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Bologna: Tornano gli appuntamenti estivi nel Chiostro del Teatro Arena del Sole
Bologna: Tornano gli appuntamenti estivi nel Chiostro del Teatro Arena del Sole. Il Chiostro del Teatro Arena del Sole di Bologna torna anche quest’anno ad animarsi con InChiostro, la rassegna di spettacoli e appuntamenti estivi a cura di ERT / Teatro Nazionale, dal 20 giugno al 6 luglio ogni martedì, mercoledì e giovedì alle ore 21.30. Il progetto è parte di Bologna Estate 2023, il cartellone di attività promosso e coordinato dal Comune di Bologna e dalla Città metropolitana di Bologna - Territorio Turistico Bologna-Modena. La programmazione si snoda lungo 3 settimane per un totale di 9 serate e vede l’intreccio di spettacoli teatrali e musicali, con alcune performance della rassegna di danza Carne, il focus di drammaturgia fisica di ERT curato della coreografa Michela Lucenti, seguite ogni sera da un incontro a cura del giornalista e critico di danza Carmelo Zapparrata. Tra gli appuntamenti, alcuni lavori che propongono uno sguardo al femminile come Voci di donne, il reportage sonoro del collettivo di giornalisti freelance FADA realizzato insieme alla compagnia LeNotti; Molto dolore per nulla dell’attrice e autrice Luisa Borini; la performance Fioritura ideata dalla coreografa Elisa Spina insieme alle danzatrici Valeria Alvarado Mejia e Olimpia Fortuni. Sempre nell’ambito di Carne, vanno in scena Metamorphosis del performer e coreografo Carlo Massari / C&C Company, Paesaggio d’interni del collettivo Balletto Civile e The idea of you di Francesco Collavino. Altri spettacoli vedono protagonisti di due diverse serate la compagnia Kepler-452 con Nicola Borghesi in Gli altri. Indagine sui nuovissimi mostri; e l’attore Alberto Astorri con un omaggio al poeta e slavista Angelo Maria Ripellino, Sinfonietta alcolica, spettacolo che sarà aperto da un prologo curato dal ricercatore e critico teatrale Sergio Lo Gatto. Infine, spazio anche alla musica con il progetto Ada Flocco 4tet, dedicato all’esecuzione di alcuni brani della tradizione jazz. La prima settimana si apre martedì 20 giugno con il reportage sonoro Voci di donne del collettivo di giornalisti freelance FADA e della compagnia LeNotti, un percorso in voce e musica che racconta l’Iraq attraverso le storie e le vite di donne che lottano e hanno lottato per i propri diritti e per amore. C’è Amina che riporta com’è vivere in quella terra a quindici anni dall’invasione americana; Amena invece narra la storia del suo amore che non fece mai più ritorno; Rajaa condivide l’esperienza nel suo studio nella clinica Shahrazad e del Forum delle Giornaliste Irachene; e poi ancora Latiza, Demetria e Robyn, drag queen di Beirut. Tutte narrano il conflitto iracheno e gli anni seguenti, privando il racconto di ogni gerarchia del dolore e categoria etnica o religiosa. Sono dottoresse, avvocate, attiviste, madri; sono sunnite, sciite, cristiane, curde: a unirle un dolore capace di trasformarsi in coraggiosi e importanti gesti di resistenza. La programmazione prosegue mercoledì 21 giugno con Metamorphosis. Atti di metamorfosi contemporanea del coreografo e danzatore Carlo Massari di C&C Company. La performance è l’incipit di un percorso di ricerca triennale site-specific attorno al concetto di trasformazione e indaga le alterazioni fisiche e spirituali dell’essere nel sottile confine che separa l’uomo dalla bestia, il corpo dalla mente. Partendo dall’idea di uomo come animale pensante e dotato di una coscienza individuale, questo viene denudato e messo in relazione con i suoi istinti, le paure che rendono impotenti, i suoi lati più bestiali, la pura verità del corpo. Il lavoro prende avvio dall’istante in cui tutto diviene il contrario di tutto, il momento in cui non ci si riconosce più, ma d’improvviso si sentono le vene attraversate da nuova linfa, un nuovo io a cui abbandonarsi senza troppo giudizio. Al termine dello spettacolo è in programma un incontro con Carlo Massari a