#Ritorno al Centro
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I tempi ultimi e il ritorno al Centro
I tempi ultimi e il ritorno al Centro
di Giandomenico Casalino « … Il Dìo è giorno-notte, è inverno-estate, è guerra-pace, è sazietà-fame…» (Eraclito) I tempi ultimi e il ritorno al Centro Siamo a conoscenza che l’Inizio, la Primordialità, l’Arché coincide con la Fine, identificandosi con la stessa e quindi con la contrazione, il crepuscolo del Ciclo, essendo ciò la realtà uroborica del Circolo ed evidenziando proprio quanto la…
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Francia caso Nahel al centro dell'agenda politica: "Ritorno all'ordine"
Ieri la premier Borne con i ministri e i parlamentari, oggi il presidente Macron con i sindaci: la politica cerca risposte all'ondata di violenze innescata dalla morte di Nahel
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Ercolano, Napoli
L'antica Ercolano fu distrutta nel 79 d.C. ed è celebre per la sorte tragica che la unisce a Pompei. Uno spettacolo a cielo aperto dove vi aspetta un’esperienza unica.
Ercolano fu fondata secondo la leggenda dal mitico eroe Ercole di ritorno dall’Iberia. Sembra essere stata interessata, in principio, da un insediamento indigeno e poi esposta alle influenze sannitiche, greche, etrusche, fino alla schiacciante presenza romana. Sepolta dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. è stata riportata alla luce a partire dal 1710, quando i re Borbone cominciarono a condurvi i primi scavi. Con il passare dei secoli le attività archeologiche sono diventate sempre più organizzate ed efficaci, recuperando ampie parti di città alla vista di turisti e studiosi. L’area oggi visitabile è stata quasi interamente scavata dal 1927 al 1958.
Provvisto di mura modeste, il centro abitato fu costruito su un pianoro vulcanico a strapiombo sul mare posto ai piedi del Vesuvio, limitato sul lato orientale e su quello occidentale da due torrenti; due insenature fluviali vi costituivano approdi naturali e sicuri. Le dimensioni della città erano in realtà piuttosto modeste: è stato ipotizzato che la superficie complessiva racchiusa dalle mura fosse di circa 20 ettari, della quale sono ora visibili a cielo aperto circa 4,5 ettari, per una popolazione di circa 4000 abitanti.
Nonostante la storia plurisecolare, dunque, gli scavi hanno rimesso alla luce solo una parte della città antica, cosicché gran parte dell’antica Herculaneum rimane ancora sepolta sotto terra, custodendo tra l’altro tutta l’area forense, gli edifici sacri e civili con i loro preziosi arredi ed apparati decorativi.
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Matteo Brandi - Canale Ufficiale:
Gente che frigna per i dazi imposti da Trump a Canada, Cina e Messico.
Principesse, lo volete capire che alla fine della Storia credono solo quegli idioti degli europei? Che poi sono gli stessi che credono che affidarsi al sacro mercato senza difendere le proprie produzioni possa portare giovamento?
E invece, guarda un po', esistono ancora gli interessi nazionali. E chi apre le frontiere, indiscriminatamente, a merci, capitali e persone lo prende in quel posto.
Dunque gli USA continueranno a fare i propri interessi, sia quelli strategici-militari sia quelli economici. E Trump agirà da presidente degli Stati Uniti d'America.
Se non lo avete capito nel 2025, quanto volete aspettare?
Ecco l'immancabile picchetto di immigrazionisti globalisti ad attendere, tutti contenti, il ritorno dei 43 clandestini rispediti indietro dall'inutile centro migranti in Albania.
E quale sigla spunta fuori sugli striscioni? Quella dell'Arci. Sì, gli "antifascisti" che scrivono sui muri "vendetta per Ramy", che organizzano i pride LGBT con tanto di schwa nei manifesti, che ripetono le boiate green e portano avanti "la lotta al patriarcato".
Lo schifo più assoluto.
Perché se è vero che il paradigma economico dominante è oggi accettato soprattutto a destra, è a sinistra che la cancrena culturale della globalizzazione ha sfondato. Entrando come un coltello nel burro.
Il perché dovrebbe tenere svegli coloro che ancora si sentono vicini a quel mondo rosso. Ma per chi pensa di far parte dei buoni, il dubbio, come si sa, non può esistere.
