#annozero
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A seguito dell'alluvione romagnola, da quelle acque torbide e fangose sembra stiano uscendo fuori centinaia di coccodrilli politici e milioni di coccodrilli elettori, tutti pronti a fustigarsi per aver trascurato il problema dei cambiamenti climatici. Scene gia' viste tante volte. In pandemia gli angeli da sorreggere erano medici e infermieri. Ad ogni terremoto gli angeli erano i volontari, viglili del fuoco e protezione civile. Diversi anni fa gli angeli erano i magistrati, quelli che ripulivano questo Paese puzzolente dai politici ladri. Basta vedere che Paese siamo oggi. I magistrati sono messi alla gogna dalla maggioranza della politica e del Paese, la ricostruzione post-terremoto e' ferma al 10% e praticamente non frega niente a nessuno, la sanita' pubblica e' violentata ogni giorno e quelli che predicano l'economia circolare, una decrescita felice e lo stop a tutte le energie non rinnovabili, vengono presi a pedate da tre quarti di nazione. Prova lampante e' la rivolta contro quei sindaci che stanno vietando nelle citta' le auto piu' inquinanti o il plauso elettorale per opere inutili come TAV e ponte sullo Stretto di Messina o il plebiscito (70%) di Imperiesi che ha rieletto quello a cui avevano regalato una casa al Colosseo a sua insaputa. Noi italiani siamo ancora un coacervo di rivendicazioni personali, di personaggi alla Alberto Sordi e non sappiamo dove indirizzare questo Paese. Un popolo che invece di ascoltare i problemi posti dai giovani che imbrattano i monumenti, batte le mani a chi raddoppia le pene per gli imbrattatori, senza chiedersi perche' lo fanno. Un Paese che accetta supino le comparsate tv di politici condannati in via definitiva (Formigoni e altri) o lo sperpero di decine di miliardi per rifornire di armi l'Ucraina e zero per difendere l'Italia da questi eventi calamitosi sempre piu' frequenti.. L'unica che non vuol sentir ragioni e' la natura. Sempre pronta a ribellarsi contro chi la violenta continuamente. @ilpianistasultetto
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https://davventura.altervista.org/i-forgotten-realms-colsfar/ Il #videogioco #Hillsfar, il cui titolo non lo tradurrò mai ma lo enfatizzo con il corsivo, è ambientato nell’anno #1357CV, come gli altri due #videogiochi venuti prima di questo, si tratta anche dell’”#annozero” di tutta la Campagna dei #ReamiPerduti, poiché tale è il periodo storico, precisissimo, nel quale partì l’#Ambientazione con il suo primo #CampaingSet. Colsfar è una città-Stato di una regione popolata a maggioranza dagli uomini, https://www.instagram.com/p/CoaDE49oyXx/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Orlando attacca Falcone
Non trovarai questo video su YouTube o altri social media. Questo video viene sempre bloccato o censurato. Il video completo sull’attacco di Leoluca Orlando nella famosa intervista di Annozero in cui da anni si afferma che il senatore Cuffaro avrebbe attaccato Giovanni Falcone, a seguire le motivazioni del perchè Orlando l’avesse così tanto con il magistrato.
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“La guerra civile fredda” (by D. Luttazzi): donato! Nel 2009, dopo la seconda cacciata dalla televisione, #DanieleLuttazzi pubblicò questo libro di #satira. Rispetto alla sua ultima opera 2007 il contesto politico è completamente mutato: oltre la crisi mondiale, il ritorno al governo di #SilvioBerlusconi e l’inamovibilità gattopardesca dell’editto bulgaro, nel 2010 la Rai operò un’altra censura antidemocratica: in vista delle elezioni regionali furono vietati i talk show politici, quindi soprattutto #Annozero di #MicheleSantoro, notoriamente inclemente nei confronti del miliardiario; stavolta, però, la censura ricevette un contraccolpo unico nella storia della televisione italiana. Stiamo parlando di “#Raiperunanotte”, un’iniziativa di Santoro che raccolse oltre 50 mila firme per essere mandata in onda; libera dal condizionamento politico-televisivo di Mediaset e Rai, fu trasmessa sul web, ebbe uno share incredibile di 3 milioni di telespettatori e segnò l’inizio del sorpasso della televisione, realtà affermata oggi agli albori dei nuovi anni ‘20. In questo unico episodio si concretizzò il ritorno di Luttazzi di fronte alle telecamere, con un monologo di 15 minuti presi da questo libro che dopo anni di incontrastato e forzato dominio berlusconiano riportò una critica satirica e dissacrante nei suoi confronti. Mentre la televisione censurava e censura Luttazzi, mandava e manda in onda programmi spazzatura atti a distrarre e mantenere l’ignoranza del telespettatore sul mondo reale. Che dire, i libri di Luttazzi sono ciò che resta della sua attività teatrale. Del resto il jet set televisivo lo aveva cacciato via. Ne #LaGuerraCivileFredda, oltre alla satira sociale, #Luttazzi spiega la #NarrazioneEmotiva, il #GolpeAlRallentatore e altri concetti illuminanti. Il 2009 è l'ultimo anno delle sue apparizioni teatrali, prima del #killeraggio #Mediaset che distrusse la sua immagine pubblica mettendo in moto la macchina del fango: vennero sfruttate le accuse di plagio per togliere di mezzo un serio pericolo per la popolarità di #Berlusconi. Buona lettura! (presso Marsala) https://www.instagram.com/p/COnD2-1pCnT/?igshid=5yqgebznxfzi
