Suzume, il nuovo lungometraggio di Makoto Shinkai ormai famoso anche in Italia grazie a titoli come Your Name, Il giardino delle parole, Weathering with you è ufficialmente uscito in tutti i cinema italiani da ieri, 27 aprile.
Sicuramente era una notizia attesa da molti fan che negli ultimi mesi avevano un po’ perso le speranze, me compresa, ma spero di aver il tempo di andare a vederlo al…
Cinema perfetto e imperfetto dove puoi permetterti di perdere i riferimenti spazio temporali ma che, proprio sullo spazio e il tempo, vuole proporre una riflessione in forma di pellicola. Cosa c’è, ora, dove qualcos’altro non c’è più (nello spazio) e come viviamo ara (nel tempo) dell’abbandono assieme a qualcuno che se ne è andato? Due ore di cinema, questa credo sia la definizione che più ho il piacere di condividere, cinema inteso come passione per la narrazione, l’immagine, gli attori che lo rendono vivo e per chi avrà voglia di frequentarlo ancora. Imperfetto perché Alice rischia sempre, perfetto perché sincero, sentito e fortemente voluto. Avvertire l’Italia una terra sacra e violata, povera ma ricca con tanti figli suoi e non suoi che la percorrono, l’abitano senza fissa dimora, o meglio, con dimora temporanea, perché anche la vita è temporanea. Il sole c’insegue. Gli uccelli volano. Alla sera uscite di casa, andate. Al cinema.
I ricordi li costruiamo noi. Prendiamo dalla nostra vita eventi importanti, col tempo li spogliamo di alcuni orpelli e li arricchiamo di altri che ci fanno comodo, dettagli che aiutano a sottolineare un determinato sentimento che vogliamo enfatizzare. Se il ricordo è bello, è probabile che lo descriveremo riportando sensazioni che in quel momento magari non abbiamo neanche provato: sono suggestioni successive, che rafforzano l'amore, la gioia, la passione. Il ricordo negativo, al contrario, viene rivalutato. Rimane l'evento avverso, ma stranamente non appare cosí ostile come lo è stato all'epoca. Una storia d'amore tossica e imbevuta di liti furiose verrà ricordata come quella di una coppia che non andava troppo d'accordo, e il relativo malessere verrà accantonato in nome di un revisionismo che alleggerisce il dramma. Il dolore di un lutto percorre il sistema linfatico del nostro corpo per sempre, ma pensare a chi si è perso dopo che la vita ha ripreso il sopravvento genera solo un triste sorriso di commozione.
Tutto passa e viene riscritto dalla nostra mente, che ripulisce di inutili elementi l'essenza della memoria.
La bersagliera, la fata turchina, la donna più bella del mondo, un simbolo della bellezza mediterranea, l’incarnazione della diva per eccellenza del cinema italiano, la testimone dell’Italia della rinascita, ma anche la fotografa, la scultrice, la pittrice. Una grande artista a tutto tondo: questa era Gina Lollobrigida. Irriverente, ironica, vulcanica, bella, la Lollo resta un simbolo dell’Italia nel mondo, non solo per essere stata una grande attrice, ma per aver deciso di confrontarsi anche con il mondo dell’arte. Possedeva una sensibilità artistica fuori dal comune e un grande amore per la vita: una vitalità che non l’ha mai abbandonata, una volontà incrollabile, oltre alla sua divorante passione per l’arte: tutte tessere molto importanti nella costruzione della sua carriera di attrice.
Da icona del cinema italiano apprezzata ovunque ad accanita viaggiatrice dalla forte e carismatica personalità, nonché ambasciatrice FAO impegnata nel sociale con istituzioni come l’UNICEF e l’UNESCO.
Il volume racconta la vita di questa grande artista attraverso le sue straordinarie fotografie, le affettuose testimonianze di Christian De Sica, Carlo Verdone, Gérard Depardieu, Alex Marshall, i testi critici delle curatrici e un saggio di Fabio Melelli.
Una delle donne più belle al mondo ė sicuramente la donna grazie alla quale abbiamo il Wi-Fi.
Si chiamava Hedi, Hedi Lamarr. Era una ebrea viennese con una passione per la tecnologia e una vocazione per il teatro ed il cinema. A Hollywood, e prima in Germania dove aveva iniziato la sua carriera fuggendo poi per evitare i Nazisti, l’avevano definita la donna più bella del mondo e in effetti le sue foto e i suoi film confermano che fosse di una bellezza straordinaria.
