#borsa regalo
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Giftote-bag: una sorprendente borsa regalo https://www.design-miss.com/giftote-bag-sorprendente-borsa-regalo/ Giftote-bag è una #borsa #regalo dal design sorprendente, che elimina a monte lo spreco legato alle #confezioni dei doni!
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#crochet#handmade#uncinetto#hobbii#rainbow#borsa#regalo#sacchetto#portaoggetti#preparativi natalizi#cadeau
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Vorrei la pelle scura
Il negozio era il più bello della città. Clientela selezionata, molta di provenienza straniera, rigorosamente solo su appuntamento. La coppia era entrata da poco. Il portiere, un afroamericano possente che si muoveva con gesti lenti nel suo completo griffato per non lacerarlo all’altezza delle spalle e dei bicipiti, aveva accennato, al loro passaggio, a un inchino. Lui poteva avere poco meno di…
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Il problema di questo Paese non e' Toti (o i politici come lui) ma i milioni e milioni di cittadini Toti-imitatori. Sembriamo un Paese infettato, fallato, dove i simil-Toti sono tanto emulati e mai ferocemente condannati. Non sono molti i cittadini che rifiuterebbero l'invito di qualcuno a passare vacanze "a scrocco" su uno yacht. C'e' una contropartita? -"Fa niente, tanto a me non costa nulla".
Una concessione, un appalto, un prestito bancario, l'assunzione di un figlio o parente presso qualche ente di Stato, la nomina a Preside di qualche facolta' universitaria o a primario d''ospedale, fiches per il casino'. "Tanto a me non costa niente".
La ristrutturazione di una casa, la riparazione dell'auto, una lavatrice, due chili di bistecche, qualche bottiglia di vino pregiato. "Tanto a me non costa niente."
Piu' che un Paese moderno, sembriamo un Paese rimasto all'epoca del baratto, di una mano lava l'altra... uno stivale abitato da troppi "pedrito el drito". Un condono edilizio a me e tanti voti a te. Tu mi strappi la multa e io ti do una busta d'arance. Tu chiudi un occhio sugli scontrini e io ti faccio mangiare gratis nel mio ristorante. Tu mi fai fare una Tac domani e io regalo una borsa di marca a tua figlia. Tu mi dai la pensione di invalidita' e l'accompagno e io ti voto anche se rubi a rotta di collo. Tu mi dai 20 o 50 euro e io corro alle urne.
Ma che Paese siamo?
@ilpianistasultetto
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Comunque non vi avevo ancora fatto vedere i regali di compleanno e ne devono arrivare altri. La borsa in realtà è un auto regalo (insieme alle scarpe di Ganni che devono arrivare 👀)
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Benita ha tre anni. Si cambia il pannolino da sola, è capace di aprire il pan bauletto e di richiuderlo col fil di ferro. Quando qualcosa le cade dice "Sorry", quando per sbaglio ti colpisce mentre gioca si avvicina e chiede scusa in italiano, poi ti dà un bacino. Corre per casa e ti porta ogni oggetto possibile perché vuole che tu le dia le attenzioni che probabilmente non riceve su base quotidiana. Quando la mamma le dice "Behave" torna dritta come un soldatino. La aiuta a mettere le cose in ordine nei cassetti. Ha un orsetto di peluche che si chiama Fadiah.
Parla poco italiano perché la mamma le parla soprattutto in inglese in casa.
Le sue sorelle maggiori invece l'italiano lo parlano, perché vanno a scuola; Gift (chiamata così dalla mamma proprio perché significa "regalo") ha 5 anni ed un peluche di nome Hadem che considera il suo bebè; mi chiede di giocare con lei a far finta di andare in gita o al mare perché non l'ha mai visto. Quando mi chiede di tenere il suo bebè in braccio mi spiega come si fa perché "You are the nanny". Cindy invece ha 12 anni e in casa si occupa della maggior parte delle cose, mi parla in italiano ma fa ancora fatica con le coniugazioni.
