Tumgik
#calmiere
peritiauto · 7 months
Text
Relazione presentata al Ministero del Made in Italy
Commissione Allerta Rapida – Prezzi settore assicurativo A seguito della riunione del 14 febbraio al Ministero è stato concesso ai partecipanti di presentare delle relazioni a completamento delle nostre esposizioni che sono state limitate nel tempo di 3 minuti. In allegato la nostra: al ministero made in italy
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
ma-pi-ma · 2 years
Text
Tumblr media
Io credo che una vita piena offra già così tante occasioni, o obblighi, di incontro che più che moltiplicare le amicizie andrebbero diminuite. O almeno calmierate.
.
Luciano De Crescenzo
36 notes · View notes
twinssebastiani · 1 month
Text
Tumblr media
📷NOTIZIARIO: UN BANDO REGIONALE - 13.08.2024 -
Un bando regionale che possa riassegnare con affitti a tariffe calmierate, le Sae non più utilizzate nelle zone terremotate... 📽️ https://www.twinssebastiani.it/dettaglio.php?id=12066
0 notes
maggiekwest · 4 months
Text
Prologue of the last book in my elemental fantasy trilogy 🖤
There’s two sides to every story. Beyond moonlight and starlight, beyond duty and family and legends. Drawn from the deepest abyss of space. I am trapped between these two powers, this Darkness twisting in my limbs, in my mind, in my very blood; the bright electric power still harnessed by the ring around my neck.
Branches snap past my face, the rope rubbing my wrists raw.
I used to be royalty, the True Born crown prince who walked among the young soldiers and Rangerians at court. Now I walk with this Darkness. Now they call me the villain. 
Two hands hold tight to the bonds around my wrists, around my arms, around my chest. One belongs to Jackson Marcrombie. The second belongs to Him, the energy that hung around Him held firm over my hands, the intense sorcery that streamed through His veins electric against my skin.
The Darkness inside me knew Him as a boy. But I only knew Him from legend. Legends that knew Him by many names. Soldier of Storm. Davison. Drakino. Another man with the last thousand years of memory swirling in his head. Another man whose hands streamed with blood.
The metal shaft of the Golden Arrow was cold against my fingers. Forever cold. Even though we had been marching for an hour. Yet empty of any trace of sorcery. A hollow husk with its core stripped away. 
I could claim I had no knowledge of what was happening inside me. I could claim I had no memory of the deaths I caused.
I would be lying.
My boots crunched on the forest floor. The frostbite burns down my arms had turned black, thin scars cutting through my sharp, blood-red tunic.
It was my hands that killed Isabel Tyler when the Sheriff brought her to my palace. My hands that brought Fort Calmier crumbling around me. My order that summoned the magic of the Golden Arrow into Crius’s body.
The empty sword sheath bumped against my leg as they pushed me ever forward. Hands roughly yanked the blindfold tighter over my eyes.
“The camp is supposed to be right around here somewhere...” Jackson’s hesitant voice.
“Should be over this hill. At least that’s what King Rehynall’s letter said.” Connor Avidor moved ahead, and the ground turned steeply upward. The low din of the hidden Áccyn camp came into focus.
Please, please, free me. Jack has already given up on me. Whoever is listening. I have no control over what I’m doing. I have harmed more than you could know, killed more than I could ever count.
I am not the monster.
I am not the monster.
“We’ve got him!” Jackson’s triumphant cry rang past my ears, a tone of exhaustion behind his words. “Behold, friends, neighbors, and people I don’t know very well... the Sorcerer, Ishkur Gisborne!” The blindfold was ripped from my eyes, and he smiled through my face. The Darkness inside me.
Descendants of Robin Hood, book 3 - Son of Lightning
~ Launches June 25th, 2024!! ~
0 notes
Text
LE "NOYADES" DI NANTES
New Post has been published on https://www.aneddoticamagazine.com/it/le-noyades-di-nantes/
LE "NOYADES" DI NANTES
Prove tecniche di stermino di massa durante la rivoluzione francese
  Autunno 1793, il Terrore imperversava a Parigi ed in tutta la Francia, il Comitato di Salute Pubblica, stretto attorno a Robespierre, si affannava a punire con la morte tutti i nemici della repubblica, sospendendo, o meglio negando, i principi di libertà e di fraternità che avevano tenuto a battesimo la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino dell’agosto 1789. Solo l’eguaglianza sopravviveva, seppur trasfigurata nell’imperativo di asservire con il Terrore tutti i cittadini alla repubblica, al fine di salvare la repubblica stessa.
La deriva verso il più feroce estremismo fu graduale, dettata dalla politica contingente. Nel gennaio del 1793 la decapitazione di Luigi XVI, dopo un processo farsesco, radicalizzò lo scontro con le monarchie europee. La guerra, voluta nell’aprile del 1792 dai girondini per smascherare le ambiguità dei foglianti e della monarchia ed assicurare lauti profitti alla borghesia mercantile, si trasformò in uno scontro ideologico, in cui la Francia regicida era costretta a lottare per la propria sopravvivenza, dal momento che la ghigliottina aveva troncato insieme alla testa di Luigi XVI ogni ipotesi di compromesso e di convivenza con il resto dell’Europa.
Maximilien de Robespierre
Dopo aver invocato la guerra i girondini si mostrarono incapaci di gestirla sia sul piano politico che su quello militare.
L’esercito francese non era pronto: gli equipaggiamenti erano insufficienti, l’emigrazione aveva gravemente indebolito il corpo ufficiali. Su 9000 ufficiali la metà aveva abbandonato la Francia. I battaglioni di volontari, pur animati dall’entusiasmo suscitato dalla propaganda rivoluzionaria, che presentava la guerra come una crociata per la sopravvivenza della Francia e l’instaurazione della libertà universale, erano privi di un adeguato addestramento. Il proposito di Dumouriez, posto dai girondini a capo dell’esercito, di superare i vistosi limiti della sua armata grazie ad una guerra breve, resa più agevole per le armi francesi dall’insorgere delle popolazioni confinanti al richiamo dei valori della rivoluzione, divenne utopia dopo il gennaio 1793.
Tra febbraio e marzo del 1793, l’Inghilterra e la Spagna ruppero la loro preoccupata neutralità e dichiararono guerra alla Francia. L’improvviso estendersi del conflitto impose la chiamata otto le armi di oltre 300.000 uomini, accendendo forti resistenze in tutto il paese.
Nel marzo del 1793, il generale Dumouriez, i cui legami con i girondini erano ben noti, concluse segretamente un armistizio con gli austriaci e tentò di organizzare un colpo di stato, ma il rifiuto delle sue truppe di volgersi contro la Convenzione lo costrinse a consegnarsi al nemico.
Il tradimento di Dumouriez gettò l’ombra del sospetto sui girondini e diffuse in tutta la Francia una nuova ondata di panico a cui seguì la persecuzione dei nemici veri o presunti della rivoluzione. Ovunque, su iniziativa dei sanculotti, nacquero Comitati di Sorveglianza che si incaricarono di controllare e di fermare i sospetti.
All’inizio di aprile i giacobini acuirono la loro animosità versi i girondini accusandoli di tradimento e di colpevole debolezza nella condotta della guerra ed invocando misure straordinarie come il calmiere dei prezzi e le requisizioni per soddisfare le pressanti necessità dell’esercito e delle classi popolari.
Sempre più logorati ed incalzati dall’offensiva giacobina, i girondini dovettero concedere prima l’abolizione dell’inviolabilità dei deputati contro cui esistessero forti presunzioni di complicità con i nemici della rivoluzione; poi l’istituzione, sotto l’influsso di Danton, di un Comitato di Salute Pubblica per coordinare gli sforzi bellici; infine l’introduzione di un calmiere dipartimentale dei prezzi dei foraggi e dei cereali.
Tali concessioni non furono tuttavia sufficienti ad evitare la caduta della Gironda.
Nel giugno del 1793, esasperati dall’andamento assai incerto della guerra, i sanculotti dei sobborghi di Parigi, con la piena complicità dei giacobini, accerchiarono la Convenzione e chiesero l’arresto dei deputati girondini. La convenzione cedette, aprendo così la strada alla dittatura giacobina.
La teoria, elaborata fin dal 1789 da Sieyès, del potere illimitato ed assoluto delle assemblee rappresentative incaricate dalla nazione sovrana di produrre una nuova costituzione si saldò con le invocazioni di Marat all’avvento di un dittatore capace di vincere l’inerzia e la volubilità delle masse e di liberare la giovane repubblica da quanti all’interno ed all’esterno intendevano soffocarla, instaurando così libertà, felicità e prosperità definitivamente. Le incertezze dell’andamento della guerra, il degenerare della contrapposizione politica tra girondini e giacobini, l’estremismo della base rivoluzionaria, il dilagare dell’ossessione per i tradimenti e le cospirazioni controrivoluzionarie deformarono il nucleo ideologico e giuridico della rivoluzione, rappresentato dalla teoria di Sieyès del potere costituente, sino ad inglobarvi anche l’idea della dittatura terroristica giacobina, intesa come una fase transitoria, ma indispensabile, violentissima, ma salvifica.
Dopo aver epurato la Convenzione dei “traditori” girondini, il gruppo dirigente giacobino si affrettò, con l’appoggio della pianura, preoccupata di essere tacciata di tiepido spirito rivoluzionario, ad approvare una nuova costituzione molto avanzata sul terreno della democrazia politica, grazie all’introduzione del suffragio universale e del referendum popolare, e con caute aperture alla democrazia sociale, attraverso l’affermazione del principio generale dell’assistenza pubblica agli indigenti. L’assolvimento del compito costituente della Convenzione non fece tuttavia svanire le minacce all’edificio rivoluzionario, anzi le alimentò, fornendo ampie giustificazioni al differimento dell’applicazione della nuova costituzione sino alla pace ed al consolidamento del potere nelle mani dei giacobini.
