#arti minori
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L’Arte dei Beccai e la bistecca alla fiorentina
L’Arte dei Beccai faceva parte delle cosiddette Arti Minori, distinte da quelle dette Maggiori, e con un peso diverso nei confronti del governo della repubblica. Anche se inserita in quelle Minori l’arte, che riuniva alla corporazione gli addetti al commercio delle carni insieme ai pesciaiuoli e ai gestori di locande e osterie, aveva comunque un grosso potere dimostrato dalle varie botteghe e…
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ARCHEOMOSTRE / Al MAO di Torino "Lustro e lusso dalla Spagna islamica"
#ARCHEOMOSTRE / Al #MAO di #Torino "Lustro e lusso dalla #Spagna islamica" Un viaggio di grande suggestione attraverso le straordinarie testimonianze della raffinatezza e del gusto che permeava il #Mediterraneo tra il X e il XVI secolo #MAOTorino
Spagna / Spain (Valencia, Manises) Metà XV sec. / Half of 15th c. Maiolica decorata a lustro dorato / Maiolica decorated with gold luster H. 7 cm D. 46 cm Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica, Torino Un nuovo progetto dedicato all’arte islamica e agli esiti che, nei secoli, questa ha prodotto in Europa e nel bacino mediterraneo, un’esposizione puntuale che intende volgere un primo sguardo…
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#archeologia#arte islamica#arte tessile#arti minori#ceramiche#eventi#Fondazione Bruschettini#islam#MAO - Museo d&039;Arte Orientale#Medioevo#Mediterraneo#mostre#Spagna#Spagna islamica#tappeti#Torino
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Adesso siamo ancora agli sports minori, tipo le gare di puzzette e il lancio della forchetta, ma quando arriverà l'atletica, la regina delle discipline, allora sì che vedremo all'opera il superuomo, l'ideale greco. No agli sport ridicoli: quelli col visierino e i paraocchi che centrano un post-it con la pistolina ad acqua, la breakdance, la BMX, lo skateboard, il beach volley e tutte ste americanate del picio, le arti marziali orientali in genere che francamente non c'entrano una mazza col Monte Olimpo (visione bizzarra di Zeus in accappatoio che atterra Marte con una piedata in testa come Bruce Lee), sì al pancrazio e agli sport che prevedono il lancio di solidi platonici ed euclidei, come l'esaedro, il dodecaedro, il peloponneso, ecc., ritorno all'ideale della kalokagathia, modernità come malattia infestante della bellezza.
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50 nerbate.
Espulso per sempre da tutte le scuole nazionali.
2 anni di galera, per adulti, non minori.
Al resto ci pensa Dio.
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Se questa è la scuola, meglio chiuderle tutte
A Fabriano alcuni studenti maltrattano e fanno morire un agnellino. Non ci sono più regole: ora punizione esemplare
di Francesco Teodori 24 Giugno 2024
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A volte è necessario anche per l’Inattuale abbandonare per un momento gli avvenimenti internazionali e abbassare lo sguardo verso la vita quotidiana, fonte inesauribile di indignazione. Il nostro sdegno si volge oggi verso la scuola e la sua squallida decadenza.
Alcuni studenti dell’istituto tecnico agrario di Fabriano, piccola e splendida città nelle Marche, mentre stavano svolgendo un periodo di alternanza scuola-lavoro all’interno di un’azienda agraria che ospita animali da allevamento (nello specifico pecore) hanno pensato bene di maltrattare un po’ le povere bestie. Uno di loro in particolare le ha aggredite calciandogli ripetutamente addosso un pallone. Mentre le pecore scappavano impaurite uno degli studenti ha catturato un agnellino, anch’esso in fuga per la paura, e l’ha lanciato al di fuori del recinto dove erano tenuti gli ovini.
Dopo aver rincorso la povera bestiola lo stesso studente lo ha acciuffato nuovamente, scaraventandolo all’interno del recinto da cui l’aveva prelevato. Il tutto sotto lo sguardo divertito del gruppo. L’agnello, secondo il verbale del direttore dell’azienda agraria indirizzato al dirigente scolastico della scuola, a causa del trauma subito ha riportato la paralisi di tutti e quattro gli arti ed è in seguito morto dopo una tremenda agonia.
Tutta la scena è stata ripresa dalle telecamere installate all’interno dell’azienda agricola. Da quanto abbiamo appreso da una docente dell’istituto, la quale ci ha anche raccontato per prima questa triste vicenda, al momento la decisione sulla sanzione da infliggere ai ragazzi (quasi tutti minorenni) responsabili di questo gesto efferato non è stata ancora presa. Nel frattempo, è stato chiesto ai carnefici di redigere un “tema” in cui avrebbero dovuto riportare una riflessione su quanto accaduto.
Da molti anni ormai osserviamo un rapido ed inesorabile disfacimento dell’istituzione scolastica in Italia, un declino a cui nessuno sembra voler prestare adeguata attenzione e che passa non tanto dalla, in genere pessima, preparazione degli studenti italiani, quanto proprio dall’incapacità della scuola di agire sulla formazione del carattere dei ragazzi. Questo sconcertante episodio ne è la prova.
Un agnello, simbolo dell’innocenza, è stato fatto oggetto della più assurda e gratuita brutalità. Una crudeltà senza scopo e dunque ancora più inquietante. Uccidere per gioco. Seviziare per il semplice gusto di farlo. Per di più un animale destinato ad essere parte di una fattoria didattica, dove le bestiole vengono allevate e curate dalla nascita fino alla morte naturale.
