#Romanzo Grafico
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thejackind · 3 months ago
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««« La Società, l'Associazione, la Galleria d'arte sono di imminente apertura. Vi presento la Sede! »»»
Buondì, questo è «il primo video».
È stato realizzato sul momento, appena ricevuto i libri che vedrete nel video. Senza tagli e solo pause man mano che riprendevo.
Si è trattato di un primo passo elettrizzante per CIATU E CIURI con una casa editrice dal catalogo incisivo, la KLEINER FLUG! Il reel è ringraziamento per aver creduto nel mio progetto!
La lunghezza del video non è quella qui pubblicata: è lungo il triplo: con svariati tentativi è sempre stato tagliato da Instagram e da TikTok (fino a qualche ora fa), e avendo TikTok sempre rimosso la musica da me selezionata potrete vedere il video integrale presto nel sito ufficiale ciatueciuri.it.
È in arrivo.
Tieni d'occhio le "stories"!
★★★
Segui @ciatueciuri e la sua rassegna culturale itinerante e diffusa #LaDiligenzaDelSapere. Segui @kleinerflug!
Attendi il prossimo post.
★★★
#CiatuECiuri
@dile_tralerighe.
#VOLUME_VIPPITA: #RetreatsWithAuthor / #RitiroConAutore.
#LaDiligenzaCiuri: #simposio, #learningcommunity.
#TriskelePuntoEnne: #galleriadarte.
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carmenvicinanza · 9 months ago
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Marjane Satrapi
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Marjane Satrapi, fumettista, regista, sceneggiatrice e illustratrice, con il suo lavoro illustrato ha dato voce all’Iran contemporaneo. 
È l’autrice del famosissimo Persepolis, il primo fumetto autobiografico sulla storia iraniana poi diventato un film, nel quale descrive la sua infanzia in patria e la sua adolescenza in Europa. La protagonista è una bambina, i suoi giochi, la scuola e la scoperta del rock, che si svolgono in mezzo all’ascesa del fondamentalismo religioso in Medio Oriente.
Una riflessione sui comportamenti legati alla superficialità e al pregiudizio che portano a identificare un paese, un’intera civiltà, con alcuni estremi, drammatici aspetti della sua storia recente.
Scritta con l’intento di “ribattere ai pregiudizi sul mio Paese senza essere interrotta” è la saga di una famiglia iraniana a Teheran tra il 1960 e il 1990.
Sua è anche l’immagine simbolo della lotta delle donne iraniane contro il regime: Donna, Vita, Libertà.
Nata a Rasht, il 22 novembre 1969, è stata educata secondo principi progressisti da genitori illuminati, che, per evitarle il clima oppressivo ed estremista del regime di Khomeini, l’hanno fatta studiare prima al Liceo Francese di Teheran e poi, ancora giovanissima, a Vienna, dove ha dovuto fare i conti con pregiudizio e razzismo nei suoi confronti.
Nel 1988, alla fine della guerra con l’Iraq, è tornata a casa e ha frequentato la Facoltà delle Belle Arti. Incapace di reggere il clima di censura e privazione delle libertà, terminati gli studi, si è trasferita prima a Strasburgo e poi a Parigi dove, frequentando l’Atelier des Vosges, gruppo di disegnatori e disegnatrici che hanno dato vita al movimento d’avanguardia della Nouvelle bande dessinée.
Nel 2001 è nato il suo capolavoro Persepolis che ha riscosso subito un grande successo grazie allo stile semplice e immediato del disegno, volutamente naif e talvolta elementare, sempre efficace.
Il libro ha venduto oltre tre milioni di copie in tutto il mondo ed è stato tradotto in oltre venti lingue. La storia ha assunto un carattere universale grazie all’astrazione conferita dal segno in bianco e nero e alla semplificazione delle figure. La forma del romanzo grafico è riuscita magistralmente a sintetizzare specificità culturali entrando in comunicazione con culture e età diverse.
Nel 2007 ne è stato tratto l’omonimo film d’animazione candidato al Premio Oscar nel 2008. Scritto e diretto da Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud è stato realizzato interamente a mano, secondo le tecniche più tradizionali, per ricreare il segno del fumetto.
Dopo Persepolis ha pubblicato Taglia e cuci, Pollo alle Prugne con cui ha vinto l’Oscar del fumetto al festival internazionale di Angoulême, Il sospiro, favole persiane, Il velo di Maia. Marjane Satrapi o dell’ironia dell’Iran.
La trasposizione filmica di Pollo alle prugne, in live action, del 2011, è stata presentata in anteprima alla 68ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Ha anche diretto The Voices (2014) e Radioactive (2019).
La sua ultima fatica letteraria è stata Donna, vita, libertà, in cui ha riunito esperti di storia,  politica e comunicazione e i più grandi talenti del mondo del fumetto per raccontare l’evento che ha segnato la storia contemporanea: l’uccisione di Mahsa Amini dovuta al pestaggio della polizia morale perché non indossava “correttamente” il velo. La morte della giovane ha scatenato in tutto l’Iran un’ondata di protesta che ha dato vita a un movimento femminista senza precedenti.
Marjane Satrapi  vive e lavora a Parigi, collabora con numerose riviste e cura una colonna illustrata per il The New York Times.
Nel 2024 è stata insignita del prestigioso Premio Principessa delle Asturie 2024 per la comunicazioni e gli studi umanistici per “la sua voce essenziale nella difesa dei diritti umani e della libertà“.
Nella motivazione, la giuria ha evidenziato che “è un simbolo dell’impegno civico guidato dalle donne. Per il suo coraggio e la sua produzione artistica è considerata una delle persone più influenti nel dialogo fra culture e generazioni“.
Nel ringraziare per il riconoscimento, Marjane Satrapi ha affermato: “approfitto l’opportunità per celebrare la feroce lotta del mio popolo per i diritti umani e la libertà. Oggi si onorano tutti i giovani che hanno perso la vita e a quanti continuano nella battaglia per la libertà in Iran“. E ha dedicato il premio a Toomaj Salhebi, artista di rap, condannato a morte per il suo canto alla libertà.