#danieleluttazzi#satira#silvioberlusconi#annozero#michelesantoro#raiperunanotte#laguerracivilefredda#luttazzi#narrazioneemotiva#golpealrallentatore#killeraggio#mediaset#berlusconi
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#AnnoZero guardiamo al futuro ❤ Non creiamo solo spettacoli 🎭 Cerchiamo di portare avanti l'idea 💡 www.metateatro.it (presso Teatro) https://www.instagram.com/p/CAPyJ5xnf_a/?igshid=92cu2posm1ju
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TRAVAGLIO, ANCHE BASTA
Bertolaso però no. La sanità lombarda però no, dài. Ma occuparsi di Marco Travaglio è inutile: da una parte perché sbugiardarlo regolarmente necessiterebbe di un impiego a tempo pieno, dall'altra perché la sua specialità sono soprattutto le sapienti omissioni: i suoi sillogismi di norma sono più brevi e superficiali della verità, che spesso ha il difetto di essere articolata: ma non è ciò che interessa i suoi lettori medi. Ai suoi lettori interessa incolpare qualcuno: l'adrenalina e il divertimento gli si accende come per i film di Boldi e De Sica: basta una flatulenza. Quando Travaglio monologava da Michele Santoro poteva essere un problema, perché lo guardava un sacco di gente: ora è conchiuso nel suo Fatto Quotidiano che è tracollato nelle edicole: l'anno scorso si è quotato all'Aim (la Borsina dei piccoli) e ha portato a casa miseri risultati; nell'estate 2018 preventivavano di vendere 10 milioni di azioni e ne portarono a casa circa 2, con il prezzo per azione ridotto a 0,72 per azione; l'amministratrice Cinzia Monteverdi ammise «Il mercato non era quello che ci aspettavamo». Chissà che cosa pensavano che fosse, il loro Fatto Quotidiano: soprattutto considerando che chiuse in rosso il bilancio 2019 per due milioni di euro. Cose che succedono (quasi a tutti: ma a noi, in questo periodo, no) e comunque, al di là di questo, gli «editoriali» di Travaglio nel tempo perdevano peso: da anni non venivano più propriamente letti bensì al limite «sorvegliati» dagli opinion maker, la gente che conta: tipo una riga sì e dieci no, tanto per capire con chi se l'era presa. La sua naturale vocazione al fallimento in compenso si è sempre rivelata interessante essendo lui un marker negativo: chiunque egli sponsorizzi, cioè, sappiamo già che finirà male. Travaglio passò dal Giornale alla Voce: la Voce ha chiuso. Passò al Borghese: il Borghese ha chiuso. Andò in Rai da Luttazzi: gli chiusero il programma. Promosse Raiot della Guzzanti: non è mai andato in onda, e lo stesso vale per i programmi di Oliviero Beha e Massimo Fini. Quando sostenne Caselli all’Antimafia, fecero una legge apposta per non farcelo andare. Ha sostenuto Woodcock: plof. Ha sostenuto la Forleo e De Magistris: la prima cadde in un cono d'ombra, il secondo si dimise dalla magistratura e i suoi processi si rivelarono fuffa. Travaglio sostenne tutti i movimenti poi svaporati e candidati a importanti cariche giudiziarie: sempre trombati. E Di Pietro, il simbolo? Abbiamo visto. Ci eravamo dimenticati della campagna per Ingroia, prima da magistrato e poi da meteora politica con parentesi guatemalteca: dissoluzione. Poi la svolta: Travaglio partecipò al V-day e protestò contro i fondi pubblici elargiti anche al giornale dove scriveva, l’Unità: che infatti chiuse. Pazienza: comunque si era scavato un mestiere (parlar male del prossimo) e la tendenza dei colleghi è stata considerarlo come un ordinario mercante che vendeva prodotti commisurati a un target: che sarà pure composto da idioti, ma era e resta un target. Col tempo e la popolarità, tuttavia, qualche prezzo occorreva pagarlo. Certe incoerenze erano lì, bastava notarle. Lui, antiberlusconiano, si scoprì che aveva pubblicato i suoi primi due libri con la Mondadori del Berlusconi che intanto era già sceso in politica. La sua ostentata rettitudine si fece grottesca. Citava Montanelli: «Non frequento i politici, non bisogna dare del tu ai politici né andarci a pranzo». A parte che ci andò (una volta ero presente anch'io) non fu