#agricoltura resiliente
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pier-carlo-universe · 15 hours ago
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MedAge Alliance: Sicilia e Sardegna unite per Biodiversità e Salute nel Mediterraneo
Un’alleanza per promuovere la Dieta Mediterranea e valorizzare il patrimonio agroalimentare delle due isole
Un’alleanza per promuovere la Dieta Mediterranea e valorizzare il patrimonio agroalimentare delle due isole Il 10 febbraio 2025, presso la sede PRISM di Palermo, si è tenuta la tavola rotonda “Sicilia e Sardegna: Strategie per la Salvaguardia della Biodiversità Alimentare della Dieta Mediterranea a Tutela della Salute e della Longevità”. Organizzata dalla Comunità Mondiale della Longevità…
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mezzopieno-news · 1 year ago
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L’ITALIA VARA IL PRIMO PIANO SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI
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L’Italia ha approvato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. Il provvedimento è il primo di questo tipo che prevede azioni per la pianificazione e l’attuazione di azioni di adattamento ai cambiamenti climatici nel nostro Paese.
Il Piano comprende 361 azioni rivolte ai sistemi naturali, sociali ed economici, tra cui le aree marine, montagna e criosfera, le risorse idriche, zone costiere, sottosuolo, dissesto geologico e idrogeologico, ecosistemi terrestri, specie alloctone, foreste, agricoltura, pesca, acquacoltura, turismo, insediamenti urbani, trasporti e infrastrutture, industrie, patrimonio culturale, energia e salute. Le azioni a livello nazionale, regionale e locale si inquadrano nella nuova strategia del Green Deal europeo che mira a realizzare la trasformazione dell’Europa in un’unione resiliente ai cambiamenti climatici entro il 2050 e si basa su quattro priorità: un adattamento più intelligente, più sistemico e integrato, più rapido, oltre che una intensificazione dell’azione internazionale.
Il PNAAC è stato approvato in seguito ad un percorso di confronto che ha coinvolto molte realtà della società civile e preceduto da una fase di consultazione pubblica avviata a inizio 2023, sulla quale hanno lavorato enti, associazioni, università e ricercatori in uno sforzo collettivo durato anni. “Finalmente dopo sei lunghi anni dalla prima bozza e dopo ben quattro governi, l’Italia ha approvato il PNAAC” dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. “Ritengo molto positivo che l’Italia si sia dotata del PNAAC dopo tanti anni in cui questo piano avrebbe dovuto essere predisposto” ha affermato Enrico Giovannini dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile ASVIS.
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Fonte: Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica; foto di Ralph W. Lambrecht
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Cop28: Fao, il clima falcidia l'agricoltura per il 40% dei Paesi
Il 40% dei Paesi segnala perdite economiche in agricoltura esplicitamente legate al cambiamento climatico; un settore che diventa quindi sempre più strategico per creare un’economia resiliente e sostenibile. Da qui la necessità di migliorare i sistemi agroalimentari per arginare le perdite e i danni sempre più ingenti. E’ quanto evidenzia il nuovo rapporto pubblicato dalla Fao, a margine della…
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stranotizie · 1 year ago
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- "Il forum che abbiamo organizzato sarà incentrato su due temi principali. Il primo riguarda il ruolo fondamentale che l'agricoltura può avere per il nostro Paese, sia nel presente che nel futuro, e le sue attività, opportunamente modificate per contrastare il cambiamento climatico e il sequestro di gas a effetto serra, in particolare il gas carbonico". Lo ha spiegato Giorgio Piazza, Presidente Fondazione Enpaia,nel corso dle Forum che si è svolto a Roma, aggiungendo "l'agricoltura è una potente macchina per i sequestro di energia carbonica, se indirizzata con scelte adeguate"."Il secondo aspetto - prosegue Piazza - riguarda il ruolo che può avere un ente importante come Empaia, che si occupa di Previdenza, con risorse indirizzate principalmente all'economia reale", ha proseguito Piazza, facendo cenno ad alcuni investimenti "molto performanti" come quello nelle società quotate Bonifiche Ferraresi, "unica azienda agricola quotata in Borsa in Italia ed Europa", e Masi Agricola, che "opera nel settore del vino che è strategico per il nostro Paese". E ancora, cita il sostegno alla crescita del settore lattiero-caseario con Granarolo. "Vogliamo continuare su questa tendenza, ampliandola, per sostenere la crescita delle nostre imprese. Infatti, se le nostre imprese crescono in modo sostenibile, ciò comporta vantaggi anche per Empaia, creando un circolo virtuoso che può generare solo positività per tutti, non solo nel settore agricolo, ma anche per la società nel suo complesso".https://www.youtube.com/watch?v=k_qX93qZ-9A "Il settore agricolo è un molto resiliente, ha dimostrato di essere operativo anche nelle grandi difficoltà, ad esenpio durante l'emergenza Covid, ma certamente la crescita dell'inflazione è un peso, anche per le società agricole che stanno crescendo", ammette il Presidente di Empaia, aggiungendo che anche l'aumento dei tassi "preoccupa" perché può "creare un credit crunch e creare difficoltà anche al mondo agricolo"."Il mondo agricolo però ha dimostrato che, anche nelle difficoltà, è sempre capace di generare positività, per questo ci auguriamo anche una certa attenzione da parte del governo e del Parlamento, normando sugli aspetti fiscali del nostro settore, che sono certamente di vantaggio per le imprese agricole e per la nostra attività di previdenza".A questo proposito, Piazza ha ricordato che esistono due diverse tassazioni tra ifondi pensione e casse di previdenza, con una differenza del 6% a favore dei fondi pensione che pesa molto", mentre una tassazione più bassa potrebbe "liberare risorse che, investite nell'economia reale, potrebbero generare ulteriori positività". Fonte