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micro961 · 3 days ago
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“GNA FACCIO PIÙ”: il dialetto romanesco diventa poesia con Veronica Evangelisti
La silloge poetica della scrittrice che con la lingua del cuore racconta storie di vita
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A gennaio 2025 è uscito “GNA FACCIO PIÙ”, la prima raccolta poetica della poliedrica scrittrice Veronica Evangelisti, una silloge in dialetto romanesco che porta il lettore a toccare con mano momenti di vita autentica, intrisi di sarcasmo e verità. Con uno stile diretto e schietto, le poesie affrontano temi che spaziano dalla quotidianità, alla società di oggi, fino alle emozioni più intime. Una narrativa poetica che Veronica ha sapientemente creato e costruito, attingendo al dialetto della sua città, Roma, che lei stessa definisce la “lingua del cuore”.
La silloge nasce da un’esigenza di espressione naturale dell'autrice, appassionata osservatrice delle persone e dei luoghi che la circondano. Veronica ha iniziato a scrivere le poesie per gioco, sperimentandole nei locali durante reading pubblici e scoprendo inaspettatamente l’entusiasmo di un pubblico eterogeneo. Molti componimenti trovano ispirazione nei viaggi, come quelli scritti tra Petra in Giordania, in aereo al ritorno da Cipro, addirittura sul Monte Olimpo, ma anche nei piccoli frammenti della vita quotidiana, come un pensiero sorto sul divano di casa davanti al camino.
Non mancano riflessioni critiche e ironiche sulla società moderna, sui social media e accenni di autoironia che rendono la lettura leggera e avvolgente. Ogni poesia è uno spaccato della complessità umana e sociale, raccontata con l’occhio arguto di una scrittrice che non teme di dire ciò che pensa.
La copertina e le immagini all’interno sono state create dall’autrice stessa. Infatti, Veronica ama fotografare posti e monumenti per poi ridisegnarli in chiave pop: un hobby che ha voluto inserire nella raccolta per dare un’impronta diversa a un libro del tutto nuovo. La prefazione è stata scritta da Stefano Tarquini, talent scout di poeti con il quale la scrittrice ha collaborato per un anno, nel gruppo Attacco Poetico insieme ad alcuni poeti della nazionale italiana calcio.
Acquista il libro
Veronica Evangelisti è un nome già noto nel panorama letterario. Nata a Roma nel 1983, si è diplomata all'Istituto Professionale Grafico Pubblicitario di Monterotondo. Autrice di romanzi, racconti e storie illustrate per bambini, ha debuttato nel 2018 con il romanzo “Un posto per Victoria”. Nel 2019 escono le raccolte di racconti in collaborazione con altri autori, “Ombre e I colori dell’anima” e nel 2020 il suo secondo romanzo“Donne Fenice”e i libri illustrati per bambinidi“Pina la lumachina” a cui sono seguite altre pubblicazioni partecipando inoltre a reading letterari, poetry slam e organizzando laboratori di scrittura. Con “GNA FACCIO DI PIÙ”, Veronica Evangelisti dimostra che la poesia in dialetto può essere universale e arrivare a tutti, dai più giovani ai meno esperti, trasmettendo emozioni sincere e senza filtri. Un libro pensato per chi cerca autenticità e un sorriso dal sapore romanesco.
Instagram: https://www.instagram.com/veronica_evangelisti/
Facebook: https://www.facebook.com/home.php
TikTok: https://www.tiktok.com/tiktokstudio/upload?lang=it-IT
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Torna John Freeman con un nuovo articolo-preview, tratto dal suo blog, che si riferisce ad un nuovo volume a fumetti, che sembra molto interessante.
Il noto fumettista scozzese-giapponese Sean Michael Wilson, infatti è stato nel Regno Unito ad inzio ottobre dell’anno scorso per promuovere il suo nuovo romanzo grafico, “La libertà prevarrà: La lotta di Abdullah Öcalan e del popolo curdo”, illustrato da Keko.
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afnews7 · 1 month ago
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Art Spiegelman: No, no, nessun romanzo a fumetti su Gaza
http://www.afnews.info segnala: Art Spiegelman sta chiarendo una notizia emersa per la prima volta su Hyperallergic a dicembre, secondo cui stava lavorando a un nuovo romanzo grafico su Gaza con Joe Sacco. L’autore di Maus vincitore del premio Pulitzer afferma che il suo commento su ciò a cui stava lavorando in quel momento è stato distorto da un fumetto di tre pagine a un “lavoro di lunghezza…
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queerographies · 2 months ago
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[Il capanno di Ash][Jen Wang]
Jen Wang torna con una storia toccante. Ash, un adolescente in cerca di sé, fugge dalla realtà per ritrovarsi in un luogo segreto. Un viaggio introspettivo tra paure, speranze e il cambiamento climatico.
Cambiamento climatico e identità in trasformazione: la storia di Ash e del suo rifugio Titolo: Il capanno di AshScritto da: Jen WangTitolo originale: Ash’s CabinTradotto da: Caterina MariettiEdito da: BAO PublishingAnno: 2024Pagine: 320ISBN: 9791256210466 La sinossi di Il capanno di Ash di Jen Wang Jen Wang torna al romanzo grafico con una storia allo stesso tempo delicata e tormentata. Ash…
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mannivu · 5 months ago
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Le ragazze del Pillar
Le ragazze del Pilar è un romanzo grafico in due parti che segue sei storie che si svolgono in parallelo, ma che si intrecciano solo brevemente. È quasi straniante vedere come i punti di contatto tra i vari protagonisti siano brevi e fugaci, ma non siano mai forzati per incastrarli necessariamente. Sono, invece, inseriti armoniosamente all’interno delle vite dei personaggi, nel loro sviluppo e…
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experience-made-chella · 8 months ago
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vintagebiker43 · 10 months ago
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Le recensioni che incoraggiano e mi spingono a provarci ancora in un genere che non va per la maggiore.