chiaro perché coi politici no e coi magistrati sì: come se non fossero entrambi uomini di potere e soprattutto di parte. Anche il suo linguaggio peggiorò. Descrisse i giornalisti che celebravano Giorgio Napolitano, per dire, parlando di «lavoretti di bocca e di lingua sulle prostate inerti e gli scroti inanimati», continuando a sfottere il prossimo per i difetti fisici: Giuliano Ferrara «donna cannone», «donna barbuta», il suo ex amico Mario Giordano «la vocina del padrone», poi Brunetta eccetera. Se uno non aveva difetti evidenti, li inventava: continua a chiamare me «biondo mechato» anche se è biondo tutto il mio albero genealogico. Le incoerenze si fecero lampanti quando fu evidente che il signorino in definitiva lucrava su un «regime» che lo mandava in onda in prima serata, e che di condanne per diffamazione ne aveva prese eccome, e che proponeva l'abolizione dell'Appello ma poi ricorreva in Appello, e che tuonava contro la prescrizione ma poi non la rifiutava, e che non esitava, lui, l'inflessibile, a prostrarsi ai piedi del querelante Antonio Socci (febbraio 2008) affinché ritirasse una denuncia: «Riconosco di aver ecceduto usando toni e affermazioni ingiuste rispetto alla sua serietà e competenza professionale, e di ciò mi scuso anche pubblicamente».Ma avevamo cominciato con Bertolaso: perché è contro di lui e contro la sanità Lombarda che il Fatto Quotidiano, dopo anni di routine da pagliacci del circo mediatico, si sono riguadagnati la ribalta dell'infamia. Editoriali titolati «Bertoléso», altri dove gli si dà dell'untore o che relegano i resoconti dell'assessore Giulio Gallera a «televendite» per fini elettorali, o profonde analisi della competette Selvaggia Lucarelli in cui si esorta la Lombardia - che ha fatto comunque miracoli e ha probabilmente la migliore sanità pubblica di questo Pianeta - a «chiedere scusa». Non c'è neanche da parlarne. Però ricordo bene un'altra volta in cui Travaglio ad Annozero parlò di Bertolaso e delle sue «cattive frequentazioni»; ricordo che Nicola Porro del Giornale gli fece notare che delle frequentazioni discutibili potevano essere capitate anche a lui, a Travaglio, il quale diede di matto e diede a Porro e Maurizio Belpietro di «liberale dei miei stivali», poi scrisse che «non sono giornalisti», «se non si abbassano a sufficienza vengono redarguiti o scaricati dal padrone», «non hanno alcun obbligo di verità» e «sguazzano nella merda e godono a trascinarvi le persone pulite per dimostrare che tutto è merda». Ora però, con tutto il rispetto, l’unica merda giornalistica che ci viene in mente è il giornalismo del Fatto Quotidiano di questi giorni, che, pur di screditare la sanità lombarda, giunge a pubblicare, per dirne una, i verbali del processo a Roberto Formigoni: come se noi, adesso, ricordassimo appunto le «frequentazioni» di Travaglio – che sono quelle a cui accennavano Porro e Belpietro – quando il direttore del Fatto andò in vacanza con un tizio poi condannato per favoreggiamento di un mafioso, già prestanome di Provenzano; quando telefonò a un siciliano, uno che faceva la spia per un prestanome di Provenzano, e gli chiese uno sconto sulla villeggiatura in Sicilia; quando la sua famiglia e quella di Pippo Ciuro, poi condannato per aver favorito le cosche, si frequentavano in un residence consigliato da questo Ciuro e si scambiavano generi di conforto; quando il procuratore di Palermo Pietro Grasso, sul Corriere, scrisse che Travaglio faceva «disinformazione scientificamente organizzata». E questi sono tutti «fatti», come li definirebbe Travaglio, «fatti» a loro modo ineccepibili, non querelabili. Forse andrebbero spiegati, perché la verità sempre più complessa. Beh, è Travaglio a non farlo mai, a non spiegare mai e a scrivere barzellette sui malati a cui dovrebbe banalmente baciare il culo. Travaglio ha scritto che Bertolaso, «più che trovare posti letto, ne ha occupato uno». Poi è passato oltre, per il risolino demente di quei pagliacci e cialtroni che ancora lo leggono. Ha una sola fortuna, il direttore del Fatto: che non c'è un giro un Travaglio che certe infamie gliele ripeta di continuo, in libri e articoli e comparsate televisive. Oddio, potremmo anche farlo noi. Io tempo fa lo feci, poi a un certo punto smisi perché avevo anche interessi, nella vita. Lui, a parte Renato Zero, non sappiamo. E’ questa la differenza: noi non vogliamo farlo, perché, a differenza sua, non facciamo schifo.
Filippo Facci
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«In queste ore sta circolando il nome di una valletta “outsider”, Rula Jebreal, giornalista palestinese, con cittadinanza israeliana e naturalizzata italiana.