Quello che pochi però sospettavano ad Hollywood è che quella bruna che recitava al fianco di Spencer Tracy o Clark Gable fosse anche uno straordinario ingegnere delle comunicazioni, in grado di inventare e brevettare un sistema di teleguida per i missili. Il governo americano durante la seconda guerra mondiale snobbò l’invenzione, salvo poi ripescarla ai tempi della crisi di Cuba. L’invenzione di Hedi Lamarr è diventata poi fondamentale per sviluppare la tecnologia Wi-Fi. Insomma se oggi possiamo collegarci senza fili con cellulari, PC e tablet alle reti, lo dobbiamo a lei, la donna più bella del mondo!🌹
Oggi è il 15 Aprile ed in questo giorno, nel 1967, a Roma moriva il grande “Totò”. Era nato nel 1898, a Napoli con il nome di Antonio Vincenzo Stefano Clemente De Curtis, e fu tra i maggiori rappresentanti del teatro (presente in 50 commedie) e del cinema comico italiano (presente in 97 film) di tutti i tempi. Non fu riconosciuto dal padre e visse in estrema povertà la sua gioventù nel “Rione Sanità”. Non impegnato nello studio e distratto precocemente dalla passione per il teatro, dalla quarta elementare fù addirittura retrocesso in terza, dove iniziò ad intrattenere i compagni di scuola con piccole recite e battute. Dopo le elementari, al Collegio Cimino, il colpo di un pugno causato involontariamente da un precettore né causò una particolare deformazione al mento ed al naso, cosa che caratterizzò in seguito la sua “maschera” di comico. Abbandonò gli studi senza conseguire la licenza ginnasiale, ed a 15 anni iniziò ad esibirsi nei teatrini periferici con macchiette ed imitazioni con lo pseudonimo di “Clement”. Dopo la prima Guerra Mondiale (trascorsa in reggimenti a Pisa, Pescia e Livorno) riprese il teatro e tra il 1923 ed il 1927 si esibì nei maggiori caffè-concerto italiani raggiungendo notorietà nazionale con le sue macchiette e mimiche facciali.Negli anni trenta si dedicò all'”avanspettacolo” iniziando ad improvvisare ed inventare deformazioni linguistiche. Nel 1933, a 35 anni, fu adottato dal marchese Francesco Maria Gagliardi Focas di Tertiveri, nel 1937 visse il debutto cinematografico e nel 1938 perse la vista dall'occhio sinistro (cosa che mantenne segreta e che solo i familiari sapevano). In seguito lavorò con i massimi attori e registi italiani, raggiungendo il massimo successo popolare (anche se non di critica). Fu anche attore televisivo (con 9 telefilm) drammaturgo, poeta, paroliere, compositore e cantante. Paragonato ai massimi attori comici mondiali come Charlie Chaplin e Buster Keaton, ancora oggi è considerato il comico italiano più popolare di ogni tempo.
“C’è chi l’amore lo fa per noia e c’è chi se lo sceglie per professione, Bocca di rosa né l’uno né l’altro, lei lo faceva per passione…” Nulla di meglio di questo celeberrimo verso di Fabrizio De André per definire la figura di Arthur, tombarolo rabdomantico per passione, magnifico protagonista di un film incantevole, quale è “La Chimera” di Alice Rorhwacher. Arthur soprannominato l’inglese dai “tombaroli” (quelli veri) della Tuscia, ha il potere, quasi magico, di “sentire” la presenza di tombe nel sottosuolo, forse perché guidato anche dal desiderio di raggiungere quel regno dei morti dove vive l’anima (e magari il corpo) di Beniamina, suo perduto amore. L’inglese ha la sua base nella casa-rudere di una anziana e carismatica insegnante di canto, Flora (interpretata da Isabella Rossellini) alle cui dipendenze, un po’ come domestica e un po’ come allieva, c’è Italia (Carol Duarte) che sembra essere l’unica persona capace di tenere il sognante Arthur ancorato a questa terra. Ma se i “tombaroli” hanno come unico scopo il lucro, Arthur sembra essere partecipe più del mondo dei morti che di quello dei vivi e al momento di vendere la testa di una statua ad una cinica trafficante di reperti, preferisce buttare il prezioso pezzo nelle acque di un lago, proprio per sottrarlo alla cupidigia dei trafficanti. Ma la scoperta più importante di tutte, non sarà quella di un corredo funebre, di una pittura murale o di un gruppo statuario, bensì quella che gli permetterà di ritrovare il filo che lo ricondurrà all’amata Beniamina che sembra attenderlo nel regno dei morti. Il cinema di Alice Rorwacher è principalmente un