#Strettoie
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oggi, 29 gennaio, h. 11, mg intervistato a radio canale 7
foto di MG: (C) 2022 Federica Bellantoni OGGI, lunedì 29 gennaio, su RadioCanale7, rubrica Racconti Urbani, ore 11-12, a cura di Pierluigi Larotonda: dialogo con – e letture di – Marco Giovenale intorno ai due libri STRETTOIE (Arcipelago Itaca, 2017, Premio Feronia Città di Fiano Filippo Bettini, 2017) e SHELTER (Donzelli, 2010) * la diretta può essere seguita su FB al…
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#Arcipelago Itaca#Danilo Mandolini#dialogo#Donzelli#lettura#Pierluigi Larotonda#poesia#Premio Feronia#Premio Feronia Città di Fiano "Filippo Bettini" 2017#Premio Feronia Città di Fiano Filippo Bettini#prosa#Prosa in prosa#Racconti Urbani#RadioCanale7#reading#scritture di ricerca#Shelter#Strettoie
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Non c’è domanda che io ti possa fare
se mi rispondi sempre
che sei mare.
Del resto il nostro incontro
è stato vento,
vento che urlava
per strettoie e forre.
Mare che invade coste
e le sommerge,
furia, sudore, corpo a corpo.
Non siamo e non saremo mai
pace e silenzio, ferma calma,
la brezza dolce che accarezza
e passa.
Siamo fatti di carne, tu ed io
quella carne che uccide
e che germoglia.
Di pelle che trema per una carezza,
di scuotimenti improvvisi
e terremoti.
Siamo fatti di carne tu ed io
e di natura che non ha domande.
Abner Rossi
E non saremo mai
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Non c’è domanda che io ti possa fare
se mi rispondi sempre
che sei mare.
Del resto il nostro incontro
è stato vento,
vento che urlava
per strettoie e forre.
Mare che invade coste
e le sommerge,
furia, sudore, corpo a corpo.
Non siamo e non saremo mai
pace e silenzio, ferma calma,
la brezza dolce che accarezza
e passa.
Siamo fatti di carne, tu ed io
quella carne che uccide
e che germoglia.
Di pelle che trema per una carezza,
di scuotimenti improvvisi
e terremoti.
Siamo fatti di carne tu ed io
e di natura che non ha domande.
(Abner Rossi)
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Non c’è domanda che io ti possa fare
se mi rispondi sempre
che sei mare.
Del resto il nostro incontro
è stato vento,
vento che urlava
per strettoie e forre.
Mare che invade coste
e le sommerge,
furia, sudore, corpo a corpo.
Non siamo e non saremo mai
pace e silenzio, ferma calma,
la brezza dolce che accarezza
e passa.
Siamo fatti di carne, tu ed io
quella carne che uccide
e che germoglia.
Di pelle che trema per una carezza,
di scuotimenti improvvisi
e terremoti.
Siamo fatti di carne tu ed io
e di natura che non ha domande.
