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Italo Rota
Projects, works, visions 1997-2007
Skira, Milano 2008, 352 pagine, 27x22cm, ISBN 9788876246401
euro 25,00
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Un libro d'autore su un architetto dallo stile provocatorio, radicale e visionario.
Italo Rota è stato uno degli architetti italiani di maggior interesse sulla scena italiana ed europea degli ultimi anni. Dopo i fortunati esordi in Francia alla fine degli anni Ottanta con il progetto per l’ala Richelieu del Louvre e per gli spazi pubblici di Nantes, il ritorno in Italia negli anni Novanta sancisce una nuova fase progettuale e creativa ricchissima che va dagli allestimenti museali e per la Maison Cavalli (showroom caffè a Miami, Milano e Mosca, mostre e sfilate) ad una serie di nuovi edifici pubblici in Italia e India. Il suo stile provocatorio, radicale e visionario ne fanno un autore di riferimento obbligato per comprendere alcuni dei possibili sviluppi dell’architettura del prossimo futuro; insieme il suo rapporto disinibito con la storia, il progetto e la decorazione fanno dei suoi lavori una fonte di riflessione importante. Il volume si occupa soprattutto dell’attività degli ultimi quindici anni spaziando dagli allestimenti fino al disegno degli spazi pubblici da Rouen a Brescia, Verona e Palermo; una sezione è dedicata ad i nuovi spazi collettivi con le biblioteche per ragazzi di Anzola e Perugina, con la chiesa di Roma, il casinò di Lugano, un tempio induista a Bombay, il progetto per la riforma dell’Arengario a Milano. Testi e materiali di progetto sono montati nel volume a comporre un vero e proprio libro d’autore in cui progetto e pensiero sull’architettura si mescolano mirabilmente.
Io conoscevo molto bene Italo Rota che è stato un mio ottimo cliente e amico. L'ultima volta che l'ho visto era al mercato dei libri di Piazza Diaz il mese scorso con la moglie Margherita Palli
08/04/24
#Italo Rota#Projects Works Visions#1997-2007#architectural books#designbooksmilano#fashionbooksmilano
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Nel mio sangue circola un arcipelago di popoli del Mediterraneo. Da un prelievo vorrei conoscerne i nomi, come un appello in classe dove i nominati dicessero: presente. E se ne risultasse qualcuno mancante, provvederei con una trasfusione a completare l’assemblea. Pochi incroci sono avvenuti con feste di nozze, la gran parte attraverso emigrazioni, epidemie, deportazioni di schiavi, stupri di conquistatori. Vengo da Napoli, una città fondata da stranieri, Greci. Roma ha fra i suoi capostipiti un profugo da una città in fiamme, Enea da Troia. Via mare sono sbarcati portatori di merci, arti, tecniche, sementi. Filosofi, astronomi, scrittori di teatro e di poemi, calcolatori in numeri arabi e in geometrie, architetti, musici, scultori, portatori di religioni e infine della loro ultima notizia, il monoteismo. Appartengo al Mediterraneo che non è nord né sud, non è oriente e neanche occidente. È ventre liquido in comune ai tre più antichi continenti delle civiltà, Africa, Asia, Europa. Una mattina arrivato sull’isola greca di Kos chiesi a chi mi ospita il nome dell’isola di fronte. ��La più grande che abbiamo, arriva fino a Vladivostok e si chiama Asia”. A metri zero sul livello del mare ho avuto la vertigine di stare davanti al più vasto dei continenti, apparso nella foschia del primo mattino. Arriva fino all’Oceano Pacifico. Per questo incrocio di terre affacciate sul Mediterraneo sento la parentela stretta con ogni suo viaggiatore. La lingua latina lo ha chiamato Nostrum, il più affettuoso nome dato a un mare. È un Nostrum che non esclude gli altri e non segrega al suo interno. È il nostro dell’ospitalità per il viandante, accolto perché la polvere dei suoi sandali, venuta da lontano, feconda il suolo in cui fa la sua sosta. Le sue storie ingrandiscono il repertorio dei racconti. La sua spezia condisce la scodella di chi l’invita all’ombra.
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Cimitero monumentale di Parabita (LE), 1982
I lavori del cimitero iniziano nel 1972, sul progetto del 1967 degli architetti Alessandro Anselmi e Paola Chiatante del Gruppo GRAU (Gruppo Romano Architetti Urbanistici) di Roma, e terminano nel 1982. L'opera costituisce uno degli esempi più importanti del postmodernismo italiano, come si evince dal suo carattere sperimentale che si distacca in modo netto da quelli che erano i retaggi culturali del modernismo. La struttura è molto geometrizzata e nel complesso è costituita da un muro perimetrale all'interno del quale si articolano i diversi elementi disposti intorno ad un corpo centrale su più livelli. Questo è costituito da un semicilidro scandito da alti setti murari inclinati e due ali laterali nelle quali si aprono bucature triangolari. L'architettura è realizzata con una struttura in calcestruzzo armato rivestita da carparo (pietra locale) finemente lavorata per realizzare gli spigoli e le curvature della struttura.
È evidente l'influenza kahniana nel linguaggio architettonico: l'imponente struttura in pietra dalla quale emergono grandi setti murari e le forme geometriche, specialmente le bucature triangolari che si aprono nei muri.
La piramide, elemento ricorrente nelle tombe monumentali, qui è ripresa ma espressa in una nuova forma, non poggia a terra ma è ruotata e sopraelevata su un basamento con piloni quadrati agli angoli.
