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Maratea continua il tour per la presentazione della candidatura a Capitale Italiana della Cultura nel 2026. Milano accoglie la città a braccia aperte
Maratea continua il tour per la presentazione della candidatura a Capitale Italiana della Cultura nel 2026. Milano accoglie la città a braccia aperte. Ha fatto tappa a Milano, in Triennale, il 5 febbraio 2024, il Tour organizzato dal Comune di Maratea e dall'Agenzia di Promozione Territoriale della Basilicata per presentare la candidatura del comune lucano a Capitale Italiana della Cultura 2026. Milano ha accolto la candidatura di Maratea a braccia aperte, come la Statua del Cristo Redentore di Maratea fa con i suoi cittadini e la sua terra, e le parole usate dalle Autorità milanesi presenti sono state di forza e speranza per la suddetta vittoria. È una candidatura collettiva e diffusa, fatta di alleanze, non solo nel territorio lucano, quella di Maratea a Capitale Italiana della Cultura 2026. Maratea, destinazione 2026: attraverso le parole dell’Assessore al Bilancio e Patrimonio Immobiliare del Comune di Milano, Emmanuel Conte. “Il Sud e il Nord che si toccano è un tema politico e nazionale che emerge dalla candidatura di Maratea. Andiamo verso il 2026 con le Olimpiadi di Milano-Cortina, importante evento internazionale. Sarebbe bello associare al concetto “montagna/nord” quello “sud/mare” avendo Maratea Capitale Italiana della Cultura nel medesimo anno”. L’assessore Conte ha inoltre sottolineato i tratti che accomunano le due città e la volontà di creare sinergie e collaborazioni. “Milano – ha proseguito Conte - accoglie da sempre diverse culture, diversi popoli: fa parte della sua storia, ma fa parte anche della storia di Maratea che è stata crocevia di popoli e di culture che si sono integrate. Mi auspico il successo di questa candidatura collettiva che prevede numerose progettualità che possono lasciare un impatto storico ed economico importante, collegato a un turismo sempre più sostenibile e green che metta al centro il Mediterraneo, culla della civiltà.” Riflessioni condivise dal Sindaco di Maratea, Daniele Stoppelli. “Maratea si candida a Capitale Italiana della Cultura ed è tra le 10 città finaliste proprio perché forte della sua storia, una storia di 35 secoli che la vede come porta del Mediterraneo. Una città che ha saputo dimostrare a tutti di essere accogliente e che vuole dimostrare che la storia, il suo passato, non è altro che lo strumento per vivere bene il presente e per programmare un futuro fatto di grandi scambi culturali. Un futuro dove, con le Olimpiadi che si terranno a Milano Cortina nel 2026, il Nord incontra l'Europa e Maratea incontra il Mediterraneo”. Tutto questo può essere possibile grazie a progettualità importanti che, in una logica di alleanze diffuse, vedono nella candidatura anche il contributo di realtà milanesi e lombarde come illustrato da Marco Minoja, Direttore Fondazione Scuole Civiche del Comune di Milano e Riccardo Balbo, Direttore accademico Istituto Europeo Design (IED) e confermato da Stefano Rolando, Presidente del Comitato Maratea 2026 e Presidente della Fondazione Francesco Saverio Nitti. Alcuni suggerimenti a Maratea sono venuti da chi si è appena lasciato alle spalle un anno da Capitale Italiana della Cultura, ovvero Bergamo e Brescia. “La Capitale italiana della Cultura a Bergamo e a Brescia è stata una grande opportunità per la nostra Fondazione dal punto di vista degli impatti che un grande evento di questo tipo può avere sulla città”, ha dichiarato Stefano Karadjov, Direttore Fondazione Brescia Musei che ha aggiunto: “Per raggiungere un successo completo sono state necessarie alcune precondizioni, che mi sento di suggerire a Maratea, a partire dall'irrobustimento preventivo delle istituzioni culturali che già agiscono sul territorio”. Secondo Karadjov “perché la Capitale della Cultura non sia un evento effimero, ma trasmetta un'eredità per la comunità, ha bisogno di operatori forti, e deve puntare sulle istituzioni già attive e potenziarle piuttosto che identificare nuovi soggetti”. “Uno dei grandi traguardi – ha proseguito – è stato il processo partecipativo che ha portato alla definizione del programma. Un programma corale che ha visto in numerosi tavoli il coinvolgimento non solo delle fondazioni culturali, ma anche dell'associazionismo. È infine sui valori del patrimonio culturale materiale e immateriale di un territorio, su progetti identitari, più che su iniziative che vengono dall'esterno, che occorre fare leva per avere una risonanza nazionale e internazionale e per garantire impatti positivi duraturi”. E proprio a propositivo degli impatti e dell’eredità sul territorio stanno lavorando le istituzioni lucane. “La candidatura di Maratea a Capitale Italiana della Cultura 2026 può rappresentare una leva di sviluppo a cui partecipano non solo le realtà istituzionali, ma anche le realtà economiche e sociali” ha affermato Cosimo Latronico, Assessore Ambiente, Territorio, Energia della Regione Basilicata. “In questi giorni qui a Milano, in occasione della Borsa Internazionale del Turismo, vogliamo ribadire come le nostre risorse culturali e ambientali, ma anche la capacità delle comunità di assumersi le responsabilità dello sviluppo, possono essere una chance per realizzare quelle politiche di coesione che sono assai attese nei nostri territori”. Ne è convinto anche Antonio Nicoletti, Direttore APT della