#SES Gazzetta del Sud
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Non perde mai occasioni di fare figure di me..da . Accade che una donna di 44 anni, un’artigiana e imprenditrice di nome Feliciana, è morta per una grave malattia e, secondo alcuni giornali, si sarebbe sacrificata rifiutando le cure per salvare la sua secondogenita.
Al che Matteo Salvini non ha trovato di meglio da fare che cavalcare, al solito, la notizia - o meglio, la fake news - sui social.
Gli ha risposto il marito di Feliciana, Gabriele, con una splendida lettera aperta che merita di essere letta tutta, fino in fondo, e che smonta il più becero salvinismo dalla A alla Z.
“Ciao Matteo Salvini, innanzitutto mi presento, sono Gabriele, il marito di Feliciana.
Da un po', causa "vicissitudini familiari", ho deciso di sospendere il mio unico account social (facebook), motivo per cui mi sono fatto "prestare questo spazio" dagli amici della libreria Zaum (che ringrazio di cuore).
Sto già attraversando il periodo più buio della mia vita, in più, leggere articoli "giornalettistici" su mia moglie, come quelli pubblicati sul web dal Messaggero, Leggo, L'edicola del sud, Gazzetta del Mezzogiorno, Telebari, Il nuovo quotidiano di Puglia, Il giornale di Puglia (probabilmente ce ne saranno anche altri simili che non ho letto) è come girare il coltello nella piaga.
Roba da sadici e/o cacciatori di like.
Metà del tuo post è un virgolettato che riprende le "grandi" testate succitate, le quali (come te o il tuo "web staff") hanno avuto poca cura nello scegliere le "fonti", o peggio ancora, le "grandi" testate hanno voluto "romanzare" appositamente la cosa per qualche click in più.
Allora : 1) Mia moglie ha scoperto "la cosa" solo dopo aver partorito la nostra secondogenita; 2) Si è sempre sottoposta a tutte le cure previste.
L'amore di mia moglie era, ed è immenso, verso i nostri figli, verso di me e verso gli "ultimi", i più sfortunati, tipo quelli che si imbarcano perché hanno 2 alternative:
a) morire a casa propria di fame/stenti/guerra b) imbarcarsi (essendo anche al corrente dei rischi del viaggio) nel tentativo di "svoltare" e cambiare vita.
Noi (io e la mia famiglia), siamo il tuo OPPOSTO: bianco/nero, nord/sud, destra/sinistra, salato/dolce.
Per cui, se mai dovessimo stilare un elenco di persone da cui non vogliamo abbracci/pietà/compassione, non te la prendere, ma il tuo nome sarebbe sicuramente sul podio.
Un'ultima cosa, sai la bambina da voi citata come si chiama? CAROLA. Nome ispirato da 3 guerriere, le due nonne (Carmelina/Laura) e Carola Rackete!
Te la ricordi, vero?
Vado, devo ricomporre i pezzi.
Gabriele”.
Mi inchino dinnanzi a tanta forza e dignità.
Lorenzo Tosa
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Tutti gli UFO sopra Firenze dalla guerra ad oggi: 1954 2° parte
Ci credete? Non ci credete? Poco importa. Il fenomeno ufologico è vecchio quanto il mondo. Gli avvistamenti, reali, finti, "costruiti" nel mondo sono innumerevoli e su Firenze e provincia non mancano. Questa è un piccola rubrica per citare gli avvistamenti registrati su Firenze e provincia dal 1946 al 1980, se poi qualcuno ha a disposizione anche quelli successivi, e ce li fornisce, potremmo pubblicare anche quelli dal 1980 in poi. Questo l'articolo precedente: Tutti gli UFO sopra Firenze dalla guerra ad oggi: 1954 1° parte Il 1954 è stato un anno particolarmente prolifico per gli avvistamenti UFO su Firenze e provincia, tanto da dividere in più parti la loro segnalazione. Questa è la seconda parte. Il 30 settembre 1954 in pieno giorno, sopra Monte Senario, fu visto un "disco" lo riporta AA. VV., UFO in Italia - vol. II - L'ondata 1954, Tedeschi 1980, p. 77. Durante la giornata del 30 settembre due giovanotti si stavano recando al convento posto sul Monte Senario. Nel raggiugere il convento hanno visto un "disco" luminoso della grandezza di quasi due terzi della Luna. Era posizionato allo zenit. L'oggetto rimase visibile per pochi secondi poi scomparve verso ponente confondendosi con nella luce del Sole. I due giovanotti descrissero l'oggetto come un disco di colore lattiginoso che non brillava di luce propria. La parte centrale del disco, di un colore più opaco sembrava ferma ed invece l'anello intorno a questa girava e sembrava emettere uno scintillio. L'altezza da terra fu stimata attorno ai 1000, massimo 3000, metri ed in soli 10 secondi il corpo volante attraversò la volta celeste confondendosi nella luce del sole. Il 14 ottobre 1954 presso l' Impruneta subito dopo le 18:00 furono visti degli oggetti volanti. Viene riportato da Il Giornale dei Misteri¯ n. 38; AA. VV., UFO in Italia - vol. II - L'ondata 1954, Tedeschi 1980, p. 100. Sul cielo dell'Impruneta furono osservati un numero imprecisato di oggetti volanti non identificati. Fra i testimoni vi erano i signori Natale Nicolai e Ferdinando Vanni. Non fu fornito nessun dettaglio specifico. Sempre il 14 ottobre 1954 sopra il cielo di Empoli verso le 18:00/18:30 fu notato un oggetto volante. Così è riportato dal La Nazione Italiana¯ del 16-10-1954; AA. VV., UFO in Italia - vol. II - L'ondata 1954, Tedeschi 1980, p. 102. In quella giornata di ottobre alcuni giovani stavano camminavano lungo il fiume Orme nelle vicinanze della statale 67. Il loro cammino fu interrotto da un oggetto incandescente proveniente dal monte Albano e diretto velocissimo verso le colline del paese di Montelupo Fiorentino, cioè con una direzione da nord-ovest a sud-est. Ancora nella giornata del 14 ottobre sul cielo di Firenze verso le 18:10 fu visto un "sigaro". Lo riportano La Nazione del 15-10-1954; Il Messaggero e La Gazzetta del Sud del 16-10-1954; Il Giornale dei Misteri n. 38; AA. VV., UFO in Italia - vol. II - L'ondata 1954, Tedeschi 1980, p. 105. La signora Bruna Curradi assieme al marito, abitanti in via Sarpi 3, mentre camminavano in via Scipione Ammirato dal passaggio a livello dell'Affrico, notarono un "sigaro" di piccole dimensioni, luminoso e di color biancastro intenso, attraversare il cielo "come un fulmine", seguendo una traiettoria orizzontale che congiungeva il Piazzale Michelangelo a Fiesole, cioè da sud a nord. Il fenomeno, che fu osservato per circa 30 secondi in un cielo sereno, fece provare ai due testimoni un senso di paura ed un'impressione tale che decisero di telefonare immediatamente alla direzione del giornale La Nazione Italiana. Read the full article
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Il Volo @ GDShow - Taormina, 2018
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Il Volo @ GDShow - Taormina, 2018
On September 15th, 2018 at the Teatro Antico in Taormina, took place a beautiful musical event, the GDShow! And Il Volo was there! - Read in English. Il 15 settembre 2018 si è svolto, presso il Teatro Antico di Taormina, un bellissimo evento musicale, il GDShow! E Il Volo era presente! - Leggi in Italiano. Em 15 de setembro de 2018, no Teatro Antico de Taormina, aconteceu um belíssimo evento musical, o GDShow! E o Il Volo estava lá! - Leia em Português.