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Bibliotheca Hertziana - Istituto Max Planck per la storia dell'arte, Juan Navarro Baldeweg- Enrico Da Gai, 2003 - 2012
Dal sito Open House Roma: "La Bibliotheca Hertziana riassume tutte le caratteristiche proprie alle più alte realizzazioni. Una magnifica architettura contemporanea che restituisce una lettura sofisticata delle preesistenze storico-artistiche. Audaci soluzioni strutturali e un'ingegneria elaborata appositamente per la salvaguardia dei resti della villa di Lucio Licinio Lucullo, rinvenuti nel corso degli scavi, hanno richiesto una cantierizzazione modello studiata per il centro storico di Roma. Un progetto complesso reso possibile grazie a un'esemplare collaborazione tra committenza e studi professionali europei. L'ingresso scenografico su Via Gregoriana è dominato dal "Mascherone", portale antropomorfo che un tempo consentiva l'accesso al giardino dell'adiacente Palazzo Zuccari."
Grazie mille, come ogni anno, al grande impegno di @openhouse.roma
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Capitolo 23 – Conquistiamo futuro recuperando il passato
IV.22
Nel cerchio di un anello
Alla ricerca di ricordi
affidati alla memoria
di chi c’era.
Assecondiamo
un movimento circolare,
percezione di una retta
un avanti che se continuo
fa ritorno.
Conquistiamo futuro
recuperando il passato,
architetti del presente
disegnatori specializzati
di memorie interne.
tratta da Canti Malinconici, una raccolta di mie poesie inedita.
Mi trovavo seduta sul lato passeggero, mia sorella stava guidando e scattai dal mio smartphone una foto del sole che stava tramontando su una curva di strada, nel traffico denso del Grande Raccordo Anulare. Qualche giorno dopo postai quella foto su Instagram con la poesia in epigrafe, era ottobre.
Dopo il rientro da Barcellona avevo ripreso a scrivere, a fotografare e avevo continuato a disegnare il mio diario grafico; il mio processo di elaborazione era finalmente iniziato. Sapevo di essere spiata quindi censuravo molto la mia scrittura, non toccavo direttamente il dolore, non lo fronteggiavo come avrei voluto fare e come avrei fatto, se avessi avuto la certezza di essere l’unica a leggere ciò che scrivevo, avevo trovato un modo di nascondermi tra parole e simboli mentre cercavo di maneggiare con cura il buio.
Partii per Roma, m’imbarcai su una nave che partiva da Palermo e dato che in navigazione internet non funziona, mi sentii libera di scrivere e quella notte in nave iniziai un racconto autobiografico che conclusi, qualche giorno dopo, durante la navigazione Civitavecchia - Barcellona.
Avevo da poco letto La scomparsa di George Perec. Il libro è scritto interamente senza mai, dico mai, utilizzare la lettera e; un gioco letterario in cui cela la più grande sparizione del suo libro. Sentivo che qualcosa di me stava scomparendo, mi trovavo a Roma anche perché dovevo ritirare dalla segreteria universitaria i documenti che mi sarebbero serviti, qualora avessi richiesto la convalida dei titoli in Spagna. Avevo detto a tutti che mi trasferivo lì per svolgere la mia professione, ma non lo sentivo vero. Non volevo più fare la psicologa, ero in totale burn out e capivo che non sarei stata in grado di svolgere la mia professione adeguatamente.
Intitolai il mio racconto La scomparsa e per undici capitoli, partendo dall’ultima sera trascorsa a Gela, presi a pretesto ciò che realmente mi accadde durante quei giorni e intrapresi un viaggio nei luoghi della mia memoria, della memoria delle persone che incontravo e di quelle che ritrovavo. Qualcosa di me stava veramente scomparendo ed io volevo fare come le farfalle, quando dopo essersi scrollate di dosso la carcassa del bruco, si allontano e camminando piano piano sulle zampe, si fermano e aspettano pazienti che il vento asciughi le loro ali.
A San Lorenzo, il quartiere dove si trova la Facoltà di Psicologia e la sua segreteria, camminando per via degli Apuli corre lungo un muro dove su uno sfondo color salmone, scorrono le sagome bianche delle donne uccise da uomini che dicevano di amarle. In ogni sagoma bianca c’è scritto il nome della donna, la data del giorno in cui è stata uccisa e chi l’ha uccisa: marito, ex-marito, padre, compagno, ex-compagno, fidanzato, fratello, amico, figlio e dopo, si ripetono uguali, per lo più ex qualcosa.
Il giorno che andai a ritirare i documenti passai davanti a quel muro vedendolo per la prima volta. In uno dei capitoli del mio racconto scrivo:
La segreteria era ancora chiusa ma decisi di aspettare fuori in modo da essere la prima. Dopo poco venne ad aspettare anche un ragazzo e condividemmo, come spesso accade nel mio Paese durante una fila ad un luogo pubblico, la nostra comune insoddisfazione per il modo di lavorare del luogo pubblico in questione, in quel caso la segreteria universitaria, da qui passammo alla critica dell’Università intera fino ad arrivare non so come, a parlare del caso Weinstein. Raccontai di aver letto proprio quella mattina che altre attrici si erano aggiunte alle denunce per molestie sessuali contro il regista, aggiunsi il mio rammarico sul fatto che alcune amiche, donne quindi, condividessero il pensiero di molti, riguardo all’opportunità che queste attrici avessero avuto di fare carriera in questo modo e riflettevo su quanto invece, sia spesso difficile per le vittime denunciare una violenza subita. A quel punto il ragazzo mi rispose:
«Come dice una tua conterranea (si riferisce a Carmen Consoli e cita la frase di una delle sue canzoni più famose) “Se è vero che ad ogni rinuncia corrisponde una contropartita considerevole, privarsi dell’anima comporterebbe una lauta ricompensa”, e io la penso come lei, magari adesso si sono pentite di averlo fatto e cavalcano l’onda della giustizia, ma sul momento hanno approfittato dell’opportunità».
A quel punto non parlai più, sembra che sia proprio atavico il pregiudizio che una donna che subisce violenza, in qualche modo ne sia responsabile.
