#Scuola Superiore Meridionale
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lospeakerscorner · 7 days ago
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La cultura deve tutto al Meridione
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personal-reporter · 2 years ago
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Un carro dell’antica Pompei arriva a Roma
Il carro da parata scoperto nel 2019 a Civita Giuliana, località vicino a Pompei, in una villa suburbana già individuata agli inizi del Novecento e tornata all’attenzione per gli scavi clandestini condotti da tombaroli, è stato restaurato, Questo carro, con un rivestimento in bronzo e le decorazioni in argento, si presentava agli archeologi in ottimo stato di conservazione e dopo quattro anni dalla scoperta è terminato il lavoro, dove le parti mancanti hanno lasciato varie  impronte nella cenere e sono state ricostruite con il calco, in modo che il pubblico possa percepire le sue forme e dimensioni. L’appuntamento per vedere il carro è la mostra L’istante e l’eternità. Tra noi e gli antichi, in programma fino  al 30 luglio 2023 al Museo Nazionale Romano di Roma. La storia del carro parte nel 2017 quando la Procura della Repubblica di Torre Annunziata, i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale e il Parco archeologico di Pompei decisero di collaborare per fermare il depredamento del patrimonio archeologico dell’area di Civita Giuliana. Da questa sinergia, che ha visto nel 2019 la nascita di un Protocollo d’intesa per la legalità tra le istituzioni teso al contrasto delle operazioni ì nel territorio vesuviano e dall’attività di scavo, ne è derivata la scoperta di ambienti e reperti di grande valore dal punto di vista storico e scientifico, tra cui il carro cerimonial, con i suoi elementi in ferro, le decorazioni in bronzo e argento con raffigurazioni erotiche, i resti lignei mineralizzati, le impronte degli elementi organici, rinvenuto in condizioni ottime nel porticato antistante alla stalla. Fu subito chiaro questo manufatto era un unicum in Italia non solo per il livello di conservazione, per le singole decorazioni e la struttura del veicolo, ma anche perché non si configurava come un carro da trasporto per i prodotti agricoli o per le attività della vita quotidiana, già attestati sia a Pompei che a Stabia. Il carro è identificabile, secondo gli esperti, come un veicolo usato nel mondo romano dalle élite, per cerimonie e per accompagnare la sposa nella nuova casa Il restauro e l’esposizione non rappresentano solo la restituzione di un reperto eccezionale ai cittadini e agli studiosi, ma anche il coronamento di uno sforzo che ha visto operare insieme Parco archeologico di Pompei, Procura della Repubblica di Torre Annunziata e Carabinieri del TPC,  consapevoli del valore del patrimonio, eredità di un grande passato ma anche opportunità di crescita civile e socioeconomica per il futuro. Inoltre un carro simile era stato ritrovato anni fa in Grecia, nei luoghi dell’antica Tracia, in una tomba appartenuta a una famiglia di alto rango, ma lasciato in sito, mentre questa è invece la prima volta al mondo che questo manufatto viene ricostruito e studiato. La mostra che espone il carro è promossa dal Ministero della cultura italiano e dal Ministero della cultura e dello sport della Grecia, per testimoniare la centralità e l’importanza della collaborazione tra i due Stati. E' curato da Massimo Osanna, Stéphane Verger, Maria Luisa Catoni e Demetrios Athanasoulis, con il sostegno del Parco archeologico di Pompei e la partecipazione della Scuola IMT Alti Studi Lucca e della Scuola Superiore Meridionale. Read the full article
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scienza-magia · 2 years ago
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Dal Pnrr 726 milioni di Euro per i dottorati di ricerca nelle Università
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Università, partono i nuovi bandi per 19mila dottorati di ricerca. Firmati i decreti per l’anno accademico 2023-2024 - L’investimento totale supera i 726 milioni di euro, in parte a valere sui fondi del Pnrr. Prove di second life per i dottori di ricerca. Nella speranza di rafforzare il collegamento, e il trasferimento, tra alta formazione e impresa il ministero dell’Università sta per finanziare - grazie anche ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza - 19mila nuove “borse”, che spaziano dalle transizioni digitali e ambientali all’innovazione in azienda, dalla pubblica amministrazione al patrimonio culturale e alla ricerca scientifica. In nome di una strategia di rilancio complessiva di una figura ancora poco usata nel nostro Paese (uno su mille nella fascia d’età 25-34 anni contro gli 1,5 di media Ue e i 2,1 della Germania, ndr) che ha già visto arrivare uno sgravio ad hoc (la decontribuzione fino a 7.500 euro prevista dall’ultimo Dl Pnrr) e potrà contare a breve su semplificazioni e accordi specifici con il mondo produttivo. Le borse di studio per 726 milioni Torniamo alle 18.770 borse di dottorato che saranno bandite per il prossimo anno accademico, il 2023-2024, da due decreti alla firma del ministro Anna Maria Bernini, che siamo in grado di anticipare. L’investimento totale supera i 726 milioni di euro (in parte a valere sul Pnrr). La maggior parte (13.292 borse) sarà destinata ai dottorati innovativi con le imprese. Così da assicurare alle realtà produttive professionalità altamente qualificate e specializzate. Altre 2.539 borse sono destinate agli ambiti toccati dal Pnrr, i cosiddetti “generici”; 2.140 sono per la Pa, 410 sono per i programmi dedicati alle transizioni digitali e ambientali (altri ambiti “core” del Piano nazionale di ripresa e resilienza), le rimanenti 389 sono destinate alla ricerca per  il patrimonio culturale. Stanziamento di di 60mila euro ciascuna Passando all’ammontare delle borse di ricerca, transizioni digitali e green, ricerca Pnrr, pubblica amministrazione e patrimonio culturale, potranno contare ciascuna su uno stanziamento di 60mila euro. Per i dottorati innovativi l’investimento complessivo è di 30mila euro in cofinanziamento con le imprese private. Le risorse saranno assegnate alle università statali e non statali legalmente riconosciute e agli istituti universitari a ordinamento speciale. Rispetto al bando precedente, gli atenei e gli istituti che potranno attivare i dottorati salgono per il 2023-2024 a 99, grazie all’accreditamento della Scuola superiore meridionale. Per accedere agli stanziamenti le attività dovranno essere avviate entro il 30 dicembre. E le eventuali borse non assegnate potranno essere utilizzate per il ciclo successivo, nell’anno accademico 2024-2025. Sui dottorati di ricerca, come detto, la sfida è appena all’inizio: sui 5mila dottorati innovativi con le imprese finanziati nei mesi scorsi (relativi all’anno accademico 2022/23) sono state assegnate soltanto 1.709 borse (di cui 491 al Mezzogiorno). Ed è per questo che, nel pensare al 2023/24, Bernini ha deciso di accompagnarne il varo con una doppia mossa. Gli esoneri contributivi a favore delle imprese La prima incentiva le aziende a scommettere sul personale altamente specializzato. Con il decreto Pnrr approvato a metà febbraio è stato introdotto infatti un esonero contributivo a favore delle imprese che finanziano l’attivazione di un dottorato innovativo e che assumono a tempo indeterminato - e senza limite d’età - personale in possesso del titolo di dottore di ricerca formatosi con borse Pnrr oppure ricercatori. Questo significa che per le imprese che cofinanziano al 50% le borse di dottorato innovativi è prevista una agevolazione fiscale in relazione alle assunzioni a tempo indeterminato. L’esonero sarà applicato per 24 mesi a partire dal 1° gennaio 2024 e fino al 31 dicembre 2026 nel limite massimo di 7.500 euro a assunzione, con un tetto di due posizioni attivabili per ciascun dottorato finanziato. A definire il “quando” e il “come” sarà un decreto del Mur, da concertare con Lavoro e Mef, nelle prossime settimane. Il secondo step, che si concretizzerà a breve, è un dialogo più stretto con le imprese. Su questo fronte, il Mur ha avviato un’attività di informazione congiunta con le associazioni delle imprese (in primis, la Confindustria), predisponendo una piattaforma dedicata quale strumento che agevoli l’incontro tra offerta (universitaria) e domanda (delle imprese) di ricerca. L’auspicio è che università e aziende possano incrementare le politiche di ricerca comuni e attivare un numero elevato di borse di dottorato. Con calo demografico atenei del Sud a rischio chiusura Read the full article