👉 Segui MATTEO BRANDI
Pro Italia - Segreteria Nazionale
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Dopo un po' di anni, dove la pubblicita' auto ha avuto un solo messaggio: " se non hai una spider o un Suv sei un semplice morto di fame", si scopre che l'auto e' in crisi, visto che non compri niente sotto i 30-40mila euro. E giu' tutti a proporre soluzioni; chi da la colpa alle auto elettriche, chi predica il ritorno alle produzioni a benzina e anche diesel, chi invoca dazi pesanti verso produttori stranieri, chi il ritorno alla produzione di utilitarie a costi accessibili..Roba da pazzi..roba da pazzi. Ve lo immaginate quel signore che comprava la Jeep Fiat con computer sulla plancia che svecchia l'auto passando alla fiat Panda? Ve lo immaginate l'impiegato mentre parcheggia la sua nuova fiat 126 davanti all'ufficio dove lavora o nel parcheggio del centro commerciale? Ve la immaginate la mamma che accompagna i figli a scuola con la sua piccola yaris o la famiglia che si presenta nello spiazzo di un albergo a Cortina scendendo da una citroen C2 non prima di aver tirato su i finestrini con le manovelle? E la signora con pelliccia che parcheggia la sua skoda davanti al negozio Prada? Gia' immagino le scene, queste auto che arrivano, parcheggiano e tutta la gente a gridare: " a immigratooo, ma 'ndo vai con quel cesso?".. Io gia' mi sono messo il cuore in pace: per almeno una generazione, l'auto italiana ed europea e' morta. Al piu', daremo per qualche altro anno miliardi di finanziamenti che sortiranno l'effetto di una maschera ad ossigeno per uno morto da 3 giorni. @ilpianistasultetto
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24 MAGGIO 1961 nasceva ILARIA ALPI
"Era una giovane donna, forte e determinata, battagliera e femminista convinta".
"Soffriva di vertigini e temeva il vuoto, ma si era scelta un lavoro in cui l'elicottero è uno dei cosiddetti ferri del mestiere, aveva una autentica fobia del vuoto, una vera e proprio chefobia ma volava con tranquillità almeno apparente".
"Era una giornalista coraggiosa con la mente in Europa ed il cuore in Africa"
P.s. Così l'ha descritta sua madre.
Si diplomò al Liceo Tito Lucrezio Caro di Roma.
Grazie anche all'ottima conoscenza delle lingue (arabo, francese e inglese) ottenne le prime collaborazioni giornalistiche dal Cairo per conto di Paese Sera e de l'Unità.
Successivamente vinse una borsa di studio per essere assunta alla Rai.
Ilaria Alpi giunse per la prima volta in Somalia nel dicembre 1992 per seguire, come inviata del TG3, la missione di pace Restore Hope, coordinata e promossa dalle Nazioni Unite per porre fine alla guerra civile scoppiata nel 1991, dopo la caduta di Siad Barre. Alla missione prese parte anche l'Italia, superando in tal modo le riserve dell'inviato speciale per la Somalia, Robert B. Oakley, legate agli ambigui rapporti che il governo italiano aveva intrattenuto con Barre nel corso degli anni ottanta.
Le inchieste della giornalista si sarebbero poi soffermate su un possibile traffico di armi e di rifiuti tossici che avrebbero visto, tra l'altro, la complicità dei servizi segreti italiani e di alte istituzioni italiane: Alpi avrebbe infatti scoperto un traffico internazionale di rifiuti tossici prodotti nei Paesi industrializzati e dislocati in alcuni paesi africani in cambio di tangenti e di armi scambiate coi gruppi politici locali. Nel novembre precedente l'assassinio della giornalista era stato ucciso, sempre in Somalia e in circostanze misteriose, il sottufficiale del SISMI Vincenzo Li Causi, informatore della stessa Alpi sul traffico illecito di scorie tossiche nel paese africano.
Alpi e Hrovatin furono uccisi in prossimità dell'ambasciata italiana a Mogadiscio, a pochi metri dall'hotel Hamana, nel quartiere Shibis; in particolare, in corrispondenza dell'incrocio tra via Alto Giuba e corso Somalia (nota anche come strada Jamhuriyada, corso Repubblica).
La giornalista e il suo operatore erano di ritorno da Bosaso, città del nord della Somalia: qui Ilaria Alpi aveva avuto modo di intervistare il cosiddetto sultano di Bosaso, Abdullahi Moussa Bogor, che riferì di stretti rapporti intrattenuti da alcuni funzionari italiani con il governo di Siad Barre, verso la fine degli anni ottanta. La giornalista salì poi a bordo di alcuni pescherecci, ormeggiati presso la banchina del porto di Bosaso, sospettati di essere al centro di traffici illeciti di rifiuti e di armi: si trattava di navi che inizialmente facevano capo ad una società di diritto pubblico somalo e che, dopo la caduta di Barre, erano illegittimamente divenute di proprietà personale di un imprenditore italo-somalo. Tornati a Mogadiscio, Alpi e Hrovatin non trovarono il loro autista personale, mentre si presentò Ali Abdi, che li accompagnò all'hotel Sahafi, vicino all'aeroporto, e poi all'hotel Hamana, nelle vicinanze del quale avvenne il duplice delitto. A bordo del mezzo si trovava altresì Nur Aden, con funzioni di scorta armata.
Sulla scena del crimine arrivarono subito dopo gli unici altri due giornalisti italiani presenti a Mogadiscio, Giovanni Porzio e Gabriella Simoni. Una troupe americana (un freelance che lavorava per un network americano) arrivò mentre i colleghi italiani spostavano i corpi dall'auto in cui erano stati uccisi a quella di un imprenditore italiano con cui successivamente vennero portati al Porto vecchio. Una troupe della Svizzera italiana si trovava invece all'Hotel Sahafi (dall'altra parte della linea verde) e filmò su richiesta di Gabriella Simoni - perché ci fosse un documento video - le stanze di Miran e Ilaria e gli oggetti che vennero raccolti.[6]
Ilaria Alpi venne sepolta nel Cimitero Flaminio di Roma.