Amadeus vorrebbe che la donna fosse nella rosa delle 10 vallette che lo accompagneranno per tutta la durata del Festival di Sanremo e che cambieranno in ogni serata. A lanciare l'indiscrezione è stato il sito Dagospia, che avrebbe raccontato di un incontro tra Amadeus e Rula Jebreal in un noto hotel di Milano nei giorni scorsi. La giornalista avrebbe dato la sua disponibilità al conduttore e sarebbe quindi pronta a unirsi alla grande macchina di Sanremo. Quello di Rula Jebreal è un nome inatteso, in controtendenza rispetto agli altri finora fatti per affiancare Amadeus e a quello che sembrava volesse il conduttore per il suo festival.
Rula Jebreal è in Italia dal 1993 grazie a una borsa di studio ottenuta dal Governo per studiare fisioterapia a Bologna, dove poi si è laureata. Dalla metà degli anni Novanta ha iniziato a collaborare con alcuni noti quotidiani del nostro Paese. Ha lavorato in numerose trasmissioni televisive, principalmente come esperta di esteri e medioriente e nel 2003 è arrivata alla conduzione dell'edizione notturna del telegiornale di La7. Ha lavorato con Michele Santoro ad Annozero nel 2006 e nello stesso anno è stata oggetto di forti affermazioni da parte dell'ex ministro Roberto Calderoli e dell'economista Giulio Spinelli.
Ha lavorato e vissuto a lungo negli Stati Uniti, dove si è fatta portavoce della causa palestinese. Durante una discussione in un programma della rete MSNBC, Rula Jebreal nel 2014 ha accusato i media statunitensi di essere filo-israeliani. Mediante il conteggio dei minuti concessi agli esponenti israeliani e a quelli palestinesi, ha affermato che i media statunitensi non forniscono un'informazione corretta ed equa sul conflitto di Gaza. Secondo la giornalista, questo fornirebbe al pubblico un quadro parziale e distorto della complicata vicenda. Una presa di posizione, la sua, che potrebbe aver avuto delle ripercussioni sul suo lavoro, visto che dopo quelle dichiarazioni qualsiasi apparizione di Rula Jebreal nella rete MSNBC è stata cancellata.
Amadeus ha deciso di volerla al suo fianco durante una serata del Festival di Sanremo 2020, ribaltando l'opinione comune che immaginava un'edizione leggera e scevra dai temi caldi dell'attualità. In molti si immaginavano un Festival di Sanremo diverso rispetto a quelli di Claudio Baglioni, durante i quali ci sono stati numerosi interventi politici e di stretta attualità. Rula Jebreal è solo una delle vallette che andranno a comporre la rosa dei volti femminili sul palco dell'Ariston. Affianco ad Amadeus ci potrebbero essere anche Vanessa Incontrada, Georgina Rodriguez, Simona Ventura e Antonella Clerici, tutte da confermare.»
Ci ascolteremo, quindi, propaganda filopalestinese, e quasi sicuramente senza alcun contraddittorio, con i nostri soldi del canone TV. Anche questa va sul conto, non dimenticheremo niente. Anzi,vi ascolterete, che Sanremo non lo guardo da una vita e, quest’anno, ai motivi per non seguirlo ne aggiungo uno.
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Il valore della stampa locale
L’editoria è cambiata di parecchio in questi dieci/quindici anni. Vale per i libri come pure per i quotidiani.
(Certo, anche le riviste ed i periodici soffrono, tuttavia i loro cambiamenti non coinvolgono lo stile o il contenuto, piuttosto la stanchezza dei lettori. Ma questa è un’altra storia.)
Leggevo in questi giorni che il problema dei libri riguarda soprattutto il marketingdelle case editrici e qualcuno ha osato - giustamente - affermare che le aziende alimentari sanno fare marketing meglio di qualunque blasonata editrice: prosciutti battono libri 5 a 1.
Ma anche questa è un’altra storia.
Soffermiamoci sui quotidiani. Anche perché la mia (piccola) esperienza l’ho fatta soprattutto sui quotidiani, per lo più locali.
Ho iniziato su Ottopagine - che ringrazio - poi ho peregrinato per l’Italia e alla fine sono caduta sulle ... ortiche. Anzi, sugli Ortichi, come amo definirli nel mio lessico famigliare.
Orticalab è un bel posto. Soprattutto libero, almeno per me lo è sempre stato. Ho sempre scritto quel che volevo, come e quando volevo io.
Certo, scrivo per passione - e non per denaro - e il mio compenso è la libertà.
Avendo molto rispetto per i Lettori, Orticalab è il posto giusto per esercitare questo virtuoso intento.
Nel compleanno di Ortica (in amicizia), più che celebrare anche gli stessi miei dieci anni di collaborazione e cammino con questa banda di intelligenti visionari, vorrei raccontarvi perché la stampa locale è necessaria, anzi più necessaria.