cura di Carmelo Zapparrata, giornalista e critico di danza. E infine giovedì 22 giugno va in scena Molto dolore per nulla dell’attrice e autrice Luisa Borini, un racconto intimo e ironico, tra la profondità del monologo e la leggerezza della stand-up, dedicato al tema della dipendenza affettiva. Si narra degli amori troppo amati di una donna e del suo dolore attraversato, da perdonarsi e ringraziare, perché è anche merito suo se ora guarda a ciò che è stato con un sorriso divertito e tenero. «Molto dolore per nulla è la cronaca di una fatica, - scrive l’autrice - quella che si fa per crescere, per smarcarsi dai modelli di riferimento e per imparare a rispettarsi per come si è. È uno sguardo sulla pazienza che si impara ad avere quando cambiamo di continuo senza mai riconoscerci, quando il nostro corpo si trasforma e rimangono i segni delle smagliature a ricordarci quante volte abbiamo vomitato per l’angoscia di una telefonata che non sarebbe mai arrivata, ad essere fieri di quelle cicatrici e a non aver paura di mostrarle». La seconda settimana prosegue con Paesaggi d’interni di Balletto Civile in scena martedì 27 giugno; mentre mercoledì 28 è la volta di Sinfonietta alcolica di Alberto Astorri, preceduto da un prologo su Angelo Maria Ripellino a cura di Sergio Lo Gatto, ricercatore e critico teatrale; e infine giovedì 29 The idea of you di Francesco Collavino... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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“L’Arena Au Noir”, Arena Borghesi Cinema 2017, programme. Design: Matteo Vandelli. Cover illustrations: Alice Beniero.
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Arena Borghesi Cinema 2017 — Catalogue Matteo Vandelli
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10 ott 2020 17:40
“SCEGLIEVAMO LA VITA ANCHE AD AUSCHWITZ” – L’ULTIMA STRAZIANTE LEZIONE DI STORIA E DI RESISTENZA DI LILIANA SEGRE: “PROVO PIETÀ PER QUELLO CHE ERO IO, QUELLA RAGAZZINA STRAPPATA ALLA SUA VITA E PORTATA AD AUSCHWITZ. CON LE LEGGI RAZZIALI SONO DIVENTATA INVISIBILE - DI FRONTE ALLA MORTE NON SERVONO TANTE PAROLE, PERCHÉ SONO INUTILI. QUANDO SI SENTE VICINA LA MORTE, C'È SOLO IL SILENZIO, IL SILENZIO SOLENNE, IL SILENZIO INDIMENTICABILE. IN QUEL MOMENTO VALEVA SOLO LA PROPRIA INTERIORITÀ"
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Liliana Segre
Nel mio racconto c'è la pena, la pietà per quella ragazzina che ero io e che adesso sono, la nonna di quella ragazzina. So che è difficile vedendo una donna di 90 anni pensare che quella era una ragazzina. Un giorno del settembre del 1938 sono diventata "l'altra" e da allora c'è tutto un mondo intorno che ti considera diversa. E questa cosa è durata sempre, io sono sempre "l'altra". So che le mie amiche, quando parlano di me, dicono sempre "la mia amica ebrea" .
Quando sono diventata l'altra a 8 anni, ero a tavola con i miei familiari, e mi dissero che non potevo più andare a scuola. Chiesi perché e ricordo gli sguardi di quelli che mi amavano e mi dovevano dire che ero stata espulsa perché ero ebrea. Una delle cose più crudeli delle leggi razziali fu far sentire dei bambini invisibili. Molti miei compagni non si accorsero che il mio banco era vuoto... e per anni non mi chiesero niente. Sono stata clandestina e so cosa vuol dire essere respinti. Si può essere respinti in tanti modi. . Di fronte alla morte non servono tante parole, perché sono inutili. Quando si sente vicina la morte, c'è solo il silenzio, il silenzio solenne, il silenzio indimenticabile. In quel momento valeva solo la propria interiorità.
Quello era il momento della vita e della morte . Auschwitz? Quando poi studiai Dante, anni dopo, mi resi conto che eravamo delle dannate condannate a delle pene. Entrando lì pensai di essere impazzita. Era un luogo pensato a tavolino da persone stimate nel loro mondo, un luogo che avevano organizzato per "l'altro", una realtà che funzionava da anni perfettamente. Noi dovevamo dimenticare il nostro nome, che non interessava a nessuno.
