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"ROZAL 10" by Alex Cósmico & Zach Kursman is out now!
#thatheathen#miss heathen productions#heathen photography#alex cosmico#zach kursman#rozal 10#music#song#new track
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lost in the heat of it all
read it on the AO3 at https://ift.tt/jpsF56l by cosmico Maggie calls Alex, but it’s Lucy who picks up. Words: 1243, Chapters: 1/1, Language: English Fandoms: Supergirl (TV 2015) Rating: Explicit Warnings: No Archive Warnings Apply Categories: F/F Characters: Alex Danvers, Lucy Lane, Maggie Sawyer Relationships: Alex Danvers/Lucy Lane/Maggie Sawyer Additional Tags: Established Relationship, Non-Chronological, Double Penetration, Strap-Ons read it on the AO3 at https://ift.tt/jpsF56l
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IL BACIO COSMICO
Un artista non avrebbe saputo fare di meglio 😍
Questa meravigliosa immagine ricorda il profilo di un volto che, ad occhi socchiusi, è immerso in un profondo bacio cosmico. All’interno della sua “guancia” (nella zona chiara) vi sono oggetti resi famosi dalle osservazioni del telescopio Hubble, come i Pilastri della Creazione, ben visibili osservando la foto in alta risoluzione.
Stiamo parlando della Nebulosa Aquila (M16), formata da un giovane ammasso stellare dell’età di circa 2 milioni di anni, circondato da nubi di polveri e gas incandescente. M16 si trova a circa 7.000 anni luce di distanza, in direzione della Coda del Serpente.
Autore: Alex Raspante
Vincitore #apodbyastronomia di oggi
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& ginny, sept 18 biblioteca di raven ❝ Mi piacciono tanto le tue lettere. ❞
( ... )
“Mi fa piacere sentirtelo dire, ma non sono lettere che ho scritto io personalmente” disse Alex, distogliendo lo sguardo dal libro che aveva recuperato da una mensola della biblioteca, volgendolo verso Ginny che sedeva a un tavolo dal suo. Il silenzio in quel posto era sacro, non si avvertiva nemmeno una nube di polvere cadere sulle pagine, sulle mensole e sulle sedie, né il legno umido e antico scricchiolare sotto ai tavoli sgombri e alle panche vacanti, le scarpe calpestare il parquet e il lettore più fedele e quieto respirare. Si sentivano soltanto quei due, la prima che parlottava a voce bassa e con tono servizievole, e il secondo, più casinista, che sospirava o sghignazzava sonoramente a seconda di ciò che leggeva. “Sono lettere di Paul Celan, dillo a lui che ti piacciono- peccato sia morto.” si umettò un dito e passò alla pagina successiva. “Trovato nulla di interessante in quella sezione?”