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lamilanomagazine · 2 years ago
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Roma, nuove borse di dottorato di ricerca per oltre 726 milioni di euro
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Roma, nuove borse di dottorato di ricerca per oltre 726 milioni di euro.   Dalle transizioni digitali e ambientali all’innovazione in azienda e nella Pubblica Amministrazione. Dal Patrimonio culturale alla ricerca scientifica. Sono 18.770 le borse di dottorato che saranno bandite per il prossimo anno accademico, il 2023-2024, dal Ministero dell’Università e della Ricerca. Il Ministro Anna Maria Bernini ha firmato i decreti numero 117 e numero 118 con cui si ripartiscono le risorse e si avvia la procedura di accreditamento dei corsi di dottorato per il nuovo anno accademico. L’investimento è di oltre 726 milioni di euro e rientra tra gli stanziamenti previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). “Questi bandi sono uno straordinario risultato in termini di finanziamenti e di opportunità per i nostri futuri ricercatori, per gli atenei e per le imprese”, spiega il Ministro Bernini che aggiunge: “Noi vogliamo che la ricerca sia il motore per lo sviluppo del Paese e questi bandi sono una delle strade da percorrere, consapevoli che il nostro intervento non può esaurirsi qui. Dobbiamo avere una visione di lungo respiro che vada oltre la scadenza del 2026 prevista dal PNRR. Dobbiamo fare in modo che queste risorse siano un reale investimento per il futuro della ricerca e per la crescita dell’Italia”. Delle 18.770 borse di dottorato che gli Atenei potranno attivare per il 2023-2024, il maggior numero sarà destinato ai dottorati innovativi con le imprese. L’obiettivo è quello di rispondere al fabbisogno delle aziende di professionalità altamente qualificate e specializzate. Di seguito la ripartizione delle risorse: • 13.292 - borse per dottorati innovativi • 2.539 - borse per dottorati per gli ambiti toccati dal PNRR, i cosiddetti ‘generici’ • 2.140 - borse per dottorati per la pubblica amministrazione • 389 - borse per dottorati per il patrimonio culturale • 410 - borse per dottorati in programmi dedicati alle transizioni digitali e ambientali Per le imprese che cofinanziano al 50 per cento le borse di dottorato innovativi è prevista una agevolazione fiscale in relazione alle assunzioni a tempo indeterminato di personale in possesso di dottorato di ricerca. Una misura prevista sempre nell’ambito dei finanziamenti del PNRR e inserita nel decreto-legge approvato nei giorni scorsi dal Consiglio dei Ministri. L’esonero sarà applicato per 24 mesi a partire dall’1 gennaio 2024 e fino al 31 dicembre 2026 nel limite massimo di 7.500 euro a assunzione. Le risorse saranno assegnate alle Università statali e non statali legalmente riconosciute e agli Istituti universitari a ordinamento speciale. Rispetto al bando precedente, gli Atenei e gli Istituti che potranno attivare i dottorati per il 2023-2024 salgono a 99, grazie all’accreditamento della Scuola Superiore Meridionale. Per accedere agli stanziamenti le attività dovranno essere avviate entro il 30 dicembre 2023. Nell’eventualità di borse non assegnate le disponibilità residue potranno essere utilizzate per il ciclo successivo, nell’anno accademico 2024-2025. Il link ai decreti: DM n. 117 del 02.03.2023 DM n. ​118 del 02-03-2023... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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ticonsiglio · 2 years ago
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Concorsi Scuola Superiore Meridionale di Napoli per 7 assunzioni
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montagnarde1793 · 2 years ago
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Du nouveau (et du moins nouveau)
J’ai une grande annonce à vous faire, mais je suppose qu’il convient de commencer par expliquer pourquoi j’ai été si peu présente sur tumblr ces derniers mois. En effet, ça a été une époque plutôt mouvementée pour moi et c’est pas près d’arrêter...
Je ne me souviens même pas de la dernière fois que je vous ai mis au courant de ce qui se passe chez moi, du coup je ne sais pas trop par où commencer.
Comme celles et ceux d’entre vous qui me suivez depuis cette époque le savent, j’ai attrapé le Covid en mars 2020, au tout début du premier confinement. J’ai eu par la suite un Covid long qui a continué, par vagues, jusqu’à... il y a quelques jours, quand j’ai été réinfectée. J’ai, pour la première fois, un test positif, et des symptômes un peu différents que la première fois, mais je me sens un peu bête, parce que je savais bien qu’il ne fallait pas manger dans un restaurant bondé, mais je l’ai fait quand même et voilà le résultat. J’espère seulement que ça ne va pas trop aggraver mon Covid long existant...
Sinon, entre deux confinements, j’ai rencontré celui qui est devenu mon fiancé. On s’entendait si bien qu’on a décidé de se confiner ensemble... et à la fin de cette expérience on s’entendait toujours bien, ce qu’on a conclu être plutôt bon signe.
À cette époque, je travaillais comme enseignante contractuelle (d’anglais) à l’UVSQ —heureusement en distanciel, parce que ça aurait été impossible sinon — mais je savais que ce boulot n’avançait pas ma carrière, alors j’ai décidé, quoi qu’il arrive, de faire quelque chose qui le ferait à la rentrée 2021-2022. N’ayant pas trouvé autre chose, j’ai commencé un peu par défaut et à contre-cœur (pour plein de raisons) à préparer l’agrégation en septembre 2021.
En octobre-novembre 2021, j’ai reçu trois nouvelles choquantes, deux mauvaises, une bonne : la première (par ordre chronologique), c’était que mon copain devait se faire opérer pour une tumeur qu’on croyait (heureusement à raison) bénigne mais qui était vraiment mal placée, en bas de son dos, à l’intérieur de sa colonne vertébrale.
La seconde, c’était que, après avoir été en bas du classement par dossier parmi ceux qui avaient été retenus pour un poste de chercheur/se postdoctoral(e) à la Scuola Superiore Meridionale à Naples, ce qui signifiait que mon entretien devait être parfait pour que je décroche le poste... on m’a donné le maximum de points pour l’entretien et j’ai donc été prise.
La troisième et la pire de toutes, c’était que mon père venait d’être diagnostiqué avec un cancer terminal du poumon — nouvelle choquante en soi, mais d’autant plus qu’il n’avait jamais fumé (mais apparemment c’est le cas pour jusqu’à 20% des cancers du poumon).
J’avais pu voir mes parents en 2021, d’abord quand je suis allée chez eux me faire vacciner en mai 2021, dans l’espoir que ça aide avec mon Covid long, ensuite quand ils sont venus à Paris, où ils ont pu faire connaissance avec mon copain. On est allés ensemble à Beaune, qui était malheureusement un peu décevant à l’époque, mais que je retiens quand même comme un bon souvenir car c’est le seul voyage qu’on a pu faire tous ensemble quand mon père était encore (du moins à l’apparence) en bonne santé. J’ai enfin pu rentrer comme à mon ordinaire dans ma famille en août, même si pour l’instant on a empêché mon copain de m’accompagner, parce qu’il n’est pas de nationalité étasunienne. Mais on n’ai jamais pu faire le voyage post-thèse qu’on avait anticipé faire en 2020...