Regione Basilicata. “L’alleanza di Maratea con Milano-Cortina può sembrare ambiziosa, ma se accompagnata da passione e competenza può essere premiata. Lo possiamo dire da lucani dopo aver vissuto l’esperienza di Matera Capitale Europea della Cultura 2019. Matera si è affermata in Europa. Maratea ne raccoglie non solo virtualmente il testimone, perché è una città che è stata capace di valorizzare il proprio patrimonio paesaggistico, archeologico e architettonico e, grazie al programma della candidatura, di proiettarsi verso il futuro”. Hanno fornito il loro contributo su Maratea 2026: Capitale delle comunità anche Tommaso Ruggieri, Presidente Amici della Basilicata in Lombardia, Ermanno Tritto, Responsabile Relazioni Istituzionali Sogemi Spa e Giuseppe Lupo, Docente universitario e scrittore di origini lucane, già finalista del Premio Strega. La candidatura serve anche per riportare, almeno con il cuore, alla propria terra, quel milione di persone che per diversi motivi hanno lasciato la Basilicata e si ritrovano a vivere in altre parti del mondo. Da loro, attraverso centinaia di messaggi, Maratea trae un supporto fondamentale, che permette di arrivare all'audizione del 5 marzo con uno spirito diverso, con la voglia di vincere anche e soprattutto per coloro che non possono godere della bellezza della Lucania in prima persona. Il viaggio per l’Italia di Maratea, la Perla del Tirreno, tra le dieci città finaliste nella candidatura a Capitale Italiana della Cultura 2026, promosso dal Comune di Maratea e dall’Agenzia di Promozione Territoriale della Basilicata, prosegue a Roma, lunedì 19 febbraio e si concluderà a Potenza, giovedì 29 febbraio in attesa dell’audizione del 5 marzo presso il Ministero della Cultura. Questa candidatura porta ad una riflessione del territorio su se stesso e ciò, qualunque sia l'esito, deve essere presa come una vittoria e un'immensa opportunità per conoscere i punti di forza ma anche quelli di criticità, su cui si può lavorare per migliorare la città di Maratea. ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Sanità: in Calabria il presente e il futuro della reumatologia pediatrica
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/sanita-in-calabria-il-presente-e-il-futuro-della-reumatologia-pediatrica/
Sanità: in Calabria il presente e il futuro della reumatologia pediatrica
Sanità: in Calabria il presente e il futuro della reumatologia pediatrica
Diffondere ampiamente la conoscenza delle patologie reumatologiche in età pediatrica, coinvolgere i giovani e accogliere presenze prestigiose a livello nazionale e non solo: la XVII edizione del Congresso Nazionale del Gruppo di studio di Reumatologia Pediatrica della Società Italiana di Pediatria, svoltasi per la prima volta in Calabria, è stata un vero successo che ha consentito il raggiungimento degli obiettivi prefissati in fase organizzativa. Grande soddisfazione da parte della dott.ssa Maria Cirillo, responsabile del Centro di Reumatologia Pediatrica dell’Ospedale “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro, organizzatrice e Presidente del Congresso: “Si è trattato del più importante appuntamento in Italia per chi si occupa di Reumatologia Pediatrica. Abbiamo registrato tantissime presenze che ci hanno consentito di avere una platea sempre affollata, con relatori di altissimo rilievo, come il massimo rappresentante della reumatologia europea e nazionale, il prof. Alberto Martini, ed esponenti di spicco delle più prestigiose Scuole Reumatologiche Pediatriche Italiane, da Genova a Brescia, da Firenze a Roma, per citarne solo alcune. La novità è stata l’apertura ai giovani che hanno avuto modo di presentare casi clinici o lavori affrontati nelle loro sedi. Inoltre, sono state evidenziate le ultime novità in termini di trattamento terapeutico che possono prospettare ai bambini una vita normale.” “Le malattie reumatologiche pediatriche in Calabria – ha aggiunto la dott.ssa Cirillo – sono poco conosciute sia tra i laici che tra gli stessi medici. Il Congresso che siamo riusciti a portare nella nostra regione è il coronamento dell’impegno di tutti questi anni e il riconoscimento, a livello nazionale, che anche in Calabria la Reumatologia Pediatrica è presente. Il futuro? Contiuare a stringere rapporti con le eccellenze sanitarie del Centro-Nord per migliorare l’impegno di tutti e garantire ai nostri piccoli pazienti le stesse aspettative di cura che tutti i bambini devono poter fruire ovunque vivano.” Bilancio più che positivo anche per il prof. Angelo Ravelli, segretario del Gruppo di Studio Italiano di Reumatologia Pediatrica e, tra gli altri ruoli ricoperti, direttore della divisione di Reumatologia dell’Istituto Gaslini a Genova: “L’evento congressuale svoltosi lo scorso weekend all’Università Magna Graecia è stata un’occasione storica. In Calabria, fino a qualche tempo fa, non vi erano specialisti di Reumatologia Pediatrica; ora, anche in questa regione se ne parla grazie al lavoro della dott.ssa Cirillo, una professionista molto attiva, sia nell’assistenza clinica che nell’organizzazione di incontri di approfondimento”. “In queste giornate – ha sottolineato Ravelli – abbiamo discusso di molti progetti collaborativi che si svolgeranno nei prossimi mesi e ci sono state relazioni sui temi più attuali della Reumatologia Pediatrica. E poi tanti giovani che per la prima volta sono stati inviati come relatori e hanno dimostrato come la nostra disciplina sia viva e abbia