi della dura vita del cowboy. Al Capitol Reef si può infatti dormire in teepee di lusso dotati di letto king size, aria conizionata e bagno privato. I Conestoga Wagons, invece, sembrano i vecchi caravan della corsa all'oro, ma questi possono ospitare fino a sei persone per pernottare come una carovana sotto le stelle. HANGZHOU KAIYUAN SENBO REORT (Hangzhou, Cina) 
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Hagnzhou Kaiyuan Senbo Resort Accanto al tradizionale hotel (ovviamente super stellato), perfettamente immerse nel verde della foresta a ridosso del lago Xianghu si trovano le Resort Houses. Caratterizzate da un design di lusso, sono state progettate varie tipologie per poter accontentare una vasta gamma di clientela: si va dalle singole stanze luxury, alle suite famigliari, fino alle “party villas”. LA QUIETE (Serra di Pamparato, CN) 
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La Quiete
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Anche il mio amato Piemonte sembra essere terra fertile per questa nuova tendenza. Pionieri, in tal senso, sono stati Ileana e Davide che hanno dato vita a quello che sicuramente è stato un sogno di molti di noi da bambini: la casa sull'albero. Protette tra rami frondosi, fanno capolino due casette in legno. Quaranta metri quadri estremamente confortevoli, con uno spettacolare terrazzo a sei metri di altezza. Il legno fa chiaramente da padrone, declinato in varie essenze, ognuna con le sue proprietà: il cedro rosso canadese altamente performante dal punto di vista statico, per la struttura; il cimbolo, benefico per cuore e psiche, è stato scelto per gli arredi, abbinato al frassino. A quasi 1000 metri di altitudine, La Quiete è il punto di partenza ideale per trekking ed escursioni a stretto contatto con la natura. RELAIS CASCINA DEI CESARI (Borgo Ticino, NO)
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Ancora Piemonte, ma questa volta vista lago Maggiore, dove si trova il primo “Bubble Hotel” di Italia (una catena a cui aderiscono diverse strutture: www.bubbleemotion.com). Il Relais dei Cesari propone due soluzioni per dormire sotto le stelle. Una suite composta da ingresso, soggiorno, camera da letto e bagno (questi ultimi semitrasparenti, per ovvie ragioni di privacy!) e una suite sotto una cupola geodetica. Completamente trasparente (si trova in una posizione di assoluta privacy) e dotata di una camera matrimoniale, un guardaroba, un bagno e addirittura un dehor con barbecue. Il soggiorno è accompagnato da champagne, massaggi, fiori: me lo ricordavo diverso, il campeggio! VILLAGGIO LA PESCACCIA (San Clemente, FC) 
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A due passi dalla movida della riviera romagnola e dolcemente adagiato tra le colline dell'entroterra, la struttura ha affiancato alle classiche camere dei bungalow di lusso, delle piccole ville con vista lago e, fiore all'occhiello, tende luxury dotate di bollla panoramica. Una bolla trasparente, di 9 mq., dove passare la notte ammirando la meraviglia della volta celeste. Avete rivalutato l'idea del campeggio tradizionale? Prima della partenza, però, nessuna capatina da Decathlon per lo zaino tecnico..è più opportuna una strisciata di carta da Louis Vuitton! Read the full article
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rifiutimentali · 5 years ago
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Fanfiction excerpt #1: Che rumore fa una foglia che cade?
Il tempo a Goalwick non era stato clemente nei precedenti giorni, ma quel mercoledì le nuvole pallide erano immobili e silenziose, come se non aspettassero altro che scatenare una tempesta. Si respirava un’aria pungente, quasi ustionante, ma ciò non intimorì Dafne che, appoggiata in maniera scomposta alla ringhiera del balcone, si accese una sigaretta.
