#Processione degli Apostoli
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pier-carlo-universe · 28 days ago
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Orloj: L’Antico Orologio Astronomico di Praga, Un Capolavoro di Ingegneria Medievale
Scopri il fascino dell'orologio astronomico di Praga, un'icona di storia e tecnologia che incanta visitatori da più di 600 anni.
Scopri il fascino dell’orologio astronomico di Praga, un’icona di storia e tecnologia che incanta visitatori da più di 600 anni. L’Orloj, l’orologio astronomico di Praga, è uno dei monumenti più celebri e amati della capitale ceca, nonché un capolavoro di ingegneria medievale. Installato nel 1410, l’Orloj è il più antico orologio astronomico ancora funzionante al mondo. Situato sulla parete sud…
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makeabruzzofregnoagain · 7 years ago
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(La Madonna che Scappa è una rievocazione narrativa dell'incontro tra la Madre di Gesù e il Cristo risorto.
Nella domenica di Pasqua, dopo la messa presieduta dal Vescovo, alle 10.30, in piazza Garibaldi, parte la processione della Confraternita della Madonna di Loreto. All'inizio sfila lo stendardo verde della confraternita, poi tutti gli altri confratelli con i lampioncini e infine le statue del Cristo risorto e dei santi Giovanni e Pietro. Arrivano in piazza Garibaldi, il Cristo risorto si posiziona su un baldacchino, all'ingresso dell'ampia piazza. Le statue dei due Apostoli proseguono invece a passo lento fino alla fine della piazza. Mentre la statua di S.Pietro si ferma, quella di San Giovanni prosegue fino al portale della chiesa, annunziando alla Madonna l'avvenuta resurrezione del Figlio, ma, secondo la leggenda, Maria non crede a questa notizia.
Gli annunci avvengono tramite un confratello che, bussando alla chiesa, deve anche rassicurare i confratelli incaricati di portare (e quindi far correre) la Madonna. Avvenuto il rifiuto della Madonna, San Giovanni torna da San Pietro affinché anche lui porti il lieto annuncio a Maria. Secondo la tradizione sulmonese, Pietro è na n'zegna fauzone, ossia un bugiardo e quindi, all'annuncio di Pietro, risulta palese che la Madonna non creda e non si convinca della resurrezione del Figlio. San Giovanni ritenta di nuovo, questa volta con esiti positivi, cosicché la Madonna accetta di seguire i due Apostoli e il portone di San Filippo si apre tra gli applausi degli astanti.
La Madonna esce e, accompagnata dai due apostoli, con il passo dello “struscio” si avvia al centro della piazza. In questo frangente l'atmosfera della piazza si fa tesa: i due apostoli si fermano, mentre, da lontano, la Vergine riconosce il Figlio Risorto. In un attimo, con un ingegnoso sistema di fili, il manto nero e il fazzoletto cadono, lasciando il posto ad uno splendido abito verde ricamato d'oro e ad una rosa rossa, mentre in aria si levano in volo 12 colombe.
Alle 12.00 in punto, la Madonna inizia così la sua corsa, tra gli applausi della gente, le note della banda e lo sparo dei mortaretti. Arrivata davanti al Cristo i confratelli si abbracciano, arrivando spesso a non trattenere le lacrime per la commozione.
Se tutta la sequenza si svolge senza intralci (corsa, caduta del manto e fazzoletto, volo delle colombe), la tradizione prevede che l'anno sarà propizio, mentre se qualcosa non funziona come previsto, sempre facendo riferimento alla stessa tradizione popolare, vi saranno sventure o calamità naturali. La preoccupazione diventa più grande se la statua della Madonna dovesse cadere durante la corsa o, ancor peggio, si rovinasse. Storiche sono le cadute del 1914 e del 1940, secondo alcuni, presagi delle successive guerre.)
(Informazioni prese da Wikipedia)
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pangeanews · 4 years ago
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“Caro Davide, sono stato tra le rovine di Xanadu e ho visto il tesoro del Prete Gianni: l’impronta del piede di Gesù, la testa di Adamo, la verga con cui Mosè ha spalancato il Mar Rosso…”
Caro Davide, scusa se non ti ho scritto prima. Sono stato in zone desertiche dove il telefonino non funzionava.
Una ventina di giorni fa mi trovavo a Zhenglan, nel distretto omonimo, nel nord della Cina. Ero lì per visitare il sito di Xanadu, che sorge sulla riva del fiume Shandian, in una immensa piana a una ventina di chilometri dal primo centro abitato. Xanadu fu costruita da Kubilai Khan, nipote di Gengis Khan, ai tempi di Marco Polo. Nel cuore della città, sorgeva la spettacolare reggia descritta da Marco Polo. Ora resta poco. Solo rovine. E banchi di souvenir.
A Zhenglan, mentre passeggiavo, sono passato per una delle tante piazze del mercato, dove ho assistito a una curiosa processione che mi ha rispedito con la mente indietro di secoli. Sopra a un carro dipinto erano state poste le sagome di cartone di un bambino e di una bambina. In un attimo le due immagini di carta hanno preso fuoco. Un fumo nero è salito al cielo.
La guida mi ha spiegato che in quel modo si celebra il matrimonio tra i figli e le figlie morti in giovane età.
«Credono che il fumo salga fino a loro, nell’aldilà, e che così essi vengano a sapere del matrimonio e da quel momento si considerino marito e moglie».
Non ho trattenuto un sorriso.
«E qual è lo scopo?» ho domandato. Anche se lo sapevo già: ricordavo di avere letto di qualcosa di simile nel Milione.
«Lo fanno per stabilire vincoli di parentela tra le famiglie dello sposo e della sposa».
«Un matrimonio di convenienza, insomma» ho scherzato.
«Anche, ma naturalmente è molto più di questo».
Lui non ha aggiunto altro e io non ho insistito.
Comunque, un attimo dopo mi giro e vedo avanzare un altro carro su cui sono state innalzate delle figure di cartone: uomini, donne e perfino di cavalli, anch’essi avvolti dalle fiamme.
«E quelli?» domando.
«I domestici e i cavalli inviati agli sposi per servirli».
Davvero divertente. L’immaginazione degli uomini non conosce confini.
«Più tardi, nella casa dello sposo, si terrà il banchetto nuziale al quale parteciperanno amici e parenti» mi ha spiegato la guida. «Parte del cibo verrà bruciata affinché salga in cielo. È una tradizione antichissima, risalente a tempi molto precedenti il dominio mongolo e il viaggio di Marco Polo».
A proposito di Marco Polo e di Venezia. Un mio amico mi ha raccontato cose terribili. A sentir lui, la città lagunare si sarebbe trasformata nella savana. Piazze e calli si sono svuotate, i turisti scomparsi. E piccioni e gabbiani vagano affamati in cerca di cibo. Sempre più spesso capita di assistere a scene raccapriccianti. Gabbiani incattivi dalla fame che inseguono poveri piccioni, li catturano e se li divorano sotto gli occhi indifferenti dei pochi passanti. Non so se capiti anche altrove.
Ma torniamo a noi. Qualche giorno dopo, dicevo, ho lasciato Zhenglan e un paio di settimane più tardi, al termine di un viaggio in treno di oltre quattromila chilometri pieno di strani incontri, ho fatto tappa a Yangjiaping, con l’intenzione di visitare ciò che rimane del grande monastero trappista. Avevo letto che il suo museo è tra i più ricchi al mondo quanto a reliquie cristiane. Incredibile il numero di oggetti esposti, ovviamente quasi tutti dei falsi (non così la pensano loro!). A quanto pare tutti appartenuti al misterioso Prete Gianni: è ciò che si legge all’ingresso, con dovizia di spiegazioni. Nella prima sala, il primo colpo di scena: su una roccia è impressa un’orma. La targa dice: «Impronta lasciata dal piede sinistro di Gesù Cristo il giorno dell’Ascensione».
Sono rimasto impietrito. Qui si esagera! ho pensato.
Su un tavolino poco più in là vi era un braccio mummificato. La guida, un cinesino coi capelli tinti di giallo, mi ha spiegato che si tratterebbe del braccio sinistro di Giovanni Crisostomo. Nientemeno!
Poco più in là c’era quel che resta della testa di Santo Stefano. E un catino contenente l’acqua con cui – a quanto pare – Nostro Signore lavò i piedi agli apostoli. Ma immagino che l’acqua non sia più quella.
E più in là: la verga di Aronne, quella con cui Mosè fece aprire le acque del Mar Rosso. La catena con cui Gesù fu condotto al supplizio; e un pezzo della colonna a cui fu legato durante la flagellazione. La frusta adoperata per colpirlo. Una ciocca dei suoi capelli. La testa di Adamo, ben conservata! Una zolla di terra raccolta in cima al monte Calvario. I quattro chiodi con cui il Signore fu trafitto e coi quali l’imperatore di Costantinopoli si fece fare le briglie per il cavallo che usava in battaglia. Il letto di Maria Vergine. Il battente della porta che varcò quando partì per Betlemme già incinta di Gesù. La corona di spine. Il macigno con cui venne sbarrato il sepolcro di Cristo e che le tre Marie trovarono ribaltato il giorno della Resurrezione. E altre simili meraviglie. Tutti doni del governo popolare cinese per farsi perdonare le scelleratezze compiute ai danni dei cristiani durante la dittatura di Mao e non solo. Mi sono chinato su una specie di tela di lino di color nero, mezza muffita. Sull’etichetta ho letto: «Benda appartenuta al cieco cui il Signore restituì la vista presso la sorgente chiamata Natatorium Siloe».
Ma dài! mi sono detto.
Dietro una teca di vetro c’erano dei ramoscelli d’ulivo.
«Ramo dell’albero da cui fu ricavata la Croce» diceva l’etichetta attaccata a uno di essi. E accanto: «Ramo appartenuto all’albero di sambuco al quale si impiccò Giuda Iscariota».
Va be’, avrai capito. Mi fermo qui. È stato molto divertente, comunque.