Ginny R. Océane Lagarce
La biblioteca, il profumo della carta stampata e quell'odore inconfondibile di pagine e pagine che sarebbero rimaste impresse nella mente dei più fortunati. Esisteva un luogo più intimo di quello? Ginny s'era sempre sentita a casa tra quegli scaffali, era il suo luogo sicuro assieme al lago e il fatto che sentisse il bisogno di recarsi più volte al giorno in quel luogo la diceva lunga sul suo umore. Intenta a cercare qualche libro per la ricerca che stava effettuando, non mancava di notare i dettagli, come le lettere che stava leggendo Alexander. Era affascinata dall'altrui scelta letteraria, ma nel silenzio di quel giorno, solamente i due giovani si udivano. Una scrollata di spalle fu la risposta della veggente, la quale osservò con attenzione il giovane. « Beh, sono anche quarant'anni che è morto... » ❝ Ci diciamo cose oscure, ci amiamo l’un l’altra come papavero e memoria, dormiamo come vino nelle conchiglie, come il mare nel raggio sanguigno della luna. … È tempo che la pietra accetti di fiorire, che l’affanno faccia battere un cuore. È tempo che sia tempo. È tempo. ❞ Era seduta ad un tavolo di distanza poco prima, s'alzò per andare vicino al giovane e leggere così quell'oscurità che traspariva da quelle stesse frasi. Era impossibile non vedere le similitudini che in qualche modo facevano parte del suo passato. La veggente si ritrovò poi a scuotere il capo, lo sguardo perso verso quegli scaffali che potevano essere interpretate come le mura che lei stessa innalzava. « Dubito di trovare qualcosa di più interessante... Come sei arrivato a Paul Celan? »
Alex Maxwell
Alex amava la lettura in modo quasi viscerale. Non passava giorno in cui non passasse dalla Biblioteca della città prima di mettere piede dentro casa, sul mobile accanto al letto teneva sempre una montagna di libri, il suo bed & breakfast era ben rifornito e metteva a disposizione d’ogni cliente, dal più piccino al più anziano, una vasta stanza con le pareti adibite a libreria. In particolar modo trovava conforto nelle poesie, aveva una conoscenza invidiabile di ogni poeta mai esistito, la prosa era il suo pane quotidiano. “Al contrario di come potrei apparire, leggo molto.” Fu la sua risposta a Ginny. La poesia citata dalla ragazzina Alexandre la conosceva a memoria. “L’autunno mi bruca dalla mano la sua foglia: siamo amici. Noi sgusciamo il tempo dalle noci e gli apprendiamo a camminare: lui ritorna nel guscio. Nello specchio è domenica, nel sogno si dorme, la bocca fa profezia.” Dal modo scomposto in cui era seduto passò a stare in piedi davanti all’amica, facendo cadere un altro libro sul tavolo della biblioteca e causando, in quel modo, un gran tonfo che alzò un po’ di polvere e fece voltare alcune facce nella loro direzione. Alex non vi badò poi molto; continuò a discutere di Paul Celan con Gin. “Mi piace il modo in cui parla della morte e della vita, il suo ripetersi come unica condizione perché irrompa il non ancora. Oh – cosa abbiamo qui?” trascinò una sedia accanto a quella dell’altra e curiosò nelle sue letture. “Cos’è che stai leggendo... mh?”
Ginny R. Océane Lagarce
Leggere era un qualcosa che era diventato insito nell'animo della veggente, fin da quando aveva imparato a farlo all'età di sei anni. Aveva capito fin da subito che la conoscenza era potere, assieme a quel controllo che ultimamente sembrava essere perso. Diversi erano i pensieri che attraversavano la mente di Ginny, ma in quel preciso istante, era il sorriso di chi era divertito ad avere il predominio. Era intrigata dalla scelta letteraria dell'amico, nonché dal suo essere così introspettivo quando l'occasione si presentava come in quel momento. Aveva letto poesie e prose di così tanti autori che avrebbe potuto tenere un convegno sull'argomento della vita e della morte, ma ciò che Ginny cercava, il più delle volte, era il confronto. « Una scelta decisamente interessante la tua... Nonostante non ti facessi così classico. Non so, mi immaginavo altri tipi di letture che potessero tenerti incollato e non un poeta rumeno. » Replicò con quella sua verve che cozzava quasi con quell'aspetto così ricercato ed elegante che ormai era la sua firma. Non si poteva dire che la giovane non fosse fuori dagli schemi, ma quando Alex lasciò cadere il tomo alzando letteralmente tutta la polvere presente all'interno ella biblioteca, Ginny non riuscì a trattenersi dall'alzare gli occhi al cielo. Osservò poi i vari libri che aveva davanti a sé ed in quel momento non riuscì a credere di aver scelto autori decisamente più scontati. Aveva ripreso il suo posto, contornata da libri di ricerche che avrebbero fatto addormentare chiunque. « In realtà è molto più interessante ciò che stai leggendo tu... Sto annegando nelle tradizioni e nelle leggende popolari per una ricerca su come questi possano influenzare le vite dei cittadini del luogo. Credo che abbia vinto a questo giro... »