Soltanto dopo aver saldamente assunto il potere Robespierre si preoccupò di chiarire sul piano teorico la legittimità della dittatura rivoluzionaria. Nel rapporto Sui principi del governo rivoluzionario del 5 nevoso II (25 dicembre 1793) scrisse: “Il fine del governo costituzionale è di conservare la Repubblica; quello del governo rivoluzionario di fondarla. La rivoluzione è la guerra della libertà contro i suoi nemici; la costituzione è il regime della libertà vittoriosa e tranquilla. […] Il governo costituzionale si occupa principalmente della libertà civile [cioè della garanzia delle libertà individuali]; e il governo rivoluzionario della libertà pubblica [cioè la salvezza della comunità e l’indipendenza della nazione]. Sotto il regime costituzionale basta proteggere gli individui contro gli abusi del potere pubblico; sotto il regime rivoluzionario il potere è costretto a difendersi contro tutte le fazioni che lo attaccano. Il governo rivoluzionario deve ai buoni cittadini tutta la protezione nazionale; ai nemici del popolo non deve che la morte.”. Prima di ottenere una definitiva formulazione teorica la dittatura giacobina fu costruita giorno dopo giorno, emergenza dopo emergenza, ribellione dopo ribellione, atrocità dopo atrocità, dilapidando il patrimonio ideale della rivoluzione con l’intento di preservarlo.
L’arresto dei girondini, eliminando dalla scena politica i fautori di una politica moderata, sensibile alla difesa della libertà economica, alimentò in molte province, soprattutto nel sud est, lo spirito di ribellione. Bordeaux, Marsiglia, Tolone, Montbrison e Lione insorsero.
La sollevazione della Vandea, iniziata nel mese di marzo per porre fine alla coscrizione ed alla persecuzione dei preti refrattari, assunse nel corso dell’estate del 1793 dimensioni imponenti, mettendo in fuga le armate inviate prontamente da Parigi con il compito di ristabilire l’ordine.
Le sorti della guerra intanto volgevano a sfavore della Francia: tutti i territori occupati erano stati riconquistati dal nemico, Parigi stessa era esposta a gravissimi rischi.
Alle difficoltà politiche e militari si aggiungevano quelle economiche: l’inflazione continuava a crescere e l’assegnato a svalutarsi. Le derrate alimentari che affluivano nei mercati erano insufficienti a sfamare la popolazione.
Difronte a questa grave situazione, prossima alla disgregazione della Francia, i giacobini diedero prova di grande fermezza, mettendo però da parte ogni residuo di spirito umanitario. Nel luglio del 1793, essi ottennero dalla Convenzione la ristrutturazione del Comitato di Salute Pubblica che fu trasformato in un governo di guerra, dotato di ampie competenze in tutti i campi: dal controllo dell’ordine pubblico alla diplomazia, dalla regolazione delle attività economiche alla condotta delle operazioni militari. Per enfatizzare il carattere transitorio della dittatura giacobina il decreto del 14 Frimaio II (4 dicembre 1793), che riorganizzò il governo rivoluzionario, stabilì la rielezione mensile da parte della Convenzione dei membri del Comitato. Tale ossequio formale alla centralità della Convenzione nel sistema politico non impedì che il Comitato finisse di fatto per imporsi sull’assemblea rappresentativa. La rielezione dei membri dell’esecutivo divenne una pura formalità, dal momento che il governo rivoluzionario giacobino possedeva efficaci strumenti di ricatto, di intimidazione e, all’occorrenza, di repressione nei confronti di qualsiasi oppositore, dentro e fuori la Convenzione.
Danton, ritenuto ondivago ed incline al compromesso, fu messo da parte; la guida del Comitato passò nelle mani uomini come Billaud-Varenne, Collot-d’Herbois, Barrère, Lindet, Couthon, Carnot, Saint-Just e Robespierre che diedero vita ad un organismo politico estremamente compatto che non esitò a sospendere le garanzie liberali e la democrazia stessa pur di imporre al paese la disciplina necessaria a sostenere lo scontro con i nemici interni ed esterni della rivoluzione.
Al Comitato di Salute Pubblica fu affiancato il Comitato di Sicurezza Generale, anch’esso rieletto di mese in mese, con una competenza specifica sulla polizia politica e sulla giustizia rivoluzionaria. Tra i due comitati, detti di governo, il primo finì per prevaricare sul secondo.
Nei dipartimenti l’organizzazione amministrativa fu semplificata ed improntata alla più rigida centralizzazione. Si impose alle municipalità di rendere conto della loro attività, in particolare quella repressiva nei confronti dei sospetti di attività controrivoluzionarie, ogni dieci giorni ai distretti, che dovevano poi riferire al governo rivoluzionario centrale.
In agosto il Comitato di Salute Pubblica decretò la leva in massa di tutti i giovani tra i 18 ed i 25 anni e pose tutti gli altri cittadini in stato di requisizione, in modo da poterli impiegare, all’occorrenza, nelle fabbricazioni di guerra e nelle retrovie. Grande attenzione riservò anche alla crisi economico-finanziaria. Introdusse il calmiere dei prezzi che inizialmente riguardò soltanto i cereali per poi estendersi gradualmente a quasi tutti i beni ed ai salari.
Il calmiere, unito alle requisizioni dei prodotti alimentari e delle materie prime, stabilizzò l’inflazione e garantì la sussistenza sia delle classi popolari, sia dell’esercito. Neppure il commercio estero sfuggì al controllo del comitato.
L’economia francese fu dunque in gran parte nazionalizzata, sia direttamente, attraverso la creazione di manifatture di stato, sia indirettamente, mediante la fornitura di materie prime e di mano d’opera, il controllo della produzione, la requisizione dei prodotti, l’imposizione di prezzi e salari.
Tutte le misure adottate per la regolazione dell’economia non furono per il comitato il frutto di un disegno ideologico, ma un espediente straordinario e transitorio per affrontare le necessità della guerra.
L’alleanza stretta dai giacobini con l’ala sinistra della rivoluzione, rappresentata dai sanculotti delle sezioni parigine, favorì inoltre lo sviluppo del movimento di scristianizzazione. Il clima di mobilitazione patriottica incoraggiò le sezioni rivoluzionarie ad estendere anche al clero costituzionale l’odio che già da tempo investiva i preti refrattari. I rivoluzionari più intransigenti iniziarono a considerare la Chiesa al servizio della controrivoluzione e ne invocarono l’estirpazione dal corpo della società francese.
Rispetto a questo movimento della base rivoluzionaria il Comitato di Salute Pubblica ebbe un atteggiamento oscillante. Da principio assecondò la scristianizzazione tollerando la chiusura delle chiese, introducendo il calendario repubblicano che eliminava dalla vita quotidiana ogni riferimento al cristianesimo per celebrare invece la patria, le stagioni ed i mestieri; poi si sforzò di contenerla. Robespierre riteneva pericolosa la scristianizzazione in quanto da un lato avrebbe fomentato l’ateismo, lontano dalla sensibilità popolare e foriero di immoralità pubblica e privata; dall’altro avrebbe fanatizzato i già numerosi nemici della repubblica. Sulla base di tali considerazioni il comitato rifiutò di dare una sanzione formale alla scristianizzazione imponendo per legge il divieto di culto.
Il principale strumento di governo del Comitato di Salute Pubblica fu il Terrore, cioè la condanna a morte, spesso a seguito di processi sommari, talvolta senza neppure un simulacro di processo, di tutti i sospetti oppositori della dittatura giacobina: nobili, preti refrattari, cittadini stranieri, simpatizzanti girondini, accaparratori di generi alimentari, commercianti che eludessero il calmiere dei prezzi. Robespierre interpretò il Terrore come una giustizia “pronta, severa, inflessibile” che fosse emanazione diretta della virtù repubblicana, cioè, rifacendosi alla tradizione classica, dell’amore e della devozione verso la patria e le sue leggi.
La legge sui sospetti, approvata nel settembre 1793, costituì la cornice legale del Terrore. Essa definiva i sospetti in maniera così elastica da rendere onnipotenti i Comitati di Sorveglianza incaricati di applicarla. Il sospetto prendeva di mira l’autore possibile di un reato eventuale a causa delle sue opinioni e non il presunto colpevole di un fatto realmente compiuto. L’arbitrio aveva in questo modo campo libero. Una volta deferiti dai comitati di sorveglianza ai tribunali rivoluzionari, i sospetti erano spacciati, non avendo la possibilità né di ricorrere in appello né di difendersi concretamente. Spesso i processi si risolvevano con l’accertamento dell’identità dei sospetti, a cui seguiva la lettura della sentenza di morte.
Gli annegamenti a Nantes
L’organismo esecutivo della legge sui sospetti e del Terrore furono i Comitati di Sorveglianza. Sorti spontaneamente tra la base rivoluzionaria dei sanculotti delle sezioni parigine e di molti comuni, anche piccoli, i comitati furono istituzionalizzati, prima nel marzo e poi in settembre del 1793, con il riconoscimento formale di tutti i poteri che nel frattempo si erano arrogati: compilare liste di sospetti, procedere ad arresti e perquisizioni, rilasciare certificati di civismo, controllare i documenti dei militari in licenza, arrestare chiunque fosse sprovvisto della coccarda tricolore.
L’inasprimento della repressione impose inoltre, nel settembre 1793, un rimaneggiamento del Tribunale Rivoluzionario. Esso fu chiamato a giudicare senza appello né cassazione ogni iniziativa controrivoluzionaria, ogni attentato contro la libertà, l’eguaglianza, l’unità e l’indivisibilità della repubblica, la sicurezza interna ed esterna e tutti i complotti tendenti a restaurare la monarchia. Alla Convenzione era riservata la nomina dei giudici e dei giurati e soprattutto la chiamata in giudizio dei sospetti.
Per i reati contro la repubblica il tribunale criminale di ogni dipartimento poteva sedere “rivoluzionariamente”, seguendo le stesse regole fissate per il Tribunale rivoluzionario di Parigi; nelle regioni dove infuriava la guerra civile furono invece istituite apposite commissioni militari per giudicare i sospetti.