Ti mando un saluto affettuoso,
Gianluca *Sul testo copyright Gianluca Barbera
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freedomtripitaly · 5 years ago
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Gli italiani amano la Costa Azzurra. Sono i maggiori frequentatori del Sud della Francia e ci vanno tutto l’anno. Ecco perché saranno molti coloro che la sceglieranno per le festività natalizie. Per chi visita la regione in questa stagione, la Costa Azzurra ha in serbo tantissimi eventi che allieteranno le loro giornate e, perché no, anche le loro serate. Giornate spesso e volentieri soleggiate, con temperature miti, perché il clima qui è sempre ideale per stare all’aria aperta. Fra le novità più importanti ce n’è una davvero suggestiva: Nizza, baia delle luci, il festival delle lanterne cinesi tradizionali che, dal 29 novembre fino al 23 febbraio, illuminerà il Parc Phoenix di Nizza di rosso, in un percorso incantevole che va dal lungomare fino ai vicoli interni della città vecchia. Anche la Costa Azzurra ha i suoi Mercatini di Natale. Ce ne sono tantissimi e in tante città affacciate sul mare e sulle vicine alture. Ce ne sarà uno grande a Cannes, dal 30 novembre al 5 gennaio 2020; a Nizza ci sarà il Villaggio di Natale dal 6 dicembre al 5 gennaio 2020; il Mercatino di Natale di Saint-Raphaël sarà accompagnato dal Giardino di Luci con bellissime proiezioni sulla Basilica dal 7 dicembre al 5 gennaio 2020, e a Mentone, oltre al Village du Père Noël, ci sarà una pista di pattinaggio sul ghiaccio al Marché des Halles, il “percorso delle renne” che attraversa la città e la “Foresta incantata” nei Jardins Biovès. Anche il delizioso borgo degli artisti di Biot, nell’entroterra di Antibes, avrà il suo Mercatino di Natale: il Mercatino della Creatività durerà solo un weekend, quello del 14 e 15 dicembre. Il Primo dicembre un gigantesco Calendario dell’Avvento sarà creato su un edificio del paese, dove ogni giorno si aprirà una delle 24 finestre con una mostra a cielo aperto. Il weekend del 21 – 22 dicembre si terrà invece il Mercatino di Natale a Golfe-Juan, tra Juan-les-Pins e Cannes. Durerà un giorno soltanto il Mercatino delle ceramiche di Natale della vicina Vallauris, che si terrà il 15 dicembre, con un laboratorio di ceramica per i bambini nella Place de l’Homme-au-Mouton. Non solo eventi al mare. Anche i villaggi dell’entroterra della Costa Azzurra avranno i loro mercatini. A partire da metà dicembre le vie centrali di Breil-sur-Roya e di Castellar, due villaggi montani sulla strada che porta al Col di Tenda, e della Turbie, alle spalle del Principato di Monaco, si riempiranno di bancarelle dei Mercatini di Natale. E non solo mercatini sulla Costa Azzurra. Dicembre è anche il mese dei presepi. Ne verranno allestiti di bellissimi a Lucéram, un tipico “village perché” a un’ora di strada da Mentone, dove si potrà fare il tour dei presepi fino a gennaio. Così come a Roquebrune-Cap-Martin, tra Mentone e Montecarlo, si potrà percorrere la suggestiva Strada dei Presepi. A Grimaud, sulla strada per Saint-Tropez, come ogni anno si svolge l’originale Salone dei Santons, le tipiche statuine dei presepi che si trovano solo nella zona della Provenza e, proprio per questo, non rappresentano solo i personaggi della Natività ma anche della vita quotidiana: non mancano infatti zingari e gitani. La capitale di questo appuntamento secolare rimane però Marsiglia. L’evento inizia il 6 dicembre, giorno di San Nicola, e dura fino all’Epifania. Natale in Costa Azzurra non è solo eventi ma anche tradizioni. Chi decide di trascorrere la Vigilia qui deve sapere alcune cose importanti: il cenone del 24 dicembre, benché debba essere “di magro”, comprende parecchie portate e non mancano mai lumache, baccalà, cefalo, cardi e sedano. Ci sono anche alcune regole da seguire per la preparazione della tavola: tre tovaglie bianche rappresentano la Santissima Trinità, alcune ciotoline devono contenere il grano di Santa Barbara e devono esserci ben 13 dessert, in riferimento a Cristo e ai suoi 12 Apostoli. Non esiste una lista fissa di dolci, ma non possono di certo mancare fichi, uva passa, mandorle e noci (chiamati “i quattro mendicanti”, in quanto evocano gli ordini religiosi che hanno fatto voto di povertà), i datteri, il torrone – blanc a base di albume montato a neve, noir a base di miele o zucchero – e il “gibassié” o “pompe à l’huile”, una sorta di focaccia dolce fatta con olio d’oliva fruttato. E poi, frutta fresca come uva, mandarini e frutta candita. In tema di riti tradizionali, invece, nelle zone più rurali, la cerimonia del “pastrage” (da “lou pastre” ovvero “pastore” in provenzale) continua ad arricchire la Messa di mezzanotte. Nel periodo in cui le pecore figliano, una processione di pastori viene a presentare l’agnello appena nato all’officiante e all’assemblea al suono del flauto e del tamburello. La giovane pecora viene trasportata in un carretto illuminato di candele. Questa celebrazione a volte è rinviata al mese di gennaio. A volte la Messa di mezzanotte è accompagnata da una pastorale, il che è sinonimo del Natale tradizionale. Si tratta di una rappresentazione teatrale della Natività, cantata e parlata in provenzale. Un po’ come se i Santon del presepe prendessero vita. Nel caso in cui a qualcuno mancasse comunque la neve, niente paura. A un’ora di strada dalla Costa Azzurra si possono raggiungere gli impianti sciistici delle Alpi del Sud, nelle località di Isola 2000, che apre a fine novembre, di Auron e di Valberg, che inaugurano la stagione invernale a dicembre. @CRT Côte d’Azur France/ Anaïs Brochiero https://ift.tt/2O86htV A Natale (e Capodanno) la Costa Azzurra diventa magica Gli italiani amano la Costa Azzurra. Sono i maggiori frequentatori del Sud della Francia e ci vanno tutto l’anno. Ecco perché saranno molti coloro che la sceglieranno per le festività natalizie. Per chi visita la regione in questa stagione, la Costa Azzurra ha in serbo tantissimi eventi che allieteranno le loro giornate e, perché no, anche le loro serate. Giornate spesso e volentieri soleggiate, con temperature miti, perché il clima qui è sempre ideale per stare all’aria aperta. Fra le novità più importanti ce n’è una davvero suggestiva: Nizza, baia delle luci, il festival delle lanterne cinesi tradizionali che, dal 29 novembre fino al 23 febbraio, illuminerà il Parc Phoenix di Nizza di rosso, in un percorso incantevole che va dal lungomare fino ai vicoli interni della città vecchia. Anche la Costa Azzurra ha i suoi Mercatini di Natale. Ce ne sono tantissimi e in tante città affacciate sul mare e sulle vicine alture. Ce ne sarà uno grande a Cannes, dal 30 novembre al 5 gennaio 2020; a Nizza ci sarà il Villaggio di Natale dal 6 dicembre al 5 gennaio 2020; il Mercatino di Natale di Saint-Raphaël sarà accompagnato dal Giardino di Luci con bellissime proiezioni sulla Basilica dal 7 dicembre al 5 gennaio 2020, e a Mentone, oltre al Village du Père Noël, ci sarà una pista di pattinaggio sul ghiaccio al Marché des Halles, il “percorso delle renne” che attraversa la città e la “Foresta incantata” nei Jardins Biovès. Anche il delizioso borgo degli artisti di Biot, nell’entroterra di Antibes, avrà il suo Mercatino di Natale: il Mercatino della Creatività durerà solo un weekend, quello del 14 e 15 dicembre. Il Primo dicembre un gigantesco Calendario dell’Avvento sarà creato su un edificio del paese, dove ogni giorno si aprirà una delle 24 finestre con una mostra a cielo aperto. Il weekend del 21 – 22 dicembre si terrà invece il Mercatino di Natale a Golfe-Juan, tra Juan-les-Pins e Cannes. Durerà un giorno soltanto il Mercatino delle ceramiche di Natale della vicina Vallauris, che si terrà il 15 dicembre, con un laboratorio di ceramica per i bambini nella Place de l’Homme-au-Mouton. Non solo eventi al mare. Anche i villaggi dell’entroterra della Costa Azzurra avranno i loro mercatini. A partire da metà dicembre le vie centrali di Breil-sur-Roya e di Castellar, due villaggi montani sulla strada che porta al Col di Tenda, e della Turbie, alle spalle del Principato di Monaco, si riempiranno di bancarelle dei Mercatini di Natale. E non solo mercatini sulla Costa Azzurra. Dicembre è anche il mese dei presepi. Ne verranno allestiti di bellissimi a Lucéram, un tipico “village perché” a un’ora di strada da Mentone, dove si potrà fare il tour dei presepi fino a gennaio. Così come a Roquebrune-Cap-Martin, tra Mentone e Montecarlo, si potrà percorrere la suggestiva Strada dei Presepi. A Grimaud, sulla strada per Saint-Tropez, come ogni anno si svolge l’originale Salone dei Santons, le tipiche statuine dei presepi che si trovano solo nella zona della Provenza e, proprio per questo, non rappresentano solo i personaggi della Natività ma anche della vita quotidiana: non mancano infatti zingari e gitani. La capitale di questo appuntamento secolare rimane però Marsiglia. L’evento inizia il 6 dicembre, giorno di San Nicola, e dura fino all’Epifania. Natale in Costa Azzurra non è solo eventi ma anche tradizioni. Chi decide di trascorrere la Vigilia qui deve sapere alcune cose importanti: il cenone del 24 dicembre, benché debba essere “di magro”, comprende parecchie portate e non mancano mai lumache, baccalà, cefalo, cardi e sedano. Ci sono anche alcune regole da seguire per la preparazione della tavola: tre tovaglie bianche rappresentano la Santissima Trinità, alcune ciotoline devono contenere il grano di Santa Barbara e devono esserci ben 13 dessert, in riferimento a Cristo e ai suoi 12 Apostoli. Non esiste una lista fissa di dolci, ma non possono di certo mancare fichi, uva passa, mandorle e noci (chiamati “i quattro mendicanti”, in quanto evocano gli ordini religiosi che hanno fatto voto di povertà), i datteri, il torrone – blanc a base di albume montato a neve, noir a base di miele o zucchero – e il “gibassié” o “pompe à l’huile”, una sorta di focaccia dolce fatta con olio d’oliva fruttato. E poi, frutta fresca come uva, mandarini e frutta candita. In tema di riti tradizionali, invece, nelle zone più rurali, la cerimonia del “pastrage” (da “lou pastre” ovvero “pastore” in provenzale) continua ad arricchire la Messa di mezzanotte. Nel periodo in cui le pecore figliano, una processione di pastori viene a presentare l’agnello appena nato all’officiante e all’assemblea al suono del flauto e del tamburello. La giovane pecora viene trasportata in un carretto illuminato di candele. Questa celebrazione a volte è rinviata al mese di gennaio. A volte la Messa di mezzanotte è accompagnata da una pastorale, il che è sinonimo del Natale tradizionale. Si tratta di una rappresentazione teatrale della Natività, cantata e parlata in provenzale. Un po’ come se i Santon del presepe prendessero vita. Nel caso in cui a qualcuno mancasse comunque la neve, niente paura. A un’ora di strada dalla Costa Azzurra si possono raggiungere gli impianti sciistici delle Alpi del Sud, nelle località di Isola 2000, che apre a fine novembre, di Auron e di Valberg, che inaugurano la stagione invernale a dicembre. @CRT Côte d’Azur France/ Anaïs Brochiero Per chi visita il Sud della Francia durante le festività natalizie, la Costa Azzurra ha in serbo tantissimi eventi.