Alex Maxwell
“Non esserne sorpresa, quando sono fatto leggo anche roba porno. Profonda, ma porno.” Si sentì dire, ricevendo un paio di occhiatacce da persone che, sfortunatamente per loro, lo avevano sentito – e lo avrebbe sentito anche l’anziana donna che sedeva a un paio di tavoli dal loro, se loro questa non si fosse spostata al primo rumore molesto di Alex. Ginny invece non sembrava annoiata o seccata dalla sua presenza, questo ai suoi occhi la rendeva più simpatica rispetto a... tutti quei musi lunghi che se ne stavano in catartico silenzio. La polvere che aveva alzato sbattendo il suo libro sul tavolo gli provocò uno starnuto, ma nonostante quel fragoroso 𝗲𝗰𝗰𝗶̀, Alex riuscì a sentire la risposta dell’amica. E la trovò alquanto noiosa. “Ti sei chiusa in questo ben di Dio per una ricerca su te stessa?” Domandò, corrugando la fronte confuso e battendo un ritmo inventato, continuo, con le dita su un libro polveroso. Prima di quella rivelazione deludente era convinto che Ginny stesse dedicandosi a una lettura più interessante e meno tediosa rispetto a quella che, al contrario, aveva scelto. “Dovresti leggere Dostoevskij o Dumas, o addirittura Agata Christie se proprio ti attrae la lettura noiosa e insipida, non—” si interruppe e gesticolò con la mano, indicando dapprima lei, il suo volto, la sua lunga chioma bionda e le pagine del libro aperto anche al proprio sguardo. “... Questo. Mi stai facendo venire voglia di ubriacarmi come un maledetto poeta annoiato e triste.”
Ginny R. Océane Lagarce
Un ghigno cominciò a sorgere sulle labbra della bionda. Era impossibile non farlo dopo aver appreso quella strana confessione da parte del ragazzo, e di fatto non la stupì nemmeno più di tanto. Aveva sempre visto Alex come un ragazzo fuori dagli schemi, con un suo modo di essere che lo rendevano accattivante agli occhi del genere femminile ma non solo. Ella si ritrovò così a scuotere il capo seppur in modo quasi impercettibile ma non poteva dare tutti i torti al veggente. S'era chiusa lì dentro per una ricerca, ma non era finalizzata a se stessa come aveva pensato il Maxwell, bensì a qualcosa di più grande. « Credimi, la voglia di ubriacarmi è venuta anche a me leggendo tutta questa roba. » Confessò la veggente chiudendo il tomo impolverato che aveva di fronte a sé. Lo spinse un po' più distante da sé, come se in quel momento fosse perfino troppo e dovesse dedicarsi a qualcosa di più frivolo. « Per quanto possa essere interessante, mi sembra di avere la testa che mi scoppia, e tu... Beh, sei la versione di Bukowski dei giorni nostri. Devo aspettarmi qualche raccolta anche da parte tua? O sei più simile a Leopardi con il suo pessimismo cosmico? Per la cronaca, preferirei di gran lunga il primo... Mi era più simpatico. Comunque, non era una ricerca su me stessa, ma per un articolo che avrei dovuto scrivere ma le idee sono precipitate. »
Alex Maxwell
“Fino a ieri la polvere non mi stava sulle palle”, disse, rovistando in una tasca del suo cappotto in cerca di un qualcosa – qualsiasi cosa – per il naso – coprendolo avrebbe evitato di disturbare ulteriormente chiunque con quei starnuti continui – ma non vi trovò niente di interessante e utile, nemmeno ascoltò le parole di Ginny e venne quindi meno alla spiegazione che lei gli stava fornendo circa la sua decisione di mettersi a studiare creaturine stupide. “Hm?” prima ancora che potesse chiederle di ripetersi, l’aula della biblioteca si riempì di un altro suo starnuto. Allora Alex spostò la piccola torre di libri dal loro tavolo e decise di chiudere, in un moto di stizza, anche quello di Ginny. “Ho sentito bene – vuoi ubriacarti e paragonarmi a Bukowski?” dovette ammettere a se stesso che l’idea di andarsene da lì, chiudendosi in qualche locanda della loro cittadina in compagnia dell’amica, ubriacandosi come un otre, lo attirava e parecchio. Sollevò con fare curioso un sopracciglio e guardò Ginny. “Propongo di andare a farci una pinta o due.” Le disse, alzandosi in piedi e tendendo una mano per invitarla ad accettare – e a fare lo stesso: abbandonare il silenzio atavico della biblioteca per un momento di trascinante e folle ebbrezza condivisa. “Ma non devi paragonarmi a Bukowski. In me c’è molta più poesia.”