Bref, j’ai passé l’année universitaire 2021-2022 entre Paris, Naples et San Francisco. Mon copain a pu venir enfin aux États-Unis avec moi en décembre 2021, après un séjour plus long que prévu à l’hôpital et ayant gardé quelques séquelles inquiétantes, sans que sa vie ne soit en danger (ce qui est toujours le cas aujourd’hui).
Au début, mon père a pu commencer un traitement ciblé, grâce à une mutation rare, et pendant deux à trois mois, il semblait aller mieux. Il ne fallait pas espérer un miracle, mais on nous disait qu’il pouvait peut-être prolonger sa vie d’une année, voire plus...
À la même époque, je commençais à mener mon premier séminaire doctoral, sur l’histoire des droits naturels à l’époque médiévale et moderne, à Naples...
Et pendant un de mes allers-retours à Paris, mon copain et moi ont décidé de se pacser, le 8 février 2022.
Je suis allée voir mon père pour mon anniversaire en avril de cette année, alors qu’il pouvait encore sortir et marcher un peu, mais après, son état s’est rapidement dégradé.
Mon copain et moi avions discuté l’idée de se marier, à la fois parce qu’on le voulais, mais aussi parce qu’on espérait encore que mon père serait peut-être encore en vie, et mon père nous encourageait dans ces projets. On s’est donc fiancés le 7 mai, au Café des Chats de Paris en échangeant des chocolats chauds (pour des raisons d’égalité, même si ses parents ont finalement insisté pour me donner une bague qui avait appartenu à son arrière-grand-mère algérienne — ils sont vraiment trop sympas, ses parents, et je n’ai pas pu refuser).
Mais mon père était considérablement affaibli. Lors de ma dernière visite, il ne pouvait plus quitter son lit. Il est mort le 5 juillet. Mon fiancé devait encore travailler, mais il est venu me rejoindre chez ma mère quelques jours après. Ça a vraiment été un été éprouvant...
On est de retour à Paris depuis la mi-août, où la vie continue... Je continue à poursuivre ma recherche, je prépare un nouveau séminaire que j’assure avec une collègue sur “l’Âge des Révolutions”, on organise le mariage pour l’année prochaine... Mais encore, avant de mourir, mon père voulait nous donner les moyens d’acheter un appartement. Je sais que sur ce point, je suis vraiment privilégiée — on aura toujours un prêt à payer, mais sans l’aide de mes parents (et un peu des parents de mon fiancé, qui sont pourtant bien moins aisés)...
Mais en tout cas, on achète un appartement, ce qui signifie qu’il faut déménager avec tous nos meubles... et en même temps la propriétaire de mon appartement à Naples s’est trompée sur la date de la fin de mon bail et veut savoir si je veux le libérer en novembre au lieu de janvier. Cela m’arrange en vrai, puisque je ne voulais pas garder un appartement aussi cher aussi longtemps, mais ça veut dire que j’ai un déménagement à Paris en octobre, puis une dizaine de jours début novembre pour trouver un nouvel appartement à Naples, alors que je commence aussi mon nouveau séminaire, avant de repasser en France pour participer à une journée d’études et un colloque, après lesquels je repars en Italie reprendre mon séminaire.
Et avec tout ça, il faut trouver le temps de promouvoir mon nouveau livre puisque, oui, la version livre de ma thèse (qui a, j’ai oublié de le mentionner, remporté le prix de thèse de l’éditeur L’Harmattan), vient enfin de paraître. Genre, aujourd’hui même. Je ferai un autre post à ce propos, mais en attendant...
La version courte :
1) J’ai de nouveau le Covid, alors que je n’avais jamais cessé d’avoir le Covid long
2) J’ai un postdoc à Naples, où j’assure des séminaires doctoraux
3) J’ai perdu mon père à peine neuf mois après qu’il a été diagnostiqué avec un cancer avancé du poumon
4) Je vais me marier
5) Mon fiancé a dû se faire opéré et il a gardé des séquelles
6) On va déménager des deux appartements qu’on occupe actuellement
et enfin 7) Mon livre vient de sortir !
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fondazioneterradotranto · 4 years ago
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Il pasticciotto leccese. Ma quando è stato creato? E da chi?
  IL PASTICCIOTTO LECCESE
Prezioso come un lingotto, sua maestà il Pasticciotto
di Raffaele Marullo*
  Il pasticciotto è il simbolo per eccellenza – e non solo culinario – del territorio leccese. Ma quando è stato creato? E da chi?
La prima ricetta scritta di quello che possiamo definire l’antenato del pasticciotto è da attribuire a Bartolomeo Scappi nella sua Opera. L’arte et prudenza d’un maestro cuoco, testo del 1570. Il cuoco associa la crema, a suo dire di provenienza francese, a un involucro da lui definito «cassetta del pasticcio»: egli riprende questa espressione per suggerire una preparazione (sia dolce sia salata) all’interno di una forma che poteva essere di terracotta o di rame stagnato. Stando a questa attestazione, quindi, un “pasticciotto” non sarebbe altro che un vezzeggiativo della parola “pasticcio”. In ogni caso è da sottolineare che, essendo Scappi conosciuto come il «cuoco secreto di papa Pio V», le sue ricette si sono certamente mosse all’interno di ambienti ecclesiastici.
Da Scappi si arriva direttamente alla citazione più antica e precisa del termine “pasticciotto” che si trova in un inventario redatto alla morte del vescovo di Nardò, il monsignore Orazio Fortunato, nel 1707: qui si menzionano «barchiglie di rame da far pasticciotto numero otto».  Ciò rafforza ulteriormente l’idea che sia il nome di questo prodotto sia la ricetta possano essere maturate in un ambiente ecclesiastico.
Ippolito Cavalcanti, nella sua Cucina teorico-pratica (1837), compilando la ricetta salata «Pasticcetti di pasta frolla», scrive: «[…] Potrai fare li tuoi pastiecetti, o tagliati col taglia pasta, o nelle formette, o nelle varchiglie…». Nello stesso volume, sono presenti anche ricette di dolci e torte farcite con crema pasticcera, che riconducono tutte all’idea del pasticciotto, da lui stesso peraltro menzionato nella «Pizza doce co la pasta nfrolla»: «[…] Co la stessa pasta, e co la stessa mbottunatura può fa pure li pasticciotti».
Tuttavia, consultando queste opere antiche possiamo riscontrare delle differenze rispetto alle ricette attuali soprattutto per quanto riguarda il lessico: molti di quei termini che per noi sono di uso comune in passato erano utilizzati in modo diverso.
Nella ricetta di Scappi, l’unico elemento che manca, per essere del tutto assimilabile a quella del pasticciotto, è la descrizione di un’eventuale copertura della «cassetta del pasticcio», una volta riempito, con l’impasto stesso, come invece farà Ippolito Cavalcanti nella ricetta «Pizza doce co la pasta nfrolla», che lui stesso associa al metodo per fare i pasticciotti, dicendo: «ncoppa nce miette l auta pettola de pasta e la farraje cocere». Per “pettola”, termine usato anche da Scappi, si intendeva una piccola porzione di pasta appiattita, un termine che è finito anch’esso per identificare un’altra ricetta tipica salentina, le pìttule.
Un’altra ipotesi riguardo la nascita di questo prodotto può essere legata alle varchiglie alla cosentina che, nel 1300 a Cosenza, venivano prodotte dalle monache Carmelitane scalze.  Alcuni sostengono che questo nome derivi dallo spagnolo barquilla (“cestino”) o dal volgare varca (“barca”), ma gli Aragonesi, in realtà, arrivarono nella regione oltre un secolo più tardi. Le varchiglie erano composte da un involucro esterno costituito da una specie di pasta frolla e ripieno di pasta di mandorla cui si dava la forma di una barchetta; nel complesso sono considerate le antenate dei bocconotti meridionali e anche del nostro fruttone salentino. Il nome, la preparazione e la forma non possono che ricondurre al pasticciotto e proprio il termine “bocconotto” in dialetto salentino viene ancora inteso come variante del pasticciotto.
