#Salut la terre
Explore tagged Tumblr posts
Text
Release Day: Salut la Terre
We couldn’t be happier to tell you that our new book “Salut la Terre” is out today in French!
It’s a world premier and we think this is an incredibly beautiful and funny book that everyone should read! It will be out – at some point – in English, too. So if you don’t speak French yourself and don’t know anyone to give the book to, you’ll have to be patient a little bit longer.
If you want to learn the Language of Love, this is perfect for you. It features some of your favorite characters from the War and Peas world and each comic strip is self-contained and completed. Find details and order links here.
#BD#climate change#comic#comic strip#comics#elizabeth pich#Francais#french#funny#jonathan kunz#learn french#Les Requins Marteaux#Salut la terre#war and peas
154 notes
·
View notes
Text
Sono una capsula di allumino con dentro
4 grammi di caffè.
4 grammi di caffè a 0,40 euro, fanno 100 Euro
al kg.
Per una tonnellata di alluminio vengono prodotte quattro tonnellate di residui sotto forma di arsenico, titanio, cromo, piombo, vanadio, mercurio.
Sostanze che vanno ad inquinare l’ambiente.
Grazie ad una produzione di una tonnellata di caffè a settimana sono la regina del mercato.
Il caffè che uso è quello che costa di meno.
Quando le polveri tradizionali vengono torrefatte a 200/220° in 20 minuti per me la torrefazione è a 1000°C per 90 secondi.
Anche questo per risparmiare.
Però il mio caffè è schiumoso e buono.
Semplicemente perché non contengo solo caffè ma anche un po' di grassi animali, e additivi top secret.
In più le macchine che vengono utilizzate hanno enormi costi economici ed ambientali per la loro produzione e per il loro smaltimento.
E non dimenticare l’energia elettrica che usano.
Ma attento, ti dono non solo caffeina ma anche furano che ingoi con piacere.
Il furano è una sostanza organica (prodotto intermedio utilizzato nell'industria chimica come solvente per le Resine durante la produzione di lacche e come agglomerante nella fonderia).
È volatile, lipofilo e CANCEROGENO per il fegato.
Contento tu…
(testo tratto da “Mouvement pour la Terre”, tradotto e rielaborato)
Smettetela di usare capsule in alluminio e ritornate alla caffettiera tradizionale, non inquina e fa bene alla vostra salute. Inoltre il residuo del caffe lo potete spargere nei campi coltivati come concime.
- Giovanni De Maso
96 notes
·
View notes
Text
Oggi la si chiama "resilienza", una volta la si chiamava "forza d´animo", Platone la nominava "tymoidés" e indicava la sua sede nel cuore.
Il cuore è l´espressione metaforica del "sentimento", una parola dove ancora risuona la platonica "tymoidés".Il sentimento non è languore, non è malcelata malinconia, non è struggimento dell´anima, non è sconsolato abbandono. Il sentimento è forza. Quella forza che riconosciamo al fondo di ogni decisione quando, dopo aver analizzato tutti i pro e i contro che le argomentazioni razionali dispiegano, si decide, perché in una scelta piuttosto che in un´altra ci si sente a casa. E guai a imboccare, per convenienza o per debolezza, una scelta che non è la nostra, guai a essere stranieri nella propria vita.
La forza d´animo, che è poi la forza del sentimento, ci difende da questa estraneità, ci fa sentire a casa, presso di noi. Qui è la salute. Una sorta di coincidenza di noi con noi stessi, che ci evita tutti quegli "altrove" della vita che non ci appartengono e che spesso imbocchiamo perché altri, da cui pensiamo dipenda la nostra vita, semplicemente ce lo chiedono, e noi non sappiamo dire di no. Il bisogno di essere accettati e il desiderio di essere amati ci fanno percorrere strade che il nostro sentimento ci fa avvertire come non nostre, e così l´animo si indebolisce e si ripiega su se stesso nell´inutile fatica di compiacere agli altri. Alla fine l´anima si ammala, perché la malattia, lo sappiamo tutti, è una metafora, la metafora della devianza dal sentiero della nostra vita. Bisogna essere se stessi, assolutamente se stessi.
Questa è la forza d´animo. Ma per essere se stessi occorre accogliere a braccia aperte la nostra ombra. Che è poi ciò che di noi stessi rifiutiamo.
Quella parte oscura che, quando qualcuno ce la sfiora, ci sentiamo "punti nel vivo". Perché l´ombra è viva e vuole essere accolta. Anche un quadro senza ombra non ci dà le sue figure. Accolta, l´ombra cede la sua forza.
Cessa la guerra tra noi e noi stessi. Siamo in grado di dire a noi stessi:
"Ebbene sì, sono anche questo". Ed è la pace così raggiunta a darci la forza d´animo e la capacità di guardare in faccia il dolore senza illusorie vie di fuga.
"Tutto quello che non mi fa morire, mi rende più forte", scrive Nietzsche.
Ma allora bisogna attraversare e non evitare le terre seminate di dolore.
Quello proprio, quello altrui. Perché il dolore appartiene alla vita allo stesso titolo della felicità. Non il dolore come caparra della vita eterna, ma il dolore come inevitabile contrappunto della vita, come fatica del quotidiano, come oscurità dello sguardo che non vede via d´uscita. Eppure la cerca, perché sa che il buio della notte non è l´unico colore del cielo.
Di forza d´animo abbiamo bisogno soprattutto oggi perché non siamo più sostenuti da una tradizione, perché si sono rotte le tavole dove erano incise le leggi della morale, perché si è smarrito il senso dell´esistenza e incerta s´è fatta la sua direzione. La storia non racconta più la vita dei nostri padri, e la parola che rivolgiamo ai figli è insicura e incerta.