La mamma, rimasta vedova due anni fa, cerca di guadagnare quello che può. Cresce le sue figlie in un appartamento fatiscente in una zona non proprio bellissima, ma nella prima capitale d'Italia, cosa di cui si è informata e di cui va fiera. Riceve una telefonata dal fratello che le chiede soldi per il proprio matrimonio, da inviare in Nigeria, rispondendo che "Marriage is God's will, but a man's responsibility". Nel frattempo Benita mi ordina "Now you brush your teeth" perché la mamma le ha insegnato che dopo pranzo si fa così. Io però non ho pranzato, le rispondo che non ho lo spazzolino e lei mi guarda male: la risolviamo con me che la seguo in bagno e faccio finta, anche se non è soddisfatta. Usciamo dal bagno e Gift mi chiede di fare finta di andare in gita e preparare il succo di frutta: usa vecchie confezioni della cera per capelli della mamma, che tiene su uno scaffale con gli altri "giochi" (un cavo del telefono che finge siano le chiavi dell'auto, una spina che finge sia il cellulare, una pallina di gomma che sarà la frutta che portiamo in gita, un cuscino che sarà la borsa dei panini). Salgo sul divano, ossia la nostra auto, le dico di allacciare la cintura e Benita piange, perché ancora è arrabbiata io non mi sia lavata i denti con lei. Per farla tranquillizzare accetto di fare un altro gioco con lei, alle sue condizioni. Il gioco è quello in cui mi fa sedere sulla sedia e fa finta che io stia facendo la cacca, perché ha appena imparato a usare il vasino e lo trova in gioco divertente. Funziona così: lei mi prende per un braccio, mi indica una sedia, io mi siedo, lei dice "Now pupù" e io devo stare ferma qualche secondo, finché lei non decide che ho finito, poi urla "Flush" e mentre imito il rumore dello sciacquone lei guarda in basso e saluta la pupú dicendo "Bye bye". Lo fa un paio di volte, poi sono libera e posso tornare a giocare con Gift, che nel frattempo ha deciso che la nostra finta gita sarà al mare. A quel punto Benita, gelosa del attenzioni mi richiama perché decide che mi scappa di nuovo. Quindi si riparte. Gift allora mi chiede "Now we bring bebé al mare" a cui rispondo "Sorry, I'm pooping". La madre scoppia a ridere, poi sgrida le bimbe "You are stressing her!".
Quando è l'ora di andare, Gift chiede alla mamma "Can nanny stay?". Dopo poche ore con loro credono io sia la tata. Mi viene da piangere. La mamma risponde che no, nanny ha da fare e deve andare via. "Uhmmmm" mugugna Gift, unendo le mani in segno di preghiera verso la mamma. Benita mi segue a piedi nudi per le scale e deve scendere Cindy per riportala in casa.
La saluto facendo Bye Bye.
(Nanny can't stay, sorry)
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Mi piace fare tanti piccoli regalini alle mie compagne di appartamento. Perché mi fa piacere vedere quanto loro li gradiscono anche quando sono regalini piccoli e semplicissimi.
Anzi a volte gioiscono più per piccolissime cose regalate a sorpresa che per cose più grandi e costose.
Quindi regalo ogni tanto a loro cose come matite colorate, gomme, calamite, piccoli pupazzetti, e mini-accessori magari inutili ma carini.
Forse a Violetta un po' più spesso che alle altre, perché mi piace il modo in cui lei si emoziona quando riceve queste piccole cose come non succederebbe neanche se le regalassi ogni volta una borsa di Louis Vuitton
Ieri sono stato a fare commissioni e quando sono rientrato le ho portato una piccola scatola di pennarelli colorati, e lei si è messa subito a provarli tutti come se fosse il regalo più bello che avesse mai ricevuto.
Con lei, a differenza che con le altre due coinquiline, ho imparato anche a farle regali più intimi e femminili, per esempio ho imparato che c'è un bagnoschiuma che le piace molto, ma che non si trova facilmente, la settimana scorsa l'ho visto in un negozio, glielo ho comprato e quando glielo ho dato era felicissima, voleva pagarmelo ma le ho detto assolutamente di no, credo che quello è il regalo migliore che le ho fatto ultimamente, e dopo che ha iniziato a usarlo mi piace molto sentirne il profumo su di lei.
Ci sono altre cose che ho in mente per lei, quindi penso che nei prossimi giorni riceverà altri mini-regalini
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Caro Babbo, ci ho pensato.
Non voglio essere una di quelle donne da borsa Louis Vuitton.
Scarpe Hogan.
Cintura Gucci.
E nemmeno da bracciale Pandora.