Se la scuola non è in grado di far comprendere a chi la frequenta la distinzione tra bene e male, tra civiltà e barbarie, allora tanto vale rinunciarvi definitivamente. Si chiudano tutte le scuole e si lasci che siano i social network, la strada, la musica o i siti porno ad educare i ragazzini. Se i risultati sono quelli che vediamo, almeno si risparmierebbero soldi pubblici, non più sprecati in inutili programmi educativi.
Ci domandiamo, dunque, se questa è la scuola. Se in un paese che si dica civilizzato sia possibile tollerare episodi del genere senza procedere, una volta appurati i fatti con certezza, ad una punizione esemplare, ammesso che ve ne siano per un gesto tanto crudele.
Così come ci domandiamo come sia possibile che un insegnante guadagni quanto un netturbino, che si possa dare delle “puttana” ad una professoressa senza temere alcuna conseguenza, che quasi la metà degli studenti al termine della scuola superiore non capisca un testo scritto in italiano. E nonostante ciò vengano promossi anche a pieni voti. In attesa di conoscere quale sia l’esito di questa tragica storia che abbiamo raccontato, ci auguriamo che il sacrificio involontario di quel povero agnellino serva quantomeno a far riflettere chi dovrebbe riflettere. E a far vergognare chi dovrebbe vergognarsi.
Francesco Teodori, 24 giugno 2024.
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Non ci sono parole, per di più frequentano una scuola ad indirizzo agrario.
Sarà un caso isolato di giovinastri senza educazione, cultura, formazione civica e formazione genitoriale? Non credo, è la china in discesa che hanno preso questi piccoli delinquenti da quattro soldi.
Ma forse anche sui genitori si dovrebbe indagare a fondo.
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Marc Camille Chaimowicz
L’opera di Marc Camille Chaimowicz si distingue a prescindere dalla pratica artistica: da oltre cinquant’anni, questo artista coniuga la scultura, la performance, l’installazione, l’architettura, la pittura, il video, la fotografia e il design con le arti della moda, del tessuto e dell’arredamento. A partire dagli anni ’70, si dedica all’allestimento del suo appartamento londinese per farne un’opera in situ. Rivendica allora il privato come spazio di costruzione del sé, rispetto a un ambiente percepito come alienante. Simile a un’oasi sognata, questa dimensione fittizia viene di volta in volta rivelata nelle sue mostre, condivisa con lo spettatore. Paraventi, mobili da toeletta, vasi e console dai toni pastello, il cui repertorio formale evoca frutti, fiori e parti del corpo, rimandano a un tabù sociale, mentre le arti applicate e gli interni domestici sono considerati minori o femminili.
Offuscando i confini tra arte e design, sollevando questioni legate all’identità e al genere, Marc Camille Chaimowicz trasforma l’intimità in uno spazio politico.
Nato dopo la Seconda guerra mondiale da padre polacco e madre francese, Marc Camille Chaimowicz si trasferisce da bambino nel Regno Unito. Studia a Ealing, Camberwell e alla Slade School of Art di Londra. In una nuova epoca artistica che si preoccupa di avvicinare l’arte alla vita spesso mediante le performance, l’esistenza di Marc Camille Chaimowicz si trasforma in una specie di grande laboratorio. L’artista vive infatti negli spazi espositivi, arreda le hall degli alberghi, decorandole con i propri oggetti, in cui serve il tè agli ospiti con tanto di sottofondo musicale. Abbandona la performance allorché questa viene identificata come pratica ufficiale dell’arte, troppo poco sovversiva. Allora, tra il 1975 e il 1979, allestisce il proprio appartamento in Approach Road. Carta da parati, tende e video di sé in azione: tutto è immaginato, disegnato, progettato su misura per trasformare questi interni in un luogo propizio alle fantasticherie. A partire dagli anni ’80, oggetti e mobili prendono posto nei musei all’interno di scenografie quasi teatrali. Da allora, le centinaia di mostre su questo artista internazionale organizzate a Londra, New York e Basilea ‒ solo per citarne alcune ‒ propongono una successione di interni.
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La sua storia è quella che rivela con meno facilità e spiega, forse, perché lavora nelle rifrazioni. È nato nella Parigi del dopoguerra, da padre polacco e madre francese. Non hanno mai parlato della guerra. “Non ne parliamo. Non l'abbiamo mai fatto", dice, come se i suoi genitori fossero vivi e tutte le regole familiari fossero ancora in vigore. Suo padre, che aveva una laurea in matematica, ottenne un lavoro all'Institut Curie di Parigi e in seguito fu coinvolto nella prima elettronica. Quando Chaimowicz, che ha due sorelle più giovani, aveva circa 8 anni, la famiglia si trasferì nel Regno Unito. "Vedi, i miei genitori erano molto ingenui", spiega con il suo sorriso astulo. “Avevo sentito che il sistema educativo inglese era molto buono. Non avevano sentito parlare del sistema di classe”.