Gli sguardi si incontrano solo per evitarsi. Siamo persino riconoscenti al ritmo del lavoro settimanale che giustifica l´abituale lontananza dalla nostra vita. E a quel lavoro ci attacchiamo come naufraghi che attendono qualcosa o qualcuno che li traghetti, perché il mare è minaccioso, anche quando il suo aspetto è trasognato.
Passiamo così il tempo della nostra vita, senza sentimento, senza nobiltà, confusi tra i piccoli uomini a cui basta, secondo Nietzsche: "Una vogliuzza per il giorno, una vogliuzza per la notte, fermo restando la salute".
Perché ormai della vita abbiamo solo una concezione quantitativa. Vivere a lungo è diventato il nostro ideale. Il "come" non ci riguarda più, perché il contatto con noi stessi s´è perso nel rumore del mondo.
Passioncelle generiche sfiorano le nostre anime assopite. Ma non le risvegliano. Non hanno forza. Sono state acquietate da quell´ideale di vita che viene spacciato per equilibrio, buona educazione. E invece è sonno, dimenticanza di sé. Nulla del coraggio del navigante che, lasciata la terra che era solo terra di protezione, non si lascia prendere dalla nostalgia, ma incoraggia il suo cuore. Il cuore non come languido contraltare della ragione, ma come sua forza, sua animazione, affinché le idee divengano attive e facciano storia. Una storia più soddisfacente.
Umberto Galimberti
9 notes
·
View notes
Text
Malgré le problème que représente mon existence, et malgré le fait que j'aurais peut-être préféré n'avoir jamais eu à les écrire, je suis fier de toutes ces pensées écrites. Je les parcours, un sentiment chaud, doux et familier me parcourt, me monte à l'âme, et au fond de cette solitude, comme une île perdue dans un univers inconnu, je sens que je me réconcilie, si non avec le monde, du moins avec moi-même, et le monde que mon existence elle-même représente. Ce sentiment poétique, qui hante tous les mélancoliques de la terre, est à la fois notre malédiction et notre salut. Ce que je retiens de toutes ces années d'introspection, de lutte contre et pour la vie, souvent en vain, c'est que le souvenir de soi constitue une étrange et intarissable joie. Dans le tumulte que représente la vie présente, quotidienne, horriblement ennuyeuse, la mémoire dans ce ciel noir agit comme un phare dans lequel il est toujours possible de se réfugier et se retrouver soi, intact, pur, beau. Et ce regard jeté sur tout ce qu'on a été cultive en nous un sentiment agréable du moi. Autour du feu intime, on se réchauffe, on se contemple, et la poésie est en marche. Tout, dans cette contemplation, est sublimé. L'alcool a ce terrible avantage de faire de cette communion intime avec un monde poétique un état partagé. Une solitude à deux. Il est ainsi possible de délirer à deux, d'être ensemble au-delà de la vie. Chose qui est généralement impossible sobre. Émotion, c'est cela qu'il faut chérir. Poésie, musique, art, mémoire et ses souvenirs, émotion en somme.
8 notes
·
View notes
Text
« Notre bataille est plus ingrate, mais elle est plus belle parce qu’elle nous oblige à ne compter que sur nos forces. Nous avons mis en pièces toutes les vérités révélées, nous avons craché sur tous les dogmes, nous avons rejeté tous les paradis, nous avons bafoué tous les charlatans — blancs, rouges, noirs — qui introduisent dans le commerce les drogues miraculeuses qui donneront « le bonheur » au genre humain. Nous ne croyons ni aux programmes, ni aux plans, ni aux saints, ni aux apôtres, et surtout nous ne croyons pas au bonheur, au salut et à la terre promise. ».
Benito Mussolini, Popolo d’Italia (1er janvier 1922)
9 notes
·
View notes
Text
sostiene l'assessore milanese dei 30kmh delle auto e 100kmh del vento: come dire, a noi pubblici ce tocca lavorà indefessi pevvoi privati, causa clima che è tutta colpa del carbonio vostro.
La risposta definitiva a questi piagnina sinistri autoassolutori incapaci, in un commento:
"A Milano2, dopo la tempesta di qualche anno fa che abbatté diversi alberi del quartiere (la stessa che rase al suolo molti boschi nelle Dolomiti), é stato istituito un servizio di agronomi che periodicamente testano lo stato di salute del verde, provvedendo a identificare le piante da far tagliare/curare. Bene, stanotte nessun danno, solo qualche ramo volato via. Troppo costoso per Milano, oppure troppo poco demagogico?"
Piccoli sinistri in conflitto con la realtà crescono: iniziano così, negando l'utilità della manutenzione del verde o degli alvei dei torrenti emiliani; alla fine del percorso c'è l'Holodomor in Ucraina, conseguenza della necessità sovietica di "dimostrare" che la collettivizzazione delle terre è cosa buona e giusta (anche se fa morire).
45 notes
·
View notes
Text
Ce soir-là je me suis aventuré le long des routes de campagne de ma région rurale.
Un épais brouillard s'était installé suite aux fortes pluies et à chacun de mes pas sur ces routes sinueuses, la surprise était omniprésente.
Ces routes 'campagnardes' sont souvent l'objet de parcours de rallye improvisés par certains jeunes et moins jeunes qui n'hésitent pas à affronter la mort à chaque virage rencontré.
J'ai moi même parcouru ces chemins à des vitesses vertigineuses accompagné par un voisin défunt et il est vrai que je ressentais une forme d'ivresse à affronter cette mort qui pouvait m'attendre à chaque instant.
Ayant dépassé le demi siècle, je n'ai jamais voulu passer mon permis de conduire et ai toujours privilégié les transports en commun ou la marche, cela m'a certainement été salvateur et peut-être et surtout pour d'autres personnes que j'aurais pu percuter de mon moteur qui n'avait parfois aucune limite.