Ma non sono neanche una da pentola a vapore o stirella.
O da crema antirughe.
Nemmeno da foglioline. Che quelle mi sembrano un nuovo inganno.
E non me ne vogliano le donne. Le altre quelle che si farebbero in quattro per una di queste cose.
Ma io desidero uguaglianza di pensiero.
E che tu riesca a scacciare i miei sensi di colpa una volta per tutte.
Vorrei del tempo per me. E che quel tempo non mi sembri rubato.
Desidero riconoscenza. Sì, riconoscenza. Non essere scontata insomma.
E non mi frega più la storia dell’anello. Che quello brilla e basta. E solo le cretine ormai fanno Oh! con la bocca spalancata.
A me incanta un uomo su cui contare e per cui conto. Senza riti. Salamelecchi e contorno.
A me piace il dolce. Quello che assaggio dal mio compagno perché sono a dieta sempre.
Desidero una parola regalata una sera in cui sono ubriaca d’amore.
Desidero calzini puliti nel cassetto giusto.
Chi arriva prima prepara la cena. Neanche a dirlo.
Desidero un posto in cui nascondermi quando non ne posso più. Che sia solo mio. In cui nessuno possa entrare. Proprio nessuno. In cui posso perdermi e ritrovarmi e poi perdermi ancora, sai Babbo Natale, noi donne siamo impossibili, spesso facciamo tutto da sole.
Voglio silenzio, e ballare a piedi nudi. Che i tacchi li hanno solo le fighe.
Portare le rughe al meglio che posso.
Desidero che non mi porti un vestito taglia 38, ma uno taglia 50 così mi posso sentire magra, magrissima.
Vorrei coraggio da vendere per sentirmi forte quando sono fragile.
Vorrei svegliarmi con un po’ di trucco che non sbavi dopo cinque secondi.
Uno specchio magico che inventi gli addominali anche su di me.
Una borsa piccola ma che sia grande che contenga tutto. Emozioni. Pianti. Paure. Salviette. Fazzoletti. Buon umore.
Caro Babbo Natale, avrei un’ultima richiesta da farti.
Forse la più importante.
Vorrei per ogni donna sulla terra uomini capaci di essere tali.
Che non picchino.
Che non demandino.
Che non opprimano.
Che non violentino.
Che non ci rubino la vita.
Lo so, hai molto lavoro da fare, ma noi abbiamo un’esistenza e una sola.
Non possiamo tanto girarci in giro.
Le donne muoiono davvero. A volte dentro e restano vive.
Nessun regalo stantio per noi.
Buttali nel cesso.
Regalali alla matrigna di Cenerentola.
Alla strega cattiva.
Al mago di Oz.
Ma non a noi.
Noi meritiamo di più di un bracciale o un anello che luccica.
Meritiamo di più. Le stesse opportunità dei nostri uomini.
Una vita che sappia d’amore e di rispetto. E che sia per sempre.
Quella sì che luccica, e sa di meraviglia.
Cit.
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Comunque, raga, concettualmente ci arrivo, ma emotivamente faccio una gran fatica ad accettare la realtà del fatto che i beni di lusso esistano e siano considerati una valida forma di acquisto e regalo.
Ora en passant un mio collega parlava di una ipotetica borsa per la moglie da oltre 3000 euro e diceva, no, per quella cifra allora mi prendo un orologio, e io dentro di me pensavo ma come cazzo si fa.
Eppure non è mica l'unico che conosco che fa questi acquisti e, ripeto, razionalmente sono disposta a difendere il principio che con i propri soldi ciascuno fa quello che vuole. La cosa inquietante per me è che, oltre un certo risibile margine di presumibile miglioramento della qualità, si tratta prettamente di pagare per uno status symbol.
E boh, sarà che sono povera e pazza, cresciuta da genitori poveri e pazzi, ma mi fa impressione e rabbia che siamo ancora appesi a questa rete di valori e non riusciamo a districarcene, nonostante sia ormai evidente che sia una follia a livello sociale e ambientale, oltre che meramente economico. Tutti i soldi che girano per questo genere di roba e che potrebbero essere indirizzati altrove. Che pazienza, porca miseria ladra maledetta.
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Se c’è un regalo magico che non vorrei, un superpotere che non mi interessa è il mantello dell’invisibilità.