Rileggendolo oggi aggiungerei che radicato è anche il pregiudizio che una donna che subisce violenza possa non averne sofferto così tanto, che sia anzi probabile che dall’esperienza qualcosa abbia persino guadagnato. Un pensiero brutale ma condiviso da molti, da così tanti che sembra quasi comprensibile che un produttore violenti le attrici con cui lavora mentre ci lavora, come brutalmente normale -tanto da essere legge- era considerato durante il secolo scorso, il matrimonio riparatore.
Rileggendo oggi quello che scrissi allora, mi fa ancora orrore ma non mi sorprende più se un ragazzo di vent’anni, un giovane studente di Psicologia, che si reca ogni giorno in Facoltà per seguire le sue lezioni, passando accanto a quel muro resta indifferente mentre gli scorre a fianco la sfilata della violenza. Non mi sorprende nemmeno quando ascolto notizie di cronaca su personaggi famosi, o come sempre più spesso accade su figli di uomini famosi, accusati di violenza sessuale nei confronti di donne e adolescenti. Adesso so che la fama talvolta può essere una maschera di carnevale, indossata la quale tutto è lecito. Non mi sorprende più ma continua a farmi orrore.
I Canti Malinconici e La scomparsa sono stati scritti per me, non per essere pubblicati o letti da chiunque. I Canti li ha letti soltanto un amico, che a sua volta mi ha permesso di leggere il suo romanzo mai pubblicato. L’unica persona che ha letto La scomparsa è Giò, a cui è dedicato un intero capitolo. Lei è l’unica persona che ha letto tutti i miei racconti, anche quelli più intimi. Mi piacevano sia le sue critiche che i suoi apprezzamenti, anche quando le sue riflessioni su ciò che esprimevo, o su come lo esprimevo, mi disturbavano un po’ mi spingevano ad andare oltre, ad esprimermi ancora e meglio di prima, ma soprattutto mi fidavo di lei e di come avrebbe usato il suo sguardo sulla mia intimità.
Non ci vedevamo da anni, ci rincontrammo a San Lorenzo lo stesso giorno che ritirai i documenti in segreteria, all’ora di pranzo avevamo appuntamento davanti l'entrata dell'Università. Lei fu la prima a cui confessai l’identità del personaggio famoso e dato che già lo seguiva su Instagram si accorse, nei mesi seguenti, delle risonanze tra quello che scrivevo io e ciò che lui pubblicava sul social.
Così scrivevo del nostro incontro e di quando le raccontai quello che mi stava accadendo
...Dell’amicizia però, il senso più nobile è la fiducia. Ecco perché è una forma d’amore. L’amico vero ti conosce, è quello che quando tutto il modo ti dà del matto, sa che sta accadendo qualcosa di grosso, che magari non capisce ma non dubita mai, nemmeno per un secondo, che tu sia impazzito.
...Giò sapeva e non dubitava della mia salute mentale, anche se capii che era in apprensione per la mia salute psichica. Con lei non fu difficile raccontare della storia virtuale, non fu difficile neanche confessarle quando la storia d’amore nel web aveva iniziato a tingersi di giallo e a diventare una storia di spionaggio, delazioni e delatori. Per la prima volta, riuscii ad esprimere il senso d’impotenza in cui mi aveva gettato l’essere vittima di un hacker che era in grado di fare qualsiasi cosa con il mio smartphone e con il mio iPad. Ascoltarmi, osservarmi, leggere i miei contenuti, i miei messaggi, i documenti, qualsiasi cosa, come se i miei supporti tecnologici fossero i suoi. Avere accesso completo a ogni sfera della mia privacy. Riuscii finalmente ad esprimere come il non avere i mezzi per poter porre fine a questo abuso, mi facesse sentire debole e sfiduciata, completamente impotente.
E poco dopo
“Cosa ti piaceva di lui?” Giò ha chiesto a un certo punto.
Cosa mi piaceva. Mi piaceva quello che diceva, come lo diceva. Mi piacevano le cose a cui dava importanza. Mi piaceva la sua azione sociale, condividevo quello contro cui lottava…
…Non ho l’animo della fan per i personaggi pubblici. Anche gli Stati con ancora i regni monarchici mi fanno uno strano effetto, così assurdo, quasi surreale.
..Dico questo per dire, che penso si possa apprezzare l’opera di qualcuno, di un personaggio pubblico noto, come non so uno scrittore, un artista o un politico per esempio, senza per questo innamorarsi o desiderare di avere una relazione più intima con lui o con lei. Il sentimento del fan penso, include questa speranza, come include una quasi morbosa curiosità per i dettagli della vita personale e privata di questo personaggio noto. Io non sento questo desidero per nessuno dei personaggi che ammiro, e non lo sentivo neanche nei suoi confronti, mi piaceva e lo ammiravo, e stimavo la sua capacità di vivere in una situazione particolarmente difficile come era quella in cui viveva lui.
(..ho iniziato)A sentire oltre le sue parole, a sentirmi chiamata dalle sue parole e a sentire una profonda empatia per lui. Ho iniziato a vedere quello che non mostrava, quello che tra parole, punteggiatura ed immagini restava un silenziosissimo urlo.
La corsa in auto con mia sorella finì in un locale di San Lorenzo, quello dove pranzai con i miei amici e la mia famiglia per festeggiare il giorno che discussi la tesi. Quella sera incontrai due compagne di studio che avevo perso di vista quando mi trasferii in Sicilia. C’eravamo tutte e tre laureate con una tesi in psicofisiologia con il prof. Vezio Ruggieri. Era stato il nostro maestro. Molto di quello applico nel mio lavoro me lo ha insegnato lui; ancora oggi utilizzo molti dei principi del Modello Psicofisiologico Integrato da lui creato per i miei interventi. In uno dei capitoli del mio racconto parlo dell’importanza che il prof. Ruggieri ha avuto nella mia formazione di psicologa, racconto dei seminari di teatroterapia e di musicoterapia che seguii con lui per tre anni, della mia partecipazione al montaggio e alle riprese del film che stava realizzando sulla filosofa Ipazia, di come le sue lezioni e il suo modo di osservare abbiano profondamente influenzato la mia maniera di intendere la psicologia e l’essere umano.