"Buonasera, oggi parliamo de "La fuggiasca" di Eugenio Bianchi.
È un romanzo fantapolitico, anche se poi questa fantapolitica (cosa che non accade di rado negli autori di questo genere) spesso è quanto viviamo nella realtà. Siamo nel 2063 e il mondo è diviso in tre blocchi: l'Unione, d'ispirazione socialista, guidata da Cina e Russia, la Federazione Democratica, costituita principalmente dai Paesi anglosassoni, Giappone e India, dall'identità fortemente laica e, per finire, la Pia Alleanza, una teocrazia tripartita (ebrei, cattolici e musulmani), dove le donne sono praticamente ammennicoli o gioielli da sfoggiare, un regime di cui lo scrittore mostra tutta l'ipocrisia.
Dicevamo di come la distopia molte volte sia vicina a noi più di quanto si possa pensare: «La guerra fredda non è mai finita, sono solo cambiati modi e interpreti. Però è sempre meglio di un conflitto armato>>, asserisce il presidente degli Stati Uniti Ferguson, frase probabilmente profetica se raffrontata con gli attuali rapporti tesi tra questi e la Russia.
La vertiginosa crescita demografica è un altro grande problema, rileva sempre Ferguson: <<Tuttavia, pur con le difficoltà che derivano dall’esplosione demografica degli ultimi due secoli, il grosso problema non sta nel reperimento delle risorse ma nel convincere chi le ha a spartirle con chi non le ha. Ad oggi è sempre stato impossibile convincere il ricco ad accontentarsi di essere, bada bene, solo ricco. Ovvero a non voler diventare oscenamente ricco>>. L'inquilino della Casa Bianca vuole "… un salario massimo che non vada oltre dieci volte il salario minimo; uguali opportunità e uguali compensi per uomini e donne; non saranno ammessi gli straordinari e nessuno, dirigenti compresi, dovrà lavorare oltre le trentacinque ore settimanali". Il presidente però viene ucciso da mano ignota.
Nello scenario politico internazionale Ue e Nato, in questo scacchiere, sono solo un ricordo, spariti, kaputt.
In questo mondo tripartito si muovono un famoso grafico, coinvolto, suo malgrado, in un complotto e una ragazza calabrese in fuga dal blocco delle religioni monoteistiche per rifugiarsi nella Federazione, stanca degli angusti confini culturali, due storie che finiscono col mischiarsi.
È un'opera la cui realizzazione, visto il nutrito numero di personaggi, comportava una non indifferente abilità nella loro gestione, dote che l'autore ha dimostrato di possedere, oltre alla capacità di raccontare questa storia con una prosa scabra, curata, che dimostra (non è l'unico esempio), come un testo possa essere pulito anche se autopubblicato, tanto per rifarci a una questione attuale: self publishing sì o no?
Per quanto detto è un romanzo che consiglio, in primis naturalmente agli amanti del genere, ma anche a chiunque voglia riflettere bene, in compagnia di un libro intelligente, sul mondo che abitiamo.
Dario Zizzo -
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lettieriletti · 1 year ago
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Jane – Volume Unico
Cosa succede quando la premiatissima sceneggiatrice de Il diavolo veste Prada decide di ambientare l’immortale trama di Jane Eyre di Charlotte Brontë nella New York dei giorni nostri? Se la storia diventa un romanzo grafico illustrato da uno dei più amati disegnatori del Nordamerica, il risultato sarà assolutamente strepitoso. Un piccolo gioiello amatissimo dalla critica americana, che ora arriva…
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agrpress-blog · 1 year ago
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Dodici anni di carriera editoriale, una quindicina di libri e una serie animata. Il fumettista Zerocalcare compie quarant’anni. Da quando, nel 2011, si è affacciato sulla scena editoriale, Zerocalcare - nome d’arte di Michele Rech, nato a Cortona (AR) nel 1983 - non si è fermato un attimo. Una carriera cominciata con un libro - La profezia dell’Armadillo - scritto per se stesso, per ricordare le emozioni connesse alla perdita di una cara amica. I libri La profezia dell’Armadillo. È uscito nel 2011 in edizione autoprodotta ed è arrivato nelle librerie di tutta Italia l’anno seguente. Zerocalcare racconta la storia di come ha appreso della morte di una cara amica, Camille, e di come è venuto a patti con il senso di perdita. Il libro, nelle sue varie edizioni, è stato ristampato più di trenta volte. Un polpo alla gola. È uscito nel 2012 ed è il primo romanzo grafico “longform” di Zerocalcare. Partendo dai tempi in cui era alle elementari, racconta gli anni della sua formazione scolastica in forma di mystery, poiché c’è uno scheletro misterioso a rendere inquietanti le ricreazioni dell’infanzia del piccolo Zerocalcare. Ogni maledetto lunedì su due. È uscito nel 2013 ed è la prima raccolta delle storie del blog di Zerocalcare, quelle che lo hanno reso celebre. Dalla storica Trenitaja ed i vecchi che usano il pc, questo libro contiene i primi anni del rosico, delle lamentazioni e delle piccole manie di un autore/personaggio che stava già diventando famoso. Dodici. È uscito nello stesso anno di Ogni maledetto lunedì su due ed è il racconto di un’invasione di zombie a Rebibbia. Zerocalcare cade da uno sgabello e trascorre tutta la storia privo di sensi, per permettere a Secco, Katja, Cinghiale ed agli altri personaggi di prendersi il ruolo dei protagonisti. C’è molta azione, è la prima volta che Zerocalcare non racconta solo di sé, ed è un libro atipico anche perché è il primo parzialmente a colori. Dimentica il mio nome. È uscito nel 2014 ed è la storia della rocambolesca vita della nonna di Zerocalcare, Huguette. «Molte delle cose che racconto in questo libro sono successe veramente», afferma l’autore in merito alla storia. Il libro è stato nella dozzina del Premio Strega 2015 ed ancora oggi è fra i suoi titoli più amati. L’elenco telefonico degli accolli. È uscito nel 2015 ed è la seconda raccolta delle storie del blog. Ormai noto, Zerocalcare racconta con ironia che la celebrità porta con sé più seccature che vantaggi e, in una storia inedita realizzata per questo volume, fa uno spassoso reportage sulla sua esperienza da «scrittore vero» al Premio Strega. Kobane Calling. Uscito nel 2016 dopo tre viaggi in Turchia, Iraq e Siria per documentare la resistenza dei curdi siriani sia all’Isis sia al regime di Assad, tradotto in nove lingue, ristampato a ciclo continuo, ha rafforzato ulteriormente la reputazione di Zerocalcare come narratore del reale e come lucido e acuto osservatore di alcuni fra gli snodi storici più importanti della nostra epoca. Macerie prime. È uscito nel 2017 ed è la prima parte di una storia corale sul senso di smarrimento della generazione dei trenta/trentacinquenni di fronte alle speranze disattese ed ai sogni non realizzati. È anche il libro in cui i personaggi di Zerocalcare mostrano i segni del tempo che scorre via (ad esempio, l’amico Cinghiale si sposa). Macerie prime - Sei mesi dopo. Uscito esattamente a sei mesi di distanza dal volume precedente per creare un effetto narrativo atipico (far coincidere il tempo passato del mondo reale e quello trascorso nella narrazione), ha una trama (in cui il filosofico Armadillo viene sostituito dal cinico Panda) che è fra le più amate dai lettori/lettrici di Zerocalcare. La scuola di pizze in faccia del Professor Calcare. Uscito nel 2019, è una raccolta atipica. Non più provenienti solo dal blog ma anche da numerose riviste («Wired», «Best Movie», «L’Espresso»), le storie spaziano dalla denuncia sociale alla critica cinematografica, a cura dell’egregio Professor Goffredo Calcare.
