#Sco (Servizio centrale operativo)
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CROTONE. TRAFFICO INTERNAZIONALE DI ESSERI UMANI E IMMIGRAZIONE CLANDESTINA.
Crotone: immigrazione clandestina, 29 arresti Una organizzazione specializzata nel traffico di esseri umani garantiva ai migranti l’arrivo in Italia per 10 mila euro attraverso la “rotta balcanica marittima”. 29 indagati, componenti di un’organizzazione criminale operante tra l’Italia, la Turchia e la Grecia sono stati arrestati al termine delle indagini dai poliziotti della squadra mobile di…
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lamilanomagazine · 6 months ago
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Latina, operazione antiprostituzione: arresti e perquisizioni
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Latina, operazione antiprostituzione: arresti e perquisizioni Questa mattina, con l'impiego di oltre 400 operatori della Polizia di Stato, coordinati dallo SCO (Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato), si è conclusa una vasta operazionedi polizia giudiziaria in 27 province Alessandria, Ancona, Aosta, Bari, Benevento, Catania, Cosenza, Cremona, Imperia, L'Aquila, Latina, Lecco, Lodi, Lucca, Mantova, Massa Carrara, Milano, Modena, Napoli, Oristano, Parma, Pisa, Prato, Roma, Savona,... Leggi articolo completo su La Milano Read the full article
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delectablywaywardbeard-blog · 10 months ago
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Operazione di polizia alle frontiere contro l’immigrazione clandestina
ROMA (ITALPRESS) – Si sta concludendo una vasta operazione della Polizia di Stato iniziata nei giorni scorsi, coordinata dal Servizio Centrale Operativo (SCO), nelle province di Aosta, Bolzano, Como, Cuneo, Imperia, Gorizia, Torino, Trieste e Udine, per il contrasto al fenomeno del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nelle zone di retro-valico. Sono in corso perquisizioni e controlli…
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siciliatv · 1 year ago
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Sbarco di migranti a Lampedusa: Sco e Squadra Mobile fermano due scafisti
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Sbarco di migranti a Lampedusa: Sco e Squadra Mobile fermano due scafisti Gli investigatori del Servizio Centrale Operativo,della sezione Investigativa dello Sco di Palermo... #SiciliaTV #SiciliaTvNotiziario Read the full article
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corallorosso · 7 years ago
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Quelli della Uno bianca, la banda di poliziotti che sconvolse l’Italia Dal 19 Giugno 1987 al 21 Novembre 1994 una banda criminale, denominata a partire dal 1991 “banda della Uno bianca” in ragione del tipo di auto usate per svolgere le proprie attività criminose, seminò il terrore in cinque province comprese tra l’Emilia Romagna e le Marche. Secondo il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato (SCO) in circa sette anni e mezzo di attività criminale la “banda della Uno bianca” ha causato, nel contesto delle ben 103 azioni criminali compiute, 24 morti e 102 feriti. Uccidevano per rubare, ma anche per razzismo, per uno sguardo sbagliato o semplicemente per il gusto di farlo. Utilizzavano per le loro azioni Uno bianche, le auto più comuni. Poi le bruciavano. Ma la cosa che rende la sua vicenda un unicum nella storia del nostro Paese è il fatto che i suoi componenti fossero, tranne uno, tutti membri della polizia di Stato. Avevano iniziato nel 1987, con colpi ai caselli autostradali. Uccisero benzinai e guardie giurate durante alcune rapine, il 20 aprile del 1988 avevano già ammazzato a freddo due carabinieri che aveva fermato la Uno bianca per un controllo. Il 6 ottobre del 1990 uccisero un passante che stava cercando di annotare il loro numero di targa durante una rapina, il 23 dicembre di quell’anno si avvicinarono a un campo nomadi e spararono contro una roulotte uccidendo due persone, cinque giorni dopo a Bologna uccisero prima un commerciante durante una rapina a Castelmaggiore poi, qualche ora dopo, a Trebbo di Reno, ammazzarono un passante che si era avvicinato troppo alla loro auto. La sera del 4 Gennaio 1991 nel quartiere bolognese del Pilastro, i Savi attaccano una pattuglia dei Carabinieri, che, a detta dei criminali, ebbe la sola colpa di essersi trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato. Sotto un volume di fuoco impressionante rimangono a terra i cadaveri di tre giovanissimi militari: Otello Stefanini, Andrea Moneta, Mauro Mitilini. Erano bestie, continuarono a uccidere per anni. Nel 1991, il 28 agosto, a San Mauro Mare, uccisero due operai senegalesi e ne ferirono gravemente un terzo. Non fu durante una rapina, erano neri, per quello spararono. Furono due poliziotti, Baglioni e Costanza, a intuire che quelli della Uno Bianca potessero essere come loro, poliziotti. Seguirono le tracce per mesi, spesso scontrandosi con forti scetticismi. Alle fine vennero arrestati tutti. Erano Roberto Savi, poliziotto a Bologna, suo fratello Fabio, unico a non essere in polizia, un altro fratello, Alberto, poliziotto a Rimini, Pietro Gugliotta, poliziotto, operatore radio a Bologna, Marino Occhipinti, poliziotto a Bologna, Luca Vallicelli, poliziotto a Cesena. I tre fratelli Savio furono condannati all’ergastolo, così come Occhipinti. Gugliotta ha avuto 18 anni, Vallicelli, il cui ruolo era minore, ha preso tre anni e otto mesi. C’era anche una donna, Eva Mikula, fidanzata di Fabio Savi. Fu lei a raccontare tutto e a incastrare la banda (lefotochehannosegnatounepoca)
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purpleavenuecupcake · 5 years ago
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Polizia di Stato maxi operazione “Leonessa"
Una maxi operazione, con una settantina di arresti e sequestri per 35 milioni di euro, è in corso da alcune ore in più province d’Italia.
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La Procura della Repubblica di Brescia, Direzione Distrettuale Antimafia - nell’ambito di una lunga e complessa indagine convenzionalmente denominata “LEONESSA”, condotta dalla Guardia di Finanza e dalla Polizia di Stato - ha accertato l’operatività di una cosca mafiosa di matrice stiddara, con quartier generale a Brescia, che ha pesantemente inquinato diversi settori economici attraverso la commercializzazione di crediti d’imposta fittizi per decine di milioni di euro.  La Stidda, nella sua versione settentrionale  “in giacca e cravatta”, pur mantenendo le “antiche” modalità mafiose nell’ agire quotidiano si è dimostrata capace di una vera e propria “metamorfosi evolutiva,” sostituendo ai reati tradizionali nuovi business, utilizzando quale anello di congiunzione tra i mafiosi e gli imprenditori i “colletti bianchi”, i quali individuavano tra i loro clienti (disseminati principalmente tra Piemonte, Lombardia, Toscana, ma anche nel Lazio, Calabria, Sicilia) quelli disponibili al risparmio facile. L’indagine - che per il suo spessore ha visto il supporto del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e dello SCICO della Guardia di Finanza e - ha parallelamente disvelato anche numerosi reati tributari e fenomeni corruttivi.
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Maggiori dettagli saranno forniti nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle ore 11:00 presso la Procura della Repubblica di Brescia, cui parteciperà il Procuratore della Repubblica, il Direttore dello SCO, il Comandante dello SCICO, il Questore e il Comandante Provinciale della Guardia di Finanza di Brescia. Read the full article
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secondopianonews · 5 years ago
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Duro colpo al clan Casamonica. Venti arresti sono stati eseguiti oggi dalla Polizia di Stato con il coordinamento della Procura di Roma, 15 in carcere e 5 ai domiciliari, ed è stato disposto il sequestro di beni, società e conti correnti per 20 milioni di euro, in particolare contro il gruppo della Romanina, che dopo le operazioni che hanno già colpito la famiglia era diventato il ‘quartier generale’ riconosciuto dall’organizzazione, con una “struttura orizzontale la cui forza è dettata dall’appartenenza alla famiglia Casamonica” scrive il gip Mendola nell’ordinanza cautelare di 467 pagine emessa su richiesta della locale Dda.
Gli indagati sono accusati di associazione di stampo mafioso, estorsione, usura e intestazione fittizia di beni. Nell’operazione sono stati impiegati più di 150 uomini della polizia del Servizio Centrale Operativo, della Squadra Mobile di Roma e del Commissariato Romanina.