Abner Rossi
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Non ride più
Giorgia Meloni è una romanaccia simpatica. Battuta pronta, risata contagiosa e un po’ di sana autoironia. Anche sulla statura non proprio slanciata, eterno cruccio dell’altro nano ancor più della calvizie (“Sono alto un metro e 71, cribbio!”). Ma, nelle ultime uscite pubbliche, di quella Giorgia non rimane neppure l’ombra. La sostituisce una donna truce, torva, astiosa, biliosa, minacciosa, in una permanente crisi di nervi. Non ride né sorride: ghigna e digrigna. Non parla: ruggisce. Non c’è più l’underdog che, dopo un’infanzia difficile e una carriera costruita con le sue mani, ce l’ha fatta. Ora c’è una capetta che fa la spavalda per nascondere l’insicurezza e attacca per difendersi da nemici immaginari. Come se fosse ancora lì col 4% a fare opposizione sola contro tutto e tutti. Invece è a Palazzo Chigi con un potere smisurato, il 99% dei media che canta le sue lodi e le opposizioni che balbettano (quando non la fiancheggiano). E il travestimento da San Sebastiano non suscita solidarietà, ma ilarità. Dalle praterie dell’opposizione solitaria alle strettoie del governo, dai voli della campagna elettorale all’atterraggio sulla realtà, c’è un bel salto. Che però non basta a spiegare una metamorfosi che può costarle cara. Ci dev’essere dell’altro. Forse si rende conto di quanto sia scadente il personale politico di cui si circonda (e giustamente diffida). Forse in cuor suo soffre a fare o a subire tutto ciò che rinfacciava agli “altri” (migranti, accise, austerità, condoni, politiche anti-sociali e anti-legalitarie, riverenze a Usa e Ue, Mes, draghismo, Figliuolo, Panetta, scandali di ministri gaffeur o impresentabili). La “pacchia” che doveva finire per l’Ue è finita per lei. E questo suo primo luglio al governo lo ricorderà e lo ricorderemo tutti. Ci rammenta quello di un altro neo-premier che Montanelli immortalò sulla Voce nel luglio ’94, nei giorni del “Salvaladri”: “Uno strazio aggiuntivo di questi torridi giorni sono per me le apparizioni sul video del Cavaliere che, avendone a disposizione sei tra pubblici e privati, non perde occasione di abusarne… A opprimermi è il sorriso con cui Sua Presidenza accompagna le parole: tirato, stirato, studiato col consueto puntiglio cosmetico, ma ormai completamente estraneo a un volto non più bene ambrato come una volta, ma lucido di sudore. Non erano questi i sorrisi di Berlusconi quando non era ancora ‘il Cavaliere’. Anzi, quelli non erano nemmeno sorrisi, ma risate: belle, aperte, squillanti, a gola spiegata… Ecco perché mi fa tanto male vederlo sul video con quel sorriso fasullo. Quasi un ghigno, che non ricorda neanche da lontano la bella risata fresca e squillante del Silvio di Arcore, non ancora Cavaliere”. Era il ritratto di Silvio. Pare quello di Giorgia.
Marco Travaglio
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Non saremo mai
" Non c’è domanda che io ti possa fare
se mi rispondi sempre
che sei mare.
Del resto il nostro incontro
è stato vento,
vento che urlava
per strettoie e forre.
Mare che invade coste
e le sommerge,
furia, sudore, corpo a corpo.
Non siamo e non saremo mai
pace e silenzio, ferma calma,
la brezza dolce che accarezza
e passa.
Siamo fatti di carne, tu ed io
quella carne che uccide
e che germoglia.
Di pelle che trema per una carezza,
di scuotimenti improvvisi
e terremoti.
Siamo fatti di carne tu ed io
e di natura che non ha domande".
Abner Rossi
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Il nostro incontro è stato vento, vento che urlava per strettoie e forre. Mare che invade coste e le sommerge, furia, sudore, corpo a corpo.