Chaimowicz, che non parlava inglese, arrivò nel dopoguerra quando il sistema educativo britannico a due livelli lasciò gli alunni meno accademici al freddo. Armato, a 16 anni, con pochissime qualifiche, andò all'Ealing Art College, poi alla bohémien Camberwell School of Art, e fece una laurea post-laurea in pittura alla famosa Slade School of Fine Art. Quando arrivò, aveva bruciato tutti i suoi dipinti. Rispettava teorici e artisti concettuali come Victor Burgin e Gustav Metzger, ma non riusciva a identificarsi con nessuno di loro. Simpatico per le correnti emergenti nel femminismo, ha trovato quel mondo dell'arte intellettuale molto maschile. "La mia mente era attratta dall'ideologia di sinistra", ricorda. "Ma la pratica di sinistra ha prodotto un'arte che non potevo godere. Mancava di piacere, colore e sensualità. Tutte le cose che contano per me”. A Slade, la premessa classica che devi soffrire per la tua arte era pervasiva, ma Chaimowicz non ne aveva niente. “Le persone che stavo guardando non sembravano aver sofferto fino a quel punto. Fragonard sembrava divertirsi. Ho pensato: voglio essere come Fragonard!” Dopo la laurea, Chaimowicz è stato premiato con uno spazio studio a East London da Acme, un programma senza scopo di lucro che collabora con le scuole d'arte di Londra per concedere agli artisti in erba un posto sovvenzionato per creare, e si è offerto volontario in uno studio di design di tessuti a Lione. Man mano che il suo interesse per le arti applicate si evolveva, è emerso anche il suo senso del lavoro come evoluzione della sua vita. Bonnard e Vuillard erano una luce guida. “È stato un periodo molto ricco in termini di pratica. Penserei: voglio un po' di carta da parati, ma non c'è niente che mi piaccia e non posso davvero permettermelo comunque. Forse potrei fare la mia carta da parati”, dice. “Stavo dando la priorità al mio stile di vita, nella misura in cui c'erano lamentele su di me alla sede centrale. Altri artisti stavano camminando lungo la strada vedendomi al piano terra del mio studio con tende floreali, bevendo il tè con gli amici e socializzando, e dicevano: 'Questo ragazzo non sta lavorando! È fraudolento, sta sprecando spazio prezioso!' ” Da quella stessa trasgressione, Chaimowicz ha costruito una carriera.
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Carriera di Galileo Galilei 3° parte
1° parte 2° parte Le modifiche al cannocchiale
I timori degli scienziati svanirono quando, nel 1609 Galileo apportò modifiche al cannocchiale fino a l’ora usato. In Olanda nei prmi anni del 1600 furono costruiti i primi cannocchiali, con un piccolo tubo di ottone o di piombo. Ad una estremità era inserita una lente convergente, come quella usata negli occhiali da presbite detta lente “oggettiva”, mentre all’altra estremità era inserita una lente divergente, come quella usata per gli occhiali da miope detta “oculare”. Questi strumenti ingrandivano gli oggetti lontani osservati appena due o tre volte. Galileo, in un tubo di piombo principale a due sezioni minori, ne inserì una per l’obiettivo l’altra per l’oculare, una con faccia piena e l’altra sfericamente concava. Per riuscire a migliorare questo dispositivo combinò più lenti fino ad ottenere 30 ingrandimenti. Provando questo nuovo strumento, si accorse di vedere gli oggetti lontani più vicini e più grandi, visti con i suoi occhi. Presentò questa novità al governo di Venezia che si dimostrò molto interessato, tanto da raddoppiarli lo stipendio e un nuovo contratto per l’insegnamento. Puntando verso il cielo questo nuovo cannocchiale, scoprì più stelle di quelle che si potevano osservare ad occhio nudo. Con queste osservazioni poté vedere per la prima volta la grandezza dell’universo. Dimostrò inoltre che non c’era differenza fra la Terra e la Luna, provando che il nostro satellite non era liscio e levigato come si era creduto fino ad allora ma roccioso e con protuberanze. Smentì la visione aristotelica e tolemaica afferenti il contrario, dimostrando il movimento del nostro satellite intorno alla Terra e questa intorno al Sole.
La sua bravura nello stilare oroscopi era riconosciuta e apprezzata dai richiedenti, tanto da fargli avere sostanziose somme da Cardinali, Principi e patrizi, fra i quali annoverava il Cardinale Giovan Francesco Sagredo, suo corrispondente nelle lettere che si scambiavano reciprocamente e il Cardinale Gianfrancesco Morosini. Tenne una corrispondenza epistolare con l’astrologo di corte del Granduca di Toscana Cosimo II: Raffaello Gualterotti. Fra gli oroscopi natali calcolati e interpretati da Galileo spiccano quelli delle sue figlie Livia e Virginia, avute dalla sua convivente Marina Gamba conosciuta durante la sua permanenza a Padova. La chiesa era, ed è contraria agli oroscopi, queste arti sono in contraddizione con ciò che professa il cristianesimo con rispetto e timore verso Dio. Con le osservazioni del cielo con il nuovo cannocchiale, scopre i satelliti di Giove, da lui chiamate stelle medicee in onore del Granduca Cosimo II de Medici. Nel 1610 pubblica un libro con le sue scoperte con il titolo: “Sidereus Nuncius”, e per guadagnarsi la stima della casa regnante in Toscana, ne invia una copia al Granduca, accompagnato da un esemplare del cannocchiale e la dedica dei quattro satelliti scoperti battezzati “Cosmica Sidera” in seguito chiamati “Medicea Sidera”. Fine 3° parte