Continuava a fissare l’immensa città che ricopriva l’intero orizzonte, una vista apprezzabile dal penultimo piano della prorompente Rose Tower, dove si collocava l’ufficio principale del presidente; al di sopra c’era solo l’immenso lucernario. Il suo sguardo fuggiva distratto da un edificio all’altro, dal quartiere residenziale fino alle mura che recintavano Goalwick, dallo stadio fino al parco divertimenti. Era palese che la giovane fosse concentrata sul filo dei suoi pensieri, e che ne fosse profondamente turbata.
Voltò di pochi centimetri il viso quando sentì la porta-finestra aprirsi, poi tornò a rivolgere lo sguardo vuoto sul panorama, esalando piccole nuvolette di fumo.
-Non dovresti stare qui a prendere freddo. Un giovane bocciolo come te dovrebbe proteggersi dalle intemperie.
Rose si avvicinò alla compagna sistemandosi il colletto della camicia, le strinse il braccio sinistro intorno alla vita e, appoggiando la testa sulla sua spalla, le rubò la sigaretta di mano. Fece un lungo tiro, per poi rimetterla tra le dita di lei, che non si mosse.
La donna rimase per qualche secondo in silenzio, poi esordì:
-Il mio nome ricorderà anche una pianta, ma la mia pellaccia è molto più resistente di un mucchio di foglie.
Rose ridacchiò, chinando il capo.
-Parlami. Cosa ti turba?
-Rifletto. - Sospirò.
-Ok, vuoi dirmi anche su cosa? - L’uomo guardava dolcemente il viso della ragazza,  con gli occhi leggermente socchiusi, le labbra che accennavano un sorriso.
Il respiro pesante di Dafne scandiva il tempo. Scosse la sua sigaretta.
-Non riesco a non pensare che tutta questa storia sia inevitabilmente destinata a finire male. Non riesco ad immaginare una singola via d’uscita. E sono terrorizzata da cosa potrebbe accaderti.
L’uomo ridacchiò intenerito, poi prese con due dita il mento della giovane e spostò il suo viso verso di lui, così potette guardarla direttamente negli occhi.
Inclinando leggermente la testa, la rassicurò: -Bambina mia, ti ho già ripetuto che puoi fidarti di me. Ho tutto sotto controllo, ho chi mi guarda le spalle, il mio piano funzionerà perfettamente! Sai che tengo alla regione più che a me stesso, ed è per questo che sto calcolando tutto al millimetro. Funzionerà, guardami, funzionerà!
Dafne scosse nervosamente le dita, facendo cadere nel vuoto la cenere che pendeva dalla sigaretta. Teneva gli occhi bassi, le risultava difficile reggere lo sguardo dell’uomo, ma era ancora più difficile respirare regolarmente. Era parecchio agitata, e in quel momento nasconderlo era impossibile.
-Mi fido di te Rose. Ciecamente. Così come credo sia cieco tu. Non so io… Ho la sensazione che tu stia prendendo questa cosa sottogamba. Neanche nei migliori romanzi di fantascienza ho sentito parlare di energia infinita è… E’ bizzarro, quasi fin troppo bello per essere vero e poi… Poi… Non sta neanche a te assumerti certe responsabilità io…
La voce le continuava a spezzarsi nella gola. Rose la fissava intensamente, mantenendo il suo sorriso.
-Tu? - Continuò lui.
Dafne fece un grosso respiro.
-Non riesco a togliermi dalla testa l’idea che tu mi stia tenendo all’oscuro di qualcosa. C’è qualcosa di cui non vuoi parlarmi e ciò mi porta a pensare che sia qualcosa di estremamente pericoloso e io ho paura. Per te.
Lei alzò lo sguardo verso l’uomo con un’espressione triste, mista a un pizzico di rassegnazione. Non ne avrebbe ricavato nulla, ne era certa, ma non riusciva a tenersi dentro quel peso. Si alzò il vento. Un filo di brezza ghiacciata investì i due amanti sfiorando i loro volti.
