#autori russi
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pier-carlo-universe · 2 days ago
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Foglie cadute: un mosaico di pensieri e riflessioni sulla condizione umana. Recensione di Alessandria today
Un’opera di straordinaria profondità, firmata da Vasilij Rozanov, che intreccia frammenti di introspezione e osservazioni sulla vita.
Un’opera di straordinaria profondità, firmata da Vasilij Rozanov, che intreccia frammenti di introspezione e osservazioni sulla vita. Una raccolta di pensieri universali.“Foglie cadute” è una delle opere più emblematiche di Vasilij Rozanov, un filosofo e scrittore russo celebre per la sua capacità di trasformare riflessioni intime in verità universali. Attraverso una scrittura frammentaria e…
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francescosatanassi · 1 year ago
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"GLI ANNI PIÙ BELLI"
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Pochi giorni fa la Camera dei Comuni del parlamento Canadese, con la presenza del presidente ucraino Zelens'kyj, ha riservato un lungo applauso al 98enne Yaroslav Hunka, ucraino naturalizzato canadese, per ringraziarlo di aver combattuto i russi durante la II Guerra Mondiale. Strano che nessuno (almeno inizialmente) abbia pensato all’ovvio: se negli anni ’40 combattevi i russi, la tua posizione era abbastanza ovvia. Al vecchio Hunka non è parso vero di essere accolto come un eroe di guerra, soprattutto ripensando alle operazioni militari del suo reparto. Hunka faceva parte della famosa Divisione Galizia, una formazione composta da volontari ucraini che si erano uniti al Terzo Reich. Non semplici soldati, ma uomini appartenenti alle SS che al processo di Norimberga furono accusati di aver ucciso centinaia di ebrei e civili polacchi. Le SS della Galizia furono infatti protagoniste nel reprimere la rivolta di Varsavia mettendo in atto gli ordini di Himmler: incendiare gli edifici senza curarsi di chi li occupava e sparare ai bambini, alle donne e al personale medico. Al termine dell’operazione, i civili superstiti lasciarono la città e furono pochissimi quelli che si nascosero tra le macerie. Tra questi c'era Władysław Szpilman, il musicista polacco di cui si racconta la storia nel film “Il pianista.” Dopo il conflitto, Hunka e altri 8000 appartenenti alla Divisione Galizia furono prima rinchiusi in un campo di prigionia britannico vicino a Rimini, poi con l’aiuto del Vaticano furono fatti transitare verso Spagna, Francia e Inghilterra. Da qui, il nostro “eroe” raggiunse il Canada negli anni '50, restando attivo nei circoli frequentati da ex SS. Su un blog di veterani ucraini, Hunka descrisse gli anni della guerra come il periodo più bello della sua vita. Chissà cos’hanno pensato gli ex abitanti di Huta Pieniacka, villaggio polacco raso al suolo dalle SS galiziane nel febbraio del ’44, ricordando i bambini gettati contro i muri e le donne incinte squartate. Una volta in Inghilterra, gli autori del massacro non furono interrogati e il governo inglese respinse sempre ogni richiesta di indagare sul loro passato. Nonostante i crimini di guerra dei quali si sono macchiati, una Commissione d'inchiesta canadese ha decretato che, da quando giunsero in Canada, gli uomini della Galizia "hanno tenuto una condotta soddisfacente e niente ha indicato che fossero infetti dall'ideologia nazista.” Oggi l’ex Divisione viene onorata dai nazionalisti ucraini e ogni 28 aprile si tiene una marcia per celebrarne la fondazione. Lo scorso anno la Corte suprema dell'Ucraina ha stabilito che i suoi simboli non sono riconducibili al nazismo, perciò possono essere esposti e messi in mostra. In fondo, come disse il mai pentito Hunka, si tratta solo di ricordare gli “anni più belli", non è vero?
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abatelunare · 1 year ago
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Suggerimenti di lettura
Se volete davvero imparare a scrivere racconti dovete mettervi a leggere gli scrittori che hanno raggiunto l'eccellenza in questo genere letterario. Per quanto riguarda la mia esperienza di lettore, ci sono alcuni Maestri con cui fare obbligatoriamente i conti. Per l'Italia, secondo me, dovete stare su Bocciaccio, Verga, Pirandello, De Amicis, Morovich. Passando dalla Francia, non potete scansare Maupassant. Non dimentichiamo la lingua tedesca: qui l'ineludibile è Kafka. Non potete evitare nemmeno alcuni russi: Gogol, Puskin, Cechov. Per quanto riguarda gli americani, avete solo l'imbarazzo della scelta: Fitzgerald, Yates (Richard, eh), Cheever, Carver. Sicuramente ho dimenticato un sacco di autori. Ho citato giusto quelli che mi sono venuti in mente nell'improvvisare questo brevissimo testo. Ma credo ne abbiate a sufficienza. Almeno per il momento.
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carmenvicinanza · 2 years ago
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Alejandra Pizarnik
https://www.unadonnalgiorno.it/alejandra-pizarnik/
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Credo che nelle mie poesie ci siano parole che ripeto incessantemente, senza tregua, senza pietà: quelle dell’infanzia, quelle delle paure, quelle della morte, quelle della notte, dei corpi. Scrivere una poesia è riparare la ferita fondamentale, lo squarcio.
Alejandra Pizarnik, poeta e traduttrice, è stata una delle voci più intense e originali del Novecento argentino.