un grande futuro davanti a sé.” LE DICHIARAZIONI DI ALCUNI RELATORI Prof. Alberto Martini, già direttore del Dipartimento di Pediatria e poi Direttore Scientifico dell’Istituto Gaslini fino a dicembre 2018 e, attualmente, professore ordinario di Pediatria e presidente della PRINTO (Paediatric Rheumatology International Trials Organization): “’E stato importante portare questo Congresso in Calabria che è una regione ricca di intelligenze e cultura che si sta uniformando ai livelli di eccellenza che la Reumatologia Pediatrica ha in Italia. Negli ultimi 10 anni la prognosi e le terapie relative a questo tipo di patologie è migliorata notevolmente e il contributo italiano a questi progressi è stato molto rilevante”. Dott. Nicola Ruperto, pediatra dell’Istituto Gaslini e componente della PRINTO (Paediatric Rheumatology International Trials Organization): “La rete di ricerca PRINTO – che abbiamo costituito 23 anni fa e raggruppa ad oggi circa 80 paesi in tutto il mondo e oltre 600 centri di reumatologia pediatrica – si occupa di studiare i farmaci che possono essere usati nella pratica clinica corrente e ha consentito di offrire tante alternative terapeutiche ai bambini. C’è da precisare che l’apporto dei medici del Sud in questa cooperazione è sempre molto significativo”. Prof. Francesco Zulian, professore associato di pediatria, responsabile del Centro di Reumatologia Pediatrica di Padova: “E’ positivo che la conoscenza di queste malattie venga affrontata in tutte le regioni d’Italia, in modo da evitare la migrazione dei pazienti verso il Nord. Ho relazionato sulle sindromi sclerodermiche che sono malattie rare che portano, in alcuni casi, alla morte o alla disabilità della zona interessata. La terapia prevede trattamenti immunomodulanti e immunosoppressivi per i quali il Gruppo taliano di Reumatologia Pediatrica ha molto contributo nella diffusione”. Dott. Marco Gattorno, pediatra reumatologo dell’Istituto Gaslini e presidente della Società Internazionale delle Malattie Autoinfiammatorie: “Ho trattato il tema del paziente con febbre mediterranea familiare, molto diffusa in Calabria e Sicilia dove ci sono episodi ricorrenti di febbre alta con dolori addominali. Si tratta di una malattia genetica che è importante riconoscere precocemente perché può avere importanti complicanze a lungo termine. Il trattamento storico è quello con la colchicina ma ora esistono nuovi farmaci biologici. Stiamo realizzando un registro nazionale-internazionale per poter facilitare il riconoscimento di queste patologie”. Dott. Antonella Insalaco, dirigente medico, con alta specializzazione in malattie autoinfiammatorie, all’Ospedale Bambin Gesù di Roma: “Per tantissimo tempo le forme di malattie autoinfiammatorie con febbre periodica hanno avuto come unico trattamento efficace la colchicina. Negli ultimissimi anni si è chiarita la patogenesi e si sono sviluppati una serie di trattamenti che possono migliorare la qualità di vita dei pazienti”. Prof. Rolando Cimaz, responsabile della UOC di Reumatologia Clinica Pediatrica all’Ospedale Gaetano Pini di Milano e professore ordinario di Reumatologia all’Università degli Studi di Milano: “Appuntamenti come questo Congresso servono non soltanto al confronto tra gli specialisti del settore ma anche a far cultura per i medici e pediatri del territorio. Nella mia relazione ho descritto il progetto ‘Hand to Hand’ che è stato realizzato negli ultimi anni tra reumatologi pediatrici e dell’adulto. Il nome significa procedere mano nella mano e riguarda il cosiddetto processo di transizione che accompagna l’adolescente nel passaggio all’età adulta e tutte le problematiche che possono insorgere”. Il concetto è stato ribadito dal prof. Clodoveo Ferri, già direttore della cattedra di Reumatologia dell’Università di Modena e Reggio Emilia: “E’ necessario un raccordo fra i medici dell’età infantile e quella adulta per poter seguire al meglio i pazienti. Fondamentale, poi, la diagnosi precoce che è possibile solo se si realizza una rete tra specialisti”. Dott. Marco Catallini, dirigente medico, ricercatore universitario e responsabile della Reumatologia Pediatrica dell’Ospedale Civile di Brescia: “Questo Congresso annuale è un appuntamento imperdibile per il nostro gruppo di studio. La Calabria è una parte importante della nostra rete. Io mi sono soffermato sulle interferonopatie, malattie rare con manifestazioni cliniche eterogenee per le quali si stanno sviluppando degli approcci terapeutici molto interessanti”. Dott. Gabriele Simonini, responsabile della Reumatologia Pediatrica dell’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze: “Noi reumatologi pediatrici siamo una comunità relativamente piccola e abbiamo bisogno di momenti di incontro e confronto come questo Congresso nel quale abbiamo avuto la possiblità di approfondire alcuni argomenti che spesso non si ha occasione di affontare. Sono intervenuto sulle caratteristiche di un farmaco sicuro, di rapido utilizzo e pronta managevolezza, l’adalimumab, che ha ancora il suo ruolo importante nel trattamento delle malattire reumatologiche pediatriche”. Dott.ssa Antonella Celano, presidente della APMAR Onlus (Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare): “La Calabria è spesso portata come esempio di sanità negativa, in realtà le professionalità ci sono e meritano di essere valorizzate perché sono fondamentali per limitare i viaggi della speranza; inoltre, occorre migliorare i servizi offerti”.