La scomparsa è un testo nel quale riannodo le fila di un lungo percorso di vita in un momento di totale frammentazione. Sto lasciando il mio Paese, ho quarant’anni e guardo indietro vedendo gli anni della mia gioventù, passo al setaccio i progetti che avevo e i sogni che mi spingevano a realizzarli per capire cosa ne è rimasto. Recupero pezzi di me recuperando amicizie lontane nel tempo, riscopro cosa hanno significato per custodire con più cura quello che mi hanno trasmesso. Rivedo i momenti in cui le mie scelte hanno deviato un corso che poteva andare altrimenti, riconosco i passi che mi hanno portato a diventare quello che mi scopro essere diventata.
Se oggi pubblico parti di questi scritti personali non è soltanto perché mi aiutano a ricordare, a raccontare e a trovare un senso, ma perché come ho detto all’inizio di questo blog, tutto ciò che pubblicherò qui, è tutto ciò che lo stalker ha visto spiandomi, ha preso e ha utilizzato per le sue pubblicazioni. Almeno quelle di cui mi sono accorta. Se ce ne siano di più di quelle che riporto non lo so, e confesso che sono anche contenta di non saperlo. Nel 2020 lo stalker ha pubblicato un saggio molto più corposo dei mie 11 capitoli, in cui scrive a se stesso ripercorrendo i luoghi e i personaggi, attraverso i loro libri, che sono stati utili alla sua formazione. Tra questi la filosofa Ipazia che, in un video di presentazione del suo libro arrivatomi in notifica sul mio smartphone, dice di amare letteralmente non soltanto metaforicamente. Non ho letto il libro, quello che so è quello che mi ha sbattuto in faccia con le sue notifiche e con i suoi post fino a quando l'ho seguito. Quello che ho visto è bastato a farmi riconoscere ciò che era mio, ciò che apparteneva alla mia vita.
In un certo senso la psicologa che ero nel tempo in cui scrivevo La scomparsa non c’è più, ce ne una diversa, una che conosciuto il trauma e lo stress traumatico non solo come professionista, come studiosa e per interposta persona, ma anche come vittima. O come sto cercando di fare, come protagonista. Alla maniera di Yayoi Kusama provo a riappropriarmi delle mie paure, dei miei dolori, delle mie ferite, le mostro e me ne libero, lasciandole qui libere di vagare nella rete.
Roma 26 febbraio 2023 h: 5.25pm – 27 febbraio 2023 h:5.05pm
#LOVEINTblog#stalking online#Yayoi Kusama#abuso#potere#resistenza#hacker#amicizia#maschere#trauma#solidarietà#libertà#sorveglianza#socialmedia#verità#speranza#empatia#loveintblog#privacy#azione
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Questioni di architettura
S.Maria della Consolazione (Bramante)
Mi è successo di incontrare un’architettura. Da molto tempo non mi capitava; ha risvegliato in me ricordi vivissimi, ma soprattutto ha suscitato un pensiero che ritengo utile esternare, perché frutto dei tempi mutati rispetto a quelli della prima esperienza del genere (avevo esattamente 18 anni e mi trovavo sotto la volta in moto del S. Carlino alle Quattro Fontane, a Roma). Si tratta del tempio costruito a Todi dal grande Bramante: la dimensione, la cura dei particolari, l’audacia del progetto, il rigore nell’esecuzione di un’idea precisa, il successo nell’averla realizzata esattamente nelle forme in cui l’aveva concepita erano evidenti: dentro si svolgeva una cerimonia antica e sentita: la gente che assisteva al matrimonio era vestita a festa, gli oratori (erano tre) la officiavano con convinzione. Mi sono illuso di star vivendo altri tempi, quelli in cui città non designava un’entità caotica fortemente disomogenea, ma era frutto di una civiltà cosciente della propria cultura visiva e della propria missione, in cui tutti erano chiamati a contribuire alla sua costruzione. I tempi in cui fra le varie comunità della penisola si svolgeva un po’ dovunque una gara a produrre le opere migliori: in Italia e non solo nella Toscana di Firenze, Pisa e Siena la rivalità è stata per secoli altamente feconda.
Todi, Piazza del popolo
Ma veniamo a noi. Subito dopo la guerra sono stato testimone della svendita ai geometri, ad opera del regime democristiano, del suo incomparabile patrimonio paesistico, quello che aveva retto addirittura sotto quello totalitario precedente. Vado veloce, non sto qui a discutere le circostanze storiche per cui questo è avvenuto, so solo che i sogni del Movimento Moderno si sono infranti in pochi anni e le “Città nuove” inglesi sono state l’ultima illusione a disposizione dei giovani architetti dell’epoca aspiranti urbanisti. Ma ho avuto anche l’avventura di assistere a un fenomeno ancora più grave innestatosi sul precedente: il turismo di massa. La sana curiosità verso altre culture, con buona pace degli ultimi pionieri attivi in un’arte di matrice soprattutto anglosassone (i vari Fulton, Tremlet e Long), ha mostrato chiaramente i suoi limiti. L’attrazione verso l’ignoto, di romantica memoria, rinfocolata dai vari Conrad e Verne alla ricerca di Passaggi a Nord Ovest, a mio avviso è stata ridicolizzata dalla foga all’evasione purchessia e ha riempito di masse becere col naso in aria dietro imbonitori culturali tutti i luoghi più famosi. La politica, cieca anche sul piano che più le compete, quello dell’economia, è stata costretta all’ultimo minuto a salvare almeno i centri storici, ma i buoi erano ormai scappati. Il turismo di massa la fa da padrone dovunque e comunque, il degrado conseguente è stato velocissimo, inarrestabile. Le prime città a cadere sotto i colpi della “pazza folla” naturalmente sono state le più famose (in Italia prima che altrove; basta pensare a cosa sono diventate Venezia, Firenze, Roma, Palermo ecc), ma a ruota sono seguite un po’ tutte. Per quanto riguarda il patrimonio culturale e paesistico, l’erosione è cominciata dalle coste per penetrare inesorabilmente all’interno, travolgendo un po’ tutto. Il disastro è sotto gli occhi di chiunque non abbia subìto una trasformazione antropologica, è incontestabile.