Chiusa in articolati labirinti, coraggiosa nel delirio, accesa, ha vissuto senza sostegni, consegnandosi cruenta, fino a soccomberne, scrivendo fino all’ultimo istante. Ha tentato di placare, attraverso una passione ossessiva per la lettura e la scrittura, un vuoto interiore, fatto di inquietudine e disagio.
Bisessuale, dipendente dai farmaci, ha incarnato lo spirito libero, vissuto e sentito senza filtri, vulnerabile soprattutto di fronte a se stessa.
La poesia ha rappresentato, per lei, la vita negata. La sua ricerca di “perfezione poetica” era in contrasto con ciò che viveva, perennemente incompiuto.
Nata a Buenos Aires, in Argentina, il 29 aprile 1936, in una famiglia di ebrei russi, durante l’infanzia ha sofferto di parecchi disturbi fisici e un senso di inadeguatezza e estraneità che l’hanno portata a fare uso di anfetamine. La ricerca di identità è stata un’importante causa del suo complesso e disperato approccio all’esistenza che l’ha accompagnata per tutta la vita.
Ha studiato Lettere e Filosofia e, in seguito, Pittura con Juan Battle Planas.
Ha vissuto a Parigi dal 1960 al 1964, dove ha studiato storia delle religioni alla Sorbonne e lavorato per alcune case editrici e collaborato con diverse riviste letterarie.
I suoi primi maestri sono stati gli esponenti del surrealismo, sebbene avesse anche una notevole fascinazione per l’esistenzialismo e la psicoanalisi.
Ha tradotto autori come Antonin Artaud, Aimé Césaire, Yves Bonnefoy e altri.
La Ville Lumière è stata un rifugio letterario ed emotivo, il luogo dove ha conosciuto importanti intellettuali come Simone de Beauvoir, Georges Bataille, Italo Calvino, Ivonne Bordelois e il poeta messicano Octavio Paz, che scrisse il prologo ad Árbol de Diana, la sua quarta raccolta di poesie.
Nel 1962 ha conosciuto la poetessa italiana Cristina Campo, per cui provava una profonda attrazione e con cui si è scambiata poesie e lettere fino al 1970. A lei ha dedicato la poesia Anelli di cenere.
Il rientro in Argentina produsse i suoi principali testi quali I lavori e le notti, Estrazione della pietra della pazzia e L’inferno musicale.
La sua unica opera in prosa è stata La contessa crudele (o sanguinaria), del 1969. Un’inquietante profezia dello sterminio che, di lì a poco, ha violentato la gioventù del suo paese e fatto scempio della sua innocenza.
Nello stesso anno è stata a New York per ricevere la borsa di studi Guggenheim, tornandone frastornata dalla “ferocia insostenibile” della città. Dopo due anni ha vinto anche la borsa di studio Fulbright.
Per un periodo ha vissuto con la sua compagna, la fotografa Martha Isabel Moia.
Dopo un altro breve e deludente soggiorno in Francia, è tornata in Argentina, dove è iniziato un processo di chiusura e disgregazione, acuito dalla dipendenza dai farmaci e culminato in due tentativi di suicidio e un lungo internamento in una clinica psichiatrica.
È morta a Buenos Aires il 25 settembre 1972, dopo aver ingerito cinquanta pastiglie di barbiturici, mentre era in permesso dalla clinica. Aveva 36 anni.
Dopo la sua morte, l’amico e scrittore argentino Julio Cortázar le ha dedicato la poesia Aquí Alejandra.
Negli anni, sono stati pubblicati i suoi diari e altre opere rimaste inedite, a testimonianza del fatto che non è mai stata dimenticata e che la sua scrittura è ancora oggi molto apprezzata e letta.
Se c’è una ragione per la quale scrivo, è perché qualcuno mi salvi da me stessa.
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bicheco · 2 years ago
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Servitù volontaria
Va letta e riletta, la lettera di Ricardo Franco Levi, “Commissario Fiera del Libro di Francoforte del 2024”, che comunica al “professore carissimo” Carlo Rovelli di aver annullato la sua lezione alla Buchmesse dell’anno prossimo per i delitti di pacifismo e leso Crosetto. “Con grande pena, ma senza infingimenti”. Per non trasformare “un’occasione di festa e giusto orgoglio nazionale in motivo di imbarazzo per chi rappresenterà l’Italia… al massimo livello istituzionale”. Il dolente scrivente avverte tutto “il peso di questa lettera, che mai avrei voluto scrivere” (sic) e spera “che possa contribuire a non farmi perdere la sua amicizia”. Gran finale: “Con l’augurio di poter presto leggere un suo nuovo libro… le invio il migliore dei saluti”. Manca solo l’epigrafe che Longanesi voleva stampare sul Tricolore: “Tengo famiglia”.