Parfois je regarde certains reportages sur les sports dits "extrêmes" et cette tendance à vouloir se dépasser dans des défis de plus en plus dingues et avec les montées d'adrénaline que cela doit procurer. Je ressens, de manière complètement différente, ce besoin dans la jeunesse actuelle de trouver cette raison de vivre, de s'écrire dans l'histoire pour des causes souvent extrémistes, comme l'on et le font toujours certains psychopathes ayant commis des meurtres en série.
La peur est alimentée chaque jour par le monde que l'on nous offre ou impose et selon les cas provoque une forme d'immobilisme ou dans le cas opposé un besoin de dépassement qui pousse à trouver un sens à la vie parfois par les armes.
Le sens n'est il pas plus dans notre relation avec la terre, la nature et la contemplation que dans ces provocations à la vie ?
Le spirituel doit-il absolument prendre un sens destructeur et être interprété dans des théocraties créant des enfants martyres ?
J'ai le sentiment profond que notre salut viendra de notre capacité à communier à nouveau avec ce qui nous est offert chaque jour passé et dans les choses que l'on pense "banales" mais si importantes pourtant.
Redevenir acteur de sa vie, même dans le plus grand désespoir et entouré des personnes les plus diverses et chancelantes possible, communiquer nus quel que soient nos origines, ne plus regarder la route la tête baissée mais la redresser et redécouvrir et respirer à nouveau, voilà tout ce qui m'a permis de survivre et me le permet toujours ... En sachant que la route reste sinueuse et quoi qu'on puisse faire, une des choses communes qui nous relie est bel et bien la mort... épicurien je le serai toujours, être sur un fil aussi... mais chaque réveil reste une chance
François
Septembre 2024
#NocturnalLandscapes#MelancholicNights#EtherealNightScenes#LightTrails#DreamyNightScenery#NighttimeAesthetic#FastCarLights#MistyNightHorizons#PoeticNightscapes#SereneNightViews#NightLightTrails#LongExposureNight#EtherealNightVibes#MelancholyInTheDark#WhisperedNight#SilentNightLandscapes#DreamlikeNightTrails#MovingLights#NocturnalEthereal#PastelNightShadows#contemporaryart
5 notes
·
View notes
Text
Élections législatives du 27 janvier 1889.
Les Anarchistes au Peuple de Paris Nos maîtres nous appellent aux urnes. — Qu’allons-nous y faire ?
Choisir sur les proclamations des candidats celui qui promet le plus de réformes ? À quoi bon !
Les législateurs peuvent être scélérats ou honnêtes ; peu importe ! Nos misères n’en seront ni augmentées ni atténuées.
Que nous font leurs dilapidations, leurs vols, ou leurs économies, à nous qui n’avons rien ?
Le gouvernement (monarchique ou républicain), est toujours aux ordres des capitalistes, sa seule mission est de faire respecter leurs richesses.
Toutes nos souffrances, toutes nos peines n’ont d’autre cause que l’organisation sociale actuelle, basée sur la propriété individuelle.
Tant qu’une poignée d’hommes pourront faire trimer l’ouvrier à leur profit ; tant que la terre, les usines, toutes les richesses sociales resteront entre les mains des fainéants, il ne pourra y avoir pour le Peuple d’amélioration.
Les républicains de la veille, proscrits de l’Empire : Clémenceau, Floquet, etc., eux en qui le Peuple avait toute confiance, ont-ils pu faire, depuis qu’ils sont au Pouvoir, une seule loi en faveur de l’ouvrier ?
Non ! — Donc, le salut n’est pas au fond des urnes.
Voter, c’est consacrer l’autorité, la rendre forte de notre approbation. Voter, c’est souscrire à notre exploitation, l’affirmer juste et immuable.
Abstenons-nous ! Voter pour Jacques, c’est voter le maintien de la misère actuelle, donner raison au Gouvernement.
Mais, n’allons pas par répugnance pour Ferry-Floquet, nous jeter dans les bras d’un nouveau maître !
Boulanger élu, qu’adviendra-t-il ?
La dissolution de la chambre ! Une Constituante. Puis une nouvelle Constitution… Or, nous ne vivons pas de Constitution, mais de pain !
Quel que soit ce Gouvernement de demain, il y aura toujours des patrons, des propriétaires, des rentiers, des parasites, pour vivre de notre travail.
Alors rien de changé sauf l’étiquette.
Voter pour Boulanger, c’est raffermir le principe d’autorité qui est en discrédit. C’est ne tenir aucun compte de l’expérience de tout un siècle qui nous montre — malgré les inventions et les découvertes modernes — le Peuple aussi exploité sous la République actuelle, que sous la Royauté et l’Empire.
Voter pour Boulanger c’est attendre d’une nouvelle incarnation gouvernementale le bien-être que seule la Révolution nous donnera.
Ni Jacques !! Ni Boulanger !!
Reste le menu fretin ; devons-nous voter pour Boulé ou un des candidats socialistes ? Pas davantage ! ce serait croire encore au suffrage universel, dont quarante années nous prouvent la duperie.
Garder notre vote, c’est garder notre dignité et notre droit de Révolte !
Nous seuls connaissons nos besoins : c’est une folie que se nommer des maîtres !
Aujourd’hui, il n’y a plus que deux partis en présence ; d’un côté : les socialistes qui se réclament du vote, la tourbe des vieux partis, monarchistes, impérialistes, républicains, boulangistes.
D’un autre côté : les Anarchistes, négateurs de l’autorité sous toutes ses formes : religieuse ou scientifique, capitaliste ou patronale, familiale ou étatiste. Ceux qui ne veulent vraiment : Ni Dieu Ni Maître, car l’Autorité est la cause première de la Propriété Individuelle et de l’oppression que nous subissons.