INDAGINI GRAZIE A COLLABORATORI E INTERCETTAZIONI Intercettazioni, audio e video, oltre al ruolo fondamentale delle dichiarazioni di 4 collaboratori di giustizia. E’ così che si è arrivati all’operazione di oggi. Importanti in particolare le dichiarazioni di un membro “intraneo” alla famiglia che ha potuto tracciare l’organigramma dell’organizzazione, riferire in merito alle attività delittuose perpetrate e, soprattutto, spiegare le dinamiche interne al gruppo, impossibili da ricostruire in altro modo considerato l’utilizzo della lingua sinti. Grazie a queste dichiarazioni è stato possibile non solo riscontrare i singoli episodi delittuosi ma soprattutto dimostrare “l’esistenza di un sodalizio criminoso – spiegano investigatori e inquirenti – caratterizzato, nel suo operare, da modalità evidentemente mafiose”.
L’intercettazione: “Proteggemo Roma, ce vonno distrugge” “Perché i Casamonica proteggono Roma, invece hanno stufato, i napoletani vonno entrà, la camorra vò entrà a Roma e i calabresi vonno entrà a Roma, je dà fastidio perché noi proteggemo Roma’”. Così Guido Casamonica, figlio di Ferruccio, in un’intercettazione si lamentava dei provvedimenti giudiziari emessi nei confronti di altri membri del clan, sostenendo che l’annientamento dell’organizzazione fosse finalizzata a consentire alle organizzazioni forti di mettere le mani su Roma. “Devono far entrare le organizzazioni forti a Roma ecco perché ce vonno distrugge a noi”.
Intercettazioni, audio e video, oltre al ruolo fondamentale delle dichiarazioni di 4 collaboratori di giustizia. E’ così che si è arrivati all’operazione di oggi contro il clan Casamonica a Roma. Importanti in particolare le dichiarazioni di un membro “intraneo” alla famiglia che ha potuto tracciare l’organigramma dell’organizzazione, riferire in merito alle attività delittuose perpetrate e, soprattutto, spiegare le dinamiche interne al gruppo, impossibili da ricostruire in altro modo considerato l’utilizzo del sinti, lingua difficilmente decifrabile. Grazie a queste dichiarazioni è stato possibile non solo riscontrare i singoli episodi delittuosi ma soprattutto dimostrare “l’esistenza di un sodalizio criminoso – spiegano investigatori e inquirenti – caratterizzato, nel suo operare, da modalità evidentemente mafiose”.
Capo Anticrimine della Polizia: “Avevano colonizzato gran parte di Roma” “L’operazione è importante non soltanto per l’aspetto repressivo in quanto tale perché colpiamo il gruppo mafioso dei Casamonica, noti a Roma da tempo e che avevano colonizzato la parte Sud-Est della Capitale e in parte anche i Castelli” ha commentato all’Adnkronos Francesco Messina, direttore centrale anticrimine della Polizia.
“A parte l’aspetto repressivo puro, che ha portato alla contestazione del 416 bis per questi soggetti considerati come appartenenti a un clan di mafia locale, c’è un aspetto importante che è quello patrimoniale perché abbiamo per la prima volta utilizzato un modello operativo che prevede anche l’intervento della Divisione anticrimine accanto alla Squadra mobile e quindi del Servizio Centrale anticrimine accanto allo Sco”, ha chiarito il direttore centrale anticrimine della Polizia.
“Abbiamo eseguito un sequestro per un ammontare di 20 milioni di euro grazie a una misura di prevenzione irrogata dal giudice competente su proposta congiunta del questore e del procuratore di Roma – ha spiegato Messina – C’è un modello operativo nuovo in questa operazione, è la prima volta che si agisce con una proposta congiunta e un sequestro congiunto a Roma”.
“La proposta di misura di prevenzione patrimoniale riguarda beni immobili, beni societari e oltre 140 conti correnti e ci ha consentito di portare via a questi soggetti ben 20 milioni di euro. Non è una cosa da poco perché se noi attingiamo alla provvista in nero e colpiamo il patrimonio, rendiamo difficile la prosecuzione della vita del clan – ha sottolineato Messina – Loro hanno bisogno di soldi per mantenere i carcerati, per mantenere le famiglie, per pagare i difensori. Se colpiamo questo noi contribuiamo ad avere dei risultati che sono utili a eradicare il fenomeno, piuttosto che soltanto a neutralizzarlo”.
“Il sequestro di oggi – ha poi aggiunto Messina – che non è più soltanto un sequestro penale ma è una misura di prevenzione patrimoniale ci consente di attingere a un patrimonio più ampio di quello che avremmo potuto colpire semplicemente con il sequestro penale. Allo stato dei fatti il sequestro penale sarebbe stato di 10 milioni invece, con questa misura di prevenzione, che si basa sul codice antimafia, siamo riusciti a sequestrare il doppio, 20 milioni complessivamente. La valutazione che si fa non è connessa solamente ai reati consumati ma anche alla pericolosità sociale e all’attualità della pericolosità sociale del gruppo. Questo è il dato innovativo sotto il profilo strategico ed è una cosa che possiamo fare noi della Polizia di Stato perché il potere di proposta ce l’ha il questore”.
Il procuratore di Roma, Michele Prestipino, nel corso dell’incontro stampa sull’operazione ha spiegato che “l’indagine iniziata da diverso tempo non si ferma come dimostra anche l’operazione di questa mattina. E’ un risultato straordinario che attraverso gli arresti e i sequestri dei beni accumulati illecitamente dimostra l’azione costante della Procura e della Polizia nel contrasto ai clan”. Il procuratore ha poi sottolineato come “privare della ricchezza significa depauperare le organizzazioni della loro forza criminale. Quello di oggi è un provvedimento che porta la firma congiunta del procuratore e del questore”.
destinatari di custodia cautelare in carcere
1. CASAMONICA Guerrino, detto Pelé, classe 1970,
2. CASAMONICA Giuseppe classe 1950,
3. CASAMONICA Sonia classe 1980,
4. CASAMONICA Ferruccio classe 1950,
5. DI SILVIO Gelsomina, detta Silvana, classe 1955,
6. CASAMONICA Christian classe 1984,
7. CASAMONICA Raffaele classe 1972,
8. PACE Daniele classe 1991,
9. CANDIT Carolina classe 1982,
10. FILIPI Griselda classe 1989,
11. IANNINI Piero classe 1951,
12. MENUNNO Danilo classe 1977;
13. D’AGUANNO Manolo classe 1991,
14. BRUNI Angelo classe 1988,
15. PRESUTTI Alessandro classe 1973.
destinatari della misura cautelare degli arresti domiciliari:
16. BRUNI Giuseppe classe 1982,
17. CASAMONICA Dora classe 1976,
18. PAIELLA Luciano classe 1949,
19. PANITTERI Alessandro classe 1955,
20. MANZO Vanessa classe 1979.
I soggetti indagati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di aver preso parte all’associazione mafiosa denominata “clan CASAMONICA”, in particolare all’articolazione territoriale operante nella zona Romanina-Anagnina-Morena della città di Roma, al fine di commettere:
–          delitti contro il patrimonio (nella specie, usura ed estorsioni), contro la vita e l’incolumità individuale e in materia di armi,
–          affermare il controllo egemonico sul territorio, realizzato anche attraverso accordi con organizzazioni criminose omologhe,
–          conseguire vantaggi patrimoniali dalle attività economiche che si svolgono nel territorio attraverso o la partecipazione alle stesse, ovvero con la riscossione di somme di denaro a titolo di compendio estorsivo,
–          acquisire direttamente o indirettamente la gestione e/o il controllo di attività economiche in diversi settori,
nonché dei reati fine di estorsione, usura, esercizio abusivo dell’attività finanziaria e intestazione fittizia di beni, tutti aggravati ex art. 416 bis.1 c.p..
Con il medesimo provvedimento è stato altresì disposto, ed eseguito, il sequestro preventivo dei seguenti beni:
a)quote della GG.AA.S. s.r.l., società tramite la quale CASAMONICA Guerrino e CASAMONICA Sonia gestivano in modo occulto l’esercizio commerciale denominato “DEGUSTAZIONE 14” sito in Roma via G. Volpe n. 24/26;
b)quote della M.A. s.r.l.s., fittiziamente intestate a FILIPI Griselda, società tramite la quale CASAMONICA Cristian gestiva in modo occulto l’impianto di distribuzione carburanti e l’esercizio commerciale denominato “Leon Bar” entrambi ubicati in San Cesareo (RM) via di Gallicano n. 34/A;
c)terreno sito nel comune di Roma in via Roccabernarda n. 8 e i fabbricati ivi realizzati tra cui una villa a più piani con relativa piscina riconducibile a CASAMONICA Guerrino, ma fittiziamente intestata a CASAMONICA Dora;
d)fabbricati ubicati nel comune di Roma via Flavia Demetria n. 90 di fatto riconducibile a CASAMONICA Giuseppe (classe 1950), ma fittiziamente intestato prima a CASAMONICA Mirella poi a CASAMONICA Giuseppe (classe 2001);
e)fabbricato ubicato in Monterosi (VT) via degli Uccelletti n. 37, di fatto riconducibile a DI SILVIO Anna e CASAMONICA Giuseppe (classe 1950);
Il valore dei beni sottoposti a sequestro ammonta a circa 10 milioni di euro.