Oltre che con il generico bocconotto dell’Italia meridionale, il pasticciotto salentino, sia per il nome sia per la ricetta, ha un nesso con quello campano che oltre alla crema pasticcera prevede l’impiego dell’amarena come descritto nella ricetta delle «Bucchinotte d’amarene» di Cavalcanti. Non sappiamo se questo prodotto preesistesse rispetto a quello leccese o se, viceversa, sia stato importato dal Salento, come non sappiamo se il fruttone leccese, che abbiamo ipotizzato derivare dalla varchiglia calabrese, possa derivare anche dalle bucchinotte d’amarene napoletane, di cui esiste una variante più simile ad esso nella penisola sorrentina nella quale viene aggiunta nel ripieno anche la pasta di mandorla.
Quel che è certo è che in passato la consumazione di questi prodotti era limitata alle classi agiate come specifica Pellegrino Artusi nella sua opera La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene (1891-1910). Tenendo conto degli influssi napoletani nella società leccese del tempo, i pasticciotti menzionati nell’inventario di Nardò forse potevano già contenere l’amarena.
Rispondere esaurientemente alle domande iniziali non è quindi possibile e tutto sommato non è neppure auspicabile perché, come spesso accade, è la trasmissione dei saperi, la registrazione, gli intrecci e le contaminazioni che hanno dato vita a quelle tradizioni poi considerate “locali”, a volte anche in maniera campanilistica, e che invece sono già figlie di tanti luoghi e tante storie.
  Raffaele Marullo, di Nardò, è diplomato presso la Scuola Internazionale di Cucina Italiana, Corso Superiore di Pasticceria, di Colorno (Parma), fondata da Gualtiero Marchesi
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cinquecolonnemagazine · 2 years ago
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Al nastro di partenza la Scuola Superiore Meridionale
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Al nastro di partenza la Scuola Superiore Meridionale: è pronta ad accogliere i suoi primi 40 Allievi dopo l’autonomia acquisita il 2 aprile 2022. Pubblicato il primo bando come Istituto di Istruzione Universitaria di Alta Formazione Dottorale ad Ordinamento Speciale. Scuola Superiore Meridionale, cos'è? È on line, infatti, il bando riservato a studentesse e studenti, con meno di 21 anni, che si iscrivono alle lauree triennali presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, e a studentesse e studenti, con meno di 25 anni, che si iscrivono alle lauree magistrali presso lo stesso Ateneo. Per proporre le candidature c’è tempo fino al 29 agosto 2022.Per partecipare al concorso per l’ammissione al primo anno delle lauree triennali e delle lauree a ciclo unico bisogna aver conseguito il diploma di secondo grado con una valutazione non inferiore a 85/100. Per l’ammissione al IV anno (il primo della laurea magistrale) il candidato deve aver conseguito (o conseguirà entro il 31 ottobre prossimo) un titolo di laurea triennale con una valutazione non inferiore a 105/110. Formare talenti? La Scuola Superiore Meridionale, nata per assicurare una più equa distribuzione delle Scuole Superiori nel territorio nazionale allo scopo di scoprire e formare talenti, ha sede a Napoli, è unica nel Mezzogiorno e ha il compito di concorrere al generale progresso del sistema universitario e di promuovere la collaborazione con le altre Scuole e con le Università, italiane e internazionali. Si articola in due strutture accademiche interdisciplinari: l’area interdisciplinare umanistico-giuridica e l’area interdisciplinare scientifico-tecnologica.“La contaminazione delle idee e lo sviluppo delle competenze sono gli obiettivi principali e insieme il valore aggiunto della Scuola - spiega il professore Arturo De Vivo, membro del comitato ordinatore e responsabile della Scuola Superiore Meridionale -. Gli Allievi Ordinari potranno coltivare il proprio talento seguendo un percorso formativo che integra la qualità e il livello della preparazione universitaria attraverso insegnamenti, seminari, lettorati di lingue straniere, esercitazioni di laboratorio e periodi di studio, stage e tirocini presso istituzioni nazionali e internazionali”. Borse di studio A tutti gli Allievi Ordinari, indipendentemente dal reddito, è corrisposta una borsa di studio e sono rimborsate le tasse universitarie che gli studenti versano all’Università di Napoli Federico II. Garantiti, inoltre, vitto e alloggio, proprio con lo scopo di favorire, anche attraverso l’esperienza collegiale, la collaborazione e l’aggregazione tra gli iscritti a diverse discipline.La Scuola Superiore Meridionale coltiva l’eccellenza organizzando anche corsi di dottorato di ricerca di alto profilo internazionale, della durata di quattro anni, che uniscono ricerca pura e ricerca applicata in collaborazione con le scuole universitarie federate o con altre università. Scuola Superiore Meridionale: le aree dottorali Dieci le aree dottorali: Archeologia e culture del mediterraneo antico. Ricerca storica, conservazione, fruizione del patrimonio; Clinical and Translational Oncology; Cosmology, space science & space technology; Genomic and experimental medicine; Global history and governance; Law and organizational studies for people with disabilities; Mathematical and physical sciences for advanced materials and technologies; Modeling and engineering risk and complexity; Molecular sciences for earth and space; Testi, tradizioni e culture del libro. Studi italiani e romanzi. Anche a tutti i dottorandi viene corrisposta una borsa di studio indipendentemente dal reddito. Iscriversi alla Scuola Superiore Meridionale consente di arricchire a formazione dei  giovani talenti che si candidano per essere eccellenze nel mondo della ricerca e del lavoro. Read the full article
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lospeakerscorner · 4 months ago
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Inaugurata la SSM
134 studenti da tutta Italia a San Marcellino per la settimana di orientamento della SSM | Scuola Superiore Meridionale CITTÀ METROPOLITANA DI NAPOLI – Ha preso il via la settimana di orientamento della SSM | Scuola Superiore Meridionale.  Nella cinquecentesca chiesa del complesso dei Santi Marcellino e Festo sono iniziate le giornate tematiche di studio e vita comunitaria per 134 studenti…
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carmenvicinanza · 4 years ago
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Elena Luzzatto Valentini la prima laureata in architettura in Italia
https://www.unadonnalgiorno.it/elena-luzzatto/
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Elena Luzzatto Valentini, architetta, pioniera del Razionalismo italiano.
Una donna coraggiosa che è riuscita a affermarsi nella sua professione nell’epoca fascista, totalmente ostile alla progettazione femminile.
Nacque a Ancona il 30 ottobre 1900 da Vittorio Valentini e Anna Luzzatto Gabrielli.
Si iscrisse alla Regia Scuola Superiore di Architettura di Roma nel 1921, nell’anno di apertura dell’istituto.
È stata la prima donna laureata in architettura, nel 1925, con una tesi dal titolo “Sanatorio nei pressi del lago di Como”.
Sua madre, dopo aver praticato la professione senza un titolo di studio ufficiale, si laureò due anni dopo di lei, diventando così la seconda architetta italiana.
Nel 1926, Elena Luzzatti venne assunta come libera professionista dall’Ufficio Tecnico del Comune di Roma. Fino al 1934 lavorò all’Università come assistente volontaria presso la Facoltà di Ingegneria. Tra le sue prime opere c’è stata una villa a Ostia, nel 1928, per Giuseppe Bottai, esponente di rilievo del partito fascista, allora Sottosegretario del Ministero delle Corporazioni.
Negli anni successivi, Elena Luzzatto, si dedicò, da sola o in collaborazione con il marito, l’ingegnere Felice Romoli, alla progettazione di edilizia residenziale e di complessi monumentali.
Ha esposto anche alla Triennale di Milano.