C’è una ricerca pubblicata dalla Stanford University sui giornali locali, che loro chiamano rurali. Riassumendone i concetti, quelli di Stanford indicano che il giornalismo locale è vivo e lotta insieme a noi. Le comunità periferiche, rispetto alle capitali e alle aree metropolitane, riescono a informarsi di loro stesse e sviluppare le loro riflessioni intorno al governo/gestione dell’area solo attraverso la diffusione locale delle notizie locali. Negli States, dice la ricerca, il giornalismo territoriale sopravvive (anche on line) alla crisi globale del settore.
Solo le testate locali sanno cosa succede nell’area e come si parla alla comunità di riferimento: si sviluppa un idioletto, un lessico famigliare, una condivisione di storia, aneddotica, gergo. La differenza tra una testata globale e generalista e una testata areale (locale, di comunità, rurale) è che nelle prime, ovviamente, non ci si sofferma sulle questioni pratiche che investono le varie regionalità di un Paese, mentre le persone - per le leggi della psicologia - hanno un disperato bisogno di ridurre l’ansia rispetto a ciò che succede intorno a loro. Serve per avere il polso della situazione (o illudersi di averlo, tanto è lo stesso, psicologicamente parlando); serve ad avere argomenti nelle conversazioni; serve a prendere decisioni politiche e gestionali per il bene della comunità; serve a orientarsi meglio durante le elezioni locali.
Per avere una visione romantica di una testata locale, vi suggerisco di vedere le tre stagioni della stupenda serie After Life (di e con Ricky Gervais). Sì, l’argomento è altro e ben più altro (come si vive dopo una perdita straziante), ma il protagonista scrive per una testata locale, di cui ci svela il senso e l’importanza.
Qui da noi, in principio, era Il Mattino (ha respiro nazionale, ma appartiene a quella fascia di quotidiani detti ‘macroregionali’). Bastava per tutti e copriva ogni cosa, per via delle redazioni provinciali.
Il Mattino (che però mio padre non comprava perché era pugliese) era oggetto di avida lettura nella nostra provincia perché conteneva i fatti vicini a noi: l’incidente stradale, la rissa al bar, il necrologio di qualcuno che conoscevamo. All’epoca, parlo degli Anni ‘80, c’era poca politica (nel senso di velinate degli assessori regionali, provinciali&comunali) o quanto meno non interessava (Ballarò, Annozero e InOnda non erano ancora stati inventati), ovvero nessuno s’interessava ai reggicalze della Brambilla. Non c’erano neanche brambille, però. La politica di quel tempo era davvero noiosa.
Non mi ricordo neanche quale testata locale apparve per prima in Irpinia. Ma eravamo contenti: finalmente qualcuno s’interessava di più a noi come territorio. Diciamo meglio: il territorio veniva raccontato attraverso riferimenti noti a tutti, in cui tutti si ritrovavano. Suppongo che tale sentimento sia stato comune anche agli abitanti del materano, dell’astigiano, del ragusano, o del trevigiano, quando ci fu il boom delle testate locali. Per la verità, esempi di gazzettini locali esistono da oltre un secolo, anche in Irpinia, ma la crescita dell’offerta informativa da noi c’è stata dopo il Terremoto. [Per noi Irpini la Storia si divide tra un Prima del Terremoto e un Dopo il Terremoto. NdA] L’Irpinia ha rappresentato per lungo tempo un record per il numero di testate giornalistiche locali rapportate al numero di abitanti.
L’equilibrio tra qualità/quantità delle notizie è difficile, quando le risorse economiche sono scarse. Eppure, una testata locale è fondamentale per il territorio.
Oltre alla cronaca locale, si può prendere spunto da un’inchiesta nazionale, ovvero da un fatto lontano, e collegarsi e confrontarsi con le realtà note e vicine: si chiamano curated news (praticamente impossibili da fornire se il personale scrivente non è colto/esperienziato/autorevole).
Ciò che i quotidiani nazionali non possono fare, ovverosia conoscere le realtà periferiche per declinarne anche tematiche (issues) nazionali è il più importante vantaggio dei giornali locali.
Sono sorte in Italia, in questi dieci/quindici anni, miriadi di testate locali solo on line, dette anche on-line native, nate solo e innanzitutto digitali, cioè. Assolvono bene la funzione cronachistica - che è tra l’altro quella più ricercata per tale settore - e vivono su di una miniera in monopolio: un’area locale circoscritta che produce quotidianamente notizie - di nessuno o di scarso interesse per le testate generaliste nazionali – e i cui opinion-makers (come il nostro Diretùr Staglianò) rappresentano un alto valore specifico per la comunità di riferimento.
Meglio perdere tempo su di un lungo editoriale che alimenta la riflessione per un giorno intero, che venir tramortiti dalle raffiche del feed, che annichiliscono l’iniziativa cognitiva rendendoci intellettualmente passivi, prostrati e fatalisti, nell’attesa di un gancio dal cielo che ci salvi.