La lettera è un reperto d’epoca, anzi d’epoche, perché avrebbe potuto scriverla qualunque prototipo d’intellettuale italiano in uno qualsiasi degli ultimi sei o sette secoli. È un capolavoro di servitù volontaria, dunque non richiesta, che spiega perché qui l’unica cultura degna di nota è quella autoritaria, qualunque sia l’autorità: l’intellighenzia non si concepisce come contropotere, ma come protesi e lingua del potere. Ha sempre bisogno di un padrone da servire. Se il padrone ordina, obbedisce. Se l’ordine non arriva, lo previene. Se il padrone cade, se ne cerca un altro. E non cambia mai idea, non avendone di proprie: cambia soltanto padrone. Il tapino Ricardo (con una c sola) – già giornalista per insufficienza di prove di Sole 24 ore, Corriere, Giorno, Messaggero e Stampa, fondatore-affondatore dell’Indipendente “liberal” (senza e), sottosegretario di Prodi, portavoce di Veltroni e ora presidente degli editori – è persino sincero, nella sua viscida cortigianeria censoria. Per lui, come per ogni maggiordomo, un intellettuale che critica il potere non è normalità democratica: è un’anomalia da stroncare prima che faccia precedente. Più del censore, che ora si rende due volte ridicolo con la retromarcia per ordine del governo, fanno pena i censori del censore (tipo Crosetto, che aveva invitato Rovelli a occuparsi di buchi bianchi e non del buco nero dei suoi conflitti d’interessi armati). Sono come Levi: per 15 mesi hanno stilato liste di fantomatici putiniani, silenziato e insultato i pacifisti, tentato di chiudere i programmi che li ospitano, ostracizzato artisti e autori russi (memorabile, ieri, il teatrino di Vespa e altri camerieri ai piedi di Zelensky). Ora la censura “liberal” e “progressista” si salda con quella della destra, che ne raccoglie i frutti senza neppure muovere un dito. Come disse Mussolini negli ultimi giorni di Salò: “Come si fa a non diventare padrone in un Paese di servi?”.
Marco Travaglio
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principessasenzacorona03 · 11 days ago
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Beh non è che ti è andato male come menù. Posso immaginare il dolcetto . Che è quella da censura?
Ti piace la letteratura russa ?
Confermi la mia idea che qui la gente nasconde tante verità.
Non te lo faccio . Non lo meriti . Ti ricordo che sei una strega .
No, non mi è andata male sicuramente! Ma nonna può fare molto di meglio (e lo farà). Il dolcetto era un vassoio di piade fritte (dolci di carnevale) tutte zuccherate!
Amo la letteratura russa. O meglio, mi piace la Letteratura tout court. Io, però, ho un grande debole per gli autori russi e per Zola.
Dunque, "tu accuses!" Semplicemente non sono stupida, e se te lo dicessi e fosse come dico io, ti darei l'occasione di prendermi (ipoteticamente) in giro.
E non me lo fare. Vorrà dire che condividerò con qualcuno di diverso da te i miei dolci di carnevale.
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mozart2006 · 3 months ago
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SWR Symphonieorchester 2024/25 - Juraj Valčuha e Leif Ove Andsnes
Foto ©Helene Hansen Per il secondo concerto della stagione in abbonamento alla Liederhalle, la SWR Symphonieorchester ha ideato un bel programma di autori russi Continue reading SWR Symphonieorchester 2024/25 – Juraj Valčuha e Leif Ove Andsnes
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monsocial · 10 months ago
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Un homme et une femme sont décédés dans une frappe de drone ukrainien sur leur voiture dans la région de Zaporojié, ont indiqué ce 25 avril les autori...
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delectablywaywardbeard-blog · 11 months ago
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Bremmer: “Le false accuse del Cremlino preparano la nuova escalation militare”
NEW YORK.«Gli attentatori volevano attraversare il confine tra Russia e Ucraina, dove hanno contatti importanti». È stato questo il primo tentativo dei russi, subito dopo la cattura dei quattro presunti autori della strage del Crocus City Hall, di addossare le responsabilità all’Ucraina. Un colpo di mano sulla narrativa dell’attacco terroristico condotto con immediatezza dal Fsb, i servizi…
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confrontodemocratico · 1 year ago
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Lexus & Vovan brindano alla beffa a Giorgia Meloni: «Ingenua e vanitosa, come tutti i leader occidentali. E presto ne sentirete altri»
Uno dei due autori dello scherzo chiarisce In un’intervista a Fanpage: «Non abbiamo alcun legame coi servizi, ritardo nella messa in onda per esigenze di produzione» Giorgia Meloni non è stata la prima a cascare nello scherzo telefonico dei due comici russi Vovan e Lexus, ma non è neanche l’ultima. A rivelarlo è lo stesso Lexus, che in un’intervista a Fanpage svela che il duo ha già…
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scienza-magia · 1 year ago
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L'India alla ricerca di acqua al Polo Sud Lunare
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La corsa globale all’acqua al Polo Sud della Luna. Perché atterrare in questa regione lunare, come ha fatto l’India, è così impegnativo. L’India è diventata il primo paese ad atterrare al polo sud della Luna: un risultato logisticamente impegnativo che dovrebbe dare il via a una nuova era di esplorazione spaziale. Si unisce a Stati Uniti, Cina e Russia nel portare a termine con successo un atterraggio lunare senza equipaggio. La presenza di ghiaccio d’acqua ha reso il polo sud della Luna un’area di intenso interesse per scienziati e ingegneri spaziali, ma la difficoltà di atterrare su questa parte della Luna l’ha resa fino ad ora un obiettivo sfuggente.