#Chiara Esposito#Dave Monaco#Dolcenera#Enrico Guarnieri#GDS Media & Communication#Gianluca Ginoble#Giornale di Sicilia#I Soldi Spicci#Ignazio Boschetto#Il Volo#Mario Venuti#Nesli#Nino Frassica#Piero Barone#Pippo Baudo#Red Canzian#Salvo La Rosa#SES Gazzetta del Sud#Teatro Antico di Taormina
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Nell'inchiesta contro Mimmo Lucano intercettati 33 giornalisti e anche il portavoce della Boldrini Una vera e propria vergogna sostanziale, anche se a norma di legge: la Procura di Locri ha intercettato 33 giornalisti, un viceprefetto, tre magistrati e pure la portavoce dell’allora presidente della Camera Laura Boldrini. La Guardia di Finanza ha ascoltato finanche le conversazioni tra l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano, coinvolto nell’inchiesta “Xenia”, e uno dei suoi avvocati difensori. Lo scrive il quotidiano “Domani”. Il “sistema Trapani” sarebbe stato adottato anche in Calabria dove nell’ottobre 2018 è stato arrestato Lucano, principale imputato nel processo in corso davanti al Tribunale di Locri sulla gestione dell’accoglienza nel piccolo comune dell’alto Jonio reggino. Dopo aver dedicato numerosi articoli alla vicenda dei giornalisti intercettati nell’indagine della Procura di Trapani sulle ong, il quotidiano diretto da Stefano Feltri pubblica un articolo di Enrico Fierro secondo cui «c’è una costante nelle inchieste che riguardano il sistema dell’immigrazione nel nostro Paese. Il metodo di conduzione dell’inchiesta – è scritto nel pezzo – appare lo stesso. A Riace sono state ascoltate, e scritte nei verbali, le conversazioni che giornalisti, avvocati e magistrati avevano con il maggiore indagato, Mimmo Lucano. Le testate coinvolte vanno da Famiglia Cristiana alla tv Svizzera, passando per Repubblica, il Fatto Quotidiano, il Quotidiano del Sud, la Rai, Mediaset, La7, più una lunghissima teoria di giornali, tv e siti locali, dall’Ansa al Corriere della Calabria, alla Gazzetta del Sud». Tra i magistrati intercettati perché si sentivano con Lucano ci sono il presidente della Corte d’Assise d’appello di Reggio Calabria Roberto Lucisano, il giudice Olga Tarzia della Corte d’Appello di Reggio e il giudice Emilio Sirianni che lavora a Catanzaro. globalist
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Memorie di un italiano
Noto, con leggero disappunto ma non sorpresa, che l'italica parte di Tumblr ha deciso di ricordare al mondo della sua presenza attraverso un assiduo e tedioso blogging sul festival di Sanremo circa l’emergenza “coronavirus” che ha colpito la nostra penisola.
Non spenderò fiumi di parole su cosa sia il coronavirus o di come affrontarlo e le misure igenico-sanitarie da seguire, sia perché la cosa non rientra tra le mie competenze, studiando prettamente diritto e non virologia o patologia in generale, sia perché fonti ben più autorevoli provano a far luce sull’intera questione; ma tranquilli se siete indolenti almeno la metà di quanto lo sia io qualche anima pia su Tumblr, insieme a tutta la melma che è stata pubblicata, ha deciso di portare un po’ di sana informazione, con fonti e consigli utili su come affrontare la faccenda nel più liscio e sicuro dei modi possibili.
Ma non è di questo che stiamo parlando; sarebbe troppo facile, troppo poco Tumblr, no signori, ci dobbiamo complicare la vita.
Tumblr, luogo dove ognuno ha diritto di esprimere liberamente la propria opinione e citando un tale Umberto possiamo agevolmente riassumere la situazione: “Internet? Ha dato diritto di parola agli imbecilli: prima parlavano solo al bar e subito venivano messi a tacere”.
Con ciò non voglio ovviamente fare di tutta l’erba un fascio, ne’ pretendo che questo sito diventi una testata giornalistica scientifica o il sito ufficiale della Gazzetta; quindi tranquilli miei amati connazionali, tornate a fare i vostri divertentissimi memini e su, non fate i permalosoni, siamo tutti amici, si odia Salvini insieme, ci mangiamo una pizza e poi cantiamo insieme l’inno mentre guardiamo gli highlights del mondiale del 2006.
O forse no.
Tra la miriade di post che sono stati scritti sul coronavirus ammetto di aver letto alcune opinioni particolarmente... croccanti. Ed è proprio di queste che voglio parlare.
Ma andiamo per ordine.
L’esodo dei nordici e fuorisede verso il meridione.
-Si tratta del fenomeno di “migrazione temporanea” interna avvenuta subito dopo i primi casi del coronavirus; numerose persone del nord, soprattutto Lombardia, Emilia e Veneto hanno deciso di rifugiarsi nel meridione per provare a scampare al contagio, scatenando l’ira dei residenti che ha portato a numerosi casi di razzismo e isteria di massa.-
Non solo su Tumblr ho letto che qualcuno dava ragione ai numerosi meridionali razzisti quasi a volerli giustificare -ma su questo tra poco ci ritorniamo-, no siamo scesi ancora più in basso con quello che potremmo riassumere in maniera efficace nella frase “Gnegne hai voluto lavorare? Ora non scendi più gnegne” .
1- In difesa degli ex-meridionali
Signori. Signori. Siete rimasti al sud per studiare? Bene. Siete rimasti al sud perché avete trovato lavoro? Ottimo. Siete rimasti al sud perché mamma e papà vi mantengono a 30 anni? Beati voi. Ma prendersela con gli ex-meridionali trasferiti ormai da anni al nord impedendogli di tornare con la faziosa scusa del “avete deciso la nebbia quindi niente più mare” la trovo di una bassezza disarmante; che vi piaccia o no molti purtroppo sono dovuti andar via anche di controvoglia lontani da ‘o sole per lavorare o studiare. Le persone istintivamente si spostano dove trovano una qualità di vita superiore e più opportunità lavorative, inutile prenderla sul personale.
(N.B. ovviamente non tutti possono cercare qualità di vita più elevata al nord; capisco quindi che stare al sud non è per tutti una scelta ma può essere anche un obbligo. Ciò non è un’accusa quindi, ma una semplice constatazione, non vi sentite presi di mira per questo.)
Anche se esistono meridionali che disprezzano le loro origini non è una scusa per disprezzare in toto quelli che potrebbero essere tranquillamente vostri ex-concittadini, amici o parenti, che improvvisamente si sentono trattati come appestati.
2- In difesa dei nordici
Ma passiamo al vero nemico; qualcuno online urla al karma, alla ruota che gira per tutti, combattendo i mostri verdi a furia di ordinanze incostituzionali, inviti a farsi le vacanzine dall’altra parte del globo e minacce ed insulti.
Vendetta contro il padano! Finalmente il divario nord e sud è stato colmato, con un colpo di scena degno di un film di Antonio Albanese. Non vi starò neanche a spiegare come la cosa sia ridicola, triste e pietosa, anzi sì siamo su Tumblr, niente è dato per scontato. Ovviamente in passato ci sono state discriminazioni nei confronti dei meridionali da parte di persone del nord, ma non è una scusa per lasciarci andare ai nostri istinti primordiali, ferite che evidentemente non sono mai state cicatrizzate e rivelano lotte intestine nate insieme all’unità d’Italia.
Ma tanto siamo ancora all’inizio, no? Non si può che peggiorare.
Ovviamente le persone del nord hanno sbagliato a fuggire, mi sembra pleonastico dirlo, ma non meritavano il trattamento ricevuto. Le persone del sud hanno ragione ad essere spaventate, ma non bisogna giustificare atti di razzismo con la paura; è per la stessa paura che le persone del nord sono fuggite al sud.
La paura non è una scusa a compiere atti da matrice irrazionale. Con la matrice della paura possiamo giustificare da cose meno gravi come “l’assalto ai supermercati” ai vari casi gravi di razzismo e violenza nei confronti della comunità asiatica in Italia. La paura nasce dall’ignoranza; aver paura è sicuramente lecito, ma giustificare ogni cosa con “eh, è la paura” no.