Scheletri. Uscito nel 2020, racconta una storia efferata e dolorosa avvenuta negli anni in cui Zerocalcare faceva finta di andare all’Università, mentre in realtà trascorreva le giornate sui vagoni della metropolitana di Roma. Il personaggio ha una vistosa cresta punk rossa, ma l’autore afferma/giura di aver distrutto tutte le foto in cui quella cresta la aveva davvero. A babbo morto. «Si tratta probabilmente dell'opera più dura mai realizzata da Michele Rech che usa immagini "pucciose", come direbbe lui, per raccontare gli anni di piombo tra bombe che uccidono innocenti, folletti impiccati e la distruzione di una generazione» (Luca Valtorta, «Robinson») «È cominciato come uno scherzo. Poi la cosa è cresciuta ed è diventata la favola di Babbo Natale che muore, sostituito da un improbabile Figlio Natale. Ora la nuova storia nera di Zerocalcare è un libro e anche un audiolibro. Ma a pensarci bene tutto è partito quando la mamma gli disse: Babbo Natale esiste finché ci credi. Cioè, a ben vedere: lo devi uccidere tu. Ed è così che si comincia a crescere» («la Lettura») Natale, i regali, il cenone, i parenti.... ma qualcuno ha mai pensato alle condizioni di lavoro dei folletti nella fabbrica di Babbo Natale? Zerocalcare sì, e ci racconta per la prima volta la scabrosa verità dietro al business della consegna dei regali. Bonus! Le anziane rider della Befana scioperano insieme ai minatori sardi (le cui miniere di carbone vengono chiuse perché nelle calze i bambini preferiscono trovare gli orsetti gommosi), per ottenere migliori condizioni di lavoro. Un libretto atipico uscito a Natale 2020, magistralmente colorato da Alberto Madrigal, e che racconta della successione alla guida della più grande azienda di giocattoli del mondo dopo la morte di Babbo Natale. Narrato come una favola moderna, si tratta in realtà di un forte atto di denuncia contro la globalizzazione ed i suoi effetti (a cominciare dal precariato). Un libro a metà tra favola (cinica) illustrata e fumetto. Sicuramente uno fra i libri più amari di Zerocalcare. Strappare lungo i bordi. La prima serie animata creata e diretta da Zerocalcare. Due episodi da trentacinque minuti l’uno con le voci di Zerocalcare medesimo e di Valerio Mastandrea. Ci ha lavorato per tutto il 2020 (compresi i periodi di lockdown più rigido) insieme al team di Movimenti Production, e nonostante sia il suo progetto che ha coinvolto più persone in assoluto, è una fra le storie più personali che abbia mai raccontato. In una narrazione costellata di flashback e aneddoti che spaziano dalla sua infanzia fino ai giorni nostri, Zerocalcare percorre un viaggio in treno con Sarah e Secco, gli amici di sempre, verso qualcosa di molto difficile da fare. Ogni capitolo della storia costruisce un tassello di un mondo fatto di poche certezze e di amicizie incrollabili. E quando tutti i tasselli saranno al loro posto, il mosaico sarà una sorpresa sia per il protagonista sia per lo spettatore/spettatrice.  Strappare lungo i bordi, proiettato in anteprima nel corso della Festa del Cinema di Roma del 2021, arrivò su Netflix nel novembre dello stesso anno. Niente di nuovo sul fronte Rebibbia. «Una sorpresa su cinque sarà una zaccagnata al fegato». Dalla condizione dei carcerati di Rebibbia nel corso della prima ondata della pandemia da covid-19 all’importanza della sanità territoriale, da una disamina approfondita sul fenomeno della cosiddetta “cancel culture” alla condizione degli ezidi in Iraq, questa raccolta di storie di Zerocalcare - uscita nel novembre 2021 - è fra le più “serie” della sua carriera, ed è impreziosita da una storia inedita di quasi cento pagine, sull’ultimo anno della sua vita, quando si stava occupando della sua prima serie animata -  la sopra citata Strappare lungo i bordi. Un libro importante, solo apparentemente fatto di storie disgiunte, che raccontano mirabilmente il biennio 2020/21 dal punto di vista del fumettista di Rebibbia. No Sleep Till Shengal. Libro vincitore del Premio Terzani 2023.