Alberto Chiarugi Read the full article
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Conferite civiche benemerenze dal Comune di Torino
Conferite civiche benemerenze dal Comune di Torino. Con una mozione presentata dalla presidente e votata a maggioranza qualificata dall'Aula, il Consiglio comunale, ha conferito, ai sensi dell'articolo 7 dello Statuto della Città e del Regolamento per il conferimento delle Onorificenze civiche n. 396, la Civica benemerenza a: Mattia Aguzzi, Pietro Giacomo Padovani, Fondazione Piazza dei mestieri, Maria Teresa Molo, Attilio Marchelle, Beniamino Vicino (alla memoria), Alessandro Bulgini, Associazione nazionale Italiana dell'Amicizia onlus - NIDA, Rasel Miya Md, Emilio Jona e Fausto Amodei del gruppo dei Cantacronache. Attraverso queste onorificenze, già approvate una prima volta nel corso della Conferenza dei Capigruppo convocata, la Città intende riconoscere meriti particolari a persone e associazioni che si sono distinte per atti di coraggio e azioni significative o per l'impegno civile, sociale e religioso. Ugualmente, vengono premiate anche le attività intraprese per il territorio nel campo delle scienze, delle lettere, delle arti, dell'industria, del lavoro, della scuola, dello sport, dello spettacolo, delle istituzioni civili e militari. Le motivazioni: Mattia Aguzzi ha salvato la vita ad una bimba di quattro anni caduta dal quinto piano di un palazzo in via Nizza; Pietro Giacomo Padovani si è distinto nel campo della cooperazione internazionale, ha fondato l'associazione "Solidarietà per il Guatemala" con il sostegno di figure quali Norberto Bobbio, David Maria Turoldo e Dante Liano; Rasel Miya Md, giovane cittadino del Bangladesh, quest'inverno non ha esitato a buttarsi nel fiume Po per tentare di salvare la vita di un uomo che vi era scivolato accidentalmente; Alessandro Bulgini, artista eclettico, ideatore e protagonista di Opera viva Barriera di Milano, del progetto Artista di Quartiere e di Flashback Habitat, definito "un ecosistema dedicato a tutte le culture contemporanee, un luogo favorevole allo scambio del pensiero creativo, culturale". Il premio alla Piazza dei Mestieri viene conferito quale riconoscimento per il lavoro svolto con i giovani, nella lotta contro la dispersione scolastica e la riscoperta dei mestieri; a Maria Teresa Molo psicologia e studiosa delle neuroscienze e della sessuologia clinica, per le attività della fondazione che porta il suo nome e di cui è presidente, impegnata nella ricerca del benessere e della salute psicofisica delle persone; ad Attilio Marchelle quale esempio positivo di intraprendenza e determinazione, fondatore del marchio "Attilio Parrucchieri" e creatore di un centro specializzato per acconciature femminili riconosciuto a livello internazionale, un centro estetico e un'accademia di formazione professionale. Premio alla memoria a Beniamino Vicino, assistente tecnico del laboratorio di Fisica al Liceo Classico "Massimo D'Azeglio", scomparso nel 2020, segnalato dal dirigente scolastico, dai docenti e dagli studenti quale riferimento educativo straordinario che ha lasciato un segno importante in chi l'ha conosciuto e nella storia dell'istituto. L'onorificenza all'Associazione Nazionale Italiana dell'Amicizia onlus - NIDA, nata a Torino nel 2012 e ad oggi presente in 11 regioni italiane, viene conferita per le attività in favore dei bambini in difficoltà, ai minori che vivono in condizioni di fragilità economica, a quelli gravemente malati che necessitano di cure costose, agli orfani, ai bambini separati dai genitori a causa di abusi. L'Associazione ha aiutato negli anni circa cinquantamila bambini e raccolto per scopi benefici più di un milione e cinquecentomila euro. Emilio Jona e Fausto Amodei vengono premiati quali fondatori e animatori del gruppo Cantacronache. Nato nel 1957, era un collettivo di cui facevano parte Sergio Liberovici, Michele Straniero, Fausto Amodei, Margherita Galante Garrone, Giorgio De Maria ed Emilio Jona, Italo Calvino e Franco Fortini, e al quale collaborò anche Gianni Rodari. Fu la prima esperienza in Italia di canzone d'autore grazie a testi e musiche di contenuto politico e sociale, con un'importanza fondamentale per la successiva, e più famosa, stagione del cantautorato in Italia. Ai selezionati, come da tradizione, il premio verrà consegnato nei giorni a ridosso della festa patronale del 24 giugno.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Il 25 aprile apertura straordinaria e visita guidata gratuita per la mostra "Elogio della composizione. La fotografia di Giuseppe Cavalli" a Palazzo delle Arti Beltrani a Trani
Dopo l’interesse e il successo del pubblico per le precedenti visite guidate della mostra “Elogio della composizione. La fotografia di Giuseppe Cavalli”, in occasione della Festa della Liberazione del 25 aprile si replica. Ci sarà la possibilità di vedere, a partire dalle ore 11:15, l’esposizione inaugurata lo scorso 26 marzo a Palazzo delle Arti Beltrani a Trani (BT), con una guida d’eccezione e senza costi aggiuntivi rispetto al biglietto d’ingresso.
L’allestimento, con 82 foto tra ritratti, paesaggi, nature morte, di cui 32 vintage, è in collaborazione con l’Archivio Eredi Giuseppe Cavalli e con il contributo di Alessia Venditti, dottoranda di ricerca UNIUD (Università degli Studi di Udine), curatrice del progetto di riordino dell’Archivio Cavalli.
