#caro-tassi
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scienza-magia · 1 year ago
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Paesi emergenti a rischio causa l'elevato debito globale
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Debito globale record a 307 trilioni. Una trappola pronta a scattare con il caro-tassi, il rapporto Iif. Il global debt monitor di fine giugno lancia un nuovo allarme: in pericolo soprattutto i governi, mentre per le famiglie il rischio resta gestibile. Anche in Italia il debito/Pil complessivo risale al 295,5%, ma la vera mina vagante restano i Paesi mergenti. Che la tendenza virtuosa innescata dal debito globale post-pandemia fosse ormai alle spalle era nell'aria da tempo. Il cocktail di fattori costituito da governi più abbottonati nelle spese rispetto agli anni della crisi, ripresa economica e inflazione elevata che ha contribuito a ridurre i valori nominali ha lasciato ormai spazio a una nuova crescita e i dati appena diffusi dall'International Institute of Finance (Iif) nel consueto rapporto trimestrale Global Debt Monitor non offrono soltanto la conferma, ma fanno gridare quasi immediatamente all'allarme. Nella prima metà del 2023 l'ammontare di debito contratto da governi, banche, imprese e famiglie nel mondo è infatti aumentato di circa 10mila miliardi di dollari per raggiungere un nuovo massimo storico a quota 307mila miliardi, che a conti fatti supera di 100mila miliardi i livelli di dieci anni fa. Appena una settimana fa il Fondo monetario internazionale aveva riportato alla ribalta la questione, analizzando però i dati a fine 2022 ed escludendo dal computo il mondo aziendale non finanziario. Iif completa adesso il quadro con dati più aggiornati e in un contesto complicato dalla stretta monetaria più violenta che si ricordi, che ha portato quasi ovunque i tassi sui massimi da oltre un decennio, e che è pronta quindi a far scattare la trappola. Torna a crescere anche il rapporto con il Pil L'ulteriore elemento di preoccupazione è rappresentato dal fatto che negli ultimi due trimestri il rapporto l'indebitamento è tornato a crescere in rapporto al Pil globale per attestarsi intorno al 336 per cento. In questo caso siamo ancora distanti dai massimi raggiunti nel periodo immediatamente successivo allo scoppio dell'epidemia Covid, ma la dinamica promette di non arrestarsi qui. «L’improvviso aumento dell’inflazione è stato il principale fattore alla base del forte calo del rapporto debito/Pil negli ultimi due anni, consentendo a molti soggetti sovrani e societari di gonfiare le proprie passività in valuta locale», riconosce infatti Iif, prima di mettere in guardia che con la moderazione delle pressioni sui salari e sui prezzi (anche se non a sufficienza da far rientrare l'inflazione nei ranghi) «il rapporto debito/Pil globale supererà il 337% entro la fine dell'anno». La Corsa del Debito Mondiale La situazione, come spesso avviene, è molto più variopinta rispetto a quanto viene disegnato dal quadro di insieme. «L’aumento dei rapporti di indebitamento è stato più evidente tra i governi e le istituzioni finanziarie», rileva il Global Debt Monitor, opponendo al contrario «una marcata decelerazione dell’espansione del credito bancario alle famiglie e le imprese non finanziarie», causata quest'ultima dai «venti macro prevalenti», che hanno portato a un «inasprimento delle condizioni di finanziamento». Chiaro in questo caso il richiamo agli Stati Uniti, dove le imprese «hanno dovuto affrontare standard di prestito bancari più severi in seguito alle tensioni bancarie regionali di inizio anno», fenomeno solo in parte alleviato dal «cuscinetto» della continua espansione dei mercati del credito privato. La situazione italiana L'Italia non fa eccezione al contesto generale, con un debito complessivo di nuovo in crescita a giugno al 295,5% rispetto al 294,1% di tre mesi prima e dal 294,6% di fine 2022. A mettere fine a un cammino virtuoso che aveva riportato le lancette indietro addirittura ai livelli precedenti la grande crisi finanziaria del 2007-2008, superfluo ricordarlo, ha contribuito il bilancio dello Stato (Debito Pil di nuovo in risalita al 140% dal 138,8%) mentre le famiglie risultano ancora più parche, con un rapporto fra debito e Pil pari al 40,3% e tra i più contenuti fra i Paesi avanzati. Famiglie (quasi) al riparo... Tornando allo scenario globale, Iif non vede un rischio immediato per il debito dei consumatori, che anzi «rimane ampiamente gestibile» nonostante l'aumento dei tassi. Questo almeno nei mercati maturi, dove in rapporto al Pil è sceso nel primo semestre del 2023 al livello più basso degli ultimi due decenni. Diverso il discorso per i Paesi emergenti, area nella quale il debito delle famiglie si mantiene al di sopra dei livelli pre-pandemici - in particolare a causa di Cina, Corea e Tailandia - ma si notano prospettive grigie soprattutto per gli Stati: «Con la stabilizzazione dei costi di finanziamento internazionali a livelli più elevati - si spiega nel rapporto - il debito pubblico dei mercati emergenti, Cina esclusa, ha ripreso la sua tendenza al rialzo nella seconda metà del 2022, registrando un leggero aumento al 57% del Pil». ...ma tremano i Governi Il debito pubblico è quindi l'aspetto che desta maggiori timori, soprattutto in un contesto come quello attuale di tassi elevati e che si teme possano non scendere nell'immediato. «L’aspetto più preoccupante è che l’architettura finanziaria globale non è adeguatamente preparata a gestire i rischi associati alle tensioni sui mercati nazionali del debito», conclude infatti Iif, con l'auspicio di disporre a breve «di un quadro di riferimento basato sul mercato per affrontare i livelli insostenibili del debito nazionale»: misura che sarebbe in grado non soltanto di alleviare il peso dei debiti, ma anche di «sostenere le iniziative volte a mobilitare risorse per il finanziamento dello sviluppo, compreso il finanziamento del clima». 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abr · 2 months ago
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Nel rapporto sulla competitività dell’Unione europea commissionato da Ursula von der Leyen, (...) Mario Draghi ha illustrato le linee guida per rilanciare l’economia dell’Unione, cresciuta negli ultimi vent’anni in misura nettamente inferiore a Cina e Stati Uniti.