La madre, Luciana Riccardi Alpi, (1933 - 12 giugno 2018) ha intrapreso, fin dal primo processo, una battaglia per cercare la verità e far cadere ogni sorta di depistaggio sull’omicidio della figlia.
Noi siamo quelli che credono ancora a queste emozioni
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Non c’è saggezza nel diventare vecchi, ma c’è l’autorevolezza dell’irreparabilità.
La vecchiaia (è questo il nome che gli altri le danno)
può essere il tempo della nostra felicità.
l’animale è morto o è quasi morto.
rimangono l’uomo e la sua anima.
Vivo tra forme luminose e vaghe
che non sono ancora le tenebre.
Buenos Aires,
che prima si lacerava in suburbi
verso la pianura incessante,
è diventata di nuovo la Recoleta, il Retiro,
le sfocate case dell’Once
e le precarie e vecchie case
che chiamiamo ancora il Sur.
Nella mia vita sono sempre state troppe le cose;
Democrito di Abdera si strappò gli occhi per pensare;
il tempo è stato il mio Democrito.
Questa penombra è lenta e non fa male;
scorre per un mite pendio
e assomiglia all’eternità.
I miei amici non hanno volto,
le donne sono quel che erano molti anni fa,
gli incroci delle strade potrebbero essere altri,
non ci sono lettere sulle pagine dei libri.
Tutto questo dovrebbe intimorirmi,
ma è una dolcezza, un ritorno.
Delle generazioni di testi che ci sono sulla terra
ne avrò letti solo alcuni,
quelli che continuo a leggere nella memoria,
a leggere e a trasformare.
Dal Sud, dall’Est, dall’Ovest, dal Nord,
convergono i cammini che mi hanno portato
nel mio segreto centro.
Quei cammini furono echi e passi,
donne, uomini, agonie, resurrezioni,
giorni e notti,
dormiveglia e sogni,
ogni infimo istante dello ieri
e di tutti gli ieri del mondo,
la ferma spada del danese e la luna del persiano,
gli atti dei morti, il condiviso amore, le parole,
Emerson e la neve e tante cose.
Adesso posso dimenticarle. Arrivo al mio centro,
alla mia algebra, alla mia chiave,
al mio specchio.
Presto saprò chi sono.
Jorge Luis Borges, "Elogio dell'Ombra"
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Ho preparato i biscotti in foto per portarli come dolce alla serata di capodanno con il gruppo a casa di un amico. Tornato a casa ho aperto la scatola dei ricordi e ho letto la lettera che mi ero scritto un anno fa.
La scatola dei ricordi mi ha ricordato alcune delle esperienze che ho fatto nel 2024: ho iniziato a studiare giapponese; sono stato in montagna, ho sciato per la prima volta, ho fatto lo slittino con i miei amici; sono andato da solo al concerto della Florence Pops Orchestra al Teatro La Compagnia a Firenze; sono stato a Milano con i miei amici, la mattina della partenza ho corso per raggiungere la tramvia e riuscire ad arrivare in stazione in tempo; sono stato a due fiere, al Gamics Carrara e al Lucca Comics; sono stato al concerto dei La Sad con due miei amici, quel giorno ho guidato per la prima volta in autostrada, ho guidato in centro a Bologna, al ritorno ho preso tipo 3 volte la strada sbagliata; tramite il corso di giapponese ho conosciuto Makoto, con gli altri del corso prima che tornasse in Giappone abbiamo pranzato nella casa dove stava con il padre qui a Firenze, ha suonato per noi il violino e ce l'ha fatto anche provare; sono stato con una delle mie sorelle alla festa Tanabata organizzata in un parco qui a Firenze; sono stato al mare dai miei amici, arrivando e tornando in macchina da solo; sono stato al mare qui in Toscana con una delle mie sorelle, sempre guidando io; ho iniziato il servizio civile universale; sono tornato in palestra dopo anni di allenamenti solamente in casa o all'aperto; sono andato alla mostra degli Yōkai. È stato un anno di nuove esperienze, in cui non mi sono fatto fermare tanto dalla paura, sono soddisfatto.
Nel 2024 ho incrociato la mia ragazza, una persona speciale che ogni giorno rende la mia vita più ricca. Ha un cuore meraviglioso, è dolcissima. Sono innamorato di lei e trovo la sua vicinanza inestimabile. Mi sta cambiando la vita e sono così felice.
La lettera di un anno fa mi ha ricordato la situazione in cui mi trovavo. Mi ha anche fatto venire i brividi leggendo parole di incoraggiamento da parte di me stesso. Ho scritto la lettera che leggerò fra un anno, con un paio di desideri in mente.
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IL RAGAZZO E LA MONTAGNA
C'era una volta un giovane esploratore, la cui più grande passione era addentrarsi in tundre, scendere in ghiacciai e percorrere deserti alla ricerca della Gemma Preziosa.
Ogni luogo della terra aveva una propria Gemma Preziosa - scintillante, tenebrosa, rubescente o lattiginosa - e lui aveva viaggiato già mezzo mondo ed esplorato mille lande impervie per trovarle e collezionarle tutte.