cinema dalle immagini “volutamente sporche”, poco curate, giocate addirittura su tre supporti diversi di pellicola (16 millimetri, super 16 mm e 35 mm). Sono proprio queste immagini che ambientano alla perfezione il film negli anni Ottanta con grande realismo, senza ricorrere ai trucchetti da quattro soldi, come è accaduto di vedere di recente col finto neorealismo della Cortellesi. La differenza è tutta nel fatto che Alice Rorhwacher sa fare il cinema e sa “di cinema”: c’è in lei la forte traccia poetica di Pasolini e infatti Arthur è un “accattone” che vive in una baracca di lamiera e legno, appoggiata alle mura antiche di una città italiana (presumibilmente Tarquinia) che è parte di quella “grande bellezza” sorrentiniana, trattata però con un quid di realismo che la rende ancora più credibile. Ma si sentono anche gli echi di certi personaggi felliniani: è sufficiente per questo osservare le sequenze della sfilata carnascialesca che attraversa il paese o la stessa insegnante-matrona Flora. E poi, soprattutto, tenetevi forte, un altro “fantasma”, oltre a quello di Beniamina, aleggia in tutto il film: è lo spirito sapiente del Maestro Andrej Tarkovskij. La campagna dell’Italia centrale, la cultura antica del Paese, le sue vestigia e Arthur stesso, che è un “matto” come lo fu Domenico, e allo stesso tempo incarna il ricercatore-romantico che in “Nostalghia” era il critico musicale Pavel Sasnowskj. Come Arthur nelle tombe etrusche, anche lui con una candela in mano attraversa la piscina di Bagno Vignoni in una della più poetiche scene della storia del cinema. Bravissima Alice! Di questo cinema dal respiro universale e profondo ha bisogno l’Italia e se lo merita ! Da non perdere, nessun alibi è accettabile.
Da diverso tempo seguo un gruppo su Facebook dedicato al cinema, uno di quei gruppi di snob che dicono di avere visionato delle pellicole invece di vedere un film e che condannerebbero alla pena capitale i poveri cristi che vanno al cinema e masticano una caramella, mangiano pop corn, respirano o semplicemente danno cenni della loro esistenza in qualsiasi modo.
Ecco, in un post ho letto cose bruttissime sul film "Lost in Traslation", che io non avevo mai visto. Tralasciando le polemiche generali sul fisico della protagonista, che trovo scialbe e prive di senso dal momento che se si scegliesse solo attrici rientranti nel canone estetico dominante avremmo solo film con Margot Robbie, l'altra polemica che mi ha incuriosita era sul modo statunitense di interpretare le altre culture e ridicolizzarle.
Premetto che non ho una particolare passione per il cinema statunitense, però è innegabile la sua influenza nella cultura cinematografica Europea e internazionale e non mi piace scartare un film solo per qualche pregiudizio sullo stile, quindi dei giudizi così incisivi mi hanno incuriosita e ho visto il film.
Il mio pensiero soggettivo sul film è molto positivo, meno quello su chi ha criticato così duramente il lavoro.
È un film che ha voluto aumentare a dismisura lo straniamento dei protagonisti rispetto a un ambiente sconosciuto, che doveva risultare il più alienante possibile. Poteva anche parlare di due tizi Francesi a Las Vegas, avrebbe ottenuto lo stesso effetto di scollamento delirante, accresciuto anche dallo stato di perenne insonnia.
Io l'ho trovato un film dolce e delicato, malinconico e permeato dal senso di solitudine; penso che chi ha scritto una valanga di commenti negativi non ha capito che non è un documentario sulle attrazioni del Giappone pertanto o ha le cannucce nel cervello o ha la segatura al posto del cuore.
Concludendo, chi invece di vedere il film è stato disturbato dal fisico "tracagnotto" dell'attrice o dai suoi polpacci corti o qualsiasi altra amenità, dovrebbe riflettere sul fatto che le cose non succedono solo ai bellissimi e perfetti, il cinema dovrebbe raccontare storie, tracciare ritratti dell'interiorità e persino intrattenere, ma non è una perenne campagna pubblicitaria di D&G.
Ho sempre avuto la passione per il cinema e sono almeno vent'anni che vedo questi scialbi film italiani.
Queste rappresentazioni di storie, in qualche modo sempre le stesse, a prescindere dal genere.
Ambientazioni da ambire, fino al punto di rendere incongruente la trama.