L’esposizione fotografica dedicata alle opere di Cavalli, nato 120 anni fa nella città di Lucera,sarà accoltadalle sale del piano nobiliaredel Centro Culturale Polifunzionale della Città di Trani fino al 31 maggio 2024. Il progetto di Palazzo Beltrani, eccezion fatta per le esposizioni tenutesi nella natia Lucera, è la prima esposizione che omaggia Giuseppe Cavalli in Puglia dopo 41 anni.
Giuseppe Cavalli è un artista prestigioso e acuto critico di punta del dopoguerra italiano, caposcuola dell’high-key (espressione adoperata in fotografia come sinonimo di toni alti per indicare il carattere delle foto che presentano per lo più tonalità molto chiare, prossime al bianco, fonte Treccani) e promotore culturale con altri protagonisti del suo tempo. Attraverso le pagine della rivista Ferrania ha contribuito a elevare questa arte, anche con il volume “8 fotografi italiani di oggi” e la promozione del movimento La Bussola accanto ai valenti colleghi Finazzi e Leiss, Lerder e Veronesi. Con una raccolta di oltre ottanta opere, l’esposizione vuole ripercorrere le tappe fondamentali della sua esperienza artistica tra produzione fotografica e critica arguta.
«Quel che soltanto importa è che l’opera, qualunque sia il soggetto, abbia o meno raggiunto il cielo dell’arte: sia bella o no. Dire: basta coi nudi; niente più natura morta e così via è, come ognun comprende, un errore estetico di evidenza palmare. Non si vuol con questo disconoscere l’utilità nel campo pratico del documento fotografico e com’esso sia vitale per la cronaca e il ricordo dei tempi. Ma il documento non è arte, e se lo è, lo è indipendentemente dalla sua natura di documento […]. Valga la serietà dei nostri intenti a cattivarci simpatia e stima di quanti credono, come noi, alle splendide possibilità della fotografia nel largo campo dell’arte. Ove, se per la sua relativamente giovine età muove ancora i primi passi, è pur certo che troverà col tempo, per l’amore di chi la coltiva credendo in essa, quella universale dignità di considerazione a cui ha diritto». Fonte: G. Cavalli, M. Finazzi. F. Leiss, F. Vender. L. Veronesi, Manifesto de La Bussola in “Ferrania” 1947, p. 5. 1
I posti per la visita guidata (senza costi aggiuntivi rispetto al biglietto) nella giornata di giovedì 25 aprile sono limitati, è consigliata la prenotazione (tel: 0883 500044, info).
Con il ticket di ingresso alla mostra sarà possibile visitare anche le collezioni custodite a Palazzo Beltrani e la Pinacoteca “Ivo Scaringi“.
Orari di visita: dal martedì alla domenica con orario continuato dalle 10,00 alle 18,00, ultimo ingresso alle ore 17:00. Giorno di chiusura: lunedì. Apertura straordinaria per il 25 aprile con orario continuato, dalle ore 10:00 alle 18:00 (ultimo accesso ore 17.00). Biglietto d’ingresso: 6,00 euro ticket intero, 4,00 euro ticket ridotto (per minori, studenti, docenti, soci FIAF-Federazione Italiana Associazioni Fotografiche e over 65).
L’intera programmazione 2024 gode dei patrocini della Città di Trani – assessorato alle Culture; Regione Puglia – Dipartimento Turismo, Economia della Cultura e valorizzazione del Territorio; PACT Polo Arti Cultura Turismo Regione Puglia; TPP Teatro Pubblico Pugliese; Associazione delle Arti ETS; Festival internazionale di Andria Castel dei Mondi.
Info Palazzo delle Arti Beltrani, via Beltrani 51 Trani: tel: 0883 500044, info
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Il 25 aprile apertura straordinaria e visita guidata gratuita per la mostra "Elogio della composizione. La fotografia di Giuseppe Cavalli" a Palazzo delle Arti Beltrani a Trani
Dopo l’interesse e il successo del pubblico per le precedenti visite guidate della mostra “Elogio della composizione. La fotografia di Giuseppe Cavalli”, in occasione della Festa della Liberazione del 25 aprile si replica. Ci sarà la possibilità di vedere, a partire dalle ore 11:15, l’esposizione inaugurata lo scorso 26 marzo a Palazzo delle Arti Beltrani a Trani (BT), con una guida d’eccezione e senza costi aggiuntivi rispetto al biglietto d’ingresso.
L’allestimento, con 82 foto tra ritratti, paesaggi, nature morte, di cui 32 vintage, è in collaborazione con l’Archivio Eredi Giuseppe Cavalli e con il contributo di Alessia Venditti, dottoranda di ricerca UNIUD (Università degli Studi di Udine), curatrice del progetto di riordino dell’Archivio Cavalli.
L’esposizione fotografica dedicata alle opere di Cavalli, nato 120 anni fa nella città di Lucera,sarà accoltadalle sale del piano nobiliaredel Centro Culturale Polifunzionale della Città di Trani fino al 31 maggio 2024. Il progetto di Palazzo Beltrani, eccezion fatta per le esposizioni tenutesi nella natia Lucera, è la prima esposizione che omaggia Giuseppe Cavalli in Puglia dopo 41 anni.