Il ne s’agit plus de changer de maîtres, mais de conquérir par la Force, la Terre et ses richesses, qu’une minorité de fourbes s’est appropriée.
Ce n’est qu’en détruisant toutes les institutions, tous les monuments du passé, que disparaîtront à jamais les lèpres hideuses de la Société actuelle, et que l’Humanité trouvera sa voie de Justice et de bien-être pour tous.
Mais, pour atteindre ce but, il faut que l’esprit de Révolte germe, grandisse dans nos cerveaux, et se manifeste par des actes énergiques et audacieux !
C’est par ce chemin et non par celui du Vote, que nous ferons la Révolution victorieuse.
Ne votons plus : Agissons.
Vive la Révolution Sociale & l’Anarchie ! Pour plus de développement de l’Idée Anarchiste, lire le Ça Ira et la Révolte, hebdomadaires.
Impr. du Ça ira, rue du Buisson-St-Louis, 29 — Vu : le Candidat abstentionniste Cabot
Union Anarchiste — Élections législatives 1936
Travailleurs qui votez, les anarchistes vous parlent… La législature qui vient de s’écrouler représente la plus totale banqueroute que l’histoire de parlementarisme est enregistrée.
La banqueroute du parlementarisme :
Pour succéder à la Chambre Tardieu, vous aviez élu une Chambre de gauche. Cependant, Daladier, l’actuel chef du Front Populaire, qui d’ailleurs inaugura, en 1933, par les premières amputations de traitements, la politique de déflation si funeste aux intérêts des travailleurs, dut disparaitre devant l’émeute fasciste comme Herriot, en 1926, avait dû succomber devant le mur d’argent.
Ce ne fut pas, alors, le Parlement qui fit reculer la fascisme, mais votre action directe, par la grandiose grève générale du 12 février.
La Chambre de gauche, elle, capitulait lâchement en abandonnant, sous le couvert de l’Union nationale, le pouvoir à Doumergue d’abord, à Laval ensuite.
Pouvait-il en être autrement ? Nous répondons non ! Non, car l’expérience tant et tant de vous renouvelée a prouvé que dans la société capitaliste basée sur l’antagonisme des classes, le gouvernement était une duperie pour les travailleurs.
••• Ne prenez pas l’effet et la cause !
L’action directe des travailleurs :
Les grandes réformes sociales, les améliorations de votre sort, ce n’est pas le bulletin de vote qui vous les a données, mais votre action directe de classe s’affirmant par les grèves, par les manifestations de votre puissance, imposant les revendications du mouvement ouvrier. C’est, en un mot, la crainte que vous avez su inspirer à vos exploiteurs et à vos dirigeants.
Travailleurs, vous connaissez le chômage, les bas salaires, la menace de la dictature renforcée du capitalisme qu’est le fascisme. Croyez-vous que c’est avec l’arme en papier du bulletin de vote que vous briserez la coalition de toutes ces forces d’oppression et d’exploitation ?
Les anarchistes répondent pour vous à cette question et ils vous disent : Ne vous contentez pas de ce geste vain, qui, tous les quatre ans, consiste à déposer dans l’urne un bulletin de telle ou telle couleur. C’est ailleurs que dans les isoloirs que votre destin se joue. C’est dans l’action quotidienne contre le patronat contre l’État.
••• Enfin, travailleurs, les élections de 1936 doivent, à un autre titre, vous inspirer une méfiance supplémentaire. Elles se feront, cette année, sous le signe de l’Union sacrée.
Tous les partis, de l’extrême-droite à l’extrême-gauche, se préparent à renouveler le crime de 1914. Devant la grave crise que le monde traverse, ils s’avèrent tous prêts à réaliser sur votre dos l’union des classes.
Les menaces de guerre et l’Union sacrée :
Aujourd’hui, sous le couvert de défendre la paix, on vous dit qu’il faut faire l’union des États pacifiques. C’est un mensonge. Il n’y a pas d’États pacifiques. Il n’y a que des impérialismes qui se disputent, par la force, la possession du monde.
Vous, travailleurs, vous devez rester en dehors de ces compétitions.
Vous devez avoir toujours présent à l’esprit que c’est toujours dans vos rangs que la guerre, sous quelque prétexte qu’on la fasse, fait ses victimes.
Et si vous voulez réellement militer contre le fascisme et contre la guerre, si vous voulez travailler pour la paix, pour le bien-être et pour la liberté, affirmez votre volonté révolutionnaire, contre l’État fauteur de guerre, contre le Capitalisme fauteur de misère, contre le fascisme fauteur de dictature, par l’action directe quotidienne et non par le bulletin de vote.
Travailleurs, faites vos affaires vous-mêmes !
L’Union anarchiste.
Chaque semaine, lisez Le Libertaire, organe de l’Union anarchiste.
Vu : le candidat
Source: https://placard.ficedl.info/
Vive l'Anarchie et que l'ordre revienne...