Il viaggio di Zerocalcare in Iraq, la fotografia di un momento geopolitico preciso, sovente trascurato dall'assordante indifferenza occidentale. Nella primavera del 2021 Zerocalcare si reca in Iraq, per far visita alla comunità ezida di Shengal, minacciata dalle tensioni internazionali e protetta dalle milizie curde, e documentarne le condizioni di vita e la lotta. Il viaggio si rivela difficile perché più volte la delegazione italiana viene respinta ai vari check point controllati dalle varie forze politiche e militari che si spartiscono il controllo del suolo iracheno. Questo libro a fumetti - uscito nell’ottobre 2022 - è la fotografia di un momento geopolitico preciso, in cui un manipolo di persone si oppone allo strapotere di chi chiama “terrorismo” ogni tentativo di resistenza, mentre gli assetti di potere cambiano lentamente, e il sogno del confederalismo democratico in un pezzetto troppo spesso dimenticato di Mesopotamia rischia di svanire per sempre, nell’indifferenza assordante dell’Occidente. Dopo il botto. «Un acuto osservatore della realtà che ci restituisce una descrizione profonda, acuta e mai banale del mondo attuale e di noi stessi facendoci sentire meno soli e, strappandoci un sorriso, anche dei più leggeri» (Tommaso Sacchi, Assessore alla Cultura del Comune di Milano) Il catalogo della grande mostra di Zerocalcare alla Fabbrica del apore di Milano (17 dicembre 2022 - 23 aprile 2023) è stato curato da Oscar Glioti e contiene, dopo un testo introduttivo di LRNZ, centinaia di disegni, moltissimi fra i quali rari e poco noti, che mappano la straordinaria produttività di Zerocalcare. Contiene anche la versione aggiornata della cronologia 1999-2022 (scritta da Oscar Glioti) che contestualizza Zerocalcare con una precisione dolorosamente chirurgica. Zerocalcare Animation Art Book. Uno sguardo divertito e divertente dietro le quinte di due fra le serie animate più amate degli ultimi anni. Tre anni, due serie animate. Il viaggio di Zerocalcare nel mondo dell’animazione viene raccontato per la prima volta in modo organico, con materiale inedito e mai visto prima: bozzetti, production art, foto e disegni preparatori, con interviste alle principali figure che hanno lavorato a Strappare lungo i bordi e Questo mondo non mi renderà cattivo. Uscito nel giugno 2023. Enciclopedia calcarea. Guida ragionata nell’universo di Zerocalcare. Un vademecum prezioso e approfondito per comprendere la psicologia del narratore e dei narrati. Una mappa emotiva del mondo di Zerocalcare. Per coloro i quali/le quali credono di saper tutto sui personaggi del mondo di Zerocalcare, potrebbe essere interessante mettersi alla prova con questo volume - uscito nell’ottobre 2023 -, introdotto da una storia inedita, in cui il fumettista di Rebibbia svela i retroscena che hanno portato alla creazione e alla definizione dei caratteri di quasi tutti i protagonisti dei suoi fumetti. Ogni voce è corredata da pagine a fumetti dedicate ai singoli personaggi Un lungo percorso a fumetti, quello di Zerocalcare, a cavallo fra lo humour ed il forte impegno civile.
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meiselgirl · 2 years ago
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Lo stile giapponese è l'esito di una lussuosa essenzialità. Mentre noi ci preoccupiamo di non mostrare mai abbastanza e sovraccarichiamo, il giapponese si preoccupa di non eccedere. In breve: noi abbiamo terrore del vuoto, loro orrore del pieno». Altra peculiarità è il segno grafico stilizzato, essenziale e incisivo, che caratterizza l'espressione artistica giapponese.
L'interesse degli europei per l'arte dell'Asia Orientale ebbe inizio dal tardo Barocco. L'evento clou che determinò una crescita di interesse da parte degli occidentali verso l'Estremo Oriente fu l'apertura dei porti giapponesi avvenuta il 31 marzo 1854. Un anno dopo il Giappone sottoscrisse trattati commerciali con molti paesi europei. Con le Esposizioni Universali del 1862 a Londra e del 1876, 1878 e 1889 a Parigi, la pittura, la porcellana, le lacche e i tessuti provenienti dall'Estremo Oriente si diffusero in Europa. Come due vasi comunicanti, le due parti cominciarono a scambiarsi linfa e conoscenza. I primi segni dell'influenza esercitata dall'arte e dalla cultura orientali in Europa si riscontrano nella pittura degli impressionisti. Negli anni Venti, per reazione al decorativismo opulento dell'Art Nouveau, si torna a guardare al Giappone e alle sue forme austere e geometriche, alle lacche, alle giade: è l'Art Déco. Ma fin dall'inizio del secolo è giapponismo anche nella musica e nel teatro. Giacomo Puccini compone "Madama Butterfly", ispirandosi a un personaggio realmente esistito nel Giappone di fine Ottocento: lo ha recentemente rivelato il 43esimo Festival Pucciniano, invitando una pronipote di Tsuru, moglie di un mercante scozzese, vera ispiratrice del romanzo di John Luter Long, da cui Belasco trasse poi il dramma, che a sua volta ispirò l'opera a Puccini. Il Giappone detta i suoi canoni in fatto di gusto estetico. Già nei primi anni del Novecento il kimono domina la moda femminile; la lunga linea a S viene introdotta negli abiti parigini. Ma ciò che più affascina, tanto da venire imitata tra il 1860 e il 1900, è l'allure aggraziata delle donne giapponesi, il modo di indossare i kimono uno sull'altro, con il movimento ondeggiante della stoffa che trasformava continuamente l'andatura a piccoli passi, il busto leggermente reclinato in avanti. Le sete colorate, le lavorazioni asimmetriche, le straordinarie combinazioni cromatiche che riflettono la luce: il kimono entusiasmò il milieu culturale dell'epoca. Klimt eseguì innumerevoli disegni di donne in abiti simili al kimono ed egli stesso ne indossava nel suo atelier. E Sarah Bernhardt, Isadora Duncan, fino a Tina Modotti, ebbero tutte almeno un ritratto in kimono. I tagli geometrici, la struttura delle maniche, i soggetti ispirati alla natura che dominano le stampe influenzano inevitabilmente anche le creazioni dei grandi couturiers dell'epoca, da Worth a Madeleine Vionnet. Ma è nell'architettura che si sentono gli influssi più pregnanti. Ai primi del secolo, grandi architetti come Mies van der Rohe, Gropius, Frank Lloyd Wright, Le Corbusier guardarono al Sol Levante come fonte di nuovi spunti creativi, affascinati dal minimalismo strutturale tipico di laggiù. Che divenne la loro norma di base per la realizzazione di habitat essenziali quanto funzionali. Dalla loro ricerca nacque la cosiddetta "architettura organica", ideata per essere a misura d'uomo e nel rispetto della natura. Lo scultore Isamu Noguchi, di origine giapponese ma americano a tutti gli effetti, dagli anni Trenta fino al 1963 realizzava "stage set" per Martha Graham, collaborando con Merce Cunningham e George Balanchine: scenari perfetti per i gesti stilizzati della danza moderna.