La politica del Terrore fu inaugurata nell’ottobre del 1793 con la condanna a morte di Maria Antonietta. L’esecuzione della regina vanificò ogni residua, nonché flebile, illusione di una soluzione diplomatica della guerra. A breve distanza salirono sul patibolo i deputati girondini, arrestati in giugno, ed alcuni dei capi dei foglianti, il duca di Orléans, Filippo Egalité e madame Roland, una delle anime politiche del gruppo girondino.
Negli ultimi tre mesi del 1793 su 395 accusati presso il Tribunale Rivoluzionario 177 furono ghigliottinati, cioè il 45%. Il numero degli arresti subì una impennata. Nel dicembre 1793 i detenuti nelle galere parigini superarono le 4500 unità, in agosto non erano più di 1500.
Alla periferia della repubblica l’anello di congiunzione tra il governo rivoluzionario centrale da una parte ed i comitati di sorveglianza e le amministrazioni locali dall’altra erano i rappresentanti della Convenzione in missione, dotati di poteri pressoché illimitati. La loro funzione era normalmente quella di sovraintendere alla mobilitazione ed al dispiegamento dell’esercito e di coordinare gli sforzi bellici, e perciò rivoluzionari, della cittadinanza, ma nelle regioni in cui si fossero verificate sollevazioni controrivoluzionarie tale funzione si riduceva alla messa in pratica del Terrore, cioè dell’inflessibile punizione di tutti i nemici veri o presunti della repubblica.
Mentre a Parigi il Terrore era modulato direttamente dal governo rivoluzionario coniugando l’imperativo di imporre alla Francia la disciplina necessaria a sconfiggere i suoi nemici con la salvaguardia di larvate procedure formali, nei dipartimenti esso era condizionato non solo dalle direttive che provenivano dal centro, ma anche dallo zelo e dal temperamento, cioè dalle inclinazioni più o meno sanguinarie, dei rappresentanti in missione.
A Lione, riconquistata alla repubblica dopo un lungo assedio nell’ottobre del 1793, il rappresentante in missione, nonché membro del Comitato di Salute Pubblica, George Couthon, pur invocando la necessità di rieducare la popolazione a cominciare dall’alfabeto rivoluzionario e dall’imposizione alla città di un nuovo nome, Ville-Affranchie, Città Liberata, non scatenò la sua ferocia sulle persone ma sui simboli della prosperità lionese che ai suoi occhi aveva alimentato la rivolta. Il 26 ottobre nella Place Bellecour, dove sorgevano le più eleganti residenze nobiliari della città, Couthon, dalla sua sedia da invalido, pronunciò una accorata orazione in cui ordinò di abbattere gli edifici che si affacciavano sulla piazza, in quanto essi erano “luoghi criminosi ove la magnificenza regale reca affronto alla miseria del popolo ed alla semplicità di modi repubblicana”. Prima di dare il buon esempio sferrando il primo colpo di mazza tuonò: “Possa questo terribile esempio incutere paura alle future generazioni e insegnare all’universo che la nazione francese, sempre grande e giusta, come sa premiare la virtù, così sa anche aborrire il crimine e punire la ribellione.”.
Nonostante la demolizione di più di 1700 case in tutta la città, la condotta di Couthon fu giudicata fiacca dalla Convenzione che si affrettò ad inviare a Lione altri due suoi autorevoli membri, Fouché e Collot d’Herbois, per attuare forme ben più dirette di castigo.
Fino alla fine di ottobre le condanne a morte non erano state più di trenta ed avevano riguardato quasi esclusivamente ufficiali rei di tradimento e membri in vista della municipalità che si era posta alla guida della rivolta, dopo l’arrivo a Lione di Fouché e di Collot d’Herbois la ghigliottina incominciò invece a lavorare a pieno ritmo. La delazione fu incoraggiata e premiata, il rispetto delle pur sbrigative procedure formali venne presto dimenticato. Tuttavia per quanto i boia lavorassero febbrilmente, sino a mozzare, come risulta dai dati registrati con estrema meticolosità, trentadue teste in venticinque minuti, per i più zelanti interpreti del Terrore occorreva adottare metodi ancora più rapidi ed efficaci per estirpare il male controrivoluzionario. Si ricorse pertanto ad esecuzioni di massa con l’ausilio dei cannoni caricati a mitraglia. La Plaine des Brotteaux, la spianata sulla riva del Rodano da dove Montgolfier aveva iniziato al sua ascensione con il pallone aerostatico, fu il teatro di questa atrocità. I condannati, sino a sessanta per volta, venivano legati in modo tale da formare una sola fila, quindi abbattuti a cannonate. Coloro che non rimanevano uccisi all’istante erano finiti a colpi di baionetta, sciabola e fucile. Il 4 dicembre 1793 Dorefeuille, l’ex attore che comandava i plotoni di esecuzione, scrisse al presidente della Convenzione annunciandogli che in quel solo giorno erano stati giustiziati centotredici abitanti di “questa nuova Sodoma” e che in quelli seguenti egli sperava di “fare espiare i loro crimini con il fuoco e il piombo” ad altri quattro o cinquecento.
Quando le stragi nella Ville-Affranchie terminarono, il numero dei giustiziati aveva raggiunto le 1905 unità.
Jean-Baptiste Carrier
La ferocia sanguinaria della repressione attuata a Lione non si ripeté a Marsiglia, dove i propositi di vendetta dei répresentants-en-mission Barras e Fréron furono mitigati dagli scrupoli formali del locale tribunale rivoluzionario che su 975 cittadini rinviati a giudizio ne mandò assolti quasi la metà. A Bordeaux Jean Lambert Tallien al sangue impuro dei sospetti preferì i loro averi. Per garantire una vita lussuosa alla sua giovane amante aristocratica avviò al patibolo solo coloro che non fossero in grado di pagare lautamente la propria libertà. Accumulò una fortuna, offrendo al boia non più di centinaio di teste da tagliare.
A Nantes invece il macabro esempio di Lione fu addirittura superato in efferatezza dall’operato del più scellerato tra i terroristi in missione: Jean-Baptiste Carrier.
Figlio di un piccolo proprietario terriero dell’Alvernia, Carrier (1756-94), dopo aver concluso i suoi studi di diritto a Parigi, entrò nel 1784 in magistratura, ottenendo la carica di procuratore ad Aurillac, nelle vicinanza del suo paese natale, Yolet. Né il suo ufficio di magistrato, né il matrimonio contratto con Françoise Laquairie valsero a contenere la passione politica accesa in lui dalla rivoluzione. Nel 1792 la sua militanza nel locale club dei giacobini, dove si era fatto notare come oratore ispirato ed estremista, fu premiata con l’elezione alla Convenzione da parte dei cittadini del dipartimento di Cantal, in Alvernia. Giunto a Parigi non tardò a farsi strada: ottenne dalla Convenzione la nomina a Commissario nelle Fiandre appena occupate. Esaurito il suo compito, votò la condanna a morte di Luigi XVI, si batté per l’instaurazione del tribunale rivoluzionario e fu tra i primi ad invocare l’arresto di Filippo d’Orléans. Nell’estate del 1793 Carrier fu nuovamente mandato in missione, prima in Normandia e poi, in agosto, a Nantes, a ridosso dell’area interessata dalla sollevazione vandeana.
Il suo predecessore Fouché aveva in marzo sciolto il locale comitato rivoluzionario giudicandolo troppo moderato ed aveva insediato un Comitato di Sorveglianza che, sotto la guida di Jean Jacques Goullin, Pierre Chaux, entrambi avidi commercianti senza scrupoli, e Jean Marguerite Bachelier, un fanatico con un passato da seminarista, si era affrettato a procedere numerosi arresti per scongiurare il pericolo che gli insorti della Vandea potessero trovare a Nantes sostenitori e simpatizzanti. Non appena giunse in città Carrier diede un ulteriore impulso agli arresti.
Nel mese di ottobre, dopo la sconfitta dell’armata vandeana a Cholet, ai già numerosi sospetti si aggiunse nelle carceri una moltitudine di prigionieri di guerra, i cosiddetti briganti vandeani. Quasi diecimila detenuti furono stipati in condizioni igieniche disastrose nei carceri cittadini: Saintes Claires, Bouffay e Le Bon Pasteur. Successivamente, per contenere tutti i nemici della repubblica fu requisito anche l’Entrepôt des cafés, l’imponente deposito del caffé posto in prossimità del porto, simbolo della ricchezza commerciale di Nantes. Si giunse persino a trasformare alcune navi in disarmo come prigioni galleggianti.
La comparsa di casi di tifo tra i prigionieri del carcere del Bouffay, posto nel cuore medievale di Nantes, non lontano dal Tribunale Rivoluzionario, allarmò le autorità cittadine, ponendo all’ordine del giorno l’adozione di metodi di sterminio che non solo incutessero terrore, ma risolvessero con estrema rapidità il sovraffollamento delle carceri. Anche tralasciando ogni formalismo giuridico sia la ghigliottina, sia il plotone di esecuzione furono giudicati troppo lenti da Carrier che propose di ricorrere alle “deportazioni verticali”, come egli stesso le definì, cioè all’annegamento di massa dei prigionieri nelle acque della Loira. Nella sua mente ormai sconvolta dall’alcoolismo, con cui da tempo tentava di assuefarsi al sangue, e dal fanatismo giacobino, che si nutriva della disumanizzazione degli avversari, le noyades furono la risposta più brutale, sbrigativa e perciò rivoluzionaria ad una emergenza sanitaria che, sorta tra i prigionieri, considerati alla stregua di detriti umani, di scorie pericolose, minacciava di estendersi ai buoni cittadini repubblicani.
Chi non annegava veniva ucciso a colpi di lancia
Sulle fiancate di barconi a chiglia piatta erano praticati dei fori sotto la linea di galleggiamento, sui quali venivano inchiodate delle tavole di legno in modo che i barconi stessero provvisoriamente a galla. Si facevano poi salire a bordo i prigionieri, con mani e piedi legati, ed i barconi venivano sospinti al centro del fiume. Allora il barcaiolo-carnefice fracassava o schiodava le tavole e si affrettava a saltare su di un’altra imbarcazione, mentre le vittime guardavano impotenti l’acqua che iniziava a sommergerli. Chi tentava di salvarsi dall’annegamento gettandosi dal barcone, veniva ucciso a sciabolate una volta nell’acqua.
