#animale selvatico
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Lupo dormiente
Il vento accarezza dolcemente le foglie mentre il lupo dormiente sogna boschi lontani,dove i fiumi scorrono liberi e la luna illumina sentieri nascosti…. Il lupo dorme…sa che la sua forza è sempre pronta…pronta a risvegliarsi quando è necessario “Lupo dormiente” Acquerello su carta Hahnemühle 450 gr
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♠️____Come un animale selvatico, la verità è troppo potente per poterla ingabbiare.
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Era una femmina...
... di Falco Pellegrino, chiamata Tetsu-ko, ossia Signora d'acciaio. Volteggiava nei cieli, piombava come sottile linea di morte con gli artigli pronti al colpo di grazia. Lei è così, come un falco pellegrino, come Tetsu-ko. La migliore. Le femmine dei falchi sono sempre più grandi, più veloci, difendono la nidiata. Lei è come un falco che odia il cappuccio ma sta seduto sul pugno, superbo, autosufficiente. Ottimo amico o animale selvatico tanto feroce da cavare un occhio a seconda dell'umore o della fiducia che perde...
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James Clavell - SHÖGUN
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Che animale selvatico vorresti incontrare durante un'escursione in montagna?
Orso
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“Come un animale selvatico, la verità è troppo potente per poterla ingabbiare.” VERONICA ROTH ********************* “Like a wild animal, the truth is too powerful to cage.” VERONICA ROTH
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È LA VOLTA DI KJ1
Dal web Il Caso Kj1: L’ennesima orsa Condannata a Morte in Trentino Un’indagine di fantasia, ma non troppo. In una tranquilla mattina di luglio, lungo il sentiero degli Scaloni, nel territorio comunale di Dro, l’orsa Kj1 si aggirava nei boschi del Trentino, ignara del destino che la attendeva. La sua storia, però, non è solo quella di un animale selvatico; è il riflesso di una società che…
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Allora fatemi capire perché non trovo pace con questa storia...
1) Avete preso un sacco di soldi per reintrodurre gli orsi in un ambiente che forse non era più adatto troppo antropizzato (a vostro dire)
2) Non siete stati capaci di monitorarli negli anni e ne avete perso il "controllo"
3) Non siete stati capaci di educare gli abitanti alla nuova convivenza con loro e a spiegare le norme di comportamento in caso di avvistamento.
4) Come chi abita in ambiente urbano si deve prendere il rischio di essere investito in qualsiasi momento da auto, pare non abbiate ribadito a chi abita in montagna (ma loro già dovrebbero saperlo) che dovrebbe accettare anche il rischio di trovarsi un orso davanti mentre cammina in un bosco e per questo adottare degli atteggiamenti preventivi per evitarlo.
5) Forse vi siete anche dimenticati che gli animali selvatici, per istinto, esattamente come gli esseri umani, possono diventare aggressivi se si sentono minacciati.
6) Probabilmente il malcapitato deve aver spaventato l'orsa con il suo arrivo improvviso e il suo procedere veloce, perché é alquanto improbabile che abbia attaccato solo per il gusto di farlo.
7) Probabilmente l'orsa in questione era anche in compagnia dei suoi cuccioli. Qualsiasi altro animale non solo selvatico ma anche domestico, come una vacca, una pecora o semplicemente un cane randagio, avrebbe attaccato se avesse ritenuto in pericolo i suoi cuccioli con lo scopo di difenderli. Persino io. Anche a costo della vita.
CONSIDERAZIONI
1) Avete catturato una madre che difendeva i suoi piccoli, togliendola dal suo ambiente naturale
2) L'avete rinchiusa come una prigioniera solo perché ha fatto il suo dovere di mamma.
3) Volete condannarla a morte per una responsabilità che in partenza é solo vostra.
4) Avete abbandonato i tre cuccioli al loro destino. Animali che saranno ora spaesati, spaventati e non avranno alcun riferimento che insegni loro come sopravvivere.
5) Se riusciranno a sopravvivere probabilmente si abitueranno a cercare cibo nei centri abitati dove é più facile reperirlo così poi vi lamenterete che siete invasi dagli orsi e che quindi vanno catturati e uccisi.
Con il risultato che un progetto di ripopolamento, di rinascita e di vita costato milioni si trasformerà in un progetto di caccia e di morte.
Fatemi capire questa storia perché veramente non trovo pace al fatto che siate così crudeli, insensibili, irresponsabili ed incompetenti
dal web .
#sodinonsapere #orsi #crudeltà #sopravvivenza #cattura #vita #cuccioli
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Mi chiamano il "Castagno delle streghe" e in effetti gli antichi detti a volte sono così vicini alla realtà. Sono tra gli alberi più amati dalle danzatrici del bosco. Ma non erano streghe, erano ragazze, a volte donne, molto spesso bambine.