Capela do Monte di Alvaro Siza (foto di João Morgado)
Ma finiamola con queste lamentele da vecchio nostalgico e occupiamoci, se possibile ancora una volta, di architettura partendo dal monumento citato. Ero reduce da un viaggio di lavoro nel nord del Portogallo (a Cerveira, ai confini con la Spagna) e sotto l’impressione positiva di trovarmi in un paese in cui si poteva ancora parlare di quel mestiere perché praticato un po’ dovunque, con correttezza oltre che in qualche punto con autentica passione. Accenno almeno all’impressione positiva che ho avuto da spostamenti in macchina, ma anche a piedi, nel tessuto urbano di alcuni piccoli centri e di una grande città: assenza o per lo meno misura nell’uso dei cartelli pubblicitari, quasi nessun abuso visivo vistoso, pochissimi gli stupri graffitari, cura dei particolari urbani, che so per esempio nei box di attesa degli autobus, nella cantieristica stradale mai caotica o ingombrante, nella distribuzione dei cassonetti della spazzatura, nella mancanza di sporcizia per le strade (non ho visto cicche di sigarette o quanto meno cartacce in giro, ecc).
La giostra di Cerveira, tutta di legno e azionata a pedali (Foto M. Teles)
La visita al grande Museo di Porto (il Serralves), con la sezione dedicata all’opera di Alvaro Siza, ha aperto le mie speranze: allora è ancora possibile, allora non tutto è perduto, l’architettura non è morta. Il flusso turistico cantabrico dal ponte che unisce Cerveira con la Spagna invade questo piccolo centro rimasto intatto, con la sua fiera affollatissima in cui puoi trovare ancora una giostra per bambini costruita tutta in legno e mossa dalle robuste gambe d’un volonteroso pedalatore, ma senza sconvolgerlo, senza stuprarlo, come invece è avvenuto da noi dovunque.
L’amarezza per il confronto sfavorevole col mio paese ha fatto posto a una constatazione evidente: l’esempio di due grandi architetti che vivono e operano un po’ in tutto il territorio nazionale (oltre a quello nominato anche Eduardo Souto de Moura) evidentemente ha dato i suoi frutti, almeno in quella parte in cui ho fatto la mia esperienza recente (circa vent’anni fa ero stato a Lisbona e avevo avuto la medesima impressione). Evidentemente la politica post rivoluzionaria in quel paese è stata lungimirante, perché ha investito positivamente risorse nel bene comune: il territorio. Ho tirato un sospiro di sollievo, ma torniamo a Todi.
Un salto nel passato reso significativo dalla precedente esperienza: la città, al contrario di quelle più famose della stessa regione, è ancora intatta dal turismo di massa, è ancora “paese”, e il tempio del Bramante non è isolato dal contesto territoriale. Ho pensato a Città di Castello, feudo del grande Burri, a Montepulciano, dove un altro esempio purissimo rende evidente che l’utopia del Rinascimento non era un fenomeno isolato. Il Cupolone brunelleschiano, l’audacia del quale supera tutti gli esempi, può essere pure invaso oggi dai giapponesi, ma tutto non è perduto: c’è un’altra Italia che resiste alle ultime invasioni barbariche. Naturalmente la mia esperienza, comunque di lavoro, non è completa, ma facendo tesoro di escursioni avvenute in tempi precedenti in altri luoghi del Centro toscano, umbro, marchigiano e laziale, ha rinfocolato le mie speranze.
La parola resistenza non è astratta e deriva, forse un po’ utopisticamente, anche da un’esperienza altamente positiva fatta a contatto con chi come me crede alla possibilità di salvare qualcosa. Si tratta dell’opera intelligente del figlio d’un famoso artista dell’arte povera che, scegliendo di vivere il territorio scelto dal padre in tempi più felici, continua l’opera del genitore sfruttando la ricchezza agricola e culturale del territorio. Si tratta solo di un esempio, ma non isolato: una certa tendenza al “ritorno” si constata un po’ dovunque, soprattutto nelle zone interne, ma quello di Matteo Boetti è particolarmente significativo (sposa l’attività di gallerista poeta con quella di agricoltore a tempo pieno). Per inciso, in contraddizione con la sua denuncia dell’abbandono dell’Appennino Centro Meridionale (evidente in opere come Nevica, ne ho le prove, ma soprattutto Terracarne) anche l'opera letteraria di Franco Arminio fa sperare che quel triste fenomeno non sia irreversibile. In conclusione: voglio essere ottimista.
Ma è possibile una conclusione per un argomento così vasto, un tema che per essere affrontato adeguatamente avrebbe bisogno di uno spazio ben più vasto di quanto è consentito in un foglio di rivista on line come questo? Sarò sintetico al massimo, sperando che la malignità, merce corrente fra gli intellettuali, lasci da parte i suoi soliti trucchetti e che una certa benevolenza per l’insufficenza necessaria al foglio dia una mano a comprendere la sintesi.
Padiglione del Portogallo all'Expo del 1998 (Lisbona, Alvaro Siza)
L’architettura non è solo il prodotto di archistar più o meno valide (che so, Siza piuttosto che Ghery, Souto de Moura piuttosto che Pergolesi), ma lo è anche. Certi mastodontici studi professionali (quello di Piano ne è un esempio) sono composti da gente con le palle, perfettamente cosciente che, per esempio, l’immensa copertura del padiglione portoghese dell’expo ’98 di Lisbona, realizzato dal primo dei nominati in un paese fortemente a rischio terremoto, sono frutto, più che della fantasia del capo (pochi privilegiati si sono conquistati il diritto allo schizzo geniale), del lavoro di una troupe di ingegneri che ha fatto la sua parte per mesi, forse per anni: la parola sinergia non è astratta.