8 notes
·
View notes
Text
Ça fait des mois que j'ai une idée de fic avec Galessin et Angharad (en mode Brotp je précise) basée sur cet épisode
J'ai pas le temps de l'écrire mais je veux me la sortir de la tête, alors voilà les grandes lignes :
"Faut qu'on se tire" : les premiers mots de la fic prononcés par Angharad à l'adresse de Galessin
Angharad revient d'un énième "rencard" avec Perceval et elle vient de comprendre (enfin) que Perceval ne passera jamais le cap de la demander en mariage
Elle a bien réfléchi : pour s'extirper de sa condition de bonniche et être indépendante, sa meilleure option est de faire un peu comme Lancelot et de se tirer. Elle est debrouillarde, elle s'en sortira
Galessin se demande en quoi ça le concerne
Angharad lui propose de se tirer avec elle. Lui aussi, c'est sa meilleure option pour ne plus être à la botte de personne
Là y'aurait un dialogue avec Galessin qui nie par peur de sortir de sa routine et Angharad qui essaie de le secouer un peu (y'aurait sûrement quelques parallèle avec Loth, sauf que là Angharad essaierait de le faire sortir de la noix de Saint Jacques au lieu de l'enfoncer)
Galessin met quelque part l'argument qu'il tient à son confort et que la vie de bohème à faire du camping c'est pas son truc (il a déjà essayé de jouer à être pauvre, il a pas aimé)
Angharad lui fait remarquer que le camp de Lancelot c'est pas franchement le luxe, et que quitte à dormir par terre dans la boue, autant le faire en étant libre
Galessin flippe un peu de la réaction de Loth s'il se barre. "S'il me retrouve je suis mort"
Angharad lui répond qu'elle sent que les choses vont bouger à Kaamelott, avec le départ de Lancelot et de la reine, et que Loth sera sûrement plus occupé à foutre la merde dans la politique pour s'assurer d'avoir un belle place dans le futur du royaume que de courir après lui.
Pas mal de débat un peu philosophique et psychologique sur les craintes et les désirs des deux.
Galessin finit par accepter
Angharad dit qu'elle voudrait emmener Guenièvre aussi pour la sauver de sa situation. Elle ne peut pas la laisser seule avec ce taré de Lancelot.
Les 2 prévoient un plan de fuite pendant que Lancelot est hors du camp
Guenièvre, enchaînée au lit, rechigne au début par principe mais Angharad la persuade vite.
Le trio fuit dans la nature. Là y'aurait des échanges marrants entre les 3, sur comment s'organiser, qui monte le camp, qui part chasser etc.
Angharad est une badass de la nature, dans la même categorie que Léodagan
Du coup Galessin prend plutot les tours de gardes pour protéger Guenièvre
Y'aurait sûrement une discussion un peu gênante mais interessante entre les 2
Le royaume s'effondre progressivement autour d'eux. Ils entendent dire qu'Arthur a replanté l'épée et ne gouverne plus.
Galessin et Angharad sont bien contents d'avoir quitté tout ça, mais Guenièvre s'inquiète pour Arthur. Elle veut retourner auprès de lui à Kaamelott
Grosse dispute "c'est trop dangereux, pourquoi vouloir retourner là bas avec lui, etc." (Galessin est toujours terrorisé par l'idée que Loth puisse le retrouver)
Galessin et Angharad (Angharad d'abord, Galessin après) réalisent qu'ils sont en train de faire à Guenièvre ce que tout le monde a toujours fait : lui imposer sa conduite. Ne voulant pas reproduire cette erreur, ils se résignent.
Ils font discrètement parvenir un mot à Arthur, lui disant de se rendre à un certain endroit pour revoir Guenièvre.
Guenièvre et Arthur se retrouvent, Galessin et Angharad en retrait.
Arthur toise Galessin et Angharad. Silence pesant.
Anghard brise la glace avec un simple "On a bien pris soin d'elle"
Arthur voit que Guenièvre est en bonne santé, ça lui suffit.
Il les salut d'un dernier signe de tête.
Galessin et Angharad retournent à leur camp, et construisent leur nouvelle vie du mieux possible sans plus jamais se mêler des affaires du royaume.
Le titre de la fic ça serait un truc genre "La reine, la bonniche et la noix de Saint Jacques"
19 notes
·
View notes
Note
Salut :)
Suite à ton dernier post je t'envoie mon soutien pour les gens un peu cons dans tes notifs... Est-ce que tu aurais par hasard la référence ou un lien vers le texte de Pascal que tu as évoqué? ça m'intéresse pas mal, j'aimerais beaucoup le lire! Aussi, j'apprécie beaucoup ton sondage, j'adore quand les personnes parlent de leur foi et de leur relation à Dieu et au divin, donc merci! (et j'adore ton jewish tag as well!)
Hello et merci beaucoup, c'est adorable...
Voici le texte (que j'ai découvert avec un manuel que j'utilise en classe), tiré des Pensées :
"Que l’homme contemple donc la nature entière dans sa haute et pleine majesté, qu’il éloigne sa vue des objets bas qui l’environnent. Qu’il regarde cette éclatante lumière mise comme une lampe éternelle pour éclairer l’univers, que la terre lui paraisse comme un point au prix du vaste tour que cet astre décrit et qu’il s’étonne de ce que ce vaste tour lui‑même n’est qu’une pointe très délicate à l’égard de celui que ces astres, qui roulent dans le firmament, embrassent. Mais si notre vue s’arrête là que l’imagination passe outre, elle se lassera plutôt de concevoir que la nature de fournir. Tout ce monde visible n’est qu’un trait imperceptible dans l’ample sein de la nature. Nulle idée n’en approche, nous avons beau enfler nos conceptions au-delà des espaces imaginables, nous n’enfantons que des atomes au prix de la réalité des choses. C’est une sphère infinie dont le centre est partout, la circonférence nulle part. Enfin c’est le plus grand caractère sensible de la toute‑puissance de Dieu que notre imagination se perde dans cette pensée.
Que l’homme étant revenu à soi considère ce qu’il est au prix de ce qui est, qu’il se regarde comme égaré dans ce canton détourné de la nature. Et que, de ce petit cachot où il se trouve logé, j’entends l’univers, il apprenne à estimer la terre, les royaumes, les villes et soi‑même, son juste prix.
Qu’est‑ce qu’un homme, dans l’infini ?
(...)
Qui se considérera de la sorte s’effraiera de soi-même et, se considérant soutenu dans la masse que la nature lui a donnée entre ces deux abîmes de l’infini et du néant, il tremblera dans la vue de ses merveilles, et je crois que sa curiosité se changeant en admiration il sera plus disposé à les contempler en silence qu’à les rechercher avec présomption."