Per essere strega devi avere dei poteri particolari, e poche li hanno. Devi, ad esempio, guarire la gente, portare le nuvole nelle valli e poi farle esplodere dalla pioggia, devi saperti trasformare in animale selvatico, in rapace notturno; ma soprattutto devi saper volare e poi sparire.
Eppure, alcuni anni fa, appena danzavi, dicevano che eri una strega. E così ti bruciavano. Perché le streghe, dicevano, erano figlie del demonio. Quanta idiozia crea la superstizione. Quasi un milione sono morte per questi motivi; e ancora oggi molte persone venerano quella religione che ha fatto scorrere fiumi di sangue e dolore.
Le streghe non erano figlie del demonio ma dell'amore; e l'amore fa paura. A volte era sufficiente avere i capelli rossi oppure sorridere e scherzare, altre volte essere emancipate e libere. La verità è che erano semplicemente donne: le nemiche assolute delle religioni.
Mi chiamano il "Castagno delle streghe", non avete idea del complimento che ricevo ogni volta che lo sento dire. Sono antico, secolare, e ho visto cose che voi manco immaginate.
Ma sono un albero, e per voi umani valgo quanto un filo secco d'erba. Quanto una strega...
(Castagno delle streghe - Roppolo)
Olmo Losca
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Un'altra Aquila...
In natura, la morte è un sussurro , un atto di resa che prepara per nuovi germogli. Ciò che cade e si dissolve non scompare davvero, ma si trasforma in linfa invisibile, nutrendo le radici della vita. Ogni foglia che si posa al suolo, ogni creatura che chiude gli occhi, dona il proprio respiro all’universo, affinché la danza della creazione non si interrompa mai. È nell’ombra della fine che si…
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Sto invecchiando 1953/2022
il corpo non mente, obbliga riguardi
e cure, lo spirito ancora strappa
velleitario preda di entusiasimi poi
insostenibili.
Tendo al selvatico,solitario, all'ombra di una casavenerabile dimora, in sintonia col variare delle stagioni, sensibile alla presenza animale, le cose visibili ed invisibili attento all'accadere:
un sempre più rapido mutare.
Non ho più alcunbinteresse per il racconto che il mondo fa di sé tra vacuità e tornaconti da poco.
Sono residuale, in attesa di non so che.
Ho fatta mia la triade dell'ultimo
Pasolini poeta
"difendi conserva prega"
G L F
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era un magnifico animale selvatico, parlava di luce e cantava di sogni. ogni volta che mi avvicinavo per accarezzarla provava a divorarmi vorace di amore, non l'ho mai dimenticata
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Amami sempre, anche quando sono difficile da comprendere. Amami quando mi perdo nei miei silenzi e non mi lascio avvicinare. Amami quando litighiamo e mi chiudo dentro me stessa lasciandoti fuori ad aspettare. Amami quando sbaglio, quando piango, quando tiro fuori gli artigli come un animale selvatico. Amami quando avrò gli occhi stanchi dopo notti insonni perse dietro troppi pensieri. Amami quando girerò per casa in pigiama, spettinata, senza trucco e sprofonderò sotto al plaid sul divano. Amami quando specchiandomi troverò una ruga in più sul mio viso e mi sentirò meno bella. Amami quando faticherò ad accettare un dolore troppo grande o quando inciamperò nelle buche della vita. Amami quando sono insicura, paranoica, lunatica, irascibile. Amami quando metto il broncio e divento più capricciosa di una bambina. Amami sempre, anche quando sono difficile da capire, anche quando ti farò impazzire, anche quando ti dirò di andare via perché è proprio in quei momenti che ho più bisogno di te. Solo tra le tue braccia io mi sento a casa, solo con te so di non dover fingere di essere diversa da quella che sono.
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Non so quando ho cominciato a portarmi dietro il mio animo diviso, il mio semenzaio di contrasti. Forse da quell’episodio del cane. Per un attimo rivedo me stessa bambina, con le trecce scure, il vestito con le cappe al posto dell’orlo, in una giornata di primavera, mano nella mano con mio fratello Gianni: andavamo da Veruda a Valcane, parlavamo logicamente nella nostra lingua, nostra come il latte, come il pane, come l’aria, come il cibo, come l’acqua, come il sole, come il sale, parlavamo nella maniera più naturale del mondo senza renderci conto di far uso di una certa lingua, non avevamo nemmeno cognizione della differenza fra le lingue.