Diffondere ampiamente la conoscenza delle patologie reumatologiche in età pediatrica, coinvolgere i giovani e accogliere presenze prestigiose a livello nazionale e non solo: la XVII edizione del Congresso Nazionale del Gruppo di studio di Reumatologia Pediatrica della Società Italiana di Pediatria, svoltasi per la prima volta in Calabria, è stata un vero successo che ha consentito il raggiungimento degli obiettivi prefissati in fase organizzativa. Grande soddisfazione da parte della dott.ssa Maria Cirillo, responsabile del Centro di Reumatologia Pediatrica dell’Ospedale “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro, organizzatrice e Presidente del Congresso: “Si è trattato del più importante appuntamento in Italia per chi si occupa di Reumatologia Pediatrica. Abbiamo registrato tantissime presenze che ci hanno consentito di avere una platea sempre affollata, con relatori di altissimo rilievo, come il massimo rappresentante della reumatologia europea e nazionale, il prof. Alberto Martini, ed esponenti di spicco delle più prestigiose Scuole Reumatologiche Pediatriche Italiane, da Genova a Brescia, da Firenze a Roma, per citarne solo alcune. La novità è stata l’apertura ai giovani che hanno avuto modo di presentare casi clinici o lavori affrontati nelle loro sedi. Inoltre, sono state evidenziate le ultime novità in termini di trattamento terapeutico che possono prospettare ai bambini una vita normale.” “Le malattie reumatologiche pediatriche in Calabria – ha aggiunto la dott.ssa Cirillo – sono poco conosciute sia tra i laici che tra gli stessi medici. Il Congresso che siamo riusciti a portare nella nostra regione è il coronamento dell’impegno di tutti questi anni e il riconoscimento, a livello nazionale, che anche in Calabria la Reumatologia Pediatrica è presente. Il futuro? Contiuare a stringere rapporti con le eccellenze sanitarie del Centro-Nord per migliorare l’impegno di tutti e garantire ai nostri piccoli pazienti le stesse aspettative di cura che tutti i bambini devono poter fruire ovunque vivano.” Bilancio più che positivo anche per il prof. Angelo Ravelli, segretario del Gruppo di Studio Italiano di Reumatologia Pediatrica e, tra gli altri ruoli ricoperti, direttore della divisione di Reumatologia dell’Istituto Gaslini a Genova: “L’evento congressuale svoltosi lo scorso weekend all’Università Magna Graecia è stata un’occasione storica. In Calabria, fino a qualche tempo fa, non vi erano specialisti di Reumatologia Pediatrica; ora, anche in questa regione se ne parla grazie al lavoro della dott.ssa Cirillo, una professionista molto attiva, sia nell’assistenza clinica che nell’organizzazione di incontri di approfondimento”. “In queste giornate – ha sottolineato Ravelli – abbiamo discusso di molti progetti collaborativi che si svolgeranno nei prossimi mesi e ci sono state relazioni sui temi più attuali della Reumatologia Pediatrica. E poi tanti giovani che per la prima volta sono stati inviati come relatori e hanno dimostrato come la nostra disciplina sia viva e abbia un grande futuro davanti a sé.” LE DICHIARAZIONI DI ALCUNI RELATORI Prof. Alberto Martini, già direttore del Dipartimento di Pediatria e poi Direttore Scientifico dell’Istituto Gaslini fino a dicembre 2018 e, attualmente, professore ordinario di Pediatria e presidente della PRINTO (Paediatric Rheumatology International Trials Organization): “’E stato importante portare questo Congresso in Calabria che è una regione ricca di intelligenze e cultura che si sta uniformando ai livelli di eccellenza che la Reumatologia Pediatrica ha in Italia. Negli ultimi 10 anni la prognosi e le terapie relative a questo tipo di patologie è migliorata notevolmente e il contributo italiano a questi progressi è stato molto rilevante”. Dott. Nicola Ruperto, pediatra dell’Istituto Gaslini e componente della PRINTO (Paediatric Rheumatology International Trials Organization): “La rete di ricerca PRINTO – che abbiamo costituito 23 anni fa e raggruppa ad oggi circa 80 paesi in tutto il mondo e oltre 600 centri di reumatologia pediatrica – si occupa di studiare i farmaci che possono essere usati nella pratica clinica corrente e ha consentito di offrire tante alternative terapeutiche ai bambini. C’è da precisare che l’apporto dei medici del Sud in questa cooperazione è sempre molto significativo”. Prof. Francesco Zulian, professore associato di pediatria, responsabile del Centro di Reumatologia Pediatrica di Padova: “E’ positivo che la conoscenza di queste malattie venga affrontata in tutte le regioni d’Italia, in modo da evitare la migrazione dei pazienti verso il Nord. Ho relazionato sulle sindromi sclerodermiche che sono malattie rare che portano, in alcuni casi, alla morte o alla disabilità della zona interessata. La terapia prevede trattamenti immunomodulanti e immunosoppressivi per i quali il Gruppo taliano di Reumatologia Pediatrica ha molto contributo nella diffusione”. Dott. Marco Gattorno, pediatra reumatologo dell’Istituto Gaslini e presidente della Società Internazionale delle Malattie Autoinfiammatorie: “Ho trattato il tema del paziente con febbre mediterranea familiare, molto diffusa in Calabria e Sicilia dove ci sono episodi ricorrenti di febbre alta con dolori addominali. Si tratta di una malattia genetica che è importante riconoscere precocemente perché può avere importanti complicanze a lungo termine. Il trattamento storico è quello con la colchicina ma ora esistono nuovi farmaci biologici. Stiamo realizzando un registro nazionale-internazionale per poter facilitare il