Nella sua casa aveva una stanza intera piene di tali meraviglie, tutte racchiuse in teche di cristallo, ma il giovane esploratore non amava tornare nella propria casa, se non per riporvi i suoi tesori.
Intendiamoci, adorava la propria casa e la propria città, voleva bene ai suoi genitori e stava bene con i suoi tanti amici, ma il suo animo inquieto lo portava puntualmente a guardare le nuvole fuori dalla finestra, desiderando di poterle cavalcare e andarsene via col vento.
Un giorno sentì parlare dell'Ultima Montagna e di come al suo interno fosse la celata la pietra più preziosa di tutte: il Cuore di Gea.
L'Ultima Montagna si trovava nel paese di Finisterrae e il suo vecchio mappamondo non aveva ancora finito di girare che lui si era già messo in cammino.
Non fu un viaggio facile, né per le gambe né per il cuore, perché dovette salutare molte persone - Finisterrae era lontana - e parte del suo percorso lo dovette fare a piedi, passo dopo passo, senza mai più incontrare anima viva (tranne i ragni, che gli tennero compagnia nelle lunghe notti insonni ma che però non erano gran conversatori).
Quando arrivò all'Ultima Montagna rimase con la bocca spalancata per qualche minuto (i ragni controllarono preoccupati se ci fossero delle carie ma uscirono soddisfatti): un'enorme montagna scintillante di materiale translucido giallo paglierino svettava fino a quasi bucare la volta del cielo.
Ma il suo stupore si tramutò ben presto in preoccupazione quando, a un esame più attento, il giovane esploratore si rese conto che la montagna era in realtà un enorme conglomerato di Crisoberillo come non se n'erano mai visti in alcun libro di geologia.
Molto bene - pensò con stanca autoironia, guardando il suo piccone - sulla Scala delle Durezza di Mohs il crisoberillo ha un punteggio di 8,5 ma volendo considerare il bicchiere mezzo pieno mi è andata anche bene... la montagna poteva essere fatta di Rubino o di Zaffiro!
E cominciò a scavare una galleria per raggiungere il Cuore di Gea.
Man mano che avanzava a fatica all'interno della montagna, egli si rese conto di una cosa molto strana: per ogni colpo di piccone e di scaglia di crisoberillio che cadeva a terra lui sentiva di perdere qualcosa.
Ma cosa? - si chiese.
Non lo so - si rispose.
E allora pensò di riempire quei vuoti nel cuore immaginando il momento in cui avrebbe finalmente scalzato dalla roccia il Cuore di Gea... la gioia di sentirlo pulsare tra le proprie mani, gli occhi socchiusi per schermarsi dal bagliore di mille soli di puro cristallo, lo stupore delle persone al suo ritorno, la teca gigante già pronta al centro della sua collezione.
Quello di cui in un primo momento il Giovane Esploratore non si rese conto è che ogni picconata stava sottraendo un minuto alla sua vita e le picconate erano tante e il tempo scorreva avanti in una sola direzione, dritto come la galleria che sventrava la montagna.
Le mani che impugnavano il piccone invecchiavano, come invecchiavano le domande che lui si faceva...
Perché? Da dove? Verso cosa?
Quando le domande diventano opprimenti, i colpi del piccone rallentavano, salvo poi riprendere forza al pensiero della gemma che ogni giorno si avvicinava.
E poi, dopo mille eternità l'ultima picconata, la parete che crolla ed ecco il Cuore di Gea, sospeso nel buio luminescente di un antro nel ventre della colossale montagna.
Ma il Giovane Esploratore non poteva più definirsi tale.
Non stava più esplorando nulla e di certo non era più giovane.
Con passo incerto e polverose mani tremanti si avvicinò al Cuore di Gea e fece per prenderlo.
Ma si fermò.
Verso cosa? E perché?
E poi la domanda giusta.
Da dove?
Da dove vengo? Cosa ho lasciato? Chi ho lasciato?
E voltandosi vide che la lunga galleria che portava all'esterno era disseminata di corpi, congelati nell'atto di colpire la roccia.
Erano tutti lui, metro dopo metro sempre più vecchio, bloccati nell'attimo in cui aveva deciso di cancellare un ricordo per fare spazio al pensiero della Gemma Più Preziosa.
Sono morto? - si chiese.
Sì, ogni volta - si rispose.
Il Cuore di Gea lo guardava con occhio pulsante ma la mano, dimagrita e raggrinzita, scese sul fianco.
Non era quello che voleva... quello era ciò che aveva deciso di volere per cancellare i veri desideri, quelli che lo tenevano vivo in attesa del domani.
E il vecchio ragazzo si voltò e tornò indietro, accarezzando con una mano sempre più giovane tutti i sé che aveva lasciato morire per non aver voluto ricordare come vivere.
E li perdonò tutti, uno a uno, finché la luce del sole non gli baciò le palpebre socchiuse e lui non ritrovò la voglia di esplorare, mai perduta ma solo addormentata sotto a una pesante coperta di tristi rimpianti.