Inoltre la denuncia di certi casi è il primo passo per combatterli, l’indifferenza non ha mai portato a nulla di buono. Fare i memini sì ma parlare delle conseguenze di questa situazione no?
Questa situazione non fa altro che dimostrare quanto dannatamente fragile sia il nostro paese, ognuno non fa altro che guardare al proprio piccolo orto incolpandoci a destra e manca non pensando alle conseguenze naturali che avverranno presto; il nostro paese è bloccato, al livello internazionale stiamo venendo isolati e ghettizzati, la nostra economia ne risentirà con l’imminente calo del turismo del bel paese.
E in tutto questa confusione chi ne paga di più sono sempre gli ultimi: anziani, malati, persone che non sanno a chi lasciare i figli mentre sono a lavoro, famiglie completamente isolate e piccoli imprenditori con le attività allo sfacelo.
Note finali:
Se mi volete linciare per questo post mettetevi in fila, nel mio istinto da giurista i dibattiti mi esaltano, le polemiche sono nel mio DNA, i vostri inulti sono la mia forza.
Pace, amore e amuchina per tutti.
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Ciao terroni
Ciao terroni, come va? Mi ricordo di voi, eravate quelli che arrivavano con il treno e la valigia di cartone, scendevate a Torino o a Asti e vi piazzavate davanti al municipio: «Vogliamo una casa». Eh, bravi. La fate facile. Altro che 35 euro al giorno. Parlavate di «diritti», ma i doveri? «Ma noi venivamo a lavorare». Cazzate. Non avevate voglia di far niente. Il terrone, piccolo, scuro e con i baffetti, non aveva voglia di fare un cazzo. Se proprio entrava in fabbrica, nel tempo libero andava al bar a giocare a carte. Il piemontese, nel tempo libero dalla fabbrica, andava nei campi, nelle vigne: il terrone niente. D’altronde, si sa, ad Alba, negli anni in cui ero ragazzino, i primi ’80, si sapeva che Ferrero e Miroglio, le due aziende più grandi, erano state costrette ad assumere meridionali, controvoglia, perché i piemontesi erano finiti. Stavate in via Maestra, a gruppetti, a fare non si sa cosa, noi dovevamo abbassare lo sguardo perché altrimenti arrivava il «Che cazzo hai da guardare?» ed erano botte. Vi chiamavate Di Gangi, Cotilli, Esposito, Caruso, Rizzo, Di Gianbartolomei, Romeo. Venivate dalle popolari, picchiavate, sia nei cessi delle medie che alle feste di paese. Noi, se dovevamo insultare qualcuno, lo chiamavamo «tarrone». Nemmeno terrone, ma con la a, perché in piemontese si dice «tarùn». Gazzetta d’Alba nel 1963 titolava «Voteranno anche 200 meridionali», alle politiche imminenti, questi oggetti sconosciuti, questi esseri che chi lo sa cosa vogliono, e chissà che cosa votano. In ogni compagnia c’era il terrone buono, ognuno di noi aveva uno zio acquisito (si specificava: «Acquisito, eh!»), venuto su perché militare, o una zia acquisita perché lo zio di sangue era avanti con gli anni e prendeva moglie giù, per non rimanere zitello. Quelle volte era un distastro. «Ma chiel lì a l’è ‘n napuli», quello lì è meridionale, si specificava con stupore, quando si aveva notizia di qualcuno che s’era innamorato e sposava un terrone. «Ma noi vogliamo bene a tutti», se proprio si voleva giustificare il nipote, o il figlio, se proprio si era di buon cuore, si diceva, senza rendersi conto di quanto in realtà vi disprezzavamo: perché, di grazia, si deve puntualizzare di «voler bene a tutti», che cos’hanno di male quelli nati a Trani o a Potenza, per il solo fatto di essere nati a Trani o a Potenza? Spacciavate. Sì, terroni, spacciavate. Si leggeva la cronaca e se c’era un reato era sicuro che il colpevole si chiamava Di Gangi, Caruso, Rizzo, Di Gianbartolomei, Pasquale o Rocco o Salvatore di nome. «Eh, son tutti di loro», commentavamo. Perché quelli buoni, dicevamo, non venivano su. Su, al nord, veniva la feccia. Il palermitano gran nobile, o il napoletano gran giurista, quelli mica venivano, quelli rimanevano giù. Mica scemi. Qui venivano i delinquenti. Qualcuno, timido, provava a dire: «Eh, ma laggiù c’è la mafia», e tutti gli altri ribattevano: «Appunto. Invece di stare laggiù a combattere la mafia, preferiscono venire qui a non fare un cazzo». Oppure a fare quei lavori che noi schifavamo: i secondini, i carabinieri, l’impiegato pubblico, il bibliotecario, quelli non sono lavori, sono remunerazioni in cambio di qualche ora passata in qualche posto. Lavorare è un’altra cosa: è nel privato che si lavora, nel pubblico non si fa un cazzo, e noi del nord andavamo nel privato, mica nel pubblico. «Non si affitta a meridionali» perché voi terroni dicevate di essere in due e poi eravate in sette, c’erano Ciro, Salvatore, Cosimo, Calogero, Mimì, Totò e insomma affittavi a uno e ne trovavi dieci. Ognuno di noi aveva il terrone buono, dicevo, l’amico – proprio come il ne*ro eletto in Senato per la Lega, o l’altro buono che la comunità del mantovano ha deciso di adottare: quello è terrone ma è mio amico. Le nostre nonne dicevano: «È della Bassa, MA è una brava persona». Insomma ci facevate schifo, come gruppo, di tanto in tanto qualcuno di voi, come quando addomestichi un animale, ci era magari simpatico. Oh, mica è passato troppo tempo. Vent’anni fa ci furono i gazebo per l’indipendenza della macro-regione del Nord, si dibatteva se un marchigiano era un terrone e andava fatto affondare nei debiti della sanità, o salvato nella gloriosa Padania. Un laziale, mi dispiace amici laziali che ce l’avete con i napoletani e li chiamate terroni, era un terrone. Vi schifavamo. Poi è cambiato qualcosa: sono arrivati i ne*ri, e allora abbiamo trovato qualcosa da schifare ancora di più. Ci pensavo stasera, terroni: i ne*ri sono riusciti là dove non è riuscito Cavour: a fare gli italiani. Insomma, fatta l’Italia – diceva Massimo d'Azeglio – rimaneva da fare gli italiani. Eccoli, eccoci: ci siamo scoperti fratelli così, dandogli al ne*ro. Però io sono del nord, e mi ricordo, terroni, che ci facevate proprio schifo. Forse non ve l’abbiamo detto abbastanza, non siamo stati efficaci, perché aveste saputo con quanto disprezzo siete stati nostro malgrado accolti, forse oggi non votereste Salvini, avreste timore soltanto a nominarlo, il ministro dell’Interno. Invece mi pare che lo votiate senza problemi. Secondo me, terroni, dovreste vergognarvi a votare Salvini. Almeno quanto noi del nord, certo, dovremmo vergognarci anche soltanto per averle pensate, certe cose. Quelli sono conti nostri che continuiamo a fare, o almeno: che qualcuno nel privato fa. Ma voi, terroni, Salvini proprio no. Comunque, contenti voi. È un pensiero così, ascoltando in metro un uomo dal forte accento del Sud dire che tutti i ne*ri spacciano, che dovrebbero essere ammazzati. Buona serata, napuli.