Questa recitazione piangente e diciamolo pure, la scelta di raccontare improbabili storie del cazzo.
Avvocati, dottori, ma anche poliziotti che però vivono in attici in centro, tutti formalmente adeguati, se non altro per i prodotti che indossano, che utilizzano.
Le costose confezioni del vuoto.
Ovviamente, con i vostri soldi;
leggere "opera considerata di valore culturale e per questo pubblicamente finanziata"
«È con grande dispiacere, che mi trovo costretto a rifiutare il premio che mi è stato assegnato dal Torino Film Festival, un premio che sarei stato onorato di ricevere, per me e per tutti coloro che hanno lavorato ai nostri film. I festival hanno l'importante funzione di promuovere la cinematografia europea e mondiale e Torino ha un'eccellente reputazione, avendo contribuito in modo evidente a stimolare l'amore e la passione per il cinema».
«Tuttavia c'è un grave problema, ossia la questione dell'esternalizzazione dei servizi che vengono svolti dai lavoratori con i salari più bassi. Come sempre, il motivo è il risparmio di denaro e la ditta che ottiene l'appalto riduce di conseguenza i salari e taglia il personale. È una ricetta destinata ad alimentare i conflitti. Il fatto che ciò avvenga in tutta Europa non rende questa pratica accettabile».
«A Torino sono stati esternalizzati alla Cooperativa Rear i servizi di pulizia e sicurezza del Museo Nazionale del Cinema . Dopo un taglio degli stipendi i lavoratori hanno denunciato intimidazioni e maltrattamenti. Diverse persone sono state licenziate. I lavoratori più malpagati, quelli più vulnerabili, hanno quindi perso il posto di lavoro per essersi opposti a un taglio salariale. Ovviamente è difficile per noi districarci tra i dettagli di una disputa che si svolge in un altro Paese, con pratiche lavorative diverse dalle nostre, ma ciò non significa che i principi non siano chiari. In questa situazione, l'organizzazione che appalta i servizi non può chiudere gli occhi, ma deve assumersi la responsabilità delle persone che lavorano per lei, anche se queste sono impiegate da una ditta esterna. Mi aspetterei che il Museo dialogasse con i lavoratori e i loro sindacati, garantisse la riassunzione dei lavoratori licenziati e ripensasse la propria politica di esternalizzazione.
Non è giusto che i più poveri debbano pagare il prezzo di una crisi economica di cui non sono responsabili».
«Abbiamo realizzato un film dedicato proprio a questo argomento, 'Bread and Roses'. Come potrei non rispondere a una richiesta di solidarietà da parte di lavoratori che sono stati licenziati per essersi battuti per i propri diritti? Accettare il premio e limitarmi a qualche commento critico sarebbe un comportamento debole e ipocrita. Non possiamo dire una cosa sullo schermo e poi tradirla con le nostre azioni. Per questo motivo, seppure con grande tristezza, mi trovo costretto a rifiutare il premio».
Ciao! Era un po’ che pensavo di fare questo post. Con il rischio, se non la certezza, di risultare cringe io ci provo.
Sono tornato a Torino dall’inizio della pandemia e vorrei farmi nuovi amici e conoscenze. Mi piacerebbe conoscere persone che magari hanno passioni simili alle mie, persone nuove da conoscere e magari uscire a divertirsi ogni tanto.
Sono appassionato di fotografia e cinema, videomaking. Mi piacerebbe in futuro lavorarci, al momento sto ancora esplorando le mie capacità. Sono una persona un po’ introversa, soprattutto all’inizio, ma mi piacerebbe conoscere nuove persone. Le uniche cose che “richiedo” sono: Abitare a Torino (o comunque in Piemonte), essere lgbtqia+ friendly, avere dai 20 anni in su (io ho 25 anni, mi piacerebbe fare amicizia con miei coetanei).
(Se c’è risposta a questo post magari posso fare un gruppo Telegram con chi vuole aderire)
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English:
HI! I've been thinking about making this post for a while. With the risk, if not the certainty, of being cringe, I'll try.
I have returned to live in Turin since the beginning of the pandemic and would like to make new friends and acquaintances. I would like to meet people who perhaps have similar passions to mine, new people to meet and maybe go out and have fun every now and then.
I am passionate about photography and cinema, videomaking. I would like to work with them in the future, at the moment I'm still exploring my skills. I'm a bit of an introvert, especially at the beginning, but I'd like to meet new people. The only things I "require" are: Living in Turin (or in any case in Piedmont), being LGBT+ friendly, being aged 20 or over (I'm 25, I'd like to make friends with my peers).