riconoscimento di queste patologie”. Dott. Antonella Insalaco, dirigente medico, con alta specializzazione in malattie autoinfiammatorie, all’Ospedale Bambin Gesù di Roma: “Per tantissimo tempo le forme di malattie autoinfiammatorie con febbre periodica hanno avuto come unico trattamento efficace la colchicina. Negli ultimissimi anni si è chiarita la patogenesi e si sono sviluppati una serie di trattamenti che possono migliorare la qualità di vita dei pazienti”. Prof. Rolando Cimaz, responsabile della UOC di Reumatologia Clinica Pediatrica all’Ospedale Gaetano Pini di Milano e professore ordinario di Reumatologia all’Università degli Studi di Milano: “Appuntamenti come questo Congresso servono non soltanto al confronto tra gli specialisti del settore ma anche a far cultura per i medici e pediatri del territorio. Nella mia relazione ho descritto il progetto ‘Hand to Hand’ che è stato realizzato negli ultimi anni tra reumatologi pediatrici e dell’adulto. Il nome significa procedere mano nella mano e riguarda il cosiddetto processo di transizione che accompagna l’adolescente nel passaggio all’età adulta e tutte le problematiche che possono insorgere”. Il concetto è stato ribadito dal prof. Clodoveo Ferri, già direttore della cattedra di Reumatologia dell’Università di Modena e Reggio Emilia: “E’ necessario un raccordo fra i medici dell’età infantile e quella adulta per poter seguire al meglio i pazienti. Fondamentale, poi, la diagnosi precoce che è possibile solo se si realizza una rete tra specialisti”. Dott. Marco Catallini, dirigente medico, ricercatore universitario e responsabile della Reumatologia Pediatrica dell’Ospedale Civile di Brescia: “Questo Congresso annuale è un appuntamento imperdibile per il nostro gruppo di studio. La Calabria è una parte importante della nostra rete. Io mi sono soffermato sulle interferonopatie, malattie rare con manifestazioni cliniche eterogenee per le quali si stanno sviluppando degli approcci terapeutici molto interessanti”. Dott. Gabriele Simonini, responsabile della Reumatologia Pediatrica dell’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze: “Noi reumatologi pediatrici siamo una comunità relativamente piccola e abbiamo bisogno di momenti di incontro e confronto come questo Congresso nel quale abbiamo avuto la possiblità di approfondire alcuni argomenti che spesso non si ha occasione di affontare. Sono intervenuto sulle caratteristiche di un farmaco sicuro, di rapido utilizzo e pronta managevolezza, l’adalimumab, che ha ancora il suo ruolo importante nel trattamento delle malattire reumatologiche pediatriche”. Dott.ssa Antonella Celano, presidente della APMAR Onlus (Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare): “La Calabria è spesso portata come esempio di sanità negativa, in realtà le professionalità ci sono e meritano di essere valorizzate perché sono fondamentali per limitare i viaggi della speranza; inoltre, occorre migliorare i servizi offerti”.
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SAN BENEDETTO – Si è svolta questa mattina alla base del molo nord la cerimonia “L’Approdo negato” in rticordo della tragedia del motopesca Rodi e di tutti i caduti del mare.
Erano presenti il sindaco di Sna Benedetto Pasqualino Piunti, il collega di Martinsicuro Massimo Vagnoni (tre delle vittime del Rodi, infatti, erano originarie del comune abruzzese), il comandante della capitaneria Mauro Colarossi ed il presidente del Circolo dei Sambenedettesi Rolando Rosetti. La benedizione del monumento “Il mare, il ritorno” è stata impartita dal Cappellano del Porto, don Giuseppe Giudici.
«Una ulteriore tragedia avveniva il 23 dicembre 1970: alle prime ore del giorno a circa tre miglia dalla foce del Tronto, veniva avvistata, capovolta, la nave da pesca oceanica “Rodi” di 500 tonnellate, iscritta al Compartimento di Messina, ma di base nel nostro porto.
La nave, dopo un lungo periodo di pesca, era rimasta alcuni giorni, per verifiche e lavori di manutenzione, in bacino di carenaggio a Venezia e da qui era ripartita alla volta di San Benedetto alle ore 17,30 di martedì 22 dicembre.Alle ore 19 circa, mentre era in navigazione, da bordo si comunicava con la radio costiera per segnalare mare grosso e forte vento di bora.
Poi un silenzio che veniva ritenuto come normale andamento della navigazione. Il primo drammatico allarme veniva dato poco dopo le ore 9,30 del 23 dicembre dalla petroliera “Mariangela Montanari” anch’essa in lotta con il mare in tempesta.
Il motopeschereccio “Conte Bianco” verso le ore 15,15 avvistava bombole e materiale di bordo, poi una barca rovesciata ed infine la chiglia del “Rodi’: Il motopeschereccio, nonostante le sempre più proibitive condizioni del mare, continuava le ricerche e verso le ore 16 i marinai scorgevano un cadavere alla deriva su un salvagente. Si tentava il recupero ma, purtroppo, il corpo ricadeva in mare inabissandosi. Sul salvagente la scritta che dava la tragica conferma: “Rodi — Messina’.
Dieci uomini si trovavano a bordo nel momento del naufragio: Di Felice Agostino — Miarelli Domenico — Liberati Giovanni — Mengoni Ivo — Ciarrocchi Marcello — Falaschetti Silvano di 16 anni — Palumbo Giovanni avrebbe compiuto 18 anni il giorno dopo la sua morte — Pignati Francesco di 19 anni — Alessandrini Antonio — Palestini Alteo.
Negli ambienti marinari, in tante case, si era vegliato tutta la notte mentre l’ansia e l’angoscia crescevano nelle famiglie dei dispersi e in tutti coloro che partecipavano con passione e con speranza all’evolversi degli avvenimenti.