Ginny R. Océane Lagarce
Sembrava che le parole della veggente fossero state pronunciate al vento, volate via con una folata tra uno stranuto e l'altro. Non poté dunque non comparire un'espressione sorpresa e al contempo perplessa mentre osservava i movimenti dell'amico che in quattro e quattr'otto le chiudeva anche il suo libro. Sembrava che Alex fosse stizzito dalle sue parole, perfino indispettito da quel paragone che la Lagarce aveva menzionato. Non trovava nulla di male nel paragonarlo a Bukowski, non era sfuggito a Ginny la sua replica piccata. « Hai lei idee chiare, mh? » Commentò questa volta Ginny con un leggero sorriso sardonico sulle labbra. Gettò la spugna nel studiare quella roba noiosa che sarebbe stata ancora lì il giorno dopo e anche quello dopo ancora. Per quel giorno poteva semplicemente lasciarsi andare ad una serata di svago. Radunò tutta la sua roba, infilò i libri nella sua borsa e dopo essersi ravvivata i capelli, lanciò un'occhiata maliziosa ad Alex. « Il primo giro lo offri tu. »
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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RECENSIONE: Arctic Monkeys - Tranquility Base Hotel & Casino (Domino, 2018)
Gli inglesi Arctic Monkeys sono ormai da oltre di dieci anni una delle band alternative rock più conosciute del pianeta. Dalle sonorità dance punk sfacciate del debutto Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not e del sophomore Favourite Worst Nightmare sono progressivamente maturati approdando ad uno stile più maturo e cupo di cui hanno dato prova in Humbug, definito da molti come il loro migliore album. Con il confuso Suck It And See la band ha iniziato a non riscontrare la stessa approvazione del pubblico, ma ha voluto comunque continuare per la propria strada, raggiungendo l’apice della mutazione in icone rock dal fascino serio ed impenetrabile con AM, disco responsabile per aver avviato una vera e propria tendenza tra i giovanissimi che non si erano mai avvicinati al mondo dell’alternative rock, ma che d’altra parte è stato quasi disprezzato dai fan di lunga data per il suo taglio troppo commerciale.
Durante i cinque anni di silenzio discografico, successivi allo scoppio della loro fama a livello popolare, la band ha chiuso nell’armadio giacche di pelle e skinny jeans per reinventarsi di nuovo e reindirizzarsi verso un target demografico diverso. In Tranquility Base Hotel + Casino, il loro sesto attesissimo album, ambiscono ad un ammirevole misterioso sound anni 60′ ultra-moderno, con una sorta d’ispirazione per il progresso compiuto negli studi dell’universo in quei tempi. Purtroppo, spesso l’esecuzione lascia a desiderare ed il disco risulta incredibilmente lento e noioso. Mettendosi al pianoforte e componendo le canzoni partendo proprio da lì, il crooner Alex Turner ha dato inizio ad una gestazione insolita per gli Arctic Monkeys che ha finito per ripercuotersi sulla scelta degli altri strumenti, accantonando chitarre e ritmi coinvolgenti e spegnendo la batteria ed accentuando i bassi. In compenso, la sua voce è posta al centro di tutto e la gamma di synth retrò è abbastanza vasta, ma pur essendo piacevoli ed eleganti, proprio non ce la fanno a soddisfare l’orecchio da soli.