La funzione dell’archistar non è solo quella di produrre edifici o manufatti edili, ma nella società in cui opera di dare l’esempio di rigore costruttivo. Solo così produrrà i suoi frutti capillari, nel senso che facciano da guida per altri.
L’archistar non può niente senza un tessuto politico che accolga favorevolmente il suo pensiero, il pensiero del gruppo che dirige e quello che ho cercato di riassumere nella parola “città”: il tempio bramantesco non è nulla senza il palazzo del popolo, senza una piazza in cui inserirsi, senza il tessuto occupato dai vari Matteo, magari venuti d’oltralpe.
L’architettura è prima di tutto l’arte della disposizione degli spazi occupati dalle varie funzioni: il mestiere più difficile e più importante, perché cura la vita nei suoi aspetti essenziali, mangiare, dormire al coperto; in una parola proteggere la stanzialità. Oggi (lo dico con cognizione di causa e con l’amarezza di aver perduto per sempre una bottega) c’è molto più bisogno di architetti interessati alla vita quotidiana della gente comune che di archistar di grandi strutture.
Ma soprattutto poi l’architettura è cura del particolare. Una progettazione, nel senso più vasto del termine, che coinvolga chi la abita quotidianamente, che so, nella scelta (operata da Paola, Isetta o chi per lei) della pianta grassa sul tavolo da pranzo, nell’accettazione, anzi nella selezione cosciente della ruggine della seggiola da giardino che mi trovo sotto il culo, nel rispetto dell’enorme gelso che minaccia con le sue radici addirittura la casa, nel caos ordinato di un gusto che rispetta l’antico come il tappeto nuovo, magari venuto dall’Afganistan, nel gradino memoria.
Infatti l’architettura è sostanzialmente memoria e mi vengono in mente le parole di un mio maestro di sessant’anni fa (Ludovico Quaroni): la città non può vivere senza.
FDL
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Alcuni momenti della lezione condotta da Andre Straja, Founder and Creative Director GaS Studio, presso la sede dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori di Roma e provincia, sul tema: Sostenibilità Energetica: trasformare gli edifici attraverso la riqualificazione.
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🔎 Decreto Salva Casa: giudizio positivo con riserva
👉Le osservazioni del Presidente dell'Ordine degli Architetti PPC di Roma e Provincia sul D.L. n. 69/2024 tra punti critici e nuove proposte
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CHIESE DEL TERRITORIO DEDICATE ALLA MADONNA DEL CARMINE
La Chiesa parrocchiale di Santa Maria del Carmine e San Giuseppe al Casaletto è una chiesa di Roma, nel quartiere Gianicolense, in via del Casaletto, 691. In realtà, sono ben tre le Chiese del quartiere dedicate a Santa Maria del Carmine e San Giuseppe. La primitiva chiesa fu edificata intorno al 1772 dal sacerdote Giuseppe Aluffi (poi divenuto vescovo), ed eretta a parrocchia da Pio VI con il breve "Divina virtutum" dell'11 maggio 1781. Essa fu denominata “la parrocchietta” per le sue dimensioni, ma non certo per la vastità del territorio, che si estendeva su una superficie dal diametro di 32 chilometri. La seconda Chiesa venne edificata, su progetto di Nicola Carnevari, nel 1853, a poche decine di metri dalla precedente, con le spese sostenute dallo stesso papa Pio IX, e fu consacrata il 26 maggio 1854.
Nel luglio 1933, ai padri Silvestrini, che avevano retto la parrocchia nei decenni precedenti, subentrarono i Cappuccini bolognesi-romagnoli, i quali lasciarono la parrocchia nel 1994. Tali religiosi iniziarono subito i lavori per la costruzione di una nuova e più grande Chiesa, capace di ospitare un migliaio di persone, e di un convento per la loro comunità. I lavori furono affidati agli architetti Tullio Rossi e Francesco Fornari e terminarono nel 1934 con la consacrazione e l'apertura al pubblico della nuova Chiesa. Il precedente edificio sacro è ancora utilizzato dalla parrocchia attuale come teatro con il nome di "sala Santa Chiara".