Quando sei per strada e una signora ti si fa incontro, attraversandoti con lo sguardo e urtandoti con la borsa, o l’uomo in sosta tra il negozio e la panchina non si fa da parte per lasciarti passare, in quei momenti vorrei la cappa della ipervisibilità. Vorrei ci fosse un modo per insegnarci a vedere prima degli occhi, a sentire che lo spazio è un bene condiviso, che va compreso, riempito con cura, lasciato vuoto quando serve.
Vorrei, allo stesso modo, che ci accorgessimo di quando è lo spazio interiore a essere violato o, al contrario, lasciato deserto. Le nostre stanze interiori chiamano gli altri a un’abitazione attenta. Possiamo scegliere di varcarne la soglia con discrezione, riordinando o aprendo le finestre, perché conosciamo quel perimetro, quelle mura, quell’arredo. Lo conosciamo, ma, soprattutto, vogliamo conoscerlo. Oppure possiamo restare fuori, fermi di fronte a una porta socchiusa, a una fessura oscura, dove si consumano un dolore, una tensione che non sappiamo vedere o ci fanno paura.
La scorsa mattina, durante una riunione, mi sono distratto. Senza che me ne accorgessi, lo sguardo è volato altrove, raggiungendo una delle mie stanze vuote. Un collega, mentre gli altri discutevano, ha intercettato quella parabola, mi ha raggiunto, discreto, nella stanza - una stanza che non conosceva, che non poteva conoscere - e, sottovoce, dall’altro lato del circolo, ha sussurrato semplicemente: Francesco. Poi mi ha sorriso, appena.
Ci ho pensato. Non è un mantello che ci renda visibili a risolvere il dilemma. La cappa dell’ipervisibilità sarebbe una meraviglia temporanea, ugualmente soggetta agli eventi. Un super potere, invece, non esiste senza che ce ne sentiamo responsabili, perché la magia è di chi vede, non di chi è visto. La magia è di qualcuno che ti sussurra “Francesco”, un martedì mattina in cui sei solo, nelle tue stanze segrete. E tanto basta.
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jannik con la borsa regalo dello store dell'ac milan sullo sfondo volo ❤️🖤
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Fuardo e la benzina solida
L'uomo che inventò la benzina solida.
Se non fosse perchè tutto vero la storia sembrerebbe una fantasia neanche particolarmente riuscita.
La benzina solida nasce dalla mente di Gaetano Fuardo nato a Piazza Armerina nel 1878, brillante studente resta orfano in giovane età, continuò gli studi grazie a un lascito di uno zio e a borse di studio acquisite per meriti.
Si laureò a Milano in ingegneria chimica. Sposò Gerli Clelia Anna che morì a causa di un tumore pochi anni dopo, la morte improvvisa della moglie che aveva sposato nonostante gli ostacoli che aveva frapposto la di lei famiglia che lo riteneva un cacciatore di dote, lo destabilizzarono definitivamente.
Si gettò forsennatamente negli studi, aveva avuto da sempre l'idea di realizzare benzina solida e questo divenne il suo unico scopo nella vita.
Durante la prima guerra mondiale fu ufficiale di fanteria.
Vedere aerei esplodere a causa del carburante liquido lo spinse ancora di più nella strada di trovare un metodo per la solidificazione della benzina.
Fuardo cerca la formula per portare la benzina dallo stato liquido a quello solido, trasformandola in una sostanza gelatinosa es pugnosa.
Con un semplice apparecchio, sempre inventato da Fuardo, la si può facilmente riportare allo stato liquido e usarla come carburante.
Non diventa solubile e, anzi,può galleggiare come sughero senza inquinare le acque. Non ha bisogno di petroliere per essere trasportata.
Non prende fuoco, può essere stoccata in casse come pacchetti di zucchero.
In Italia non trovava grande credito ma all'estero si cominciò a valutare l'importanza di una tale invenzione.
Nel 1920 emigrò in Francia dove un'industria si era offerta di permettergli di continuare gli studi sulla sua trovata.
Alla fine degli anni trenta è in Inghilterra, gli venne offerto un contratto per la cessione esclusiva del suo brevetto non accettò e preferì ritornare in Italia.
Fece quindi domanda per lasciare l'Inghilterra ma il permesso non gli fu accordato per motivi di sicurezza nazionale .