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A pervadere Tranquility Base Hotel + Casino è un’intensa sensazione di oscurità e di mistero - un pò come quella del precedente album - ma anche di stasi e di nebbia - aspetti che, invece, non erano mai stati presenti prima e pur potendo incolpare il predecessore di non essere sempre autentico, non si può dire che fosse piatto e poco accattivante. “I just wanted to be one of the Strokes”, si apre così Star Treatment, la prima canzone dell’album, e così Turner decide di alludere al suo passato, ad un’ambizione che aveva, ha raggiunto ed ha deciso di superare; egli ha perso i confini della sua giovinezza in Britannia ed è rimasto abbagliato dall’estetica decadente di Hollywood, perdendosi in una fantasia tutta sua, a metà tra una pellicola noir in bianco e nero ed un film di fantascienza in cui interpreta una vecchia rock star che, alloggiando in un hotel situato sulla luna in cui è più un prigioniero piuttosto che ospite o proprietario, ricorda il suo passato. Già con la successiva One Point Perspective il ritmo lounge rock e la monotonia musicale - insieme a dei piccoli dettagli come le parole drammaticamente scandite di Turner - iniziano a stancare ed appare evidente come sarebbe stato necessario trovare più modi per adempiere ed esplorare a pieno il particolare stile da loro scelto, facendolo sembrare meno unidimensionale e più espressivo - il che non significa cercare di compensare ai propri limiti vocali con un’interpretazione esageratamente teatrale come accade. Inoltre, se in un primo momento gli Arctic Monkeys appaiono devoti alle nuove sonorità, la linea che separa l’ironia e la serietà diventa mano a mano più sottile e tra i personaggi paradossali descritti da Turner sorge il dubbio che il cantante si stia in realtà prendendo gioco di sé stesso e dell’immagine di crooner che ha incarnato. Se così fosse, questa ambiguità à la Father John Misty non porta proprio acqua al suo mulino, in quanto rovina la credibilità di un disco a questo punto solo apparentemente vulnerabile, volto alla redenzione e meno egocentrico.
Psicologie a parte, American Sports e l’omonima Tranquility Base Hotel + Casino fanno ripartire l’album con il piede giusto ed il loro sfavillante taglio cosmico vintage appare più convincente e dinamico; finalmente l’atmosfera si fa più surrealistica e psichedelica grazie all’uso di effetti, riverberi e giochi intricati tra chitarra e basso. A volte la produzione è fin troppo complicata e la band si distrae in virtuosismi superflui dimenticandosi di arrivare al punto, come nel caso delle articolatissime armonizzazioni vocali ed del finale di chitarre di Golden Trunks che ripagano certamente con una bella atmosfera, ma rimane latente la sensazione di pesantezza e poca definizione strutturale. In paragone Four Out Of Five risulta una traccia divertente, lussureggiante e maggiormente organizzata in quanto rispetta dei canoni più pop.
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A questo punto del disco la saturazione del suono raggiunge livelli abbastanza alti e per l’ennesima volta si sente urgente l’esigenza di un respiro maggiore. Le chitarre riemergono spesso, ma la loro presenza rimane sempre subordinata ad una questione di accompagnamento, mentre il fatto che il batterista suoni come se fosse legato è un altro fattore che grava sulla strumentazione poco muscolare ed è assolutamente uno spreco considerate le sue capacità. She Looks Like Fun è uno degli angoli più strani e scoordinati del disco, in cui si susseguono passaggi di chitarra e pianoforte massicci e stordenti ed un ritornello a dir poco spiacevole, in cui la voce di Turner diventa esageratamente ovattata, vicina e grottesca; solo alla fine la strumentale bipolare si distende nell’assolo di chitarra forse meglio riuscito. L’album si chiude precipitando verso Batphone ed Ultracheese, una ripetizione non necessaria di cose già dette nelle tracce precedenti.