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Siti di atterraggio dei lander al polo sud della luna. L’acqua potrebbe potenzialmente essere utilizzata per bere, raffreddare attrezzature e produrre ossigeno nelle future basi lunari. Secondo la National Aeronautics and Space Administration, l’acqua potrebbe anche essere raffinata in carburante per missili per alimentare un giorno missioni in altre parti del sistema solare come Marte. L'Organizzazione indiana per la ricerca spaziale ha fatto atterrare un dispositivo di ricerca come parte della sua missione Chandrayaan-3 vicino al polo sud lunare il 23 agosto, dotato di monitor per studiare l'attività sismica e svolgere altre ricerche. All'interno del lander era alloggiato un rover con due diversi sensori. Anche la società statunitense Intuitive Machines, con la sua missione IM-1, prevede di far atterrare un dispositivo vicino alla regione. L'IM-1 potrebbe iniziare a metà novembre con il lancio di un razzo. La missione dell'India è stata progettata per testare la sua capacità di far atterrare dolcemente un dispositivo sul polo sud lunare e di utilizzare strumenti scientifici per la ricerca. Una prossima missione di un’azienda statunitense ha obiettivi simili. I lander lunari di Stati Uniti e India
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La missione russa Luna-25 sarebbe stata la prima ad atterrare sul polo sud della Luna, ma funzionari russi hanno detto che il veicolo si è schiantato il 20 agosto. Gli atterraggi lunari senza equipaggio non sono un’impresa facile. L’atmosfera quasi inesistente della Luna rende più difficile rallentare un veicolo spaziale in discesa mentre si avvicina alla superficie lunare. I lander utilizzano motori di bordo che consentono loro di abbassare la loro altitudine e atterrare dolcemente. Questo è ciò che l’India è riuscita a fare al Polo Sud, passando da un periodo di “brusca frenata” durante la discesa a una “fine frenata” prima dell’atterraggio. Tale operazione, e qualsiasi manovra necessaria durante la discesa, richiede carburante, che può esaurirsi. Una missione privata giapponese di allunaggio è fallita all’inizio di quest’anno dopo che il velivolo aveva finito il carburante. L'atterraggio sul polo sud lunare è più difficile che su altre parti della luna. Lì il sole è sempre vicino all'orizzonte e la sua luce splende sulla superficie con un angolo obliquo. Perché il polo sud della Luna è avvolto nell'ombra
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Il terreno torreggiante e i crateri profondi creano un ambiente oscuro che può rendere più difficile distinguere le caratteristiche della superficie quando si tenta un atterraggio. Il direttore di Roscosmos, l’agenzia spaziale russa, aveva stimato al 70% la probabilità di un atterraggio riuscito del Luna-25 al Polo Sud. Come viene creata l'acqua sulla superficie della Luna
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Secondo un articolo di marzo pubblicato sulla rivista Nature Geoscience, parte dell’acqua sulla Luna è stata trovata incastonata in microscopiche perle di vetro. Le perle, che variano in dimensioni da poche decine di micrometri a pochi millimetri, potrebbero contenere fino a 71 trilioni di litri d’acqua, stimano gli autori dello studio. L’India è diventata il primo paese al mondo a raggiungere il polo sud lunare mercoledì, tre giorni dopo lo schianto della navicella spaziale russa nella stessa regione. Questo spiega perché i due paesi stavano correndo per arrivarci e come le loro missioni avrebbero potuto influenzare la corsa allo spazio globale. L'India è il primo Paese al mondo ad atterrare sul Polo Sud della Luna Read the full article
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frabooks · 2 years ago
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Diario di lettura - I fratelli Karamazov
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Premesse
Inizio questo libro intimorito dalla mole e dai pareri letti online: difficile, arzigogolato, lunghissimo.
Ho finito da poco Delitto e castigo e ne sono rimasto folgorato. In particolare, mi sono stupido della qualità della scrittura e della facilità di lettura; mi aspettavo di annoiarmi, di leggere capitoli non avvincenti o lunghissime descrizioni, invece è tutto l’opposto.
Poi ho affrontato Oblomov con le stesse preoccupazioni. Mattone russo: tantissimi nomi, trama complicata, lunghissime descrizioni: chissà se ce la farò, se ne varrà la pena. Ancora una volta ho trovato esattamente l’opposto: Oblomov è un romanzo frizzante, denso, godibilissimo.
Poi sono entrato nel “rabbithole” Dostoevskij. Mi affascina l’autore, i romanzi e i temi trattati. Voglio esplorare di più l’800 russo, la cultura russa, gli autori russi. Leggo “Sanguina ancora” di Paolo Nori, libro su Dostoevskij che mi dà anche tantissimi spunti letterari (ho comprato Puskin, Gogol, Turgenev, Tolstoj, molto altro Dostoevskij).
Così ho deciso di provare coi fratelli Karamazov. Il secondo libro più lungo che potrei leggere (Il signore degli anelli, 1150 pagine, è in prima posizione). Il libro più ampio e complesso di Dostoevskij, così pensavo.
Diario di lettura
Libro primo - Storia di una certa famigliola
Inizio fresco e tranquillo. Dostoevskij presenta i protagonisti. Prima il padre e poi, a turno, i figli: Dimitrij, Ivan e Alekseij. Ho trovato questa parte inusuale. Dostoevskij preferisce prima descrivere il carattere dei figli che “mostrare” il loro carattere con gli avvenimenti (lo farà, ma dopo). Strano. Eppure funziona; inizio a inquadrare i protagonisti per “categorie”. Il padre, Fedor Pavlovic, è un uomo benestante ma infido, avido, egoista e prono ai tradimenti, ai vizi, agli inganni. Dimitrij, Mitjia, è il primogenito. Ingenuo, buono ma anche estremamente cedevole alla bella vita, a sperperare denaro, ad andare a letto con più donne possibili, alle risse. Cede ai piaceri della vita. È sempre a corto di soldi. Ivan è “l’intelligente”, il cupo, il pensieroso, il razionale. Ha anche dei tratti un filo sadici o comunque cinici quando prende in giro, ad esempio, i credenti. Aleksej, Alesia, è il credente. Crede ciecamente in dio, si è fatto monaco, è buono, casto, un filo ingenuo, puro.