L’Ue si trova in una congiuntura particolare perché le tre condizioni esterne che ne hanno sostenuto la crescita - commerci globali in rapida crescista, energia a costi bassi e difesa garantita - sono venute meno. (...) Per cui il modello economico che ha sostenuto l’Europa è obsoleto (...). Nel rapporto si legge, tra l’altro, che l’Europa “dovrebbe imparare dagli errori fatti nella fase di iperglobalizzazione” (...) (...).
Di fronte a questo scenario Draghi consiglia di puntare su innovazione, decarbonizzazione e difesa e di farlo con maggiore coesione e attenzione al mercato unico. Per (farlo) l’Europa, dice Draghi, deve investire 750-800 miliardi di euro all’anno, pari al 4,4-4,7% del suo Pil. Questo significa investire il triplo di quello che si è investito con il piano Marshall tra il 1948 e il 1951 (...). Sia il settore pubblico, anche con strumenti di debito comune, che quello privato sono chiamati a contribuire a questo sforzo.
(Sin qui la sintesi. Ora l'analisi.)
a) la fine della globalizzazione, l’invecchiamento della popolazione, le maggiori spese per difesa e transizione energetica sono forze inflattive di lungo periodo. Questo significa che anche i tassi di interesse saranno alti, quindi finanziarsi costerà caro.
b) gli investimenti colossali sono necessari perché l’Europa deve ottenere crescita, ma vuole farlo stando dentro i binari autoinflitti della decarbonizzazione e della "coesione sociale" (aperta agli extracomunitari, ovviamente).
Il sogno green (, di inclusività senza se e ma) e di “indipendenza” geopolitica europea comporta rischi (...) e tempi lunghi, l'unica cosa certa sono i costi, altissimi (...) e sappiamo bene che nessun altro (Usa, Cina, India, altre medie potenze) hanno intenzione di autoinfliggersi un percorso colmo di "paletti green" come l’Europa.
Con il rapporto Draghi l’Europa annuncia al mondo di non essere un soggetto politico compiuto e questo, (oltre a essere una verità di fatto), dovrebbe consigliare realismo. (...) Un piano di investimento triplo rispetto a quello Marshall, sarà, in ultima analisi e in ogni caso garantito dai risparmi degli europei, chiamati, volenti o nolenti, a garantire il piano della Commissione.
via https://www.ilsussidiario.net/news/rapporto-draghi-linsostenibile-sogno-green-a-spese-dellitalia/2748652/
HEY DRAGOS, NO HAY DINERO. AFUERA.
Detto però come sintesi a valle di analisi dei contenuti, non un dismissivo naaah, l'ha detto quello che "ti contagi ti ammali muori". Far così, sparar giudizi alzo zero ad personam è pensare come i sinistri, reagire come i sinistri, comportarsi come i sinistri: é essere di sinistra a propria insaputa.
E comunque si, questa ricetta mega socialista iper centralista super statalista proviene da quello che "ti contagi ti ammali muori". Carramba che sorpresa. Più che vile affarista lo definirei banale keynesiano.
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ilpianistasultetto · 1 year ago
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Leggo qualche giornale, ascolto qualche notiziario e mi accorgo che tutti puntano sul momento economico difficile per tantissimi italiani. Mutui e prestiti, causa boom tassi di interesse, lasciano sul campo 15miliardi di mancati incassi. L'inflazione che ancora morde mangiandosi molto degli stipendi. Qualche milione di lavoratori con paghe da fame, salario minimo ancora distante, costo delle case e degli affitti alle stelle. Caro ombrellone, aerei +40%, cosi come gli alberghi.
Mi affaccio sul balcone per respirare un po' di fresco serale e mi accorgo che la via sotto casa, normalmente "una botta di culo" trovare un posto dove parcheggiare, praticamente e' quasi deserta. Solo 8 auto parcheggiate rispetto alle 100-120 solite..
..qualcosa non quadra.
@ilpianistasultetto
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gobelluno · 7 months ago
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Caro tassi di interesse: «Stangata da 30 milioni per micro e piccole imprese»
BELLUNO – È di 30 milioni di euro l’extra costo da caro tasso di interessi bancari sopportato dalle micro e piccole imprese della provincia di Belluno. Una situazione che accomuna le province venete economicamente più forti. Infatti il Veneto, con i suoi 944 milioni di extra costo da caro tassi, è secondo in Italia, superato solo dalla Lombardia. Il dato emerge da un’analisi compiuta dal centro…
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delectablywaywardbeard-blog · 9 months ago
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Fabi, in due anni i tassi sui mutui sono triplicati
 Il caro-tassi batte il credito e ridisegna i progetti di spesa per la casa delle famiglie italiane. E’ quanto emerge da una ricerca della Federazione autonoma bancari italiani (Fabi) sull’aumento dei tassi d’interesse e l’impatto sui mutui.     La fiammata del costo del denaro, portato al 4,5% dalla Bce, ha fatto triplicare i tassi praticati dalle banche sui mutui erogati alle famiglie. A fine…
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crossroad1960 · 9 months ago
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Un’indagine della Banca centrale europea – analizzata ieri dalla Stampa – evidenzia la fragilità delle imprese nell’Eurozona, tornata ai livelli precedenti alla pandemia, soprattutto in Germania e in Italia dove è a rischio di fallimento quasi un’impresa su dieci. Le cose vanno male, spiega la Bce, in particolare per gli alti tassi d’interesse. Traduzione: gli imprenditori pagano sempre più caro i soldi presi a prestito dalle banche. Non vorrei sfuggisse a qualche distratto il paradosso della Bce che lancia l’allarme della fragilità delle imprese provocato dall’aumento dei tassi, aumento deciso non dal Gatto Silvestro ma esattamente dalla Bce: in meno di due anni, il costo del denaro è passato da zero, o poco più, al 4,5 per cento. Sempre ieri, il Sole 24Ore calcolava in 22,5 miliardi gli utili del 2023 per le prime cinque banche italiane, un favoloso più 64 per cento rispetto al 2022 e quest’anno dovrebbe andare anche meglio. Non so se la definirei una curiosa coincidenza: si versano più interessi e li si versa alle banche. Giornata ricca, ieri. La Banca d’Italia ha divulgato statistiche da cui si apprende che i privati sottoscrivono sempre meno prestiti. Lo scorso anno sono scesi del 2,3 per cento, e quelli alle famiglie dell’1,3: con i tassi a tali altezze, c’è chi è costretto a rinunciare. Curioso, semmai, è che con tanta fumisteria sulle diseguaglianze, magari infittita da teorie del complotto rettiliano, nessuno si incuriosisca davanti a incastri di numeri così suggestivi, né a destra né a sinistra. Unanime silenzio. Non ci resta che chiedere ad Amadeus di leggere un comunicato sul palco di Sanremo. (Mattia Feltri)