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cinquecolonnemagazine · 2 years ago
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Agricoltura del futuro: progetti innovativi per una sostenibilità alimentare
L'agricoltura è una delle industrie più importanti al mondo, ma affronta sfide sempre più pressanti come la crescita demografica, il cambiamento climatico e la necessità di garantire una produzione alimentare sostenibile. Per rispondere a queste sfide, sono stati sviluppati progetti innovativi che combinano tecnologie avanzate, pratiche sostenibili e nuovi approcci per ottimizzare la produzione agricola. In questo articolo, esploreremo alcuni dei progetti più interessanti e promettenti che stanno trasformando l'agricoltura e gettando le basi per un futuro più sostenibile. Agricoltura di precisione, il futuro al giorno d'oggi Uno dei progetti più rivoluzionari nell'ambito è l'agricoltura di precisione. Questo approccio si basa sull'utilizzo di tecnologie come l'intelligenza artificiale, i sensori e i droni per raccogliere dati dettagliati sulle colture, il suolo e le condizioni ambientali. Questi dati vengono poi utilizzati per ottimizzare le pratiche agricole, riducendo l'utilizzo di acqua, fertilizzanti e pesticidi, migliorando la produttività e riducendo l'impatto ambientale. Agricoltura verticale L'agricoltura verticale è un progetto innovativo che mira a coltivare le piante in strutture verticali, come grattacieli o container. Questo approccio sfrutta al massimo lo spazio disponibile, consentendo di coltivare grandi quantità di cibo in aree urbane e limitando l'uso di terreni agricoli. Utilizzando l'illuminazione a LED, la coltivazione idroponica e sistemi di controllo climatico avanzati, l'agricoltura verticale offre un'elevata efficienza energetica e la possibilità di produrre alimenti freschi e locali tutto l'anno. Agricoltura digitale L'agricoltura digitale combina l'utilizzo delle tecnologie digitali, come l'Internet delle cose (IoT) e la gestione dei dati, con l'agricoltura tradizionale. Questo permette ai coltivatori di monitorare e controllare i processi agricoli in tempo reale, migliorando la gestione delle colture, l'irrigazione e la raccolta dei dati. L'uso di app mobili e piattaforme digitali permette ai contadini di accedere a informazioni cruciali, previsioni meteorologiche e consigli agricoli personalizzati, migliorando l'efficienza e la produttività. Agricoltura rigenerativa L'agricoltura rigenerativa è un progetto che si concentra sulla ripristino della fertilità del suolo, la promozione della biodiversità e la riduzione dell'impatto ambientale. Questo approccio innovativo mira a creare sistemi agricoli più resilienti, in grado di rigenerare i terreni, ridurre l'erosione e la perdita di biodiversità, e sequestrare il carbonio dall'atmosfera. L'agricoltura rigenerativa promuove anche l'integrazione di colture diverse e pratiche agricole tradizionali, come la rotazione delle colture e l'uso di fertilizzanti organici. Nuove strade, nuove frontiere I progetti innovativi in agricoltura stanno aprendo nuove frontiere nella produzione alimentare sostenibile. L'uso di tecnologie avanzate, come l'agricoltura di precisione, l'agricoltura verticale, l'agricoltura digitale e l'agricoltura rigenerativa, sta contribuendo a ottimizzare le pratiche agricole, ridurre l'impatto ambientale e garantire una produzione alimentare sostenibile per le future generazioni. Questi progetti rappresentano un'opportunità per affrontare le sfide globali legate all'approvvigionamento alimentare e per creare un sistema agricolo più resiliente, efficiente ed ecologicamente sostenibile. Foto di KBCH da Pixabay Read the full article
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buonista · 6 years ago
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Comunità intenzionali
In un gioco tra amici, abbiamo immaginato di darci a vicenda un nome alternativo a quello reale. Quando è arrivato il mio turno, li ho ricevuti tutti religiosi e pacifici, con una larga prevalenza di Christian: per i miei amici, uno con la mia faccia, il mio fisico e il mio modo di fare dovrebbe chiamarsi Christian. Un nome per me sorprendente, viste le mie attitudini anticlericali, che forse sono diventate meno vistose rispetto a quando ero giovane: ma forse è sempre difficile accettare per la seconda volta un dome dato da altri, dopo quello che i tuoi genitori – e senza ancora nemmeno averti visto in faccia – ti diedero a priori.
Inoltre, riguardo a Christian, sapere che trasmetto questa immagine di bontà all'esterno mi ha messo un po' di inquietudine, perché temo di non esserne all'altezza. In compenso mi diverte pensare alla possibilità di guardarmi allo specchio e dire «che cazzo fai, Christian!».
Nel quartiere di Christiansavn a Copenhagen, c’è un posto chiamato Freetown Christiania dove oggi abitano un migliaio di persone. È una comune anarchica nata nel 1971, sull'onda delle utopie dell'epoca, e più precisamente si può definire una comunità intenzionale: ambiente nato con lo scopo di mantenere un’alta coesione sociale tra i loro componenti.
Di queste comunità intenzionali (pur non chiamandole così) parla anche un libro che sto leggendo in questi giorni: Il metodo Ikigai, di Héctor Garcìa e Francesc Miralles: I segreti della filosofia giapponese per una vita lunga e felice.