Per saperne di più: https://edicoladelcarmine.suasa.it/Roma2.html
Per aggiungere informazioni: [email protected]
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Roma. Inaugurata la messa a dimora di 80 alberature a Villa Pamphilj col progetto di forestazione di FAO
Roma. Inaugurata la messa a dimora di 80 alberature a Villa Pamphilj nell'ambito del progetto di forestazione di FAO a Roma Capitale "biblioteca mondiale degli alberi e dei fiori". È stata inaugurata a Villa Pamphilj la messa a dimora di 80 nuove alberature presso il Parco FAO 'Biblioteca Mondiale degli Alberi e dei Fiori'. Erano presenti il Sindaco di Roma Roberto Gualtieri, l'Assessora all'Agricoltura, Ambiente e Ciclo dei rifiuti di Roma Capitale Sabrina Alfonsi, e il Direttore Generale della FAO Qu Dongyu. Hanno partecipato gli studenti di scuole elementari, medie e superiori della zona. I nuovi alberi si aggiungono alle 100 piante già messe a dimora nell'ambito del progetto di forestazione proposto dalla FAO a Roma Capitale con il quale è stata realizzata la Biblioteca Mondiale degli Alberi e dei Fiori. Il progetto è stato realizzato in un'area di circa 2,5, ettari adiacente al Giardino dei Giusti individuata con i referenti per Sovrintendenza Capitolina, Soprintendenza di Stato e Uffici Ville Storiche di Roma Capitale all'interno di Villa Pamphilj, dove le diverse specie botaniche di alberi, arbusti e fiori per favorire la biodiversità sono state collocate in sette cerchi, in rappresentazione delle aree geografiche del pianeta sulle quali FAO è impegnata: Africa, Asia, Europa, Vicino Oriente, America Latina e Caraibi, America del Nord, Pacifico. Il progetto è stato curato da architetti paesaggisti dello studio OSA, in collaborazione con l'equipe del Festival del Verde e del Paesaggio, che lo hanno donato a Roma Capitale. Le piante sono state individuate dai progettisti in sinergia con gli uffici Alberature e Ville Storiche del Dipartimento capitolino Tutela Ambientale e il Dipartimento Forestry della FAO e donate da Assofloro Coldiretti. Il Dipartimento capitolino Tutela Ambientale ha effettuato la messa a dimora delle piante e si occuperà della loro manutenzione e cura. Il progetto ha una forte vocazione educativa e didattica, evidenziando la fondamentale funzione delle piante e il loro positivo impatto sulla salute collettiva ed è stato concepito anche per rappresentare simbolicamente la vicinanza e l'impegno comune per il bene del Pianeta tra tutti i paesi del mondo. Tutte le piante hanno un QR Code che rimanda al portale FAO https://www.fao.org/fao-italy/projects/park con la spiegazione del progetto ed è stata predisposta una APP per cellulare che guida le persone all'interno dell'arboreto. FAO ha, inoltre, donato delle panchine modulari posizionate all'interno delle varie aree del progetto. "Grazie alla Fao abbiamo realizzato una Biblioteca mondiale degli alberi dei fiori e della biodiversità. Già ci sono circa 160 alberi di 7 aree del mondo, tutte varietà arboree che possono essere conosciute e studiate anche attraverso l'ausilio di QRcode ad hoc. La meravigliosa cornice di questo spicchio di Villa Pamphilj è il luogo ideale per questo tipo di iniziativa. Ringrazio la Fao, il Ministero degli Esteri e Coldiretti, che sono partner fondamentali per perseguire il nostro programma di riforestazione urbana, come in questo luogo unico e speciale, che speriamo possa diventare una meta per tutti, non solo per godersi la Villa ma per conoscere, riconoscere e apprezzare i nostri alberi." ha commentato il Sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. "Con i nuovi 80 alberi nutriamo questo bellissimo progetto che si inserisce nelle azioni dell'amministrazione per favorire la biodiversità e contribuire alle misure che Roma ha adottato nel Piano di adattamento climatico. La Biblioteca Mondiale degli Alberi ha anche una forte valenza didattica e vuole parlare soprattutto alle giovani generazioni di sostenibilità e dell'urgenza di un impegno collettivo a livello globale per la tutela degli ecosistemi, partendo da quelli urbani". ha dichiarato l'Assessora Sabrina Alfonsi.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Giovanni Battista Passeri in Vite de' Pittori, Scultori ed Architetti che anno lavorato in Roma, morti dal 1641 fino al 1673 citato in AA VV., Borromini e l'universo barocco vol. II.
#dicono di Francesco#Francesco Borromini#Borromini#Carlo Maderno#teacher's pet#niente merenda siamo ticinesi#il clan dei ticinesi#michelangelo#baroque architecture
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Studio Mornata - Architetti Cesano Maderno
Address: Corso Roma 25 Cesano Maderno (MB), Lombardia 20811
Phone: + 39 347 21 02253
Email: [email protected]
Website: https://www.architettistudiomornata.it
Lo Studio Mornata, situato nel Centro di Cesano Maderno, con esperienza trentennale nel settore della progettazione, è un rinomato studio di architettura specializzato nel settore dell'edilizia residenziale. Questo studio si distingue per la sua profonda esperienza e per l'impegno costante nella creazione e nel miglioramento degli spazi abitativi. Che si tratti di nuove costruzioni, di ristrutturazioni e riqualificazione di edifici preesistenti, lo Studio Mornata pone sempre al centro la qualità degli spazi, mirando a soddisfare le esigenze e i desideri delle persone che li abiteranno. Un aspetto fondamentale del loro lavoro è la cura nella distribuzione degli ambienti quotidiani, nonché nella progettazione edilizia e realizzazione di interior design che privilegiano il comfort e il benessere degli occupanti. Lo studio offre una vasta gamma di servizi, che includono la progettazione di nuove costruzioni, la consulenza e la messa in atto delle detrazioni fiscali, la gestione di pratiche catastali, l'accesso a incentivi come l'Ecobonus e la manutenzione di condomini, con una visione sulla sostenibilità ambientale con progetti Green approvati dalla direttiva parlamentare Europea. La filosofia dello Studio Mornata è "L'architettura è un sogno Un sogno che trova forma e concretezza nella realizzazione di edifici e ambienti in cui ogni dettaglio non è lasciato al caso, dai percorsi alla luce, dai materiali agli arredi. Attraverso un approccio olistico e personalizzato, lo Studio Mornata si impegna a trasformare ogni progetto in un ambiente unico e su misura, che rifletta le aspettative e le aspirazioni dei suoi clienti. La loro esperienza pluriennale nel campo dell'architettura residenziale li rende un partner affidabile per chi cerca soluzioni innovative, green e di alta qualità per la propria casa.
Keywords: architetti Cesano Maderno, studio di architettura Cesano Maderno, progettazione edilizia Cesano Maderno, Bonus edilizi Cesano Maderno, riqualificazione energetica Cesano Maderno
Hour: Monday - Friday 09:00 am - 12:30pm - 14:30 pm - 18:00 pm, Saturday - Sunday Closed
Year of Est.: 30 Luglio 1990
No. Of Employees: 4
Payment: Bonifico, Assegno
Social Media Links:
https://www.linkedin.com/company/studio-mornata/
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Urbanistica, attivita' produttive e cultura: nominata responsabile l'architetta Monica Salvatelli Nominata la nuova responsabile dei settori urbanistica, attività produttive e cultura del Comune a Magione. L’architetta Monica Salvatorelli dopo il p...