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siciliatv · 9 months ago
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Mutui tasso variabile e aiuti regionali, dal 7 febbraio via alle domande sulla piattaforma Irfis
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A partire dalle 10 del prossimo mercoledì 7 febbraio, sarà operativa la piattaforma telematica dell'Irfis per la presentazione delle domande di contributo finalizzate all'abbattimento dei tassi di interesse sui mutui a tasso variabile, sostenuti negli anni 2022 e 2023 per l'acquisto della prima casa. Il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, sottolinea l'importanza di questa iniziativa, definendola una risposta concreta al problema del caro mutui che ha colpito numerose famiglie nell'area. La Regione si presenta come la prima a intervenire in modo tangibile contro l'incremento dei tassi di interesse mutui. Le procedure sono già in corso, mirando a fornire supporto alle famiglie a basso reddito che hanno subito un aumento del 3% nella rata del mutuo. L'obiettivo è accelerare i passaggi dalla presentazione delle domande alla liquidazione delle somme. La misura regionale, dotata di 50 milioni di euro di fondi regionali, sarà gestita da Irfis nella fase istruttoria. La finestra per la presentazione delle domande scadrà il 29 febbraio alle 17, seguita dalla valutazione delle pratiche in base all'Isee 2023 o 2024, con limite di 30 mila euro per accedere al contributo. La misura prevede un sostegno a fondo perduto, proporzionale alla quota di interessi passivi (a tasso variabile) pagati nel 2022 e 2023 per i mutui prima casa, fino a un massimo di 1.500 euro per anno. Si stima che circa 25 mila contratti di mutui saranno interessati, e possono partecipare tutti gli intestatari di mutui a tasso variabile per l'acquisto o la costruzione della prima casa. Nel caso di cointestazione, sarà possibile presentare due domande distinte per due contributi diversi. Le domande devono essere presentate online dall'intestatario del mutuo o, in caso di cointestazione, da ciascun cointestatario attraverso la piattaforma dedicata, utilizzando Spid di livello 2 o Carta nazionale dei Servizi Cns. È importante notare che non è più necessaria la firma digitale, ma basta una firma autografa sulla domanda, trasmessa in formato pdf con scansione digitale e allegando un valido documento di riconoscimento. Inoltre, le domande sono esenti dall'imposta di bollo. L'assessore all'Economia, Marco Falcone, sottolinea l'impegno del governo Schifani nel restare vicino alle famiglie, mantenendo promesse come l'aiuto contro il caro mutui, che ha visto uno stanziamento di 50 milioni di euro di fondi regionali. La presidente di Irfis FinSicilia, Iolanda Riolo, conferma il ruolo operativo finanziario della Regione Siciliana nell'affiancare le famiglie colpite dagli aumenti dei tassi di interesse, pronta ad accogliere e valutare rapidamente le domande sulla piattaforma per procedere alle erogazioni dei contributi. Read the full article
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notiziariofinanziario · 1 year ago
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ll progressivo peggioramento del quadro internazionale raggiunge le imprese della Lombardia
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Le imprese della Lombardia registrano un calo di produzione. Resiste l'artigianato (+0,2% congiunturale) dove preoccupa però il calo degli ordini.    Sono i dati dell'analisi congiunturale dell'industria manifatturiera in Lombardia nel terzo trimestre. Con inflazione e caro-tassi che provocano una contrazione dei consumi, gli ordini interni soffrono maggiormente con un calo deciso per l'industria (-1,4% congiunturale) e più contenuto per l'artigianato (-0,3%). Anche gli ordini esteri flettono rispetto al trimestre precedente: -0,3% l'industria e -0,1% l'artigianato. Si attenua il caro prezzi delle materie prime per l'industria con un +0,8% sul trimestre precedente, ma cresce molto per l'artigianato (+4,5%). Il portafoglio ordini scende a 81 giornate di produzione assicurata (10 in meno del trimestre precedente), segno che la produzione è stata sostenuta anche dallo smaltimento di ordini pregressi. A causa dei fattori esterni le aspettative e il clima di fiducia sono incerte e prevalgono le attese di stagnazione per tutti gli indicatori.    "Il crollo degli ordini interni, la lenta inversione di tendenza dei prezzi e il calo degli investimenti generato dall'aumento del costo del denaro sono le principali cause del rallentamento della produzione industriale in Lombardia" dice Francesco Buzzella, presidente di Confindustria Lombardia.    "Alcuni settori in particolare mostrano segnali di maggiore sofferenza, come il chimico e il tessile ma alcuni segnali fanno sperare in una rapida ripartenza: il saldo occupazionale positivo e la cig in calo sono sintomo di fiducia delle imprese che, nonostante la congiuntura negativa, continuano a produrre a pieno organico", conclude. "I fattori esterni condizionano la performance delle imprese lombarde ma la speranza è quella di poter ripartire nella giusta direzione", aggiunge Gian Domenico Auricchio, presidente di Unioncamere Lombardia. "Il flusso di nuovi ordinativi è il vero punto debole per il 2023. In particolare sulla Lombardia grava la fase critica che sta attraversando l'economia tedesca", conclude Auricchio. Read the full article