Gli autori (che citano altre ricerche di Dan Buetter, in Lezioni di lunga vita) hanno identificato cinque zone nel mondo che presentano casi di longevità eccezionale. In tre di questi casi si tratta di isole, e questo si può capire, perché stare su un'isola incentiva la coesione tra gli abitanti. La prima è infatti il nord di Okinawa, in Giappone, dove tra l'altro si trova il cosiddetto “villaggio dei centenari”.
Sulla speranza di vita influisce positivamente il concetto di moai: il gruppo di amici intimi, che condividono gli stessi interessi e si aiutano a vicenda.
I membri del moai devono versare una quota mensile. I soldi raccolti vengono usati per le attività del gruppo, a cui tutti i membri possono partecipare: per esempio le assemblee, le cene, il gioco degli scacchi giapponesi (shogi) e quello cinese antichissimo del go.
Se avanza denaro, viene distribuito a un membro a rotazione. E se un membro del gruppo è in difficoltà economiche, questo versamento si può anticipare per aiutarlo. È una forma primitiva di risparmio gestito, che favorisce la stabilità finanziaria e dunque anche quella emotiva.
Un esempio estremo e inquietante di comunità intenzionale è il film Un affare di famigliadel giapponese Hirokazu Koreeda, Palma d'Oro a Cannes 2018. Come dice il titolo, racconta vicende legate a una famiglia, e fino a qui niente di strano: senonché veniamo progressivamente a scoprire che quella “famiglia” è una famiglia di fatto ma non di nome, essendosi i suoi elementi incontrati in varie situazioni senza avere tra loro legami di sangue. Insomma si sono scelti e hanno più o meno consapevolmente accettato di fare parte di una famiglia inesistente. Anch'essa è in un certo senso una comunità intenzionale insomma.
Legato al concetto di comunità intenzionale è anche quello delle transition town, il movimento delle “città di transizione” che si propongono di rendere meno catastrofico l'impatto con la prossima fase del nostro pianeta: quella in cui verosimilmente gran parte delle città tradizionali verranno sconvolte dall'impatto del riscaldamento globale e l'esaurimento delle risorse petrolifere. Il movimento delle transition town è stato fondato dall'esperto di permacultura Rob Hopkinsa Kinsale (Irlanda) e Totnes (Inghilterra) tra il 2005 e il 2006. Nel suo saggio Energy Descent Action Plan, il fondatore esprime le sue proposte di tipo resiliente sui temi dell'energia, della salute, educazione, economia e agricoltura. Il primo scopo di una città di transizione è quello di raggiungere l'indipendenza energetica. In Italia, uno dei primi paesi riconosciuto dal network di Transition Town è stato Monteveglio in provincia di Bologna.
Ma torniamo a Christiania. Christiania prende il nome da Cristiano IV di Danimarca. Nato nel 1577 e morto nel 1648, è il monarca scandinavo che ha regnato più a lungo (59 anni). La casata era quella degli Oldenburg. All’epoca esisteva un unico regno di Danimarca-Norvegia, ed era una monarchia elettiva. All’età di 3 anni Cristiano era già stato scelto come successore da suo padre Federico Secondo. Quando questi morì, nel 1588, Cristiano ne aveva 11 ed era ancora troppo piccolo per regnare. Lo Stato fu dunque guidato da un consiglio di reggenti fino al raggiungimento della maggiore età del principe, che fu incoronato il 29 agosto 1596 all’età di 19 anni. Pochi giorni prima aveva firmato il documento chiamato haandfaesting, l’equivalente scandinavo della Magna Charta, che a ogni sovrano spettava sottoscrivere.
Nel 1606 fece visita a suo cognato James Sesto di Scozia, re di Inghilterra. Entrambi erano buoni bevitori e potevano bere grandi quantità di alcol senza ubriacarsi. Lo stesso non si poteva dire però per gli altri componenti della corte: lo spettacolo svoltosi per l’occasione (un ballo in maschera, forma di intrattenimento allora in voga) fu descritto come un clamoroso insuccesso perché i partecipanti caddero a terra da quanto erano ubriachi.
Oggi ci sono molti motivi per i quali Cristiano IV viene ricordato e tuttora ammirato dal popolo danese. Fu lui per esempio a mandare un gruppo di esploratori alla conquista della Groenlandia, e da lì in America. Lo scopo era trovare il famigerato passaggio a Nord-Ovest che avrebbe consentito di ottenere un accesso navigabile all’Oceano Pacifico.
La spedizione guidata da Jens Munk arrivò nel 1619 con due navi nella zona che più avanti prenderà il nome di Churchill, nella baia di Hudson (Canada). La missione si concluse con la morte di quasi tutto l’equipaggio di 64 persone durante l’inverno. Furono solo tre i sopravvissuti che poterono ritornare in Danimarca.
Molti secoli prima di questa spedizione (e anche molto prima di Cristoforo Colombo) erano stati i guerrieri Vichinghi ad attraversare l'Atlantico partendo dalla Scandinavia, raggiungendo anche loro il Canada e stabilendo un insediamento a Newfoundland. Nel 2010, alcuni ricercatori hanno riprodotto una delle loro navi, per replicare questo viaggio leggendario.
A questo popolo è dedicata anche la serie Netflix dal titolo appunto The Vikings. Sicuramente è interessante anche se sono un po' stufo di queste storie medievali dove gli uomini sono tutti guerrieri e le donne solo carne da stupro. A volte penso che vorrei vedere una serie dedicata alla noiosa e pacifica vita di una famiglia di contadini.