Numerose furono le sue opere pubbliche e i concorsi vinti per progetti di diverse tipologie, tra cui uno studio per l’Unione Agricola Coloniale in Somalia, nel 1932.
Nel 1938, fu costretta a cambiare nome e acquisire quello materno per evitare le leggi razziali.
Nella sua lunga carriera ha costruito più di quaranta edifici, disegnato steli funerarie nel Cimitero del Verano di Roma, stazioni, sanatori e ospedali, come quelli di Viterbo e Bolzano, chiese e scuole, negozi e mercati. Tra le grandi opere pubbliche realizzate ricordiamo il Cimitero Militare nel 1944, il Cimitero di Prima Porta nel 1945, il mercato di Primavalle nel 1950, la Scuola Media di Villa Chigi nel 1960 e l’attuale mercato coperto, ancora in uso, di Piazza Alessandria, a Roma.
Dal 1958 al 1964, è stata capogruppo per l’Istituto INA-Casa per la realizzazione di case popolari nell’Italia meridionale, tutte opere progettate e costruite in tempi record.
Elena Luzzatto seppe adattare i suoi progetti all’ambiente, senza imporre la sua cifra stilistica.
Lavorò per il Comune fino al 1958, continuando la libera professione fino all’età di 77 anni.
È morta a Roma il 4 novembre 1983.
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lucadonofrio · 4 years ago
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SSM - Scuola Superiore Meridionale
La Scuola Superiore Meridionale di Napoli è un luogo dedicato all’alta formazione in cui i migliori studenti di tutto il mondo hanno il tempo, lo spazio e gli strumenti per contribuire all’avanzamento della conoscenza attraverso la ricerca. Per SSM abbiamo realizzato una campagna social a lungo termine per proporsi come luogo di eccellenza per l’Alta Formazione, anche al di fuori del contesto geografico a cui la Scuola Superiore appartiene.
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freedomtripitaly · 5 years ago
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San Giorgio di Valpolicella, o Ingannapoltron, si trova nel comune di Sant’Ambrogio, ai piedi del Monte Solane: posto su di un cucuzzolo e stretto intorno alla pieve, è realizzato con la stessa pietra su cui poggia, immerso nei vigneti e gli olivi. Accanto alle sue cave, regala una vista incantevole che abbraccia il Lago di Garda a Verona, dalla Valpolicella alla Pianura Padana. La continuità tra le case e il suo promontorio sono qualcosa di davvero emozionante: non esiste confine tra abitato e natura, c’è un proseguo visivo fin da quando, in tempi antichissimi, aveva funzione di naturale fortezza che si raggiunge solo dopo un cammino lungo e faticoso, nonostante appaia, di primo acchito, molto vicino. Pieve di San Giorgio di Valpolicella, Ph. Flavio Vallenari (iStock) La storia del nome Ingannapoltron Dalla visione ottica distorta sulla distanza del borgo, deriva il nome Ingannapoltron, che significa “inganna il pigro”: questo toponimo sembra risalire al Medioevo, quando la scherzosa parola “poltron” fu aggiunta al toponimo “San Giorgio in Ganna”. Un attributo che alcuni studiosi fanno risalire a “ganne”, nome pre-romano pertinente alle Alpi orientali, che significherebbe semplicemente “mucchio di pietre” o “località rocciosa e pietrosa”. Il paese è infatti legato, fin dalle sue origini, a un’intensa attività di estrazione e lavorazione di marmo pregiato. I luoghi da vedere del borgo La Pieve di San Giorgio di Valpolicella risale al VII-VIII secolo, rimanendo così uno dei luoghi di culto più antichi di tutto il territorio del veronese. L’edificio è composto da tre navate e due absidi contrapposte, ricostruito agli inizi del XII secolo, come si evince dagli innesti romanici. Attraverso una piccola porta aperta nella fiancata meridionale della chiesa si esce nel chiostro, un piccolo gioiello architettonico che si illumina di rosso al tramonto. Dal chiostro si accede all’area archeologica dove sono visibili alcuni edifici dell’età del Ferro; a fianco della Chiesa si trova il Museo-Antiquarium, che raccoglie tutti i reperti della preistoria, dell’età del bronzo e del ferro e dell’età romana trovati nel paese e nei suoi dintorni. Ha una sala dedicata ai fossili custoditi negli strati della pietra sedimentaria su cui San Giorgio stesso sorge. San Giorgio Valpolicella, Ph. massimofusaro (iStock) Le Marogne sono ciò che rende ancora più caratteristica la collina veronese: si tratta dei terrazzamenti realizzati con muretti a secco che preservano il terreno dall’erosione delle acque e sui quali nasce il Valpolicella. Nei suoi dintorni ci sono anche numerose cave di pietra e di marmo Rosso Verona, detto di S.Ambrogio. Da visitare, anche se in disuso, le cave descuerte. Durante la vostra passeggiata non potete proprio esimervi dal visitare la deliziosa via Crucis dei Lapicidi: accanto al cimitero, gli allievi della Scuola d’Arte hanno scolpito una via crucis speciale. Le 14 stazioni sono rappresentate da libri aperti in pietra: da un lato è scolpita la passione di Cristo, dall’altro la passione degli scalpellini e dei marmisti del comune che hanno dovuto emigrare in cerca di lavoro. Piaceri e sapori del borgo I piatti ispirati alla tradizione sono molteplici e variegati: tra questi ci sono la minestra di fave, le tagliatelle in brodo coi fegatini, la pasta e fagioli, i bigoli con le sarde, la selvaggina cotta in diversi modi, la soppressa veronese e il formaggio Monte Veronese della Lessinia. Tra i dolci spiccano la gradela, focaccia dolce, e il nadalin, un dolce tipico alle mandorle. La presenza di ulivi e vigneti porta alla produzione di olio extra vergine di oliva e dei vini DOC e DOCG della denominazione Valpolicella: Amarone e Recioto, Valpolicella, Valpolicella Superiore e Ripasso; se capitate qui d’estate, sorseggiate un ottimo calice accompagnato dalle buonissime ciliegie appena colte. Le vigne del Valpolicella, Ph. Bruno_il_segretario (iStock) https://ift.tt/2pvEZDY San Giorgio di Valpolicella, il borgo veronese immerso nelle vigne San Giorgio di Valpolicella, o Ingannapoltron, si trova nel comune di Sant’Ambrogio, ai piedi del Monte Solane: posto su di un cucuzzolo e stretto intorno alla pieve, è realizzato con la stessa pietra su cui poggia, immerso nei vigneti e gli olivi. Accanto alle sue cave, regala una vista incantevole che abbraccia il Lago di Garda a Verona, dalla Valpolicella alla Pianura Padana. La continuità tra le case e il suo promontorio sono qualcosa di davvero emozionante: non esiste confine tra abitato e natura, c’è un proseguo visivo fin da quando, in tempi antichissimi, aveva funzione di naturale fortezza che si raggiunge solo dopo un cammino lungo e faticoso, nonostante appaia, di primo acchito, molto vicino. Pieve di San Giorgio di Valpolicella, Ph. Flavio Vallenari (iStock) La storia del nome Ingannapoltron Dalla visione ottica distorta sulla distanza del borgo, deriva il nome Ingannapoltron, che significa “inganna il pigro”: questo toponimo sembra risalire al Medioevo, quando la scherzosa parola “poltron” fu aggiunta al toponimo “San Giorgio in Ganna”. Un attributo che alcuni studiosi fanno risalire a “ganne”, nome pre-romano pertinente alle Alpi orientali, che significherebbe semplicemente “mucchio di pietre” o “località rocciosa e pietrosa”. Il paese è infatti legato, fin dalle sue origini, a un’intensa attività di estrazione e lavorazione di marmo pregiato. I luoghi da vedere del borgo La Pieve di San Giorgio di Valpolicella risale al VII-VIII secolo, rimanendo così uno dei luoghi di culto più antichi di tutto il territorio del veronese. L’edificio è composto da tre navate e due absidi contrapposte, ricostruito agli inizi del XII secolo, come si evince dagli innesti romanici. Attraverso una piccola porta aperta nella fiancata meridionale della chiesa si esce nel chiostro, un piccolo gioiello architettonico che si illumina di rosso al tramonto. Dal chiostro si accede all’area archeologica dove sono visibili alcuni edifici dell’età del Ferro; a fianco della Chiesa si trova il Museo-Antiquarium, che raccoglie tutti i reperti della preistoria, dell’età del bronzo e del ferro e dell’età romana trovati nel paese e nei suoi dintorni. Ha una sala dedicata ai fossili custoditi negli strati della pietra sedimentaria su cui San Giorgio stesso sorge. San Giorgio Valpolicella, Ph. massimofusaro (iStock) Le Marogne sono ciò che rende ancora più caratteristica la collina veronese: si tratta dei terrazzamenti realizzati con muretti a secco che preservano il terreno dall’erosione delle acque e sui quali nasce il Valpolicella. Nei suoi dintorni ci sono anche numerose cave di pietra e di marmo Rosso Verona, detto di S.Ambrogio. Da visitare, anche se in disuso, le cave descuerte. Durante la vostra passeggiata non potete proprio esimervi dal visitare la deliziosa via Crucis dei Lapicidi: accanto al cimitero, gli allievi della Scuola d’Arte hanno scolpito una via crucis speciale. Le 14 stazioni sono rappresentate da libri aperti in pietra: da un lato è scolpita la passione di Cristo, dall’altro la passione degli scalpellini e dei marmisti del comune che hanno dovuto emigrare in cerca di lavoro. Piaceri e sapori del borgo I piatti ispirati alla tradizione sono molteplici e variegati: tra questi ci sono la minestra di fave, le tagliatelle in brodo coi fegatini, la pasta e fagioli, i bigoli con le sarde, la selvaggina cotta in diversi modi, la soppressa veronese e il formaggio Monte Veronese della Lessinia. Tra i dolci spiccano la gradela, focaccia dolce, e il nadalin, un dolce tipico alle mandorle. La presenza di ulivi e vigneti porta alla produzione di olio extra vergine di oliva e dei vini DOC e DOCG della denominazione Valpolicella: Amarone e Recioto, Valpolicella, Valpolicella Superiore e Ripasso; se capitate qui d’estate, sorseggiate un ottimo calice accompagnato dalle buonissime ciliegie appena colte. Le vigne del Valpolicella, Ph. Bruno_il_segretario (iStock) San Giorgio di Valpolicella, si trova nel Comune di Sant’Ambrogio: posto su un cucuzzolo e stretto intorno alla pieve, è ricco di profumi e sapori.
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sciscianonotizie · 6 years ago
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ILMONITO Gianfranco Di Sarno ( M5S) : Nomina nel comitato ordinatore della Scuola Superiore Meridionale del prof. Antonio Giordano . http://dlvr.it/R34V0R http://dlvr.it/R34V0R
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fondazioneterradotranto · 4 years ago
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Nuovo post su https://is.gd/ce8lDz
Nell’epopea degli “ppoppiti”, la ricerca dell’identità salentina,
Giorgio Cretì
  Poppiti (Il Rosone, 1996) è un romanzo moderno che ha sapore d’antico.
Ne è autore Giorgio Cretì (1933-2003), scrittore salentino, nato a Ortelle, in provincia di Lecce, ma trasferitosi presto a Pavia. Autore di vari racconti pubblicati su “Il Rosone”, la rivista dei pugliesi di Milano, e su altri periodici, Cretì, membro dell’Associazione Stampa Agroalimentare, ha dedicato i propri interessi di studio prevalentemente al settore della gastronomia e della cucina, dando alle stampe pregevoli testi come: Erbe e malerbe in cucina (Sipiel, 1987), il Glossario dei termini gastronomici, compresi i vocaboli dialettali, stranieri e gergali, annesso al volume I grandi menu della tradizione gastronomica italiana (Idea Libri, 1998), Il Peperoncino (Idea Libri, 1999), La Cucina del Sud (Capone Editore, 2000), A tavola con don Camillo e Peppone (Idea Libri, 2000), La Cucina del Salento (Capone, 2002), ed altri.
Il romanzo narra una storia d’amore che si volge nella campagna salentina, a Masseria Capriglia, fra Santa Cesarea Terme e Vignacastrisi, dove vivono i protagonisti del racconto, Poppiti appunto (o, nelle varianti Ppoppiti, con rafforzamento della lettera iniziale, o ancora Ppoppeti).
Varie le etimologie di questo termine gergale, ma la più accreditata è quella che lo fa risalire al latino post oppidum, ossia “fuori dalle mura del borgo”, ad indicare nell’antica Roma coloro che abitavano fuori dalle mura fortificate della città, dunque i contadini.
Questo termine è passato ad indicare la gente del Salento e in particolare dell’area più meridionale, ovvero di un territorio caratterizzato fino a cinquant’anni da un paesaggio prevalentemente agricolo e dominato dalla civiltà contadina.
ph Giorgio Cretì
  La storia si svolge all’inizio del secolo Novecento e gli umili contadini del racconto sono Ia e Pasquale, il quale è chiamato alla guerra di Libia del 1911 ed è così costretto a lasciare soli la moglie ed il bimbo appena nato. L’assenza di Pasquale si protrae a lungo perché in guerra egli viene fatto prigioniero. Quando ritorna nel Salento, con grandi progetti per la sua famiglia, Pasquale non trova però la situazione ideale che aveva immaginato ma anzi incombe sulla Masseria Capriglia una grave tragedia.
Del romanzo è stato tratto un adattamento teatrale dalla compagnia “Ora in scena”, per i testi della scrittrice Raffaella Verdesca e la regia dello studioso Paolo Rausa. La rappresentazione teatrale è stata portata in vari teatri e contesti culturali a partire dal 2013 con un discreto apprezzamento di critica e di pubblico. In particolare, fra il maggio ed il giugno del 2014, ad Ortelle, città natale dello scrittore, nell’ambito della manifestazione “Omaggio a Giorgio Cretì”, venne allestita in Piazza San Giorgio, la mostra di pittura Ortelle. Paesaggi Personaggi … con gli occhi (e il cuore) di Carlo Casciaro e Antonio Chiarello, presso Palazzo Rizzelli. Ortelle commemorava così un suo figlio illustre, con una serie di incontri e conferenze e con la messa in scena dello spettacolo teatrale, a cura di Raffaella Verdesca e Paolo Rausa. Le parole del romanzo di un cultore di storia patria si intrecciavano ai colori e alle immagini di due artisti del pennello, anch’essi ortellesi. La mostra pittorica di Casciaro e Chiarello ha portato alla pubblicazione di un catalogo dallo stesso titolo della mostra, con doppia speculare copertina, realizzato con il patrocinio del Comune di Ortelle, dell’Università del Salento, del CUIS e della Fondazione Terra D’Otranto.