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cinquecolonnemagazine · 1 year ago
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Il caro vita influenza i consumi degli italiani
Il caro vita fa frenare i consumi. L'erosione del potere d'acquisto e dei risparmi inizia a incidere sulla spesa delle famiglie che, se non ci saranno inversioni di tendenza, dovrebbe diminuire nel secondo semestre di -3,7 miliardi rispetto ai primi sei mesi dell'anno. E' quanto emerge dalle previsioni elaborate dal Centro Europa Ricerche per Confesercenti. A causa della frenata del secondo semestre, a fine anno la crescita complessiva della spesa delle famiglie nel 2023 dovrebbe attestarsi sul +0,8%, contro il +4,6% dello scorso anno.  Caro vita e consumi: quali sono i fattori che influenzano il potere d'acquisto? A penalizzare le scelte di consumo, afferma una nota, è una combinazione di fattori. In primo luogo, il lungo periodo di alta inflazione, che ha ridotto la capacità di spesa degli italiani: il rientro è in atto, ma è meno veloce di quanto atteso, con un aumento tendenziale dei prezzi che ad agosto si è confermato ancora sopra la soglia del 5% (+5,4%). All'erosione del potere d'acquisto si aggiunge quella dei risparmi, utilizzati dalle famiglie nella prima fase dell'aumento dei prezzi per mantenere i livelli di consumo precedenti: un margine di manovra che, dopo quasi due anni di corsa dei prezzi, si è ormai fortemente ridotto. A frenare i consumi anche l'aumento dei tassi di interesse portato avanti dalla Bce, ormai giunto al decimo rialzo consecutivo: una decisione presa per contrastare l'inflazione, ma che influenza negativamente la capacità di spesa delle famiglie - in particolare di quelle con un mutuo a tasso variabile - impattando sulla crescita complessiva dell'economia.  Come inciderà tutto questo sul Pil italiano? Secondo Confesercenti la quota complessiva dei consumi sul Pil dovrebbe attestarsi al 59,3%, dal 59,8% dello scorso anno, ma al netto dell'inflazione darebbe un contributo reale del 58,4%, il più basso dall'inizio del secolo (nel 2000 era il 59,9%). Nel complesso, questi andamenti abbasserebbero la crescita del Pil del secondo semestre al +0,1%, dall'+1,2% del primo semestre. Su base annua la crescita 2023 si attesterebbe quindi allo 0,7%, contro l'1% fissato come obiettivo nel Def.  Come rimediare? Per riportare la crescita in linea con gli obiettivi, sostiene Confesercenti - occorrerebbe una maggiore crescita dei consumi di 4 miliardi nel secondo semestre, con contributo alla crescita del Pil che salirebbe da 0,6 a 0,9 punti. Considerando che la propensione al consumo è oggi pari al 93%, questo aumento di spesa potrebbe essere ottenuto detassando per 4,3 miliardi le tredicesime. Un minor introito che però verrebbe parzialmente recuperato: la maggiore crescita e la maggiore spesa per consumi generate dalla detassazione delle tredicesime porterebbero ad un aumento di gettito di 1,3 miliardi, riducendo il costo del provvedimento per il bilancio pubblico a 3 miliardi.  Foto di Hands off my tags! Michael Gaida da Pixabay Read the full article
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telodogratis · 2 years ago
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Rialzo tassi, quanto costerà alle imprese?
Rialzo tassi, quanto costerà alle imprese?
La fotografia scattata dall’Ufficio Studi della Cgia: e sarà un conto decisamente salatoEconomia, Imprenditoria, Tassi Costerà decisamente caro alle imprese l’aumento dei tassi. Nel tentativo di raffreddare la spinta inflazionistica, l’aumento dei tassi di interesse deciso dalla BCE in questa seconda parte dell’anno – a cui dovremo sicuramente aggiungere il nuovo incremento che verrà introdotto…
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lamilanomagazine · 2 years ago
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L’industria e l’artigianato resistono in Lombardia
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L’industria e l’artigianato resistono in Lombardia. "Non era scontato, non era semplice, visto le pandemie, prima quella sanitaria e ora quella energetica, con le quali le imprese devono fare i conti. Ma il connubio pubblico-privato regge in un momento estremamente difficile e questo è senza dubbio un'ottima notizia non solo per la Lombardia ma per tutto il Paese". Lo ha detto l'assessore regionale allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, nel corso della presentazione dei dati economici del terzo trimestre delle imprese manifatturiere lombarde, che si è svolta oggi a Palazzo Lombardia. Presenti, tra gli altri, Gian Domenico Auricchio (presidente Unioncamere Lombardia), Maria Garbelli (Dipartimento di Economia, Metodi Quantitativi Strategie di Impresa dell'Università di Milano Bicocca), Francesco Buzzella (presidente di Confindustria Lombardia) e Mario Bettini (presidente Casartigiani Lombardia). I numeri, dunque, sono meno positivi rispetto ai trimestri scorsi, ma la produzione industriale continua la sua crescita seppur in maniera più limitata rispetto allo scorso trimestre (+0,4%), riducendo così l'intensità della crescita congiunturale ma restando in territorio positivo. La variazione tendenziale sullo stesso trimestre dell'anno scorso è pari al +4,8%. Questo risultato positivo è diffuso a quasi tutti i settori con l'eccezione dei mezzi di trasporto (-2,6%) e della siderurgia (-4,8%) che registrano invece un calo tendenziale. Gli ordinativi - sempre in positivo - mantengono tassi di crescita moderati per l'industria (+1,3% dall'interno e +1,5% dall'estero). ASSESSORE GUIDESI: "Gli ultimi dati relativi al comparto manifatturiero - dichiara l'assessore Guidesi - confermano