«Cosa fa un uomo?» chiede il papà vichingo al bambino la notte prima della cerimonia di iniziazione. «Combatte», risponde il bambino. «E poi?» chiede ancora l'uomo. «Protegge la sua famiglia», risponde l'aspirante uomo. Un modello di comportamento che oggi non funziona più, anche se per molti è tranquillizzante.
Tornando a Cristiano IV, egli fu molto legato alla Norvegia, in cui passò più tempo che ogni altro sovrano danese. Dopo l’incendio durato tre giorni che distrusse Oslo nell’agosto del 1624, decise che la città non fosse ricostruita nella stessa area, ma si spostasse in un’altra, presso la fortezza di Akershus. Questa città totalmente nuova fu chiamata Christiania, un nome che ha mantenuto fino al 1925 quando ha ripreso quello originario di Oslo.
Ma adesso cambiamo argomento, e parliamo di una cittadina chiamata
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pastarizzelli · 3 years ago
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"Da guerra a clima, piano Fao per agricoltura resiliente " https://t.co/UCje78Tqza #gusto #food #cibo
— Pasta Rizzelli (@Rizzellipasta) May 19, 2022
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soc16innesti · 5 years ago
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niente è più come prima
di Silvia Petronici
senseOFcommunity #16 // CA’ INUA 
L’innesto è una pratica agricola con un enorme valore simbolico.  Dal momento che due esseri si incontrano tutto cambia.  L’uno diventa due e il due ritorna uno includendo l’intera molteplicità come condizione della sua esistenza.  Una nuova consapevolezza che giunge alla coscienza cambia l’intero assetto delle nostre credenze includendo in esso la visione di un mondo nuovo che prima non si vedeva, non c’era, forse.  
La formula del lavoro in questo progetto che intitolai senseOFcommunity, fin dalla sua prima edizione nel 2013,  punta tutto sull’incontro, cerca, in ogni passaggio, di creare le migliori condizioni per favorire la relazione come luogo della creazione ma anche della comprensione e dello sviluppo di soluzioni poetiche alle domande che ognuno porta con sé, incontra lungo la strada della ricerca, domande che, per gran parte, ci riguardano tutti.
Persone, artisti, curatori, ricercatori, insieme in un luogo che, dopo alcuni momenti iniziali di esplorazione e di allineamento, inizia a parlare, porta messaggi e, a sua volta, domande.  Quindi, persone, piante, animali, spazi aperti, edifici, il vento, la terra, l’acqua che beviamo e il cibo che ci attraversa, tutto questo mondo di esseri, situazioni e storie si incontra, cambia.
Da quando è stato chiaro che la situazione globale del clima avrebbe messo seriamente in discussione la nostra presenza in questo ecosistema, niente è più come prima.  Il mio lavoro è cambiato, io sono cambiata. E, con me, questo progetto di ricerca che, proprio in quanto tale, non poteva non seguire il cambiamento, cercare di comprenderlo, tentare di condurre la pratica artistica verso la ricerca di soluzioni.
A piedi nudi ballano i santi.
Ancora una volta, gli artisti e i curatori, tolti gli orpelli dello stile, lasciate le categorie del linguaggio codificato nel sistema dell’arte, disattese con energia le regole del mercato, hanno ascoltato la canzone della terra.  Hanno lavorato, al servizio, a piedi nudi.  In questo modo sono emersi lavori radicali, nel senso dell’impegno sociale e contemporaneamente radicanti, nel senso dell’indagine dentro la dimensione comunitaria del fare poetico condiviso. Mettere radici nel sentimento di un luogo, creare intorno ad esso una comunità di cura, ci ha condotti a svelare il valore simbolico della pratica agricola come pratica inevitabilmente comunitaria.
La riflessione sulla pratica agricola genera una consapevolezza che noi “urbani” che torniamo alla terra abbiamo bisogno di mettere a fuoco, forse di ricordare o forse, proprio, di ricostruire innestando la nostra storia nelle storie che ci vengono incontro.  La consapevolezza del rapporto simbiotico con la natura.  
Condividiamo e abitiamo la terra insieme alle altre forme di vita, siamo inclusi in un sistema complessivo di forze che per mantenersi in equilibrio richiede equità, sapere, generosità e propensione all’alleanza.  Piante e animali, montagne e oceani, stelle e cieli infiniti ci determinano per ciò che siamo di più e prima di qualsiasi nostra volontà o principio o dimensione.  Da soli non saremmo niente, non potremmo esistere, gli amminoacidi alla base del nostro dna sono stati generati dalle stelle, respiriamo perché le piante respirano, l’ossigeno deriva dalla fotosintesi, mangiamo i frutti delle piante, camminiamo perché la gravità ci tiene ancorati al suolo.
Il fare agricolo che sintetizza la relazione di cura reciproca tra noi e le piante mette in gioco la relazione fondativa da cui deriva la possibilità stessa della nostra esistenza.  
Divenire comunità significa comprendere l’essenziale mescolanza del molteplice di cui siamo fatti. La comunità cui la ricerca degli artisti in questo progetto si è dedicata è quella delle persone e delle piante e degli animali e delle pietre e di tutto ciò che esiste e ci tocca mutandoci continuamente.
La mostra, esposta nello spazio di ricerca curato da Panem Et Circenses, il Centro per l’Arte Contemporanea sulla Cultura Alimentare (CACCA), risulta dal percorso compiuto dagli artisti e dalle curatrici durante la residenza, senseOFcommunity #16 / Come le piante, svoltasi dal 4 all’11 settembre a Ca’ Inua, azienda agricola e progetto di arte contemporanea sull’Appennino bolognese, nel comune di Marzabotto.