Il presidente Rose ridacchiò e prendendo il viso di lei tra le mani le disse: -Oh bambina mia, non devi temere. Sono in una botte di ferro! Ho studiato la storia, ho fatto i calcoli, ho pianificato tutto in ogni minuscolo dettaglio. Non c’è alcuna possibilità che mi accada qualcosa. E’ grazie a me che questo Paese è sbocciato, e sai perfettamente che un fiore senza nutrimento è destinato a morire. E’ il mio compito annaffiarlo e curarlo e adesso che ho in mano il frutto della vita eterna, ho il dovere di regalarlo al mio popolo, affinché esso viva nello splendore perenne. Capisci? Il futuro è già accaduto, non posso permettermi di tirarmi indietro, sono l’uomo più potente dell’intera Galar, chi meglio di me può farsi carico di questo fardello, se solo io ho le spalle abbastanza larghe da sostenerne il peso?
Dafne scuoteva la testa. Si disfò della sigaretta lanciandola al di là della ringhiera.
-Stai tergiversando.
-Ma no, mia adorata, io-
-Ho ragione, c’è qualcosa.
-Bambina, sto solo cercando di farti ragionare!
-Hai paura anche tu.
-Assolutamente no. Sono perfettamente conscio delle mie capacità.
-Magari non sei l’unico giocatore in campo.
Le sopracciglia di Rose si incurvarono leggermente.
-Ho il controllo dell’intera situazione. - Rose massaggiò il viso della sua compagna con i pollici, stringendole la testa con le altre dita. -Se farai esattamente come ti ho detto, sarai perfettamente al sicuro. Ed è questo che conta. Tutti sarete al sicuro. La ricompensa di una brillante e calda luce vale la fatica di attraversare l’inferno più buio.
Dafne balzò all’indietro, allontanandosi dalla presa del presidente, e allargando le braccia urlò: -Quindi ho ragione! Mi stai nascondendo qualcosa! C’è il concreto rischio che tu ne rimanga coinvolto!
Il vento aumentò la sua intensità.
-E poi, come diavolo parli? Ma ti ascolti? Lo stare su questo piedistallo ti ha coperto gli occhi col miele, scendi da lì e vieni ad osservare più da vicino, vieni ad osservare ME! Infine guarda te stesso, guarda l’uomo che sei, perché esattamente questo sei. Un uomo. Fallace, e distruttibile.
Dafne riprendette fiato. Rose la guardava mesto, il vento scuoteva i suoi capelli coprendogli gli occhi color giada, le sue mani si strinsero in due pugni. Si avvicinò a lei, la trascinò verso di sé stringendola forte con un braccio, e con l’altra mano le sfiorava lievemente le fredde labbra.
Gli occhi della donna si riempirono di lacrime. -Sono spaventata a morte, Rose. Ho paura che possa accaderti qualcosa, ho paura di non rivederti mai più. E non mi perdonerei mai, MAI, se ciò dovesse accadere senza che io abbia fatto il possibile per fermarti.
Rose avvicinò il suo viso a quello di lei, finché le loro fronti non si sfiorarono.
-Mia dolce, pura bambina. Segui i miei consigli, ti prego. Ti supplico, fidati di me. Se qualcosa dovesse andare storto, almeno sarò sicuro che te sei sana e salva. Fa’ come ti dico. Promettimelo.
Lo sguardo penetrante ma al contempo minaccioso del presidente non lasciò scampo a Dafne, che fu costretta a cedere alle sue dolci parole. Insistere non aveva più alcun senso.
Con un filo di voce, sussurrò: -Mi fido.
Un enorme sorriso comparve sul viso di Rose. -Sei perfetta.
Le diede un caldo e morbido bacio sulle labbra, stringendola ancora di più con le braccia intorno alla sua vita.
Il vento non mostrava alcuna intenzione di placare la sua furia, al contrario, sibilava ferocemente.
Avvicinandosi alla porta, Rose invitò dentro la sua compagna con un enorme sorriso stampato sul viso: -Vieni a ripararti cara, e stasera prometto che ti porto in uno dei ristoranti più in di tutta Galar!