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fragiledewdrop · 5 years ago
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Ah, questa controversia! Ricetta sicura per far ribollire il sangue :) In realtà penso che due letture ci siano, forse volutamente. Personalmente io ho sempre preferito quella di cui parli tu: il pescatore fa finta di dormire perché vuole proteggere l'uomo che ha soccorso senza dover mentire, e sorride perché fuck the police. Questo è sostenuto dalla modalità con cui viene descritto l'assassino. Ha "Occhi grandi da bambino, occhi enormi di paura", "specchi di un avventura", e rimpiange l'infanzia. Questo è il ritratto di un innocente terrorizzato, non di un criminale efferato. Certo, dice lui stesso di essere un assissino, ma ci sono mille ragioni per uccidere, e storicamente come tratta la giustizia il servo che uccide il padrone violento, il povero che si ribella ai soprusi del ricco e così via? Per cui aiutare l'assassino è in verità la cosa giusta. La vera giustizia non corrisponde sempre a quella amministrata dalla società.
C'è poi un altro aspetto da considerare. La canzone è piena di riferimenti religiosi. "Non si guardò neppure intorno ma prese il vino e spezzò il pane per chi diceva ho sete ho fame" ???? Did you mean "Dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati", or "avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere"?
Non solo, ma si parla di pane e vino. Chi ha sete di solito chiede l'acqua. Perché il vino? È forse una metafora dell'Eucarestia?
E perché il vecchio è proprio un pescatore, come gran parte degli apostoli, come San Pietro?
Si sta parlando di cristianità, e in particolare della lettera del vangelo, e di uno dei "comandamenti" di Gesù più difficili da seguire: amate il nemico.
De André parla spesso della religione, nello specifico dell'ipocrisia di coloro che si definiscono cristiani ma non agiscono come tali. Ci presenta preti che, pur essendo parte di quella società e di quel sistema di valori che stigmatizza una prostituta, la vogliono "accanto in processione", o fa stravolgere i comandamenti dal ladrone crocifisso accanto a Gesù.
In questo caso sembra voler mostrare cosa significhi seguire il vangelo alla lettera, senza scuse, anche quando non è facile, anche quando è contro la legge. Così il pescatore non esita neppure un momento prima di offrire il suo cibo/somministrare l'Eucarestia ad un assassino (un reo confesso.)
A questo punto ci sono due interpretazioni possibili del finale:
1) il pescatore fa finta di dormire perché ha obbedito ad una legge superiore a quella umana, della quale dunque non si preoccupa e che quasi deride. Del resto i corrispettivi dei "gendarmi" nel vangelo non fanno proprio una bella figura.
2)L'assassino uccide colui che ha cercato di nutrirlo/salvarlo, nel qual caso il messaggio è forse ancora più forte. Amare un nemico o perdonare un peccatore non garantisce la sua conversione al bene. De André sta dicendo :"Siete pronti a razzolare come predicate? Vi rendete conto che agire secondo la vostra moralità può avere delle conseguenze? Correreste il rischio? Dareste la vita per un peccatore impenitente? O vi state nascondendo dietro una fede che scegliete come e quando osservare?"
Il pescatore conosce il rischio, e sceglie di fare ciò che ritiene giusto, e se muore, muore sorridendo proprio per questo motivo.
In ogni caso la morale non è e non può essere "DON'T FUCKING GIVE YOUR STUFF TO MURDERERS"
WTF
Se non altro in modo in cui le persone interpretano questa canzone dice tanto di loro. Ma proprio tanto.
@fragiledewdrop, @postmodernmulticoloredcloak - oggi ho sentito la cosa più blasfema del mondo, e visto che mi sembrate persone affidabili e ragionevoli volevo sapere cosa ne pensate? No perché ho parlato con qualcuno che era al 100% convinto che Il pescatore di De André fosse una canzone ricorsiva, e quindi il sorriso del pescatore (e il suo silenzio con i gendarmi) siano dovuti al fatto che l’assassino in realtà lo uccide alla fine??? E a questo punto il messaggio della canzone sarebbe tipo DON’T FUCKING GIVE YOUR STUFF TO MURDERERS etc???? Mentre io sono cresciuta con l’idea che il pescatore facesse finta di dormire alla fine, in modo da non essere costretto a mentire ai gendarmi (o a dir loro la verità, e quindi condannare l’assassino), e ovviamente il messaggio era BE KIND TO STRANGERS AND DON’T JUDGE PEOPLE????? Chi ha ragione? Pareri? Teorie metafisiche? Magia di Google?
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mademoisellesabi · 5 years ago
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Un po’ Francia e un po’ Germania, non solo per la sua posizione sul fiume Reno, che segna il confine con la Germania, ma anche per la sua storia. Strasburgo è stata a lungo contesa tra le due nazioni. Per quasi mille anni è stata parte territorio dell’Impero Germanico finché nel 1681 Luigi XIV la occupò e la fece fortificare. Alla fine della Guerra Franco-Prussiana del 1870 torno in mano ai tedeschi; nel 1919 fu nuovamente annessa alla Francia e tornò di nuovo tedesca durante la Seconda Guerra mondiale, dal 1940 al 1945.
Da allora, non è solo una città francese ma anche l’emblema di un’Europa che si è combattuta per secoli e che oggi sembra aver trovato la pace, almeno militare, anche se non proprio una stabilità concreta. Non è stata scelta quindi a caso come Capitale europea sede di 3 importanti istituzioni: il Parlamento europeo, la Corte dei diritti dell’uomo e il Consiglio d’Europa.
Strasburgo, capoluogo del Grand Est, conta quasi 300.000 abitanti, Patrimonio dell’Umanità UNESCO sin dal 1988, rappresenta il tipico fascino alsaziano. Attraversata da una serie di canali e corsi d’acqua che formano la cosiddetta Grande Île, l’isola sulla quale sorge il centro storico.
Oggi Strasburgo una città affascinante, autentica e cosmopolita, anche grazie a quella doppia identità franco-tedesca che per secoli l’ha straziata, che alla fine le ha donato quel mix mash up di architetture e tradizione, per non parlare dell’incrocio delle due cucine quella francese raffinata e quella tedesca consistente e calorica e dei vini della regione, amabili ma decisi, vi basterà entrare nelle famose “winstubs”, una sorta di enoteca, per apprezzarli al meglio.
Per visitare Strasburgo al meglio è d’obbligo perdersi nei suoi vivaci vicoli medievali, nell’antico quartiere Petite France e li passeggiare sulle rive del fiume Ill, ma anche salire sul campanile della cattedrale e dai 142 metri di altezza ammirare i tratti caratteristici della città vecchia e i suoi singolari tetti, molto ripidi perché custodiscono soffitte a più piani, e infatti sono quasi tutti dotati di abbaini.
Vi troverete davanti una città interessante, ricca di arte e di storia e vi sarà subito chiaro perché gli “Strasbourgeois” siano così tremendamente orgogliosi della loro città e del suo notevole patrimonio architettonico.
Io ho adorato Strasburgo, l’ho visitata ben 3 volte e per tre anni consecutivi: la prima volta durante un viaggio in Alsazia, la seconda durante un viaggio in Germania nella confinante Foresta Nera e dintorni e la terza mentre ero diretta nella Champagne, partita in auto dall’Italia è stata la tappa della prima notte.
Ma vediamo nel dettaglio cosa offre Strasburgo ai viaggiatori:
LA CITTÀ VECCHIA
Strasburgo è una città incantevole nella sua interezza, ma la zona definita “Città Vecchia” vanta senza dubbio un fascino caratteristico e pittoresco. Andare alla scoperta del centro storico di Strasburgo è la prima cosa da fare in città per comprenderne la sua suggestiva e incantevole atmosfera. La Città Vecchia rappresenta l’Alsazia del passato, quella delle medievali case a graticcio con le loggette sulle mensole, le finireste a piccoli riquadri di vetro, le gallerie in legno e i piani superiori ad aggetto (consentiti in Alsazia anche dopo il 1681 benché banditi nel resto della Francia). Abitazioni dal fascino peculiare ognuna a modo suo e, nell’insieme, un meraviglioso quadro.
LA CATTEDRALE DI NOTRE DAME
Una visita a Strasburgo non può che cominciare dalla Cattedrale, una delle più alte espressioni del gotico in Europa, definita da Victor Hugo “prodigio di grandezza e leggiadria”. La straordinaria e imponente Cattedrale di Notre Dame, è senza dubbio l’emblema della città. La sua costruzione iniziata nell’anno 1015 con uno stile romanico, venne in seguito continuata con uno stile gotico fino a quando, nel 1439, i lavori vennero sospesi. Il risultato è comunque stupefacente, i 142 metri della sua guglia, meravigliano i viaggiatori. Dalla guglia si gode uno spettacolo straordinario sulla Grande-Ile e su tutta Strasburgo. La Cathédrale Notre-Dame, tra il XVII e il XIX secolo, fu l’edificio più alto del mondo. La facciata, con il suo portone scolpito, è una sorta di Bibbia raffigurante diversi episodi della vita di Gesù. Anche all’interno la cattedrale, seppur caratterizzati da un arredamento semplice e sobrio, è ugualmente suggestiva, grazie alle vetrate colorate, all’Orologio Astronomico del 1572 che ogni giorno alle 12.30 mette in moto un meccanismo con Cristo Benedicente, la processione degli Apostoli e un gallo che canta 3 volte e infine, davanti all’orologio, c’è il Pilastro degli Angeli con 3 ordini di statue.