Marco Giacosa
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19 apr 2021 18:15
I GIORNALI STANNO CREPANDO E A NESSUNO FREGA NULLA - A FEBBRAIO CONFERMATO IL TREND NEGATIVO SULLE VENDITE, CON UN CALO DEL 15%: SENZA UN SOSTEGNO PUBBLICO LA STAMPA È DESTINATA AD AFFONDARE, MA LO STATO LATITA E I POLITICI FANNO ADDIRITTURA IL TIFO PER LA CHIUSURA DEI QUOTIDIANI "NEMICI" - GLI ABBONAMENTI DIGITALI NON BASTANO A TAPPARE LA FALLA: GLI SPORTIVI BRUCIANO FINO A 40% DELLE COPIE, ANNO SU ANNO...
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Sergio Carli per www.blitzquotidiano.it
I GIORNALI CONTINUANO A PERDERE COPIE
Le vendite in edicola dei giornali quotidiani in Italia nel mese di febbraio 2021 hanno confermato il trend di gennaio con un calo delle vendite del 15 per cento rispetto al 2020. A loro volta, gennaio e febbraio 2021 aggravano la percentuale di calo di dicembre, 14,8 percento.
Calo vendite giornali febbraio 2021, tutto avviene nel disinteresse più generale
Lo Stato latita, i politici sarebbero solo felici che i giornali chiudessero, resterebbero Facebook e la tv, che loro controllano. Il crollo delle copie vendute in edicola non è compensato dalla vendita delle copie digitali, cioè la versione pdf del giornale stampato su carta.
Alcuni numeri. Contro il milione e mezzo di copie (1.513 mila) vendute in edicola in gennaio 2021, si sono registrati 435 mila abbonamenti digitali. Sono 94 mila copie in più del 2020. Con tre problemi:
1. Gli abbonamenti digitali in più rappresentano poco meno di un terzo delle copie cartacee perdute, 300 mila. Le copie cartacee sono allo stato attuale 3 volte e mezzo gli abbonamenti digitali. Il rapporto si modificherà nel tempo. Ma c’è un effetto negativo sui ricavi. Ecco perché…
2. Le copie vendute in edicola rendono all’editore l’80% del prezzo di copertina, quelle digitali rendono fra il 70 e il 50% e forse, nel caso delle campagne promozionali, anche meno.
3. La vendita di copie digitali è concentrata in 3 testate (se leggo bene le tabelle di Ads): Corriere della Sera, a quota 93.621, Repubblica, con 53.530, Fatto con 27.650. Vuol dire che tre quotidiani che valgono complessivamente un quinto del mercato cartaceo, vendono poco meno di metà delle copie on line.
Se continua così, quindi senza sostegno pubblico, i giornali sono destinati a morire. Non tutti, forse, ma quasi. Nel Sud sono ridotti al lumicino. Gli sportivi perdono fino a 40% delle copie, anno su anno.
ra gli altri, si contano sulle dita di una mano quelli che guadagnano qualche copia. Ma parliamo di poche poche copie, lasciate stare le percentuali.
VENDITE GIORNALI FEBBRAIO 2021, LA TABELLA
2021
2020
2021 sul 20
ADIGE (L’)
9.917
9.481
1,04
ALTOADIGE
5.067
7.485
0,67
ARENA (L’)
19.190
19.604
0,97
AVVENIRE
5.425
20.427
0,26
CENTRO (IL)
9.367
10.197
0,91
CORRIERE ADRIATICO
9.077
10.741
0,84
CORRIERE DELLA SERA
162.404
174.239
0,93
CORRIERE DELLE ALPI
4.153
4.192
0,99
CORRIERE SPORT – STADIO
36.761
56.252
0,65
CORRIERE SPORT-STADIO LUN.
46.172
68.623
0,67
CORRIERE Umbria/VT/RI/Sabina/AR/SI
4.879
7.924
0,61
DOLOMITEN
6.059
5.406
1,12
ECO DI BERGAMO (L’)
17.008
18.286
0,93
EDITORIALE OGGI
3.007
4.101
0,73
FATTO QUOTIDIANO (IL)
30.795
23.379
1,31
GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO (LA)
8.387
13.840
0,60
GAZZETTA DEL SUD
11.181
14.850
0,75
GAZZETTA DI MANTOVA
12.651
13.634
0,92
GAZZETTA DI MODENA NUOVA
5.443
6.317
0,86
GAZZETTA DI PARMA
14.806
14.889
0,99
GAZZETTA DI REGGIO
6.276
7.051
0,89
GAZZETTA SPORT (LA)
76.295
121.819
0,62
GAZZETTA SPORT-LUNEDI (LA)
92.289
135.513
0,68
GAZZETTINO (IL)
36.069
38.208
0,94
GIORNALE (IL)
38.943
39.769
0,97
GIORNALE DI BRESCIA
16.451
16.304
1,00
GIORNALE DI SICILIA
6.901
9.853
0,70
GIORNALE DI VICENZA (IL)
16.887
17.416
0,96
ITALIA OGGI
7.717
16.225
0,47
LIBERO
22.486
24.566
0,91
LIBERTA’
14.724
15.326
0,96
MANIFESTO (IL)
7.792
7.043
1,10
MATTINO (IL)
18.423
22.608
0,81
MATTINO DI PADOVA (IL)
12.635
13.797
0,91
MESSAGGERO (IL)
52.386
63.732
0,82
MESSAGGERO VENETO
30.489
31.695
0,96
NUOVA DI VENEZIA E ME. (LA)
5.964
6.681
0,89
NUOVA FERRARA (LA)
4.851
5.047
0,96
NUOVA SARDEGNA (LA)
21.345
24.169
0,88
NUOVO QUOTIDIANO DI PUGLIA
6.273
8.826
0,71
PICCOLO (IL)
14.293
15.878
0,90
PROVINCIA (CO-LC-SO) (LA)
14.296
15.301
0,93
PROVINCIA DI CREMONA (LA)
10.429
10.843
0,96
PROVINCIA PAVESE (LA)
8.478
9.446
0,89
QN-Il Giorno
21.981
30.463
0,72
QN-Il Resto del Carlino
71.153
75.088
0,94
QN-La Nazione
47.693
53.571
0,89
REPUBBLICA (LA)
117.341
128.690
0,91
SECOLO XIX (IL)
27.344
32.418
0,84
SICILIA (LA)
7.275
10.614
SOLE 24 ORE (IL)
34.698
36.944
0,93
STAMPA (LA)
74.941
86.398
0,86
TEMPO (IL)
8.071
10.836
0,74
TIRRENO (IL)
25.659
29.750
0,86
TRIBUNA DI TREVISO (LA)
7.804
8.317
0,93
TUTTOSPORT
26.151
35.697
0,73
TUTTOSPORT LUNEDI’
26.265
40.451
0,64
UNIONE SARDA (L’)
27.156
28.370
0,95
VERITA'(LA)
25.661
23.648
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mercato
1.513.634
1.812.238
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Mujeres que no perdonan - Camilla Läckberg
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Mujeres que no perdonan - Camilla Läckberg
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Sinopsis de Mujeres que no perdonan:
Camilla Läckberg, una de las autoras de novela negra más leídas del mundo, con 26 millones de ejemplares vendidos en 60 países, se aleja de sus series de Fjällbacka y Faye y nos regala su novela más negra y adictiva: Mujeres que no perdonan, una historia cargada de tensión, suspenso y giros impredecibles. Ingrid, Victoria y Birgitta son tres mujeres muy distintas. Para el resto del mundo, llevan vidas aparentemente perfectas, pero las tres tienen algo en común: sufren en secreto la tragedia de vivir sometidas a sus maridos. Hasta que un día, llevadas al límite, planean, sin tan siquiera conocerse, el crimen perfecto.