Le opere esposte sono una ulteriore elaborazione che conduce gli esiti di quelle ricerche oltre la dimensione specifica del loro luogo d’origine, su un piano condiviso, formale e concettuale, con i partecipanti alla mostra.  
 senseOFcommunity è un progetto che invita artisti e curatori a intraprendere un percorso di coinvolgimento fino alla creazione di una comunità di partecipanti all’opera partendo da sé, dalle proprie capacità di ricognizione delle forze in campo, dal proprio stare in una determinata situazione con determinate persone in costante confronto con tutto ciò che vive e si manifesta in quel luogo, persone, piante, animali, storie, ricordi e molto altro.
Imparare a misurarsi con la semantica degli spazi, infatti, con la loro estensione relazionale, con le storie oltre che con le geometrie, è, a mio parere, di grande valore e una disciplina utile in generale allo sviluppo delle idee e dei comportamenti nella sfera dell’arte.
Nell’ambito del determinato approccio alla ricerca rappresentato da senseOFcommunity, lo studio di questa tipologia di interventi artistici si propone in sintesi come uno studio sullo spazio, appunto, nella sua dimensione simbolica e nella sua densità di luogo abitato.  
Gli artisti che operano site specific osservano e lavorano con le connessioni esistenti e con quelle da riattivare tra il luogo e la comunità che lo abita, sollevando interesse e affezione verso aspetti meno noti  della memoria collettiva. A questo scopo, attraverso dispositivi poetici di relazione, tentano il coinvolgimento delle persone, ascoltano le storie, ripensano sogni e bisogni, provano a colmare lacune, a investire sulla relazione.
 Ca’ Inua è, a prima vista, un’azienda agricola. Osservando meglio e parlando con i fondatori, il collettivo Panem Et Circenses, Alessandra Ivul e Ludovico Amedeo Pensato, si capisce che Ca’ Inua è un’opera d’arte e, precisamente, un’opera di arte pubblica partecipata, un progetto artistico community based con chiari obiettivi di valore sociale che unisce pratiche agricole e pratiche comunitarie attraverso dispositivi costruiti nell’ottica delle pratiche artistiche di partecipazione.
Questa edizione di senseOFcommunity si proponeva di indagare la relazione tra l’arte (le cui pratiche abbiano un  approccio site specific o territory related) e l’agricoltura, come una relazione derivata dalla relazione tra l’arte e il cibo o, meglio, il nutrimento o meglio ancora, il legame con la terra.
Pertanto, le artiste ospiti, che, insieme a Panem Et Circenses, hanno lavorato durante la residenza, Virginia Lopez e Valeria Muledda, si sono trovate a farlo dall’interno di un’opera concepita con gli stessi presupposti della ricerca che stavano percorrendo mantenendo un filo di continuità e connessione molto forte con le loro stesse ricerche.  Valeria Muledda con il suo progetto Studiovuoto – Studio di architettura che non costruisce indaga lo spazio come dimensione dell’esistenza, “l’azione dell’abitare lo spazio e la Terra”. Virginia Lopez ha fondato un analogo di Ca’ Inua nelle Asturias, PACA, Projecto Artisticos Casa Antonino, dove pratiche agricole e pratiche comunitarie sono osservate con il linguaggio di quella parte dell’arte contemporanea che indaga il rapporto tra le persone e i luoghi, le storie e i segni nel paesaggio.
Questa residenza, al suo interno, a sua volta, ospitava una masterclass per curatori che, quindi, hanno potuto lavorare all’interno di questo speciale modulo di ricerca a stretto contatto con i tre artisti in residenza.
Si è trattato di un lavoro intenso, una completa sospensione del tempo ordinario e una totale immersione nella ricerca condivisa.  Vita e lavoro tutti insieme, quattro curatrici, quattro artisti e me lungo otto giorni di coabitazione e convivenza.  Le curatrici insieme a me hanno potuto osservare l’emersione di tre percorsi di ricerca: la pratica dell’innesto; l’identificazione con un luogo della persona che lo vive; la progettazione partecipata di una Food Forest.
Virginia Lopez ha esplorato  la pratica materiale dell’innesto, da un lato e quella simbolica, dall’altro, dove ciascuno di noi è coinvolto nel mutare ed essere mutato dall’incontro con un luogo e con tutto ciò che comprende e vive al suo interno: tutti noi dentro l’opera di Ca’ Inua, gli artisti che tornano alla campagna, le pratiche dell’arte che intercettano e, forse, per gran parte, salvano le pratiche comunitarie, sono solo esempi che derivano da questa riflessione.
Valeria Muledda compie insieme a Costantino, il proprietario del castagneto confinante con i terreni del podere di Ca’ Inua, un viaggio poetico tutto dentro la relazione con il castagneto, il luogo che Costantino ama e custodisce, nel quale ogni giorno lavora. L’esito di questo viaggio è la scrittura di una storia di quel luogo nella cui narrazione si passa dalla terza persona (“il mio castegneto è …”) incredibilmente e con grande commozione alla prima persona (“io sono il castagneto”).
Panem Et Circenses, immersi dentro Ca’ Inua con tutta la loro vita di artisti, famiglia, membri di una comunità, giungono alla conclusione che può esistere un’agricoltura sentimentale e che non sia meno produttiva o efficiente rispetto ai bisogni per cui la si pratica. Si rivolgono alla piccola comunità temporanea dei residenti di questo progetto e ci chiedono di portare noi stessi e ognuno la propria preziosa specificità
– ciò che si sa e ciò che si è sono punti di partenza utili per costruire qualsiasi ambiente resiliente – a prescindere da presunte competenze tecniche agroforestali.