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Bibliotheca Hertziana - Istituto Max Planck per la storia dell'arte, Juan Navarro Baldeweg- Enrico Da Gai, 2003 - 2012
Dal sito Open House Roma: "La Bibliotheca Hertziana riassume tutte le caratteristiche proprie alle più alte realizzazioni. Una magnifica architettura contemporanea che restituisce una lettura sofisticata delle preesistenze storico-artistiche. Audaci soluzioni strutturali e un'ingegneria elaborata appositamente per la salvaguardia dei resti della villa di Lucio Licinio Lucullo, rinvenuti nel corso degli scavi, hanno richiesto una cantierizzazione modello studiata per il centro storico di Roma. Un progetto complesso reso possibile grazie a un'esemplare collaborazione tra committenza e studi professionali europei. L'ingresso scenografico su Via Gregoriana è dominato dal "Mascherone", portale antropomorfo che un tempo consentiva l'accesso al giardino dell'adiacente Palazzo Zuccari."
Grazie mille, come ogni anno, al grande impegno di @openhouse.roma
#ohr23 #openhouseroma #bibliothecahertziana #istitutomaxplanck #baldeweg #JuanNavarroBaldeweg #enricodagai #dagaiarchitetti #palazzozuccari #roma #archiporn #architecture #architects #urban #quiriters #igerslazio #yallersroma #volgoroma #archidaily #architettura #architetti #architexture #architecturelovers #urbanlovers #archilovers #designlovers #fiafers #fiaferslazio
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ITSLIQUID Group , piattaforma di comunicazione per l'arte contemporanea, l'architettura e il design, è orgogliosa di presentare ITSLIQUID International Contest - 16a edizione . Il concorso è una grande opportunità per globalizzare il linguaggio dell'arte, connettere artisti che lavorano in tutto il mondo, per esporre opere d'arte nelle città più influenti. Partecipa al Contest ITSLIQUID e vinci la partecipazione a mostre d'arte contemporanea in tutto il mondo , l'opportunità di esporre le tue opere a Venezia durante la Biennale, a Roma e a Londra, interviste e articoli di approfondimento condivisi con un pubblico di oltre 250.000 iscritti. ITSLIQUID Contest è sviluppato in collaborazione con una giuria professionale composta da rinomati curatori, galleristi, architetti, stilisti, esperti di alto livello e importanti professionisti del mondo dell'Arte, dell'Architettura, del Design e della Moda. Il Concorso ITSLIQUID è composto da dieci categorie: pittura, fotografia, video arte, scultura e installazione, arte performativa, architettura, product design, fashion design, computer grafica, illustrazione e disegno . La scadenza per la registrazione è il 21 aprile 2024. REGISTRATI ORA ! I vincitori saranno annunciati il 10 maggio 2024. //www.itsliquid.com/contest/wp-content/uploads/2023/11/banner_home_awards.jpg PREMI //www.itsliquid.com/contest/wp-content/uploads/2023/11/awards-home-small.jpg Artisti, architetti, designer e stilisti hanno la possibilità di vincere 100.000,00 euro in premi:
Il vincitore del primo premio verrà premiato con un anno di mostre d'arte contemporanea a Venezia (durante la Biennale di Venezia), a Roma e Londra durante il programma ITSLIQUID Exhibitions 2024
5 partecipanti saranno premiati con una mostra a Venezia
5 partecipanti saranno premiati premiati con una Mostra a Roma
5 partecipanti premiati con una Mostra a Londra
10 articoli in evidenza sulla Piattaforma ITSLIQUID Per maggiori informazioni sugli eventi ITSLIQUID clicca qui
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75 anni fa, il 5 febbraio 1949, il Rapporto Hoffman proietta l'Italia al centro delle critiche degli Stati Uniti sull'utilizzo dei fondi del Piano Marshall. Contestato il "Piano Fanfani", finalizzato alla costruzione di case popolari, gli USA preferivano un aumento del potere d'acquisto per promuovere prodotti industriali americani. Il Piano Marshall, annunciato nel 1947, destinava oltre 12,7 miliardi di dollari per la ripresa postbellica europea, spinse l'Italia a implementare il "Piano Fanfani" (INA-Casa). Nonostante le iniziali critiche, l'iniziativa portò a quartieri autosufficienti, offrendo a architetti e ingegneri l'opportunità di plasmare le città. Nel 2021, l'associazione Quinta Dimensione APS ha lanciato lo studio sulla sezione dell'Archivio Riccardi dedicata a Roma: la città millenaria, con la sua storia e monumenti, è passata dall'essere "museo a cielo aperto", simbolo di imponenza e immortalità internazionale, a "cantiere a cielo aperto". Il progetto a cura di Maurizio Riccardi e Giovanni Currado racconta la storia visiva di Roma negli anni del dopoguerra e affrontando il contrasto tra la grandezza e le difficoltà delle realtà marginali, con le foto di Carlo Riccardi viene documentato il periodo postbellico e il boom economico, catturando la lotta e le speranze di una nazione che si rialza. La recente crisi sanitaria causata dal virus Covid19, ha evidenziato la fragilità del tessuto economico e sociale, ribadendo l'importanza di preservare la "normalità", ma anche spingendo le istituzioni europee a intraprendere un nuovo "Piano Marshall": il PNRR, "Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza" che, come il suo predecessore, non è esente da critiche e polemiche. La mostra realizzata con le foto dell'Archivio Riccardi vuole essere un'opportunità di dibattito e riflessione: un richiamo per le nuove generazioni a non dimenticare le difficoltà come fondamenta del benessere odierno. Per informazioni su come e dove vederla o come poterla allestire nel corso di un evento clicca qui. https://youtu.be/t6I1vqrLm7A?si=PiWpWsYXo2yjlvGI
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