#Ungenach. Una liquidazione
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“ «Le persone che passeggiano,» disse Moro guardando giù nella Kirchengasse «questi esseri anacronistici estremamente sensibili, quando passeggiano sono gli esseri più ragionevoli fra tanti assolutamente irragionevoli, e anche i più felici fra tanti assolutamente infelici, forse è così, mio caro signor Robert, ma non si può dire loro che fra tanti assolutamente irragionevoli loro sono i più ragionevoli e fra tanti assolutamente infelici loro sono i più felici... non si può rivolgere la parola a chi sta passeggiando... a chi se ne va in giro con qualche incombenza o con nessuna incombenza in testa... quello che gli uomini producono» disse Moro «è soprattutto un’enorme attività diretta contro la noia... un’insensatezza contro l’insensatezza... quelli che se ne vanno in giro per i boschi, lungo le rive dei laghi, dentro le gole, fuori dalle valli, e come Lei sa ogni giorno circolano senza sosta circa duemila milioni di persone... mentre in fondo è del tutto sufficiente sfinirsi mangiando e dormendo... mio padre, lo dico perché in questo momento ho sottomano proprio la tenuta di Hisam, andava molto spesso a passeggiare con il suo signor tutore soprattutto nella tenuta di Hisam... attraverso i frutteti di Kammerhof... Laudach, Langbath, Grünau, Lindach, Rutzenmoos, Aurach... discorrendo proprio di Ungenach... e spesso, a quanto sembrava, anche senza alcun motivo... Il suo signor padre,» disse Moro «e anche mio padre erano soliti passeggiare, ma non erano affatto persone anacronistiche, come del resto non lo era neppure il suo signor tutore... Camminare e pensare, questa simultaneità» disse Moro «io l’ho osservata per tutta la vita sia nel suo signor padre sia nel suo signor tutore sia in mio padre. Quanto a me, io non vado a passeggio. Era per questo che suscitavo la diffidenza soprattutto del suo signor padre... come del resto anche la diffidenza del suo signor tutore... chi è solito passeggiare diffida delle persone che non vanno a passeggio, che non sono solite passeggiare, gli anacronistici eccetera... e così questa bella regione, questa nostra regione è attraversata in modo singolarissimo da una costante diffidenza che in realtà offusca ogni cosa, tutta quanta la regione è percorsa da una sottile trama di diffidenza di chi è solito passeggiare verso chi non è solito passeggiare. Così sono impensabili delle amicizie fra chi è solito passeggiare e chi non è solito passeggiare... come è impensabile l’amicizia in genere» disse Moro. “
Thomas Bernhard, Ungenach. Una liquidazione, traduzione di Eugenio Bernardi, Adelphi (collana Piccola Biblioteca Adelphi n° 766), 2021¹; pp. 28-29.
[ Edizione originale: Ungenach. Erzählung, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main, 1968 ]
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“ «Ci si sveglia e ci si ritrova in mezzo alla perfidia e alla bassezza e all’ottusità e alla debolezza di carattere e si comincia a pensare e non si pensa se non in termini di perfidia, bassezza, ottusità, debolezza di carattere. Se non in termini di patologia di morte e di dilettantismo esistenziale. Si ascolta e si vede e si pensa e si dimentica quello che si ascolta, si vede e si pensa, e si invecchia, ognuno nella sua connaturata maniera, nella solitudine, nell’inettitudine, nell’insolenza. Dire che la vita è un dialogo è una menzogna come dire che la vita è realtà. Anche se non è un prodotto della fantasia, in fondo non è altro che una disgrazia in quanto infamia, un periodo di orrore il quale, lungo o breve che sia, è fatto solo di fastidi e malinconia... solo cause ed effetti di morte moltiplicati per miliardi... Abbiamo a che fare in questo caso con un’enorme intolleranza della creazione che ci deprime e amareggia sempre più e alla fine ci uccide. Crediamo di aver vissuto e in realtà siamo morti a poco a poco. Crediamo che tutto sia stato un insegnamento e invece non è stato che una scemenza. Noi osserviamo e riflettiamo e non possiamo non vedere come sfugga tutto quello che osserviamo e su cui riflettiamo, come ci sfugga il mondo che ci siamo proposti di dominare o per lo meno di trasformare, come ci sfuggano il passato e il futuro, come noi sfuggiamo a noi stessi e come con l’andar del tempo tutto ci diventa impossibile. Noi tutti passiamo l’esistenza in un’atmosfera di catastrofe. La nostra indole tende all’anarchia. Tutto in noi desta continuamente sospetto. Dove c’è l’imbecillità, dove non c’è, è tutto intollerabile. Il mondo, da qualsiasi parte lo guardiamo, in fin dei conti è fatto di cose intollerabili. Sempre più intollerabile è per noi il mondo. Se sopportiamo l’intollerabile è per l’attitudine di ciascuno di noi a tormentarsi e a soffrire per tutta la vita, sono un paio di elementi ironici dentro di noi, un idiotismo irrazionale, tutto il resto è calunnia». “
Thomas Bernhard, Ungenach. Una liquidazione, traduzione di Eugenio Bernardi, Adelphi (collana Piccola Biblioteca Adelphi n° 766), 2021¹; pp. 97-98.