che il tessuto produttivo lombardo tiene nonostante le difficoltà legate al 'caro energia'; un problema che l'Europa non affronta concretamente nonostante i ripetuti annunci. Come Regione Lombardia - ha continuato - abbiamo messo in campo tutto quello che potevamo attraverso misure specifiche e strumenti creditizi. Ci attendiamo che oggi l'Europa faccia lo stesso altrimenti si rischia seriamente di compromettere l'economia trainante del Paese con gravi effetti sociali". GIAN DOMENICO AURICCHIO (UNIONCAMERE LOMBARDIA): "Anche se nel terzo trimestre - ha commentato il presidente di Unioncamere Lombardia Gian Domenico Auricchio - il quadro per la produzione lombarda rimane positivo, assistiamo a un ulteriore indebolimento della crescita e ci avviciniamo pericolosamente a un possibile punto di svolta negativo. Infatti, il deterioramento del quadro economico porta gli imprenditori industriali a un cauto pessimismo per il prossimo trimestre, mentre per gli artigiani il rischio di una contrazione della produzione è ancora maggiore". POSITIVI ANCHE I DATI DEGLI ARTIGIANI - Risultati in linea anche per le aziende artigiane manifatturiere che segnano una crescita della produzione del +0,6% congiunturale che diventa +4,9% su base tendenziale. Per queste imprese - rivolte maggiormente al mercato interno - gli ordini mostrano segnali di cedimento (+0,4% congiunturale), mentre per i mercati esteri svoltano in negativo (-0,2%). Crescono maggiormente nel trimestre i settori del comparto moda (abbigliamento, pelli-calzature e tessile). Anche in questo caso un dato interessante e significativo soprattutto per quel che concerne il tessile, settore che più di tutti ha faticato anche anti-covid. QUADRO STRAORDINARIO SE SI CONSIDERANO I 'FATTORI ESTERNI' - Un quadro tendenzialmente positivo che diventa straordinario soprattutto se si considera quanto siano impattanti i cosiddetti 'fattori esterni'; beni energetici, materie prime e componenti varie registrano nuovi record spingendo il dato sui prezzi verso l'alto: rispetto al III° trimestre 2021 i prezzi delle materie prime sono cresciuti mediamente del 57% per le imprese industriali e dell'82,5% per le artigiane. Si attenuano tuttavia le difficoltà di approvvigionamento e migliora anche la situazione delle scorte di magazzino e dei materiali per la produzione. Nello specifico, i prezzi delle materie prime presentano una dinamica congiunturale in continuo rialzo per tutti i comparti, ma con un rallentamento nell'ultimo trimestre. Per l'industria, l'incremento si assesta ora al +9,8% congiunturale, dal +15,9% di inizio anno. L'artigianato mostra una dinamica simile passando dal +19,8% del primo trimestre all'attuale +15,2%. I prezzi dei prodotti finiti seguono ancora da lontano l'incremento delle materie prime registrando un +6,1% per l'industria e un +8,1% per l'artigianato. IL PACCHETTO DI INTERVENTI DI REGIONE LOMBARDIA - In questa logica si inseriscono gli strumenti messi in campo dall'assessore allo Sviluppo Economico di Regione Lombardia: un pacchetto economico da 255 milioni per le imprese lombarde che si compone di diverse misure per sostenere investimenti sull'efficientamento energetico del processo produttivo e per supportare le aziende che in questo momento hanno bisogno di credito e liquidità. SCENARIO DEL PROSSIMO TRIMESTRE - In un quadro ancora incerto lo scenario più probabile per il prossimo trimestre è di una contrazione congiunturale dei livelli produttivi che porterebbe ad una crescita media annua per il 2022 del +6,3%, ma a un tasso di crescita acquisito per il 2023 negativo pari al -0,3%. INCORAGGIANTI I DATI SULL'OCCUPAZIONE - Guardando con attenzione tutti i dati si trovano conferme rispetto alla grande resistenza delle imprese lombarde. Molto interessante, ad esempio, sono i numeri relativi all'occupazione dell'industria che registra un saldo positivo (+0,3%). Rimane stabile ai minimi la quota di imprese che ha fatto ricorso alla CIG: la quota di aziende che dichiara di aver utilizzato ore di cassa integrazione si attesta al 6,9% e le ore di CIG utilizzate si fermano all'1,1%. Un risultato importante ma meno positivo quello registrato per l'artigianato che, a fronte di un utilizzo della CIG ai minimi, registra un saldo occupazionale di poco sotto lo zero (-0,2%). OTTIMA PERFORMANCE DEL SETTORE MODA - Anche osservando i dati settoriali dell'industria l'analisi è positiva; la maggior parte delle realtà mantiene significativi incrementi tendenziali dei livelli produttivi. Da segnalare l'ottima performance del sistema moda: abbigliamento (+30,3%), pelli-calzature (+27,9%) e tessile (+7,4%). Incrementi sopra la media anche per manifatturiere varie (+8,6%), carta-stampa (+7,8%), alimentari (+6,5%), meccanica (+5,4%) e legno-mobilio (+5,1%). In crescita, ma con intensità minori poco superiori all'1% minerali non metalliferi e gomma-plastica; variazione nulla per la chimica; invece, gli uniti settori n contrazione tendenziale sono i mezzi di trasporto (-2,6%) e la siderurgia (-4,8%). Il positivo andamento del comparto moda è confermato anche dalle imprese artigiane. I risultati meno entusiasmanti, ma ancora positivi, si hanno nel comparto artigiano per manifatturiere varie (+1,5%), gomma-plastica (+2,6%), meccanica (+3,5%), alimentari e carta-stampa (+4,6%). variazione nulla, in questo caso, per la siderurgia. BENE IL FATTURATO PER L'INDUSTRIA - Altro dato interessante è quello relativo al fatturato a prezzi correnti dell'industria che segna un buon risultato tendenziale (+13,5%) e una crescita sul trimestre precedente del 2,6%. Gli incrementi di prezzo dei prodotti finiti in atto, con un'ulteriore crescita del 6,1% congiunturale, influiscono sul risultato. Per le imprese artigiane il fatturato cresce dell'1,7% congiunturale e del 7,4% tendenziale. Anche in questo caso va considerata la dinamica dei prezzi dei prodotti finiti, cresciuti dell'8,1% rispetto al trimestre precedente. La dinamica congiunturale