«Una trama perfecta de una de las maestras de la ficción mundial.» La Repubblica «Una novela fascinante sobre tres mujeres que deberán enfrentarse a los hombres responsables de convertir sus vidas en un auténtico infierno.» La Gazzetta del Sud
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Libro Mujeres que no perdonan – Camilla Läckberg PDF
Detalles de Mujeres que no perdonan – Camilla Läckberg Fecha de publicación: 01/07/2020 | Idioma: Español | ISBN: 978-950-49-7086-6 | Código: 10261961 | Formato: 13 x 21,5 cm. | Presentación: Rústica con solapas | Colección: Fuera de colección | Traductor: Claudia Conde Fisas | Sentido de lectura: Occidental | Editorial: Editorial Planeta | Colección: Fuera de colección
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Caro voli: arrivano gli sconti sui biglietti aerei alle stelle da e per la Sicilia
Le tariffe sociali, nero su bianco, sulla Gazzetta ufficiale: l’incubo per i fuori sede sta per finire. Parla il viceministro ai Trasporti: «L’obiettivo è applicare sconti del 30% già dall’estate 2020»
La prima battaglia è vinta. Dopo la mobilitazione social a causa dei prezzi proibitivi dei biglietti aerei per trascorrere il Natale al Sud e l’iniziativa di “Unterroneamilano”, le tariffe sociali diventano realtà.
Cosa prevede la legge di Bilancio
Non più parole ma fatti. La legge di Bilancio 2020, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale, al comma 124, parla chiaro: è «riconosciuto un contributo per ogni biglietto aereo acquistato da e per Palermo e Catania» dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministro delle Infrastrutture e Trasporti (cioè entro i prossimi 60 giorni).
Cosa dice il comma 124
Al momento, quindi, come chiaramente specificato, le tariffe sociali riguardano soltanto chi viaggia da e per la Sicilia.
Chi ne beneficerà
A beneficiarne saranno studenti universitari fuori sede, disabili gravi, lavoratori dipendenti con sede lavorativa fuori dalla Regione siciliana e con un reddito lordo annuo non superiore ai 20mila euro e i «migranti» per ragioni sanitarie.
Cosa dice il comma 125
La legge di Bilancio, dunque, autorizza la spesa di 25 milioni di euro per il 2020. Ora toccherà al ministero competente stabilire l’esatta quantificazione dello sconto, le modalità e i termini di rimborso per gli utenti.
L’intervista al viceministro dei Trasporti
«Abbiamo mantenuto l’impegno. Questo è solo il primo gradino verso una normalizzazione del costo dei biglietti aerei. Un tema che non intendiamo mollare». A parlare a Open è il viceministro deii Trasporti Giancarlo Cancelleri (M5s) che si è battuto per le tariffe sociali.
«Il mio obiettivo è quello di renderle operative già prima dell’estate 2020 visto che il problema si ripropone soprattutto per chi vive al Nord e vuole riabbracciare i propri cari, al Sud, per le vacanze estive e natalizie».
Lo sconto – ci anticipa – «sarà del 30%» ma non si esclude che, numeri alla mano, possa aumentare col tempo: «È la prima volta che si fa una cosa del genere in Italia, non sappiamo che risposta avremo, quindi intanto partiamo col 30%, poi si vedrà».
La prossima battaglia? «La continuità territoriale anche se non sarà facile, non solo per l’Ue ma anche per le eventuali coperture finanziarie che ci vorrebbero per garantire prezzi bassi per tutti i residenti in Sicilia». Battaglia condivisa anche da Italia Viva.
FONTE: open.online
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Un brav’uomo, amava sua moglie, è stato un raptus: e la stampa salva il carnefice “Una vita non proprio fortunata e lineare; orafo, aveva perso il lavoro, si arrangiava come poteva, non aveva neanche un macchina, si spostava con una bicicletta un po’scassata”: sembra il racconto della vita di qualcuno che ha subito una sorte infausta, magari è stato vittima di qualcuno. Invece è tutto il contrario: l’ex orafo, nella cronaca del giornale La Stampa, è Giorgio Venturelli, autore dell’omicidio, a colpi di martello, di Ambra Pregnolato a Valenza a maggio di quest’anno. Siamo nel 2020 – parliamo infatti dei femminicidi di quest’anno, non di trent’anni fa – eppure neanche il noto giornale piemontese riesce a evitare uno degli errori più frequenti, e incomprensibili, della cronaca dei femminicidi: empatizzare con l’omicida invece che con la vittima. Non è l’unico, gli esempi sono a dozzine: ha “il volto provato” e la “voce sofferente” l’omicida Michele Marotta, tormentato di aver ucciso la moglie Maria Tedesco a tale modo da aver “provato a togliersi la vita nel tentativo estremo e assurdo di pareggiare il conto” (Edizioni Caserta, novembre). La Gazzetta del sud definisce Antonio De Pace, autore dell’omicidio in aprile della fidanzata Lorena Quaranta tramite strangolamento, “un assassino confuso e spaesato”, mentre il quotidiano on line Alto Adige riporta le parole dell’assassino Antonio Vena (la vittima è la compagna Alessandra Cità, uccisa a Milano a colpi di fucile) in questo modo: “Sono disperato, la amo ancora e sono distrutto”. Frequente e inspiegabile è, nella cronaca dei femminicidi, l’indulgere sulla presunta vita tranquilla o integerrima dell’autore di violenza, (come nel recente caso di Alberto Genovese definito dal Sole24ore, quotidiano costretto poi a una marcia indietro, “un vulcano di idee”). “Una vita integerrima, mai una denuncia, mai un gesto sbagliato”: così Il Resto del Carlino definisce l’esistenza di Giovanni Laguardia, 69 anni, originario di Matera che ad ottobre ha ucciso, sempre a martellate, la moglie Vera Mudra. Anche Alberto Accastello, marito di Barbara, Gargano uccisa a novembre con i figli, è un operaio che, secondo La Repubblica, “lavorava moltissimo. Mai un’assenza, sempre presente”, mentre Franco Dellapina – “boscaiolo schivo e geloso”, secondo il titolo della Gazzetta di Parma – era un “un appassionato cacciatore, molto legato alla terra e alla tradizione da più generazioni”. Almeno fino a prima di uccidere la moglie Anastasia a luglio a colpi di pistola. Anche Franco Necco, assassino sia del figlio Simone che della moglie Bruna De Maria a Beinasco, viene descritto, dalla Stampa, come un “uomo preoccupato per il figlio, un uomo per bene, ex agente di polizia locale per vent’anni, che il giorno prima scherzava con il negoziante di frutta”. Come se non bastasse suscitare pietà per chi ha sterminato donne innocenti, lasciando orfani i loro figli, i media italiani continuano a fare un secondo macroscopico errore, far sembrare l’omicidio una conseguenza delle scelte della vittima. Quasi sempre si tratta della decisione della donna di lasciare l’uomo, oppure si parla di relazioni molto travagliate, tese. L’errore è persino nei titoli: “Accoltella la moglie alla gola e poi si suicida: lei voleva lasciarlo”, scrive il Corriere della sera di Torino a proposto dell’omicidio di Anna Marochkina, uccisa dal compagno Andres Pedersen a Piossasco in febbraio. La Today riassume il brutale massacro ad opera di Alberto Accastello, che ad ottobre scorso ha ucciso la moglie e i due figli, così: “Barbara Gargano voleva una nuova vita, per questo Alberto Accastello l’ha uccisa”. Secondo Leggo, invece. il femminicidio di Luana Rainone, uccisa “per motivi sentimentali”, si spiega così: “Lei lo pressava, voleva lasciasse compagna e figli”. Alcuni quotidiani arrivano persino a colpevolizzare la donna morta: “Uccide la moglie a martellate a Rimini: voleva sempre soldi, non ce la facevo più”: Il resto del Carlino racconta la vittima Vera Mudra quasi come un matrigna cattiva, “voleva che Giovanni si rimettesse a fare l’idraulico per poter dare a lei altro denaro”. Con il covid spuntano poi titoli che accostano assurdamente pandemia e femminicidio, quasi potesse esserci mai un nesso. “Messina, studentessa di Medicina uccisa dal compagno: dramma della convivenza forzata”: questa è la sintesi del magazine Blasting News dell’uccisione di Lorena Quaranta da parte del fidanzato Antonio De Pace a Furci Siculo, in aprile. La stessa vicenda è raccontata dall’Eco del sud con questo titolo: “Femminicidio Furci Siculo. De Pace: Temevo che Lorena mi avesse