E come il mappamondo tornò a girare, il vero Cuore di Gea riprese a battergli nuovamente nel petto, perché Finisterrae è quel luogo che comincia nel punto in cui appoggi il piede per iniziare il viaggio verso il domani.
Questo post è dedicato a @seiseiseitan, per me il più grande esploratore <3
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Puoi ignorare i simboli, MA i tuoi nemici no. I comunisti no... Dopo aver preso il potere, la prima cosa che fecero i comunisti fu INVERTIRE il significato di 3 simboli tradizionali.
Evola scrive che i movimenti rivoluzionari moderni prendono "i principi, le forme e i simboli tradizionali" delle società più sane del passato e danno loro una NUOVA svolta. Scava in 3 simboli:
• Il colore rosso
• La parola rivoluzione
• Il simbolo della stella pentagrammica
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sul ROSSO: Nell'antica Roma, l'Imperatore era vestito e tinto di rosso violaceo per "rappresentare Giove, il Re degli Dei". Nel cattolicesimo, i "Principi della Chiesa", i cardinali, indossano una veste rosso scarlatto. Tradizionalmente, il rosso è stato collegato alla gerarchia, all’ordine e al potere. Nell'antichità classica, il fuoco era collegato al colore rosso. Il "paradiso sopra il cielo" era composto da puro fuoco. Il rosso rappresentava autorità e gerarchia. Ma nel XX secolo fu cooptato dai marxisti e fatto rappresentare il contrario. : Uguaglianza, masse e democrazia.
La parola Rivoluzione: “Rivoluzione nel senso primario non significa sovversione e rivolta, ma in realtà anche il contrario: ritorno a un punto di partenza e movimento ordinario attorno a un centro” In fisica questo è vero: la rivoluzione di un pianeta significa "gravitare attorno a un centro". Le rivoluzioni mantengono i pianeti in un'orbita stabile.
Le società tradizionali immaginavano che la rivoluzione fosse un movimento che mantiene in armonia l'universo morale. Ma Evola nota che le rivoluzioni adesso significano: allontanarsi dai centri stabili - sommosse- distruzione della regolarità.
Evola: La Rivoluzione moderna è come lo scardinamento di una porta, l'opposto del significato tradizionale del termine: le forze sociali e politiche si allentano dalla loro orbita naturale, declinano, non conoscono più alcun centro né alcun ordine.
Sul pentagramma:
Il pentagramma, una stella, rappresentava tradizionalmente il destino dell'uomo come microcosmo che conteneva il macrocosmo. Rappresentava l'uomo come "immagine del mondo e di Dio, dominatore di tutti gli elementi grazie alla sua dignità e alla sua destinazione soprannaturale.
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La stella rappresentava l'uomo come "spiritualmente integrato sovrano in modo soprannaturale". Ma i marxisti presero questo simbolo e ne cambiarono il significato. lo hanno reso terreno e "collettivizzato". E' stato messo sulle bandiere dell'URSS e della Cina comunista, diventando distruttivo di ogni valore più alto
Questo degrado dei simboli è un segno dei tempi estremamente significativo ed eloquente. I simboli sono il linguaggio visivo universale. Questa trasformazione radicale del loro significato non è casuale. Sono stati intenzionalmente riorganizzati attraverso l'inversione, la sovversione e il degrado.
Jash Dholani
[Julius Evola (L'inversione dei simboli- 1928]
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Un grande ritorno: la zucca!
youtube
INGREDIENTI PER 4 PERSONE
PER LA PASTA
100 g di farina “0”
100 g di semola di grano duro
2 uova
olio extravergine d’oliva
PER IL RIPIENO:
300 g di zucca delica cotta (mezza zucca cruda)
150 g di Parmigiano Reggiano
noce moscata
sale se necessario
pepe
PROCEDIMENTO
Elimina i semi dalla zucca, tagliala in pezzi e cuocila in forno a 200°C per 40/50 minuti. Dovrà risultare molto morbida;
Nel frattempo prepara la pasta all’uovo nel solito modo, avvolgila nella pellicola e falla riposare per almeno 30 minuti;
Quando la zucca sarà cotta lasciala raffreddare e poi raccogli tutta la polpa in una ciotola, schiacciala con una forchetta e poi aggiungi il Parmigiano grattugiato, la noce moscata e, se serve, il sale;
Raccogli il ripieno in una sacca da pasticciere;
Stendi la pasta fino a raggiungere uno spessore non troppo sottile, taglia dei dischi di 5 cm di diametro, oppure dei quadrati con i lati di 7 cm e aggiungi al centro il ripieno;
Piega a metà i dischi e poi unisci le estremità avvolgendole sul dito;
Disponi i tortelli su un secca-pasta o su un vassoio foderato con carta da forno;
Cuocili in acqua salata e condiscili con burro e salvia oppure con dell’ottimo ragù di carne.
#ricette#cucina italiana#italian style#comfort food#italian recipes#italian food#cibo#cucina#food#cucina regionale#pasta#pasta fresca#pasta ripiena#pasta all'uovo#Youtube
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io un'idea ce l'avrei...
Siccome il centro per i profughi tra costi e trasporti immigrati andata è ritorno, spese di forze dell'ordine pagati in hotel a 4 stelle...