degli ordini interni migliora, ma resta debole, per l'industria (+1,3% congiunturale), come anche gli ordini esteri che si fermano a +1,5%. Risultati peggiori per l'artigianato con ordini interni poco sopra lo zero (+0,4%) ed esteri in lieve contrazione (-0,2%). La quota del fatturato estero sul totale rimane elevata per le imprese industriali (39,8%) e resta poco rilevante e in diminuzione per le imprese artigiane (6,4%). SEGNALI INCORAGGIANTI ANCHE DALLE SCORTE DI MAGAZZINO - Per il settore industria si registra un rientro delle scorte di magazzino verso livelli più che adeguati, con i segnali di scarsità ora in quota minoritaria. In questo trimestre, a fronte di una quota considerevole di imprese che giudica le scorte adeguate (63% per i prodotti finiti e 73% per le materie prime), si registrano saldi tra giudizi di esuberanza-scarsità positivi per le materie prime (+1,8%) e leggermente negativi per i prodotti finiti (-0,8%). In miglioramento anche le scorte per l'artigianato, anche se i segnali di scarsità delle materie prime sono ancora giudicate scarse, ma in linea con i dati storici del comparto. SI CONFERMA LA FORZA DELLA LOMBARDIA MA È ALTRESÌ NECESSARIO L'INTERVENTO EUROPEO - Dopo oltre un anno dalla 'pandemia energetica', arrivata subito dopo quella sanitaria, le imprese lombarde si confermano straordinarie e forti riuscendo a resistere in una situazione complessa. È altresì evidente che le istituzioni continuano ad assumere un ruolo determinante per il sostegno che devono al sistema produttivo. Da qui il motivo dei continui allarmi che Regione Lombardia, con l'assessore Guidesi, e tutto il 'sistema lombardo' lanciano da ormai un anno alla Commissione Europea nella speranza di un pur tardivo ma essenziale intervento.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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scienza-magia · 2 years ago
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I mercati si stanno risollevando dopo le crisi
L’inflazione sta infine scendendo? Iniziano a esserci alcuni segnali incoraggianti, ma è ancora presto per essere ottimisti. Dopo circa un anno e mezzo che gran parte dell’Occidente è tornata a fare i conti con aumenti dei prezzi che non si vedevano dagli anni Settanta, inizia a esserci qualche segnale di ottimismo. A novembre l’inflazione, ossia l’aumento generale dei prezzi, è risultata in rallentamento rispetto ai mesi scorsi sia negli Stati Uniti che nel complesso dei paesi che adottano l’euro, la cosiddetta “Eurozona”. È probabile che questo rallentamento sia il risultato delle politiche piuttosto aggressive di aumento dei tassi condotte negli scorsi mesi dalla Federal Reserve, la banca centrale americana, e dalla Banca Centrale Europea. È tuttavia ancora presto per capire se effettivamente ci sia davvero una tendenza in discesa, anzi: le banche centrali continueranno ad aumentare i tassi col fine di rallentare l’economia, con lo scopo di “raffreddare” l’aumento dei prezzi. Il rallentamento dell’inflazione non significa però che i prezzi si stiano riducendo: significa solo che l’aumento annuale è meno intenso rispetto ai mesi precedenti. A novembre negli Stati Uniti l’inflazione è stata pari al 7,1 per cento rispetto a un anno fa, in calo dal 7,7 di ottobre. Nei paesi dell’euro invece è stata pari al 10 per cento, in calo rispetto al 10,6 del mese prima (anche se in Italia è rimasta uguale a ottobre). Significa che se un bene a novembre 2021 costava cento, oggi costa comunque di più: negli Stati Uniti costa 107,1 e nell’Eurozona 110. In più il paragone viene fatto in termini mobili: novembre 2022 su novembre 2021, ottobre 2022 su ottobre 2021, quindi con una base di partenza sempre diversa e via via con mesi in cui i prezzi stavano già iniziando a salire. Sono aumenti che restano ancora notevoli ma sembra che ci sia l’accenno di una tendenza al ribasso, che negli Stati Uniti c’è da qualche mese mentre nell’Eurozona si è appena manifestato. A Flourish chart I prezzi stavano aumentando già prima dell’inizio della guerra in Ucraina, a causa di tutte le distorsioni che ha creato la pandemia, come la mancanza di molti materiali e la strozzatura nelle catene di produzione. Per esempio, la pandemia aveva già reso più caro per le aziende reperire le materie prime necessarie alla produzione (si pensi al caso dei microchip e della carta). La guerra in Ucraina ha poi peggiorato la situazione, soprattutto facendo aumentare enormemente il costo dell’energia e del gas. La Russia, che è il secondo produttore di gas naturale al mondo, ha ridotto sempre di più le sue esportazioni di gas in risposta alle sanzioni inflitte dall’Occidente. La riduzione ha colpito soprattutto l’Europa, che importava il 40 per cento del suo gas dalla Russia; al contrario, gli Stati Uniti sono più indipendenti a livello energetico e non ne hanno risentito troppo. Su livelli accettabili, l’inflazione è una componente sana dell’economia, perché è l’indicatore di una domanda sostenuta di beni e servizi. Le aziende producono, impiegano lavoratori, e le persone spendono. In questo caso si tratta di inflazione da domanda e varie banche centrali sostengono che il livello ideale sia attorno al 2 per cento. Ma le cifre ben più alte di questi mesi creano parecchie distorsioni e asimmetrie: le imprese sono disorientate nelle proprie scelte di rifornimento dei magazzini (comprare adesso con prezzi alti o aspettare che si riducano? E se, invece di calare, aumentano ancora?), mentre le famiglie stanno perdendo potere d’acquisto perché continuano a percepire gli stessi redditi a fronte di un aumento dei prezzi. In più, parte di questi aumenti deriva dal costo dell’energia, quindi da una componente esterna. Le bollette sono parecchio aumentate e le aziende spesso riversano questo aumento dei costi di produzione nel prezzo finale. È una dinamica tutt’altro che sana, al contrario di quanto avviene in caso di un’accettabile inflazione da domanda.