Da quel momento eravamo un numero che mi venne tatuato sul braccio: il mio era 75.190. Un numero che dovevamo imparare in tedesco . I bulli presi da soli hanno paura. Quelli che ho incontrato io si sentivano forti e invincibili, giovani nazisti ariani. Non erano della razza umana. Mi chiedono se ho perdonato e rispondo di no. Non ho mai perdonato, non ci riesco .
Quando si toglie l'umanità alle persone bisogna astrarsi e togliersi da lì col pensiero se si vuole vivere. Scegliere sempre la vita. Io sono viva per caso. Perché tutte noi sceglievamo la vita anche a Auschwitz. Furono pochissime quelle che tra di noi in quell'inferno si suicidarono attaccandosi al filo spinato. Tutte noi sognavamo la vita, la vita fuori dal lager. Sognavamo i bambini che giocavano, i prati verdi, un gattino da accarezzare... Per scegliere la vita dovevamo diventare delle nomadi vaganti.
Paolo Colonnello per "La Stampa"
«Non voglio più testimoniare, non voglio più soffrire». L'ultimo racconto di Liliana Segre è il più difficile, il più sofferto. Anche se avviene davanti a una platea di giovani seduti a terra con le gambe incrociate e di uomini di potere che l'ascoltano commossi. Anche se fuori c'è un sole autunnale bellissimo e sotto il tendone bianco, quando lei finisce di parlare, l'applauso diventa interminabile e si capisce che tutti vorrebbero abbracciarla. Perché il ricordo non è facile anche se nelle parole di Liliana si trasforma in una straordinaria testimonianza di vita che quasi stordisce per la sua intensità.
Nella Cittadella della Pace di Rondine, un borgo medievale a quindici chilometri da Arezzo, la senatrice a vita decide di affidare il suo testamento ideale ai giovani di questa comunità internazionale che raduna ragazzi e ragazze nemici in patria, divisi da guerre cruente ma uniti in un progetto di pace unico al mondo. Liliana Segre ripercorre per l'ennesima volta la sua vita nel segno del dolore e di un fardello pesante di cui, ora che ha novant' anni, vuole liberarsi per sempre.
Tocca a noi, adesso, la responsabilità morale del ricordo. Ad ascoltarla le più alte cariche dello Stato, i presidenti delle Camere, il presidente del Consiglio, il presidente della Conferenza episcopale Italiana, la presidente della comunità israelitica, i ministri degli Esteri, degli Interni, dell'Istruzione. «Una persona di novant' anni come me - esordisce lasciando di stucco la platea - arriva a un punto in cui dice basta, ora voglio riposare, non voglio più soffrire.
Da nonna, sono i ragazzi che io ringrazio, sono loro i miei nipoti ideali». Ma soprattutto, spiega Liliana, con un trasporto e una sincerità straordinari, ha fatto pace con i tumulti del cuore. «Nel mio racconto c'è l'amore, la pietà, il ricordo struggente di quello che ero io, quella ragazzina strappata alla sua vita e portata ad Auschwitz e di cui ora sono la nonna.
Una ragazzina cui adesso sono capace di stare vicina senza lacrime... Lo so che è difficile immaginarmi giovane. Ma anch' io sono stata ragazzina, avevo la mia piccola vita, quella che in un giorno di settembre del 1938 venne interrotta, facendomi diventare "l'altra". E quando si diventa "l'altra", c'è tutto un mondo intorno che ti considera diversa».
La sua è un'ineguagliabile lezione di storia e di resistenza che non a caso viene condivisa da centinaia di scuole in tutta Italia. E che insegna, più di ogni altro libro («i dettagli della prigionia andateveli a leggere...»), il valore della pace. Ma non del perdono. «Ogni tanto mi chiedono: signora, ma lei ha perdonato? No, mai, certe cose non si possono perdonare». Non si possono perdonare le leggi razziali fasciste che da un giorno all'altro la fecero diventare "l'altra".
«Avevo otto anni, eravamo a tavola e mio padre mi disse: da domani non andrai più a scuola.... Perché, perché, perché? Continuavo a chiedere nella mia innocenza di bambina». Non si possono perdonare i nazisti che cercarono di creare il concetto di "razza superiore". «Ma superiori a chi? Alla razza umana? ». Non c'è perdono. Nemmeno per chi fece dei respingimenti la propria politica ipocrita. «Anch' io - dice - sono stata clandestina, respinta.