La struttura famigliare è semplice ma è scritto talmente bene che trovo questa parte comunque avvincente. Questa prima parte vola.
Secondo libro - Un’accolta inopportuna
Vanno tutti al monastero dallo Starets, il “monaco principale”, una specie di santo, perché possa aiutarli a dirimere lo scontro tra Dimitrij e suo padre. Mitjia vuole soldi, il padre non vuole darglieli. Il capitolo si svolge nel monastero ed è abbastanza veloce. C’è un capitolo in cui l’osservatore si sposta nelle fedeli che sono accorse per chiedere miracoli allo Starets; sembra un po’ campato in aria ma qui facciamo conoscenza di due importanti donne, la Chochlakova e la figlia disabile, che reincontreremo più avanti. È un capitolo in cui i caratteri dei personaggi iniziano a prendere forma. Ivan, acuto ma strafottente, Fedor Pavlovic, infido ed egomaniaco, Aleksej, timido e timorato di dio e dello Starets. Dialoghi interessantissimi proprio perché Dostoevskij è bravissimo a descrivere i personaggi che sono proprio vivi, sfaccettati, fatti carne e sangue. Non ci sono macchiette o personaggi stereotipati. La lettura è facile. Non ci sono digressioni o descrizioni, punto (stavo per aggiungere “noiose”, ma non c’è proprio nulla del genere).
Scopro in seguito una cosa che avevo preso con superficialità. Tra le donne che vanno a sentire lo Starets ce n’è una che ha perso 4 figli e l’ultimo la sta ammazzando di dolore. È distrutta. Il racconto dello straziamento è devastante. Scopro che il figlio si chiamava Aleksej, come il protagonista del romanzo e come il figlio morto di Dostoevskij stesso.
Libro terzo - Lussuriosi
Parte molto importante. Appaiono Katerina Ivanovna, Grusen’ka e Smerdjiakov, tre personaggi importantissimi. La prima è promessa a Dimitrj ed è amata da Ivan. La seconda ha fatto innamorare sia Dimitrj che il padre, Fedor Pavlovic. Il terzo è un servo di casa Karamazov con una storia molto avvincente. È appena introdotto, però si capisce che è un altro personaggio estremamente affascinante. Asociale, intelligente, autoriferito. Si capisce anche che Dimitrj è nei guai perché ha buttato all’aria 3000 rubli che gli aveva dato la Ivanovna affinché li inviasse alla sorella, per festeggiare e bagordare con la sua amante, Grusen’ka. Quindi Dimitrj ha un debito vergognoso con la sua fidanzata e un’amante che però è interessata anche a suo padre. In questo capitolo si capisce anche meglio Grusen’ka che è manipolatrice e infida. Inoltre c’è il primo scontro tra Dimitrj e il padre, che rimane contuso. Appunto, Dimitrj è di animo buono ma focoso e gli ci vuole poco a essere violento; inoltre col padre non solo ha in ballo la questione dei soldi ma anche un’amante. C’è anche un bellissimo dialogo tra il padre, Fedor, Aleksej, Ivan e Smerdjakov su dio e i credenti. Insomma, tanti avvenimenti che mi hanno coinvolto tantissimo perché i personaggi sono spremuti per bene e si vede ogni singola “tara” di ognuno.
Parte seconda
Libro quarto Straziamenti
Introduzione su padre Ferapont, monaco pazzo del monastero. Poi c’è una scena dalla Chochlakova e dalla Ivanovna dove c’è anche Ivan. Discutono. Dialoghi frizzantissimi. Parte molto scorrevole. Interessantissima la figlia disabile, con un animo irrequieto e nervoso. Aleksej incontra per caso un ragazzino scapestrato che viene picchiato da altri ragazzini, Iljusa. Ivan ha intenzione di partire e di andarsene per sempre a Mosca. Poi Aleksej va da un signore che era stato picchiato da Dimitrji per chiedergli perdono a suo nome, anche perché questo ex capitano era caduto in disgrazia (di cui Iljusa è figlio). Scena meravigliosa. C’è struggimento, emozione ma anche la rigidità morale di alcuni che fa sì che loro prendano la strada più impervia pur di non cedere, appunto, ai loro principi. Molto russa come cosa. Questa parte è relativamente breve, molto scorrevole e molto interessante.
Libro quinto Pro e contra
Avvenimento inaspettato per Aleksej, molto tenero e molto in linea con il suo carattere. Breve parentesi su Smerdjakov che serve a descrivere ancora meglio il suo carattere chiuso, scontroso, asociale, anche un po’ manipolatore. È anche affetto da epilessia. Poi arriva, finalmente, il momento topico del libro quinto: il grande inquisitore. Aleksej va alla ricerca di Dimitrji ma trova Ivan in una taverna, si fermano a parlare e discutono “di filosofia”. Ivan racconta a Alekseji questo suo racconto. Gesù torna nel 16esimo secolo e compie miracoli. Viene catturato e interrogato dal grande inquisitore che dice: sei venuto per ribadire la libertà totale per gli uomini ma gli uomini non se la meritano, hanno bisogno di regole, di una guida dura e ferma. Non sono in grado di sopportare il peso della verità. È la prima grande digressione. Il libro quinto dura 80 pagine, il grande inquisitore 27. Nonostante sia una digressione vera e propria, ficcata da Dostoevskij per “filosofeggiare”, è di  facile lettura e molto interessante.