contagiato con il coronavirus”. Ma c’è anche Il Messaggero: “Uccide la compagna durante la notte con un colpo di fucile: il covid li costringeva a convivere”: la storia è quella di Alessandra Cità, uccisa con un fucile da Antonio Vena a Bressanone. Ma l’orrore di un linguaggio sbagliato non finisce qui: descrivendo l’omicida come pazzo, folle o patologizzando il movente, giornali e riviste finiscono per attutirne le responsabilità. Va ancora forte la parola, vuota di significato, “raptus”, magari “maturato in un quadro familiare fortemente segnato dalla malattia” (omicidio di Morena Designati a Palazzo Pignano a luglio, secondo La provincia di Crema.it); spessissimo poi l’omicida, come Michele Noto, body builder che ha ucciso a colpi di pistola Rosalia Misfud e la figlia di lei Monica Di Liberto a Mussomeli, è attraversato da “un’esasperata gelosia, una lacerante ossessione” (Il Fatto Nisseno). L’assassino è spesso “accecato dalla rabbia” – sempre Michele Noto, secondo Il Giornale di Sicilia – oppure, come nel caso di Lukas Oberhauser, autore dell’omicidio di Barbara Rauch, ad Appiano in marzo, sarebbe autore di un “folle gesto” (Alto Adige.it). La gelosia – che non è un movente, come non lo sono altre patologie – arriva fin dentro i titoli, come nel femminicidio Concetta Liuzzo a Montebello, uccisa dal marito a colpi di ascia: “Melo e Concetta erano una coppia stupenda, tragedia passionale per troppa gelosia” (Stretto web). A volte, poi, la vittima viene sminuita come se ciò rendesse l’omicidio meno grave. Così di Stefania D., uccisa in aprile, si racconta su La Stampa che era depressa e aveva psicofarmaci in casa, mentre la vita della prostituta Maria, uccisa a Roma a giugno, viene definita dal sito sito Globalist.it, in un articolo pieno di pathos, “una vita derelitta, un vuoto a perdere”. Ma l’errore è anche quello opposto: raffigurare la donna uccisa come perfetta ed esemplare, come se l’omicidio fosse essere meno grave in caso contrario o diverso. Bruna de Maria era “mamma, moglie e fedele dipendente comunale a Beinasco”, Concetta Liuzzo, sempre per Stretto web, era “donna di sani principi, dedita esclusivamente ai sacrifici per tirare avanti la famiglia, amava l’uomo della sua vita che le aveva dato due figli”. Per fortuna l’Ordine dei Giornalisti ha finalmente modificato, pochi giorni fa, il Testo unico dei doveri del giornalista, inserendo alcune norme da utilizzare nella cronaca di violenze e femminicidi: in particolare, l’invito è a usare un linguaggio rispettoso, corretto e consapevole, evitando sia gli stereotipi, sia termini che sminuiscano la gravità del fatto commesso. Ma basteranno questa indicazioni, in vigore peraltro dal 1 gennaio, a cambiare la cultura, e la testa, di chi spesso scrive di un tema così cruciale e delicato? E pure dei loro direttori e infine anche dei loro editori? di Elisabetta Ambrosi
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Mourir Sur Scène
Sono venuto a sapere dell’esistenza di Dalida quando la sua esistenza era finita da un paio di giorni. Mi trovavo nel bel mezzo della mia adolescenza, nonché della mia prima depressione consapevole. Ero stato depresso anche diversi anni prima, tipo quando Vasco Rossi aveva presentato Vita Spericolata a Sanremo e io guardavo i narcisi fiorire gialli nei vasi del mio terrazzo e associavo il loro profumo alla morte e mi chiedevo come la primavera potesse essere considerata la stagione della rinascita quando io desideravo soltanto morire perché il fatto che mio padre vivesse a più di 1000 km da me bambino mi sembrava una cosa mostruosa. Ma allora che ne sapevo che quella cosa nera avesse un nome? Avevo 10 anni. Alla fine di aprile dell’87, invece, di anni ne avevo 14, ed ero in salotto. Studiavo geometria e volevo buttarmi dal balcone. Arrivava il profumo dei tigli, abitavamo in centro, e il cielo era sempre azzurro di pomeriggio, ma io stavo in questa poltrona rivestita con una fantasia a fiori e pensavo solo a come farla finita. Non so perché non l’abbia fatto. Ah sì, dopo pochi giorni si andava in gita. La prima gita del liceo. Puglia. Sai che figata, ma era una speranza. Sentivo già che mi sarei rotto i coglioncini. Una settimana in un villaggio sul mare, a dormire in certi trulli avveniristici per l’epoca, dove però ero già stato anni prima, e che quindi per me non avevano nulla di avveniristico. Il futuro già passato, una costante della mia cosiddetta infanzia. Cosa mi ricordo di quei giorni? La mia vicepreside -che ora siede in parlamento e che con la sua mole fisica prima ancora che psicologica aveva quasi indotto al suicidio il marito, fuggito in un memorabile pomeriggio non si sa dove (Firenze) per salvarsi dall’ingombrante personalità della moglie e tornato poi con la coda tra le gambe- vicepreside che aveva preso alla lettera l’incarico datole da mia madre di sorvegliarmi, e perciò mi rompeva la minchia in ogni momento: e se avevo mangiato, e se non avevo mangiato, e se toccavo le tette a questa, e se quell’altro mi toccava il culo, e se volevo vedere gli ortodossi a San Nicola, il che però non andava bene perché lei fascistissima queste cose non le concepiva, e ognuno con la religione sua nella chiesa sua, e allora vaffanculo tu, la tua religione e tua figlia di cui facevo finta di essere innamorato alle elementari. E poi questo tizio dell’altra sezione che si chiavama Antonello e mi chiedeva se quel brufolo che mi era spuntato sotto il mento era perché mi segavo e voleva sapere se nel nostro pseudotrullo io Peppe e Rosario dormivamo ognuno nel suo letto oppure tutti nello stesso letto. Eh no bello, ci dormi tu con Rosario. Io semmai con Peppe. E sto pure a guardarlo mentre lui è addormentato e io sto sveglio e la stanza è invasa di schiuma da barba e uno scarafaggio cammina nella notte in questa marea bianca che ha distrutto il suo mondo e muore piano piano come voglio morire io. E anche le grotte di Castellana, dove tornavo dopo anni e che mi sembravano piccole e noiose, e soprattutto prive di minchiate decenti da comprare all’uscita, tanto che dovetti accontentarmi di una pietra, un quarzo affumicato che ancora sta nella mia stanza d’adolescente, e che mi è sempre sembrato infinitamente triste, specie se paragonato all’ametista viola presa anni prima da mio fratello, e alla rosa del deserto comprata all’epoca in cui io e lui ascoltavamo Alibi degli America e pensavamo che non ci fosse niente di più angosciante di una testa di bambola mozzata abbandonata in mezzo a un canyon sotto il sole del pomeriggio. In realtà qualcosa di più angosciante c’era, ed era tornare al paese e non andare a scuola e stare da mia nonna in un pomeriggio di pioggia, pioggia battente ed eterna, aprire la Gazzetta del Sud e leggere lì, mentre tutto il mondo era bagnato e grigio e maggio ti lacrimava dentro inesorabile, che questa tizia che faceva la cantante si era tolta la vita da qualche parte in Francia ed era stata famosa, ma così famosa che tu non ne sapevi nulla, non l’avevi mai nemmeno sentita nominare, non conoscevi neppure una sua canzone o una briciola dei cazzi suoi, e ti ritrovavi a invidiarla perché almeno si era tolta da quella pioggia e tu invece eri lì, a maggio, in una stanza col braciere, a fare i conti con la tua tristezza, che ti faceva piangere non perché era profonda, ma perché era una povera tristezza comune. Come posso non odiare maggio? Come posso non amare Dalì? Solo verso la metà di giugno si esce dall’ombra delle foglie di maggio, e non è detto che se ne esca. Sapete, quel verde buio, che ti impedisce di vedere anche te stesso, figurarsi il tuo futuro, e ti fa sembrare tutto senza speranza come in effetti è. Solo l’estate ti può salvare, e infatti proprio d’estate ho visitato la tomba di Dalì a Montmartre. Tantissimi anni dopo, quando anche maggio sarebbe diventato un mese sopportabile. Ed ho iniziato ad ascoltare le sue canzoni. Non le amo tutte, ma molte mi sono entrate dentro. Hanno una tale malinconia e un tale senso di amarezza, anche quando sono allegre, che sembrano riecheggiare il sorriso spento di un bambino morto.