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la-lettrice-testarda · 2 years ago
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Troppo facile amarti in vacanza, Giacomo Keison Bevilacqua
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“Beh, ma è a questo che servono le vacanze, no? Ad andare via per un po' da un posto, e cercare”.  “Cercare? Cercare cosa?"
Ho sempre pensato che entrare nel viaggio di qualcun altro, oltre che difficile, sia anche offensivo. È anche vero però come, chi scrive una storia, ci invita a prendere parte ad un viaggio come compagni. Giacomo Bevilacqua ci fa entrare nel viaggio di Linda e del suo cane, Follia, un viaggio da Roma al nord dove si inizia a camminare a pagina 1, ma che inizia a tutti gli effetti a pagina 30. Potrei dire che Troppo facile amarti in vacanza sia un “romanzo illustrato”, più che una graphic novel.
Consiglio: è un libro che va letto due volte, una per seguire la storia di Linda, l'altra (forse la lettura più bella) seguendo il volere di Bevilacqua: ciò che balza subito all'occhio è che ogni capitolo, dieci, sia il titolo di una canzone. In fondo ogni viaggio ha le sue note. Questo è un viaggio particolare che, seppur con la sua musica, ha dei lunghi spazi vòlti al silenzio. Quelle prime trenta pagine solo illustrano ne sono un esempio. In quegli "spazi bianchi" Linda, mentre cammina, riflette.
Riflette sul perché sia ​​così arrabbiata . La sua è una rabbia giovanile, un comune sentimento della nostra generazione. D'altronde il viaggio, qui, è una evidente critica al sistema che vede molti giovani lasciare il nostro Paese, alla ricerca di condizioni migliori, soprattutto lavorative. Questa sua rabbia si riflette nel paesaggio che la circonda, un'Italia post-apocalittica deserta, dove la natura si riprende il suo spazio (altra critica alla crisi ambientale che sta vivendo il nostro pianeta), e dove gli unici sopravvissuti non sono volti confortanti , ma individui grotteschi, stereotipati, incattiviti dall'esistenza.
Linda ha paura di loro, non lo nasconde, ma fa parte del gioco, cioè del viaggio. Lapsus ha voluto, in quanto l'incontro con queste figure è concepito, dall'autore, come una sorta di duello finale di un videogioco dove si vince la vita, e il viaggio non è altro che la missione di tutto il gioco. I paesaggi da lei attraversati, a livello grafico, hanno un impatto fortissimo, con intere tavole realizzate in campo lungo, dai colori che ricordano quelli di alcuni titoli famosi come Kingdom Hearts o Life Is Strange.
Colori cupi ma al contempo vivaci.
Questo è un contrasto voluto, d'altronde Linda stessa è animata da sensazioni contrastanti, che troveranno pace solo nell'incontro con Aman , un ragazzo più grande di lei nel quale la rabbia si è mutata in aspra dolcezza, dovuta alle dure prove allle quali la vita lo ha sottoposto: in lui, fabula e intreccio dell'intera storia si ricongiungono, facendoci capire il vero senso della storia.
Come nel migliore dei bildungsromance, il viaggio qui è a tutti gli effetti personaggio, anzi, proprio il compagno “di viaggio” di Linda, che arriva alla sua destinazione (forse, perchè in effetti, se sia arrivata o meno, rimane il mistero dei misteri) diversamente da come è partita, e proprio in questo viaggio, accompagnata nelle ultime pagine dalle note di Resistere de La Rappresentante di lista, capirà che la vita implica il dover imparare a convivere con la rabbia interiore, che può diventare capacità di resistere alle avversità della vita.
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afnews7 · 9 months ago
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Murale, non murales! Eh, dai...
Già ho passato anni a ricordare a destra e a manca che Graphic Novel è maschile per il banale fatto che si traduce Romanzo Grafico (maschile) e ovviamente non Novella Grafica (femminile). Ma non tutti parlano inglese, si sa, e potevano confondere novel con novella (sai, la faccenda dei “falsi amici”… lo sai, vero?). Alla fine siamo qui. Ok. Fate come vi pare, tanti saluti a Dante e alla…
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outoftuna · 8 years ago
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Joe Sacco, The Great War
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sguardimora · 3 years ago
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Un viaggio nel dispositivo scenico di “WOE - Westage of Events”: intervista a Giacomo Lilliù/COLLETTIVO ØNAR e Napo/LAPIS NIGER
In occasione della residenza creativa di Giacomo Lilliù/COLLETTIVO ØNAR e Napo/LAPIS NIGER a Osimo per WOE (prima cacofonia) ho incontrato i due artisti che con il progetto WOE – Westage of Events sono tra i  vincitori dal bando Residenze Digitali 2021 e presenteranno una prima esplorazione del lavoro in occasione della settimana delle residenze che si terrà dal 22 al 28 novembre. Il progetto si ispira alla rivoluzionaria graphic novel di Martin Vaughn-James, The Cage (1975), che sviluppa un racconto non lineare, privo di personaggi, dove dell’umano aleggia solo l’assenza. In un ambiente di realtà virtuale sviluppato graficamente, WOE rimodula quel panorama desolato in un deserto tridimensionale infinito per esplorare il territorio digitale che è entrato a far parte del nostro quotidiano ma che nasconde vaste zone d’ombra. 