Pertanto il Servizio Informazioni Militare italiano organizzò il rapimento dello scienziato. Fuardo fu prelevato di sera e portato nei Paesi Bassi.
Mussolini praticamente lo consegnò come regalo a Hitler che gli costruì uno stabilimento apposito nella regione della Vestfalia per la produzione della benzina solida.
Nel 1944 escono le prime tonnellate del prodotto, Hitler lo chiamava almeno due volte al giorno per sollecitare i progressi, pochi giorni l'effettiva messa in funzione della fabbrica, i servizi segreti inglesi (forse su segnalazione dello stesso Fuardo) individuarono la struttura e la fecero saltare in aria, le carte e i progetti finirono invece negli Stati Uniti che iniziarono a costruire 2 strutture copie della fabbrica nazista, chiuse poi nel 1952 a causa delle pressioni della lobby del petrolio.
Ma era chiaro che l'invenzione del siciliano funzionasse, furono allora nel 52 i servizi segreti francesi a contattare il piazzese che stipula un contratto per la fornitura di un grosso quantitativo di benzina solida col governo transalpino.
La Francia, era impegnata nella Guerra d'Indocina necessitava di rifornire le proprie truppe assediate di benzina .
I primi duecento metri cubi vennero trasportati per via aerea in Indocina, dal dicembre '53 al marzo '54, per rifornire dal cielo il presidio francese di Dien Bien Phu nel Tonchino. è un successo strabiliante. La benzina funziona e regge benissimo alla prova del fuoco.
Il governo francese però pretestuosamente disdice il contratto con Fuardo accusandolo di ritardi nelle forniture (gli eredi riceveranno un lauto rimborso a sanare le false accuse).
Nel 53 subisce un attentato che lo porta in fin di vita, gli vengono rubati borsa con i documenti segreti della benzina solida, viene lasciato a terra con un femore rotto.
La situazione psicologica di Fuardo diviene grave, teme attentati in ogni angolo, le sue carte sono sparite e inoltre non ha più di che sostenersi.
Finirà di vivere povero e paranoico nel 1962 a 84 anni in un ospizio della Ciociaria (ma verrà tumulato a Piazza Armerina), quando raccontava di Hitler, di Churchill e di Mussolini che se lo contendevano lo prendevano per folle.
La benzina solida invece finisce nel dimenticatoio vuoi per la forte opposizione delle lobby petrolifere che come già citato imposero la fine delle produzioni americane, vuoi pure per le modifiche di produzione che avrebbe imposto, a cui il sistema petrolifero è refrattario, pare che comunque in formula 1 qualcuno della Ferrari alla fine degli anni 80 abbia ripescato l'idea del Fuardo utilizzandola proficuamente, ma di questo non abbiamo certezza.
Probabilmente se avesse presentato la sua invenzione in un luogo diverso dall'ottusa Italia fascista e se avesse avuto una mentalità più “imprenditoriale” la storia degli ultimi 100 anni sarebbe stata diversa.
Fonti : Il giallo della benzina solida di Salvatore Cosentino ; repubblica. It :- un libro ricostruisce la storia dell' inventore di piazza armerina che brevettò il carburante solido di Tano Gullo; rainews. It; wikipedia. com
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Caro Babbo, ci ho pensato.
Non voglio essere una di quelle donne da borsa Louis Vuitton.
Scarpe Hogan.
Cintura Gucci.
E nemmeno da bracciale Pandora.
Ma non sono neanche una da pentola a vapore o stirella.
O da crema antirughe.
Nemmeno da foglioline. Che quelle mi sembrano un nuovo inganno.
E non me ne vogliano le donne. Le altre quelle che si farebbero in quattro per una di queste cose.
Ma io desidero uguaglianza di pensiero.
E che tu riesca a scacciare i miei sensi di colpa una volta per tutte.
Vorrei del tempo per me. E che quel tempo non mi sembri rubato.
Desidero riconoscenza. Sì, riconoscenza. Non essere scontata insomma.
E non mi frega più la storia dell’anello. Che quello brilla e basta. E solo le cretine ormai fanno Oh! con la bocca spalancata.
A me incanta un uomo su cui contare e per cui conto. Senza riti. Salamelecchi e contorno.
A me piace il dolce. Quello che assaggio dal mio compagno perché sono a dieta sempre.