12 notes
·
View notes
Text
Based on a true story
If you're French or want to learn the language of love, preorder our new book "Salut la Terre" 🇫🇷 tinyurl.com/yck6e2s2
2K notes
·
View notes
Text
Évangile de Jésus-Christ selon Saint Luc 1,39-45
39 « En ces jours-là, Marie se mit en route et se rendit avec empressement vers la région montagneuse, dans une ville de Judée.
40 Elle entra dans la maison de Zacharie et salua Élisabeth.
41 Or, quand Élisabeth entendit la salutation de Marie, l’enfant tressaillit en elle. Alors, Élisabeth fut remplie d’Esprit Saint,
42 et s’écria d’une voix forte : « Tu es bénie entre toutes les femmes, et le fruit de tes entrailles est béni.
43 D’où m’est-il donné que la mère de mon Seigneur vienne jusqu’à moi ?
44 Car, lorsque tes paroles de salutation sont parvenues à mes oreilles, l’enfant a tressailli d’allégresse en moi.
45 Heureuse celle qui a cru à l’accomplissement des paroles qui lui furent dites de la part du Seigneur. »
Texte biblique tiré de « La Bible — traduction officielle liturgique — AELF »)
(Illustration du site Apprenez-nous à prier)
Commentaire Lc 1,42
« Tu es bénie entre toutes les femmes, et le fruit de tes entrailles est béni. » (Lc 1,42) Nous sommes encore au tout début de l’évangile de Luc ; il y a eu, d’abord, les deux récits d’Annonciation : à Zacharie pour la naissance de Jean-Baptiste, puis à Marie pour la naissance de Jésus ; et voici ce récit que nous appelons couramment la « Visitation ». Luc écrit une œuvre éminemment théologique ; il faut certainement donner tout son poids à la phrase centrale de ce texte : « Élisabeth fut remplie de l’Esprit Saint, et s’écria d’une voix forte » ; cela veut dire que c’est l’Esprit Saint en personne qui parle pour annoncer dès le début de l’Évangile ce qui sera la grande nouvelle de l’évangile de Luc tout entier : celui qui vient d’être conçu est le « Seigneur ». Et quelles sont ces paroles que l’Esprit inspire à Élisabeth ? « Tu es bénie »… « le fruit de tes entrailles est béni » : ce qui veut dire Dieu agit en toi et par toi et Dieu agit en ton fils et par ton fils. Comme toujours, l’Esprit Saint est celui qui nous permet de découvrir dans nos vies et celle des autres, tous les autres, la trace de l’œuvre de Dieu. Luc n’ignore certainement pas non plus que la phrase d’Élisabeth reprend au moins partiellement une phrase de l’Ancien Testament. C’est dans le livre de Judith (Jdt 13,18-19) : quand Judith revient de l’expédition dans le camp ennemi, où elle a décapité le général Holopherne, elle est accueillie dans son camp par Ozias qui lui dit : « Bénie sois-tu, ma fille, par le Dieu Très-Haut, plus que toutes les femmes de la terre ; et béni soit le Seigneur Dieu » Marie est donc comparée à Judith : et le rapprochement entre ces deux phrases laisse entendre que Marie est la femme victorieuse qui assure à l’humanité la victoire définitive sur le mal. Et Élisabeth, parce qu’elle est elle aussi remplie de l’Esprit Saint, a la force de parler. Quant au futur Jean-Baptiste, lui aussi, il manifeste sa joie : Élisabeth nous dit qu’il « tressaille d’allégresse » dans le sein de sa mère dès qu’il entend la voix de Marie. Je reviens aux paroles d’Élisabeth : « D’où m’est-il donné que la mère de mon Seigneur vienne jusqu’à moi ? » Elle aussi nous renvoie à un épisode de l’Ancien Testament : l’arrivée de l’arche d’Alliance à Jérusalem (2 S 6,1-16) ; lorsque David se fut installé comme roi à Jérusalem, il envisagea de faire monter l’Arche d’Alliance dans cette nouvelle capitale. « On chargea l’arche de Dieu sur un chariot neuf… David et toute la maison d’Israël dansaient devant le SEIGNEUR. » Mais un homme qui avait mis la main sur l’arche sans y être habilité mourut aussitôt. Alors, David crut plus prudent de renoncer à son projet et remisa l’Arche dans la maison d’un certain Oved-Edom où elle resta trois mois. Et là, il se produisit du nouveau : la rumeur publique disait que la présence de l’arche apportait le bonheur à cette maison. Voilà David rassuré. Du coup, il se décida à faire venir l’arche à Jérusalem. La Bible raconte : « David et tout le peuple d’Israël firent monter l’arche du SEIGNEUR parmi les ovations, au son du cor. » David dansait devant l’arche. Les deux voyages, celui de l’Arche, celui de Marie se déroulent dans la même région, les collines de Judée ; l’Arche entre dans la maison d’Oved-Edom et elle y apporte le bonheur (2S 6,12), Marie entre dans la maison de Zacharie et Élisabeth et y apporte le bonheur ; l’Arche reste trois mois dans cette maison d’Oved-Edom, Marie restera trois mois chez Élisabeth ; enfin David dansait devant l’Arche (le texte nous dit qu’il « sautait et tournoyait ») (2S 6,16), et Luc note que Jean-Baptiste « bondit de joie » devant Marie qui porte l’enfant. Luc nous donne de contempler en Marie la nouvelle Arche d’Alliance. Or l’Arche d’Alliance était le lieu de la Présence de Dieu. Marie porte donc en elle mystérieusement, cette Présence de Dieu ; désormais Dieu habite notre humanité : « Le Verbe s’est fait chair et il a habité parmi nous. » (Note du P. Mario Doyle, C.Ss.R. : Ce commentaire reproduit largement celui d’une bibliste bien connue des catholiques de France : Marie Noëlle Thabut)
2 notes
·
View notes
Text
Oggi la si chiama "resilienza", una volta la si chiamava "forza d´animo", Platone la nominava "tymoidés" e indicava la sua sede nel cuore.