Ad oggi 8 Febbraio, ci è costato oltre un miliardo di euro... perché non usarlo per gli oltre 2 mila Albanesi rinchiusi nelle carceri italiani, con una spesa di 300 euro al giorno... rimandarli nel loro paese e svuotare almeno un po' le carceri Italiani?
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Siamo di ritorno da una cena fuori, io e daddy, abbiamo festeggiato un mio traguardo!
Appena rientriamo a casa mi dirigo in bagno per andare a cambiarmi e mettermi finalmente comoda ma quando entro in camera da letto trovo daddy appoggiato al muro e con indosso ancora camicia e giacca.
"Che cavolo fai ancora vestito così?" gli dico, mentre la visione di lui con quella roba addosso inizia a farmi sentire del calore diffuso.
Vedo un sorriso malefico aprirsi sulle sue labbra mentre si siede sul letto e inizia a battere, ritmicamente, la mano sulla sua coscia
"Vieni qui, bambina"
Per quanto l'eccitazione inizi a salire prendo a ridacchiare e mi oppongo, con poca credibilità.
"Vieni qui bambina, o mi arrabbierò e sarà peggio"
Mi avvicino lentamente e rimango di fronte a lui, mi toglie lentamente i pantaloni del pigiama, le mutandine e mi sistema sulle sue ginocchia.
So che sarà una notte intensa...
"Conta bambina!"
Prende a sculacciarmi e quando, presa dall'eccitazione, smetto di contare mi prende per i capelli e mi ordina di tenere il conto!
Tra una sculacciata e l'altra mi accarezza tra le cosce e mi fa notare quanto io sia già un lago.
"Stenditi sul letto"
Obbedisco, lui si stende accanto a me e inizia ad accarezzarmi tra le gambe per poi infilarmi un dito dentro e muoverlo sempre più velocemente fino a strapparmi un gemito di piacere
"Cosa bambina? Non dirmi che ti piace.."
Mentre continua a penetrarmi velocemente accende il lush, che non mi ero accorta avesse tirato fuori dal mio cassetto del piacere, e lo muove sul mio clitoride impostandolo ben presto al massimo della potenza.
Inizio a muovermi sempre di più, sempre più disperata per avere quel piacere che tanto agogno.
Gemo e lo prego non so bene neanche io per cosa.
"Cosa c'è bambina?" mi dice ridacchiando soddisfatto nel vedermi ridotta così.
Gemo e mi aggrappo alle lenzuola mentre il piacere sale e diventa sempre più intenso.
"Vieni per il daddy, fammi sentire quanto mi piace"
E a quelle parole l'orgasmo esplode e mi travolge totalmente strappandomi gemiti di piacere che lui zittisce con un bacio appassionato ed affamato.
Ancora scossa dagli spasmi mi rannicchio addosso a lui che mi abbraccia e accarezzandomi i capelli mi dice
"Non penserai che sia finita qui vero? Daddy non ha ancora finito con te"
Un brivido mi percorre tutta e qualcosa in me scatta nonostante fossi pienamente appagata.
"Dammi solo un attimo" dico, mentre faccio per alzarmi e uscire dalla stanza, lui si spoglia e mi aiuta a indossare la sua camicia per non prendere freddo. È così lunga da arrivarmi a metà coscia, mi fa da vestito e indossare solo quella mi fa sentire molto in un film americano e questo pensiero mi fa sorridere.
Mi dirigo in cucina, bevo e dopo essermi ricomposta torno in camera pronta a scoprire quale altra diavoleria possa avere in mente stavolta.
"C'è una cosa che voglio provare"
Mi dice mentre mi attira a se e mi bacia con forza, spingendomi sul letto e mettendosi seduto proprio nel centro.
Sono in ginocchio tra le sue gambe e mi basta uno sguardo per capire che ha voglia della mia bocca.
Mi chino e inizio a leccare e succhiare con quanta più passione possibile e so di star riuscendo nel mio intento quando lo sento crescere tra le mie labbra e gemere. Mi poggia una mano sulla testa e guida così i miei movimenti, cosa che trovo estremamente eccitante.
Con una nota di disperazione nella voce mi ferma e dopo aver indossato il preservativo mi chiede di cavalcarlo, sto per impalarmi su di lui ma chiede di farlo dandogli le spalle
Lo asserendo e scopro quanto possa essere intenso sentirlo così in fondo
"Muoviti, balla per me bambina"
Non posso far altro che muovermi con quanta più foga possibile, muovo il bacino cercando di sentirlo sempre di più dentro di me.
Più i miei movimenti si fanno profondi e veloci, più daddy geme e più voglio portarci al limite..
"Usalo e godi" mi dice passandomi il lush.
Lo posiziono sul clitoride e lo muovo in circolo sempre più velocemente mentre mi impalo sul suo cazzo, sento il piacere montare di nuovo dentro di me, i miei affondi si fanno sempre più disperati, disperati tanto quanto i gemiti di daddy che mi tiene stretta per i fianchi e mi spinge su di lui con foga.
Arriviamo all'orgasmo insieme, il piacere ci travolge e ci scuote con forza facendoci gridare all'unisono il nostro piacere, un grido a metà tra una supplica e i nostro nomi.