Poi lo sgomento di una intera città, delle popolazioni del vicino Abruzzo (il comandante era di Martinsicuro ed un marinaio di Tortoreto Lido); il dolore dei congiunti e degli amici, le bandiere a mezz’asta su tutti i natanti della flottiglia sambenedettese ormeggiata nel porto; numerosi manifesti sui muri della città e la rabbia, tanta rabbia per la mancanza di un intervento immediato, sollecito, tecnicamente valido, perché, malgrado tutto, si sperava tenacemente che qualcuno dentro la nave potesse ancora essere vivo per una sacca d’aria di possibile formazione; perché almeno i corpi fossero ripresi, per sfogare tutta l’angoscia e tutto il pianto su di loro.
In tale convulsione e marasma di sentimenti e di emozione esplose la protesta in forma insolita, spontanea e con accenti di estrema gravità: sciopero generale ed azione convulsa nelle vie cittadine, bloccata la stazione di San Benedetto, con tronchi d’albero scaricati da un treno merci in sosta, e quella di Porto d’Ascoli; blocco anche sulla Statale Adriatica con una lunga fila di camion.
Non autorizzati ad uscire con motopescherecci, i pescatori sambenedettesi reagivano a loro modo. Si chiedeva che il pontone Micoperi iniziasse subito le operazioni di recupero e che le autorità si facessero garanti di tale sollecita, indispensabile operazione.
Ormai insabbiato, il “Rodi” era oggetto di ripetute ispezioni da parte di sommozzatori della Marina Militare di Ancona e degli incursori di La Spezia, appositamente chiamati a Pescara.
Ma le proibitive condizioni atmosferiche non permettevano ai 25 uomini-rana della Marina Militare di tentare una ricognizione nell’ interno dello scafo sia per il lento, progressivo insabbiamento del natante che riduceva la visibilità, che per la pericolosità dell’intervento.
Il 29 dicembre il pontone “Micoperi 30‘ al traino di due rimorchiatori, si portava a ridosso del “Rodi” ed iniziava la manovra per l’aggancio del relitto. I lunghi ganci della gru del pontone riuscivano ad imbracare l’asse dell’elica e ad estrarre in un primo momento la parte poppiera che era insabbiata per oltre cinque metri e successivamente, a tarda ora, tutto il “Rodi” veniva tratto in sospensione fuori dalle acque marine ed infine sistemato nel porto di Ortona.
A bordo del motopeschereccio nei giorni successivi proseguivano le esplorazioni pur tra grandi difficoltà per i gravi danneggiamenti interni e per la melma che si era formata in una settimana di inabissamento.
Venivano recuperate solo quattro salme: nei locali alloggi Giovanni Liberati e Silvano Falaschetti; nella sala macchine Alteo Palestini e Marcello Ciarrocchi. La messa funebre veniva celebrata dal Vescovo diocesano, mons. Vincenzo Radicioni, nella Chiesa dell’Adorazione dei Padri Sacramentini con la presenza di parlamentari, autorità regionali, provinciali e comunali.
Oltre diecimila persone partecipavano alle solenni onoranze che evidenziavano la spontanea e commossa partecipazione delle popolazioni della costa marco-abruzzese, nel ricordo costante di tutti i deceduti in mare degli anni passati». (prof. Ugo Marinangeli, tratto dal libro “Le Tragedie del Mare”)
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“Ora Puoi”, nuovo singolo dei Plus One
Nella vita siamo quello che facciamo, basta davvero poco, credere in se stessi e circondarsi di persone che ti fanno sorridere e stare bene e tutto può cambiare, anche un momento negativo. Ora Puoi è speranza e amore, dedicata a chi ancora vuole credere che si può vincere insieme e uniti!
Il pezzo, scritto presso lo “Studio Impatto” di Celso Valli, è stato riarrangiato, missato e masterizzato da Vincenzo “Vinx”, dei Vanilla Sky.
VIDEO “ORA PUOI”
https://www.youtube.com/watch?v=YdHrAG5xqVw&feature=youtu.be
I Plus One, nascono nel 2011.
Dopo avere concretizzato alcune tracce, la band dà vita a “Vi Butteremo Giù”, singolo forte e d’impatto, talmente particolare e provocatorio che viene preso in considerazione dall’etichetta discografica UNIVERSAL, che decide di scommettere su di esso.
I 4, tutti provenienti dal nord Italia, pubblicano quindi il loro primo singolo, accompagnato da un energico e divertentissimo video musicale.
Tutto questo dà alla band la possibilità di calcare palchi e suonare con gli “Zebrahead”, aprendo loro tutte le date italiane durante il loro tour del 2014 alLiveForum di Assago, Honky Tonky di
Seregno e Rock Planet di Pinarella di Cervia.
Nel febbraio del 2016 arriva il placo dell’ARISTON!
Durante il 66° Festival di Sanremo infatti la band è il supporto di J-Balvin durante la sua esibizione come ospite internazionale.
Influenze Punk, Pop e Rock e temi che trattano realtà attuali e storie di vita e cuori infranti, fanno di questo quintetto un gruppo di ragazzi con un’ energia travolgente e una passione fortissima per il divertimento sano e costruttivo!
PLUS ONE:
Paolo Correnti – Fabrizio Fabiano – Walter Bianchi – Alberto Rolando
www.facebook.com/plusoneband
www.sorrymom.it
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News from Manila #28 - 20 gennaio 2017
Carissimi Amici l’augurio a tutti Voi di un felice anno nuovo. Chiediamo al Signore che questo nuovo anno possa essere ricco di buoni frutti e di tante grazie che Lui nella sua bontà vorrà donarci.