A. Rossi
Tratto dal blog di https://www.tumblr.com/desdemona-d
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Omoamore? Francesco confutato da Benedetto
La verità, ricordava Benedetto XVI, libera la carità dalle strettoie di un emotivismo… che oggi sembra predominare nella Chiesa. Continue reading Omoamore? Francesco confutato da Benedetto
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#Apostasia#Bergoglio#cattivi maestri#falsi profeti#Fiducia Supplicans#fumo di satana#idiozie clericali#omoeresia#papa Francesco#sedicenti cattolici#spirito del concilio
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\C’era là un uomo posseduto da uno spirito impuro\Il primo sguardo di Gesù si posa sempre sulla sofferenza dell’uomo, vede che è un\posseduto\prigioniero e ostaggio di uno più forte di lui\E Gesù interviene\non fa discorsi su Dio, non inanella spiegazioni sul male, si immerge nelle ferite di quell’uomo come liberatore, entra nelle strettoie, nelle paludi di quella vita ferita\Ermes Ronchi\
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Il messaggio di papa Francesco alla Cop28: “No ai nazionalismi, serve una conversione ecologica multilaterale”
Per affrontare il “delirio di onnipotenza” rappresentato dal cambiamento climatico, così come per promuovere la pace nel mondo, è necessario uscire dalle “strettoie dei particolarismi e dei nazionalismi” e dare un nuovo impulso al “mutlilateralismo”, via maestra di una urgente “conversione ecologica”: così papa Francesco nel messaggio inviato alla Cop28 di Dubai, alla quale non ha potuto…
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#aggiornamenti da Italia e Mondo#Mmondo#Mmondo tutte le notizie#mmondo tutte le notizie sempre aggiornate#mondo tutte le notizie
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Via del terraggio Vigevano dove sono nate è cresciuta una volta era una delle più belle strettoie di Vigevano oggi è la strettoia dei marocchini tunisini musulmani neri qui trovi la dose continuamente giorno pomeriggio notte a ciclo continuo nessuno viene a rompere il cazzo
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mg: intervista in diretta a radio canale 7, lunedì 29 gennaio, ore 11
foto di MG: (C) 2022 Federica Bellantoni Lunedì 29 gennaio, su RadioCanale7, rubrica Racconti Urbani, ore 11-12, a cura di Pierluigi Larotonda: dialogo con – e letture di – Marco Giovenale intorno ai due libri STRETTOIE (Arcipelago Itaca, 2017, Premio Feronia Città di Fiano Filippo Bettini, 2017) e SHELTER (Donzelli, 2010) * la diretta può essere seguita su FB al…
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#Arcipelago Itaca#Danilo Mandolini#dialogo#Donzelli#lettura#Pierluigi Larotonda#poesia#Premio Feronia#Premio Feronia Città di Fiano "Filippo Bettini" 2017#Premio Feronia Città di Fiano Filippo Bettini#prosa#Prosa in prosa#Racconti Urbani#RadioCanale7#reading#scritture di ricerca#Shelter#Strettoie
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È iniziato tutto in un bosco.
Capii subito che c’entravi qualcosa.
Il tuo bellissimo bosco, come potevo non riconoscerlo. Le vallate verdi, i rami spezzati che creavano rifugi sicuri in piccole strettoie dentro la terra, dove gli animali facevano tana e sembrava non poterti vedere neanche Dio quando stavi lì. Le foglie secche che creavano un tappeto arancione a terra e davano al bosco quel panorama autunnale che tutti adoriamo, e poi c’erano gli alberi. Così fitti da non vedere nemmeno il cielo. Era la tua prigione perfetta, ed io l’amavo. Sembrava non esserci via d’uscita. Lavoravo per te e mi ci volle un po’ per capirlo. Soprattutto quando incontrai per la strada altre persone che mi passavano accanto guardandomi e squadrandomi in continuazione. Era un continuo girarmi e venir fissata da quegli individui loschi. Non ti vedevo, non sapevo che fare se non vagare, nascondermi, capire. Ma i pensieri erano troppi e le emozioni in oblio. Non sapevo se avere paura o sentirmi tranquilla perché anche da lontano sentivo la tua presenza. Poi mi ricordo una lettera, diceva di andare a valle, quella più ripida, e aspettare. Alla valle c’erano tutti e riconobbi molte persone. Non dissi nulla, lasciai scorrere. Poi apparvi