Giuseppe Cavalli è un artista prestigioso e acuto critico di punta del dopoguerra italiano, caposcuola dell’high-key (espressione adoperata in fotografia come sinonimo di toni alti per indicare il carattere delle foto che presentano per lo più tonalità molto chiare, prossime al bianco, fonte Treccani) e promotore culturale con altri protagonisti del suo tempo. Attraverso le pagine della rivista Ferrania ha contribuito a elevare questa arte, anche con il volume “8 fotografi italiani di oggi” e la promozione del movimento La Bussola accanto ai valenti colleghi Finazzi e Leiss, Lerder e Veronesi. Con una raccolta di oltre ottanta opere, l’esposizione vuole ripercorrere le tappe fondamentali della sua esperienza artistica tra produzione fotografica e critica arguta.
«Quel che soltanto importa è che l’opera, qualunque sia il soggetto, abbia o meno raggiunto il cielo dell’arte: sia bella o no. Dire: basta coi nudi; niente più natura morta e così via è, come ognun comprende, un errore estetico di evidenza palmare. Non si vuol con questo disconoscere l’utilità nel campo pratico del documento fotografico e com’esso sia vitale per la cronaca e il ricordo dei tempi. Ma il documento non è arte, e se lo è, lo è indipendentemente dalla sua natura di documento […]. Valga la serietà dei nostri intenti a cattivarci simpatia e stima di quanti credono, come noi, alle splendide possibilità della fotografia nel largo campo dell’arte. Ove, se per la sua relativamente giovine età muove ancora i primi passi, è pur certo che troverà col tempo, per l’amore di chi la coltiva credendo in essa, quella universale dignità di considerazione a cui ha diritto». Fonte: G. Cavalli, M. Finazzi. F. Leiss, F. Vender. L. Veronesi, Manifesto de La Bussola in “Ferrania” 1947, p. 5. 1
I posti per la visita guidata (senza costi aggiuntivi rispetto al biglietto) nella giornata di giovedì 25 aprile sono limitati, è consigliata la prenotazione (tel: 0883 500044, info).
Con il ticket di ingresso alla mostra sarà possibile visitare anche le collezioni custodite a Palazzo Beltrani e la Pinacoteca “Ivo Scaringi“.
Orari di visita: dal martedì alla domenica con orario continuato dalle 10,00 alle 18,00, ultimo ingresso alle ore 17:00. Giorno di chiusura: lunedì. Apertura straordinaria per il 25 aprile con orario continuato, dalle ore 10:00 alle 18:00 (ultimo accesso ore 17.00). Biglietto d’ingresso: 6,00 euro ticket intero, 4,00 euro ticket ridotto (per minori, studenti, docenti, soci FIAF-Federazione Italiana Associazioni Fotografiche e over 65).
L’intera programmazione 2024 gode dei patrocini della Città di Trani – assessorato alle Culture; Regione Puglia – Dipartimento Turismo, Economia della Cultura e valorizzazione del Territorio; PACT Polo Arti Cultura Turismo Regione Puglia; TPP Teatro Pubblico Pugliese; Associazione delle Arti ETS; Festival internazionale di Andria Castel dei Mondi.
Info Palazzo delle Arti Beltrani, via Beltrani 51 Trani: tel: 0883 500044, info
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Arriva il concordato preventivo biennale, adesione entro il prossimo luglio
AGI – Al fine di razionalizzare gli obblighi dichiarativi e di favorire l’adempimento spontaneo, i contribuenti di minori dimensioni, titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni residenti nel territorio dello Stato, possono accedere a un “concordato preventivo biennale”. È quanto si legge in una bozza del decreto legislativo che approda sul…
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ANTEPRIME / Sete impalpabili, preziosi filati e morbidi velluti: a Torino torna esposta la straordinaria collezione di tessuti antichi. Con alcuni rari pezzi medievali e rinascimentali
#ANTEPRIME #MOSTRE Sete impalpabili, preziosi filati e morbidi velluti: a #Torino torna esposta la straordinaria collezione di #tessuti antichi. Con alcuni rari pezzi medievali e rinascimentali Dettagli e foto su Storie & Archeostorie @palazzomadamato
Frammento di tessuto copto. Egitto, Antinoe, VI-VIII secolo. Filo di lana lavorato ad arazzo. Dono Emile Etienne Guimet, 1902. Torino, Palazzo Madama Dal 21 dicembre 2022 più di 50 opere della collezione di tessuti e moda di Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica, che comprende circa 4.000 manufatti ed è tra le più importanti in Italia, tornano a essere esposte nella sala a esse dedicata al…
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Margot, il nuovo singolo del cantautore Simone Costa
La nuova puntata di Sommessamente, il podcast di Cinque Colonne Magazine vede come protagonista il cantante Simone Costa. Con lui parleremo della sua musica e del suo ultimo brano dal titolo "Margot" che è ora disponibile all'ascolto su tutte le varie piattaforme digitali ma anche in rotazione radiofonica. Il brano E’ il secondo singolo del progetto musicale Simone Costa e giunge a distanza di due anni dal precedente singolo “Julien”, che ha totalizzato oltre 12.000 ascolti nei vari digital store, anticipando il nuovo album previsto per l’autunno 2023. Margot è la storia di una donna che a seguito delle violenze subite in tenera età, non riesce più a distinguere il bene dal male. https://www.youtube.com/watch?v=UcGCD1wiZa8 Il testo del brano Il testo, cantato su un tessuto sonoro fatto di musica rock e new wave, in perfetto stile alternative rock, tocca temi molto sentiti e importanti come “la violenza sulle donne e la violenza sui minori“ e racconta le problematiche psicologiche che da essi ne derivano, fino a sfociare in vere e proprie patologie cliniche. Ascolta il nostro podcast L'ospite di oggi Simone Costa Simone Costa, classe ‘87, cantautore/compositore è autore di testi e musiche che vedono come protagonisti personaggi con storie viscerali, fatte di umanità mutevole, violenza, dolore, rimpianti ma anche di amore e speranza in un futuro quasi sempre incerto. Dopo un periodo dedicato alle arti visive, ad Ottobre 2019 torna sulle scene musicali, vincendo il social contest #MK302010, lanciato dalla band Marlene Kuntz, nel quale veniva richiesto ai fans di re-interpretare una canzone del gruppo. Poco dopo partecipa ad importanti festival come “Sanremo Rock” e “A Voice For Europe” arrivando in entrambi in finale. In aprile 2021 pubblica il suo singolo d’esordio “JULIEN”, presentandolo in numerosi live acustici in Campania. Read the full article