PIAZZA DELLA CATTEDRALE
Piazza della Cattedrale è il fulcro del centro storico dove affacciano alcuni degli edifici più importanti della città. Oltre alla Cattedrale, da cui prende il nome, catturerà la vostra attenzione la Maison Kammerzell, la bella casa di Strasburgo che un ricco commerciante di formaggi fece costruire su alcune botteghe in pietra (ancora visibili). La parte superiore, che ospitava l’abitazione e il magazzino è realizzata tutta in legno e decorata con animali, guerrieri, figure grottesche. Oggi nella casa c’è un famoso ristorante. All’angolo con la casa c’è la Farmacia del Cervo del 1268, la più antica di Francia.
LA PETITE-FRANCE
La Petite-France è la parte meglio conservata del centro storico, la più romantica e la più fotografata. Qui per molti secoli hanno vissuto i mugnai, i conciatori e i pescatori del paese. Le dimore a graticcio sono rimaste quelle dei secoli XVI e XVII, con tetti spioventi, le finestre a filo d’acqua e i davanzali rigorosamente colmi di fiori. I fienili e le antiche botteghe sono oggi negozi di souvenir, ma questo non toglie nulla al fascino del luogo. Le chiuse dei due bracci del fiume Ill permettevano ai battelli provenienti dal Reno di risalire il fiume giungendo sino alle porte di quasi tutte le retrobotteghe. Il nome Petite France deriva dal nome di un ospedale che si trovava qui un tempo.
Uno degli angoli più visitati e fotografati della Petite-France è i “Ponts Couverts” (ponti coperti) che hanno conservato il nome anche se hanno perso le coperture nel 1700. Le torrette da cui sono dominati servivano da bastioni per la difesa nel caso di attacchi alla Repubblica di Strasburgo.
Nella zona un’altra delle eccezionali opere di Vauban (l’ingegnere militare che ho citato in arti articoli sulla Francia per le sue opere, in particolare in Bretagna) ed la Diga Vauban, una casa-diga progettata con l’idea di utilizzare l’acqua per inondare tutta la parte sud di Strasburgo in caso di attacco da parte del nemico. Bellissima col buio. In cima alla diga c’è un belvedere da cui godersi la vista sui ponti e sui tetti di Strasburgo. Dista circa 1 km dalla Cattedrale.
I MUSEI
Palais del Rohan Si trova a pochi metri dalla Cattedrale e ospita tre importanti musei: Belle Arti, Arti decorative e il Museo archeologico. Originariamente costruito per alloggiare i principi vescovi. La visita inizia nei sotterranei dove nel Museo archeologico viene raccontata la storia dell’Alsazia, dai cacciatori di mammut alla civiltà gallo-romana. Il Museo di arti decorative racconta e custodisce le ricchezze dei Cardinali di Strasburgo: porcellane, sculture, quadri, vasellame, oreficerie. Il museo più importante del Palazzo è quello di Belle Arti, tra i più importanti d’Europa, propone un’interessante percorso dalla nascita della pittura al 1870. L’Italia è ben rappresentata, per la verità la Toscana è il Veneto sono ben rappresentate, con Raffaello, Giotto, Filippino Lippi e Botticelli (i toscani), e Veronese, Canaletto, Tiepolo, Cima da Conegliano (i Veneti). Presenti anche molte opere di artisti spagnoli: Zurbaran, Murillo, Goya, El Greco e dell’olandese Van Dyck e del fiammingo (nato in Germania) Rubens. Il 1800 è rappresentato da opere di pittori francesi tra i quali Corot, Courbet Delacroix e Chasseriau. Si trova nei pressi della Cattedrale.
Il Museo di Arte Moderna e Contemporanea Il Museo, che si trova nei pressi della Diga Vauban, prosegue il percorso artistico del Museo di Belle Arti (sopra) che si ferma al 1870.
Qui sono rappresentati i movimenti più importanti degli ultimi 140 anni: impressionismo, postimpressionismo, arte del novecento, fauvismo, espressionismo, surrealismo e oltre. Della raccolta permanente fanno parte opere di Monet, Picasso, Kandinsky, Duchamp, Ernst e un’intera galleria dedicata a Gustave Doré. Oltre alla collezione permanente, il museo ospita mostre temporanee sulle tendenze artistiche attuali.
Se siete in visita è d’obbligo salire sulla terrazza a prendere un caffè mentre ammirate i paesaggio sulla Petit-France e sui Ponti Coperti. Dista 1,3 dalla Cattedrale.
Musée de l’Œuvre Notre-Dame (Museo dell’Opera di Notre-Dame) Si trova di fronte la Cattedrale in Place du Château, è un piccolo museo che raccoglie il meglio dell’arte medievale e rinascimentale di Strasburgo, dell’Alsazia e di tutto l’Alto Reno.
Il museo merita la visita per: la Testa di Cristo proveniente da Wissembourg, considerata la più antica vetrata figurativa conosciuta; il dipinto degli “Amanti Defunti” una macabra rappresentazione di una coppia ancora in piedi ma già attaccata dai vermi che vuole offrire una riflessione sulla vanità e la fragilità dell’amore, della gioventù e della bellezza; la coppia di statue che rappresentano la afflitta e vinta Sinagoga (l’ebraismo) e la Chiesa, serena e vittoriosa; e il dipinto con Santa Caterina e Maria Maddalena di Conrad Witz uno dei più importanti pittori tedeschi.
PONT DU CORBEAU
La struttura del Pont du Corbeau, in arenaria rosa e pietra, ha assunto l’aspetto che ha ora nel 1890. Fino ad allora il ponte era conosciuto con un nome macabro Schindbrücke (ponte di tortura), ciò perché in questa zona della città avvenivano le esecuzioni pubbliche e i condannati venivano gettati nel fiume Ill legati a sacchi di terra.
Gabbie di metallo poste alle estremità del ponte servivano per esporre pubblicamente i truffatori minori come: l’oste che tagliava il suo vino con l’acqua o il panettiere che imbrogliava sul peso del pane. Gli imbroglioni, insomma.
Negli edifici del ponte anche un museo, il Museo Storico della città dal 1920. Riaperto nel 2007, era stato chiuso vent’anni per ristrutturazione. Il museo racconta la storia urbanistica della città attraverso il suo carattere politico, economico, sociale e culturale, attraverso una raccolta di oggetti civili e militari, dipinti, disegni e sculture dal Medioevo al XVIII secolo. Nonostante un patrimonio di oltre 200.000 oggetti, i visitatori possono ammirarne solo 1.650.
Dietro l’edificio, la Place du Marché-aux-Cochons-de-Lait (Piazza del mercato dei maialini da latte). Nella piazza diversi ristoranti e le famose enoteche/cantine, le winstubs dove fermarsi a fare tappa enoica. La piazza e la vicina Rue du Maroquin meritano la visita anche per le case a graticcio, tra le più belle della città che conferiscono al quartiere un aspetto da cartolina.
LE ISTITUZIONI EUROPEE
La visita qui non è certo per rendere omaggio alle istituzioni europee, almeno per molti, la visita è consigliata per ammirare i palazzi in cui sono ospitati il Parlamento Europeo, il Consiglio e la Corte europea dei diritti dell’uomo per il loro aspetto architettonico. Si trovano lungo le rive dell’III, affluente del Reno. Grazie alla presenza di queste istituzioni Strasburgo è di fatto la Capitale d’Europa.
Il Parlamento Europeo si visita solo in gruppo, non è prevista la visita individuale, la richiesta è sempre consistente quindi, se siete interessati, conviene prenotare con molto anticipo attraverso il sito del Parlamento. 
Il Palazzo del Consiglio d’Europa è visitabile sia in gruppo con visite guidate che in autonomia, con delle limitazioni (solo gli spazi pubblici). Per info, date, orari consultate il sito Internet. 
Anche per la Corte europea dei diritti umani richiede una prenotazione obbligatoria per minimo 15 persone. Verificare sul sito.
STRASBURGO IN BATTELLO
Strasburgo è una città sull’acqua, interamente costruita sulle acque del Reno e dell’III, pertanto per avere una prospettiva diversa è consigliato in giro in battello. Chi mi segue sa che sono una fan delle città sull’acqua, attraversate da corsi d’acqua, dei luoghi bagnati dall’acqua, mare, Oceano in genere. Quindi non posso che consigliare il giro in battello. I battelli della compagnia Batorama partono dal molo vicino alla Cattedrale e offrono due diversi percorsi: Strasburgo storica e Petit-France. Il tour della Strasburgo storica dura 70 minuti ed è disponibile tutti i giorni dell’anno, da 4 a 22 corse al giorno a seconda del periodo al costo di euro 9,60. Il tour della Petite-France dura 45 minuti e offre una sola corsa al giorno al costo di euro 7,20. Per info su imbarco, orari e altro visitate il sito 
QUARTIERE L’ORANGERIE
Un elegante quartiere, non troppo distante dal centro della città, dove si trovano alcune delle più belle ville della città e le maggiori ambasciate estere. Oltre a questo la peculiarità del quartiere è l’enorme parco de l’Orangérie, risalente alla fine del XVII secolo, dove furono piantati 138 alberi di aranci, da questo il suo nome. Nel polmone verde di Strasburgo non mancano simpatiche specie animali, la metà ideale per gli amanti delle passeggiate nella natura “in città” o per chi vuole rilassarsi in un angolo bucolico. Dista 1,5 km dal centro (Cattedrale) ed è raggiungibile in 20 minuti a piedi.