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"Vattinni! Chista è terra maligna...
Fino a quando ci sei ti senti al centro del mondo, ti sembra che non cambia mai niente. Poi parti. Un anno due, e quanno torni è cambiato tutto: si rompe il filo. Non trovi chi volevi trovare. Le tue cose non ci sono più. Bisogna andare via per molto tempo, per moltssimi anni, per trovare, al ritorno, la tua gente, la terra unni si nato. Ma ora no, non è possibile. Ora tu sei più cieco di me. "
Nuovo cinema Paradiso
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Bridgerton 3, parte 2: il peso dei segreti (in binge watching)
Ragione, sentimento e un turbine di emozioni: la terza stagione di Bridgerton ha fatto il suo ritorno su Netflix con la seconda parte dello show.
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La Bridgerton Mania non si ferma, e ancora una volta la serie Netflix targata Shondaland risulta tra i contenuti più visti della piattaforma streaming grazie al grande successo della terza stagione, che ha portato sugli schermi la storia d'amore dei Polin (a.k.a. Colin Bridgerton e Penelope Featherington, interpretati rispettivamente da Luke Newton e Nicola Coughlan).
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Nicola Coughlan è Penelope
L'operazione di suddivisione in due parti della terza stagione di Bridgerton sembra aver sortito l'effetto sperato (come da pronostico nella nostra recensione di Bridgerton 3 Parte 1), poiché l'attesa da parte dei fan per questa seconda tranche di episodi si è rivelata decisamente alta, e l'entusiasmo per il coronamento dell'amore tra i due protagonisti di turno è più che palpabile, accompagnando i quattro episodi rimanenti che si soffermando su un grande segreto (il più grande, forse) ancora da svelare.
Bridgerton 3: ritorno a palazzo
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Bridgerton: una foto di Benedict e Colin nella stagione 3
La prima parte di Bridgerton 3 ci aveva regalato un riavvicinamento tra Colin e Penelope, culminato in una delle scene più chiacchierate della serie, nonché "memate" sui social - come d'uso comune e anche auspicabile, di questi tempi, considerato il fatto che una tale pratica porta comunque lo show al centro dell'attenzione, generando nuovi trend e un forte engagement da parte del pubblico - e a un punto di svolta nella loro relazione.
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Parrucche e cipria: il mondo di Bridgerton
La brillante Penelope, abituata a fare da "carta da parati", e ad essere semplice spettatrice (al massimo narratrice, e qualche volta persino "tessitrice") delle appassionanti storie d'amore altrui, sta ora sperimentando in prima persona cosa vuol dire esserne la protagonista, e sembrerebbe proprio che anche lei, a questo punto, possa sognare un lieto fine. Ma ogni rosa, finanche la più bella, ha le sue spine, e poco importa se i fiori nuziali per eccellenza sono quelli d'arancio…
Il passaggio successivo nella storia, infatti, come prevedono le regole della narrazione, porterà con sé un turbinio di emozioni: dalla gioia per i più recenti accadimenti, ai timori e le ansie per ciò che invece potrebbe venire fuori, quelle verità nascoste che ancora non si è pronti a rivelare e condividere, che si tentano di mascherare per non far crollare quel castello di carta che, tuttavia, non avrà mai la stabilità della pietra se non verranno in ultimo in superficie.
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Luke Newton e Nicola Coughlan, protagonisti di Bridgerton
È così che il ritmo dei nuovi episodi viene scandito da un senso d'anticipazione che accompagna con costanza lo spettatore, lo prende per mano e lo conduce verso un finale di stagione tutto da scoprire (per quanto, anche grazie ai libri di Julia Quinn e alla struttura della serie stessa, sappiamo che non sarà mai lontano dall'essere lieto).
Una serie tra amore e sacrifici
Ma amare non è mai semplice, e solitamente prevede dei costi che a volte possono rivelarsi parecchio elevati. Almeno quando si viene posti dinnanzi a un bivio, al compimento di una scelta categorica. In Bridgerton 3, questo discorso non tocca solo Colin e Penelope (sebbene nel loro caso sia più che evidente il tipo di sacrificio richiesto): è infatti un tema ricorrente anche per gli altri Bridgerton, ma non solo, in quanto saranno diversi tra i personaggi secondari a dover prendere importanti decisioni in tal senso.
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Chiacchiere a palazzo
Non che non sia sempre stato uno dei fili conduttori dello show, ma il tentativo di bilanciare la propria felicità personale con quella del partner o della famiglia continua ad essere un pilastro di Bridgerton, e sarà prominente anche a questo giro. E con la varietà di personalità che abbiamo a disposizione, si rivela sempre alquanto interessante ammirare le diverse declinazioni di un simile concetto, e le ramificazioni delle decisioni di ognuno una volta arrivato il momento fatidico: da Cressida (Jessica Madsen) a Eloise (Claudia Jessie), da Francesca (Hannah Dodd) alla stessa matrona di casa Bridgerton (Ruth Gemmell), testa e cuore saranno costantemente in conflitto, in misura diversa e per differenti ragioni, ma tutte inevitabilmente da scoprire e comprendere. Rigorosamente, in binge watching.