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Custodi di arte e fede: Complesso di Santa Chiara a Napoli
Uno dei monumenti più noti ed amati di Napoli… La costruzione del Complesso di Santa Chiara ebbe inizio nel 1310, per volontà del re Roberto d’Angiò e della sua seconda moglie Sancia di Maiorca, sotto la direzione di Gagliardo Primario prima, e Lionardo di Vito poi. Nel 1340 la chiesa fu aperta al culto, con due conventi contigui ma separati, uno femminile, destinato ad accogliere le clarisse, e l’altro maschile, per i frati minori francescani. La chiesa si presenta oggi nelle sue forme gotiche provenzali, con una facciata a larga cuspide, nella quale è incastonato l’antico rosone traforato, con il pronao dagli archi a sesto acuto, dove al centro campeggia la tomba di Roberto d’Angiò realizzata dai fratelli Bertini, mentre le due tombe sul lato destro, destinate ad accogliere le spoglie di Carlo di Calabria e Maria di Valois, si devono al grande maestro Tino di Camaino. Nel 1742 la chiesa subì delle modifiche per opera di Domenico Antonio Vaccaro, che diede al complesso un aspetto barocco. Il 4 agosto del 1943 la chiesa venne del tutto distrutta da un bombardamento aereo, ma fu ricostruita e restaurata sotto la direzione di Mario Zampino. Alle spalle dell’altare maggiore è situato il Coro delle clarisse, ambiente dal quale le monache partecipavano alle funzioni religiose, composto da tre navate, due delle quali coperte da volte a crociera. Il Chiostro Maiolicato del monastero ha subito nel corso dei secoli varie trasformazioni, ma la struttura trecentesca, è rimasta invariata, mentre il giardino è stato completamente modificato. Le decorazioni delle maioliche si devono agli artigiani Donato e Giuseppe Massa, che hanno armonizzato la policromia del Chiostro con gli elementi architettonici e naturali circostanti. Al termine di due dei bracci del Chiostro si nota l’ingresso al Museo dell’Opera. Suddiviso in quattro sale, il museo restituisce una parte di storia napoletana, dall’antichità al XX secolo, e conserva alcuni tesori del monastero scampati al bombardamento del 1943. L’itinerario prosegue nell’Area Archeologica, con resti di uno stabilimento termale romano scoperto nel dopoguerra, che apparteneva a una villa patrizia, oggi la testimonianza più completa a noi pervenuta delle antiche thermae di Neapolis, di struttura simile a quelle di Pompei e di Ercolano. L’edificio era composto da due livelli, uno ipogeico, l’altro costituito dagli ambienti termali veri e propri, dove sono visibili il frigidarium, la cisterna, lo spogliatoio, il laconicum e la natatio. All’uscita del Chiostro, si accede alla sala dove è conservato un presepe con pastori del Settecento e dell’Ottocento, con personaggi e scene della vita quotidiana dell’epoca, riprodotti con minuziosa cura, fino nell’utilizzo della stoffa di uso comune. Inoltre, nel rispetto della tradizione napoletana, la scena si allarga, fino a raffigurare uno spaccato tipico di quella Napoli, dove i personaggi sacri sono invece rappresentati secondo i canoni della tradizione figurativa cristiana. La natività posta al centro della scena non è in una stalla, bensì in un monumento romano diroccato, che simboleggia la nascita della nuova era cristiana sulle macerie del paganesimo, ma è anche riflesso del grande interesse suscitato dalla scoperta di Ercolano, avvenuta agli inizi del XVIII secolo. La scenografia è realizzata in cartapesta, sughero e legno, mentre i pastori hanno il corpo in ferro filato e stoppa, con arti e volti in terracotta. Read the full article
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L'Enciclopedia. Aius Loctius, Prospectus
L'Enciclopedia
Aius Loctius, Prospectus
Aius Loctius
Prospectus
Prospectus
Il piano o programma editoriale dell'Enciclopedia tracciato da Diderot apparve verso la fine del 1750, dopo il primo Discours di Rousseau. E' un documento prezioso, perché illumina le "fonti" dell'Enciclopedia e i tentativi abortivi pecedenti, sia, perché lascia cogliere sul vivo e in concreto l'opera creativa di Diderot, sia perché pone in rilievo: la prosecuzione del programma baconiano di fondere in un sol corpo, scienze, arti, tecniche. Per valutare l'eco e l'incidenza polemica di questo testo sono preziose, a mò di contrasto, le requisitorie, pubblicate dal padre Berthier, gesuita, direttore del <<Journal de Trèvoux>> (gennaio-marzo 1751). <<La causa del loro accanimento era il rifiuto che gli si era opposto, quando avevamo chiesto che fosse loro affidata a parte teologica del Dizionario>>. Illuminante è l'accostamento con pagine della voce Enciclopedia, dove Diderot fa un primo bilancio del lavoro compiuto tra il 1750 e il 1755.