Poiché tale sistema di annientamento dei nemici della rivoluzione richiedeva carnefici dalla coscienza particolarmente indurita oppure ottenebrata, Carrier creò la “Legione Marat”, composta da sanculotti spietati, ad essi affiancò i cosiddetti “ussari americani”, un gruppo di ex schiavi di Santo Domingo, assetati di vendetta. Preferendo passare le sue notti gozzovigliando, non assunse direttamente il comando delle operazioni, ma lo affidò a Guillaume Lamberty, un carrozziere che aveva combattuto a Cholet.
La prima noyade avvenne in novembre, Lamberty ed i suoi uomini annegarono, con il favore delle tenebre, circa novanta preti. Soltanto uno di essi riuscì fortunosamente a mettersi in salvo. Nei mesi successivi il macabro rituale si ripeté più volte; vi presero parte anche membri in vista del Comitato di Sorveglianza come Goullin che guidò l’irruzione notturna nel carcere del Bouffay dove radunò a caso, essendo troppo ubriaco per leggere la lista che aveva portato con sé, circa centotrenta detenuti per avviarli allo sterminio.
Con il ripetersi degli annegamenti l’orrore divenne routine, cancellando ciò che restava della pietà nella coscienza dei carnefici. Non si attese più la notte per uccidere, ma lo si fece in pieno giorno, infierendo sulle vittime, tra cui, almeno nell’ultima noyade del febbraio 1794, vi furono anche bambini e neonati. Neppure un brandello di dignità fu risparmiato agli esseri umani che il sospetto aveva trasformato in scorie da schernire e da distruggere. Con raccapricciante umorismo i sanculotti coniarono espressioni come “battesimo repubblicano” e “matrimonio repubblicano” per indicare l’ultimo umiliante sberleffo da imporre alle vittime in punto di morte. I prigionieri erano spogliati degli abiti e di tutti i loro averi; preti e suore, giovani e ragazze venivano legati insieme in pose oscene prima di essere cacciati a forza sui barconi ed annegati.
L’esecrazione delle noyades da parte di Robespierre valse ad interrompere lo sterminio a Nantes, ma non determinò l’arresto di Carrier che fu richiamato a Parigi ed eletto segretario della Convenzione. Soltanto dopo il Termidoro (luglio 1794) Carrier, nonostante si fosse prontamente schierato a favore del colpo di stato contro Robespierre, fu processato e condannato a morte nel novembre del 1794. Anche la testa di Lamberty rotolò nel cesto del boia. Sorte diversa ebbero invece altri responsabili delle noyades come Goullin, Bachelier e Chaux che furono processati ed assolti.
Le stime di coloro che morirono nelle acque della Loira tra il novembre 1793 ed il febbraio 1794 sono molto variabili, non furono comunque meno di duemila, anche se secondo alcune fonti sfiorarono le quattromilaottocento unità. Al di là dei numeri l’importanza delle noyades risiede nella sperimentazione di impersonali sistemi di sterminio di massa che rivelano un aspetto della mentalità rivoluzionaria molto prossimo ai tratti psicologici tipici degli autori dei genocidi del XX secolo. A Nantes nell’anno II mancò quella saldatura tra tecnologia, disumana follia politica ed efficienza burocratica che avrebbe caratterizzato i genocidi del XX secolo, tuttavia fu sperimentato il corredo ideologico indispensabile per procedere ad uno sterminio di massa.
La violenza accompagnò tutto il processo rivoluzionario, ma a Nantes accadde qualcosa di nuovo. Il potere costituito, e non una folla di scalmanati accecati dall’odio, come nel caso dei massacri nelle carceri parigine del settembre 1792, abbandonò ogni parvenza di legalità per sterminare il più rapidamente possibile una categoria di cittadini ritenuta così colpevole da non meritare alcuna umanità, né alcun indugio procedurale. La scelta dello sterminio non fu inoltre il parto di una mente criminale isolata. Certo Carrier offrì alla rivoluzione la sua sanguinaria creatività, ma non ebbe difficoltà a trovare complici solerti ed entusiasti. Né mancarono altri “ardenti patrioti” che si sforzarono di escogitare mezzi di sterminio rapidi, impersonali e di devastante potenza.
Dopo aver sconfitto sul campo le forze vandeane, la repubblica procedette all’annientamento sistematico ed indiscriminato della popolazione e del territorio della Vandea. Ogni distinzione tra combattenti e non combattenti venne considerata un tradimento degli imperativi rivoluzionari. La deportazione in massa, lo spopolamento di intere regioni e persino l’impiego di gas (fumigations) capaci di asfissiare il nemico furono presi in considerazione per estirpare lo spirito di ribellione dal cuore della Vandea. Soltanto le difficoltà tecniche per la realizzazione di tali progetti imposero di ricorrere a forme di stermino più tradizionali e sperimentate. Le dodici “colonne infernali” del generale Turreau furono incaricate di attraversare la Vandea e di massacrare ogni essere vivente che avessero incontrato sul loro cammino: uomini, donne, vecchi e bambini, fiancheggiatori della rivolta e repubblicani.
  Bibliografia
LEFEBVRE GEORGE, La rivoluzione francese, Torino, Einaudi, 1987.
SOBOUL ALBERT, Storia della rivoluzione francese, Milano, Rizzoli, 1988.
SCHAMA SIMON, Cittadini. Cronaca della Rivoluzione francese, Milano, Mondadori, 1989.
FURET FRANCOIS, OUZUF MONA. (a cura di), Dizionario critico della rivoluzione francese., Milano, Bompiani, 1988.
0 notes
agrpress-blog · 1 year
Text
Lunedì 9 ottobre 2023 è stato indetto uno sciopero di ventiquattr'ore dei mezzi pubblici inizialmente in programma nella giornata di venerdì 6 ottobre. Lo sciopero, come spiegano dal sindacato Usb, è dovuto come segno di protesta alla cancellazione degli aumenti delle tariffe dei servizi ed energia, il congelamento e calmiere dei prezzi dei beni primari e dei combustibili, il blocco delle spese militari e dell'invio di armi in Ucraina, la richiesta di investimenti economici per tutti i servizi pubblici essenziali, il superamento dei penalizzanti salari d'ingresso garantendo l'applicazione contrattuale di primo e secondo livello ai neo assunti. L’astensione dal lavoro riguarderà nella Capitale la rete Atac (bus, tram e metro A, B e C) e gli autobus della Roma Tpl, Cotral e le ferrovie ex concesse Roma Lido e Roma Viterbo. Durante la giornata a rischio le corse dalle ore 08:30 alle 17:00 e dalle 20:00 fino al termine del servizio. Garantite le fasce orarie da inizio servizio alle 08:30 e dalle 17:00 alle 20:00. Non assicurato il servizio delle linee notturne nella notte fra lunedì domenica 8 e lunedì 9 ottobre. Nessuno interruzione invece per il servizio delle linee diurne che hanno corse programmate successive alle ore 24. Parliamo delle linee 38-44-61-86-170-246-301-451-664-881-916-980. Le linee notturne torneranno a svolgere il regolare servizio nella notte compresa tra martedì 9 e mercoledì 10 ottobre.
0 notes
lamilanomagazine · 2 years
Text
Milano, housing sociale: a San Siro 190 nuovi alloggi
Tumblr media
Milano, housing sociale: a San Siro 190 nuovi alloggi. È stata siglata la convenzione che consentirà di realizzare 190 nuovi alloggi in edilizia residenziale sociale (ERS) in via dei Rospigliosi. L'intervento prevede che due terzi della superficie ERS sarà destinata alla locazione a canone convenzionato (140 appartamenti da 108 a 165 euro mq/anno), mentre la parte restante (50 appartamenti) sarà messa in vendita ad una cifra convenzionata agevolata a partire da 2.675 euro/mq.  La convenzione rappresenta una novità importante rispetto al panorama dell'edilizia residenziale sociale perché, per la prima volta, l'operatore che affitterà gli alloggi si è impegnato a farsi carico di una quota pari al 50% delle spese condominiali relative alle aree a verde, pulizia, illuminazione e manutenzione tra cui anche i percorsi pedonali pavimentati di pertinenza dell’edificio. Il valore degli oneri di urbanizzazione per il Comune di Milano è pari a oltre 2 milioni e 200mila euro.  «Prosegue il nostro impegno per aumentare il numero di appartamenti in housing sociale a Milano per garantire affitti a cifre calmierate – dichiara Pierfrancesco Maran, assessore alla Casa del Comune di Milano –. Siamo particolarmente soddisfatti della convenzione che impegna l'operatore, per la prima volta nella nostra città, a far fronte a una quota consistente delle spese condominiali e auspichiamo che questo possa diventare un modello per gli interventi del futuro».... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
Text
Prompt #10
I reach the lake my body once boiling from the heat of running, turned cold as the freezing mist from the lake enveloped around me. My aching chest was slowly easing as I allowed myself to just stare at it. The longer I looked the calmier I was. Until I looked some more and more, trying to find the very reason I came here for. But nothing, there was nobody, nothing else here besides me.
0 notes
cerentari · 2 years
Text
Mai na gioia 257
Mai na gioia 257
La banda merdoni è sempre dalla parte di alcuni itagliani, quelli più ricchi ovvio. Hanno lasciato colpevolmente scadere il calmiere sulle accise voluto dal governo grisù (a questo punto, di diritto, il secondo peggior governo della storia patria, non più il primo) e i costi dei carburanti corrono liberi e belli. Tutto questo, sommato all’aumento dei tassi voluto dalla BCE, vedrete come…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
lorenzodiamantini · 2 years
Photo
Tumblr media
Horiatiki di anguria L' horiatiki (insalata greca) è una delle insalate piu globalizzate al mondo, infinite le varianti che si possono utilizzare, l'horiatiki salata(insalata paesana) è di origine contadina, costituiva il pasto di chi lavorava nelle campagne, passò in seguito sulle tavole cittadine. L' aggiunta di feta tuttavia è piu recente, sembra fu aggiunta dai locandieri per aggirare il calmiere allora presente sulle insalate. https://www.instagram.com/p/CEMPSibKEWm/?igshid=NGJjMDIxMWI=
0 notes
crossroad1960 · 2 years
Text
0 notes
Text
Scusate la mia ingenuità, ma se lo Stato mi impone di indossare la mascherina, non dovrebbe darmela gratis?