Dafne non ebbe altra scelta che seguirlo e, con dolore e riluttanza, in quel momento decise che era arrivato il momento di fare buon viso a cattivo gioco. Ma non aveva idea del fatto che non era l’unica ad aver adottato questa strategia.
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ilquadernodelgiallo · 6 years ago
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(Il fatto, incontestabile, che queste scale servano in genere anche a risalire in superficie, sembra puramente accidentale, una funzione del tutto secondaria, una qualità parassitaria, un corollario). ________________ Ma è la storia di ogni paura: che è sempre un bozzolo, la scorza di qualcosa d'altro. Al centro della paura, dunque, come l'occhio del ciclone o il calice del fiore, è fin troppo facile intuire un benessere, una forma efficace di felicità. Custodita, difesa, nutrita della paura che la circonda e la avvolge. […] In maniera nemmeno tanto sottile, la scenetta comica [l'affresco raffigurante i carnefici di San Clemente che trascinano una colonna] nasconde un nucleo, un sentimento tragico: suggerisce, attraverso gli effetti grotteschi dell'incantesimo, la dolorosa verità secondo cui  tutta la vita dei peccatori e dunque in qualche modo  tutta la vita senza ulteriori  specificazioni, è un'illusione, un prendere fischi per fiaschi, un inutile e stolido affannarsi intorno a pesi morti ed eccessivamente ingombranti. […] Perché tutto quello che riesce a suscitare il nostro interesse addormentato, nel momento stesso in cui si risveglia e scuote la nostra attenzione, non sta facendo altro in realtà che rimandarci un'immagine, eloquente e deformata, di noi stessi. Non riusciamo mai a pensare veramente qualcosa d'altro da noi stessi, io credo. _________________ In quel tardo pomeriggio d'autunno del 1989, non potevo ancora sapere, però, quanti sforzi di concentrazione, decisioni riguardo al momento opportuno, ripensamenti improvvisi, e infiniti altri minimi disturbi psicologici gli sarà certamente costata quella telefonata. Come del resto ogni cosa che Pietro [Tripodo], incapacissimo a vivere tra tutti gli esseri viventi, facesse o semplicemente pensasse di fare. Dopo averlo frequentato e amato per lungo periodo della mia vita, sono giunto alla conclusione che ogni azione, per Pietro, si materializzava solo al termine di un lungo ed elaboratissimo circuito fobico, ossessivo, nevrotico - non saprei nemmeno come definirlo. Ovviamente, come scrittore, apparteneva alla famiglia nevrotica dei cesellatori mai contenti, dei kamikaze della variante, ma la cosa impressionante di Pietro, come avrei scoperto conoscendolo da subito abbastanza a fondo, era il fatto che tutto, nella vita, poneva crudeli tranelli alla sua irresoluzione e al suo senso di incapacità. I sentieri diritti, come per magia, gli si biforcavano sotto i piedi mentre procedeva. [...] Mai avevo capito quanto un gesto semplice come quello di imbucare una lettera, in realtà, a scomporlo in ogni minimo dettaglio, era irto di trappole e difficoltà imprevedibili, pronte a trasformarsi in ostacoli insormontabili. Tutti noi, per sopravvivere, siamo costretti a comportarci un po' come i personaggi dei cartoni animati, che camminano sul vuoto fin tanto che non se ne accorgono. Pietro era sempre in questa pericolosa condizione di consapevolezze, come Willy Coyote che guarda giù, capisce di non avere più la terra sotto i piedi, e inizia a precipitare nel soluto canyon. [...] Del mondo Pietro aveva visto pochissimo [...] come se lo spazio del mondo, per lui, si fosse ridotto a un numero limitatissimo di percorsi obbligati, un sistema di gallerie scavate con fatica dentro un terreno compatto, impenetrabile, quasi totalmente inconoscibile. _________________ Nelle città accade sempre questo, che destini avversi e caratteri inconciliabili vivono gomito a gomito, mentre ciò che è straordinariamente simile, le anime