Contestualmente agli arresti, personale della locale Divisione Polizia Anticrimine- Sezione Misure di Prevenzione Patrimoniali ha eseguito un provvedimento di sequestro di beni ai fini della confisca emesso dal Tribunale di Roma – Sezione delle Misure di Prevenzione, per un valore di circa 20 milioni di euro, nei confronti del clan mafioso CASAMONICA.
Il provvedimento è stato emesso, ai sensi del T.U. Antimafia, su proposta congiunta del Procuratore della Repubblica di Roma e del Questore della provincia di Roma, secondo una strategia avviata su impulso del Servizio Centrale Anticrimine in tutto il territorio nazionale.
LE INDAGINI
L’odierna operazione, frutto di complesse e articolate indagini, ha consentito di individuare l’esistenza a Roma di due clan facenti capo a CASAMONICA Giuseppe e a CASAMONICA Ferruccio, che hanno strutturato un’associazione di tipo mafioso finalizzata, attraverso la commissione di reati fine tra i quali usura, estorsione, esercizio abusivo di attività finanziaria e intestazione fittizia di beni, a procurarsi ingiusti profitti e/o vantaggi per sé e per i membri del sodalizio criminale, per ciascuno dei quali sono stati delineati ruoli e compiti.
In particolare:
CASAMONICA Ferruccio nel ruolo di direzione, con compiti di decisione, pianificazione delle modalità di impiego del denaro provento della illecita attività criminale del clan, provvedendo a impartire disposizioni in ordine al pagamento dei difensori dei sodali arrestati e al recupero delle somme dai soggetti usurati per conto dei sodali arrestati e partecipando personalmente alla realizzazione di molteplici delitti di usura, estorsione e in materia di armi oltre all’esercizio abusivo dell’attività finanziaria (artt. 416 bis commi I, II, III, IV, V, 416 bis.1);
DI SILVIO Gelsomina detta “Silvana“ nel ruolo di organizzatrice perché, originariamente in qualità di moglie di CASAMONICA Ferruccio, e successivamente in virtù del prestigio acquisito, fornisce un costante contributo per l’operatività dell’associazione, partecipando alla commissione -insieme al figlio Raffaele- dei delitti di usura (artt. 416 bis commi I, II, III, IV, V, 416 bis.1);
CASAMONICA Raffaele perché fornisce un costante contributo per l’operatività dell’associazione, partecipando alla commissione di molteplici reati fine e continuando ad aderire all’attività del sodalizio anche dopo la carcerazione del 2015, mediante indicazioni agli associati di procedere alla riscossione delle rate mensili dei prestiti ad usura erogati nei confronti di molteplici vittime (artt. 416 bis commi I, II, III, IV, V, 416 bis.1);
CASAMONICA Christian perché fornisce un costante contributo per l’operatività dell’associazione, partecipando alla commissione di molteplici reati fine e a diversi delitti di usura e esercizio abusivo dell’attività finanziaria e mettendosi a completa disposizione degli interessi del clan (artt. 416 bis commi I, II, III, IV, V, 416 bis.1);
CASAMONICA Giuseppe perché fornisce un costante contributo per l’operatività dell’associazione, partecipando alla commissione di molteplici reati fine, e più in generale mettendosi a completa disposizione degli interessi del clan, cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso (artt. 416 bis commi I, II, III, IV, V, 416 bis.1);
CASAMONICA Guerrino perché fornisce un costante contributo per l’operatività dell’associazione, partecipando alla commissione di molteplici reati fine, tra cui usura ed estorsione, e più in generale, mettendosi a completa disposizione degli interessi del clan, cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso del gruppo (artt. 416 bis commi I, II, III, IV, V, 416 bis.1);
CASAMONICA Sonia perché fornisce un costante contributo per l’operatività dell’associazione, partecipando alla commissione di molteplici reati fine e cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso (artt. 416 bis commi I, II, III, IV, V, 416 bis.1);
PACE Daniele perché, quale stretto collaboratore di CASAMONICA Christian e, più in generale, uomo di fiducia della famiglia facente capo a CASAMONICA Ferruccio (classe 1950), fornisce un costante contributo per l’operatività dell’associazione, fungendo da collettore degli interessi del clan, provvedendo a raccogliere mensilmente dai singoli usurati il denaro frutto dei prestiti usurari, elargiti dagli appartenenti al clan, e a consegnarlo ai familiari degli esponenti del clan tratti in arresto e, conseguentemente, partecipando alla commissione di molteplici reati fine (artt. 416 bis commi I, II, III, IV, V, 416 bis.1);
FILIPI Griselda perché fornisce un costante contributo per l’operatività dell’associazione, partecipando alla commissione di reati fine, consentendo all’organizzazione di ampliare sul territorio la propria capacità finanziaria offrendo con il proprio ruolo la necessaria “schermatura” che consente al clan CASAMONICA di acquisire il controllo di attività commerciali (artt. 416 bis commi I, II, III, IV, V, 416 bis.1);
CANDIT Carolina perché, in qualità di compagna di CASAMONICA Ferruccio cl. 50, fornisce un costante contributo per l’operatività dell’associazione, contribuendo a mantenere aggiornata la “contabilità” relativa alle somme da riscuotere nei confronti delle persone usurate o comunque oggetto di abusivo esercizio dell’attività di finanziamento, intervenendo nell’attività di recupero mensile dalle molteplici vittime del denaro frutto dei prestiti usurari elargiti dagli appartenenti al clan (artt. 416 bis commi I, II, III, IV, V, 416 bis.1).
L’attività investigativa è stata espletata mediante numerose operazioni di intercettazione e attività di videoripresa supportate da servizi sul territorio, assunzione di informazioni da numerose persone informate sui fatti, riconoscimenti fotografici, perquisizioni e sequestri.
Inoltre, ha avuto un fondamentale input dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, tra cui uno intraneo alla famiglia che ha potuto tracciare l’organigramma del sodalizio, riferire in merito alle attività delittuose perpetrate e, soprattutto, spiegare le dinamiche interne alla consorteria, impossibili da ricostruire in altro modo considerato l’utilizzo del sinti, lingua difficilmente decifrabile.
Tali dichiarazioni hanno consentito non solo di riscontrare i singoli episodi delittuosi ma soprattutto di attestare l’esistenza di un sodalizio criminoso caratterizzato, nel suo operare, da modalità evidentemente mafiose.
Tutti i collaboratori hanno descritto chiaramente la particolare struttura del clan CASAMONICA:
un sistema complesso costituito da più nuclei familiari, collegati tra loro in maniera orizzontale e non verticistica, dediti a numerose attività criminali, i quali, pur essendo autonomi, sono sempre pronti a unirsi qualora vi sia necessità di far fronte a pericoli o minacce provenienti dall’esterno, in quanto legati da un comune senso di appartenenza alla medesima famiglia.
La conferma della struttura orizzontale e dell’autonomia delle diverse famiglie che compongono il clan CASAMONICA, proviene direttamente dalle intercettazioni svolte nel corso delle indagini.
Significativa in tal senso è la conversazione in cui il fedelissimo sodale PACE Daniele, rispondendo al suo interlocutore sull’importanza del sodalizio criminale al quale appartiene, asserisce esplicitamente “a Roma? la prima!”, confermando altresì l’assenza di una compagine piramidale: “ma non c’hanno una piramidale loro”.
Il senso di appartenenza ad una associazione di stampo mafioso equiparabile alle consorterie “tradizionali” -camorra o la ‘ndrangheta- e il riconoscimento della sussistenza del vincolo associativo vengono ribaditi in modo esplicito nel corso di un’altra emblematica conversazione captata durante l’attività tecnica.