Desidero una parola regalata una sera in cui sono ubriaca d’amore.
Desidero calzini puliti nel cassetto giusto.
Chi arriva prima prepara la cena. Neanche a dirlo.
Desidero un posto in cui nascondermi quando non ne posso più. Che sia solo mio. In cui nessuno possa entrare. Proprio nessuno. In cui posso perdermi e ritrovarmi e poi perdermi ancora, sai Babbo Natale, noi donne siamo impossibili, spesso facciamo tutto da sole.
Desidero potermi dissolvere ogni tanto senza che qualcuno mi dica: ma tu sei la madre! Cazzo, lo so!
Voglio silenzio, e ballare a piedi nudi. Che i tacchi li hanno solo le fighe.
Portare le rughe al meglio che posso.
Desidero che non mi porti un vestito taglia 38, ma uno taglia 50 così mi posso sentire magra, magrissima.
Vorrei coraggio da vendere per sentirmi forte quando sono fragile.
Vorrei svegliarmi con un po’ di trucco che non sbavi dopo cinque secondi.
Uno specchio magico che inventi gli addominali anche su di me.
Una borsa piccola ma che sia grande che contenga tutto. Emozioni. Pianti. Paure. Salviette. Fazzoletti. Buon umore.
Caro Babbo Natale, avrei un’ultima richiesta da farti.
Forse la più importante.
Vorrei per ogni donna sulla terra uomini capaci di essere tali.
Che non picchino.
Che non demandino.
Che non opprimano.
Che non violentino.
Che non ci rubino la vita.
Lo so, hai molto lavoro da fare, ma noi abbiamo un’esistenza e una sola.
Non possiamo tanto girarci in giro.
Le donne muoiono davvero. A volte dentro e restano vive.
Nessun regalo stantio per noi.
Buttali nel cesso.
Regalali alla matrigna di Cenerentola.
Alla strega cattiva.
Al mago di Oz.
Ma non a noi.
Noi meritiamo di più di un bracciale o un anello che luccica.
Meritiamo di più. Le stesse opportunità dei nostri uomini.
Una vita che sappia d’amore e di rispetto. E che sia per sempre.
Quella sì che luccica, e sa di meraviglia.
__Cinzia Pennati©
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Sai di essere poco credibile quando ti lamenti di essere povera e poi: Apple, Gucci, le mie scarpe valgono più della tua vitaaaah?
Avete una visione limitata delle cose se pensate che una persona abbia soldi infiniti da tre cose in croce. Le scarpe valgono più di quella madre e il bambino del cazzo perché sono scarpe che se riesci a prendere subito le paghi 130€ e adesso costano quasi il triplo su siti come Restock, quindi se volessi rivenderle sì. Tutto il resto l’ho comprato mettendo da parte i soldi, ma dopo anni, non dopo tre giorni. Ci ho messo 10 anni prima di potermi comprare un MacBook, l’Apple Watch mi è stato regalato per la laurea, l’Apple pencil e le AirPods prese con la borsa di studio e con lo sconto studenti, l’iPhone me lo hanno regalato i miei a rate perché il mio telefono era rotto, ed è un iPhone 11 non il 14, idem l’iPa è un regalo che mi hanno voluto fare loro. Gucci è stato un regalo del mio ragazzo, da Gucci io mi sono comprata una cazzata, cioè un libro che comunque costava 100€, soldi che ho guadagnato e messo da parte. Sono una persona che risparmia e quando se lo può permettere compra le cose che vuole. Fortunatamente non mangio erba del prato a pranzo, però non posso nemmeno andare ogni fine settimana al ristorante. Porto sempre cibo da casa per lavoro, difficile che prendo il pranzo fuori e giro per tutti i supermercati in base alle offerte per risparmiare, inoltre ho l’immensa fortuna di avere un orto a casa mia che però mi permette di non comprare tante cose. Metto la benzina una volta al mese perché prendo sempre e solo i mezzi o vado a piedi. Nonostante ciò, no sborsare così 12900€ per il master che interessa a me non ce l’ho. Mi posso permettere tante cose e con oculatezza riesco a prendere tante cose con calma, ma evidente è un discorso troppo complicato e non si riesce a capire che tra il bianco e il nero ci sono molte sfumature.
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Ad 8 anni avevo fervida immaginazione.