Libro sesto Il monaco russo
Il libro sesto dura circa 50 pagine ed è un’altra digressione. Si racconta la vita dello Starets, che nel frattempo muore. È una digressione bella e buona. È la parte più lenta e meno interessante che finora ho incontrato. C’è molta “religiosità” e cose religiose, pochi avvenimenti interessanti e molta “fede” nuda e cruda, quindi noiosa. Ci tengo a specificare: non è una parte difficile da leggere, è “solo” lenta e non in particolare sintonia con il resto del libro. Si riprende quando c’è il racconto dell’incontro tra lo Starets e un misterioso sconosciuto; capitolo avvincente e struggente, vero Dostoevskij. Però il libro sesto è il più lento e noioso proprio per il tema trattato.
Parte terza
Libro settimo Alesa
Parte stupenda. Il protagonista del libro è Alekseij, Alesa, come dice il narratore più volte, ma in questa parte prevale. Prima lo Staretz che muore crea scandalo e turba Alekseij. Poi Alekseij va a trovare la Grusen’ka e ci sono dialoghi meravigliosi. Alla fine Grusen’ka si rivela cattiva, sì, ma in modo sfaccettato e sofisticato, come ci si aspetta da un personaggio di Dostoevskij. Ha sofferto per amore;  è combattuta e triste. Inoltre anche il monaco che l’ha accompagnato, che è una figura secondaria, è descritto benissimo: è un impiccione approfittatore e pettegolo e viene descritto in modo perfetto, tanto che, secondo me, può richiamare qualcuno in ognuno di noi. C’è un racconto struggente sulla cattiveria. Anche la donna più cattiva può redimersi, basta un cipollotto. Questa storia del cipollotto mi è molto rimasta. Capitolo freschissimo che vola, molto avvincente.
Libro ottavo Mitja
Qua il protagonista è Dimitrij. Noto solo ora quanto la scrittura di Dostoevskij si adatti ai personaggi. Questo capitolo è frenetico, confuso, carnevalesco, teatrale: è Dimitrij. Si raccontano le vicende di Dimitrij che deve tenere sotto controllo la Grusen’ka (ha paura vada dal padre) ma che allo stesso tempo deve trovare i 3000 rubli e inizia a subire lo stress devastante. Mena le mani, fa festa, sperpera denaro, ama follemente e in modo idiota, litiga, minaccia. Il libro ottavo è una gioia da leggere: scorre velocissimo e frenetico. Trasmette l’ansia e la confusione di Mitjia in modo magistrale. E finalmente si arriva al fattaccio.
Nota alla fine dell’ottavo libro. Sono estasiato dalla scrittura di Dostoevskij. Il libro, finora, è facilissimo da leggere, scorrevolissimo, avvincente, freschissimo. Una sola digressione stona per lucidità, secondo me, quella del monaco; davvero non necessaria, anche perché spezza tantissimo il ritmo. Per il resto sono completamente innamorato dei personaggi, sia quelli primari che i secondari, sono vivi e tangibili ed è facile amare, soffrire, gioire e temere insieme a loro. Altra nota. Da vera soap opera le storie d’amore. Questa cosa mi fa impazzire: il grande, serissimo, cupo Dostoevskij, il filosofo(!) che intreccia storie d’amore assurde, folli, sanguigne e senza senso.
Libro nono - L’indagine preliminare
Mitjia è accusato di aver ucciso il padre. In queste circa 80 pagine c’è l’interrogatorio a Dimitrji.
Noto con curiosità l’enorme rispetto del diritto della seconda metà dell’800 in russia. Testimoni, diritti, doveri, trascrizione di ogni parola. Non me l’aspettavo. La gestione della Giustizia è segno di enorme civiltà. Chiaramente non c’è un avvocato o altro ma questa prima parte di interrogatorio è inaspettatamente evoluta (per me, per le mie competenze). Il protagonista è Mitjia (Dmitrij), che però già conosciamo. Verso la fine si scopre quanto sia irrazionale e sconclusionato l’animo umano quando Mitjia non vuole ammettere una sua enorme inconfessabile vergogna, tanto che “i detective” quasi lo prendono in giro perché è tutto nella sua testa. Ripeto, Dostoevskij è magistrale nel dare vera sostanza ai personaggi. Si cita Smerdjiakov e si fa cenno che in effetti è anche lui figlio di Fedor Pavlovic; all’inizio ci sono dubbi che però vengono subito risolti. Credo di aver capito, tramite spoiler, che sia stato lui ad uccidere Fedor Pavlovic. Il libro nono si legge d’un fiato, è un vero e proprio thriller con un po’ di soap opera, un po’ di teatralità e pathos in più.
Libro decimo - Ragazzi
Una delle parti che mi sono piaciute di più. Si introduce Koljia, ragazzino sveglio, intelligente e di buon successo sociale ma che è clamorosamente influenzato dal giudizio di Aleksej. Un altro personaggio sfaccettato e pieno di contraddizioni: meraviglioso. Pensavo fosse una digressione e invece non lo è; non è legata alla trama principale, al delitto, ma non è una digressione vera e propria. Questa parte è dolce e commovente. Si riprende la storia di Iljusa e del capitano. Ci sono dialoghi pazzeschi e sembra di essere a teatro, talmente i personaggi sono vivi. Li vedi proprio vivere davanti a te. Sono insicuri, sfaccettati, contraddittori. Non c’è niente di bianco/nero, com’è, in effetti, la vita. Dura una cinquantina di pagina e vola che è un piacere. È fresco, scorrevole e, appunto, dolce e commovente.