Sulla copertina, in una banda marrone nella parte superiore, si trova scritto: “Per un antico (pòppitu) eroe. Omaggio a Giorgio Cretì”. Nella parte centrale, la foto di un bellissimo antico portale del centro storico di Ortelle. All’interno del volumetto, Casciaro e Chiarello si dividono equamente gli spazi: da un lato le opere dell’uno e dal lato opposto quelle dell’altro, realizzando una sorta di residenza artistica o casa dell’arte su carta. Il catalogo è introdotto da una bellissima poesia di Agostino Casciaro, dedicata proprio ad Ortelle e da una Presentazione della critica d’arte Marina Pizzarelli.
uno dei dipinti di Carlo Casciaro
Quindi troviamo i volti di Carlo Casciaro, fra i quali il primo è proprio quello dello Pòppitu Cretì, in un acrilico su tela del 2014; poi quello di Agostino Casciaro, tecnica mista 2014, e quello del pittore Giuseppe Casciaro (1861-1941), ch’è forse la maggior gloria ortellese, pittore di scuola napoletana, del quale Carlo è pronipote. Inoltre, l’opera Ortelle, acrilico su tela 2012, con una citazione di Franco Arminio; Capriglia, acrilico su tela 2014, con una citazione dal romanzo di Cretì; Largo Casciaro, acrilico su tela 2013, e infine una scheda biografica di Carlo Casciaro. Di Carlo ho già avuto modo di scrivere che dalla fotografia alla pittura, egli comunica attraverso la sua arte totale. (Paolo Vincenti, L’arte di Carlo Casciaro in “Il Galatino”, 14 giugno 2013).
Laureato all’Accademia di Belle Arti di Lecce, ha vissuto a lungo a Milano prima di ritornare nel borgo avito e qui ripiantare radici. L’oggetto privilegiato della sua pittura è il paesaggio salentino. Il suo è un naturalismo che richiama quello dei più grandi maestri, come Vincenzo Ciardo. È un paesaggismo delicato, fuori dal convenzionale, dal naif. Nelle sue tele, dai vivaci colori, in cui vengono quasi sezionati i reticolati urbani dei nostri paesini, più spesso le aree della socialità come le piazze, gli slarghi, le corti, si ammirano animali quali pecore, buoi, galline, gazze, convivere in perfetta armonia con oggetti e persone, in un’epoca ormai lontana, fatta di ristrettezze e di fatica, quella della civiltà contadina del passato. Il segno colore di Casciaro dà ai suoi paesaggi un’immagine di gioia temperata, di una serenità appena percepita, cioè non un idillio a tutto tondo, tanto che il cielo incombente sulle scene di vita quotidiana sembra minaccioso e il sole non si mostra quasi mai.
Nel microcosmo di una piccola e fresca cantina nella quale ha ricavato il suo studio, oggi Carlo fotografa vecchi e vecchine, parenti, amici, personaggi schietti e spontanei di quella galleria di tipi umani che offre la sua comunità, li immortala nei suoi ritratti a matita e pastello e li appende con le mollette a dei fili stesi nella cantina a suggellare arte e vita, sogno e contingenza. Una delle sue ultime realizzazioni infatti è Volti della Puteca Disegni-Foto-Eventi, Minervino Ortelle Lecce 2016 (Zages Poggiardo, 2017).
Mutando verso del catalogo, si ripetono la poesia di Agostino Casciaro e la Presentazione di Pizzarelli, e poi troviamo le opere di Antonio Chiarello. Fra i versi di Antonio Verri e Vittorio Bodini, sette acquerelli con una piantina turistica di Ortelle, cartoline e vedute panoramiche della città di San Vito e di Santa Marina e una Vecchia porta + vetrofania, L’uscio dell’orto (…e lucean le stelle), tecnica mista del 2011. Quindi, la scheda biografica di Antonio Chiarello. Anche di Antonio, fra le altre cose, ebbi a scrivere che egli, laureato all’Accademia di Belle Arti di Lecce, utilizza, per le sue Pittoriche visioni del Salento, le tecniche più svariate con una certa predilezione per l’acquerello. (Paolo Vincenti, Da Sant’Antonio ad Antonio Chiarello in “Il Paese Nuovo”, 18 giugno 2011).
Nel 2005 Chiarello ha realizzato per la prima volta la mostra devozionale “San’Antonio giglio giocondo…”, con “tredici carte devozionali” dedicate al suo santo onomastico ed ha portato questo progetto- ex voto in giro per la provincia di Lecce in tutti i paesi dove vi sia il protettorato o almeno una devozione per il santo. Visceralmente legato alla patria salentina, Chiarello ne ha dipinto le grotte, i millenari monumenti, gli alberi, i suoi borghi incantati, le bellezze di Castro e di Porto Badisco, di Santa Cesarea e di Otranto, di Muro Leccese, di Poggiardo e di tutta la costa adriatica leucadense.
Autore anche di svariate realizzazioni grafiche e di manifesti, nella sua avventura umana ed artistica, ha interagito con amici quali Antonio Verri, Pasquale Pitardi, Donato Valli, Antonio Errico, Fernando Bevilacqua, Rina Durante. All’epopea degli ppoppiti, Chiarello e Casciaro confessano di sentirsi intimamente vicini per cultura, formazione e scelta sentimentale.
Ecco allora, nell’ideale ricerca di un’identità salentina, la pittura dei due artisti poppiti salentini intrecciarsi, in fertile connubio, con la scrittura di uno poppitu di ritorno quale Giorgio Cretì.
Nell’epopea degli “ppoppiti”, la ricerca dell’identità salentina, in Identità Salentina 2020, Salento Quale identità quale futuro? Contributi e testimonianze per la cultura e il governo del territorio, Italia Nostra sezione Sud Salento, a cura di Marcello Seclì, Collepasso, Tip. Aluisi, 2021
Su Giorgio Cretì vedi:
Giorgio Cretì – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)
L’omaggio di Ortelle a Giorgio Cretì con la presentazione del volume antologico delle opere – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)
 Giorgio Cretì come uno sciamano – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)
Storia di guerra e passione nel Salento rurale – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)
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italianaradio · 5 years ago
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CAMINI Istruzione ed educazione globale al centro della Giornata della Gioventù
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/camini-istruzione-ed-educazione-globale-al-centro-della-giornata-della-gioventu/
CAMINI Istruzione ed educazione globale al centro della Giornata della Gioventù
CAMINI Istruzione ed educazione globale al centro della Giornata della Gioventù
R. & P.
Numerosi ospiti, rappresentanti istituzionali e un folto pubblico, lunedì scorso, sono giunti a Camini (RC) per la “Giornata Internazionale della Gioventù”, istituita venti anni fa dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la Risoluzione A/RES/54/120 in onore delle nuove generazioni da sostenere e valorizzare quali agenti responsabili dello sviluppo globale. Per il terzo anno consecutivo l’antico borgo, che fa dell’accoglienza un modello di vita, ha ospitato le celebrazioni della “Giornata Internazionale della Gioventù” promosse da un partenariato ancor più esteso rispetto alle due edizioni precedenti. Tra i numerosi enti pubblici e privati coinvolti al fianco della cooperativa EUROCOOP “Jungi Mundu”, troviamo la Pro Loco “Passarelli Rinaldo Sisto” di Camini, il Centro Europe Direct di Reggio Calabria, l’EDIC Calabria & Europa e l’associazione Eurokom Calabria & Europa, entrambi di Gioiosa Jonica (RC), le associazioni JIMUEL Onlus – Internet Medics for Life, l’Istituto Tecnico Tecnologico “Giovanni Malafarina” di Soverato (CZ), l’Agenzia di Promozione Integrata per i Cittadini in Europa (APICE), il think tank di divulgazione economica “Open Calabria”, l’associazione per la ricerca e la promozione delle pratiche di filosofia dialogica nella scuola e nella società “Amica Sofia”, FOCS – Formazione e Lavoro, la cooperativa sociale “PATHOS Mondi Meticci” di Caulonia (RC), l’associazione culturale “Terre Vivaci” di Roma con l’iniziativa “STESI DALLE TESI© Il Bel Sapere”, la Casa della Poetessa di Riace (RC) e il media partner Ciavula. Il tutto con il patrocinio del Comune di Camini, la partecipazione di altri enti locali del territorio delle province di Catanzaro e Reggio Calabria e l’augurio dell’Agenzia Nazionale per i Giovani (ANG) tramite un messaggio in videocollegamento con il Direttore Generale, l’Avvocato Domenico De Maio.