CASAMONICA Guido, figlio di Ferruccio cl. 50, lamentandosi dei provvedimenti giudiziari emessi nei confronti di altri membri del clan, afferma che l’annientamento del sodalizio è finalizzato a consentire alle organizzazioni forti di mettere le mani su Roma:
“DEVONO FAR ENTRARE … DEVONO FAR ENTRARE …ORGANIZZAZIONI FORTI A ROMA ECCO PERCHÈ CE VONNO DISTRUGGE A NOI!! LA CAMORRA E LA N’DRANGHETA”
Sottolineando, poco dopo, che la presenza dei CASAMONICA sul territorio consente di PROTEGGERE la Capitale, sottraendo conseguentemente la città al controllo dei clan camorristici e delle cosche calabresi:
“PERCHÈ I CASAMONICA PROTEGGONO ROMA ..INVECE HANNO STUFATO… I NAPOLETANI VONNE ENTRA’..LA CAMORRA VO’ ENTRA’ A ROMA E I CALABRESI VONNO ENTRA’ A ROMA”
JE DA FASTIDIO PERCHÈ NOI PROTEGGEMO ROMA
Nel corso delle attività è stata ricostruita la storia dei due gruppi familiari nel corso dell’ultimo ventennio – anche attraverso l’acquisizione dei diversi provvedimenti adottati nel tempo dall’Autorità Giudiziaria – e si è riscontrato che le attività illecite, commesse dai componenti dei due sodalizi criminali, sono rimaste quasi del tutto immutate.
I due nuclei familiari dei CASAMONICA –strettamente legati da vincoli di parentela- hanno operato in diversi quartieri della Capitale (Romanina, Anagnina, Tuscolano) nonché verso i comuni limitrofi di Grottaferrata, Frascati, Albano, Monte Compatri e San Cesareo, radicandosi sul territorio nel corso di oltre vent’anni e riuscendo a ostentare, per il solo fatto dell’esistenza di un gruppo egemone di una comunità etnica di cospicue dimensioni presente sul territorio di Roma, una capacità di intimidazione effettiva.
Le dichiarazioni rese dai collaboratori– tutte coincidenti sul tema dell’utilizzo del metodo mafioso, dell’individuazione di un effettivo potere di intimidazione manifestato dal clan CASAMONICA e sulle condizioni di assoggettamento delle vittime – hanno rinvenuto numerosi elementi di riscontro, anche in merito alla realizzazione di innumerevoli reati scopo quali usura, estorsione, esercizio abusivo di attività finanziaria e intestazione fittizia di beni.
Le conversazioni telefoniche e ambientali intercettate, dal contenuto esplicito e inequivocabile, hanno ulteriormente corroborato la metodologia mafiosa e la conseguente omertà delle persone offese, molte delle quali hanno manifestamente negato il loro ruolo di vittime, non offrendo alcuna collaborazione e non riconoscendo l’Autorità dello Stato.
Tale situazione ha dimostrato come il clan CASAMONICA si sia imposto e sia stato percepito dalla generalità delle persone che abitano nella zona di influenza del sodalizio come una struttura che ha affermato il proprio predominio sul territorio.
In particolare, è emerso che le persone offese, una volta ricevuto un prestito dai CASAMONICA, non riescono più a sottrarsi alle richieste di denaro da parte degli indagati, stabilendo, di fatto, “un legame a vita” con i creditori.
Le risultanze investigative hanno evidenziato, infatti, l’aumento degli interessi in caso di omesso pagamento delle rate nonché le gravi minacce e intimidazioni dirette al recupero forzoso del credito, attuate mediante uno schema di azione ampiamente noto e collaudato, già emerso nei numerosi processi celebrati nei confronti degli appartenenti al clan CASAMONICA.
Schema che è stato posto in essere indifferentemente da ciascuno dei partecipi al sodalizio -a conoscenza del credito da riscuotere, anche quando concesso da altri associati, del tasso imposto e delle scadenze- con la finalità precipua di costringere la vittima, in caso di ritardo, a corrispondere, a titolo di interesse, somme sempre più elevate, in modo da impedire la restituzione del capitale e tenere gli usurati in uno stato di totale soggezione e asservimento.
Al riguardo, le modalità di recupero dei crediti, attestanti l’esercizio della forza di intimidazione proprio delle consorterie mafiose, sono risultate caratterizzate da più fasi di pressione crescente, sino a sfociare in atti di violenza morale e fisica nei confronti delle vittime e, quindi, in condotte di natura estorsiva, in quanto oggettivamente prive di giustificazione e fondate esclusivamente sulla forza di intimidazione del gruppo, il quale, a volte, non ha neanche la necessità di far ricorso a minacce esplicite per ottenere la consegna di quanto indebitamente preteso.
Gli atteggiamenti di prevaricazione, le minacce e i metodi violenti sono stati ampiamente documentati dalle operazioni di intercettazione.
CASAMONICA Ferruccio, dinanzi alle giustificazioni di un usurato, esprime senza mezzi termini le gravi conseguenze fisiche scaturenti dai mancati pagamenti:
“senti..mo scenno lo sai dove te butto io a te? … mò te darei na bastonata in testa..te spaccherei la testa!!…..le mascelle te romperebbi io!!.”
Ancora, Christian CASAMONICA, minaccia pesantemente la propria vittima, colpevole di non aver consegnato il denaro:
“ma tu non ci credi io che ti faccio a te tu a me me sa che non mi… … tu a me…tu non vuoi crede che se voglio io ti prendo…non vuoi  capire”.
Inoltre, non contento delle rassicurazioni fornite dall’usurato, il CASAMONICA continua a intimorire l’interlocutore dando seguito a una serie di imprecazioni:
“mi hai rotto il c….mi hai rotto il c….mi hai rotto il c…..bocchin…..mi hai rotto il c…..come te lo devo dire che mi hai rotto il c….? che hai deciso?“.
Dalle indagini è emersa altresì la partecipazione da parte di altri membri, anche non di etnia sinti, che hanno fornito un contributo anche materiale, con la messa a disposizione di ogni risorsa personale per qualsiasi impiego criminale richiesto, rafforzando il proposito criminoso e la potenzialità operativa del sodalizio.
Emblematico, al riguardo, un episodio in cui PACE Daniele – dovendo recuperare un credito conseguente ad un prestito erogato da CASAMONICA Christian – manifesta la propria arroganza e capacità intimidatoria, dovuta al fatto di esser riconosciuto come intraneo al clan CASAMONICA, colpendo un usurato, per il ritardo accumulato nel corrispondere le rate del prestito, con uno schiaffo al viso sulla pubblica via.
Di tale condotta, il sodale PACE si vanta proprio con Christian CASAMONICA esaltando le proprie “gesta”:
“…ma va va.. aho te sei perso una scena…ti sei perso il tuo nipote in azione… dico te sei perso tu nipote in action…giubbone in action… …ancora sta a cerca’ l’occhiali, non lo so…sta ancora a cercalli…”
Inoltre, a riprova delle piena condivisione della metodologia mafiosa utilizzata, estremamente significativo il commento di MENUNNO Danilo, compartecipe nella condotta estorsiva, il quale definisce “educativa” la sberla data da PACE, sottolineando anche la funzione di monito del violento atto:
“no educativa…pam secca tu c’hai una bella mano quindi quando gliel’hai data pam si è sentito un bello scrocchio secca educativa…infatti hai visto non è che gli è uscito il sangue o  niente… …. è..invece gliel’hai data educativa solo per dire :”pezzo di merda che voi l’altre?”
Importantissimo riscontro, in ordine alle illecite attività di usura e di esercizio abusivo del credito posta in essere dagli appartenenti alla famiglia CASAMONICA, è stato ottenuto all’esito della perquisizione eseguita presso un terreno, sito in località Ciampino, sottoposto a confisca con un provvedimento emesso nel 2017 dal Tribunale di Roma – Sezione Misure di Prevenzione nei confronti di CASAMONICA Guido.
Nel corso dell’attività di p.g., infatti, è stato rinvenuto, abilmente occultato sotto terra, un involucro completamente avvolto da nastro isolante che custodiva assegni bancari – chiaramente rilasciati dalle vittime a garanzia del prestito ottenuto – e alcuni manoscritti contenenti le liste dei nomi degli usurati, con l’indicazione, per ciascun soggetto, del giorno del mese in cui effettuare il pagamento degli interessi, dell’importo della rata mensile e dell’ammontare del denaro prestato, ossia il capitale da restituire.
Parimenti, ulteriori riferimenti a prestiti di natura usuraria, sono stati rinvenuti in altra documentazione trovata in possesso di coloro che hanno agito per conto del clan, come D’AGUANNO Manolo e IANNINI Piero.