Un giornale locale on line deve essere molto moderno perché i suoi lettori sono per lo più abbastanza giovani e cercano on line contenuti coerenti con il media usato (il web, cioè), ed Ortica lo è.
Auguro ai Lettori molti altri decenni di articoli ed editoriali degli Ortichi.
(Nella foto, gli stanchi ma raggianti vincitori dell’ultima edizione in assoluto del Premio Web Italia.)
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Dopo questa notizia di tipo #annalistico, la «Storia dei #ForgottenRealms» (mai tradotta in italiano) propone un caso probabilmente ripetuto anche per altri luoghi o paesi: da quell’anno in poi, salvo pochissime e stringatissime informazioni, non ci saranno più notizie dirette sulla città di #Hillsfar, nonostante i quasi settecento anni di storia che da allora trascorreranno fino all’«#annoZero» dell’#Ambientazione.
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Those that have married in to Royal Families since 1800
Monaco
Donna Beatrice Borromeo born 18 August 1985
She is the daughter of Don Carlo Ferdinando Borromeo, Count of Arona the son of Vitaliano Borromeo, 2nd Prince of Angera, and his long-time companion, Countess Donna Paola Marzotto Through her father she is related to Carlo Borromeo, who became a cardinal of the Roman Catholic Church, Archbishop of Milan, and a canonized saint.
The family currently owns most of the Borromean Islands in the Lago Maggiore, Milan city, and many other estates in the Lombardy and Piedmont countryside . She has an older brother, Carlo Ludovico Borromeo, who married Italian fashion designer Marta Ferri daughter of Italian photographer Fabrizio Ferri,on 30 June 2012 on the island of Pantelleria.
Beatrice has three older half-sisters from her father's first marriage to German model Marion Sybil Zota: Donna Isabella married Count Ugo Brachetti Peretti. Donna Lavinia; married John Elkann, son of Margherita Agnelli de Pahlen and Alain Elkann. Donna Matilde married Prince Antonius zu Fürstenberg son of Heinrich, Prince of Fürstenberg.
Her maternal grandmother was the fashion designer Marta Marzotto (née Vacondio), ex-wife of Count Umberto Marzotto.Her uncle, Count Matteo Marzotto, is the former president and director of the Valentino fashion house at the time the label belonged to the Marzotto Group.
Since 2008, Borromeo became increasingly known in the tabloid press as the girlfriend of Pierre Casiraghi, the younger son of Caroline, Princess of Hanover. The couple married in a civil ceremony on Saturday, 25 July 2015 in the gardens of the Prince's Palace of Monaco. The religious ceremony took place on 1 August 2015 on Isola Bella, one of the Borromean Islands on Lake Maggiore, Italy.
She finished secondary education, in 2002, at Milan's Liceo Classico Giovanni Berchet. Borromeo received a bachelor of laws from Bocconi University, Milan in 2010, under supervision of prof. Lorenzo Cuocolo. She also received a Masters in Journalism from Columbia University Journalism School in May 2012
Beatrice was a contributor to Newsweek and the Daily Beast in 2013. Prior to that, and from the newspaper's beginning in 2009, she worked as a full-time reporter for Il Fatto Quotidiano. She continued in that position through the year 2016
She has appeared on many television shows in Italy, beginning with Anno Zero on Rai 2 where she worked for two years, from 2006 to 2008. Every week she interviewed an average three guests on political development and social evils. In 2009, she even hosted a weekly show on the Radio 105 Network.
She interviewed Roberto Saviano, the famous author of Gomorrah, for Above magazine's June 2009 issue. She also interviewed American author of LA Confidential James Ellroy and former candidate for Colombia's presidency Ingrid Betancourt both for Il Fatto Quotidiano. For the same newspaper, she also interviewed Marcello Dell'Utri, Italian Senator and co-founder of Forza Italia. In the interview, Dell'Utri admitted to have entered politics to get immunity in order to escape his arrest.
She directed Mamma Mafia, a documentary about mafia women: its preview was released by the Newsweek Daily Beast Company on 31 January 2013. That was her sole film in the English language. She has directed several documentaries in the Italian language, ranging from topics as the women of 'Ndrangheta, selfie surgery, and the children of Caivano.
Borromeo collaborated with Marco Travaglio and Vauro Senesi on the book Italia Annozero (Chiarelettere, 2009). She also wrote the preface for Birgit Hamer's Delitto senza castigo: La Vera Storia di Vittorio Emanuele di Savoia. (Aliberti, 2011).Birgit Hamer is a very old family friend; her mother is dear friends with Borromeo's mother, and Borromeo has admitted to having grown up hearing about the murder of Dirk Hamer from his sisters, including Birgit. Borromeo broke the story of the video confession of Vittorio Emanuele, who subsequently sued the newspaper for defamation. In 2015 a court ruled in favour of the newspaper.Borromeo then posted on Twitter: "Vincere una causa e' sempre piacevole, ma contro Vittorio Emanuele di Savoia la goduria è doppia!" ("Winning a case is always nice, but against Victor Emmanuel of Savoy the pleasure is double"), which resulted in spat on social media with his son Emanuele Filiberto
In November 2015 she was sanctioned Special Envoy for Human Rights for F4D. She considered herself in 2005 "atheist and leftist".