Il tema proposto a livello internazionale per l’anno 2019 è stato quello dell’educazione globale e dell’istruzione di qualità, racchiuse nello slogan “Trasformare l’educazione”, che trae ispirazione dall’obiettivo 4 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, il programma che 193 Paesi membri dell’ONU (fra cui l’Italia) hanno sottoscritto nel 2015. Obiettivo finalizzato a «garantire un’istruzione di qualità inclusiva ed equa e promuovere opportunità di apprendimento permanente per tutti». Tema su cui già a Camini si lavora da tempo nelle scuole.
Per quanto riguarda il contesto europeo, è importante ricordare quanto emerso dall’Education and Training Monitor, ovvero la Relazione di monitoraggio del settore dell’istruzione e della formazione, la principale opera della Commissione europea dedicata al tema dell’istruzione e della formazione nell’Unione europea, pubblicata con cadenza annuale, in cui si analizzano e comparano le principali sfide per i sistemi educativi europei. In merito alla situazione italiana, attraverso tale rapporto si apprende come si tratti di uno dei Paesi con il livello più basso d’investimento in educazione, tanto in rapporto al PIL (3,9 percento nel 2016, comparato al 4,9 percento della media europea), quanto in rapporto al totale della spesa pubblica (7,9 percento contro il 10,2 percento). I dati relativi ai fondi pubblici per il settore universitario riportano uno 0,3 percento di risorse investite, a fronte dello 0,7 percento europeo. Il Consiglio europeo ha anche richiesto all’Italia un impegno specifico affinché siano «favorite la ricerca, l’innovazione, le competenze digitali e le infrastrutture attraverso lo stanziamento di fondi mirati» e «aumentata la formazione professionale dell’istruzione superiore». Un’altra sfida di capitale importanza è quella rappresentata dai numerosi giovani che non lavorano, né studiano, né sono impegnati nella formazione. Un quinto dei giovani cittadini italiani (20,1 per cento) tra i 15 e i 24 anni, nel 2017, rientrava in questa categoria, rappresentando la più alta percentuale in Europa, la cui media si attesta sui 10,9 punti percentuali. Il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro risulta, sempre secondo le analisi riportate dal rapporto di monitoraggio, estremamente difficoltoso anche per le persone altamente qualificate.
Le disparità a livello regionale sono persistenti e si ripercuotono sull’istruzione. Come evidenziato dai test INVALSI (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione), nelle regioni del Sud del paese il numero di studenti con scarsi risultati in italiano, matematica e inglese è significativamente più elevato se raffrontato ai dati dell’Italia settentrionale. Nel frattempo, i salari degli insegnanti italiani continuano a rimanere tra i più bassi a livello europeo e le prospettive di carriera risultano limitate rispetto all’esperienza e ai titoli di studio dimostrabili.
La percentuale di giovani che intraprendono gli studi universitari, infine, è tra le più basse in Europa (26,9 percento rispetto alla media UE del 39,9 percento nel 2017) anche a causa dell’aumento del costo di tali studi: le tasse universitarie italiane risultano le terze più alte in tutta Europa, e solo poco più di 9 studenti su 100 ricevono una borsa di studio.
Questi dati evidenziano quanto lavoro sia ancora necessario per rispondere con efficacia alle sfide poste dalle società contemporanea affinché l’educazione possa esprimere tutto il potenziale. Nel contesto del tema proposto dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per la “Giornata Internazionale della Gioventù” del 2019, l’istruzione di base viene, infatti, ritenuta un fattore moltiplicatore a livello universale poiché svolge un ruolo imprescindibile per realizzare gli obiettivi principali dello sviluppo sostenibile, in particolare la promozione della crescita economica, la garanzia di un lavoro dignitoso per tutti e la costruzione di società pacifiche e inclusive.
In tale scenario globale, il piccolo ma dinamico comune di Camini, nell’area della Locride in provincia di Reggio Calabria, già protagonista di virtuose esperienze di ripopolamento attraverso programmi di inclusione sociale e di integrazione di persone migranti e richiedenti asilo, ha declinato il tema intorno alle specificità del lavoro della comunità locale e all’educazione come veicolo di trasformazione sociale e di crescita delle società maggiormente marginalizzate a causa della collocazione geo-strategica, economica e storica, come le aree interne. Per l’occasione sono stati presentati i primi risultati conseguiti nell’ambito dei programmi europei “Erasmus+” e “Corpi Europei di Solidarietà”, ora in corso di implementazione attraverso sei progetti concreti. Il caso di Camini è particolarmente significativo poiché insieme alle sfide del ripopolamento e della ricostruzione di un tessuto architettonico così come di welfare, è stato possibile – attraverso il percorso collettivo denominato “Camini Giovane” – contare anche sull’abbassamento dell’età media della cittadinanza residente in netta controtendenza con i dati che emergono dal livello nazionale e che vedono nell’invecchiamento della popolazione un elemento strutturale, in Italia come in altri paesi dell’Europa meridionale.
Nel corso della manifestazione è stato consegnato, a sorpresa, al sindaco Pino Alfarano di Camini il “Premio Mediterraneo 2019”. Giunto alla quarta edizione, il Premio, ideato dal regista umbro Folco Napolini, vuole essere un riconoscimento da assegnare chi si è distinto per valore e impegno civile. Quest’anno gli organizzatori che hanno presenziato alla consegna, nelle persone di Folco Napolini, Antonio Parrello e Federica Roccisano, hanno ritenuto di premiare il sindaco Pino Alfarano e, tramite lui, l’intera comunità di Camini per l’impegno portato avanti a favore dei valori dell’accoglienza, dell’umanità e della solidarietà.
«Per il terzo anno consecutivo ospitiamo un evento di portata internazionale tanto importante e significativo, come la Giornata Internazionale della Gioventù. E Camini risponde alla grande. Questo ci rende felici e orgogliosi – dichiara il sindaco Pino Alfarano –. Si tratta di iniziative che assicurano continuità di impegno e prospettive per il futuro della comunità, contribuendo a creare sviluppo tassello dopo tassello. Grazie all’impegno, costante e senza risparmiare energie, della cooperativa EUROCOOP “Jungi Mundu”, il nostro piccolo comune è sempre più centro del mondo. Siamo davvero soddisfatti per il coinvolgimento e sono felice del Premio ricevuto. Un Premio che arriva, appunto, grazie a questo lavoro di anni, lavoro condiviso, e che, perciò, appartiene a tutti, alla cittadinanza e a tutti coloro che a vario titolo alimentano con le loro energie il sogno di Camini. In questa giornata abbiamo respirato soprattutto tanta umanità, e questo ci emoziona, confermando una strada tracciata che abbiamo tutta l’intenzione di continuare a percorrere». (Foto Celestino Gagliardi)
R. & P. Numerosi ospiti, rappresentanti istituzionali e un folto pubblico, lunedì scorso, sono giunti a Camini (RC) per la “Giornata Internazionale della Gioventù”, istituita venti anni fa dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la Risoluzione A/RES/54/120 in onore delle nuove generazioni da sostenere e valorizzare quali agenti responsabili dello sviluppo globale. Per il terzo
Gianluca Albanese
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lospeakerscorner · 2 years ago
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Parte la la Scuola Superiore Meridionale
Parte la la Scuola Superiore Meridionale
Un’area interdisciplinare umanistico-giuridica e una scientifico-tecnologica: parte la Scuola Superiore Meridionale CITTÀ METROPOLITANA DI NAPOLI – Al nastro di partenza la Scuola Superiore Meridionale: è pronta ad accogliere i suoi primi 40 Allievi dopo l’autonomia acquisita il 2 aprile 2022. Pubblicato il primo bando come Istituto di Istruzione Uiversitaria di Alta Formazione Dottorale ad…
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