Fu quando arrivammo alla frontiera Svizzera dopo aver attraversato la montagna di Como nella neve. Un funzionario ci guardò con disprezzo, facendoci sentire quel nulla che eravamo. Ci rimandò nelle braccia delle guardie...». E però Liliana, che si commuove ricordando la sua amica francese Janine di cui in tutti questi anni ha sentito il peso di non essersi voltata a salutarla prima che venisse portata in camera a gas («quel giorno persi ogni dignità...») e a cui ha voluto venisse intitolata la nuova arena naturale di Rondine, conclude con un messaggio di enorme speranza.
«Dopo la lunga marcia della morte, era ormai arrivato il giorno della liberazione: una guardia davanti a noi, gettò la divisa e la pistola, vestiva abiti borghesi, aveva paura. La sua pistola era lì, a portata di mano. Avrei potuto prenderla e sparargli. Mi sembrava un giusto finale. Ma non lo feci. Io non sarei stata come il mio assassino. E da quel momento, scegliendo la vita, diventai quella donna libera con cui ho convissuto finora».
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Arena Borghesi: Conad si aggiudica il bando
Oggi era il gran giorno, quello dell’aggiudicazione del bando per l’arena Borghesi, Conad è risultata la vincitrice e subito ha pubblicato una nota stampa che voglio riportarvi:
ARENA BORGHESI: GIUSTA L’ATTENZIONE DEI FAENTINI, L’INTERESSE PUBBLICO AL CENTRO DEL NOSTRO PROGETTO.
Commercianti Indipendenti Associati si è aggiudicata il bando per l’Arena Borghesi di Faenza. Ora che la procedura a evidenza pubblica ha raggiunto questo punto, possiamo chiarire alcuni interrogativi, a beneficio di tutti i faentini che amano la cultura e che in questi mesi ci hanno espresso preoccupazione per il futuro di quel luogo così importante. È un sentimento di cura per la città che condividiamo, perché l’attenzione per i territori in cui siamo nati e operiamo fa parte dei nostri valori da sempre. Una volta acquisita definitivamente l’area, Cia-Conad spenderà oltre 300mila euro per dare nuova vita all’Arena, prima di cederla gratuitamente al Comune di Faenza.
L’Arena Borghesi manterrà intatta la propria identità. L’Arena Borghesi deve rimanere uno spazio culturale pubblico, a disposizione di tutti i faentini e di tutti gli appassionati della settima arte. Sarà ceduta al Comune dopo un importante intervento di recupero, che consentirà ai faentini di disporre di un pezzo della propria città migliorato e riqualificato. La ristrutturazione manterrà lo stesso numero di posti a sedere (348) e la stessa identica superficie dedicata allo spazio di proiezione e per la platea.
L’Arena rimarrà un teatro nel verde. L’Arena rimarrà un teatro tra gli alberi, esattamente come ora, uno spazio unico dedicato al cinema e alla cultura. Sappiamo che il verde è un elemento chiave della sua identità, per cui all’interno saranno piantumati alberi ad alto fusto (nove metri di altezza ciascuno) lungo tutta la parte sinistra antistante il proscenio.
L’ex officina: uno spazio nuovo per Faenza. Il progetto di riqualificazione dell’Arena Borghesi potrà inoltre essere arricchito dello spazio oggi ex officina, che attualmente è in stato di abbandono e potrebbe diventare uno spazio nuovo per la cultura di Faenza, un punto di attrazione per il centro storico in cui ospitare attività complementari a quelle dell’Arena Borghesi. Coinvolgeremo Istituzioni, associazioni e imprese del territorio per valutare insieme proposte progettuali.
La nuova Arena Borghesi in funzione nell’estate 2018. È nostra intenzione cantierare il progetto subito dopo la stagione estiva dell’Arena, in maniera da potere rendere nuovamente fruibile lo spazio recuperato entro l’estate del 2018. Il rispetto di questi tempi dipenderà anche dall’iter amministrativo. A seguire inizieranno i lavori per l’adeguamento del negozio Conad, con l’inserimento di nuovi reparti e la possibilità di impiegare nuovi occupati al suo interno.
Amiamo il cinema e sosterremo la programmazione dell’Arena. Commercianti Indipendenti Associati e i soci Conad faentini ogni anno sostengono il territorio in vari settori di attività, investendo cifre importanti per l’associazionismo, lo sport, la cultura. Siamo disponibili a destinare una parte di queste risorse per sostenere iniziative cinematografiche e culturali, anche in collaborazione con l’ente gestore dell’Arena.