Ho passato mezza mattinata a riordinare gli armadi e ho scovato alcuni ricordi di infanzia. Quella era la mia borsa per eccellenza, regalo dei miei nonni, ragione per cui la portavo sempre con me. Mi faceva sentire adulta, emancipata e una piccola signorina, quando ho aperto il contenuto mi è venuto da ridere trovandoci un block notes, un fantastico telefonino non funzionante dei miei genitori (questo è un tesoro) che usavo per parlare con persone inesistenti, una specie di radiolina, una mini cassetta. Chissà che c'è sopra!? Ho trovato anche delle riviste, le mie magliette scout, nomi inventati che impersonavo e appunti di giornate che nemmeno ricordo. Che bella l'infanzia
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Selvatica - 41. Fotografie strappate
C'era qualcosa di strano nell'appartamento. Corinna chiuse la porta e si guardò attorno, forse le ragazze avevano cambiato la disposizione delle suppellettili o ne mancava qualcuna. Lanciò un rapido sguardo alla sala e alla cucina: sembravano le stesse. Dal bagno proveniva il rumore del phon acceso e le altre stanze erano tutte aperte e vuote, tutte in ordine, tranne la sua, che era chiusa.
In genere le ragazze non chiudevano mai le porte, tranne quando andavano a dormire o non volevano essere disturbate, lei ricordava di averla lasciata aperta. Abbassò la maniglia con una sensazione di disagio che strisciava lungo la spina dorsale. La sua camera era stata messa a soqquadro e poi qualcuno aveva cercato di sistemare tutto. La furia distruttrice aveva lasciato segni dappertutto. Corinna guardò i quadretti appesi alle pareti senza più il vetro e alcune tele rovinate, buchi vuoti nella libreria dove prima c'erano stati i suoi libri.
Quello che le aveva regalato Ante era poggiato sulla scrivania. Si accorse che era rotto quando lo prese in mano, la copertina si staccò dal dorso, che ricadde sulla scrivania con un tonfo. Le pagine erano rovinate, spiegazzate e tagliuzzate. Gli occhi le si riempirono di lacrime, quello era il primo regalo che le aveva fatto Ante. Era il libro che sfogliava la sera prima di andare a dormire, quello più prezioso che possedesse. Lì accanto, tutte le fotografie di lei e della sua famiglia. Erano state strappate, tutti i suoi ricordi del padre completamente distrutti. Qualcuno aveva cercato di rimettere insieme i frammenti, i quali giacevano sulla scrivania come un puzzle incompleto. Corinna prese un pezzo. Le lacrime cominciarono a solcarle il viso, calde e abbondanti. Su quel brandello di carta c'era il volto di suo padre che sorrideva a una Corinna piccola che non c'era più, cancellata da una mano crudele e avida.
«Corinna.»
Si voltò in fretta, asciugando il viso. Monica era sulla soglia della porta, negli occhi andava espandendosi un sentimento di pietà, proprio quello che odiava di più. «Cosa è successo qui?»
L'amica si avvicinò e la strinse in un abbraccio che Corinna ricambiò con fatica. «È stato Carmine. È venuto a cercarti, voleva sapere dove fossi...»
«Perché non mi avete detto niente?»
«Non volevamo disturbarti. E poi che avresti potuto fare? Eri in Croazia. Qui abbiamo sistemato tutto noi. Silvia ha denunciato Carmine e non può più avvicinarsi a questa casa.»
Corinna sbarrò gli occhi. «Che cosa ha fatto?» Cominciò a rovistare nella borsa in cerca del telefono, doveva assolutamente parlare con Silvia.
«Lo ha denunciato per stalking e molestie. Ascolta, loro hanno già dei precedenti, è stato facile ottenere un ordine restrittivo. Però... ti conviene andare da Antonio. Corinna, noi abbiamo pensato a come aiutarti a uscirne. Vengo anche io con te, lo facciamo parlare, lo registriamo e io ti faccio da testimone quando andrai a denunciarlo.»
Sentiva il sangue pulsare forte nelle tempie. Monica sembrava sicura di quello che diceva ma lei non poteva. «Denunciarlo? Non posso, Ante non sa ancora niente.»
«Gliene parlerai con calma, vedrai che capirà. Lui impazzisce per te, si vede lontano un miglio.»
«Quando è successo tutto questo?»