Nelle Filippine abbiamo da poco concluso il periodo natalizio con la grandiosa festa del Santo Niño de Cebú (Santo Bambino di Cebú, città capoluogo della regione del Visayas Centrale). E’ una veneratissima statua del Bambino Gesù risalente al XVI secolo e conservata presso la Basilica Minore del Santo Niño nella città di Cebú. Probabilmente la più antica immagine religiosa esistente nelle Filippine, la statua fu donata come regalo di battesimo, nel 1521, dall'esploratore Ferdinando Magellano alla Regina di Cebú all'epoca della esplorazione del navigatore portoghese in quelle terre. I fedeli hanno festeggiato l'icona sacra la terza domenica di gennaio con una grande processione (tre milioni le persone presenti) che si svolge nella basilica di Cebú e in ogni località dove il Santo Niño è venerato. Anche noi nella nostra missione guanelliana di Quezon City abbiamo celebrato la festa del Santo Niño con i bambini che frequentano il nostro centro.
I Missionari italiani nelle Filippine
All’interno del quadro delle iniziative di animazione e di cooperazione la CEI (Conferenza Episcopale Italiana) ha organizzato nelle Filippine un incontro con i Missionari Italiani come segno di comunione e di dialogo tra la Chiesa Italiana e le Chiese locali. Nei giorni 8-11 Gennaio 2017 ha avuto luogo in Tagaytay – City, il quinto Convegno triennale nelle Filippine dal titolo: MISSIONARI ITALIANI NELLE FILIPPINE: SFIDE PASTORALI IN UN PAESE CHE CAMBIA.
Obiettivi principali dell’incontro sono stati: favorire momenti di fraternità, di riflessione e di scambio a partire dalla prassi pastorale dei missionari e missionarie italiani (sacerdoti, religiosi/e e laici) in servizio nel paese; rinsaldare i contatti tra i missionari e la Chiesa italiana, favorendo la dinamica feconda dello scambio tra Chiese sorelle.
La delegazione italiana era formata da Mons. Gianfranco Todisco, vescovo di Melfi – Rapolla – Venosa, membro della Commissione Episcopale per l’Evangelizzazione dei Popoli e la Cooperazione Missionaria tra le Chiese, don Michele Autuoro, direttore di Missio con una relazione dal titolo: “Quali sfide di conversione pastorale e missionaria per la Chiesa italiana con echi dal Convegno di Firenze”, don Giuliano Zanchi della diocesi di Bergamo che ha tenuto una relazione su: “Provocazioni, sfide, interrogativi partendo da Evangelii Gaudium”, don Felice Tenero come membro dell'equipe del Cum di Verona. All'inizio dell'incontro hanno partecipato don Mario Vincoli aiutante di studio CEI e don Leonardo di Mauro direttore ufficio interventi caritativi della CEI. Abbiamo avuto la gioia di avere tra noi alcuni rappresentanti della Chiesa Filippina Locale, tra cui S.E. Mons. Rolando J.Tria Tirona, Arcivescovo di Caceres che ha presentato una relazione dal titolo: “Papa Francesco, icona della nuova evangelizzazione oggi, la realtà delle Filippine oggi: dopo 500 anni di evangelizzazione, significato e contributo di missionari che vengono da altrove”.
Un bel clima di fraternità e di condivisione ha contribuito alla riuscita dell’incontro. E’ bello, e a me ha fatto molto bene, vedere Missionari di “una certa età” ancora vivaci, pieni di entusiasmo e di voglia di donare. Un bel esempio che infonde speranza ai missionari da poco arrivati in questa terra e che ci incoraggia.
Con i teologi in visita a Baguio
Nelle prime settimane di gennaio, durante il periodo delle vacanze scolastiche sono andato con i nostri 4 Teologi (Alfie, David, Erwin, Christian) e P. Battista Omodei in visita alla città di Baguio. Giorni di condivisione e di fraternità in una delle località “più fresche” delle Filippine. Baguio è conosciuta come la Capitale Estiva delle Filippine, è situata nella Provincia di Benguet. Il nome della città deriva da bagiw, parola Ibaloi che significa “muschio”. La città è stata fondata dagli Americani nel 1900 come stazione collinare nel sito di un vilaggio Ibaloi chiamato Kafagway. L’Ibaloi è la lingua indigena parlata nella regione Benguet.
Essendo situata a un altitudine di circa 1.500 metri sul livello del mare, ed essendo annidata nella Cordillera montuosa, la città ha una media di temperature di 7-8°C più bassa rispetto ai luoghi nelle aree più basse. Inoltre, a differenza di altre zone delle Filippine dove le temperature possono raggiungere anche 38° o 40°C, �� raro che a Baguio le temperature superino i 26°C anche durante i periodi dell’anno più caldi. Questo rende la città una famosa destinazione per i turisti locali (e stranieri) durante la stagione estiva, per sfuggire alla calura e durante le vacanze di fine anno per godere delle basse temperature difficilmente viste in altre province.
Al di là delle caratteristiche naturali e geografiche di Baguio, ci sono molti luoghi turistici e mercati che si possono visitare. La città è facilmente raggiungibile in auto grazie a due strade principali che la collegano. In città ci sono hotel e ristoranti per ogni fascia di prezzo e vi dico che i prezzi sono veramente bassi nonostante Baguio sia una località turistica.