In particolare, i citati soggetti sono stati trovati in possesso -rispettivamente e in distinte circostanze- di buste da lettera sul cui retro erano elencati una serie di nominativi associati all’ammontare del denaro, in alcuni casi incassato e in altri no, e di un’agendina sulla quale erano segnati dei soprannomi contraddistinti da utenze telefoniche e da una o più cifre.
L’analisi di tale documentazione ha consentito di rilevare l’esatta corrispondenza di alcuni nominativi e/o pseudonimi con quelli presenti sulle liste sequestrate in occasione della perquisizione effettuata nel citato terreno confiscato.
I conseguenti accertamenti, inoltre, supportati dalle risultanze dell’attività tecnica, hanno permesso di ricostruire i delitti di usura e/o estorsione commessi dal clan CASAMONICA nei confronti di oltre trenta persone, nonché l’esercizio abusivo del credito verso circa 50 soggetti.
L’inchiesta giudiziaria ha per di più comprovato la rilevante disponibilità di denaro da parte degli appartenenti al clan CASAMONICA, quale provento delle attività illecite, atteso la pressoché inesistenza di redditi ufficiali.
Analogamente, è stata documentata la maggiore cautela adottata negli ultimi anni – soprattutto a seguito delle misure di prevenzione patrimoniali adottate dall’Autorità giudiziaria così come del clamore mediatico generato dal funerale di CASAMONICA Vittorio – che ha indotto a preferire investimenti non tracciabili (acquisti di auto, abbigliamento e accessori di lusso, tutti rigorosamente in contanti) o l’utilizzo di prestanome di assoluta fiducia.
I proventi dell’attività illecita acquisiti dagli indagati, oltre ad essere destinati al sostentamento delle famiglie dei detenuti e per il pagamento delle spese legali, sono stati investiti mediante occultamento dei reali titolari dei beni e intestazione a soggetti prestanome, continuando invece i CASAMONICA a gestire di fatto le attività, così come gli immobili, e ad acquisire i relativi introiti utilizzati per il sostentamento della vita dell’associazione medesima.
In particolare, è emerso un grave quadro indiziario in ordine all’acquisizione della società l.m.a. s.r.l.s. -intestata fittiziamente a FILIPI Griselda, compagna di CASAMONICA Cristian- tramite la quale quest’ultimo gestiva in modo occulto l’esercizio commerciale “Leon Bar” (ora “Bilionare Cafè”) e l’impianto distributore di carburanti ubicati a San Cesareo in via Gallicano.
Il clan CASAMONICA, attraverso l’esposizione debitoria di BRUNI Angelo, è riuscito a subentrare nelle attività commerciali dallo stesso gestite, secondo la strategia esplicitata da CASAMONICA Christian, il quale si è avvalso della sua compagna per non figurare direttamente quale titolare della società, con l’evidente finalità di scongiurare in futuro il sequestro dei beni.
L’ingerenza del sodalizio finalizzata all’acquisizione delle attività commerciali è risultata dal contenuto dei dialoghi intercettati, molti dei quali assolutamente espliciti, idonei a comprovare l’obiettivo, poi attuato, di acquisizione del Leon Bar, bar tabacchi con licenza per slot machine, al quale è annesso anche un distributore di benzina.
Altrettanto eloquenti i dialoghi inerenti l’obiettivo preordinato di CASAMONICA Christian di costituire una società per la gestione del bar, amministrata dalla compagna Griselda, nonché di affidare la predetta gestione all’indagato PACE, che ha anche contribuito all’attività preordinata all’attribuzione fraudolenta.
Altra vicenda riguarda l’intestazione fittizia delle quote sociali della “GG.AA.S srl”, società tramite la quale CASAMONICA Guerrino e CASAMONICA Sonia hanno gestito in modo occulto l’esercizio commerciale denominato “Degustazione 14”, sito in via Gioacchino Volpe.
Il complessivo materiale probatorio acquisito nel corso delle investigazioni ha reso evidente come la titolarità delle quote societarie -formalmente intestate per il 99% a MARCIANO Maria Luisa- di fatto è stata rilevata con il provento dell’illecita attività di usura ed esercizio abusivo di attività finanziaria, al fine di affermare la propria egemonia sul territorio, di acquisire il controllo delle attività economiche e di procurarsi ingiuste utilità, in attuazione degli scopi e degli obiettivi dell’associazione criminosa della quale CASAMONICA Guerrino e CASAMONICA Sonia fanno parte.
Nel corso delle indagini sono stati raccolti gravi elementi probatori anche in merito alle intestazioni fittizie delle ville ove dimorano rispettivamente CASAMONICA Giuseppe (classe 1950) e il figlio Guerrino detto Pelè, ovvero quelle site rispettivamente in via Flavia Demetria nr. 90 e in via Roccabernarda nr. 8.
L’attività investigativa ha confermato che al fine di ostacolare l’adozione di misure patrimoniali, gli appartenenti al clan nel corso degli anni hanno modificato i luoghi di residenza al fine di rendere maggiormente difficile l’individuazione dei nuclei familiari effettivamente presenti presso un determinato domicilio.
In particolare, gli accertamenti consentivano di ricostruire le vicende intercorse nel tempo in ordine alla proprietà della villa sita in via Flavia Demetria.
L’immobile era stato acquistato nel 1986 da CASAMONICA Guerrino, all’epoca minorenne, al prezzo di 70 milioni di Lire, cifra ragguardevole per quei tempi, soprattutto per un soggetto privo di redditi, così come senza alcun reddito sono risultati gli altri familiari.
Dopo qualche anno l’immobile, che nel frattempo a seguito di ristrutturazioni e migliorie aveva subìto un notevole incremento di valore, è stato donato a CASAMONICA Mirella, sorella di Giuseppe cl. ’50, la quale poco prima aveva fissato la residenza proprio in via Flavia Demetria.
Ulteriore donazione viene poi effettuata dopo dodici anni: l’immobile viene devoluto a CASAMONICA Giuseppe, figlio di Guerrino, nonché nipote di Giuseppe cl. 50, che all’epoca non aveva 5 anni. Tale donazione viene effettuata proprio da CASAMONICA Giuseppe cl. 50, quale procuratore speciale della sorella Mirella, la quale trasferisce la sua residenza altrove.
Nonostante le varie intestazioni immobiliari succedutesi nel tempo e le molteplici variazioni degli indirizzi di residenza, è stata comprovata la piena disponibilità dell’immobile in capo a CASAMONICA Giuseppe (cl. 50) e alla moglie DI SILVIO Anna, i quali risultano attualmente residenti in via Modesta Valenti, “domicilio virtuale” che viene indicato per consentire l’iscrizione anagrafica ai soggetti senza fissa dimora.
Altro immobile di fatto riconducibile ai predetti è risultato quello sito a Monterosi (VT), fittiziamente intestato, anche in questo caso, a un nipote minorenne.
Anche l’ipotesi della riconducibilità della villa di via Roccabernarda nr. 8 a CASAMONICA Guerrino è stata pienamente comprovata dalle attività investigative.
Le operazioni di intercettazione, suffragate dagli accertamenti documentali, hanno permesso di ricostruire la vicenda relativa al possesso da parte del CASAMONICA del terreno su cui sorge la suddetta villa.
In particolare, CASAMONICA Guerrino si è avvalso della sorella Dora per non figurare direttamente quale titolare del terreno e degli immobili ivi posti nella sua completa disponibilità, con l’evidente finalità di scongiurare in futuro il sequestro dei beni.
Il tutto con il contributo offerto dagli indagati PAIELLA e PANITTERI che hanno curato tutti i profili amministrativi della pratica sia per raggiungere l’accordo con il comune di Frascati per la stipula dell’atto conciliativo per il passaggio di proprietà in favore di CASAMONICA Dora del terreno originariamente occupato abusivamente sia per il rilascio della concessione in sanatoria per gli immobili abusivi edificati sul predetto terreno.
L’operazione “Noi proteggiamo Roma” ha svelato l’esistenza di un’associazione a delinquere di stampo mafioso, quale è quella degli CASAMONICA, che ha provocato un profondo degrado sul territorio, consentendo il dilagare di reati gravissimi e lesivi di beni primari.
Un sodalizio che ha fondato la sua potenza sull’organizzazione a base prevalentemente familistica e sulla ripartizione delle competenze, consentendo al complesso dei soggetti chiamati a rispondere anche solo di reati satellite di gravitare in un’area di impunità, scaturente dalla forza evocativa e intimidatoria del nome CASAMONICA.