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Come è avvenuto l’incontro fra COLLETTIVO ØNAR e LAPIS NIGER? È la prima collaborazione? Napo: Questo non è il primo progetto che pensiamo assieme ma è il primo che sta andando a compimento. Ci siamo incontrati durane un concerto degli Uochi Toki – gruppo di Napo/Lapis Niger e Rico – e Giacomo mi ha chiesto se volessi collaborare disegnando dei costumi: era il 2014. Giacomo Lilliù: Erano costumi per un Ubu re, pensati per essere totalmente non pratici. Ma non è andata e ci siamo lasciati così, in stand-by. Napo: Nel 2015 Giacomo mi ha invece proposto la graphic novel The Cage (di Martin Vaughn-James) da cui partiamo ora. Fin dalla prima lettura ho capito che da quel momento non avrei più disegnato come prima: la graphic novel è fatta da una vignetta al centro pagina, una riga di didascalia e niente altro. In parallelo Giacomo mi aveva anche proposto un workshop sull’impreparazione, Frattali frattaglie freestyle, che sarebbe poi confluito nello spettacolo Panismo da foglio bianco. Abbiamo raccolto le adesioni ma la pandemia ha bloccato tutto. Poi sono arrivate le Residenze Digitali.
Andando al progetto WOE – Westage of Events, qual è l’immaginario che sta nutrendo il vostro lavoro? Giacomo: Fin dal primo momento in cui ci siamo ritrovati nel 2015 per The Cage l’idea è stata quella di capire come l’immaginario del romanzo a fumetti si trasformasse in possibilità teatrale o performativa visto che Napo è sia performer che disegnatore. The Cage è una graphic novel senza personaggi e immaginare uno spettacolo senza persone che partisse solo dal tratto grafico mi è sembrata un’idea interessante da sviluppare, ai limiti dell’infattibile. Ovviamente c’è stata tutta l’esperienza degli Uochi Toki che sono partiti dai concerti disegnati per arrivare a quelli in VR: lì si è vista una possibilità di quell’immaginazione perché il concerto disegnato è un’illustrazione performativa. Al di là dell’action painting che non è proprio la stessa cosa, si procede con un’idea di ritmo anche drammaturgica: c’è, cioè, un concetto da rappresentare che si sviluppa e che si può assemblare secondo dei ritmi, ma anche per l’organicità del segno, per come appaiono le varie figure e tutto questo proviamo a renderlo teatrale. Napo: Inoltre, a parte la struttura, il contenuto di questa macro-opera è ancora più interessante ora perché non c’è l’elemento umano mostrato direttamente: in un momento in cui  la parola “umano” si ripete così tanto da fargli perdere significato ecco che noi andiamo a intercettare uno spazio dove c’è pensiero, ricordo e ci concentriamo su degli elementi meno antropocentrici, anche se la cacofonia, le rovine hanno dentro concetti sicuramente umani però almeno non devono essere rappresentati didascalicamente. Ora per la prova aperta di Osimo WOE – Prima cacofonia, formato in presenza, ci siamo chiesti se in scena dovevamo esserci anche noi e abbiamo deciso di starci. Il lavoro così può avere più diramazioni anche se è nato per stare su uno schermo.
Rispetto al progetto che cosa hanno tolto e che cosa hanno aggiunto le specificità dell’ambiente digitale scelto, che nel vostro caso è Twitch, al vostro processo creativo e di ricerca? Napo: Ciò che è stato tolto è stato tolto già dal fatto di spostare il progetto sul digitale, però io non sento questo come un togliere ma piuttosto come un canone dato: non c’è un palco, non c’è la presenza fisica. È come se qualcuno ti dà delle regole, altri canoni e questo ti porta a mettere in discussione lo status quo di come vengono fatte le cose a teatro; in più questo non è visto come qualcosa che tu proponi in ottica di rottura ma è la consegna stessa del bando. La mia percezione è che il digitale mi può dare molto di più di quello che può togliere; farlo su Twitch è una scelta fatta nell’ottica dell’interazione visto che era richiesta un’attenzione alla relazione con lo spettatore. La classica interazione con il pubblico che avviene a teatro non è possibile, ed è anche un elemento usurato, però l’interazione soft di persone che hanno la possibilità di intervenire in chat ci ha fatto riflettere anche su come poi utilizzare questi input. Se le persone interagiranno lo faranno ma non obbligate dalla struttura del lavoro; per noi queste scritture in chat possono diventare delle righe di testo che in tempo reale portiamo dentro la narrazione e possono diventare anche audio utilizzando le tecniche proprie dei musicisti elettronici che non sfondano solo la quarta parete, ma oltrepassano anche la quinta. Giacomo: Oltre alle residenze digitali, Twitch è per noi un terreno da esplorare, è molto più piazza e il potenziale spettatore che ti viene a seguire lì è molto variegato. Napo: Twitch è una piattaforma che ha raccolto varie sfere ma principalmente quella del gaming e noi proponiamo qualcosa che ha dentro una forte componente estetica vicina a quella del gaming che è la realtà virtuale, oltre ad avere entrambi un background di giocatori. La parte che non si vede dello spettacolo, quando noi costruiamo le scene, è spesso un riferirsi a qualche gioco, e da quel mondo vengono per ora alcune tracce della colonna sonora di WOE, anche se per il futuro immaginiamo musiche originali.