gemelle e le tessere perfettamente combacianti del mosaico, non si incontrano mai, o quasi. Questa simmetria è propriamente la pace delle città, il loro rumore sordo, un particolare tipo di promessa o di minaccia, dipende dai punti di vista, rinnovata ogni sera. _________________ Conservo ancora intere lettere di Pietro di cui non sono nemmeno stato capace di decifrare una sola frase, come se fossero scritte in una lingua inventata - una lingua i cui segni non esprimono per forza dei significati, e il gesto stesso di scrivere, riempiendo di righe lo spazio bianco del foglio, è sufficiente a esprimere tutto l'affetto che si vuole esprimere, come una carezza o una stretta di mano. _________________ Le celle erano ricavate dai locali degli appartamenti, comprese le cucine e i bagni e gli sgabuzzini utilizzati per l'isolamento, fatto che rende questa prigione [di via Tasso a Roma] veramente strana, priva com'è della razionalità e dei larghi spazi di passaggio dell'architettura carceraria. L'atmosfera intima di quei vecchi appartamenti romani, tutti simili con le loro mattonelle di graniglia, doveva risultare ancora più terrificante ai detenuti, proprio perché familiare e il mostruoso si fondevano indistricabilmente rendendo così, immagino, ancora più difficile la resistenza interiore e il ricorso a pensieri di consolazione. Di solito il prigioniero soffre perché, portato via da casa, ne sente la mancanza, anela a quel bene perduto così diverso da tutto ciò che vede intorno a lui. Ma che dire di un prigioniero che si risveglia in una casa che si è trasformata in prigione? Non gli verrà forse, in questo modo, scompigliato l'ordine simbolico fin dalle radici, disorientando e infine vanificando ogni immaginazione di fuga, di altrove? [...] È questo incrocio e corto circuito di dimensioni che crea lo sgomento del prigioniero-scrittore [Guglielmo Petroni], perché la prigione che si spalanca sul pianerottolo è pur sempre una prigione, e la sua infinità piranesiana, la vertiginosa dismisura dei suoi spazi, non si calcola a metri quadrati, viene anzi potenziata, letteralmente fatta esplodere, proprio dalla ristrettezza di prospettive, dall'eterna domenica pomeriggio architettonica del decoroso appartamento familiare del decoroso condominio. Protetta e contenuta da tutti i segni della finitezza, l'infinità carceraria di via Tasso cresce nel buio, indisturbata come un tumore. [...] Il "tanfo tiepido" che gli sale alle narici mentre procede, scortato dal guardiano, verso la cella non fa pensare a Petroni di trovarsi in una prigione come le altre. Semmai, aggiunge, 'pareva il tipico odore delle stalle dove sono molte gabbie per conigli'. L'odore dell'infinito. Conigli, moltissimi conigli. __________________ "...immagina una situazione di spavento, qualcosa che fa sobbalzare come un cane che ringhia all'angolo della strada, poi ci si ricompone, si acquista sicurezza... e invece no, questa sensazione momentanea si prolunga, invade tutto il tempo della tua vita, tanto che a volte magari non ci fai più caso, sei tranquillo, come dire... nell'unico posto dove alla fine ti è concesso stare tranquillo, cioè nel bel mezzo della tua angoscia..." __________________ La condizione di un poeta contemporaneo è perfettamente identica a quella di un pittore del Duecento arrampicato sulle sue tavole. Le due esistenze si assomigliano talmente, e sono talmente irreali, che una può essere interpretata come l'allegoria dell'altra. Anche del lavoro di Pietro, che gli ha letteralmente consumato le energie vitali, da terra non si vede nulla. Non solo non si vede nulla dell'opera, ma nessuno può nemmeno sospettare che lassù, nell'indistinto di quell'altezza inospitale, si siano svolte tutte le catastrofi che l'opera esigeva. O che Pietro credeva che l'opera esigesse: il risultato è identico in entrambi i casi. [...] Come trascorre, in effetti, una vita? Con la sua tendenza