«Un paio di giorni fa. Noi abbiamo detto che non sapevamo quando saresti rientrata ma Antonio sta perdendo il controllo e questa cosa gli sta sfuggendo di mano. Carmine ha quasi distrutto casa, si sono allarmati anche i vicini e abbiamo dovuto chiamare la polizia per farlo andare via.»
Che razza di casino aveva combinato anche con Carmine? Come aveva fatto a lasciarsi impietosire da quell'avanzo di galera? «E Silvia come sta?»
«Bene, non ti preoccupare. Però vuole che risolvi la cosa nel più breve tempo possibile. Tutte noi lo vogliamo.»
Corinna annuì. «Non so come dirlo a Ante. Non voglio che si allontani da me a causa di questo...»
«Si allontanerà se non glielo dirai. Non puoi tenerglielo nascosto per sempre. Con Antonio ti aiuterò io, ma con Ante dovrai parlarci tu. Più tardi vi vedete?»
«Vado a cena da lui.»
«Allora fallo stasera. Senti, devo scappare all'università. Chiamami se succede qualcosa, va bene? E soprattutto non fare niente di avventato senza di me. Ti conosco troppo bene, ma stavolta non è il caso di fare da sola.»
Corinna si sedette sul letto. In mano stringeva ancora il frammento di fotografia. Lo osservò, tracciando col dito i contorni della figura. «Perché te ne sei voluto andare? Perché mi hai lasciata da sola in questa situazione? Io non ce la faccio più» sussurrò, prima di accartocciare la foto e gettarla a terra.
Si distese sul letto, rannicchiandosi su se stessa. Aveva bisogno di piangere, di buttare fuori tutto quel carico di emozioni che pesava sul cuore, sullo stomaco, nella testa. Probabilmente, se non ci fosse stato Ante questa storia l'avrebbe affrontata in maniera diversa, con più forza. Paradossalmente, in quel momento Ante rappresentava la sua debolezza. Nonostante sapesse perfettamente che il loro era un legame solido, ogni volta che provava anche solo a pensare alle parole per spiegargli tutto veniva paralizzata da una paura atavica, un terrore che inibiva il corpo e la mente.
Monica aveva ragione, dopo aver pianto e aver ritrovato una sorta di calma mentale Corinna si era alzata e aveva deciso di andare subito da Antonio. Voleva affrontarlo, dirgli che doveva smetterla una volta per tutte con quelle pressioni psicologiche, con quei giochetti. Doveva smetterla di tormentarla, non poteva costringerla a fare quello che non voleva. Il suo debito era stato saldato, da lei non poteva pretendere più niente.
Aveva infilato la giacca e si stava dirigendo verso la porta quando il suo telefono squillò. Inspirò profondamente prima di rispondere, per acquietare i nervi tesi.
«Ante.»
«Amore, faccio un po' di ritardo. Ho trovato le ruote della macchina bucate e sto aspettando che arrivi il carroattrezzi.»
Corinna avvertì un vuoto allo stomaco. «Le ruote della macchina bucate? E tu come stai? Dove sei?»
«Sto benissimo Corinna, me ne sono accorto prima di salire in macchina. Sono sotto casa, l'avevo lasciata qui fuori, sarà stato qualche ragazzetto.» Ante sospirò, più scocciato che preoccupato. «Non ti preoccupare. Aspetto che portino via l'auto, prendo l'altra macchina e vengo.»
Prima la sua casa, ora l'auto di Ante. Corinna strinse il telefono tra le mani fino a quando non sentì le ossa farle male. Doveva andare da Antonio prima che facesse qualcosa di più grave. Non doveva permettersi di toccare Ante. Lo avrebbe ucciso, voleva vederlo morto, solo così si sarebbe potuta liberare di lui per sempre. Aveva paura dei pensieri oscuri che si stavano formando nella mente, aveva paura che potesse succedere qualcosa a Ante.
Si accorse che cominciava a mancarle il respiro. Se non si calmava avrebbe avuto un altro attacco di panico. Concentrò l'attenzione sul cuore che martellava e sulla respirazione, cercando di riportare tutto alla normalità. Ante stava arrivando, presto sarebbero stati insieme, lui sarebbe stato bene e lei anche.
Non avrebbe permesso a se stessa di rovinare l'unica cosa bella che aveva.
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