QUARTIER KRUTENAU
Situato tra il centro città e i quartieri universitari è oggi un quartiere giovane e vivace ma con una storia antica, questa zona un tempo era attraversata da canali e abitata da pescatori e battellieri. Nel quartiere infatti si fondono in perfetta armonia tradizione e modernità. Tra i vicoli del quartiere, dove affaccino case ed architetture dall’aria retrò, si trovano gallerie d’arte, boutique di moda e molti locali dove assaggiare le specialità culinarie locali. Dista 800 metri dal centro (Cattedrale) è raggiungibile in 10 minuti/un quarto d’ora a piedi.
ORTO BOTANICO DELL’UNIVERSITÀ DI STRASBURGO
L’area dell’Orto Botanico dell’Università di Strasburgo offre oltre seimila specie botaniche, una serra rigogliosissima, alberi imponenti e secolari, la visita è un’occasione unica per conoscere al meglio le meraviglie floreali del territorio ma non solo quelle. La visita è gratuita ed è aperto dalle 14.00 alle 16.00. Dista 1,5 km dal centro (Cattedrale) e ci si arriva in 20 minuti a piedi.
Questi i miei suggerimenti ma Strasburgo, per quanto piccola, ha comunque molto altro da offrire, come tutta l’Alsazia, date un’occhiata anche a quest’articolo, sui villaggi da non perdere e programmate una visita.
Strasburgo: cosa vedere nella capitale d’Europa Un po’ Francia e un po’ Germania, non solo per la sua posizione sul fiume Reno, che segna il confine con la Germania, ma anche per la sua storia.
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italianaradio · 6 years ago
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Settimana Santa: i riti e i piatti della tradizione, dieci itinerari da Cassano a Nucera
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Settimana Santa: i riti e i piatti della tradizione, dieci itinerari da Cassano a Nucera
Settimana Santa: i riti e i piatti della tradizione, dieci itinerari da Cassano a Nucera
La Settimana Santa in Calabria è identità che emoziona. Da Cassano a Bova, da Civita a Nocera Terinese non c’è borgo in cui attraverso tutti i momenti della Pasqua, non si rinnovi l’appuntamento imperdibile con i riti, i simboli ma anche con i piatti e le ricette di una memoria che rappresenta l’icona stessa dei territori ed il più distintivo invito a scoprire ed a vivere, nell’anima e nel corpo dei territori, esperienze uniche ed irripetibili. È, questa, la mission sottesa alla nuova iniziativa turistica e culturale proposta da una nota famiglia attiva nel settore della ristorazione per la Settimana della Pasqua, nel quadro delle diverse iniziative organizzate per il 50esimo anniversario dell’esperienza imprenditoriale e familiare di Altomonte che dal 1969 continua ad essere sinonimo di una visione di cibo, ricettività e territorio ispirate all’identità, allo spirito ed alle emozioni autentiche del terroir. Dieci tra gli eventi identitari pasquali tra i più suggestivi e distintivi in tutte e cinque le province calabresi diventano protagonisti di un originale progetto simbolico, culinario e di marketing territoriale: un vero e proprio passaporto per guidare l’ospite ed il viaggiatore, territorio per territorio, ad entrare vivere esperienze uniche ed irripetibili. I PIATTI TIPICI Frittata di asparagi, salsiccia e guanciale. Cicorie e carciofi sottolio ed i carciofi a mollicata. Capretto con le patate. Zuppa di fave alla contadina. Dolcetti della tradizione pasquale e pastiera. Cuore e valore aggiunto del progetto si conferma la proposta, all’ospite e al viaggiatore, di piatti e ricette della gastronomia locale che scandisce i diversi riti pasquali calabresi e che potranno essere degustati affacciandosi sullo scenario suggestivo del borgo autentico di Altomonte, punto di partenza ed arrivo di tutti gli itinerari turistico-culturali regionali suggeriti nello speciale passaporto. I RITI RELIGIOSI Dalla Chiamata Della Madonna, toccante e suggestiva cerimonia religiosa che a Cassano Allo Ionio, i fedeli fanno rivivere in Cattedrale, dopo la predica di Passione al suggestivo rito che all’alba di domenica di Pasqua, a Civita si rinnova sulla porta chiusa della chiesa, tra il male (una persona che si serra al suo interno) e Gesù (il sacerdote che bussa per tre volte recitando il salmo). Dalla Qerradonulla, il falò che a San Benedetto Ullano, si accende a mezzanotte del Sabato Santo per simboleggiare il Cristo Risorto alle nenie e ai lamenti mariani in vernacolo intonati ai piedi della Vergine nella chiesa di Maria SS. dei Sette Dolori, nel centro storico di Corigliano. E poi ancora, la processione delle Varette di Amantea; i Vattienti di Nocera Terinese; la Pigghjiata, la cattura di Gesù nell’orto degli ulivi, di Taverna; la processione degli Angialegj (degli Apostoli) a Pizzo; la Festa Du Signure Muertu a Mesoraca le Pupazze, costruite con foglie di ulivo, portate in processione fino al santuario di San Leo, principale chiesa di Bova.
La Settimana Santa in Calabria è identità che emoziona. Da Cassano a Bova, da Civita a Nocera Terinese non c’è borgo in cui attraverso tutti i momenti della Pasqua, non si rinnovi l’appuntamento imperdibile con i riti, i simboli ma anche con i piatti e le ricette di una memoria che rappresenta l’icona stessa dei territori ed il più distintivo invito a scoprire ed a vivere, nell’anima e nel corpo dei territori, esperienze uniche ed irripetibili. È, questa, la mission sottesa alla nuova iniziativa turistica e culturale proposta da una nota famiglia attiva nel settore della ristorazione per la Settimana della Pasqua, nel quadro delle diverse iniziative organizzate per il 50esimo anniversario dell’esperienza imprenditoriale e familiare di Altomonte che dal 1969 continua ad essere sinonimo di una visione di cibo, ricettività e territorio ispirate all’identità, allo spirito ed alle emozioni autentiche del terroir. Dieci tra gli eventi identitari pasquali tra i più suggestivi e distintivi in tutte e cinque le province calabresi diventano protagonisti di un originale progetto simbolico, culinario e di marketing territoriale: un vero e proprio passaporto per guidare l’ospite ed il viaggiatore, territorio per territorio, ad entrare vivere esperienze uniche ed irripetibili. I PIATTI TIPICI Frittata di asparagi, salsiccia e guanciale. Cicorie e carciofi sottolio ed i carciofi a mollicata. Capretto con le patate. Zuppa di fave alla contadina. Dolcetti della tradizione pasquale e pastiera. Cuore e valore aggiunto del progetto si conferma la proposta, all’ospite e al viaggiatore, di piatti e ricette della gastronomia locale che scandisce i diversi riti pasquali calabresi e che potranno essere degustati affacciandosi sullo scenario suggestivo del borgo autentico di Altomonte, punto di partenza ed arrivo di tutti gli itinerari turistico-culturali regionali suggeriti nello speciale passaporto. I RITI RELIGIOSI Dalla Chiamata Della Madonna, toccante e suggestiva cerimonia religiosa che a Cassano Allo Ionio, i fedeli fanno rivivere in Cattedrale, dopo la predica di Passione al suggestivo rito che all’alba di domenica di Pasqua, a Civita si rinnova sulla porta chiusa della chiesa, tra il male (una persona che si serra al suo interno) e Gesù (il sacerdote che bussa per tre volte recitando il salmo). Dalla Qerradonulla, il falò che a San Benedetto Ullano, si accende a mezzanotte del Sabato Santo per simboleggiare il Cristo Risorto alle nenie e ai lamenti mariani in vernacolo intonati ai piedi della Vergine nella chiesa di Maria SS. dei Sette Dolori, nel centro storico di Corigliano. E poi ancora, la processione delle Varette di Amantea; i Vattienti di Nocera Terinese; la Pigghjiata, la cattura di Gesù nell’orto degli ulivi, di Taverna; la processione degli Angialegj (degli Apostoli) a Pizzo; la Festa Du Signure Muertu a Mesoraca le Pupazze, costruite con foglie di ulivo, portate in processione fino al santuario di San Leo, principale chiesa di Bova.
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maltaosj · 6 years ago
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Sabato 29 Settembre, come ogni anno, ricorre la festività di San Michele Arcangelo e proprio a Monte Sant’Angelo è presente il Santuario che è meta di numerosi pellegrini.
In concomitanza della festa del Santo Patrono, si è svolta la riunione Priorale, presieduta dal Principe Gran Maestro Sua Altezza Reale Don Thorbjorn Paternò Castello Guttadauro d’Ayerbe d’Aragona, coadiuvato dal Gran Priore d’Italia il Marchese Don Alberto Tumminelli di Merì, dal Priore della Capitanata Francesco La Torre, dall’Ufficiale Religioso il Principe Don Nunzio Rimaudo di San Teodoro e dal Governatore della Casa Reale Paternuense il Marchese Don Thomas Molendini di Santa Magdalena, alla presenza di tutti i Cavalieri del Priorato della Puglia.
Alle ore 11 presso la Chiesa ove è custodita la Spada del Santo, il Gran Maestro unitamente ai dignitari e ai Cavalieri hanno partecipato alla Santa Messa officiata dal Vescovo.
Successivamente dopo la pausa pranzo, ‪alle ore 16.30, i Cavalieri assieme agli ospiti si sono ritrovati presso il Castello di Monte Sant’Angelo, per partecipare alla benedizione del castello e alla Cerimonia d’Investitura durante la quale sono stati nominati Cavalieri Eustachio Tamburrino e Angelo Damiani.
Ad accogliere i Cavalieri il primo cittadino di Monte Sant’Angelo, il Dott. D’Arienzo Pierpaolo, il quale ha ricevuto dalle mani del Principe Gran Maestro una targa in segno di Riconoscimento al merito sociale.
A seguire tutti i Cavalieri presenti hanno partecipato alla processione che ha visto il Santo uscire per le strade del paese, sino alla fine della processione.
La serata si è conclusa con la cena di Gran Gala e con l’augurio di ritornare presto per festeggiare San Michele Arcangelo.
A seguire una breve relazione, stilata dal Cav. Granatiero, riguardante il Santuario di San Michele Arcangelo situato a Monte Sant’Angelo.