Da qui si sono piano piano chiariti i progetti artistici, gli impianti teorici e gli obiettivi, fino a giungere alla forma di una prima restituzione l’ultimo giorno della residenza con la partecipazione di tutte le persone coinvolte in un’azione collettiva che intrecciava i diversi percorsi di ricerca esplorati durante la residenza.
La mostra, infine, comporta una seconda fase formale, data la circostanza espositiva specifica e, a questa ulteriore fase, sono associati gli apparati critici, l’ultimo esercizio per le curatrici della masterclass.
 In conclusione.
 Niente è più come prima.
La filosofia del soggetto e dell’individuo non funziona.  Le separazioni sono pratiche ma non essenziali. L’innesto è inevitabile.
Tutto è mescolanza e noi siamo tutto, insieme a ciò che esiste. Un immenso organismo che abita questa dimensione composto di forme di vita in simbiosi.
Wittgenstein sosteneva che ci sono forme di vita che non sono fatte per comunicare, questo però non significa che non siano connesse e che non dipendano per vivere (e determinarsi) dalla stessa relazione con l’ambiente.
Per fare solo un esempio, un credente e un non credente non si capiscono quando parlano perché non condividono la stessa visione del mondo e quindi il loro piano di credenze derivate è talmente differente che di fatto appartengono a due mondi diversi. Una montagna e un bambino, un albero e un e una formica, un marinaio e un minatore. Tutto, però, ha una forma, evolve, genera e lo fa a partire da una base di possibilità per l’esistenza che sono comuni e che, intersecandosi tra loro, danno vita alla trama del mondo che conosciamo.
  Nota:  testo parzialmente tratto dall’intervista fattami da Francesca Di Giorgio per la rivista Espoarte, Chi sa danzare a piedi nudi? Un’intervista sul valore sociale dell’arte, 25 settembre 2019
 Veloci riferimenti bibliografici: Emanuele Coccia, La vita delle piante. Metafisica della mescolanza, Il Mulino, Bologna 2018; Daniele Zovi, Alberi sapienti antiche foreste. Come guardare, ascoltare e avere cura del bosco, Utet, Milano 2018; Ludwig Wittgenstein, Lezioni e conversazioni sull’etica, l’estetica, la psicologia e la credenza religiosa, Adelphi, Milano 2001; Qing Li, Shinrin-yoku. Immergersi nei boschi, Rizzoli, Milano 2018
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giulianuma · 5 years ago
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L'agricoltura, troppo spesso utilizzata come semplice strumento di propaganda elettorale, torna al centro dell'azione di governo. Con la manovra, infatti, il settore diventa il perno del Green New Deal. ☑️ Un'agricoltura più accessibile, con credito di imposta e esenzione IRPEF per tutte le imprese agricole. ☑ Un'agricoltura resiliente, che si attrezza per combattere gli effetti dei mutamenti climatici e le fitopatie. ☑ Un'agricoltura che investe su ricerca e innovazione, tramite la stabilizzazione dei ricercatori del Crea e gli investimenti in "Agricoltura 4.0" e blockchain. ☑ Un'agricoltura sostenibile, con incentivi alla transizione ecologica e lo stanziamento di nuove risorse per lo sviluppo del biologico. ☑ Un'agricoltura più "rosa", con la creazione di un fondo di 15 milioni di euro per l'imprenditoria femminile. ☑ Un'agricoltura più competitiva, grazie all'introduzione del credito d'imposta per gli investimenti in beni strumentali e formazione. C'è ancora molto da fare, ma un primo passo fondamentale è stato fatto. Un'Italia più verde e più forte passa anche dalla valorizzazione del suo straordinario territorio. (presso Asti) https://www.instagram.com/p/B60fpuEioDS/?igshid=fx7oqsiyp2z6
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learninganthropocene · 5 years ago
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Intervento del professor Pettenati: CIBO e antropocene
Il cibo e i sistemi che usano il cibo sono fattori di trasformazione del territorio tanto da costruire una delle variabili che hanno trasformato la terra al punto di poter parlare di antropocene. 
Sono innumerevoli le variabili che hanno portato ad una trasformazione della terra così marcata, così pervasiva tanto da parlare dell'inizio di una nuova era geologica. Il cibo è un forte elemento di trasformazione territoriale ed in quanto tale è questione geografica.
QUANDO INIZIA L’ANTROPOCENE?
Una delle questioni centrali sono i fattori e i tempi con cui la terra è stata influenzata dall'azione umana al punto da ipotizzare l’ingresso in una nuova era.
Nella maggior parte del dibattito la questione centrale è l'utilizzo diffuso di combustibili fossili per la produzione di energia: per muoversi, far funzionare le macchine a vapore, per avviare i processi industriali, per riscaldarsi, per l'illuminazione. Dalla fine del Settecento, quindi dalla rivoluzione industriale, il massiccio sfruttamento del carbone come combustibile che poi via via ha portato all'utilizzo di risorse fossili come il petrolio. Però c’è chi sostiene che  la trasformazione della terra da parte dell'uomo in maniera così massiccia sia iniziata molto prima, decine di migliaia di anni fa, quando l’uomo ha iniziato a modificare fisicamente la terra per produrre cibo.                                                  Il trasformare la terra per produrre cibo in tutte le culture ha un fortissimo valore simbolico: la terra viene violata, si scavano buchi, si trasformano le forme della terra, quindi atto di violenza.                                                                                  Il primo elemento è quindi la fortissima rilevanza culturale della trasformazione del terreno per produrre cibo. Gli uomini raccoglievano, cacciavano, si spostavano in continuazione. Con l'introduzione dell'agricoltura, l’uomo diventa sedentario: all'inizio in maniera temporanea, quindi coltivava per un periodo e si spostava (non sapeva ancora come evitare che il sovrasfruttamento facesse perdere terreno, non sapeva rigenerare terreno fertile). Poi via via, con lo sviluppo di certe tecniche, l'uomo si è insediato in modo stabile; dal punto di vista territoriale questo è l’avvento della città, della società urbana. La stanzialitá ed il conseguente aumento della produttività hanno fatto sì che la società si potesse stratificare, dando così vita al fenomeno urbano.