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3 maggio 2008
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Una barriera corallina a Monopoli al largo della costa pugliese
"E' la prima mai scoperta nel Mediterraneo"
È l’eccezionale scoperta dei ricercatori del dipartimento di Biologia dell’Università di Bari: "Come quelle che popolano i fondali delle Maldive o di Sharm el Sheikh, nel Mar Rosso: era davanti ai nostri occhi"
Una barriera corallina al largo di Monopoli. Come quelle che popolano i fondali delle Maldive o di Sharm el Sheikh, nel Mar Rosso. È l’eccezionale scoperta dei ricercatori del dipartimento di Biologia dell’Università di Bari, guidati dal direttore Giuseppe Corriero, annunciata dalla Gazzetta del Mezzogiorno. Una scogliera corallina in cui i sub si sono imbattuti fra i 40 e i 55 metri di profondità, a circa due chilometri dalla costa del comune a sud di Bari. Ma l'ipotesi degli studiosi è che il fronte della barriera possa estendersi anche ben oltre, seppure non in modo uniforme: in direzione del capoluogo pugliese, da un lato, e fino a Otranto, dall’altro. “È la prima volta che nel Mediterraneo scopre una barriera così, con caratteristiche molto simili a quelle di memoria equatoriale”, dice il professor Corriero al quotidiano pugliese. E aggiunge: “L’aspetto paradossale è che ce l’avevamo davanti agli occhi e non l’abbiamo mai vista”. Fino a tre anni fa – le ricerche sarebbero partite allora – quando il docente si è imbattuto in “qualcosa di strano” e ha voluto vederci chiaro. Se il modello sembra identico a quello di marca equatoriale, a rendere unica la barriera corallina pugliese sarebbero almeno due peculiarità. La prima: la profondità di circa 50 metri, stando a quanto riferisce l’esperto. Quindi l’habitat e i suoi colori: “Nel caso delle barriere delle Maldive o australiane – continua Corriero – i processi di simbiosi tra le madrepore (animali marini che costituiscono i banchi corallini) sono facilitati dalla luce, mentre la nostra barriera vive in penombra e quindi le madrepore costituiscono queste strutture imponenti di carbonato di calcio in assenza di alghe”. Ecco, dunque, i colori più “soffusi, dati da spugne policrome con tonalità che vanno dall’arancione al rosso, fino al viola”. Alla ricerca hanno partecipato anche studiosi delle Università Tor Vergata di Roma e di quella del Salento, con robot e particolari tecnologie di immersione. E per difendere il tesoro nascosto, gli stessi ricercatori avrebbero già “allertato informalmente” l’Ufficio parchi e tutela della biodiversità della Regione. Lo scenario che si apre da oggi, in termini di economia del turismo e di tutela del mare, è sotto gli occhi di tutti
di CENZIO DI ZANNI
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ASCOLI PICENO – Un incontro in cui il Prefetto si è impegnato a convocare i soggetti istituzionali, territoriali e di categoria, interessati alla problematica. E’ il risultato immediato ottenuto dalla Cna di Ascoli e delle altre associazioni di rappresentanza per l’autotrasporto, che hanno incontrato il Prefetto di Ascoli per manifestare allarme e preoccupazione per la situazione della categoria “intrappolata” nella morsa della crisi, ormai decennale del settore del trasporto su gomma, e dalle ultime vicissitudini infrastrutturali con cui sono costretti a convivere gli autotrasportatori del sud delle Marche e del nord dell’Abruzzo.
“Il Centro studi della nostra Cna regionale – spiega Francesco Balloni, direttore della Cna Picena – ha appena elaborato i dati che riguardano la categoria. Dal 2009 al 2019 il Piceno ha perso ben 132 imprese operanti nel trasporto. Erano 665 dieci anni fa, oggi sono 533. Un calo di quasi il 20 per cento che rischia di essere ancora più marcato se non verranno presi provvedimenti immediati per la situazione infrastrutturale della nostra zona”. Allarme cui fanno eco, anche loro presenti all’incontro in prefettura, Roberto Galanti, di Pmi-Autotrasporto e Claudio Donati, di Assotir. “La risposta immediata del Prefetto – è il commento di Galanti – ci fa sperare. Noi abbiamo avanzato proposte alternative alla disastrosa situazione attuale dell’A14 ma confidiamo che si possa passare al più presto dalla fase emergenziale a quella di un vero e proprio rilancio della categoria”. Tesi condivisa anche da Donati: “La categoria è allo stremo e piccoli interventi possono solo allungarne l’agonia. Certo nel Piceno ora abbiamo bisogno di un sostegno immediato per evitare un’ulteriore emorragia delle imprese, ma non ci sarà comunque futuro se non si metterà mano concretamente a una politica di rilancio del trasporto su gomma”.
Piceno che, sempre per quanto riguarda l’autotrasporto, manifesta problemi anche riguardo l’età di immatricolazione dei mezzi, a riprova delle gravi difficoltà di tutto il comparto. Sempre in base alle statistiche elaborate per a Cna di Ascoli del Centro studi della Cna regionale delle Marche, infatti, quasi il 43 per cento dei mezzi ha un’età operativa compresa fra 10 e 20 anni. Addirittura circa il 28 per cento ha più di trent’anni di strada sulle spalle. E solo poco più di un quarto ha meno di 10 o di 5 anni di vita. Stesso discorso per il discorso ambiente. I veicoli più inquinanti, da Euro Zero a Euro Due, sono quasi il 40 per cento di tutto il parco mezzi dell’autotrasporto Piceno. E solo poco più dell’8 per cento possono essere classificati nella più nuova e meno inquinante categoria Euro 6. “Problemi che si assommano a problemi e che rischiano ulteriori delocalizzazioni delle imprese superstiti – commenta Luigi Passaretti, presidente della Cna di Ascoli – Problemi come quelli, A 14 a parte, della bretella Ascoli-Mare da mesi perennemente con lavori in corso. E via, andando verso la zona montana, con le problematiche ancora esistenti per raggiungere dal Piceno l’Umbria e il Lazio”.
E sul fronte dello svecchiamento del parco mezzi, la Cna segnala che sulla Gazzetta Ufficiale numero 250 del 24 ottobre 2019 è pubblicato il Decreto che stabilisce le modalità di erogazione degli incentivi per l’acquisto di veicoli industriali a basso impatto ambientale e delle unità di carico intermodali.