all’improvviso e con mia grande sorpresa non provai paura né terrore. Era come se fossi abituata a vederti da una vita. Dissi che avevi bisogno di vederci uno ad uno, da soli, in quel magazzini abbandonato, le porte sgretolate dalle intemperie e le pareti piene di graffiti e di vandalie. « Chi entra per primo?» mi venne spontaneo chiedere. E mi facesti cenno di entrare e aspettare. Gli sguardi fissi su di me, con quelle espressioni da funerale, come se stessi andando al patibolo. Era tutto così vuoto, piccolo e stretto là dentro. E lì la paura mi prese e mi avvolse come una nube oscura. Mi sedetti sulla prima sedia che vidi e venni presa dallo sconforto. Forse stavo andando davvero al patibolo, forse volevo davvero uccidermi e farla finita lì e per sempre. Eppure io non volevo che finisse, volevo che quel che provavo in quel momento , seppur spaventoso, durasse il più possibile. Ti senti entrare e non ti guardai. Lo sguardo basso, a terra. Ma poi lo sentii, quel maledetto abbraccio. Eri così alto che dovetti inchinarti per darmi quell’abbraccio. Restai immobile, sbigottita ed impassibile mentre sentivo quanto mi stringevi, le braccia che mi traevano verso di te come una morsa tiepida e le spalle che si stringevano sempre di più. E mi venne spontaneo ricambiarti più forte e ancora più forte. Sentii la tua giacca sui palmi delle mani e la pressione sul mio torace ed il mio collo mentre ti stringevo. Non capii cosa dissi ma sentivo che ridesti. E percepii tutta la tua contentezza nel mio gesto improvviso. Mi dissi di sedermi su un divanetto e con tono divertito mi raccontasti cosa avevi dovuto fare per trovare quel posto di cui nemmeno ricordavi l’esistenza. Reimpisti una vaschetta di acqua e ti bagnasti, per poi bagnare delicatamente anche me. Ti sedetti sul divanetto vicino a me e mi godetti quel calore che la tua presenza mi infondeva in quel momento. Avrei voluto che durasse per sempre quel momento. Avrei voluto rimanere bloccata in quel sogno tutta la vita, a godermi quel che non siamo mai stati. Ma era solo un sogno, ed è orribile quanto puoi restare bloccata in un sogno per quanto doloroso esso sia.
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Non c’è domanda che io ti possa fare
se mi rispondi sempre
che sei mare.
Del resto il nostro incontro
è stato vento,
vento che urlava
per strettoie e forre.
Mare che invade coste
e le sommerge,
furia, sudore, corpo a corpo.
Non siamo e non saremo mai
pace e silenzio, ferma calma,
la brezza dolce che accarezza
e passa.
Siamo fatti di carne, tu ed io
quella carne che uccide
e che germoglia.
Di pelle che trema per una carezza,
di scuotimenti improvvisi
e terremoti.
Siamo fatti di carne tu ed io
e di natura che non ha domande.
Abner Rossi
10. 06. 22.
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"E non saremo mai”: di Abner Rossi
Non c’è domanda che io ti possa fare
se mi rispondi sempre
che sei mare.
Del resto il nostro incontro
è stato vento,
vento che urlava
per strettoie e forre.
Mare che invade coste
e le sommerge,
furia, sudore, corpo a corpo.
Non siamo e non saremo mai
pace e silenzio, ferma calma,
la brezza dolce che accarezza
e passa.
Siamo fatti di carne, tu ed io
quella carne che uccide
e che germoglia.
Di pelle che trema per una carezza,
di scuotimenti improvvisi
e terremoti.
Siamo fatti di carne tu ed io
e di natura che non ha domande.
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Nella vita tutti, indistintamente, hanno bisogno di essere amati, compresi, assecondati e stupiti.
Tutti, anche fosse l'ultimo dei perdenti.
Un viaggio lontano, un raggio di sole tra queste crepe, tempo per fare e nient'altro da dire.
Che sbagliare non è perdere.
Perdere non è morire.
Vorrei le soluzioni a portara di mano per un cuore da ridisegnare. Una lacrima in più laverebbe via il fango delle strettoie.
Il coraggio di scegliere e mai di farsi scelta.
Ia forza di lasciare andare e non tornare.
Sui passi. Quelli indecisi. Incerti. Mancati e mancanti.
Bisognerebbe tornare invece
Solo sui propri. Ma sentiti e puntati, come frecce da scagliare...così bisognerebbe andare. Avanti. Oltre.
Restando e amando.
-via (@tieniamente2 ) IM
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