Aius-Loctius
E' uno di quegli articoli minori, cui Diderot affidava le proprie idee più radicali: la libertà di stampa, invocata con ipocrita cautela, e solo per libri scritti in latino. Berthier: la sua fulminea reazione, giova a far intendere sia l'audacia del direttore dell'Encyclopédie, sia l'indole dell'ambiente nel quale egli operava. E' una delle voci incriminate nella crisi del '52.
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L'Arte degli oliandoli.
Gli oliandoli facevano parte delle Arti Minori e si riunirono in una Corporazione nei primi anni del Trecento. Come facilmente comprensibile dal nome, l’arte degli oliandoli comprendeva tutta la filiera dell’olio, dalla raccolta delle olive fino alla vendita finale. Per entrare nel dettaglio, facevano parte degli oliandoli i gestori di frantoi, i commercianti – all’ingrosso e al minuto – di olio, i venditori ambulanti che non soltanto vendevano olio, ma anche stoviglie e masserizie varie, girando per le vie cittadine con i loro carretti e gridando per richiamare l’attenzione delle massaie, e tutti coloro che avevano un “posto fisso” nelle piazze o ai canti delle strade per vendere olio e altri prodotti.
La corporazione degli Oliandoli scelse come protettore San Bartolomeo, che si festeggiava il 24 agosto. Inoltre, a dicembre, dopo la spremitura del nuovo raccolto, nella chiesa di Santa Maria degli Ughi, veniva offerto l’olio per alimentare le lampade votive della Vergine. Per il 15 agosto venivano donati dei ceri.
L’arte non possedeva una nicchia esterna in Orsanmichele, per cui decorò un pilastro interno, prima con un San Bartolomeo di Niccolò Gerini e in seguito con una tavola, sempre di San Bartolomeo, eseguita da Lorenzo di Credi. Gli Oliandoli smerciavano l’olio entro i tipici “orciolini”, della capacità di circa 33 litri. L’olio della prima spremitura era destinato al consumo alimentare, mentre le successive spremiture, di qualità nettamente inferiore, erano utilizzate per fabbricare saponi e per l’illuminazione, il cosiddetto “olio lampante”. L’illuminazione ad olio era infatti comune non soltanto nelle case, ma anche nelle strade, sui tabernacoli o sui principali edifici pubblici, come ad esempio il Palazzo dei Priori. Ai tempi di Dante, la corporazione degli Oliandoli, oltre a disciplinare la produzione dell’olio di oliva, si occupava della tutela e rappresentanza degli iscritti all’arte e della formazione degli addetti ai lavori dell’olivicoltura. A Firenze esiste tuttora Piazza dell’Olio, che è il luogo in cui si teneva il mercato specializzato di questo alimento, tassativamente prodotto seguendo i dettami della corporazione. Quali fossero questi dettami, è presto detto: raccolta a mano delle olive dagli alberi, operazione detta “brucatura”; le olive venivano messe in ceste di castagno legate alla cintola dei raccoglitori e portate al frantoio dove venivano frante, con grandi macine in pietra, provenienti dalla cava di Montici. La pietra di questa cava era particolarmente dura e quindi più adatta a questa operazione. Firenze era ricca di botteghe specializzate nella vendita di olio, raggruppate specialmente nella zona del Mercato Vecchio e di Via Lambertesca; oltre a venir usato per scopi alimentari, l’olio veniva impiegato sia nella lavorazione dei tessuti (gli artigiani lanieri lo usavano per ungere e donare brillantezza ai propri tessuti) e per illuminare strade e abitazioni.
Questo accresceva il fabbisogno del prezioso oro liquido e per questo ben presto la Toscana si trovò ad avere una quantità di uliveti insufficiente per un’adeguata produzione di olio. La “Tavola delle Possessioni” di Siena riporta infatti che all’epoca di Dante Alighieri risultava una insufficienza di uliveti rispetto alla domanda interna di “liquore di ulivi” (termine con cui Dante definiva l’olio); per questo le autorità imposero “per la negligentia de’ nostri lavoratori che non piantano et pongono ulivi”, ad ogni possidente e per ogni appezzamento di terreno per la cui lavorazione occorrano due buoi, la messa a dimora di due piante di olivo, quota che dopo poco tempo verrà raddoppiata. Per i toscani l’olio di oliva era “una de le quattro cose più necessarie alla vita dell’uomo” e bisogna ringraziare il lavoro degli oliandoli se oggi la nostra regione può vantare un olio eccellente, conosciuto ed apprezzato ovunque. Nel 1536 l’Arte degli Oliandoli, diventata abbastanza influente e che si era già unita con i Pizzicagnoli, si unì anche con i Beccai, una corporazione potente che racchiudeva al suo interno macellai, pescivendoli e gestori di osterie e taverne. Nel 1770, le soppressioni delle corporazioni attuate dal governo granducale, fecero confluire gli oliandoli, assieme a tutte le altre arti, nella nascente “Camera di Commercio”.
Gabriella Bazzani Madonna delle Cerimonie Read the full article
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