Il Decreto elenca gli acquisti finanziabili:
– Veicoli industriali nuovi con alimentazione a gas naturale compresso, ibrida diesel-elettrica e completamente elettrica con massa complessiva superiore a 3,5 tonnellate e fino a 7 tonnellate e veicoli a trazione elettrica superiori a 7 tonnellate (che ricevono 4000 euro per il Cng e l’ibrido e 10mila euro per ogni elettrico da 3,5 a 7 tonnellate e 20mila euro per ogni elettrico superiore a 7 tonnellate)
– Veicoli industriali nuovi alimentati a gas naturale compresso o liquefatto e con sistema ibrido diesel-elettrico con massa complessiva superiore a 7 tonnellate e fino a 16 tonnellate (che ricevono 8000 euro a veicolo) e superiori a 16 tonnellate (che ricevono 20mila euro a veicolo)
– Dispositivi che convertono l’alimentazione da termica a elettrica nei veicoli con massa complessiva di 3,5 tonnellate (che ricevono un contributo pari al 40% dei costi, con un massimo di mille euro per veicolo)
– Veicoli industriali diesel con motore Euro VI e massa complessiva superiore a 7 tonnellate, ma solo a fronte della rottamazione di un veicolo con massa complessiva pari o superiore a 11,5 tonnellate (con un contributo di 5000 euro per l’acquisto di veicolo da 7 a 16 tonnellate e di 12mila euro per l’acquisto di veicolo oltre 16 tonnellate)
– Veicoli commerciali con motore Euro 6D-temp con massa complessiva pari o superiore a 3,5 tonnellate e inferiore a 7 tonnellate (con un contributo di 2000 euro per veicolo)
– Rimorchi e semirimorchi nuovi per il trasporto combinato strada-rotaia che rispondono alla normativa UIC 596-5 e per il combinato strada-mare con ganci nave che rispondono alla normativa Imo purché abbiano un dispositivo innovativo elencato in un allegato al Decreto (con un contributo del 10% del costo per le medie imprese, del 20% per le piccole imprese, con un massimo di 5000 euro per unità, e di 1500 euro per le grandi imprese)
– Rimorchi, semirimorchi e equipaggiamenti per veicoli con massa superiore a 7 tonnellate adibiti al trasporto a temperatura controllata secondo le norme Atp e conformi allo Stage V, oppure sostituzione in queste unità di equipaggiamenti conformi a Stage V (con un contributo del 10% del costo per le medie imprese, del 20% per le piccole imprese, con un massimo di 5000 euro per unità, e di 1500 euro per le grandi imprese)
– Gruppi di otto casse mobili e un rimorchio o semirimorchio per trasportarle (con un contributo di 8500 euro per ogni insieme).
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MOVIMENTO 10 IDEE PER LA CALABRIA: il Sud sempre più penalizzato
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MOVIMENTO 10 IDEE PER LA CALABRIA: il Sud sempre più penalizzato
MOVIMENTO 10 IDEE PER LA CALABRIA: il Sud sempre più penalizzato
MOVIMENTO 10 IDEE PER LA CALABRIA: il Sud sempre più penalizzato Lente Locale
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R. & P.
Nella Gazzetta Ufficiale del 19/06/2019 è stato pubblicato il DPCM 10/05/2019 recante “Modalità di verifica del volume complessivo annuale di stanziamenti in conto capitale delle Amministrazioni centrali proporzionale alla popolazione nelle regioni del Sud.” Tale DPCM scaturisce dall’articolo 7-bis della legge n. 18/2017 che prevede l’adozione di un decreto in cui si definiscano le modalità per verificare se le Amministrazioni Centrali destinino effettivamente agli interventi nelle regioni meridionali un volume complessivo annuale di stanziamenti ordinari in conto capitale proporzionale alla popolazione di riferimento (il famoso 34%) o conforme ad altro criterio relativo a specifiche criticità individuato nel Documento di economia e finanza su indicazione del Ministro per il Sud. Le amare sorprese per il Meridione si scoprono nelle definizioni. Infatti nella definizione di “popolazione di riferimento” si legge: “l’insieme degli elementi che sono oggetto del programma di spesa in conto capitale, ovvero l’insieme delle unità in favore delle quali viene effettuata la spesa, ripartito territorialmente in modo da distinguere la quota attribuibile al territorio composto dalle Regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna da quella relativa a resto del territorio nazionale. In assenza degli elementi e unità afferenti al programma di spesa, di cui al periodo precedente, per «popolazione di riferimento», si intende la popolazione residente al 1° gennaio dell’anno più recente resa disponibile dall’ISTAT”. Fantastico, gli abitanti diventano “elementi, ovvero unità in favore delle quali viene effettuata la spesa”. C’è da capire se con questa frase contorta il legislatore si riferisca ai LEP (livelli essenziali di prestazione) oppure se si conferma per l’ennesima volta la truffa della ripartizione delle risorse sulla base del numero di persone (elementi? Unità?) che ricevono il servizio, dunque la famosa spesa storica (ad esempio chi ha molti posti letto negli ospedali riceve più soldi, chi ne ha pochi si deve tenere quelli senza possibilità di aumentarli). Solo in subordine alla mancanza degli “elementi e unità” si deve applicare il 34% al Sud, violando di fatto le indicazioni della UE, che il 17/03/2016 ha approvato la petizione popolare n.748/2015 proposta dal movimento Unione Mediterranea col coordinamento dell’ing. Roberto Longo, ora esponente di 10 Idee per la Calabria, che l’ha presentata a Bruxelles chiedendo appunto che i fondi ordinari venissero ripartiti in rapporto alla popolazione residente. E l’Unione Europea nel mese di settembre ha ulteriormente richiamato l’Italia al rispetto della distribuzione dei fondi su base demografica. Ancora: “per «altro criterio relativo a specifiche criticità», si intende il criterio di riferimento stabilito dalla legge ovvero oggetto di intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, o di Conferenza Stato-citt�� ed autonomie locali”. In caso di assenza di legge sull’argomento da parte del Governo il tutto viene dunque rimandato alle solite battaglie tra le Regioni, generalmente vinte dalle Regioni più industrializzate a discapito di quelle più povere. Se le nostre preoccupazioni fossero vere, ci rendiamo conto che con la Lega al Governo ci potrebbero essere state delle spinte a rendere meno rigida l’applicazione del 34%, che il Ministro Lezzi aveva compreso essere di enorme importanza per il Sud facendone la sua battaglia principale; ma ora che la Lega è all’opposizione sarebbe il caso di rispettare pienamente le indicazioni di equità nei confronti del Mezzogiorno stabilite dalla Commissione Europea nell’approvazione della storica petizione n. 748/2015. Storica perché non si tratta di pochi spiccioli: negli anni scorsi veniva erogato al Sud circa il 20% del totale dei fondi ordinari (77 miliardi), con questa legge lo stato deve alzare la percentuale al 34% (130 miliardi) e l’incremento di 53 miliardi l’anno sarebbe certamente di portata storica senza precedenti. Questo significa che solo negli ultimi 3 anni, da quando è stata approvata la Petizione, al Sud sono stati sottratti circa 150 miliardi di euro; se facessimo i calcoli a partire dalla nascita della Repubblica capiremmo come al Sud siano state sottratte autostrade, ferrovie, aeroporti, scuole, ospedali, ecc., con la perfetta complicità dei politici meridionali. Allora basta ottenere il 34% per colmare quanto rubato in 65 anni (senza dimenticare i disastrosi 90 anni successivi all’unità d’Italia)? Per compensare parzialmente i furti del passato, al Sud dovrebbe essere dato almeno il 40% per i prossimi 15 anni. Sarebbe chiedere troppo? Non crediamo, ma almeno pretendiamo che si applichi da subito il 34% senza trucchi e furbate politiche. Rimarremo vigili controllori del rispetto della legge 18/2017, strumento indispensabile per rilanciare l’economia del Mezzogiorno, informando la popolazione e invitandola a non farsi abbindolare dal partito leghista che è nato allo scopo di mantenere ed accentuare i privilegi di cui gode il Nord Italia da 160 anni.
MOVIMENTO 10 IDEE PER LA CALABRIA: il Sud sempre più penalizzato Lente Locale
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MOVIMENTO 10 IDEE PER LA CALABRIA: il Sud sempre più penalizzato Lente Locale
Simona Ansani
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Ovviamente si è rivelato tutto un bluff, come potete vedere dai video. Già annunciato il licenziamento di poligrafici e in un secondo momento…
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