Vicino alla scuola elementare Vladimir Gortan un uomo stava fermo con un grosso cane, ma noi non riuscivamo a mettere completamente a fuoco l’immagine. Gli andavamo incontro, ignari. Quando gli fummo vicini, lui ci guardò con occhi cupi e fermi nella faccia larga e pelosa e ci disse: «Se vi sento ancora una volta parlare italiano, mollo il cane che vi divori. Ve la faccio passare io la voglia di parlare questa lingua fascista».
Ci afferrò il disperato istinto di fuga che prova un animale selvatico davanti a un essere molto più grande, più potente di lui. Nell’istante in cui ci fissammo, come bestie prima di prendere ciascuno la propria decisione, lui di attaccare col suo cane dalla gola rossa di sangue dalla quale uscivano latrati laceranti, e noi di fuggire, capimmo di colpo che in quel gioco spaventoso ogni tentativo di fuga o di difesa era ridicolo; avevamo meno probabilità di una lepre inseguita, perché le nostre gambe, paralizzate dalla paura, sembravano di piombo, si rifiutavano di muoversi, volevamo gridare e non ci veniva fuori la voce. Le orecchie che ardevano, i cuori d’un subito piccoli e molli, ce ne restammo zitti e terrorizzati per tutta la strada, fino a casa di nonna. Ma come dovevamo parlare, in quale lingua?
Ecco, fu così che la fanciullezza ci regalò subito questa grande confusione. Quell’episodio entrò nella mia mente, nella mia vita, e vi rimase come un segno, un avvertimento, uno sforzo perenne di capire, di interrogare disperatamente la tenebra.
Con quella paura in corpo, accettai come una volontà del cielo il cambiamento di classe di Gianni. Ed era invece volontà del potere popolare. Dal venerdì al lunedi passò dalla terza italiana alla terza croata. Gianni non recuperò mai. «Siamo terra di nessuno e di tutti», fu breve nonna. «Pazienza, ci vuole pazienza!». Pazienza, pazienza, fin dalla culla, fin da piccoli abbiamo imparato che chi perde deve fare la riverenza e la penitenza. Pazienza significava disposizione a soffrire, ma la mortificazione e l’umiliazione erano certamente i sentimenti predominanti.
Quando, alcuni anni più tardi, anche i miei fratellini Claudio e Diego, segnati nei registri e per la vita come Klaudio e Dijego, dovettero andare alla scuola croata, io abbandonai definitivamente la presunzione di padroneggiare un’individualità coesa e definita.
Anna Maria Mori & Nelida Milani, Bora. Istria, il vento dell’esilio
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Il lusso, la ricchezza del poter pensare in modo diverso.
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"Libertà di espressione" significa rigettare il PENSIERO UNICO (mainstream), e aprirsi ad una varietà di opinioni. Ascoltarle e valutarle per ciò che di buono apportano alle nostre conoscenze.
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Oggi mi piace riportare le idee del Prof. Gabriele Ciampi.
Chi è?
Uno studioso di Geografia, di Storia e una persona di ampie vedute, prima di tutto.
Ricopio ciò che è stato pubblicato da "LA VOCE DEL TRENTINO" :
Gabriele Ciampi è Geografo, attualmente in pensione, dell’Università di Firenze, consigliere delle riviste Limes, Il Pensiero Storico, il Bollettino della Società Geografica Italiana.
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Bene cosa pensa Ciampi?
Eccolo il suo intervento ripreso dal sito LA VOCE DEL TRENTINO.IT
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Credo che questo intervento parta da un'assoluta onestà intellettuale.
In fondo, si tratta di riconoscere ciò che è accaduto per millenni sulle Alpi. Gli uomini e gli orsi erano al vertice della catena alimentare come il lupo.
Entrambi cacciatori e predatori. Entrambi a contendersi spazi e risorse alimentari
Lo si deve riconoscere con la massima serenità. Uomini, lupi ed orsi si sono affrontati per migliaia e migliaia di anni. Finchè tramite l'azione dei cacciatori armati di fucili, la popolazione dei lupi è stata ridotta e quella degli orsi alpini si è estinta.
Ora il progetto della reintroduzione dell'Orso Sloveno su tutto l'arco alpino, alla resa dei conti, si è rivelato un vero azzardo e un controsenso, tanto più che la politica per più di 20 anni ha rinunciato del tutto a non vedere dov'era il guasto sostanziale. Un progetto di ripopolamento deve partire da uno studio delle compatibilità e delle condizioni del territorio e delle valli anche in termini di densità umana.
Come hanno fatto a ignorare che il Trentino già nell'anno 2000 non era più il Trentino agricolo fatto di pastori e contadini degli anni '30, '40 e '50? Una regione allora, scarsamente popolata e poco frequentata dai viaggiatori del tempo, a fronte della nostra epoca che è invece, quella del "turismo di massa" e del turismo globalizzato. Quanti turisti polacchi, cechi, ungheresi, spagnoli c'erano negli anni '50 nelle valli dolomitiche? Chiediamocelo...