Perché lo Stato mi obbliga a rivolgermi ad un privato? È come per la RCA obbligatoria: sacrosanta, ma voglio la possibilità di scegliere fra una pubblica ed una privata.
Altrimenti, il sospetto che qualcuno abbia degli interessi nascosti mi sorge lecitamente...
Inoltre, se lo Stato fosse sul mercato, potrebbe dare uno standard minimo di servizio e fare da calmiere dei prezzi. Lo ricordate il calmiere, vero?
2 notes · View notes
beltratto · 3 years
Photo
Tumblr media
Acquisti di cibo da buttare. Nel contenitore-rifiuti ho: una anguria 🍉 marcia comprata da @supermercativisotto , due cetrioli marci @lidlitalia , un avocado marcio 🥑 @conad (al Conad tutti i prodotti sono sospetti; personalmente non acquisto cacao per esempio, dato che si tratta di un surrogato; nemmeno il caffè è buono; il formaggio grattugiato ha la muffa all'interno; la stracciatella sembra calcina acquosa senza sapore di latte e la spacciano per @sabelli_spa .Si salva @saporiedintorniconad con super prezzo.) I fagiolini de @ilcasoin (Il Casoin è un negozietto che si vanta di prodotti non solo freschi, ma biologici, così pure i prezzi; ma i fagiolini puliti, che appaiono verdi e teneri, hanno il filo che sembra uno spago! Immangiabili! Ho fatto una foto per #Instagram però👌🏻). È una vita ormai che mi faccio imbrogliare sulla spesa, per non parlare di acquisti non acquistati trovati nel conto, sempre a mio discapito mai dell'esercente; a chiunque è capitata questa esperienza! Ora controllo sempre il "documento commerciale di vendita o prestazione" , così si chiama, certo è che a volte ho altro per la testa, pago e vado. Ma tornando ai supermercati che frequento: 1) come fare a non venire imbrogliati? 2) Mi porto dietro un coltello e taglio gli alimenti dentro al negozio per vedere se sono sani? Altrimenti come posso dimostrare che il prodotto è buono o no? Perché farlo in seguito, non si viene creduti. E c'è un ulteriore viaggio da fare! Di solito nei negozi c'è una cassetta con prodotti in offerta, che offerta non è; si tratta di cibi scaduti e o verdure ingiallite, che sono una vergogna da mostrare! Perché i prodotti-freschi, quelli belli e buoni vengono buttati per il calmiere-costi. Non c'è nessuna associazione dei consumatori @adiconsum che ci viene in aiuto, quindi? Anche se sono più accorta, i prezzi salgono, almeno ogni 6 mesi, e così tiro avanti riducendo la spesa. E, con il caldo che fa, sto con la puzza sotto il naso della roba marcia. (Nel mio post una peonia in vaso su specchio) #spesa #imbroglio #negozioalimentari #supermercato #calmiere #prezzi #aumento #offerte #prodotti #ingannialimentari #photoipad #peonia (presso Treviso, Italy) https://www.instagram.com/p/CRJ25jxp2sO/?utm_medium=tumblr
0 notes
theamberous · 3 years
Text
" The parental figure "
[ CRK protagonists x GN!Adult!Reader ]
Tumblr media
A/N: Here it is, the first tumblr scenario post of mine-
A/N: I won't do Yandere stuff from now on, I changed my mind. It's overrated, I guess- fluff is better anyways. Ahem. Also those are platonic!
P.S. requests maybe? Haha-
———————
– Right after Gingerbrave and the gang met the little blonde King, Custard Cookie iii, and right after all five returned to the soon-to-be kingdom.... Gnomes walked to Wizard Cookie, with the yet another Cookie cutter in their hands
– Huh, that means they can summon another cookie! And of course, the one who summons this cookie is, once again, Wizard.
– Since Custard did not catch the first magical moment(When Chili joined the gang), he was watching the process with big curiosity.
– Same goes to Chili, by the way. She was calmier while watching though.
– When you appeared outta the Cookie cutter, Gingerbrave cheered, very exciting to see another one friend
– But, well- he stumbled about something, and fell down, almost, almost breaking his crunchy arm
– Everyone gasped, including you.
– " O..Oh dear, are you alright? "
– " Ngg-gh... Definitely not the way to meet new cookie, haha.. "
– " Now now, let me take a look at your arm.. "
– Strawberry, Wizard, Custard and Chili silently watched as you healed Gingerbrave with some healing magic you had. Wizard himself was, kinda surprised. You had the weird aura, that made him feel.. nostalgic, sort of
– " Er.. Do you guys feel it too, or is it just me? "
– " Me too, if being honest... They look so kind and warm.. "
– " Jeez, what are you guys on about-? It's just some random person you just met! "
– That's how you met each other, lol
– Now, that you're adventuring around the cookie world, these five cookies grew their trust for you, including Chili herself. Girl didn't like you at first
– Custard iii is the most clingy from the gang. When you all take a rest, little king crawls up to you and lays his head on your lap
– He ABSOLUTELY loves to talk with you about his future royal plans!
– Custard once misfigured you with his dad/mom, and didn't realized that. You didn't mind though, you patted his head and said, " You can call me like that if you want. As long as you feel comfortable, my little king. "
– Both Gingerbrave and Strawberry would love to cuddle up to you just like Custard does, but there's a but. The brave one fears that he'll make you feel confused and annoyed, while the shy one is simply too shy to do such thing
– These two are curious teen cookies anyway, and when you're free either one of them would approach you and ask if you're ok to discuss something
– This "something" is a random stuff, like "How are you feeling now?"
– Also, Gingerbrave is kinda protective over you. Not in an obsessive way though! He simply makes sure cake hounds didn't hurt you too much. Meanwhile when he sees that you protect him, Gingerbrave almost f a i n t s -
– The most chill one is probably Wizard. Yes, he too is a clingy cookie, but he rarely does it infront of everyone. The thing he'll allow himself in public is him holding your hand, that's all
– The thing he really likes in you is your parental aura. Just like with Custard, he feels safe when he's around you
– You adore his magic, and you probably hope that he'll be a great wizard in the future? This boy hides his face in his scarf then. He secretly loves to be adored, why wouldn't he?
– And finally, Chilli Pepper Cookie.
– Just like i said earlier, she didn't like you at first. You looked like a nerd, you acted like a nerd, and for some reason you were trying to protect her from fights!
– Then, step by step, she started to develop some sort of crush on you? When Chili realized that, she face palmed herself. God hecking damn it
– I mean, you guys are the same age, so it's not that bad, right?
– That fact only got worse when Chili realised she feels butterflies when looking at you.
– Oh well then, the redhead can't do anything about that. The same redhead is jealous when she sees how the younger cookies from the gang cuddle on you
– Oh, by the way, what's your guys favourite game in free time? Hide and Seek!
– And when it's too dark to continue adventures, you let all five cookies sit(or lay) around you, as you tell them stories and fairrytales. Then you fall asleep, happy from the fact that you're making someone feel safe in such... chaotic times
———————
391 notes · View notes
thelovedpriestess · 3 years
Note
Okay im coming with a feedback haha.
It was like an advice reading about me and my crush. I took your advice and it helped me a lot. I felt much more calmier. And now i have another great update which happened thanks to u haha. Cuz if not it probably wouldnt have happened yet. He asked me to be his girlfriend! 🤭
So thank you! Very much
omg that’s so exciting!! i’m so glad everything ended up working out 🥰 thank you so much for the kind feedback as well!!
i have decided to extend my $2.22 tarot reading sale!! please dm if you’re interested in a two question tarot reading for only $2.22!
2 notes · View notes
Text
LE "NOYADES" DI NANTES
New Post has been published on https://www.aneddoticamagazine.com/it/le-noyades-di-nantes/
LE "NOYADES" DI NANTES
Prove tecniche di stermino di massa durante la rivoluzione francese
  Autunno 1793, il Terrore imperversava a Parigi ed in tutta la Francia, il Comitato di Salute Pubblica, stretto attorno a Robespierre, si affannava a punire con la morte tutti i nemici della repubblica, sospendendo, o meglio negando, i principi di libertà e di fraternità che avevano tenuto a battesimo la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino dell’agosto 1789. Solo l’eguaglianza sopravviveva, seppur trasfigurata nell’imperativo di asservire con il Terrore tutti i cittadini alla repubblica, al fine di salvare la repubblica stessa.
La deriva verso il più feroce estremismo fu graduale, dettata dalla politica contingente. Nel gennaio del 1793 la decapitazione di Luigi XVI, dopo un processo farsesco, radicalizzò lo scontro con le monarchie europee. La guerra, voluta nell’aprile del 1792 dai girondini per smascherare le ambiguità dei foglianti e della monarchia ed assicurare lauti profitti alla borghesia mercantile, si trasformò in uno scontro ideologico, in cui la Francia regicida era costretta a lottare per la propria sopravvivenza, dal momento che la ghigliottina aveva troncato insieme alla testa di Luigi XVI ogni ipotesi di compromesso e di convivenza con il resto dell’Europa.
Maximilien de Robespierre
Dopo aver invocato la guerra i girondini si mostrarono incapaci di gestirla sia sul piano politico che su quello militare.
L’esercito francese non era pronto: gli equipaggiamenti erano insufficienti, l’emigrazione aveva gravemente indebolito il corpo ufficiali. Su 9000 ufficiali la metà aveva abbandonato la Francia. I battaglioni di volontari, pur animati dall’entusiasmo suscitato dalla propaganda rivoluzionaria, che presentava la guerra come una crociata per la sopravvivenza della Francia e l’instaurazione della libertà universale, erano privi di un adeguato addestramento. Il proposito di Dumouriez, posto dai girondini a capo dell’esercito, di superare i vistosi limiti della sua armata grazie ad una guerra breve, resa più agevole per le armi francesi dall’insorgere delle popolazioni confinanti al richiamo dei valori della rivoluzione, divenne utopia dopo il gennaio 1793.