Nota dopo il libro decimo Impressione a caldo dopo la lettura degli ultimi 2 libri di seguito: sono sopraffatto dalla realtà di questo romanzo, dalla moltitudine di cose che contiene. È tutto vivo, è tutto reale, è tutto vero.
Mancano solo 2 libri per circa 220 pagine. Il prossimo è su Ivan (l’ultimo fratello rimasto). E poi c’è il processo.
Libro undicesimo Il fratello Ivan Fedorovic
Libro lungo una novantina di pagine. È una parte molto importante per la storia. Alekseij incontra prima Grusen’ka poi la Chochlakova; Grusen’ka continua il suo rapporto teso e folle con Mitjia, ormai in carcere. La conosciamo: è manipolatoria e infida. La Chochlakova è logorroica e Dostoevskij  rende molto realistico questo tratto. Poi nel capitolo “il demonietto”  Alekseij incontra Liza, personaggio malato e sgradevole. Ha rinunciato a sposarsi con Alesia, lo tratta male e dimostra chiaramente di essere pazza. Inizia la parte con Ivan come protagonista. Mi aspettavo molto più Ivan ma invece la parte dedicata a lui è molto breve. Prima Ivan incontra Alesia che gli fa una sorta di “profezia”, gli dice che non è stato lui, Ivan, a uccidere il padre. Ivan lo prende per scemo. Poi Ivan inizia a rimuginare e a insospettirsi su Smerdjiakov; ci viene raccontato il loro rapporto in 3 capitoli e in 3 “interrogatori” che Ivan gli fa. Smerdjiakov è un personaggio meraviglioso. È manipolatorio, infido, viscido, egomaniaco. Sostanzialmente pazzo ma sempre sotto controllo. È descritto, tramite dialoghi, in modo perfetto. Ivan perde parecchie volte le staffe, si agita, si innervosisce. È un altro elemento da non sottovalutare: Ivan ci viene presentato, all’inizio, come personaggio sotto controllo, razionale, sarcastico. E invece, anche lui, è più complesso di così. È senza dubbio il personaggio negativo migliore e mi ricorda molto Svidrigajlov, di Delitto e castigo. La malvagità in Dostoevskij mi sembra non sia mai manifesta e violenta, è sottile, infida, manipolatrice. Si arriva al famoso principio di Ivan del “se dio non esiste allora tutto è lecito”, che dà il via a tutti gli avvenimenti. Poi si scopre il segreto di Ivan. A me ha ricordato molto Woland, ammetto, anche se immagino non c’entri niente. Capitolo meraviglioso che si legge tutto d’un fiato.
Libro dodicesimo Un errore giudiziario
Ultimo capitolone del romanzo. 110 pagine tutte dedicate al giorno del processo. Un ennesimo riferimento ai personaggi: anche qui, ovviamente, sono meravigliosi. Tutti sfaccettati, tutti complessi. Non c’è niente di banale, anche in quelli secondari. La prima parte del processo, in cui vengono ascoltati i testimoni ecc, dura una cinquantina di pagine. È densa ma veramente interessante. Ci sono dialoghi frizzantissimi e scene da commedia teatrale con gente che si dispera, crisi di pianto, strilli e urla pazze. Poi iniziano le 70 pagine di arringhe. Prima da parte dell’accusa poi della difesa. L’arringa dell’accusa si legge con facilità ma non dà spunti particolari, ovviamente, visto che sappiamo già tutto. Unica parte che mi ha colpito è la descrizione della natura umana come “vasta”, Karamazoviana nel senso di sfaccettata, una scala di grigi immensa. “Proprio perché la nostra è una natura vasta, karamazoviana (a questo voglio arrivare), e può contenere ogni sorta di opposti e può contemplare in un sol colpo i due abissi, l’abisso che è sopra di noi, l’abisso degli ideali supremi, e l’abisso che è sotto di noi, l’abisso del peggiore e del più fetido degrado”. Dostoevskij. La requisitoria della difesa è molto più intrigante. È un vero e proprio trattato sofisticato di teoria della Giustizia. Colpevole fino a prova contraria, il garantismo, la fallacia della memoria, la necessità di una dimostrazione. “Meglio rilasciare 10 colpevoli che condannare un solo innocente!”. Poi si conclude in modo lineare. È una parte sicuramente più lunga. È un vero e proprio processo quindi sembra quasi estraneo al libro per come l’ho affrontato finora. Però è godibilissima e facile da leggere.
Epilogo L’epilogo dura circa 15 pagine. Dostoevskij ha deciso di chiudere il libro in modo che definirei furbo, cioè commuovendo. È un epilogo semplicissimo ma, appunto, commovente e strappa lacrime.
Commento a caldo: che privilegio aver letto questo romanzo! Sono un po’ sopraffatto.
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libriaco · 2 years ago
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Le coincidenze
All'improvviso è comparso, sul mio comodino, un libro di Leskov: "Una famiglia decaduta".
Quel bel piano di legno, dove riposano pile di cartalibri, un ereader, due cellulari, due tablet, un paio di cuffiette bluetooth, un power-bank, una moleskine per le note e alcuni lapis, evidentemente è stato l'oggetto di una 'messa in ordine' da parte di mia moglie. Ora, io considero quell'ampia superficie una naturale estensione delle mie scrivanie (plurale!) e quindi soggetta alla stessa regola che vige per loro: nulla deve essere toccato, spostato, aggiunto o tolto, pena il mio impazzimento nel ritrovare un qualsiasi oggetto che, con memoria fotografica, ricordo a quale livello di stratificazione appartenga, vicino a cosa sia e perché lo abbia amorevolmente accomodato lì (certo in attesa che, un anno o l'altro, mi punga vaghezza di riaverlo tra le mani). Questa 'riorganizzazione' del piano in noce mi ha proprio infastidito ma mi sono ben guardato dal fare commenti; si sa, siamo nel periodo delle feste...