Come state lavorando alla relazione tra ambiente digitale, live art e scrittura drammaturgica? Giacomo: Dal punto di vista del rapporto con il live, questo è un ambiente creato in precedenza ma sul quale poi si può intervenire col disegno in tempo reale; per noi è molto interessante la questione della limitazione nel senso che quando agiamo con la voce agiamo solo con la voce, non c’è prossemica, ci si può forse avvicinare con dei tipi di pennelli che Napo utilizza su Tilt Brush e che reagiscono agli stimoli sonori, ma non è una reazione completamente controllata. La presenza performativa nel virtuale è molto più fantasmatica, bisogna saperla gestire in modo diverso. Ci sono esperimenti di drammaturgia della voce che stiamo facendo, ad esempio con pedali, processori o effetti che ci aiutano a compensare l’assenza del corpo, cosa che invece non accade quando sei su un palco. Napo: La parte drammaturgica è nata in una sessione di world building; fisicamente io ero seduto su una sedia ed ero nella realtà virtuale, mentre Giacomo era fuori, seduto su un’altra sedia di fianco a me. In questa fase di brainstorming nascevano le idee. Il tutto si è sviluppato a partire dalle immagini. È stato proprio questo mettersi uno fuori e uno dentro e dialogare che ha fatto nascere tutta la struttura. Siamo partiti da una vasca vaporwave con una miscellanea variegata di elementi che ci ha portato ad esempio a cattedrali o a sciami di banchi, abbinamenti improponibili che diventano possibili solo in un ambiente virtuale. Questo è il vero motivo per cui usiamo la VR, perché non c’è un altro mondo in cui questi oggetti diventano credibili, puoi raccontarli ma per vederli devi avere un mondo che ha delle sue regole. L’ambiente di lavoro è stato perciò per metà virtuale e per metà fisico e lì, la tensione del creare le cose, ha fatto nascere anche le basi della scrittura. Giacomo: Io fruisco da spettatore, non vivo l’esperienza da dentro come Napo, quindi quella facilità con cui crei uno sciame di banchi, che è un copia incolla di un oggetto tridimensionale che fa subito massa e subito riempie e si concretizza, dà una facilità e una libertà molto ampia su quello che si può fare, ma per me, da fuori, diventa anche una questione di autodisciplina: cioè se possiamo immaginare e creare così tante cose dobbiamo anche saper stare in ascolto di quello che la performance richiede, cercare di mettere in relazione cosa si può fare e cosa scegliere. Questo è quello che accade a me da fuori mentre da dentro gli input sono diversi. Napo: Per me si cancella l’inerzia della scenografia, che è l’inerzia della realtà perché quando vuoi costruire una scenografia ci vuole del tempo. Noi abbiamo scelto la realtà virtuale per la leggerezza delle cose che non esistono.
Per le residenze digitali quello che noi vedremo sarà come una sorta di viaggio dove lo spettatore osserva queste rovine nello spazio digitale. Il tema dell’osservazione delle rovine ha dato il via al costruirsi anche di uno sguardo turistico che nel caso del giovane rampollo europeo, che si costruiva un’identità nutrendo il suo immaginario con le rovine classiche dell’occidente, doveva essere solitario. Di fronte alle vostre rovine digitali che tipo di sguardo richiedete ai vostri spettatori e alle vostre spettatrici? Napo: Nelle parti che abbiamo abbozzato come scrittura fissa che contiene l’improvvisazione è stato difficile trovare il tono giusto perché non vogliamo accompagnare dei turisti, non vogliamo generare ulteriore turismo, né vogliamo che il peso di questa moltitudine di rovine schiacci le persone. Soprattutto non vogliamo un tono pessimistico da romanzo distopico quindi siamo giunti al punto di scegliere di alleggerire. Vorremmo mettere gli spettatori di fronte al fatto che la leggerezza con cui guardiamo le cose non fa altro che generare un’immensa discarica di ciò che è stato visto appena e subito abbandonato. Questa discarica non porta ad altro che a una desensibilizzazione e questo viene fatto presente chiaramente in un frammento del lavoro che in sintesi dice: “sei di fronte a una forza del passato, ma tu sei speciale perché non ne senti l’energia e questo non è da tutti”. Effettivamente quando uno spettatore guarderà e gli verrà detto questo ovviamente non sentirà nulla, a parte alcuni che possono soffrire della sindrome di Stendhal (ride), perché non è facile trovare la concentrazione che serve per raggiungere un completamento emotivo davanti a ciò che si guarda. Giacomo: A maggior ragione davanti al digitale, nel senso che è plausibile che mentre si assisterà a WOE si faranno altre cose, anche perché semplicemente l’orizzonte che si ha oltre allo schermo, il gatto che ti attraversa il tavolo, ti sposta l’attenzione. Lo sguardo in solitaria poi cambia la percezione dello stare di fronte alle cose: vedersi un museo quando è vuoto ti dà sicuramente stimoli differenti e questo il digitale un po’ lo può restituire se lo spettatore ha la disciplina di mettersi in quella condizione. Questo guardare inoltre è anche anti-teatrale perché il teatro è qualcosa che si fa in gruppo, quindi, c’è una bella dicotomia da esplorare. Napo: C’è anche la dicotomia tra il creare la condizione di non cambiare canale e il decidere cosa guardare: una persona si auto-educa davanti allo schermo oppure potrebbe chiudere e fare altro, richiede uno sforzo in più, anche se noi non cercheremo di evocare questa tensione al non cambiar canale perché è un po’ un ricatto. Giacomo: È una questione di educazione allo sguardo che non riguarda infatti solo il teatro ma anche il digitale dove il supporto è lo schermo e l’informazione passa dall’immagine o dalla parola scritta: il fatto che si crei una discarica ha a che fare con la facilità dello sguardo che ha tante cose su cui appoggiarsi e si lascia molto andare e quando, ritornando all’immagine di prima, si dice “caspita, sei speciale, non stai sentendo nulla di fronte a quest’opera”, si parla anche di questo.
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*Le immagini che accompagnano la conversazione sono state scattate durante il periodo di residenza in vista della prima prova aperta di WOE (prima cacofonia) avvenuta lo scorso 9 ottobre presso il Loop Live Club di Osimo .
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