[ Edizione originale: Ungenach. Erzählung, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main, 1968 ]
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“ Quante volte, penso, sono rimasto seduto per ore in questa stanza, immobile, inerte... seduto effettivamente per ore al mio scrittoio, che in verità è lo scrittoio di mio nonno (da parte materna), ore e ore per questo motivo... senza avere la forza di alzarmi, penso, di andarmene via... così come adesso non riesco ad andare via da Ungenach... seduto davanti al mio scrittoio, che il nonno chiamava pensatoio, senza riuscire a leggere qualcosa o scrivere qualcosa, in uno stato di catastrofica immobilità e fiacchezza... schiacciato dall’opera omnia di Kant... Quante volte mi sono seduto a questo scrittoio con l’intenzione di elaborare dei pensieri che mi occupassero la mente, vale a dire che mi mortificassero, incapace anche solo del minimo movimento mentale... durante le mie passeggiate elaboravo dei pensieri che poi, quando mi sedevo allo scrittoio, svanivano... quando, dopo una lunga passeggiata, che spesso mi portava fin nella regione dello Hausruck, mi avvicinavo di nuovo a Ungenach con un pensiero, e poi mentre attraversavo il cortile, mentre chiudevo i portoni dietro di me, mentre aprivo le imposte nella mia stanza eccetera, quel pensiero all’improvviso se ne era andato via... certi giorni andavo avanti rapidamente, certi altri non constatavo niente. Per settimane intere non constatavo niente. Vivere allo scopo di lavarsi, andare a trovare qualcuno, mangiare, ricevere qualcuno, parlare, e parlare ogni volta di situazioni penose o alludendo a situazioni penose... parlare una volta di cause e una volta di effetti e sempre unicamente a scapito del proprio cervello... Caro Stirner, come Lei sa, il latte che beviamo a Ungenach lo facciamo venire tutti i giorni su dalla città, anche se qui abbiamo un’enorme produzione di latte, perché così vuole la mia matrigna, la carne che mangiamo la facciamo venire su dalla città... dopo essere rimasto parecchie ore chiuso là dentro per studiare, non oso più uscire dalla mia stanza, perché la mia permanenza in quella stanza non ha prodotto alcun risultato... Si possono senz’altro passare giornate intere, settimane intere in compagnia di libri, atlanti, mappe dettagliate, stare accovacciati sul pavimento a filosofeggiare sopra oceani e città mai viste, starsene da soli nella propria stanza in compagnia di scrittori odiosi, ma poi a un certo punto bisogna di nuovo uscire e badare a non diventare matti. “
Thomas Bernhard, Ungenach. Una liquidazione, traduzione di Eugenio Bernardi, Adelphi (collana Piccola Biblioteca Adelphi n° 766), 2021¹; pp. 58-60.
[ Edizione originale: Ungenach. Erzählung, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main, 1968 ]
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“ «Lei è rimasto stupito di quanto grande sia l’intera proprietà, eppure Ungenach non è nemmeno la metà di quello che era un tempo... e che Lei non voglia farsi schiacciare da un’immensità del genere... e che trattenga per sé soltanto trentamila dollari con cui pensa di avere di che vivere... perché crede che trentamila dollari le bastino per il futuro... del resto io non so che cosa sia l’America per Lei, da parte mia non sono mai stato in America... e certamente sono anche un uomo che non potrebbe vivere in America... che non potrebbe vivere neanche da qualche altra parte in Europa, capisce, uno che non può esistere che qui, in questo paesaggio che è il suo... e come è strano che voi due, il suo signor fratellastro Karl e Lei, abbiate lasciato questo Paese e ve ne siate andati, il suo signor fratellastro Karl in Africa e Lei in America... perché qui non vi è stata data la possibilità di evolvervi» disse Moro. «Ecco una cosa che non capisco,» disse «che questo Paese si lasci scappare tutte le persone che valgono qualcosa, le butti fuori, addirittura le spinga ad andarsene in altri continenti... non lo capisco... certo, naturalmente la situazione in cui versa questo Paese è la più spaventosa che si possa immaginare, la macchina del nostro Stato è manovrata da idioti inimmaginabili... molte cose, anzi, tutto è ridicolo in questo Paese, va riconosciuto... naturalmente patetico, una commedia... uno qui sa perfettamente che muore, che si spegne, che si è guastato e deve morire... e a me vengono i brividi quando ci penso, caro Zoiss... ma tutto è derelitto e sterile... quando, in balia di questi terribili bilanci, non si riesce a dormire, non si riesce a prender sonno e si dice a sé stessi che la patria non è altro che una volgare, brutale idiozia... per impudenza... i bambini» disse guardando giù nella via «giocano e vivono completamente ai margini degli eventi, mentre gli adulti abbrutiscono, si spengono, non ci sono più... Chi sul letto di morte riesce a scrivere una commedia o una vera pièce comica, chi ci riesce ha fatto centro. Dentro ai manicomi c’è la pazzia universalmente riconosciuta, ha detto il suo signor tutore, fuori dei manicomi c’è la pazzia illegale... ma non vi è altro che pazzia». “
Thomas Bernhard, Ungenach. Una liquidazione, traduzione di Eugenio Bernardi, Adelphi (collana Piccola Biblioteca Adelphi n° 766), 2021¹; pp. 47-48.
[ Edizione originale: Ungenach. Erzählung, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main, 1968 ]
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