Conclusioni
La nostra recensione della seconda parte di Bridgerton 3, che immagina uno corsa senza sosta verso un altro successo di visualizzazioni per lo show Netflix, considerando anche la capacità della produzione di tenere alta la soglia dell’attenzione e mantenere una in qualche modo costante qualità dei contenuti che, arrivati a questo punto, sarebbe invece potuta scemare fino all’ottenere quasi totale indifferenza da parte degli spettatori. Certo, popolarità non è necessariamente sinonimo di valore effettivo, ma ci riserviamo il diritto di attendere il finale di stagione per poter giudicare il tutto con maggiore cognizione di causa.
👍🏻
La trama molto coinvolgente.
I personaggi ben costruiti ed approfonditi, soprattutto quelli femminili.
I numerosi spunti di riflessioni, specialmente riguardo al ruolo della donna sia oggi che all'epoca, che offre.
Gli splendidi costumi creati da Ellen Mirojnick.
👎🏻
Il discorso sulle differenze tra classi sociali non viene sviluppato a dovere.
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Elena Di Porto, la “matta” di Piazza Guidia deportata ad Auschwitz
Elena aveva un temperamento decisamente ribelle. Non temeva niente e nessuno e questo suo carattere impavido la portò a schierarsi in modo spontaneo e senza pensarci troppo contro le ingiustizie la prepotenza dei forti in difesa dei deboli.
Elena di Porto nacque a Roma l’11 novembre 1912. Era figlia di Angelo di Porto e Grazia Astrologo. Aveva sei fratelli, Pacifico, Giacomo, Amedeo, Alberto, Mario e Vitale. La sua famiglia era di umili origini, che negli anni visse momenti difficili a volte tragici. Elena era cresciuta nel ghetto di Roma. Era una ragazza allegra, spensierata e sicuramente un pochino strana. Le piaceva il calcio, fumava, e sicuramente non disegnava menare le mani quando era necessario. Si era sposata a 18 anni e soltanto tre anni dopo e due figli aveva già deciso di separarsi. Nel ghetto tutti sorridevano alle sue stranezze e anche dopo la sua morte di famiglia in famiglia ci si tramandava le sue stranezze. Era soprannominata Elenuccia “la matta”. Elena aveva un temperamento decisamente ribelle. Non temeva niente e nessuno e questo suo carattere impavido la portò a schierarsi in modo spontaneo e senza pensarci troppo contro le ingiustizie la prepotenza dei forti in difesa dei deboli. L’introduzione delle leggi razziali causò grandi cambiamenti nella vita di tutti gli ebrei del ghetto. Elena mal sopportava la nuova situazione, tanto che il suo comportamento non conforme alle nuove regole attirò l’attenzione della polizia e poi delle autorità fasciste. Venne forzosamente ricoverata per quattro volte nell’ospedale psichiatrico di Santa Maria della Pietà, Per tenerla lontana dalle vie del ghetto in cui esprimeva tutto il suo dissenso nei confronti dei soprusi del regime fascista. Veniva rilasciata quando i medici che l’avevano presa in cura ritenevano che fosse diventata ormai innocua. E così Elena ritornava nelle strade del Ghetto, indossava i pantaloni, prendeva la sua bicicletta e faceva il giro di cinema teatro e luoghi di ritrovo degli ebrei Romani, per avvisare in caso di arrivo dei fascisti. Era solita fare da collegamento tra il Ghetto, Piazza Venezia e Largo di Torre Argentina. Un giorno mentre era per strada vide alcuni fascisti intenti a schiaffeggiare un uomo ebreo. Elena non poté rimanere indifferente e immediatamente intervenne. Ne nacque una colluttazione con le camicie nere che causò il suo arresto. Elena venne così mandata al confino per anni, in diversi paesi del centro e del sud Italia. Le autorità la riconoscevano come “ebrea pericolosa e antifascista”. Tornò a Roma solo dopo la caduta del regime e nell’estate del 1943, quando i tedeschi arrivarono nella capitale ed Elena si sentì nuovamente in dovere di reagire partecipando alle prime forme di resistenza. Venne catturata il 16 ottobre di quell’anno, Ma anche in quel caso la sua vicenda ebbe un risvolto particolare. Mentre stava scappando per i tetti vide la cognata e i suoi tre figli caricati su un camion dai soldati nazisti. La nipotina la riconobbe e le chiese di non lasciarli soli in mano ai tedeschi. Elena non esit��, fermò il camion e si consegnò ai tedeschi, non pensando affatto che il suo gesto Le sarebbe costato la vita e che così avrebbe lasciato soli i suoi figli di soli 11 e 14 anni. Pochi giorni dopo venne deportata insieme agli altri ebrei catturati quel giorno ad Auschwitz e da lì non fece più ritorno. Finiva così tragicamente la vita di Elena di Porto, Elenuccia la matta del ghetto di Roma che con la sua sana follia aveva fatto di tutto per contrastare il regime fascista.
BIBLIOGRAFIA
– La matta di Piazza Guidia, Gaetano Petraglia, Giuntina 2022
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