Come ha fatto la Provincia di Trento a fine anni '90 ad ignorare la densità della popolazione residente, a cui andava aggiunta la densità dei turisti in arrivo sia in estate che in inverno, grazie ai tanti comprensori sciistici che si erano tanto sviluppati fin dagli anni '70 ?
Come è stato possibile pensare di reintrodurre un animale selvatico in uno dei territori fra i più antropizzati dell'intero arco alpino, con un tessuto economico fatto di imprese, di aziende e di popolazione accresciuta grazie allo sviluppo indotto dalla doppia stagione turistica ?
Oggi il flusso permanente dei turisti che vengono in Trentino per sciare in inverno e per fare podismo, cicloturismo, arrampicate e trekking in estate, è un fattore determinante per escludere una compatibilità di queste vallate con la libera e indiscriminata presenza dell'orso selvatico di origine slovena.
Ancora di più, se il numero degli orsi è stato, colpevolmente, fatto lievitare fino agli attuali 120 esemplari !
È insostenibile come situazione. È un insieme esplosivo di contraddizioni ed errori già fatti.
A meno di non ripensare da zero la presenza di questo animale selvatico.
A partire da un possibile grande Parco dell'Orso Alpino.
Un territorio da riservare in maniera esclusiva all'Orso. Ovviamente un parco delimitato, ad uso e consumo del solo orso. Dove la presenza dell'uomo venga scoraggiata e ridotta al minimo. È ancora possibile realizzarlo?
Io me lo domando.
Un territorio dove l'animale possa scorazzare, libero ma sorvegliato tramite Radiocollare, e anche studiato e seguito da specialisti che tutelino la sua presenza evitando che quest'animale selvatico frequenti città e paesi.
Quello a cui penso è un "oasi naturale" da individuare fra le vallate meno popolate della regione.
Perchè l'elemento determinante per evitare nuove e dolorose tragedie è proprio il parametro della DENSITÀ per chilometro quadrato.
Allarghiamo l'orizzonte: attualmente l'orso vive libero e senza creare grossi problemi, soltanto in determinate zone del pianeta: Canada, Alaska, Stati Uniti, Federazione Russa, Scandinavia.
E questo, perchè un predatore selvatico ha bisogno di territori ampi e poco frequentati dalla razza umana.
Ciò che vorrei sottolineare è come il problema degli orsi è molto complesso e paga errori nati già a partire dalla reintroduzione delle prime coppie di esemplari sloveni
Occorre quindi utilizzare la massima cautela, evitanto slogan astratti e superficiali o posizioni ideologiche estremiste che non partano dalla realtà.
Evitare cioè le posizioni distanti dal buon senso che è invece fondamentale in questioni così intricate.
Il buon senso prima di tutto.
Ben diversamente da come la Provincia autonoma di Trento ha gestito il progetto (ovvero senza curarsi del numero massimo di esemplari compatibile con i territori).
Occorrerebbe, quindi stabilire, un numero massimo di esemplari da seguire e a cui dedicare tutte le misure di tutela possibile.
Il numero degli esemplari di un predatore di queste dimensioni, andrebbe quindi riproporzionato alla dimensione territoriale ( in Km quadrati) di un futuro e possibile Parco protetto destinato all'Orso.
Solo così sarà possibile seguire e studiare ogni singolo esemplare e dedicargli la giusta attenzione.
In ogni caso, è certo, che data l'attuale densità della popolaziine umana, nelle vallate trentine, ciò che bisogna impedire è che l'orso si abitui a frequentare le zone di fondovalle ed i centri abitati oltre che a rovistare fra i rifiuti prodotti dalle comunità umane.
Non sarà semplice nè indolore.
Occorre essere realisti e avere i piedi per terra.
La convivenza delle due specie è una vera utopia, nella ristrettezza degli spazi attualmente disponibili.
Forse solo con la creazione di parchi al riparo, dagli ingenti flussi turistici che negli ultimi 15 anni vedono la presenza sulle Dolomiti (oltre che degli italiani e dei residenti), anche di un gran numero di vacanzieri e sportivi da tutti i paesi del mondo (in particolar modo dall'Europa orientale).
Chiudo qui il post, scusandomi per la sua lunghezza. Un Post che vuole essere solo uno stimolo a riflettere e ad approfondire queste tematiche così complesse.
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A proposito della storia dell’orso in Trentino e dell’intenzione di ammazzarlo perché “aggressivo” vorrei soltanto dire che hanno letteralmente fatto un film su quanto sia inutile cercare vendetta nei confronti di un animale selvatico e il nome di quel film è Koda fratello orso (2003) nonché uno dei più validi classici Disney ok grazie ciao
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