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L’inflazione che osserviamo in questi mesi è un misto: c’è sicuramente una componente legata a un’economia che corre, dopo l’enorme rallentamento imposto dalle restrizioni dovute alla pandemia da coronavirus, ma c’è anche un’inflazione dal lato dell’offerta, dovuta soprattutto all’aumento dei prezzi dell’energia. Per capire quanto pesano le due cause, e soprattutto per capire quanto sia diventato ormai strutturale l’aumento dei prezzi, si monitora la cosiddetta “inflazione di fondo”: si ottiene togliendo dall’inflazione complessiva la componente più volatile (cioè variabile) dei prezzi, ossia quella legata all’energia e ai beni alimentari, due mercati molto suscettibili a movimenti improvvisi. L’inflazione di fondo nell’area dell’euro è pari al 6,6 per cento, contro un dato complessivo del 10; negli Stati Uniti l’inflazione di fondo è pari al 6 per cento, a fronte di un dato complessivo del 7,1. Significa che l’aumento del costo dell’energia e dei beni alimentari spiega un terzo dell’inflazione europea, mentre solo il 15 per cento di quella statunitense. Se ne deduce che nell’area dell’euro ci troviamo di fronte a un’inflazione ancora causata in buona parte dall’aumento del costo dell’energia, mentre negli Stati Uniti si tratta ormai di una classica inflazione da domanda ben radicata nell’economia. È questa la componente più importante da osservare: si può notare che negli Stati Uniti l’inflazione di fondo sta rallentando già da qualche mese, mentre nell’Eurozona continua a essere sempre più vigorosa. Sembra quasi che gli Stati Uniti siano avanti in questo processo: già dallo scorso anno l’inflazione americana è diventata strutturale e ora sta scendendo, mentre quella europea lo è diventata più tardi e sta ancora aumentando. A Flourish chart Già nei mesi scorsi era evidente come l’inflazione degli Stati Uniti fosse molto diversa da quella dell’Eurozona e altrettanto diversa è stata la risposta di policy da parte delle banche centrali. La Federal Reserve americana già dall’inizio dell’anno sta aumentando i tassi di interesse, ossia a mettere in atto la classica risposta di politica monetaria di fronte a un’inflazione così alta. E lo ha fatto anche in maniera piuttosto aggressiva e repentina. Invece, la BCE ha per un po’ tergiversato e ha annunciato solo a fine luglio il primo rialzo, dopo che nel frattempo aveva riassorbito la politica di acquisti massicci di titoli di stato avviata durante la pandemia. La BCE scommetteva sul fatto che l’inflazione europea, proprio perché maggiormente guidata dai prezzi dell’energia, fosse meno strutturale di quella americana. Ma poi si è adeguata al ritmo americano e a settembre ha annunciato il più grande aumento dei tassi della sua storia. Anche se ci sono timidi segnali di rallentamento dell’inflazione, è probabile che le banche centrali continueranno ad aumentare i tassi di interesse: forse la Federal Reserve potrebbe rallentare il passo, decidendo rialzi meno sostanziosi visto che anche l’inflazione di fondo sta scendendo, mentre è improbabile che la BCE deciderà di attenuare gli aumenti, proprio perché l’inflazione di fondo nell’Eurozona sta ancora salendo. Read the full article
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abr · 2 years ago
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(L)a geniale Europa, prima di imbarcarsi in (quest)’avventura (...), non ha ragionato sul fatto che gli Usa hanno operato in modalità di attacco frontale perché indipendenti a livello energetico (...). Noi no. Noi, piaccia o meno, siamo totalmente dipendenti dalla Russia. (Inoltre) Mosca (con la sua Gazprom) è ovunque: in Algeria come in Iran. (...)
Le false speranze si infrangono (...) le utilities dell'energia e gas europee in queste settimane si sono letteralmente svenate (...) Mentre a Praga sfilavano 70.000 persone contro governo, Ue, caro-bollette e una guerra che non è la nostra, da Vienna giungeva conferma del salvataggio da 2 miliardi di euro della principale utility energetica del Paese, Wien Energie, (...) (Come) la tedesca Uniper (ha chiesto e ottenuto) il bail-out del governo. (...)
Insomma, emergenza. (...)
In Austria l’inverno comincia a farsi sentire. E ancora di più lo fa in Svezia, dove domenica l’esecutivo ha annunciato un pacchetto di aiuti ai produttori di elettricità (...). (I)l provvedimento si preannuncia da miliardi di corone, poiché si applicherà a tutti gli attori del comparto, sia scandinavi che baltici. La finlandese Fortum (...) ha chiesto a sua volta aiuto al proprio governo (...) per un ammontare fra 1 e 5 miliardi di euro (per via di) "una serie di default legati ai piccoli produttori".
Signori, siamo in trappola. (...) L’Europa si trova a tamponare una doppia crisi, energetica e finanziaria. (Q)uanto ci metterà a implodere l’eurozona, (presa in mezzo nel) cortocircuito di una Bce che alza i tassi per contrastare l’inflazione mentre i governi elargiscono aiuti e sostegni di Stato con il badile? (...)
via https://www.ilsussidiario.net/news/spy-finanza-la-trappola-del-gas-e-scattata-siamo-entrati-nella-lehman-energetica/2400369/
Bottarelli come al solito la tocca piano ma si basa sui fatti in atto.
Novelli Napoleoni e Hitler ganassa che dovevan cenare a Mosca, altro che russi a Kyiv: sono nuovamente alle porte di Berlino, per la terza volta in 200 anni ! (La storia non insegna nulla a chi non la sa). Temevamo la Cina ma in realtà basta e avanza il lucido e testosteronico Putin per sistemar la banda di checche estrogenate isteriche al seguito del demente Biden.
Ultima chiamata prima che i cambiamenti avvengano lo stesso, solo ancor più dolorosamente: 'sto giro elettorale. E mica solo da noi.