Tra febbraio e marzo del 1793, l’Inghilterra e la Spagna ruppero la loro preoccupata neutralità e dichiararono guerra alla Francia. L’improvviso estendersi del conflitto impose la chiamata otto le armi di oltre 300.000 uomini, accendendo forti resistenze in tutto il paese.
Nel marzo del 1793, il generale Dumouriez, i cui legami con i girondini erano ben noti, concluse segretamente un armistizio con gli austriaci e tentò di organizzare un colpo di stato, ma il rifiuto delle sue truppe di volgersi contro la Convenzione lo costrinse a consegnarsi al nemico.
Il tradimento di Dumouriez gettò l’ombra del sospetto sui girondini e diffuse in tutta la Francia una nuova ondata di panico a cui seguì la persecuzione dei nemici veri o presunti della rivoluzione. Ovunque, su iniziativa dei sanculotti, nacquero Comitati di Sorveglianza che si incaricarono di controllare e di fermare i sospetti.
All’inizio di aprile i giacobini acuirono la loro animosità versi i girondini accusandoli di tradimento e di colpevole debolezza nella condotta della guerra ed invocando misure straordinarie come il calmiere dei prezzi e le requisizioni per soddisfare le pressanti necessità dell’esercito e delle classi popolari.
Sempre più logorati ed incalzati dall’offensiva giacobina, i girondini dovettero concedere prima l’abolizione dell’inviolabilità dei deputati contro cui esistessero forti presunzioni di complicità con i nemici della rivoluzione; poi l’istituzione, sotto l’influsso di Danton, di un Comitato di Salute Pubblica per coordinare gli sforzi bellici; infine l’introduzione di un calmiere dipartimentale dei prezzi dei foraggi e dei cereali.
Tali concessioni non furono tuttavia sufficienti ad evitare la caduta della Gironda.
Nel giugno del 1793, esasperati dall’andamento assai incerto della guerra, i sanculotti dei sobborghi di Parigi, con la piena complicità dei giacobini, accerchiarono la Convenzione e chiesero l’arresto dei deputati girondini. La convenzione cedette, aprendo così la strada alla dittatura giacobina.
La teoria, elaborata fin dal 1789 da Sieyès, del potere illimitato ed assoluto delle assemblee rappresentative incaricate dalla nazione sovrana di produrre una nuova costituzione si saldò con le invocazioni di Marat all’avvento di un dittatore capace di vincere l’inerzia e la volubilità delle masse e di liberare la giovane repubblica da quanti all’interno ed all’esterno intendevano soffocarla, instaurando così libertà, felicità e prosperità definitivamente. Le incertezze dell’andamento della guerra, il degenerare della contrapposizione politica tra girondini e giacobini, l’estremismo della base rivoluzionaria, il dilagare dell’ossessione per i tradimenti e le cospirazioni controrivoluzionarie deformarono il nucleo ideologico e giuridico della rivoluzione, rappresentato dalla teoria di Sieyès del potere costituente, sino ad inglobarvi anche l’idea della dittatura terroristica giacobina, intesa come una fase transitoria, ma indispensabile, violentissima, ma salvifica.
Dopo aver epurato la Convenzione dei “traditori” girondini, il gruppo dirigente giacobino si affrettò, con l’appoggio della pianura, preoccupata di essere tacciata di tiepido spirito rivoluzionario, ad approvare una nuova costituzione molto avanzata sul terreno della democrazia politica, grazie all’introduzione del suffragio universale e del referendum popolare, e con caute aperture alla democrazia sociale, attraverso l’affermazione del principio generale dell’assistenza pubblica agli indigenti. L’assolvimento del compito costituente della Convenzione non fece tuttavia svanire le minacce all’edificio rivoluzionario, anzi le alimentò, fornendo ampie giustificazioni al differimento dell’applicazione della nuova costituzione sino alla pace ed al consolidamento del potere nelle mani dei giacobini.
Soltanto dopo aver saldamente assunto il potere Robespierre si preoccupò di chiarire sul piano teorico la legittimità della dittatura rivoluzionaria. Nel rapporto Sui principi del governo rivoluzionario del 5 nevoso II (25 dicembre 1793) scrisse: “Il fine del governo costituzionale è di conservare la Repubblica; quello del governo rivoluzionario di fondarla. La rivoluzione è la guerra della libertà contro i suoi nemici; la costituzione è il regime della libertà vittoriosa e tranquilla. […] Il governo costituzionale si occupa principalmente della libertà civile [cioè della garanzia delle libertà individuali]; e il governo rivoluzionario della libertà pubblica [cioè la salvezza della comunità e l’indipendenza della nazione]. Sotto il regime costituzionale basta proteggere gli individui contro gli abusi del potere pubblico; sotto il regime rivoluzionario il potere è costretto a difendersi contro tutte le fazioni che lo attaccano. Il governo rivoluzionario deve ai buoni cittadini tutta la protezione nazionale; ai nemici del popolo non deve che la morte.”. Prima di ottenere una definitiva formulazione teorica la dittatura giacobina fu costruita giorno dopo giorno, emergenza dopo emergenza, ribellione dopo ribellione, atrocità dopo atrocità, dilapidando il patrimonio ideale della rivoluzione con l’intento di preservarlo.
L’arresto dei girondini, eliminando dalla scena politica i fautori di una politica moderata, sensibile alla difesa della libertà economica, alimentò in molte province, soprattutto nel sud est, lo spirito di ribellione. Bordeaux, Marsiglia, Tolone, Montbrison e Lione insorsero.
La sollevazione della Vandea, iniziata nel mese di marzo per porre fine alla coscrizione ed alla persecuzione dei preti refrattari, assunse nel corso dell’estate del 1793 dimensioni imponenti, mettendo in fuga le armate inviate prontamente da Parigi con il compito di ristabilire l’ordine.
Le sorti della guerra intanto volgevano a sfavore della Francia: tutti i territori occupati erano stati riconquistati dal nemico, Parigi stessa era esposta a gravissimi rischi.
Alle difficoltà politiche e militari si aggiungevano quelle economiche: l’inflazione continuava a crescere e l’assegnato a svalutarsi. Le derrate alimentari che affluivano nei mercati erano insufficienti a sfamare la popolazione.
Difronte a questa grave situazione, prossima alla disgregazione della Francia, i giacobini diedero prova di grande fermezza, mettendo però da parte ogni residuo di spirito umanitario. Nel luglio del 1793, essi ottennero dalla Convenzione la ristrutturazione del Comitato di Salute Pubblica che fu trasformato in un governo di guerra, dotato di ampie competenze in tutti i campi: dal controllo dell’ordine pubblico alla diplomazia, dalla regolazione delle attività economiche alla condotta delle operazioni militari. Per enfatizzare il carattere transitorio della dittatura giacobina il decreto del 14 Frimaio II (4 dicembre 1793), che riorganizzò il governo rivoluzionario, stabilì la rielezione mensile da parte della Convenzione dei membri del Comitato. Tale ossequio formale alla centralità della Convenzione nel sistema politico non impedì che il Comitato finisse di fatto per imporsi sull’assemblea rappresentativa. La rielezione dei membri dell’esecutivo divenne una pura formalità, dal momento che il governo rivoluzionario giacobino possedeva efficaci strumenti di ricatto, di intimidazione e, all’occorrenza, di repressione nei confronti di qualsiasi oppositore, dentro e fuori la Convenzione.
Danton, ritenuto ondivago ed incline al compromesso, fu messo da parte; la guida del Comitato passò nelle mani uomini come Billaud-Varenne, Collot-d’Herbois, Barrère, Lindet, Couthon, Carnot, Saint-Just e Robespierre che diedero vita ad un organismo politico estremamente compatto che non esitò a sospendere le garanzie liberali e la democrazia stessa pur di imporre al paese la disciplina necessaria a sostenere lo scontro con i nemici interni ed esterni della rivoluzione.
Al Comitato di Salute Pubblica fu affiancato il Comitato di Sicurezza Generale, anch’esso rieletto di mese in mese, con una competenza specifica sulla polizia politica e sulla giustizia rivoluzionaria. Tra i due comitati, detti di governo, il primo finì per prevaricare sul secondo.
Nei dipartimenti l’organizzazione amministrativa fu semplificata ed improntata alla più rigida centralizzazione. Si impose alle municipalità di rendere conto della loro attività, in particolare quella repressiva nei confronti dei sospetti di attività controrivoluzionarie, ogni dieci giorni ai distretti, che dovevano poi riferire al governo rivoluzionario centrale.
In agosto il Comitato di Salute Pubblica decretò la leva in massa di tutti i giovani tra i 18 ed i 25 anni e pose tutti gli altri cittadini in stato di requisizione, in modo da poterli impiegare, all’occorrenza, nelle fabbricazioni di guerra e nelle retrovie. Grande attenzione riservò anche alla crisi economico-finanziaria. Introdusse il calmiere dei prezzi che inizialmente riguardò soltanto i cereali per poi estendersi gradualmente a quasi tutti i beni ed ai salari.
Il calmiere, unito alle requisizioni dei prodotti alimentari e delle materie prime, stabilizzò l’inflazione e garantì la sussistenza sia delle classi popolari, sia dell’esercito. Neppure il commercio estero sfuggì al controllo del comitato.
L’economia francese fu dunque in gran parte nazionalizzata, sia direttamente, attraverso la creazione di manifatture di stato, sia indirettamente, mediante la fornitura di materie prime e di mano d’opera, il controllo della produzione, la requisizione dei prodotti, l’imposizione di prezzi e salari.
Tutte le misure adottate per la regolazione dell’economia non furono per il comitato il frutto di un disegno ideologico, ma un espediente straordinario e transitorio per affrontare le necessità della guerra.