Pierre and Beatrice's first son, Stefano Ercole Carlo Casiraghi, was born on 28 February 2017. Their second son, Francesco Carlo Albert, was born on 21 May 2018.
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LUANA COLUSSI E SUSANNA MESSAGGIO AL TEMPO DELLE VALLETTE
LUANA COLUSSI E SUSANNA MESSAGGIO AL TEMPO DELLE VALLETTE
La figura della valletta, o comunque della giovane conduttrice che, fino a qualche anno fa, affiancava il presentatore quasi in ogni trasmissione (persino nei talk show politici: si pensi a Beatrice Borromeo in Annozero, il programma di Rai 2 condotto da Michele Santoro) sembra ormai televisivamente in via di estinzione. Tra i motivi che possono esserci a monte, la considerazione che il ruolo…
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#AnnoZero guardiamo al futuro ❤ Non creiamo solo spettacoli 🎭 Cerchiamo di portare avanti l'idea 💡 www.metateatro.it (presso Teatro) https://www.instagram.com/p/CAPyBL0nyOr/?igshid=1oh4hcdjvo824
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Vomito
Se Leoluca Orlando celebra Giovanni Falcone, noi, allora, celebriamo il vomito di Francesco Cossiga.
Questo articolo l’abbiamo scritto cento volte e cento volte dovremo riscriverlo: perché cento altre volte, a Orlando, mancherà la vergogna, perché è così, lui è un ex democristiano a vita, uno che confida sui morti e sulla cattiva memoria, oppure confida sui vivi che negli anni della strage (Capaci, 23 maggio 1992) non erano nati o erano bambini, e oggi affollano le commemorazioni, agitano palloncini, ingrassano un genere di antimafia che Giovanni Falcone semplicemente detestava.
Oggi, cioè ieri, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando Cascio si permette di non presenziare alla commemorazione organizzata dalla Fondazione Falcone in quanto sarebbe stato presente anche Matteo Salvini, inquadrato non come ministro dell’Interno, ma come uno che sta «a Palermo per fare comizi». Il che all’ingresso dell’Aula Bunker non è valso per il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il presidente della Camera Roberto Fico.
Loro andavano bene. Conte, ieri mattina, aveva anche accolto gli studenti provenienti da tutta Italia per le manifestazioni in ricordo di «Giovanni», ed era proprio quella gioventù che spesso non sa, non legge, ignora beatamente come Orlando Cascio sia stato il maggior responsabile della campagna che contribuì all'isolamento di Falcone prima che morisse.
Di Orlando, l’ex capo dello Stato Francesco Cossiga disse: «Questa mattina ho vomitato. Il vomito mi è venuto a vedere accanto alla sorella di Giovanni Falcone, che dovrebbe avere piú rispetto della memoria del fratello, personaggi come Leoluca Orlando Cascio che, con l’accusa a Falcone di aver insabbiato pratiche che riguardavano politici, diede il va al linciaggio da parte dell’Anm e di un settore rilevante della sinistra… Non vomitavo più dal giorno in cui, rifugiatomi in Francia dopo le dimissioni da presidente della Repubblica, vidi alla televisione a mo’ di sciacalli magistrati dell’Anm e membri del Csm che avevano già moralmente ferito Falcone con insinuazioni, interrogatori al Csm e articoli sanguinosi sul l’Unita».
Cossiga è morto, Falcone è morto, Maria Falcone commemora e Orlando è capofila del peggior ciarpame antimafia che ieri ha «boicottato» le manifestazioni, facendoci l’immenso favore di non venirci: Anpi, Arci, Centro Impastato, il presidente della Regione Nello Musumeci e il presidente della Commissione regionale antimafia Claudio Fava. Sì, Fava, quello che proprio Leoluca Orlando portò in Parlamento nel 1992 con quella «Rete» che probabilmente resta il movimento più forcaiolo della storia d'Italia: Lega e grillini figurano da garantisti, in confronto. Il comunista Gerardo Chiaromonte, defunto presidente della Commissione Antimafia, scrisse, circa il fallito attentato a Falcone nella sua casa al mare all'Addaura, che «i seguaci di Orlando sostennero che era stato lo stesso Falcone a organizzare il tutto per farsi pubblicità».
Orlando, invece, era quello che «il sospetto è l'anticamera della verità», quello che a «Samarcanda» di Michele Santoro accusò Falcone (1990) di imboscare le inchieste e di aver salvato Salvo Lima incriminando il pentito che l'accusava, è l'uomo che pure accusò Falcone d'essersi compromesso col potere (1992) per via del suo incarico al Ministero della Giustizia, è quello che sempre a «Samarcanda» accusò il poliziotto Antonino Lombardo (1993) prima che quest'ultimo si sparasse. E' passato tanto tempo, ignorare si può, dimenticare si può, ma non dimenticare anche.