Il cuore è l´espressione metaforica del "sentimento", una parola dove ancora risuona la platonica "tymoidés".Il sentimento non è languore, non è malcelata malinconia, non è struggimento dell´anima, non è sconsolato abbandono. Il sentimento è forza. Quella forza che riconosciamo al fondo di ogni decisione quando, dopo aver analizzato tutti i pro e i contro che le argomentazioni razionali dispiegano, si decide, perché in una scelta piuttosto che in un´altra ci si sente a casa. E guai a imboccare, per convenienza o per debolezza, una scelta che non è la nostra, guai a essere stranieri nella propria vita.
La forza d´animo, che è poi la forza del sentimento, ci difende da questa estraneità, ci fa sentire a casa, presso di noi. Qui è la salute. Una sorta di coincidenza di noi con noi stessi, che ci evita tutti quegli "altrove" della vita che non ci appartengono e che spesso imbocchiamo perché altri, da cui pensiamo dipenda la nostra vita, semplicemente ce lo chiedono, e noi non sappiamo dire di no.
Il bisogno di essere accettati e il desiderio di essere amati ci fanno percorrere strade che il nostro sentimento ci fa avvertire come non nostre, e così l´animo si indebolisce e si ripiega su se stesso nell´inutile fatica di compiacere agli altri. Alla fine l´anima si ammala, perché la malattia, lo sappiamo tutti, è una metafora, la metafora della devianza dal sentiero della nostra vita. Bisogna essere se stessi, assolutamente se stessi.
Questa è la forza d´animo. Ma per essere se stessi occorre accogliere a braccia aperte la nostra ombra. Che è poi ciò che di noi stessi rifiutiamo.
Quella parte oscura che, quando qualcuno ce la sfiora, ci sentiamo "punti nel vivo". Perché l´ombra è viva e vuole essere accolta. Anche un quadro senza ombra non ci dà le sue figure. Accolta, l´ombra cede la sua forza.
Cessa la guerra tra noi e noi stessi. Siamo in grado di dire a noi stessi:
"Ebbene sì, sono anche questo". Ed è la pace così raggiunta a darci la forza d´animo e la capacità di guardare in faccia il dolore senza illusorie vie di fuga.
"Tutto quello che non mi fa morire, mi rende più forte", scrive Nietzsche.
Ma allora bisogna attraversare e non evitare le terre seminate di dolore.
Quello proprio, quello altrui. Perché il dolore appartiene alla vita allo stesso titolo della felicità. Non il dolore come caparra della vita eterna, ma il dolore come inevitabile contrappunto della vita, come fatica del quotidiano, come oscurità dello sguardo che non vede via d´uscita. Eppure la cerca, perché sa che il buio della notte non è l´unico colore del cielo.
Di forza d´animo abbiamo bisogno soprattutto oggi perché non siamo più sostenuti da una tradizione, perché si sono rotte le tavole dove erano incise le leggi della morale, perché si è smarrito il senso dell´esistenza e incerta s´è fatta la sua direzione. La storia non racconta più la vita dei nostri padri, e la parola che rivolgiamo ai figli è insicura e incerta.
Gli sguardi si incontrano solo per evitarsi. Siamo persino riconoscenti al ritmo del lavoro settimanale che giustifica l´abituale lontananza dalla nostra vita. E a quel lavoro ci attacchiamo come naufraghi che attendono qualcosa o qualcuno che li traghetti, perché il mare è minaccioso, anche quando il suo aspetto è trasognato.
Passiamo così il tempo della nostra vita, senza sentimento, senza nobiltà, confusi tra i piccoli uomini a cui basta, secondo Nietzsche: "Una vogliuzza per il giorno, una vogliuzza per la notte, fermo restando la salute".
Perché ormai della vita abbiamo solo una concezione quantitativa. Vivere a lungo è diventato il nostro ideale. Il "come" non ci riguarda più, perché il contatto con noi stessi s´è perso nel rumore del mondo.
Passioncelle generiche sfiorano le nostre anime assopite. Ma non le risvegliano. Non hanno forza. Sono state acquietate da quell´ideale di vita che viene spacciato per equilibrio, buona educazione. E invece è sonno, dimenticanza di sé. Nulla del coraggio del navigante che, lasciata la terra che era solo terra di protezione, non si lascia prendere dalla nostalgia, ma incoraggia il suo cuore. Il cuore non come languido contraltare della ragione, ma come sua forza, sua animazione, affinché le idee divengano attive e facciano storia. Una storia più soddisfacente.
Umberto Galimberti
13 notes
·
View notes
Note
Salut! 3, 12, 17, 18 et 30 pour Ao3 Wrapped?
Ao3 Wrapped
Salut :) Et merci pour toutes ces questions !
3) What work are you most proud of (regardless of kudos/hits)?
Sans conteste ma fanfic sur fe3h Quatre guerrières. ça a été un énorme projet. J'ai inventé les héroïnes en octobre 2021, commencé l'écriture en janvier 2022 pour la finir en novembre 2023. Après ça, avec toutes les relectures et mises en forme, j'ai posté le dernier chapitre le 22 juin 2024.
On est sur un total de 213 039 mots, ce qui est franchement pas mal du tout. Au-delà de la quantité, je suis fière d'avoir été jusqu'au bout. J'ai commencé cette fic après un passage où j'avais du mal à me remettre à écrire. Mais j'ai tenu et j'ai débloqué tout ça !