IL SANTUARIO DI SAN MICHELE ARCANGELO A MONTE SANT’ANGELO
Monte Sant’Angelo
Situata a 837 metri s.l.m., è ubicata all’interno del Parco Nazionale del Gargano con la Sede dell’Ente, in Puglia. Conosciuta in tutto il mondo grazie alla presenza del Santuario di San Michele Arcangelo, la città garganica è un luogo di fede, spiritualità, ma anche di tradizioni, bellezze paesaggistiche, storia, arte, folklore e tipicità gastronomiche.
Sede dell’Ente Parco Nazionale del Gargano.
IL CULTO MICAELICO
Il più famoso luogo di culto nel mondo dedicato a San Michele (…Gregorovius l’ha definita la metropoli del culto Micaelico). Il santuario dell’Arcangelo sul monte Gargano è stato il primo Santuario nell’Occidente latino in una grotta naturale che conserva ancora oggi tutto il suo fascino e che fu meta di continui pellegrinaggi di personaggi illustri: Papi, Santi, Imperatori e dignitari di alto rango e di gente umile, provenienti anche da terre molto lontane: un fenomeno di fede e religiosità popolare che si è perpetuato dal V secolo sino ai nostri giorni.
Attorno alla grotta Micaelica venne sorgendo prima un castrum e poi la città di Monte Sant’Angelo, la cui storia è tutt’uno con il suo santuario divenendo, unico caso nel mondo.
Le apparizioni e le rivelazioni in particolare qualificano il culto del Santo, che realizza miracoli con l’acqua, manifesta la sua forza in fenomeni naturali miracolosi, difende il santuario e dà vita al fenomeno del pellegrinaggio.
La ricostruzione della storia e del culto dell’Angelo sul Gargano si fonda prevalentemente sul Liber de apparitione sancti Michaelis in monte Gargano (= Apparitio) un’opera agiografica anonima datata alla fine dell’VIII secolo e conservata nella Biblioteca vaticana.
Il racconto è costituito da tre episodi:
del TORO (anno 490) perché un ricco proprietario di armenti ed abitante della vicina Sipontum (oggi Manfredonia) un giorno non trovava più il suo Toro più bello che non tornò in stalla. Dopo diversi giorni di ricerche lo trovarono in una grotta (attuale grotta Micaelica) in un punto inaccessibile. Non potendolo riprendere decise di ucciderlo scagliandogli una freccia questa ritornò indietro e lo ferì. Tornato a Siponto raccontò al vescovo Lorenzo Maiorano l’episodio il quale indisse tre giorni di digiuno e di preghiere rivolte a Dio Padre. Il terzo giorno apparve in sonno al Vescovo un Angelo che si manifestò come l’Arcangelo Michele e che Lui era l’artefice dell’evento e che aveva scelto il luogo come Sua dimora terrena.
della Battaglia (anno 492) si narra della battaglia tra i Bizantini (Napoletani) e i Sipontini. La città di Siponto era assediata e stava per cadere quando il Vescovo Lorenzo chiese l’intervento dell’Arcangelo con le stesse modalità della 1^ Apparizione e al terzo giorno l’Arcangelo invitò i Sipontini (Longobardi) ad entrare in battaglia perché avrebbe combattuto al loro fianco. Decimarono l’esercito bizantino riportando una grande vittoria.
della Consacrazione o Dedicazione della chiesa (anno 493) dopo i portenti episodi che si sono verificati il vescovo Lorenzo decise di salire al Monte Gargano con altri 6 vescovi per “consacrare” quel luogo al culto Micaelico. Ma la notte l’Angelo del Signore Michele’Arcangelo gli appare in visione e disse: …” Non è compito vostro consacrare la Basilica da me costruita. Io stesso l’ho fondata e consacrata. A riprova di tale “potente prodigio” i vescovi trovarono impressa nel “sasso” un’IMPRONTA di piede attribuita allo stesso Michele.
Ecco perché la Grotta Micaelica è l’unico luogo al mondo non consacrato dalla Chiesa ma direttamente dallo Spirito Santo tramite l’Arcangelo Michele e costituente da allora la testimonianza nel mondo della trilogia divina. Padre: adorato a Gerusalemme nel Santo Sepolcro, Figlio riconosciuto a Roma con le tombe degli apostoli Pietro e Paolo, lo Spirito Santo nella Grotta dell’Arcangelo Michele.
Dopo queste tre apparizioni che hanno dato ORIGINE al culto Micaelico è attestata una quarta detta:
della Peste (anno 1656) sul Gargano, come in tutto il suolo italico imperversava la Peste portata dagli spagnoli. Il vescovo Puccinelli (Lucchese) sepolto nell’atrio della Basilica, chiese l’intervento dell’Arcangelo con una “Supplica” e con tre giorni di digiuno e preghiere. L’Arcangelo gli apparve in visione il terzo giorno e disse : …chi avrà con se un “SASSO” della mia sacra dimora con incisa un croce e le iniziali di S.M. il morbo non prevarrà.
L’assetto pre Longobardo del Santuario o Bizantino
I primi interventi per proteggere la “Grotta” e permetterne l’accesso ai tanti pellegrini furono effettuati dai Bizantini tra il V e inizi del VI secolo con la realizzazione di una galleria costituita da due campate di otto metri ciascuna, che raggiungeva direttamente l’altare delle impronte.
IL SANTUARIO DI SAN MICHELE ARCANGELO IN ETÀ LONGOBARDA
Alla fine del VI secolo, sulla scena sociale e politica dell’Italia meridionale fecero la loro comparsa i Longobardi, che dopo aver fondato con il duca Zottone nel 572 il ducato di Benevento, cercarono a più riprese sbocchi sul Tirreno e sull’Adriatico.
I LONGOBARDI E IL CULTO MICAELICO
I Longobardi, infatti, dovevano sentirsi particolarmente attratti da Michele, nel quale trovavano attributi e caratteristiche del pagano Wodan, considerato dai popoli germanici dio supremo, dio della guerra, psicopompo, protettore di eroi e guerrieri. Le mire espansionistiche longobarde preoccuparono i Bizantini che, stando al racconto di Paolo Diacono, attaccarono verso il 650 il santuario ma furono gravemente sconfitti dal longobardo Grimoaldo I, duca di Benevento (647-671), accorso prontamente sul Gargano.
Questo episodio influì profondamente sulla storia dei rapporti tra Longobardi e culto Micaelico. Quando infatti nel IX secolo, accanto alla data tradizionale del 29 settembre, cominciò a comparire l’8 maggio come dies festus della dedicazione della chiesa Micaelica sul Gargano, la storiografia longobarda fece risalire proprio a quel giorno l’apparizione di Michele e la vittoria di Grimoaldo sui Bizantini, contribuendo così a creare una tradizione che si è perpetuata ininterrottamente nei secoli.
Il Santo divenne “protettore” e la Grotta Santuario Nazionale del popolo longobardo
IL SANTUARIO DI SAN MICHELE ARCANGELO _ Oggi
Nella seconda metà dell’XI secolo la chiesa-grotta fu coinvolta da lavori di ristrutturazione che si possono collocare negli anni di Roberto il Guiscardo, testimoniati dal portale di accesso alla chiesa e dalle porte di bronzo fuse a Costantinopoli, donate al santuario dal nobile amalfitano Pantaleone nel 1076.
Nella seconda metà del XIII secolo si registra un nuovo importante processo di monumentalizzazione di tutto il complesso, quando il santuario divenne oggetto di interesse dei primi sovrani angioini: la scalinata, la navata e il campanile.
Alcuni radicali interventi sono dovuti alla committenza di Carlo I.
IL CAMPANILE OTTAGONALE
iniziato nel 1274 ad opera del protomagister locale Giordano e del fratello Marando – come attesta una lapide sovrastante il piccolo ingresso architravato – , fu realizzato nelle forme di una torre del tutto simile a quelle angolari di Castel del Monte, forse in sostituzione di un più antico campanile.
LA CAPPELLA DELLE RELIQUIE
In questa cappella tra le tante reliquie è presente quella del Santo Papa Giovanni Paolo II e una Croce detta di Federico II e contenente, incastonata al cento in cristallo di rocca, una piccola croce che la tradizione vuole sia stata realizzata con alcuni “frammenti” della Croce Santa di Gesù-
  I MUSEI DEL SANTUARIO
  IL MUSEO DEVOZIONALE – Il santuario ospita il Museo Devozionale, inaugurato, nel suo nuovo allestimento, il 5 luglio 2008. Il Museo raccoglie le testimonianze che nel corso dei secoli pellegrini illustri e gente comune hanno lasciato come pegno di devozione.
IL MUSEO LAPIDARIO, “CRIPTE LONGOBARDE”
  Sono esposte diverse sculture provenienti dagli scavi del santuario, dall’ex chiesa di San Pietro e dalle rovine dell’abbazia benedettina di Santa Maria di Pulsano.
Tra queste: frammenti di ambone fra i quali un’aquila con leggìo della bottega del Diacono della Basilica Acceptus del 1041. Tale scultura è ritenuta da molti studiosi il primo esempio di arte “Romanica” ed in particolare del Romanico-pugliese.
La presenza di alcune iscrizioni murarie (circa duecento) hanno reso possibile datare le costruzioni tra la fine del VII e l’inizio del secolo VIII detto periodo Longobardo. Per tali testimonianze-Cripta e iscrizioni longobarde- il 25 giugno 2011 l’UNESCO ha iscritto il Santuario Micaelico nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Nella Città ci sono tanti altri monumenti di notevole importanza:
IL COMPLESSO MONUMENTALE DI SAN PIETRO, DEL BATTISTERO DI SAN GIOVANNI “IN TUMBA” E DELLA CHIESA DI SANTA MARIA MAGGIORE (TRA IL VI E IL XII SEC.)
IL CASTELLO NORMANNO- SVEVO- ANGIOINO –ARAGONESE- Qui nacque il futuro Re Carlo III D’Angiò, battezzato nella Sacra Grotta in una fonte battesimale in oro che successivamente fu fusa dal Re Alfonso d’Aragona per farne monete delle “Alfonsine”.
A CIRCA 9 KM DALL’ABITATO è presente l’ABBAZIA DI SANTA MARIA DI PUSANO dove è attestata una presenza di monaci fin dal VI sec. Con una esperienza di vita “eremitica” (valloni) intorno al nucleo della stessa Abbazia. Nel XIII secolo San Giovanni da Matera fonda una nuova comunità benedettina dando vita alla famiglia “Pulsanense”.