Chiave di lettura possibile: cibo alla base della trasformazione territoriale.
La produzione di cibo era caratterizzata da un surplus che consentiva ad alcuni membri della società di non dedicare tutto il proprio tempo ed energie per produrre cibo, ma potevano fare altro, mentre prima il lavoro di tutti era produrre cibo per vivere. Le persone liberate dall'obbligo di produrre cibo facevano due attività all'inizio: si occupavano della difesa dell’insediamento, oppure si occupavano del sacro, si struttura così la componente religiosa.
Se noi pensiamo all'effetto, all'impatto che la produzione di cibo ha sulla terra vediamo come può essere pensato come una trasformazione così pervasiva del sistema terrestre. Non è slegato dai combustibili fossili. Il modo in cui oggi produciamo cibo si basa prevalentemente sui combustibili fossili per varie cose.
PRODURRE CIBO TRASFORMA LA TERRA
Il cibo è quindi una componente importante dell’antropocene.
Degradazione dei suoli. Il suolo è uno strato superficiale che ricopre tutta la terra, l’unico ad essere fertile. Senza di esso non potremmo coltivare. L’attuale sistema di produzione agricola ha portato ad un enorme degradazione del suolo, che avviene per varie ragioni: per erosione (a causa di acqua, vento, spostamento fisico da parte dell’uomo: lo copre, lo impermeabilizza, annullandolo). MA il suolo può essere spostato a rendere fertile altre zone. Degrado del suolo in aree a fortissima densità di popolazione, caratterizzate da fenomeni climatici sempre più estremi, agricoltura intensiva-estensiva e fortemente industriale, con successiva perdita di fertilità ed utilizzo di fertilizzanti chimici per agevolarla.  L'attuale sistema di produzione basato su una coltivazione intensiva ha portato a un livello di degrado elevato del 33% delle superfici coltivate nella terra.                                                        Scavi sul monte rosa sopra Taragna, ci sono dei suoli risalenti a 40000 anni fa.
Produrre cibo implica un grande utilizzo di acqua. Mediamente produrre 1 kg di pomodori comporta l’utilizzo di 13 litri di acqua, per 1 kg di carne di manzo 160 mila litri di acqua. Questo fa sì che la produzione agricola è responsabile almeno del 70% dei consumi di acqua globali, dato però in aumento. Il trend di prelievi di acqua dimostra una linea di crescita esponenziale: certe filiere prevalenti, aumento della popolazione →  insostenibilità sociale e ambientale e inquinamento dello stato delle acque. Nel 2016 il 63% delle acque superficiali italiane aveva all’interno una soglia oltre al limite di attenzione di pesticidi.
Emissione di gas serra. L’agricoltura (e l’allevamento sono responsabili per il 24% dell’immissione nell’atmosfera di gas sera. Di queste la quota principale è data dall’allevamento intensivo, per varie ragioni: produzione di mangimi, vari fertilizzanti per i mangimi, emissioni gassose degli animali, tutti gli scarti solidi e liquidi degli animali fermentatono e vengono dispersi in emisfera. L’allevamento comporta 14,5% dell’emissione di gas serra totale. 
Biosfera. L’agricoltura intensiva hanno portato alla radicale di alcuni ecosistemi (binomi: sistemi di esseri viventi), alcuni sono talmente tanto trasformati da esser diventati antromi (biomi nei quali l’uomo è al centro) → Estinzione di molte specie, selezione delle specie, poche varietà delle stesse specie (su scala globale ci sono 5000 specie di mele ma sul mercato globale ne troviamo 5, abbiamo dunque poche e determinate varietà di una determinata specie), sistema poco resiliente, limitato (il mercato agroalimentare mondiale è dominato da pochissime qualità di piante). Un esempio chiaro è la banana, se qualcuno di voi è stato in un paese tropicale si sarà accorto di quante diverse tipologie di banane ci sono, molto diverse da quelle di cui noi siamo abituati a mangiare. Quasi tutte le banane che arrivano sui mercati internazionali, da noi ne arriva solo una che si chiama Grand nain ed è una varietà selezionata, ma il fatto che sul mercato nazionale ci sia solo questo tipo di banana significa che 99% delle piantagioni di banane appartiene a quella specie. Se quella specie si dovesse ammalare, con un parassita che lo infetta e la malattia si propaga da una pianta all’altra, la produzione di banane crolla. Avrebbe un impatto enorme. Lo stesso discorso vale per la carne che proviene da soli 3 tipi di animale: manzo, pollo e maiale. L’allevamento di polli, carne più consumata al mondo, è il meno sostenibile (la popolazione di gallus gallus domesticus, di oltre 20 miliardi di esemplari, è l’uccello più presente al mondo ma in Europa la popolazione dei polli da allevamento è superiore a quella del totale degli esemplari delle 144 specie di uccelli).                                                                                   Gli OGM sono la prova del nostro impatto sulla biosfera, in Italia sono praticamente proibiti anche se non del tutto vero. iLa maggior parte del cibo industriale contiene prodotti originati dal mais, proveniente in gran parte dagli USA, dove invece sono utilizzati. Il dilemma dell’onnivoro, Michael P. parte da una constatazione: gli onnivori, di cui l’uomo è la specie principali, è tra le poche specie che nel momento in cui mangia si pone la domanda di cosa mangiare di fronte ad una vasta scelta. Abbiamo quindi una componente animale ma anche socio culturale che ci permette di mangiare cibi provenienti da altre parti del mondo (food environment). M.P ha portato avanti un esperimento, cibandosi di cibi provenienti da tre filiere differenti, ricostruendole a monte: una filiera agroalimentare, ricostruendola a monte; una filiera biologica e una di caccia-raccolta.È evidente che l’impatto sull’ambiente di un animale allevato in maniera intensiva o di un animale allevato in maniera selvatica, è diverso.