L’alleanza stretta dai giacobini con l’ala sinistra della rivoluzione, rappresentata dai sanculotti delle sezioni parigine, favorì inoltre lo sviluppo del movimento di scristianizzazione. Il clima di mobilitazione patriottica incoraggiò le sezioni rivoluzionarie ad estendere anche al clero costituzionale l’odio che già da tempo investiva i preti refrattari. I rivoluzionari più intransigenti iniziarono a considerare la Chiesa al servizio della controrivoluzione e ne invocarono l’estirpazione dal corpo della società francese.
Rispetto a questo movimento della base rivoluzionaria il Comitato di Salute Pubblica ebbe un atteggiamento oscillante. Da principio assecondò la scristianizzazione tollerando la chiusura delle chiese, introducendo il calendario repubblicano che eliminava dalla vita quotidiana ogni riferimento al cristianesimo per celebrare invece la patria, le stagioni ed i mestieri; poi si sforzò di contenerla. Robespierre riteneva pericolosa la scristianizzazione in quanto da un lato avrebbe fomentato l’ateismo, lontano dalla sensibilità popolare e foriero di immoralità pubblica e privata; dall’altro avrebbe fanatizzato i già numerosi nemici della repubblica. Sulla base di tali considerazioni il comitato rifiutò di dare una sanzione formale alla scristianizzazione imponendo per legge il divieto di culto.
Il principale strumento di governo del Comitato di Salute Pubblica fu il Terrore, cioè la condanna a morte, spesso a seguito di processi sommari, talvolta senza neppure un simulacro di processo, di tutti i sospetti oppositori della dittatura giacobina: nobili, preti refrattari, cittadini stranieri, simpatizzanti girondini, accaparratori di generi alimentari, commercianti che eludessero il calmiere dei prezzi. Robespierre interpretò il Terrore come una giustizia “pronta, severa, inflessibile” che fosse emanazione diretta della virtù repubblicana, cioè, rifacendosi alla tradizione classica, dell’amore e della devozione verso la patria e le sue leggi.
La legge sui sospetti, approvata nel settembre 1793, costituì la cornice legale del Terrore. Essa definiva i sospetti in maniera così elastica da rendere onnipotenti i Comitati di Sorveglianza incaricati di applicarla. Il sospetto prendeva di mira l’autore possibile di un reato eventuale a causa delle sue opinioni e non il presunto colpevole di un fatto realmente compiuto. L’arbitrio aveva in questo modo campo libero. Una volta deferiti dai comitati di sorveglianza ai tribunali rivoluzionari, i sospetti erano spacciati, non avendo la possibilità né di ricorrere in appello né di difendersi concretamente. Spesso i processi si risolvevano con l’accertamento dell’identità dei sospetti, a cui seguiva la lettura della sentenza di morte.
Gli annegamenti a Nantes
L’organismo esecutivo della legge sui sospetti e del Terrore furono i Comitati di Sorveglianza. Sorti spontaneamente tra la base rivoluzionaria dei sanculotti delle sezioni parigine e di molti comuni, anche piccoli, i comitati furono istituzionalizzati, prima nel marzo e poi in settembre del 1793, con il riconoscimento formale di tutti i poteri che nel frattempo si erano arrogati: compilare liste di sospetti, procedere ad arresti e perquisizioni, rilasciare certificati di civismo, controllare i documenti dei militari in licenza, arrestare chiunque fosse sprovvisto della coccarda tricolore.
L’inasprimento della repressione impose inoltre, nel settembre 1793, un rimaneggiamento del Tribunale Rivoluzionario. Esso fu chiamato a giudicare senza appello né cassazione ogni iniziativa controrivoluzionaria, ogni attentato contro la libertà, l’eguaglianza, l’unità e l’indivisibilità della repubblica, la sicurezza interna ed esterna e tutti i complotti tendenti a restaurare la monarchia. Alla Convenzione era riservata la nomina dei giudici e dei giurati e soprattutto la chiamata in giudizio dei sospetti.
Per i reati contro la repubblica il tribunale criminale di ogni dipartimento poteva sedere “rivoluzionariamente”, seguendo le stesse regole fissate per il Tribunale rivoluzionario di Parigi; nelle regioni dove infuriava la guerra civile furono invece istituite apposite commissioni militari per giudicare i sospetti.
La politica del Terrore fu inaugurata nell’ottobre del 1793 con la condanna a morte di Maria Antonietta. L’esecuzione della regina vanificò ogni residua, nonché flebile, illusione di una soluzione diplomatica della guerra. A breve distanza salirono sul patibolo i deputati girondini, arrestati in giugno, ed alcuni dei capi dei foglianti, il duca di Orléans, Filippo Egalité e madame Roland, una delle anime politiche del gruppo girondino.
Negli ultimi tre mesi del 1793 su 395 accusati presso il Tribunale Rivoluzionario 177 furono ghigliottinati, cioè il 45%. Il numero degli arresti subì una impennata. Nel dicembre 1793 i detenuti nelle galere parigini superarono le 4500 unità, in agosto non erano più di 1500.
Alla periferia della repubblica l’anello di congiunzione tra il governo rivoluzionario centrale da una parte ed i comitati di sorveglianza e le amministrazioni locali dall’altra erano i rappresentanti della Convenzione in missione, dotati di poteri pressoché illimitati. La loro funzione era normalmente quella di sovraintendere alla mobilitazione ed al dispiegamento dell’esercito e di coordinare gli sforzi bellici, e perciò rivoluzionari, della cittadinanza, ma nelle regioni in cui si fossero verificate sollevazioni controrivoluzionarie tale funzione si riduceva alla messa in pratica del Terrore, cioè dell’inflessibile punizione di tutti i nemici veri o presunti della repubblica.
Mentre a Parigi il Terrore era modulato direttamente dal governo rivoluzionario coniugando l’imperativo di imporre alla Francia la disciplina necessaria a sconfiggere i suoi nemici con la salvaguardia di larvate procedure formali, nei dipartimenti esso era condizionato non solo dalle direttive che provenivano dal centro, ma anche dallo zelo e dal temperamento, cioè dalle inclinazioni più o meno sanguinarie, dei rappresentanti in missione.
A Lione, riconquistata alla repubblica dopo un lungo assedio nell’ottobre del 1793, il rappresentante in missione, nonché membro del Comitato di Salute Pubblica, George Couthon, pur invocando la necessità di rieducare la popolazione a cominciare dall’alfabeto rivoluzionario e dall’imposizione alla città di un nuovo nome, Ville-Affranchie, Città Liberata, non scatenò la sua ferocia sulle persone ma sui simboli della prosperità lionese che ai suoi occhi aveva alimentato la rivolta. Il 26 ottobre nella Place Bellecour, dove sorgevano le più eleganti residenze nobiliari della città, Couthon, dalla sua sedia da invalido, pronunciò una accorata orazione in cui ordinò di abbattere gli edifici che si affacciavano sulla piazza, in quanto essi erano “luoghi criminosi ove la magnificenza regale reca affronto alla miseria del popolo ed alla semplicità di modi repubblicana”. Prima di dare il buon esempio sferrando il primo colpo di mazza tuonò: “Possa questo terribile esempio incutere paura alle future generazioni e insegnare all’universo che la nazione francese, sempre grande e giusta, come sa premiare la virtù, così sa anche aborrire il crimine e punire la ribellione.”.
Nonostante la demolizione di più di 1700 case in tutta la città, la condotta di Couthon fu giudicata fiacca dalla Convenzione che si affrettò ad inviare a Lione altri due suoi autorevoli membri, Fouché e Collot d’Herbois, per attuare forme ben più dirette di castigo.
Fino alla fine di ottobre le condanne a morte non erano state più di trenta ed avevano riguardato quasi esclusivamente ufficiali rei di tradimento e membri in vista della municipalità che si era posta alla guida della rivolta, dopo l’arrivo a Lione di Fouché e di Collot d’Herbois la ghigliottina incominciò invece a lavorare a pieno ritmo. La delazione fu incoraggiata e premiata, il rispetto delle pur sbrigative procedure formali venne presto dimenticato. Tuttavia per quanto i boia lavorassero febbrilmente, sino a mozzare, come risulta dai dati registrati con estrema meticolosità, trentadue teste in venticinque minuti, per i più zelanti interpreti del Terrore occorreva adottare metodi ancora più rapidi ed efficaci per estirpare il male controrivoluzionario. Si ricorse pertanto ad esecuzioni di massa con l’ausilio dei cannoni caricati a mitraglia. La Plaine des Brotteaux, la spianata sulla riva del Rodano da dove Montgolfier aveva iniziato al sua ascensione con il pallone aerostatico, fu il teatro di questa atrocità. I condannati, sino a sessanta per volta, venivano legati in modo tale da formare una sola fila, quindi abbattuti a cannonate. Coloro che non rimanevano uccisi all’istante erano finiti a colpi di baionetta, sciabola e fucile. Il 4 dicembre 1793 Dorefeuille, l’ex attore che comandava i plotoni di esecuzione, scrisse al presidente della Convenzione annunciandogli che in quel solo giorno erano stati giustiziati centotredici abitanti di “questa nuova Sodoma” e che in quelli seguenti egli sperava di “fare espiare i loro crimini con il fuoco e il piombo” ad altri quattro o cinquecento.
Quando le stragi nella Ville-Affranchie terminarono, il numero dei giustiziati aveva raggiunto le 1905 unità.
Jean-Baptiste Carrier
La ferocia sanguinaria della repressione attuata a Lione non si ripeté a Marsiglia, dove i propositi di vendetta dei répresentants-en-mission Barras e Fréron furono mitigati dagli scrupoli formali del locale tribunale rivoluzionario che su 975 cittadini rinviati a giudizio ne mandò assolti quasi la metà. A Bordeaux Jean Lambert Tallien al sangue impuro dei sospetti preferì i loro averi. Per garantire una vita lussuosa alla sua giovane amante aristocratica avviò al patibolo solo coloro che non fossero in grado di pagare lautamente la propria libertà. Accumulò una fortuna, offrendo al boia non più di centinaio di teste da tagliare.