Il Cavaliere
Giovanni Granatiero
MONTE SANT’ANGELO – ATTIVITA’ DI PRIORATO – FESTEGGIAMENTI SAN MICHELE ARCANGELO Sabato 29 Settembre, come ogni anno, ricorre la festività di San Michele Arcangelo e proprio a Monte Sant’Angelo è presente il Santuario che è meta di numerosi pellegrini.
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fancityacireale · 7 years ago
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Programma della Festa di S. Venera
ACIREALE – IL PROGRAMMA DELLA FESTA DI S. VENERA
MERCOLEDI 19 LUGLIO
Chiesa di Gesù e Maria in via Dafnica Ore 18,00: Coroncina alla Santa Patrona. Ore 18,30: Solenne corteo processionale con l’argenteo Scrigno contenente le Sacre Reliquie di Santa Venera e dei cerei delle antiche corporazioni artigiane. Parteciperanno: il Sindaco e la Giunta comunale di Acireale, gli ammalati della Città assistiti dal personale dell’U. N. I. T. A. L. S. I., della Misericordia e della Croce Rossa Italiana, le Venerabili Arciconfraternite e Confraternite, le Pie Unioni e le Associazioni religiose e laiche della Città, I Ministranti della Città. Il corteo si snoderà lungo il percorso: via Dafnica, via San Martino, piazza Guglielmo Marconi, via Davì, piazza Duomo. Ingresso nella Basilica Cattedrale, omaggio floreale da parte delle Confraternite e Associazioni e accensione del cero votivo da parte del Sindaco, dott. Roberto Barbagallo. Ore 19,30: Solenne Celebrazione Eucaristica presieduta dal Can. Roberto Strano.
GIOVEDI 20 LUGLIO Le Sacre Reliquie della Santa Patrona saranno esposte alla venerazione dei fedeli nella Cappella dell’Istituto Casa Mia, viale dello Jonio 34. Basilica Cattedrale Ore 19,00: Recita del Santo Rosario; preghiera alla Santa Patrona. Ore 19,30: S. Messa presieduta dal Rev.do Don MARIO GULLO, Direttore del Servizio Diocesano di Pastorale Giovanile, con la partecipazione dell’equipe diocesana del servizio.
VENERDI 21 LUGLIO Le Sacre Reliquie della Santa Patrona saranno esposte alla venerazione dei fedeli nella Cappella dell’Oasi Cristo Re in via Maddem. Basilica Cattedrale Ore 19,00: Recita del Santo Rosario; preghiera alla Santa Patrona. Ore 19,30: Celebrazione Eucaristica presieduta dal Rev.do Can. Roberto Strano, Cappellano della Reale Cappella e assistente spirituale del Circolo Santa Venera, con la partecipazione del Consiglio Direttivo e dei soci del Circolo. All’offertorio saranno presentate e benedette le tessere dell’anno associativo in corso. Ore 20,30: Lectio Dantis, Paradiso Canto XXXIII. Interverranno la Prof.ssa Leda Vasta, S.E.R. Mons. Antonino Raspanti, Prof. Salvatore Valastro. Lettrice Costanza Arcidiacono. Intermezzi musicali a cura di Giuseppe Bella (organo) e Simona Postiglione (violino)..
SABATO 22, DOMENICA 23, LUNEDI 24 LUGLIO Solenne Triduo
SABATO 22 LUGLIO
Ore 19.00: Uscita del Venerato Busto-Reliquiario di Santa Venera sulla settecentesca portantina e processione per Piazza Duomo, Via Romeo e per le caratteristiche e suggestive “Chiazzette”. Accoglienza da parte della comunità di S. Maria La Scala, in Piazza Molino sarà celebrata la S. Messa, presieduta dal Parroco, Can. FRANCESCO MAZZOLI. Subito dopo processione per le Vie: Molino e Scalo Grande ed ingresso nella Chiesa parrocchiale. Ore 24.00: (Nella Parrocchia di S. Maria La Scala) Veglia di preghiera per i giovani: “Venera, giovane tra i giovani”.
Nella Basilica Cattedrale:
Ore 19,00: Recita del Santo Rosario; coroncina alla Santa Patrona. Ore 19,30: Celebrazione Eucaristica presieduta dal Rev.do DON GIOVANNI MAMMINO, Vicario Generale della Diocesi di Acireale.
DOMENICA 23 LUGLIO Le Sacre Reliquie della Santa Patrona saranno esposte nelle Parrocchie di San Filippo d’Agira in Aci San Filippo, “Totius Acis mater et caput”.
Nella Basilica Cattedrale: Ore 9.00 – 10,30 – 12.00 – 19,30: SS. Messe
Ore 18.00: Dalla Chiesa parrocchiale di S. Maria La Scala, muoverà la processione con il Busto-Reliquiario della Santa Patrona verso la Chiesa Cattedrale, percorrendo le antiche e suggestive “Chiazzette”. In Piazza Madonna del Suffragio accoglienza da parte della Comunità parrocchiale e sosta diu preghiera. La processione riprenderà per le vie: Santicella, Marzulli, C.so Umberto, Piazza Duomo. Ingresso nella Chiesa Cattedrale e reposizione del Simulacro nella Reale Cappella.
Ore 19,45: Nell’antica Chiesa di Santa Venera al Pozzo, accoglienza delle Sacre Reliquie e S. Messa presieduta da Don Alessandro Di Stefano, Prevosto-Parroco di Aci San Filippo.
LUNEDI 24 LUGLIO
Ore 19.00:Recita del S. Rosario e coroncina alla Santa Ore 19,30: S. Messa di conclusione del Triduo. Al termine Processione con le Reliquie all’interno della Chiesa e benedizione. MARTEDI 25 LUGLIO Vigilia della Solennità di Santa Venera Vergine e Martire
Ore 15.00: A Largo Giovanni XXIII, inizio lavori “coriandolata”, per la realizzazione di un’immagine di Santa Venera dalle dimensioni di 220 mtq (realizzata dall’Associazione Culturale “Coriandolata” e dalla Fondazione Città del Fanciullo) Ore 18,00: Uscita dei Cerei delle antiche corporazioni artigiane. Ore 18,30: Traslazione del Venerato Busto-Reliquiario di Santa Venera dalla Reale Cappella all’altare maggiore. Ore 19,00: Solenni Primi Vespri Pontificali presieduti da S. E. R. Mons. ANTONINO RASPANTI, Vescovo di Acireale. Parteciperanno: il Venerabile Capitolo della Cattedrale, gli alunni del Seminario diocesano che presteranno il servizio liturgico, la Deputazione della Reale Cappella di Santa Venera, il Circolo Santa Venera. Al termine solenne benedizione ai portatori del Fercolo. Ore 20,00: Solenne uscita del Venerato Busto-Reliquiario di Santa Venera e dello Scrigno sull’argenteo fercolo per il «giro popolare». Il corteo processionale si snoderà lungo il percorso: via Cavour, via San Carlo, P.zza san Domenico: sosta di preghiera davanti la Chiesa di San Domenico, via San Biagio, via Collegio Pennisi, piazza San Michele; sosta presso la Chiesa parrocchiale San Michele Arcangelo per un breve momento di preghiera; via Dafnica; via San Martino; breve sosta presso il Seminario diocesano; via Dott. Alfio Fichera, via Del Popolo, via Maddem, piazza Carmine; sosta presso la Chiesa parrocchiale Santa Maria del Carmelo per un breve momento di preghiera; via Galatea, via Genuardi. Ingresso in piazza Duomo. Rientro nella Basilica Cattedrale e reposizione del Venerato Busto-Reliquiario di Santa Venera nella Reale Cappella.
MERCOLEDI 26 LUGLIO Solennità di Santa Venera Vergine e Martire
Ore 08,00 – 09,00 – 12,15 – 18,00 – 19,00: Sante Messe. Ore 09,45: Traslazione del Venerato Busto-Reliquiario di Santa Venera dalla Reale Cappella all’altare maggiore. Ore 10,20: All’ingresso della Cattedrale accoglienza di S. E. R. Mons. GIOVANNI ACCOLLA, Arcivescovo-Metropolita di Messina-Lipari-S.Lucia del Mela. Ore 10,30: Solenne Messa Pontificale presieduta da S. E. R. Mons. GIOVANNI ACCOLLA.. Concelebreranno: S. E. R. Mons. Antonino Raspanti, Vescovo di Acireale, gli Ecc.mi Vescovi presenti, il Venerabile Capitolo della Cattedrale, i Capitoli Collegiali delle Basiliche dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e di San Sebastiano, i Parroci della Città, il Presbiterio diocesano e la Parrocchia San Giuseppe in Pasteria che ricorda il 75° anno di fondazione della Parrocchia. Gli alunni del Seminario diocesano presteranno il servizio liturgico. Presenzieranno le gentili Autorità civili e militari della Città, i Sindaci dei diciotto Comuni della Diocesi, la Deputazione della Reale Cappella di Santa Venera, il Circolo Santa Venera. Alla processione offertoriale il Sindaco di Acireale, Dott. Roberto Barbagallo, consegnerà le Chiavi della Città alla Santa Patrona. Il servizio di animazione liturgica sarà curato dalla Cappella Musicale del Duomo, diretto dal M° Rosanna Furnari. Ore 21,00: Solenne uscita del Venerato Busto-Reliquiario di Santa Venera e dello Scrigno sull’argenteo fercolo per il «giro d’onore». La processione liturgica sarà presieduta da S. E. R. Mons. Antonino Raspanti, Vescovo di Acireale, con la partecipazione del Venerabile Capitolo della Cattedrale, dei Capitoli Collegiali delle Basiliche dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e di San Sebastiano, dei Parroci della Città, degli alunni del Seminario diocesano, delle Autorità civili e militari, della Deputazione della Reale Cappella di Santa Venera, del Circolo Santa Venera; e si snoderà lungo il percorso: via Davì, via G. Meli, piazza Lionardo Vigo, via Ruggero Settimo, sosta in piazza Duomo. Dal balcone centrale di Palazzo Grimaldi, sede del Credito Siciliano, il Cappellano della Reale Cappella, Can. Roberto Strano, reciterà la Preghiera per la Città, al termine della quale S. E. R. Mons. Vescovo rivolgerà un Messaggio alla Diocesi ed impartirà la solenne Benedizione alla Diocesi ed alla Città. Prosieguo della processione lungo il percorso: corso Savoia, via Paolo Vasta, corso Umberto I, piazza Duomo. Rientro nella Basilica Cattedrale, reposizione del Venerato Busto-Reliquiario di Santa Venera nella Reale Cappella e solenne Benedizione con le Sacre Reliquie.