Gli odierni arresti intervengono per di più in una situazione di criticità economica delle aziende e delle famiglie causata dall’emergenza epidemiologica da covid-19, che sta determinando gravissimi effetti sul tessuto economico e produttivo dell’intero Paese.
In tale contesto di difficoltà e di estrema fragilità economica e sociale della cittadinanza, viene così scongiurato il pericolo del ricorso a forme illecite di finanziamento per il conseguimento di immediata liquidità e di conseguenza la reiterazione da parte degli indagati dei delitti contestati.
LE MISURE DI PREVENZIONE PATRIMONIALI
L’odierna operazione ha consentito altresì il sequestro di beni immobili, quote societarie, compendi aziendali, autoveicoli e rapporti finanziari, testimoniando la straordinaria azione congiunta della Procura capitolina e della Questura di Roma volta a contrastare la criminalità organizzata, ad aggredire i patrimoni illecitamente accumulati e a sottrarre le attività economiche al circuito criminale per essere restituite alla collettività in un percorso di legalità.
È stata infatti data esecuzione a un provvedimento di sequestro di beni ai fini della confisca emesso dal Tribunale di Roma – Sezione delle Misure di Prevenzione, su proposta congiunta del Procuratore della Repubblica di Roma e del Questore di Roma.
Gli specialisti della Divisione Polizia Anticrimine- Sezione Misure di Prevenzione Patrimoniali, partendo dall’attività di indagine che ha portato alle ordinanze di custodia cautelare oggi eseguite, hanno ricostruito la “carriera criminale” e analizzato la posizione economico-patrimoniale di 4 soggetti (unitamente a quelle dei rispettivi nuclei familiari) tutti di elevato spessore criminale e di spiccata pericolosità sociale.
I proposti, organici al clan mafioso “CASAMONICA”, articolazione territoriale operante nella zona Romanina-Anagnina-Morena, sono risultati coinvolti in organizzate ed estese attività usurarie e di esercizio abusivo del credito, con conseguenti condotte estorsive nonché, di intestazione fittizia di beni.
Tra questi, spiccano le posizioni di Giuseppe CASAMONICA (classe 1950) del figlio Guerrino (classe 1970), detto Pelè, e di Christian CASAMONICA (classe 1984), figlio di Ferruccio, tutti destinatari del provvedimento di sequestro in qualità di proposti.
L’altro destinatario è PACE Daniele, di anni 29, factotum di Christian CASAMONICA e pienamente inserito negli affari illeciti del clan mafioso.
All’esito delle approfondite indagini svolte dalla Divisione Anticrimine di Roma è stato accertato che le condotte criminali poste nel corso degli anni hanno consentito ai proposti di acquisire un’importante disponibilità economica reinvestita successivamente in immobili, aziende e attività commerciali che in parte, fittiziamente e dolosamente, hanno intestato anche a soggetti terzi.
È altresì emersa un’evidente sproporzione tra i redditi pressoché inesistenti dei soggetti ed il patrimonio accumulato.
Il Tribunale di Roma – Sezione Specializzata delle Misure di Prevenzione, accogliendo le risultanze investigative ha disposto il sequestro del seguente compendio patrimoniale, costituito dai beni riconducibili direttamente o tramite interposti fittizi, ai proposti, per un valore complessivo pari a circa € 20 milioni:
– 7 unità immobiliari site in Roma, tra cui le ville di Via Flavia Demetria 90 e Via Roccabernarda 8, il villino di Via Lunano 25 ed altri siti a Monterosi (VT) e San Cesareo (RM);
– quote di 5 società di capitali;
– quote di 1 società di persone;
– 1 ditta individuale;
– interi complessi aziendali di cui una stazione di servizio, sita in San Cesareo, e un bar tabacchi, ubicato a Montecompatri (RM);
–  1 contratto di concessione del godimento di un complesso immobiliare, con diritto di acquisto ai sensi del D.L. 12/9/2014 n. 133 (rent to buy)
– 140 rapporti finanziari con vari Istituti di credito.
Tra i beni immobili sequestratati si evidenzia la villa di via Roccabernarda 8, unico immobile nella roccaforte storica della famiglia CASAMONICA ancora in possesso del clan, situato nella adiacenze delle due ville di via Roccabernarda n. 15 e n.14/16, già confiscate nel 2009 a Giuseppe CASAMONICA, e destinate dalla Regione Lazio a parco pubblico denominato “Il parco della legalità” e a centro polivalente dell’Associazione nazionale Genitori Soggetti Autistici.
Duro colpo al clan Casamonica, venti arresti. Duro colpo al clan Casamonica. Venti arresti sono stati eseguiti oggi dalla Polizia di Stato con il coordinamento della Procura di Roma, 15 in carcere e 5 ai domiciliari, ed è stato disposto il sequestro di beni, società e conti correnti per 20 milioni di euro, in particolare contro il gruppo della Romanina, che dopo le operazioni che hanno già colpito la famiglia era diventato il 'quartier generale' riconosciuto dall’organizzazione, con una "struttura orizzontale la cui forza è dettata dall'appartenenza alla famiglia Casamonica" scrive il gip Mendola nell’ordinanza cautelare di 467 pagine emessa su richiesta della locale Dda.
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LATINA.POLIZIA DI STATO: SFRUTTAMENTO DEL LAVORO DEI BRACCIANTI STRANIERI.
LATINA.POLIZIA DI STATO: SFRUTTAMENTO DEL LAVORO DEI BRACCIANTI STRANIERI.
Latina: lavoratori stranieri sfruttati, 6 arresti
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I componenti di un’organizzazione criminale specializzata nello sfruttamento del lavoro e nella gestione dei braccianti sono stati arrestati questa mattina dalla Squadra mobile di Latina. L’indagine coordinata dallo Sco (Servizio centrale operativo) ha messo in luce un sistema di protezione e collusione che rendeva possibile lo sfruttamento…
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lamilanomagazine · 6 months ago
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Roma, operazione contro lo sfruttamento della prostituzione: 7 arresti e 71 denunce
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Roma, operazione contro lo sfruttamento della prostituzione : 7 arresti e 71 denunce Si è conclusa nella notte, in 27 province, una vasta operazione di polizia giudiziaria con l'impiego di oltre 400 operatori della Polizia di Stato, coordinati dallo SCO (Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato).... Leggi articolo completo su La Milano Read the full article
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Maxioperazione antidroga ad Asti: 24 arresti e 42 indagati
La Polizia di Stato di Asti, con il coordinamento dello Sco, il Servizio centrale operativo, ufficio investigativo specializzato nel contrasto della grande criminalità organizzata e comune, e la collaborazione di diverse Squadre Mobili in altre province italiane hanno eseguito arresti e perquisizioni nei confronti di 42 indagati per spaccio di sostanze stupefacenti, rapine, estorsioni e …... Per il contenuto completo visitate il sito https://ift.tt/1tIiUMZ
da Quotidiano Piemontese - Home Page https://ift.tt/37uTSs4 via Adriano Montanaro - Alessandria
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italianaradio · 5 years ago
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Maxi blitz contro le cosce storiche del reggino e crotonese: arresti e sequestri per milioni
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/maxi-blitz-contro-le-cosce-storiche-del-reggino-e-crotonese-arresti-e-sequestri-per-milioni/
Maxi blitz contro le cosce storiche del reggino e crotonese: arresti e sequestri per milioni
Maxi blitz contro le cosce storiche del reggino e crotonese: arresti e sequestri per milioni
“Infectio” e “Core Business”: questi i nomi in codice di altrettante operazioni di polizia che stamani hanno colpito al cuore alcune delle cosche storiche della ‘ndrangheta calabrese e che oltre ad operare sul proprio territorio di origine si erano significativamente infiltrate anche nel centro Italia, in Umbria in particolare. Nei due blitz, accorpati insieme, e scattatati all’alba di questa mattina, sono stati eseguiti sequestri per alcuni milioni di euro e diversi ordini di arresto che hanno raggiunto presunti appartenenti ai clan Trapasso, Mannolo e Zofreo di San Leonardo di Cutro, nel crotonese, e Commisso di Siderno, nel reggino Le operazioni sono state affidate allo Sco, il Servizio Centrale Operativo, e alle le Squadre Mobili di Perugia, Catanzaro e Reggio Calabria, sotto la direzione delle Procure Distrettuali dei due capoluoghi calabresi. Maggiori dettagli saranno forniti nel corso di una conferenza che si terrà alle 11 presso il Centro Polifunzionale della Polizia di Stato di Catanzaro, alla presenza del Procuratore Nicola Gratteri, del collega di Reggio Giovanni Bombardieri e del Direttore Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, Francesco Messina. (notizia in aggiornamento)
“Infectio” e “Core Business”: questi i nomi in codice di altrettante operazioni di polizia che stamani hanno colpito al cuore alcune delle cosche storiche della ‘ndrangheta calabrese e che oltre ad operare sul proprio territorio di origine si erano significativamente infiltrate anche nel centro Italia, in Umbria in particolare. Nei due blitz, accorpati insieme, e scattatati all’alba di questa mattina, sono stati eseguiti sequestri per alcuni milioni di euro e diversi ordini di arresto che hanno raggiunto presunti appartenenti ai clan Trapasso, Mannolo e Zofreo di San Leonardo di Cutro, nel crotonese, e Commisso di Siderno, nel reggino Le operazioni sono state affidate allo Sco, il Servizio Centrale Operativo, e alle le Squadre Mobili di Perugia, Catanzaro e Reggio Calabria, sotto la direzione delle Procure Distrettuali dei due capoluoghi calabresi. Maggiori dettagli saranno forniti nel corso di una conferenza che si terrà alle 11 presso il Centro Polifunzionale della Polizia di Stato di Catanzaro, alla presenza del Procuratore Nicola Gratteri, del collega di Reggio Giovanni Bombardieri e del Direttore Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, Francesco Messina. (notizia in aggiornamento)
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sinapsinews · 5 years ago
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Trento: operazione “Gasoline”, 10 arresti per contrabbando di carburante/VIDEO
Si è conclusa un’indagine nei confronti di un’organizzazione criminale specializzata nel contrabbando di carburante: 10 persone sono finite in manette.