Tuttavia «Orlando viene ricordato anche per lo scontro durissimo che ebbe con Giovanni e che fu un duro colpo, distruttivo per l’antimafia in generale», così si è espressa Maria Falcone in «Giovanni Falcone, un eroe solo» da lei scritto per Rizzoli. Sarà: ma chi lo ricorda? Ci fu un episodio scatenante: «Orlando ce l’aveva con Falcone», ha ricordato l’ex ministro Claudio Martelli ad «Annozero», nel 2009, «perché aveva riarrestato l’ex sindaco Vito Ciancimino con l’accusa di essere tornato a fare affari a Palermo con sindaco Leoluca Orlando, questo l’ha raccontato Falcone al Csm per filo e per segno».
Il fatto è vero: fu lo stesso Falcone, in conferenza stampa, a spiegare che Ciancimino era accusato di essere il manovratore di alcuni appalti col Comune sino al 1988: si trova persino su YouTube. Cos’, quando Falcone accettò l’invito di dirigere gli Affari penali al ministero della Giustizia, le accuse di Orlando Cascio si fecero feroci. Sempre da Santoro (maggio 1990) disse che Falcone aveva una serie di documenti sui delitti eccellenti ma che li teneva chiusi nei cassetti. L’accusa verrà ripetuta a ritornello anche da molti uomini della Rete, che annoverava anche il citato e attuale presidente dell’antimafia siciliana, Claudio Fava. Falcone rispose: «È un modo di far politica che noi rifiutiamo… Se Orlando sa qualcosa faccia i nomi e i cognomi, citi i fatti, altrimenti taccia».
Ma Orlando «Diede inizio», scriverà Maria Falcone, «a una vera e propria campagna denigratoria contro mio fratello, sfruttando le proprie risorse per lanciare accuse attraverso i media… Seguirono mesi di lunghe dichiarazioni e illazioni da parte di Orlando, che voleva diventare l’unico paladino antimafia.
Ha raccontato Francesco Cossiga nel 2008, in un’intervista al Corriere della Sera: «Quel giorno lui uscì dal Csm e venne da me piangendo. Voleva andar via». Poi la strage. A macerie fumanti, Orlando si riaffacciò sul proscenio come se nulla fosse stato. Il 18 luglio 2008 l’ha messa così: «C’è stata una difficoltà di comprensione con Giovanni Falcone». Una difficoltà di comprensione.
Filippo Facci
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Cursus honorum: 1 condanna definitiva (frode fiscale Mediaset) 2 amnistie (falsa testimonianza P2 e fondi neri Macherio) 8 prescrizioni (corruzione Mondadori, finanziamenti illeciti a Craxi, falsi in bilancio Lentini, Fininvest e consolidato, rivelazione telefonata segreta Fassino-Consorte, corruzioni di De Gregorio e Mills) 2 proscioglimenti per aver depenalizzato il suo reato (falsi in bilancio All Iberian e Sme-Ariosto) 3 assoluzioni dubitative (corruzione Gdf, fondi neri Medusa, corruzione Sme-Ariosto) 1 assoluzione piena (concussione e prostituzione minorile Ruby) 1 proscioglimento a Roma (frode fiscale Mediatrade) 1 archiviazione a Milano (traffico di droga) 3 archiviazioni per stragi mafiose (2 Firenze, 1 Caltanissetta) 5 archiviazioni a Roma (voli di Stato per olgettine, corruzione Razzi e Scilipoti, casi Saccà, Sanjust e Agcom-Annozero) 5 archiviazioni a Palermo (mafia e riciclaggio) 2 processi in corso (induzione a mentire Tarantini e corruzione di testi Ruby-ter) 1 indagine a Firenze (stragi mafiose del 1993 a Firenze, Milano e Roma) Stralcio sentenza I sezione penale Cassazione n° 28225 9/5/14 - concorso esterno in associazione mafiosa a carico di M.llo Dell'Utri, passata in giudicato (non smentibile né correggibile da altri tribunali): “Grazie all'opera di intermediazione svolta da Dell'Utri veniva raggiunto un accordo che prevedeva la corresponsione da parte di Silvio Berlusconi di rilevanti somme di denaro in cambio della protezione a lui accordata da parte di Cosa nostra palermitana. Tale accordo era fonte di reciproco vantaggio per le parti, che a esso avevano aderito grazie all'impegno profuso da Dell'Utri: per Silvio Berlusconi esso consisteva nella protezione complessiva sia sul versante personale che su quello economico; per la consorteria mafiosa si traduceva invece nel conseguimento di rilevanti profitti di natura patrimoniale. Tale patto non era stato preceduto da azioni intimidatorie di Cosa nostra palermitana in danno di Silvio Berlusconi e costituiva piuttosto l'espressione di una certa espressa propensione a monetizzare per quanto possibile il rischio cui era esposto.”
Paese di merda
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