A Nantes invece il macabro esempio di Lione fu addirittura superato in efferatezza dall’operato del più scellerato tra i terroristi in missione: Jean-Baptiste Carrier.
Figlio di un piccolo proprietario terriero dell’Alvernia, Carrier (1756-94), dopo aver concluso i suoi studi di diritto a Parigi, entrò nel 1784 in magistratura, ottenendo la carica di procuratore ad Aurillac, nelle vicinanza del suo paese natale, Yolet. Né il suo ufficio di magistrato, né il matrimonio contratto con Françoise Laquairie valsero a contenere la passione politica accesa in lui dalla rivoluzione. Nel 1792 la sua militanza nel locale club dei giacobini, dove si era fatto notare come oratore ispirato ed estremista, fu premiata con l’elezione alla Convenzione da parte dei cittadini del dipartimento di Cantal, in Alvernia. Giunto a Parigi non tardò a farsi strada: ottenne dalla Convenzione la nomina a Commissario nelle Fiandre appena occupate. Esaurito il suo compito, votò la condanna a morte di Luigi XVI, si batté per l’instaurazione del tribunale rivoluzionario e fu tra i primi ad invocare l’arresto di Filippo d’Orléans. Nell’estate del 1793 Carrier fu nuovamente mandato in missione, prima in Normandia e poi, in agosto, a Nantes, a ridosso dell’area interessata dalla sollevazione vandeana.
Il suo predecessore Fouché aveva in marzo sciolto il locale comitato rivoluzionario giudicandolo troppo moderato ed aveva insediato un Comitato di Sorveglianza che, sotto la guida di Jean Jacques Goullin, Pierre Chaux, entrambi avidi commercianti senza scrupoli, e Jean Marguerite Bachelier, un fanatico con un passato da seminarista, si era affrettato a procedere numerosi arresti per scongiurare il pericolo che gli insorti della Vandea potessero trovare a Nantes sostenitori e simpatizzanti. Non appena giunse in città Carrier diede un ulteriore impulso agli arresti.
Nel mese di ottobre, dopo la sconfitta dell’armata vandeana a Cholet, ai già numerosi sospetti si aggiunse nelle carceri una moltitudine di prigionieri di guerra, i cosiddetti briganti vandeani. Quasi diecimila detenuti furono stipati in condizioni igieniche disastrose nei carceri cittadini: Saintes Claires, Bouffay e Le Bon Pasteur. Successivamente, per contenere tutti i nemici della repubblica fu requisito anche l’Entrepôt des cafés, l’imponente deposito del caffé posto in prossimità del porto, simbolo della ricchezza commerciale di Nantes. Si giunse persino a trasformare alcune navi in disarmo come prigioni galleggianti.
La comparsa di casi di tifo tra i prigionieri del carcere del Bouffay, posto nel cuore medievale di Nantes, non lontano dal Tribunale Rivoluzionario, allarmò le autorità cittadine, ponendo all’ordine del giorno l’adozione di metodi di sterminio che non solo incutessero terrore, ma risolvessero con estrema rapidità il sovraffollamento delle carceri. Anche tralasciando ogni formalismo giuridico sia la ghigliottina, sia il plotone di esecuzione furono giudicati troppo lenti da Carrier che propose di ricorrere alle “deportazioni verticali”, come egli stesso le definì, cioè all’annegamento di massa dei prigionieri nelle acque della Loira. Nella sua mente ormai sconvolta dall’alcoolismo, con cui da tempo tentava di assuefarsi al sangue, e dal fanatismo giacobino, che si nutriva della disumanizzazione degli avversari, le noyades furono la risposta più brutale, sbrigativa e perciò rivoluzionaria ad una emergenza sanitaria che, sorta tra i prigionieri, considerati alla stregua di detriti umani, di scorie pericolose, minacciava di estendersi ai buoni cittadini repubblicani.
Chi non annegava veniva ucciso a colpi di lancia
Sulle fiancate di barconi a chiglia piatta erano praticati dei fori sotto la linea di galleggiamento, sui quali venivano inchiodate delle tavole di legno in modo che i barconi stessero provvisoriamente a galla. Si facevano poi salire a bordo i prigionieri, con mani e piedi legati, ed i barconi venivano sospinti al centro del fiume. Allora il barcaiolo-carnefice fracassava o schiodava le tavole e si affrettava a saltare su di un’altra imbarcazione, mentre le vittime guardavano impotenti l’acqua che iniziava a sommergerli. Chi tentava di salvarsi dall’annegamento gettandosi dal barcone, veniva ucciso a sciabolate una volta nell’acqua.
Poiché tale sistema di annientamento dei nemici della rivoluzione richiedeva carnefici dalla coscienza particolarmente indurita oppure ottenebrata, Carrier creò la “Legione Marat”, composta da sanculotti spietati, ad essi affiancò i cosiddetti “ussari americani”, un gruppo di ex schiavi di Santo Domingo, assetati di vendetta. Preferendo passare le sue notti gozzovigliando, non assunse direttamente il comando delle operazioni, ma lo affidò a Guillaume Lamberty, un carrozziere che aveva combattuto a Cholet.
La prima noyade avvenne in novembre, Lamberty ed i suoi uomini annegarono, con il favore delle tenebre, circa novanta preti. Soltanto uno di essi riuscì fortunosamente a mettersi in salvo. Nei mesi successivi il macabro rituale si ripeté più volte; vi presero parte anche membri in vista del Comitato di Sorveglianza come Goullin che guidò l’irruzione notturna nel carcere del Bouffay dove radunò a caso, essendo troppo ubriaco per leggere la lista che aveva portato con sé, circa centotrenta detenuti per avviarli allo sterminio.
Con il ripetersi degli annegamenti l’orrore divenne routine, cancellando ciò che restava della pietà nella coscienza dei carnefici. Non si attese più la notte per uccidere, ma lo si fece in pieno giorno, infierendo sulle vittime, tra cui, almeno nell’ultima noyade del febbraio 1794, vi furono anche bambini e neonati. Neppure un brandello di dignità fu risparmiato agli esseri umani che il sospetto aveva trasformato in scorie da schernire e da distruggere. Con raccapricciante umorismo i sanculotti coniarono espressioni come “battesimo repubblicano” e “matrimonio repubblicano” per indicare l’ultimo umiliante sberleffo da imporre alle vittime in punto di morte. I prigionieri erano spogliati degli abiti e di tutti i loro averi; preti e suore, giovani e ragazze venivano legati insieme in pose oscene prima di essere cacciati a forza sui barconi ed annegati.
L’esecrazione delle noyades da parte di Robespierre valse ad interrompere lo sterminio a Nantes, ma non determinò l’arresto di Carrier che fu richiamato a Parigi ed eletto segretario della Convenzione. Soltanto dopo il Termidoro (luglio 1794) Carrier, nonostante si fosse prontamente schierato a favore del colpo di stato contro Robespierre, fu processato e condannato a morte nel novembre del 1794. Anche la testa di Lamberty rotolò nel cesto del boia. Sorte diversa ebbero invece altri responsabili delle noyades come Goullin, Bachelier e Chaux che furono processati ed assolti.
Le stime di coloro che morirono nelle acque della Loira tra il novembre 1793 ed il febbraio 1794 sono molto variabili, non furono comunque meno di duemila, anche se secondo alcune fonti sfiorarono le quattromilaottocento unità. Al di là dei numeri l’importanza delle noyades risiede nella sperimentazione di impersonali sistemi di sterminio di massa che rivelano un aspetto della mentalità rivoluzionaria molto prossimo ai tratti psicologici tipici degli autori dei genocidi del XX secolo. A Nantes nell’anno II mancò quella saldatura tra tecnologia, disumana follia politica ed efficienza burocratica che avrebbe caratterizzato i genocidi del XX secolo, tuttavia fu sperimentato il corredo ideologico indispensabile per procedere ad uno sterminio di massa.
La violenza accompagnò tutto il processo rivoluzionario, ma a Nantes accadde qualcosa di nuovo. Il potere costituito, e non una folla di scalmanati accecati dall’odio, come nel caso dei massacri nelle carceri parigine del settembre 1792, abbandonò ogni parvenza di legalità per sterminare il più rapidamente possibile una categoria di cittadini ritenuta così colpevole da non meritare alcuna umanità, né alcun indugio procedurale. La scelta dello sterminio non fu inoltre il parto di una mente criminale isolata. Certo Carrier offrì alla rivoluzione la sua sanguinaria creatività, ma non ebbe difficoltà a trovare complici solerti ed entusiasti. Né mancarono altri “ardenti patrioti” che si sforzarono di escogitare mezzi di sterminio rapidi, impersonali e di devastante potenza.
Dopo aver sconfitto sul campo le forze vandeane, la repubblica procedette all’annientamento sistematico ed indiscriminato della popolazione e del territorio della Vandea. Ogni distinzione tra combattenti e non combattenti venne considerata un tradimento degli imperativi rivoluzionari. La deportazione in massa, lo spopolamento di intere regioni e persino l’impiego di gas (fumigations) capaci di asfissiare il nemico furono presi in considerazione per estirpare lo spirito di ribellione dal cuore della Vandea. Soltanto le difficoltà tecniche per la realizzazione di tali progetti imposero di ricorrere a forme di stermino più tradizionali e sperimentate. Le dodici “colonne infernali” del generale Turreau furono incaricate di attraversare la Vandea e di massacrare ogni essere vivente che avessero incontrato sul loro cammino: uomini, donne, vecchi e bambini, fiancheggiatori della rivolta e repubblicani.
  Bibliografia
LEFEBVRE GEORGE, La rivoluzione francese, Torino, Einaudi, 1987.
SOBOUL ALBERT, Storia della rivoluzione francese, Milano, Rizzoli, 1988.
SCHAMA SIMON, Cittadini. Cronaca della Rivoluzione francese, Milano, Mondadori, 1989.
FURET FRANCOIS, OUZUF MONA. (a cura di), Dizionario critico della rivoluzione francese., Milano, Bompiani, 1988.
0 notes