(If there is a response to this post maybe I can create a Telegram group with anyone who wants to join)
Ascoltatemi, voi due: non bisogna mai sposarsi finché si è in preda alla passione, perché dovete sapere che è qualcosa di diverso dall'amore; la passione è la vertigine della scoperta, l’ansia costante del possesso, l’ostinato desiderio di conoscere le forme e i segreti nascosti dell’essere verso il quale ci si sente inesorabilmente calamitati.
L’amore invece richiede tempo, pacate conversazioni che consolidano l’amicizia.
È qualcosa che sedimenta solo dopo che si sono superati determinati confini intimità, quando si sono imparati per bene i difetti e i limiti dell’altro.
Insomma quando sulla bilancia gli aspetti positivi superano indiscutibilmente quelli negativi.
100 Binda Celebrating 100 Years of Design Emotions
a cura di Luca Molinari
Skira, Milano 2007, 160 pagine, 100 ill. a colori, 40x30cm, ISBN 978-8876247415
euro 50,00
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"Pensare, sognare, concepire delle belle opere è un'occupazione deliziosa. E' come fumare dei sigari che ti mandano in estasi, come condurre la vita della cortigiana che vive a seconda del suo capriccio. L'opera appare allora nella grazia dell'infanzia, nella gioia folle della creazione, con i colori profumati del fiore e i succhi sapidi del frutto già gustato in anticipo. Tale è la concezione dell'opera d'arte, tali sono i suoi piaceri" (Honoré de Balzac, La cugina Bette). In questa frase di Balzac (che costituisce uno dei 50 contributi del volume) è raccolta tutta l'essenza della tecnica e della genialità della famiglia Binda che da sempre è alla guida della storica casa milanese di orologi, gioielli e accessori. Il libro celebra i suoi 100 anni con un racconto espresso attraverso 5 emozioni che fanno parte del DNA di Binda: Passione, Audacia, Desiderio, Orgoglio e Stupore. Ognuno di questi 5 sentimenti costituisce una sezione a sé stante e affidata a uno fra i 5 grandi fotografi - Mimmo Jodice, Giovanni Gastel, Occhiomagico, Filippo Romano e Armin Linke - chiamati a rileggere gli orologi della storia Binda in 50 fotografie d'autore. Completano il volume 50 contributi di personaggi italiani e internazionali, del mondo del design, dell'architettura, della scrittura, del cinema e della moda che interpretano queste 5 emozioni.
Ieri ho fatto una passeggiata con la mia prof di inglese del liceo, mi aveva detto che se ero a Roma ci potevamo vedere e quindi ci siamo viste davanti al cinema barberini. Mi ricordo che quando andavo al liceo non ero una cima in inglese perché non mi piaceva interagire e intervenire per parlare, alle interrogazioni rispondevo brevemente alle domande che mi venivano fatte e basta. Lei era molto brava e molto dolce, e poi condividevamo la passione per la musica classica - a quel tempo io ancora studiavo sui programmi del conservatorio, così come aveva fatto lei, perciò parlavamo spesso di musica. Un paio di volte siamo anche andate a dei concerti insieme, io lei qualche altro compagno di classe e il marito. Ieri quando ci siamo viste siamo state tre ore a parlare, io pensavo andasse via prima perciò avevo portato il pc e le cose che potevano servirmi per andare al teatro in anticipo e studiare. Invece siamo state tre ore a parlare, e saremmo state anche di più se alle 19:45 non avessi dovuto cominciare a lavorare. Mi ha raccontato delle cose molto personali, cose brutte che le sono accadute negli ultimi anni, e mentre la ascoltavo parlare continuavo a vedere una persona che tentava con tutte le forze di non lasciare la presa. Sono stata sinceramente dispiaciuta quando stava per mettersi a piangere mentre mi raccontava, guardavo i suoi capelli più chiari di come li ricordassi, la forma del suo viso, il modo in cui il suo corpo era stretto all'angolo tra il muro e la ringhiera mentre parlavamo, ho visto davanti a me una persona totalmente indifesa che aveva deciso di mostrarsi, tanto che ho avuto paura anche di dirle che poteva chiedere aiuto, farsi aiutare, lasciare quella presa. Quando ci siamo salutate mi ha abbracciata, mi ha chiesto scusa, io le ho detto grazie. Mi sono sentita onorata, e perciò spaventata, da questa fragilità