Il libro era in bella evidenza, chissà perché; se siete buoni lettori sapete senza dubbio che i libri, dotati di una vivace vita autonoma, spesso si nascondono e non si fanno trovare nonostante ricerche capillari, per poi sbucare fuori, all'improvviso, dove meno ci si aspetta. Questo libro però io non lo stavo cercando, quindi, da bell'esibizionista, ha evidentemente trovato il modo di mettersi in mostra per imperscrutabili motivi tutti suoi. Si tratta di un economicissimo pocket Longanesi, risale alla fine degli anni '60 e quasi certamente apparteneva alla biblioteca di mio suocero; però il romanzo devo averlo letto anche io, nel periodo adolescenziale dell'innamoramento con gli scrittori russi; sicuramente dopo i Grandi, però. Lo sfoglio e vado a cercare chi ne sia il traduttore: noi common readers abbiamo un sacco di fissazioni, una di quelle che ho io è di sapere chi traduca/tradisca i testi che leggo; nel caso specifico si tratta di una coppia: Dan Danino di Sarra e Leo Longanesi. Rimango perplesso: mi passa per la mente che il primo, sconosciuto, sia un nom de plume; che Leo Longanesi conoscesse il russo non l'ho mai saputo e forse ha solo 'aggiustato' la traduzione, facendo da editor al primo traduttore: in fondo lo ha pubblicato nella sua stessa casa editrice e avrà voluto avere un buon 'prodotto'.
Faccio qualche ricerca e scopro che Dan Danino (detto Dante) di Sarra era uno slavista, profondo conoscitore di lingue e civiltà slave, docente presso l'Istituto Universitario Orientale di Napoli, traduttore di autori russi, polacchi e cèchi tra cui Ljeskov, Gor’kij, Achmatova. "Il suo curriculum annovera attività didattica, pregevoli traduzioni di autori russi, polacchi e cèchi, autorevoli riconoscimenti per la promozione della cultura dell’Est in Italia, collaborazioni a riviste nazionali e straniere di rilevanza intellettuale, rigorose ricerche filologiche nel grande gruppo delle lingue slave. La severità dei suoi studi lo pose tra gli intellettuali bene considerati nei Paesi slavi e nel mondo della Slavistica italiana."  Leggo  QUI. Lo studioso era originario di Fondi. Quest'ultima informazione mi fa accendere, fioca, una lampadina: Fondi, Alberto Moravia, Elsa Morante, “La ciociara”... (uno dei peggiori libri che abbia mai letto).
Approfondisco e scopro che quando Moravia e consorte sfollarono da Roma nel 1943, sperarono di essere aiutati proprio da due loro buoni conoscenti che vivevano a Fondi: i giovani fratelli di Sarra; all'arrivo nel paese non trovarono però Dante, che era impegnato in una docenza a Bratislava, tuttavia la sua famiglia, per i coniugi Pincherle  (che si erano sposati nel 1941, testimone di nozze Leo Longanesi...), riuscì a trovare, nei dintorni, una casetta dove si rifugiarono per mesi e dove Moravia scrisse “La Ciociara”, il suo capolavoro (ironia, eh, ironia!).
Resto tuttavia pensieroso: perché il libro sarà improvvisamente comparso in bella vista? Vorrà ricordarmi di andare a leggere anche "L'angelo suggellato" di cui mi parlò con calore un'amica tempo fa? Mi starà suggerendo di riprendere in mano il saggio di Benjamin su Leskov?   Vorrà che lo rilegga perché il messaggio che mi deve comunicare è contenuto proprio nel testo? Oppure c'è  qualcos'altro che non ho ancora capito?
N. Ljeskov (sic) [Захудалый род - Zahudalyj rod, 1874 ], Una famiglia decaduta, Milano, Longanesi, 1967 [Trad. D. di Sarra, L. Longanesi]
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acidabionda · 7 years ago
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Un sognatore non desidera nulla perché è al di sopra di qualsiasi desiderio, possiede tutto, è sazio, perché è egli stesso l'artefice della propria vita e la crea ogni momento secondo la propria volontà.
- Notti Bianche, Fedor Dostoevskij
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robyeciubino · 2 years ago
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Europa nazista
A circa mille scienziati russi, operativi al CERN, che 10 anni fa avevano contribuito alla scoperta del bosone di HIGGS, era stato intimato di abbandonare gli esperimenti intrapresi. Perché? Perché russi...
La pubblicazione degli articoli scientifici che li vedono coinvolti è stata sospesa. C'è imbarazzo a menzionare gli scienziati russi. Si tratta di più di 70 articoli dice "The Observer".
Ci si limita a pubblicarli sul server arXiv e non sulle riviste di settore evitando di menzionare autori e organizzazioni che hanno finanziato gli esperimenti.
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kyda · 3 years ago
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mi piace tantissimo quando sto leggendo un libro e ci trovo dei riferimenti ad autori russi o opere della letteratura russa che ho letto e non, la letteratura russa mi fa battere il cuore e ogni minima informazione cattura immediatamente tutta la mia attenzione
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