En plus, je continue d'être très attachée à mes héroïnes.
Et, je sais que je l'ai postée l'an dernier maiiis, il y a une variante de cette histoire qui compte beaucoup pour moi : Omnia Vincit Amor. Cette fic n'a pas eu beaucoup d'attention (c'est normal, le sujet est trop spécifique je pense...) mais elle a une place spéciale dans mon coeur.
Sinon, il y a aussi mon one-shot L'étoile filante dont je suis assez fière, notamment pour l'ambiance et la progression de l'histoire (je pense qu'il peut être lu sans trop de connaissances du fandom. Enfin je suppose).
12) How many WIPs do you have in your docs for next year?
-L'histoire de Zoé pour commencer.
-La suite de ma fanfic sur Fe3h. J'en ai écrit une grosse partie mais je ne sais pas trop ce que je vais en faire. A voir.
-Une nouvelle de fantasy que je suis en train de corriger.
17) Your favorite character to write this year?
De nouveau Zoé, haha. C'est très clairement l'héroïne que j'avais envie de voir, pour toutes les raisons que j'ai déjà citées. Ce que j'aime aussi avec elle, et mes univers fictifs, c'est qu'elle n'a rien à prouver. Elle existe et elle vit sa vie. J'ai du mal avec le cliché de la guerrière/magicienne qui doit se battre contre un bastion exclusivement masculin pour prouver qu'elle est l'exception à la règle. Notamment parce qu'au final, on demande toujours à la femme de prouver qu'elle est digne, mais l'institution n'est jamais remise en cause à la fin et la protagoniste reste souvent l'exception qui confirme la règle.
Ensuite, Kyphon, le protagoniste de L'étoile filante. J'ai beaucoup aimé écrire ses liens familiaux forts, notamment avec sa tutrice/cousine. Cette histoire était aussi l'occasion d'explorer plusieurs facettes du personnage : orphelin/chevalier/guérisseur/mari/régent/protecteur.
Et enfin, toutes les femmes sur lesquelles j'ai écrit pour mon blog historique ! J'adore faire des recherches dessus et contribuer à les faire connaître.
18) The character that gave you the most trouble writing this year?
Basile, l'empereur dans l'histoire de Zoé (et du coup un des personnages principaux et son futur intérêt amoureux). Déjà, je n'arrivais pas à me décider sur son nom. Puis le choix final m'est venu dans un rêve fiévreux suscité par le Covid (ça ne s'invente pas).
J'ai mis du temps à cerner sa personnalité, mais maintenant je sais qui il est, d'où il vient et comment se passent les interactions avec Zoé.
30) Biggest surprise while writing this year?
Je ne sais pas si j'ai eu beaucoup de surprises. Rétrospectivement, j'ai pas mal écrit cette année, même si je n'en ai pas l'impression. Il faut dire aussi que ma santé n'était pas au beau-fixe à partir d'Octobre. J'ai donc préféré me reposer et faire ce dont j'avais envie, sans culpabilité.
Je pense que c'était plus une année de réflexion et de maturation. Un gros projet qui se termine, on se demande où va l'avenir...
En tout cas, j'ai planté des graines qui, j'en suis sûre, sortiront de terre en 2025 !
2 notes
·
View notes
Text
« Notre bataille est plus ingrate, mais elle est plus belle parce qu’elle nous oblige à ne compter que sur nos forces. Nous avons mis en pièces toutes les vérités révélées, nous avons craché sur tous les dogmes, nous avons rejeté tous les paradis, nous avons bafoué tous les charlatans — blancs, rouges, noirs — qui introduisent dans le commerce les drogues miraculeuses qui donneront « le bonheur » au genre humain. Nous ne croyons ni aux programmes, ni aux plans, ni aux saints, ni aux apôtres, et surtout nous ne croyons pas au bonheur, au salut et à la terre promise. ».
Benito Mussolini, Popolo d’Italia (1er janvier 1922)
7 notes
·
View notes
Text
TRANSFORMACIONES
¡Oh salubre y feraz mantillo de los muertos! Fermento misterioso de savias sempiternas, te integraremos todos, podredumbres carnales, revueltos a montones bajo la yerba verde.
Habiendo ya dormido, yertos y agarrotados, bajo tierra, más íntimos de sus ardientes tetas, despertaremos luego con las alas del ave, o como recios robles, desde el fango espigados.
Grandiosa es la natura por obra de los muertos. ¡Cosechas, bosques, salve! ¡Salve, briznas de yerba, rúbeas flores, fuentes: sois gracia de los muertos!
... ¿Deberemos acaso, materia perseguida por fatídica ley, codiciando el reposo, sin fin reanudar la ilusión de la vida?
*
MÉTAMORPHOSES
O salubre et fécond engrais des trépassés ! Ferment mystérieux des sèves éternelles, Nous te composerons, pourritures charnelles, Sous les gazons plus verts pêle-mêle entassés.
Quand nous aurons dormi, rigides et glacés , Dans la terre, plus près des ardentes mamelles, Nous nous réveillerons oiseaux avec des ailes, Ou chênes forts , du sein de la fange élancés.
Ce sont les morts qui font la nature superbe. Salut, moissons ! salut, forêts ! salut, brins d'herbe Eaux vives, floraisons roses, beauté des morts !…
— Matière par des lois fatales poursuivie, Nous faudra-t-il, jaloux du sommeil sans remords, Recommencer sans fin le rêve de la vie ?
Albert Mérat
di-versión©ochoislas
#Albert Mérat#literatura francesa#poesía parnasiana#metamorfosis#renovación#abono#ciclo#liberación#muerte#duda#di-versiones©ochoislas
2 notes
·
View notes