Un cantiere aperto e trasparente. Crediamo che interesse privato e interesse pubblico possano e debbano procedere insieme. Per farlo occorrono fiducia e trasparenza, la stessa che le persone ci danno ogni giorno facendo la spesa nei nostri negozi. In collaborazione con l’amministrazione comunale ci rendiamo disponibili a realizzare momenti di coinvolgimento pubblico sul cantiere, per conoscere lo stato di avanzamento dei lavori.
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Arena Borghesi, Faenza, giugno 2015.
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"Il Capitale. Un libro che ancora non abbiamo letto di Kepler-452" al Kunstenfestivaldesarts di Bruxelles
"Il Capitale. Un libro che ancora non abbiamo letto di Kepler-452" al Kunstenfestivaldesarts di Bruxelles. Il Capitale. Un libro che ancora non abbiamo letto della compagnia bolognese Kepler-452 e prodotto da Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale è ospite, grazie al supporto dell’Istituto Italiano di Cultura a Bruxelles e il Ministero della Cultura Italiano, al Kunstenfestivaldesarts di Bruxelles, storico festival internazionale di teatro, danza, film, mostre e musica nato nel 1994 e oggi diretto da Frederik Verrote, Daniel Blanga Gubbay, Dries Douibi. Grande curiosità e attesa per l’arrivo di Kepler-452 a Bruxelles: i biglietti per le quattro repliche, dal 31 maggio al 3 giugno (mercoledì e sabato ore 20.30, giovedì 18.00, venerdì 20.30 con incontro post spettacolo) al Théâtre Les Tanneurs sono già tutti esauriti. ERT accompagna il lavoro della compagnia dal 2018, producendo gli spettacoli: Il Giardino dei ciliegi – Trent’anni di felicità in comodato d’uso (Premio Rete Critica 2018) in cui il testo di Cechov incontra la storia di uno sgombero realmente accaduto in Italia nel 2015; F. Perdere le cose che affronta la vicenda di un migrante senza documenti e il reportage teatrale sugli haters Gli Altri. Il Capitale. Un libro che ancora non abbiamo letto ha debuttato al Teatro Arena del Sole di Bologna lo scorso ottobre a VIE Festival 2022 e anche in questo lavoro, Kepler-452 prosegue la sua ricerca sulla realtà, coinvolgendo sul palcoscenico attori non professionisti. Il gruppo si avvicina a una delle vicende sociali e politiche che ha fatto molto discutere negli ultimi tempi in Italia, quella del licenziamento collettivo da parte dell’azienda GKN di Campi Bisenzio, e lo fa dopo aver deciso di mettere in scena Il Capitale di Karl Marx. Un mattino dell’estate 2021, il 9 luglio per la precisione, 422 operai hanno ricevuto una mail che annunciava il loro licenziamento. Da quel giorno gli operai hanno dato inizio a una vera e propria ribellione, occupando la fabbrica, organizzando mense, un ufficio propaganda, turni di guardia, per impedirne lo smantellamento. Nell’autunno dello stesso anno la compagnia è entrata per la prima volta alla GKN. Gli operai li hanno invitati a mangiare con loro: da quel giorno e per diversi mesi, Borghesi e Baraldi hanno dormito lì, dentro la fabbrica occupata, su due brandine, intervistando centinaia di operai, partecipando a picchetti, assemblee, manifestazioni; hanno ascoltato, osservato, cercando di volta in volta di tornare alle pagine di Marx per tentare di instaurare un dialogo creativo tra Il Capitale e quello che succede al presidio, tra un classico della letteratura filosofica ed economica e un gruppo di esseri umani in carne e ossa. Poi la loro attenzione si è concentrata su tre persone in particolare: Iorio, manutentore, Felice, operaio addetto al montaggio e Tiziana, operaia addetta alle pulizie, che hanno invitato in scena con loro. ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Arena Borghesi Cinema 2016, programme. Design: Matteo Vandelli
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Arena Borghesi Cinema 2016, programme. Design: Matteo Vandelli
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Arena Borghesi Cinema 2016, programme. Design: Matteo Vandelli
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“L’Arena Au Noir”, Arena Borghesi Cinema 2017, programme. Design: Matteo Vandelli. Cover illustrations: Alice Beniero.
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Arena Borghesi Cinema 2016, programme. Design: Matteo Vandelli
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