I sistemi del cibo sono impattanti già di per se, ma questo impatto è stato accelerato dall’entrata nel sistema di alcune variabili: i combustibili fossili, il capitalismo e la globalizzazione.
Non tutti i sistemi del cibo hanno lo stesso impatto sull’ambiente: il sistema del cibo agroindustriale appartenente ad un mercato globalizzato ed estremamente capitalista, ha un impatto devastante sulla Terra.
Filosofa della scienza Donna Haraway, -l’antropocene dato da un modello di sfruttamento del territorio, le piantagioni, PLANTATIOCENE -CAPITALOCENE sistema che trasformail territorio in modo marcato e pervasivo, trasformando radicalmente equilibri del sistema.
Come sfamare 11 miliardi di persone senza distruggere il pianeta? L’accesso al cibo più sostenibile c’è, ma non tutti hanno questa possibilità → come aumentare la scala di accesso a questo cibo? →  questione di giustizia spaziale 
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commercialistadiroma-blog · 8 years ago
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Clima e energia 2030, Agrinsieme: riconosciuto dal Parlamento Europeo il ruolo dell’agricoltura
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(Teleborsa) – La Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo (Comagri) ha accolto la relazione dell’onorevole Nicola Caputo sulla proposta di regolamento relativo alle riduzioni annuali vincolanti delle emissioni di gas a effetto serra a carico degli Stati membri nel periodo 2021-2030 per un’Unione dell’energia resiliente e in relazione agli impegni assunti con l’accordo di…
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cinquecolonnemagazine · 2 years ago
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Vendemmia, il significato di un "evento" arrivato in anticipo
Il significato della vendemmia dai più piccoli ai più grandi è uno solo: il cambio dall'estate all'autunno. L'uva da vino viene trasformata ma quest'anno è arrivata in anticipo. Perché? Vendemmia, il significato Sapete qual è il significato della vendemmia? Quella che potrebbe sembrare una domanda "sciocca", in realtà nasconde alcune difficoltà. Pregiudizio di molti è quello di vedere la vendemmia come il solo procedimento che vede l'uva "pestata" con i piedi e "magicamente" trasformata in uva. La verità è "ben più complessa". La vendemmia è il momento in cui l’uva da vino viene raccolta e portata in cantina per dare il via al processo di vinificazione, che con la fermentazione alcolica degli zuccheri contenuti negli acini maturi trasformerà il mosto in vino. La vendemmia rappresenta non solo un evento annuale legato al lavoro in vigna, ma anche un rituale inserito nelle tradizioni agricole nell’Italia intera e da sempre porta con sé un grande fascino ed ha un valore sia storico che antropologico, insito nella condivisione sociale e nel territorio. Mosto e uva da vino Avrete sicuramente notato che nella precedente spiegazione abbiamo usato due espressioni quali: mosto e uva da vino. Sono due termini che per il significato della vendemmia hanno una importanza molto alta: - Mosto: con questo termine viene indicato quello che è il succo "nato" dalla pigiatura dell'uva. Alcune delle sostanze presenti nel mosto si ritrovano poi quasi inalterate nel vino finale. Le altre, invece, saranno trasformate ed altre ancora "verranno alla luce" in fase di fermentazione. - Uva da vino: come dice lo stesso nome, andiamo ad indicare l'uva che verrà poi trasformata in vino. Esiste, quindi, il vino da tavola? Certamente ed è quello che mangiamo con tanto gusto. Una vendemmia che gioca d'anticipo Quest'anno, però, la vendemmia ha deciso di arrivare leggermente in anticipo. Agosto ancora non è concluso, eppure, molti vigneti stanno iniziando i lavori. Una vendemmia anticipata che risponde, quindi, alle grandi difficoltà che il nostra pianeta sta vivendo. Secondo il Centro di Ricerca di Viticoltura ed Enologia del Crea-Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria, però, non sono previste particolari problematiche per la vendemmia 2022. In particolare il Crea, nonostante l'Italia sia stata accomunata da un andamento meteo omogeneo da nord a sud della penisola con alte temperature e siccità che hanno caratterizzato la primavera, non prevede nessun dramma e incorona "il vigneto italiano come resiliente ai cambiamenti climatici". Qualità o quantità? Resiliente ma non vuol dire che la vendemmia 2022 sarà "abbondante". Secondo il Centro, infatti, la vendemmia non dovrebbe far registrare "numeri da capogiro" per quanto riguarda il numero di uva da tavola raccolta. In definitiva, questa del 2022 sarà annata di grande interesse enologico. Sarà qualità presenta uve con un contenuto di zuccheri e sostanze coloranti superiori alla norma a farla da padrone. Foto di Gerhard da Pixabay Read the full article
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