Per visitare la cultura e la vita del gruppo indigeno più rappresentativo della regione, chiamato “Igorot” abbiamo visitato il villaggio Tam-Awan. Altre destinazioni famose che erano nel nostro itinerario erano: il parco Burnham, il parco Mines View, il Convento Good Shepherd, la Mansion House, il Wright Park, il Camp John Hay, il Santuario Butterfly (vera e propria serra di farfalle tropicali), il Giardino Botanico (con piante e fiori tropicali), le piantagioni di fragole (fioriscono e maturano tutto l’anno) e di insalata (che viene prodotta tutto l’anno), il Museo Baguio e il Museo BenCab. Tutte le montagne e colline di Baguio sono circondate da pini che rendono l’aria fresca e respirabile rispetto ad altre città delle Filippine dove traffico e caldo incrementano l’inquinamento e rendono l’aria irrespirabile. Beh, in pochi giorni ci siamo ripuliti i polmoni dallo smog di Manila!!!!
Il capodanno cinese
L’anno cinese non ha l’esatta durata di quello europeo -365 giorni- ma può variare di qualche giorno. Comunque, l’arco temporale che ricopre è approssimativamente quello dell’anno solare e il Capodanno cinese cade, ogni anno, in una data compresa tra i nostri 21 gennaio e 20 febbraio. L’anno cinese, infatti, segue il calendario lunare.
Quest’anno, il Capodanno ufficiale cinese cadrà il 28 gennaio 2017. I cinesi, per festeggiare il proprio Capodanno, hanno l’abitudine di indossare colori vivaci e accesi, in particolare il rosso, considerato il colore fortunato del nuovo anno. Un’altra usanza tipicamente cinese è quella di pulire la casa nell’ultimo giorno del vecchio anno e non sul nascere del nuovo, per evitare di spazzare via la fortuna che questo porta con sé.
Qui la nostra Comunità si sta preparando al grande evento, quel giorno sarà giorno festivo per l’intera nazione filippina. Una delle ragioni è l’elevato numero di popolazione cinese presente nella nazione. I nostri giovani seminaristi Vietnamiti ci hanno detto che ci riserveranno un buongiorno mattutino tutto all’insegna della tradizione cinese, dai saluti alla colazione, a segni tipici e tradizionali di questa festa. Non vedo l’ora che arrivi il 28!!!
Quello che si appresta a finire è l’anno della Scimmia e, più precisamente, della Scimmia di fuoco. Gli animali che danno nome agli anni indicano anche il corrispondente segno zodiacale cinese che, al contrario del nostro, non dipende dal mese. I nati sotto il segno della Scimmia sono ambiziosi, irritabili e avventurosi. Il nostro 2017, invece, è per i cinesi l’anno del Gallo. I nati sotto il segno del Gallo dovrebbero essere persone affidabili, puntuali e responsabili sul lavoro. I 12 animali dello zodiaco furono scelti deliberatamente dopo attente revisioni. Gli animali sono collegati alla vita giornaliera degli antichi Cinesi oppure hanno un significato simbolico di fortuna.
Il bue, il cavallo, la capra, il gallo, il maiale e il cane sono sei degli animali domestici allevati dalla popolazione Cinese. Esiste un detto popolare che dice “la prosperità dei sei animali domestici” e simboleggia appunto la prosperità della famiglia ed è questo il motivo per cui furono scelti.
Gli altri animali: il topo, la tigre, il coniglio, il drago e la scimmia sono animali adorati dalla popolazione Cinese, per esempio il drago è un animale leggendario che nella cultura Cinese è simbolo di buona fortuna e di potere. Vedremo sicuramente dragoni e leoni in giro per la città di Manila. Bene non ci rimane che auguraci 新年快乐 (xīn nián kuài lè) Felice anno nuovo! Nella foto che ho allegato cercate nella tabella il vostro anno e saprete a quale “animale” dello zodiaco appartenete.
Ricordando mio papà
Poco meno di un mese fa il mio caro papà Giuseppe ci ha lasciato per raggiungere l’eternità. Vorrei ricordare questo passaggio dalla vita alla vita eterna con alcune frasi di Papa Francesco:
“Parla ancora di speranza, il Papa, nella catechesi nell’Udienza generale. Quella speranza che, “davanti alla morte, davanti al pericolo, si esprime in preghiera”. Sembra paradossale ma è proprio il timore della morte, il sentore del pericolo, la paura del buio, ad avvicinare a Dio l’uomo che “fa completa esperienza della propria fragilità e del proprio bisogno di salvezza”.
“L’istintivo orrore del morire svela la necessità di sperare nel Dio della vita”, sottolinea il Papa. Tuttavia, aggiunge, “troppo facilmente noi disdegniamo il rivolgerci a Dio nel bisogno come se fosse solo una preghiera interessata, e perciò imperfetta. Ma Dio conosce la nostra debolezza, sa che ci ricordiamo di Lui per chiedere aiuto, e con il sorriso indulgente di un padre risponde benevolmente”.
“Sotto la misericordia divina, e ancor più alla luce del mistero pasquale, la morte può diventare, come è stato per san Francesco d’Assisi, ‘nostra sorella morte’ e rappresentare, per ogni uomo e per ciascuno di noi, la sorprendente occasione di conoscere la speranza e di incontrare il Signore”.
L’auspicio del Papa è, dunque, “che il Signore ci faccia capire questo, il legame fra preghiera e speranza. La preghiera ti porta avanti nella speranza e quando le cose diventano buie … più preghiera! E ci sarà più speranza”.
Carissimi un saluto a tutti e vi chiedo una preghiera per la nostra Missione.
Maraming Salamat po! Fr. Mauro
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Hey! I´m Dj Rhino!
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Después de tanto buscarla..... por fin la TENGOOOO!
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This is "Joaco" is from Kenya, Africa.
Thank you so much Dad.
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Nice cymbals!
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Beautiful Hats!
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