Le indagini sono state condotte dalla Squadra mobile di Trento, dal Compartimento polizia stradale “Trentino Alto-Adige”, coordinati rispettivamente dal Servizio centrale operativo (Sco) e dal Servizio polizia stradale, dal Reparto antifrode…
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samdelpapa · 6 years ago
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(Rifiuti tossici, Schiavone a Der Spiegel: "Napolitano fece secretare i miei verbali" - Il Fatto Quotidiano In un'intervista al giornale tedesco afferma che fu l'attuale Capo dello Stato italiano, ministro dell'Interno dal '96 al '98 nel governo Prodi, a secretare i documenti depositati dal pentito. E fa riferimento a Paolo Berlusconi come capo di un'azienda del nord protagonista dei suoi traffici “La mia testimonianza sul traffico di rifiuti tossici è stata secretata da Re Giorgio“. Il pentito Carmine Schiavone in una lunga intervista al giornale Der Spiegel afferma che fu l’attuale Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ministro dell’Interno dal ’96 al ’98 nel governo Prodi, a secretare le sue deposizioni sul traffico di rifiuti tossici che tiravano in ballo persino Paolo Berlusconi, fratello del Cavaliere, come capo di un’azienda del nord protagonista dei suoi traffici. “Tutte le informazioni in mio possesso”, ha detto al giornalista Walter Mayr, “le ho date ai funzionari dell’anti Mafia italiana negli anni ’90. In quei documenti era anche scritto il nome di un’azienda intermediaria basata a Milano, che ha giocato un ruolo importante nel trasferimento dal nord al sud. Ma quella parte della mia testimonianza è stata classificata da Re Giorgio, che era ministro dell’Interno”. E al giornalista che gli chiede chi ci fosse dietro l’azienda di Milano, risponde: “Uno dei soci era Paolo Berlusconi“. Il vice presidente dell’AC Milan e fratello di Silvio Berlusconi, “era davvero parte del commercio mafioso di rifiuti tossici?”, si chiede il cronista. Ma l’articolo ricorda: “Il fratello di Berlusconi ha definito tutto questo una favola”. Il Der Spiegel individua inoltre i nomi dei quattro personaggi che sulla questione in questo momento vivono maggiori pressioni sul tema: “Alessandro Pansa, che allora era a capo dello Sco (Servizio Centrale operativo) e adesso è Capo della Polizia; Nicola Cavaliere era con la polizia e fu coinvolto nel caso, sempre secondo il pentito, ora è vice capo dell’Aisi; Giorgio Napolitano, che era primo ministro dell’Interno e incaricato dell’indagini. Oggi è il Presidente della Repubblica del Paese; Gennaro Capoluongo che, secondo Schiavone, era a bordo di un elicottero che faceva un tour delle discariche di rifiuti tossici. Oggi è il capo dell’Interpol in Italia;”. Sei arrivato fin qui Se sei qui è evidente che apprezzi il nostro giornalismo. Come sai un numero sempre più grande di persone legge Ilfattoquotidiano.it senza dover pagare nulla. L’abbiamo deciso perché siamo convinti che tutti i cittadini debbano poter ricevere un’informazione libera ed indipendente. Purtroppo il tipo di giornalismo che cerchiamo di offrirti richiede tempo e molto denaro. I ricavi della pubblicità non sono sufficienti per coprire i costi de ilfattoquotidiano.it e pagare tutti i collaboratori necessari per garantire sempre lo standard di informazione che amiamo. Se ci leggi e ti piace quello che leggi puoi però aiutarci a continuare il nostro lavoro per il prezzo di un cappuccino alla settimana. Grazie,
Peter Gomez)
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purpleavenuecupcake · 6 years ago
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Bologna: blitz antimafia della Polizia di Stato
La Polizia di Stato di Bologna, in collaborazione con quella di Parma, Reggio Emilia, Piacenza e con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo, sta eseguendo una vasta operazione nei confronti del sodalizio `ndranghetistico operante in Emilia, storicamente legato alla nota famiglia mafiosa dei GRANDE ARACRI di Cutro. I provvedimenti, emessi dal Gip presso il Tribunale di Bologna su richiesta della Dda sono eseguiti dai poliziotti della squadra mobile di Bologna in collaborazione con quelle di Parma, Reggio Emilia e Piacenza in varie province dell´Emilia Romagna. Nell´ambito dell´operazione, denominata Grimilde, sono impegnati circa 300 tra donne e uomini della Polizia di Stato appartenenti a tutti gli Uffici investigativi dell´Emilia Romagna, al Reparto Mobile di Bologna, al Reparto volo Emilia Romagna, al Reparto Prevenzione Crimine Emilia Romagna, alle Unità Cinofile della Polizia di Stato. Sono in corso di esecuzione, in varie città d´Italia, anche 100 perquisizioni nei confronti di coloro che pur non essendo direttamente destinatari del provvedimento restrittivo emesso dall´Autorità Giudiziaria di Bologna sono risultati, nel corso dell´indagine, collegati al gruppo `ndranghetistico operante in Emilia Romagna. I destinatari del provvedimento restrittivo sono accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso estorsione, tentata estorsione, trasferimento fraudolento di valori, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, danneggiamento, truffa aggravata dalle finalità mafiose. Tra i destinatari dei provvedimenti figurano elementi di primo piano del sodalizio `ndranghetistico emiliano, tra i quali Salvatore GRANDE ARACRI, Francesco GRANDE ARACRI e Paolo GRANDE ARACRI ritenuti ai vertici del clan operante nelle Province di Reggio Emilia Parma e Piacenza. Tra i destinatari del provvedimento restrittivo anche Giuseppe CARUSO attuale Presidente del Consiglio Comunale di Piacenza, ritenuto appartenente al gruppo mafioso capeggiato dagli altri. Nell´ambito della stessa operazione è in corso di esecuzione un decreto di sequestro preventivo di beni emesso dalla Dda di Bologna nei confronti dei principali appartenenti al gruppo criminale riguardante società, beni mobili ed immobili, conti correnti. I dettagli dell'operazione saranno resi noti in una conferenza stampa in programma alle 10.30 presso la Questura di Bologna alla quale parteciperanno il Procuratore di Bologna Giuseppe Amato, il Direttore della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia Francesco Messina il Direttore dello Sco Fausto Lamparelli. Read the full article
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allnews24 · 6 years ago
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Migranti, nave Diciotti a Trapani ma resta in rada: in corso inchiesta su eventuali scafisti a bordo e sui disordini Inizialmente l'imbarcazione della Guardia costiera stava per entrare in porto, poi il cambio di rotta. Personale della squadra mobile della Questura e del Servizio centrale operativo (Sco) della polizia di Roma presenterà un rapporto alla Procura.