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corallorosso · 4 years ago
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Vabbè, questa è meravigliosa. Intervistato ieri su Rai3 da Bianca Berlinguer Matteo Salvini, con l’eleganza e l’educazione che gli sono propri, a un certo punto prende e sbotta: “Se lei vuole il Mes se lo prenda e se lo paghi lei”. Ora, a parte i modi da peracottaro con cui si rivolge alla conduttrice che gli ha solo posto osservazioni in maniera pacata e professionale (cosa a cui non è evidentemente abituato) è interessante proprio da un punto di vista tecnico la frase: “Il MES se lo prenda e se lo paghi lei”. E per un semplice motivo: il MES è gratis. Non c’è proprio una mazza da pagare. Al massimo, da pagare c’è, se rinunciamo al MES. Spieghiamoci meglio. Ammettiamo che i 37 miliardi che servono immediatamente all’Italia per affrontare le spese dell’emergenza Covid, li prendiamo in prestito dai mercati come vuole Salvini, anziché dal MES. Per farlo dovremmo emettere ad esempio 37 miliardi di BTP a 10 anni, il cui costo per l’Italia è dell’1,3%. Vuol dire che, per farci prestare questi soldi dai mercati anziché dal MES, dovremo pagare ogni anno circa 400-500 milioni di interessi. Ogni anno, per 10 anni. Soldi che potremmo dare agli italiani, ma che Salvini vuole regalare a banche e mercati. Se prendessimo invece questi soldi dal MES, essendo il tasso del MES dello 0,1%, significa che all’Italia il MES costerebbe appunto praticamente zero. Ovvero 4-5 miliardi in meno rispetto al prestito voluto da Salvini. Di più: se i soldi li prendessimo dal MES a 7 anni anziché 10 i tassi sarebbero perfino negativi. Per cui sarebbe addirittura il MES a dare interessi all’Italia e non il contrario. Quindi da un punto di vista proprio tecnico siamo noi che dovremmo dire a Salvini: “Se non vuoi il MES gli interessi pagali tu”. Perché dire il contrario significa essere o ignoranti o in malafede. A margine, sempre in quel meraviglioso intervento, Salvini ha osservato che se tutti i paesi hanno detto di No al MES, un perché ci sarà. Il perché, caro fenomeno dell’economia, è che agli altri Paesi il MES non conviene perché a differenza nostra riescono già a finanziarsi sui mercati a tassi prossimi allo zero se non addirittura negativi. Prendiamo i tassi d’interesse di un finanziamento a 7 anni. Per l’Italia questo tasso di interesse è pari a +0,8%. Austria: -0,4% (notare il segno meno) Belgio: -0,3% Francia: -0,37% Germania: -0,6% Irlanda: -0.2% Olanda: -0,47% Portogallo: 0,1% Spagna: 0,1% Italia: 0,8%. Bisogna quindi avere serissime difficoltà con la matematica delle scuole elementari per non capire che gli altri Paesi non chiedono il MES perché semplicemente già pagano tassi bassissimi sul mercato (o addirittura negativi!), mentre noi sul mercato paghiamo tassi tra i più alti di tutti. Matteo è più grande 0 o 0,8? Dai che se ti applichi ci arrivi su. Scuole elementari Matteo, elementari. Emilio Mola
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Abbonarsi a riviste online
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Come lettore insaziabile potresti davvero sentirti infelice quando non pubblichi in tempo le tue pubblicazioni in edicola. Dopo di che ci fu l'importante questione di una certa pubblicazione che copriva un'occasione storica. Quando alla fine della giornata ti sei avventurato fuori dal lavoro, la rivista si era effettivamente offerta. Se ti fossi iscritto a quella pubblicazione online, questi problemi non si sarebbero effettivamente verificati. Quando osservi il tuo amico che si compiace di un duplicato della tua pubblicazione preferita, ci sono dei festeggiamenti. Quando ti avventuri in edicola, sei informato che la rivista in realtà non è ancora stata pubblicata.
Il tuo amico l'ha effettivamente ricevuto e continuerà a ricevere i futuri numeri di quella rivista prima che vengano pubblicati in edicola. Se qualsiasi tipo di pubblicazione di questo tipo ha un concorso in cui i primi 500 partecipanti sono assicurati di premi, puoi essere certo che coloro che si sono effettivamente registrati per quella pubblicazione online batteranno sicuramente quelli che lo stanno acquistando dagli stand delle riviste regionali. Se ti fossi effettivamente preoccupato di controllare la pubblicazione che il tuo caro amico ha letto, potresti aver trovato una riga aggiuntiva stampata sulla copertina, che specificava "Copia dell'abbonamento, non in vendita". Questo è uno dei maggiori vantaggi dell'abbonamento a una rivista online.
Puoi essere certo che riceverai prontamente ogni numero della pubblicazione. Invece li riceverai sicuramente in anticipo, se consideri le loro date di uscita in edicola. La maggior parte delle case di affissione invia prima le copie dell'abbonamento e poi i duplicati all'edicola. Un altro fattore essenziale per l'abbonamento a riviste online è il taglio di prezzo che ottieni dagli autori. L'editore paga un grosso compenso all'agente che distribuisce le riviste alle edicole e ai proprietari dei chioschi.
Quando ti iscrivi alla rivista online, questo compenso viene trasferito a te. Se controlli numerose pubblicazioni, puoi risparmiare una notevole quantità di denaro sottoscrivendole online. C'è ancora un altro vantaggio nella registrazione per le pubblicazioni online. La maggior parte di tali registrazioni comporta una sovvenzione. Se ti abboni per 3 anni, potresti persino ottenere un costoso regalo elettronico che costa un'eccellente quantità di denaro in viaggio. Gli autori possono pagare per fornirti questi regali poiché ottengono gli stessi direttamente dal fornitore in blocco a tassi di sconto superiori al 60% e più sul costo della vendita al dettaglio.
Poiché i duplicati dell'abbonamento sono forniti a casa dai corrieri, non è necessario perdere tempo a visitare l'edicola per ottenerlo, se in realtà non ti sei mai abbonato a pubblicazioni su Internet, provalo oggi e scoprirai che ha molti più vantaggi che ottenerli dalle strade. Gli sconti che ottieni abbonandoti a 2 pubblicazioni potrebbero benissimo ti aiutano a iscriverti a un terzo. I doni che ricevi sono il coronamento del risultato. Non devi attaccarti le unghie preoccupandoti se il duplicato di una questione essenziale continuerà sicuramente ad essere sugli spalti oppure no quando le vedrai.
Se qualsiasi tipo di pubblicazione di questo tipo ha un concorrente in corso in cui i primi 500 utenti hanno la certezza di premi, puoi essere certo che coloro che si sono abbonati a quella rivista online sconfiggeranno coloro che lo stanno acquistando dagli stand delle riviste locali. Un'ulteriore variabile essenziale dell'abbonamento a riviste online è il taglio di prezzo che ottieni dagli autori. Se controlli diverse pubblicazioni, puoi risparmiare una notevole quantità di denaro sottoscrivendole online. Se in realtà non ti sei mai abbonato a riviste online, provalo oggi e scoprirai anche che ha molti più vantaggi che acquistarli per strada. Le riduzioni di prezzo che ottieni abbonandoti a 2 pubblicazioni potrebbero aiutarti a iscriverti a una terza. Per concludere, un fattore molto importante quando devi stampare riviste online è la scelta del fornitore. Una tipografia storica con macchine all’avanguardia in genere è la migliore scelta tra i professionisti del settore.
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delectablywaywardbeard-blog · 9 months ago
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Mutui, Federazione bancari: "In due anni i tassi sono triplicati"
Secondo la Federazione autonoma bancari in due anni i tassi sui mutui sono triplicati. Da una loro ricerca emerge che il caro-tassi batte il credito. La fiammata del costo del denaro, portato al 4,5% dalla Bce, ha fatto triplicare i tassi praticati dalle banche sui finanziamenti erogati alle famiglie. A fine dicembre scorso, gli interessi medi applicati ai prestiti immobiliari erano arrivati al…
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