La cosa che delude di più è forse il fatto che si senta l’intenzione di fondo di Turner - specialmente dopo più ascolti - il suo voler raccontare la sua storia, ciò che gli è successo dagli inizi, dai tempi in cui era un ragazzino che suonava con la sua band in Inghilterra sognando l’America fino a quando in America ci è arrivato. Sono i sogni della giovinezza confrontati con la realtà della fama, ma il tutto spesso fatica a venire fuori e viene eseguito con una mediocrità che non dovrebbe appartenere ad una band come gli Arctic Monkeys. Tranquility Base Hotel + Casino rappresenta un’operazione di dissoluzione del suono e dell’estetica di una rock band guidati da un’idea. La storia è studiata anche troppo minuziosamente - e di conseguenza le liriche si arricchiscono e diventano sofisticate - per far sì che dietro ad ogni testo criptico vi corrisponda una metafora che celi la verità sulla vita dell’artista. Eppure, sebbene a livello concettuale sia molto coerente, concretamente le canzoni sono più piacevoli se ascoltate a piccole riprese, altrimenti rischia di risultare vecchio e ridondante. Non sempre l’audace sperimentazione restituisce una sensazione di appagamento, al contrario l’album sembra fermo in un costante stato d’introduzione ed è propenso ad avventurarsi in strade senza uscita.
TRACCE MIGLIORI: American Sports; Tranquility Base Hotel + Casino
TRACCE PEGGIORI: She Looks Like Fun; Batphone; The Ultracheese
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Stanley Kubrik e il culto di Saturno ... I due complici invece entrano in Polizia... e naturalmente iniziano a compiere abusi di potere di cui finirà vittima lo stesso loro ex leader. In realtà, Alex, questo il suo nome, una volta reso refrattario alla violenza, finirà vittima di tutti, addirittura delle sue stesse vittime, ad esempio del marito della donna stuprata dalla gang. Il film è pervaso dall'ipocrisia della società al punto che nel finale, Alex per disperazione tenta il suicidio, sarà addirittura messo al potere per giustificare agli occhi dell'opinione pubblica quanto accaduto in seguito al condizionamento mentale. La morale è che tramite il condizionamento mentale è possibile controllare le persone, ma che la vera natura dell'essere umano, essendo subdolamente violenta e stolta, farà si che al potere vi siano sempre i violenti. Non a caso il sistema degli Illuminati deviati basa il proprio potere proprio su questo messaggio: i violenti trionfano sui deboli, favorite la violenza. Anche le ribellioni contro gli Illuminati di cui si legge tanto su internet, sono basate su istigazioni alla violenza. Fateci caso. Metaforicamente si assisteal rito di passaggio di una Umanità violenta che, obbligata a non esserlo più, si ritrova prima vittima essa stessa di violenza, per poi ascenderr al potere riconosciuto dalla società stessa di cui è stata carnefice e vittima. Il rituale di passaggio è possibile individuarlo anche in ~2001. Odissea nello spazio~ dove l'Umanità passa, metaforizzata nella storia del protagonista, da una fase ipertecnologica ma comunque ancora terrestre, ad un nuovo gradino evolutivo di generazione cosmico spirituale, in fusione e perfetta armonia con l'essenza stessa dell'universo dove il tempo si rivela per ciò che esotericamente è: una illusione. FINE SESTA PARTE (Pag 71/72 Tratto da <<Lux Tenebrae Illuminati Il volto occulto del Nuovo Ordine Mondiale>> di Adam Kadmon Priuli & Verlucca Editori)
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