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paoloxl · 7 years ago
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«I nostri torturatori sono ai vertici della polizia, come possiamo chiedere all’Egitto di consegnarci i loro torturatori? L’11 settembre 2001 e il G8  hanno segnato una rottura nella tutela dei diritti internazionali. Lo sforzo che chiediamo a un paese dittatoriale è uno sforzo che abbiamo dimostrato di non saper far per vicende meno drammatiche».Queste le dichiarazioni del sostituto procuratore di Genova Enrico Zucca, nell’ambito di un dibattito sul caso Regeni. Frasi che da un paio di giorni sono al centro dell’ennesima, faziosa, polemica sul g8 di Genova dettata dall’intransigente rifiuto, ancora oggi dopo quasi vent’anni, delle istituzioni di fare i conti con quella che è stata definita «la più grave sospensione dei diritti democratici in Europa dopo la seconda guerra mondiale» Nel nostro paese, ogni volta che vengono effettuate dichiarazioni sui fatti di Genova, si solleva un polverone. Questa volta a innescare la polemica sono state due frasi pronunciate da Enrico Zucca, oggi sostituto procuratore generale di Genova, allora pubblico ministero responsabile dell’istruttoria contro le forze dell’ordine nel processo per la macelleria messicana compiuta alla Diaz. Zucca non è nuovo a prese di posizione molto dure in relazione all’atteggiamento dei vertici della Polizia nei confronti delle vicende giudiziarie riguardanti i propri funzionari. Già in passato aveva infatti duramente criticato l’operato della Polizia parlando di «totale rimozione» dei fatti di Genova e del rifiuto delle forze dell’ordine di riconoscere le proprie responsabilita’ in merito a tali eventi. Nelle frasi pronunciate qualche giorno fa, Zucca torna sull’argomento, sottolineando un altro aspetto vergognoso della gestione post G8 da parte del Ministero dell’Interno e, in particolare, del Dipartimento di Pubblica Sicurezza: le promozioni, le carriere folgoranti e, in alcuni casi il reintegro, dei funzionari condannati in via definitiva dalla Cassazione nel 2012 per la vicenda della scuola Diaz. Nel farlo, il magistrato fa un parallelismo con il brutale assassinio di Giulio Regeni, altra vicenda di torture rimaste impunite. Non è un caso. è bene infatti ricordare che, oltre all’impunita’ assicurata alla quasi totalita’ degli agenti coinvolti nelle vicende del luglio genovese, secondo la legge contro la tortura recentemente approvata dal Parlamento i fatti della Diaz e di Bolzaneto non sarebbero perseguibili («la tortura deve essere reiterata»…). Tornando alle parole di Zucca, in uno stato di diritto in cui questo termine abbia ancora un qualche significato, le dichiarazioni del magistrato sarebbero passate quasi inosservate, in quanto considerazioni autoevidenti, lampanti, nonché supportate da sentenze definitive e da pronunciamenti molto duri da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sia per quanto riguarda gli episodi di violenza e tortura che i depistaggi e i tentativi di insabbiamento delle indagini. In questo paese, non è cosi’: non appena si rievocano le giornate di Genova, immediatamente si vede alzarsi un muro di gomma, la ragion di Stato che fa quadrato attorno ai suoi fedeli e obbedienti servitori. Subito, infatti, il Ministro della Giustizia Orlando e il Procuratore Generale della Cassazione Fuzio hanno avviato accertamenti preliminari sul sostituto procuratore, mentre il vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura si è immediatamente affrettato a esprimere “stima e fiducia ai vertici delle forze di Polizia”. Il capo della Polizia Gabrielli, chiamato in causa direttamente, si è invece spinto oltre, definendo le frasi di Zucca “accuse infamanti”, proprio lui che l’anno scorso affermo’ che “il G8 di Genova fu una catastrofe” e che evidentemente “in questi sedici anni, la riflessione non è stata sufficiente”, sottolineando come fosse necessario “voltare pagina”. Nonostante questo muro di gomma e il cosiddetto spirito di corpo delle forze dell’ordine (degno delle peggiori dittature, poi ci si meraviglia se qualcuno ci paragona all’Egitto…) responsabile di ostacoli alle indagini piu’ volte denunciati dallo stesso Zucca e il sopraggiungere della prescrizione (grazie all’assenza, all’epoca, del reato di tortura nell’ordinamento giudiziario), nel 2012 e nel 2013, grazie alle pressioni di movimenti, opinione pubblica e media (soprattutto stranieri), sono arrivate alcune, poche, condanne per le violenze della Diaz e di Bolzaneto. Fra i condannati ci sono elementi di spicco della Polizia italiana: Giovanni Luperi, Francesco Gratteri, Gilberto Caldarozzi, Spartaco Mortola, Pietro Troiani. L’allora capo della Polizia, Gianni De Gennaro, venne invece assolto in Cassazione dall’accusa di istigazione alla falsa testimonianza (subito raggiunto da una telefonata di felicitazioni di Marco Minniti), nonostante l’ex questore di Genova Francesco Colucci venne invece condannato a due anni e otto mesi per falsa testimonianza proprio in favore di De Gennaro (altro che misteri della fede). Alla faccia delle accuse infamanti, riportiamo qui sotto le carriere folgoranti di questi cosiddetti superpoliziotti della Diaz. Per non dimenticare chi con Genova ci ha costruito tutta una carriera. Gilberto Caldarozzi, condannato per falso riguardo alla fabbricazione di prove fasulle per accusare ingiustamente le persone picchiate all’interno della Diaz e per non avere impedito le violenze. All’epoca vice direttore dello SCO(Servizio Centrale Operativo). Dopo Genova viene promosso a direttore dello SCO (carica che ricopre fino alla sentenza definitiva). Dopo la sentenza del 2012, interviene la sospensione, vista l’interdizione dai pubblici uffici. In questi 5 anni di sospensione viene assunto in Finmeccanica dall’allora capo della Polizia De Gennaro (vedi sotto). Terminati i 5 anni di interdizione viene reintegrato in Polizia con una promozione non da poco: vice direttore della Direzione Investigativa Antimafia… Giovanni Luperi, condannato per gli stessi reati di Caldarozzi. All’epoca vice direttore dell’Ucigos, viene promosso a capo del dipartimento analisi dell’Aisi (servizi segreti, ex Sisde). Sospeso dalla sentenza della Cassazione, non viene reintegrato per sopraggiunti limiti d’eta’. Francesco Gratteri, condannato per gli stessi reati di Caldarozzi. All’epoca direttore dello SCO, viene promosso a capo della Direzione Centrale Anticrimine. Dopo la sospensione, viene spesso chiamato in cattedra alla Scuola Superiore di Polizia (spesso insieme a Caldarozzi). Dalla sentenza di Appello: Luperi e Gratteri“preso atto del fallimentare esito della perquisizione, si sono attivamente adoperati per nascondere la vergognosa condotta dei poliziotti violenti concorrendo a predisporre una serie di false rappresentazioni della realtà a costo di arrestare e accusare ingiustamente i presenti nella scuola“. Tra i falsi atti per cui sono stati condannati, quello relativo all’introduzione nella scuola da parte di poliziotti delle bottiglie Molotov, poi state utilizzate come prova del possesso di armi da parte degli occupanti. Pietro Troiani, responsabile del miracoloso ritrovamento delle molotov all’interno della Diaz. All’epoca vice questore. Dopo i 5 anni di interdizione viene reintegrato  e la sua carriera fa un notevole balzo: viene nominato dirigente del Centro operativo autostradale di Romache ha competenza su tutto il Lazio. Il principale d’Italia. Spartaco Mortola, sempre condannato per la vicenda delle molotov portate all’interno della Diaz. All’epoca capo della Digos di Genova,viene promosso a questore ad Alessandria e successivamente a questore vicario a Torino.Dove si distingue per le brutali cariche ai No Tav in mezzo alla neve in Val di Susa. Il lupo perde il pelo ma non il vizio. In attesa di probabile reintegro. Gianni de Gennaro, all’epoca capo della Polizia. Viene assolto, non senza ombre, dall’accusa di istigazione alla falsa testimonianza nel 2011. Fino al 2007 ricopre il ruolo di capo della Polizia, dopo cui inizia una carriera eccezionale e fulminea: promosso a capo di gabinetto del Ministero dell’Interno(2007), direttore del DIS (2008, Dipartimento Informazione e Sicurezza, servizi segreti), sottosegretario di Stato con delega alla sicurezza della Repubblica (2012). Infine (2013) viene nomincato da Letta a presidente di Finmeccanica, carica che utilizza per assumere il suo fedele braccio destro Gilberto Caldarozzi. E il cerchio si chiude. Luca Galantucci da DinamoPress
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