all'astrazione e alla selezione, proprio il genere di scrittura che dovrebbe renderne conto con più attenzione e competenza, la biografia, finisce sempre per censurare la caratteristica essenziale della maggior parte delle vite, che è la loro scoraggiante e uniforme mancanza di eventi. [...] Ecco, pensavo mentre lo ascoltavo parlare dei suoi guai o di una certa finezza di Teofilo Folengo, 'Pietro esiste', si può esistere così, senza assomigliare a nessuno, senza azzeccarne una, senza furbizia, sordi all'ossessionante rumore del mondo. L'omino gobbo, quel vecchio figlio di puttana, costringe a fare della propria vita un'utopia concreta. E nella sua estraneità al mondo l'umile Pietro, proprio lui, finiva per rivelare in sé qualcosa di regale. Non c'è niente da insegnare, non si può davvero insegnare altro che se stessi, così come non c'è nient'altro da imparare che la singolarità umana, le innumerevoli e sconcertanti possibilità di forma espresse dalla vita. [...] La maggior parte delle cose, dei fatti, dei pensieri vive nella latenza. Senza distinzione tra ciò che è in effetti utile, o dannoso, o indifferente. Ci stanno accanto senza che ne riconosciamo l'esistenza, o ce ne dimentichiamo, equiparando nella stessa uniformità l'accaduto al non accaduto. A volte il caso fa sì che si produca un simulacro di evento, e viviamo per poco nell'illusione che un pezzo di realtà ci venga incontro, si manifesti per noi nel suo significato profondo. Oltre un certo limite di stanchezza, stordimento, malinconia, oltre una certa ora della notte, può capitare. __________________ In realtà, se uno potesse capire una storia qualunque, e ricavarne un qualunque tipo di utilità, come si ricava il succo dal frutto, nel mondo non ci sarebbero così tante storie e così poche illuminazioni, La quantità di confusione e smarrimento pro capite, al contrario, sembrano aumentare proporzionalmente al numero di racconti che se ne fanno. [...] Ma allora, perché si raccontano delle storie? E soprattutto perché, volenti o nolenti, ne andiamo sempre in cerca? Con il passare del tempo mi sono reso conto di un fatto: è il punto di vista della depressione quello che permette di rispondere, in una certa misura, a domande del genere. Ascoltando una storia, l'orecchio depresso, chiamiamolo così, non sarà certo tanto ingenuo o frettoloso da attribuirle quel significato che, come la depressione non smette mai di insegnargli, manca a tutto il resto. Al centro della percezione, allora, non ci sarà più un significato, ma il fatto che quella storia, in ogni modo, è stata trasmessa: raccontata a voce, trascritta, tradotta, riassunta, fotocopiata, eventualmente ritrovata dopo anni di dimenticanza nelle pagine di un libro... Non nel suo significato, insomma, ma nel puro fatto della trasmissione è possibile riconoscere un residuo calore umano, la vibrazione di un'intimità reale che è passata tra due persone, che si sono incontrate e sono state amiche. E così, mi capita di iniziare a pensare che noi non siamo fatti per capire ciò che ci viene raccontato, ma per spingerlo avanti nel corso del tempo, come un fiume in piena spinge avanti i tronchi degli alberi caduti, o come gli scarabei stercorari spingono avanti, senza troppe domande, la loro pallina di merda. [...] ...era destino che a lei, che aveva messo a repentaglio la sua vita per bisogno di esperienza, per amore dell'esperienza, non venisse risparmiata nemmeno l'ultima, la madre di tutte le esperienze, quel momento di consapevolezza infallibile e vertiginosa in cui quello che abbiamo fatto, e visto, e tentato, e patito, e sperato... ebbene, non è stato che un'illusione. Esiste dunque questa possibilità, quest'ultimo grado della stanchezza che coincide col rivelarsi di una nuova prospettiva, con l'albeggiare di un sapere ulteriore...
Emanuele Trevi, Senza verso (Un’estate a Roma)
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