Programma della Festa di S. Venera was originally published on Fancity Acireale
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giuseppetripodi · 8 years ago
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Nocera Terinese, colori e misteri della Fede
In questo spazio voglio parlarvi di un piccolo paesino del catanzarese di poco più di 4700 anime che ogni anno, durante il periodo della Settimana Santa, attira numerosi visitatori che, armati di fede ma anche di macchine fotografiche e videocamere, pregano e riprendono le celebrazioni liturgiche nei giorni che precedono la Pasqua.
In particolare, attira l’attenzione della gente, la lunga processione della Madonna addolorata e del Cristo morto, anche per la partecipazione alla stessa dei cd. “vattienti“, ossia penitenti che in segno di devozione o di voto per grazia (richiesta o ricevuta) portano in testa una corona di spine e, lungo le strade del paese, utilizzando dei piattelli di sughero si autoflagellano battendosi le parti del corpo fino a farne fuoriuscire il sangue.
Un rito, quello dell’autoflagellazione che forse in principio era praticato solo dai monaci dentro le mura dei conventi ma che in seguito prese piede anche tra i fedeli che iniziarono a percuotersi il corpo nella convinzione che la sofferenza potesse compiacere in qualche modo a Dio, espiare i propri peccati o allontanare dalla città pericoli di guerre e carestie.
A Nocera Terinese con questo rito si vuole celebrare la passione di Cristo, tutte le sofferenze che ha patito e che Lo portarono dapprima alla morte e quindi alla resurrezione.
La mattina presto del Sabato Santo, appena arrivato a Nocera Terinese, fin da subito, mi sono ritrovato davanti a delle forti scene di dolore e di fede, in cui il rosso sangue è il colore dominante e indiscusso che predomina anche sulle forti schiarite e sulle dure ombre create dall’abbagliante sole calabrese.
Il titolo di questo reportage
“Nocera Terinese, colori e misteri della Fede”
potrebbe apparire “strano” o ingannevole, visto che la maggior parte della fotografie sono in Bianco e Nero ma è proprio seguendo l’alternarsi del bianco, del nero e del rosso che mi permette di raccontare insieme e allo stesso tempo separatamente, la storia di tanta gente che, ognuno a suo modo, vive la propria fede in Cristo risorto.
Ovviamente il mistero della fede in senso teologico assume un significato differente rispetto a quello immediato e letterale. La Fede, proprio perché tale, non ha nessun lato oscuro o nascosto ma anzi è la relazione diretta che abbiamo con Dio che ci manifesta la sua esistenza tramite la “rivelazione” e ci permette di comprendere realtà altrimenti non accessibili all’uomo.
Nel Nuovo Testamento la rivelazione è l’incarnazione di Gesù, la manifestazione di Dio agli uomini che li rende partecipi della Sua vita mortale, quindi anche della Sua passione, della morte in Croce e della Resurrezione. La Pasqua, dunque, per ogni cristiano rappresenta un nuovo inizio e tutto il simbolismo e la ritualità delle liturgie organizzate dai fedeli vengono vissute dagli abitanti di Nocera in maniera talmente intensa da suscitare l’interessamento e la partecipazione da parte di molti.
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Nelle fotografie di questo reportage, il NERO è il colore della gente comune, dei “normali” fedeli che seguono la processione lungo le strade di Nocera Terinese. Una lunga processione che, tra salite e discese ripide, tocca ogni angolo della città. Inizia la mattina e prosegue fino alla sera. Dalla parte bassa del paese sale fino al Convento dei Cappuccini per poi ritornare fino alla Chiesa della S.S. Annunziata.
Il BIANCO, invece, è il colore dei portatori, coloro che (solitamente) di padre in figlio si tramandano il ruolo di trasportare fisicamente la statua della Madonna Addolorata e del Cristo morto. Un compito molto faticoso visto il peso della statua, la conformazione geografica del luogo che si erge su una verde collinetta e la durata della processione, che con un ritmo lento e cadenzato si muove per le vie del paese effettuando numerose soste presso le chiese, dove sono stati allestiti i “Sepolcri“, nelle vicinanze di edicole sacre ma anche davanti alle case e ai negozi dei noceresi.
I sai dei portatori, colpiti dai forti raggi solari, illuminano l’intera scena creando duri contrasti col nero degli abiti degli altri fedeli che, in preghiera, si limitano a seguire la statua in processione mentre la banda musicale intona una sorta di marcia funebre chiamata “jone”.
Muovendomi tra la folla ho notato subito che anche tra i portatori ci sono ruoli distinti. Oltre a quelli che spingono la statua della Pietà, uno di loro resta davanti alla statua e materialmente direziona tutto il gruppo. Un altro, invece, si posiziona in testa al corteo portando in spalla una grande Croce. Questa resta distante dalla statua della Pietà affinché la Madonna non scorga la Croce. La Croce si incontrerà con la Statua della Madonna soltanto quando quest’ultima ridiscendendo il cammino percorso per raggiungere la parte più alta del paese giungerà in un luogo (denominato “Pizzu Cacatu“) che simboleggia il Monte Calvario. Una volta superata questa “stazione” i due simulacri continueranno la processione verso la Chiesa della S.S. Annunziata ma i portatori non dovranno più prestare attenzione a nascondere l’una dall’altra.
La Statua della Pietà è una scultura lignea del ‘600 e, secondo quanto dicono i noceresi, è stata scolpita secondo la tradizione usando un unico tronco di pero selvatico da uno scultore che, terminata l’opera, perse immediatamente la vista per non poter più ripetere un simile capolavoro.
Realtà e leggenda creano una commistione inseparabile in cui nessuno può dire con certezza quanto sia storicamente avvenuto e quanto, invece, sia frutto dell’immaginazione.
Per le vie di Nocera vengono predisposti dei tavolini che rappresentano le “stazioni” in cui far sostare la statua della Madonna durante la processione ma la vera fatica dei portatori sta nel rispettare le “stazioni extra” che incontrano lungo il cammino.
Molti fedeli, infatti, aspettano in casa il passaggio della statua, salutando dal proprio balcone la Madre di Gesù Cristo che ricambia voltandosi. Lungo tutto il tragitto, non ho mai visto la Madonna “saltare” un balcone o una finestra.
Mentre si segue la processione si possono incrociare alcuni personaggi particolari che scalzi e con indosso degli strani abiti si muovono, apparentemente senza meta, da una parte all’alta del paese.
Sono i “vattienti” di cui scrivevo sopra, che legati da una cordicella all’Ecce Homo rappresentano il Cristo flagellato e sanguinante e il Cristo che viene portato da Pilato per essere giudicato. (“Ecco l’uomo”, l’espressione con la quale, nel Vangelo di Giovanni (19,5), Pilato presenta alla folla il Cristo flagellato e coronato di spine).
Queste due figure non sono legate soltanto da una corda ma, quasi sempre, anche da uno stretto legame familiare. Spesso, infatti, vattiente e ecce homo sono impersonati da padre e figlio e ciò mi fa capire quanto sia importante questo rito per i noceresi.
Il vattiente indossa un pantalone corto nero, una corona di spine e un copricapo anch’esso nero mentre l’Ecce Homo, invece, ha il corpo avvolto dentro un panno rosso che gli lascia scoperto il petto, porta anche lui una corona di spine in testa e sulle spalle tiene con se una piccola Croce rossa.
Questi personaggi, gli unici rappresentati con fotografie a colori, completano il titolo del reportage. Il ROSSO è il colore dei vattienti che spicca tra la folla anche dalla lunga distanza. Essi, come accennavo, manifestano la loro devozione percuotendosi le gambe e le cosce a sangue, utilizzando due dischi di sughero (chiamati “la rosa e il cardo“), uno liscio e uno provvisto di tredici schegge di vetro acuminate (dette lanze) incollate su uno strato di cera. Le tredici punte di vetro simboleggiano gli Apostoli, compreso Giuda, che viene evocato con una scheggia più sporgente rispetto alle altre, per aver tradito Gesù.
Per i profani sono loro i protagonisti della giornata e le fotografie dei turisti si sprecano mentre i vattienti camminano per le vie del paese per battendosi a sangue lungo le “stazioni” in cui sosta la statua della Madonna o nelle vicinanze delle abitazioni dei loro cari.
Segnare a sangue il muro delle abitazioni è qualcosa che i noceresi gradiscono perché, secondo loro, si tratta di “sangue benedetto“. Il vattiente “segna” col suo sangue anche l’Ecce Homo e gli altri che lo seguono durante la funzione, un gesto di riconoscenza, di affetto, di amore verso queste persone.
I flagellanti vivono sul loro corpo la passione di Cristo e, colpo dopo colpo, le strade di Nocera diventano un fiume di sangue che sgorga abbondante dal corpo del penitente fino alla strada. Espiare le proprie colpe materialmente, col dolore fisico, partecipare personalmente al martirio con una penitenza che ha lo scopo di purificare se stessi ed i propri cari dai peccati commessi.
Guardando queste scene di sangue, mi ha colpito molto lo sguardo dei bambini. Osservano i vattienti con molta attenzione e senza spaventarsi. Non inorridiscono alla vista del sangue, vivono questo rito come se fossero un normale momento di preghiera quindi con serio rispetto e forse un pizzico di ammirazione per il penitente che si infligge dolore.
Ad essere sincero, il sangue fa “impressione” solo all’inizio, ci si abitua quasi subito guardando le porte segnate dai dischi dei flagellanti, le strade colme del loro sangue e, appunto, i tanti vattienti che si percuotono in giro per il paese. La cosa che mi ha impressionato seriamente, dal mio arrivo fino al rientro e che ancora ricordo bene, è il “rumore del colpo“, quando con forza il vattiente si ferisce  il corpo col disco vetrato si sente un colpo che supera ogni altro rumore di fondo, lasciandoti senza fiato.
Chiacchierando con i noceresi mi sono fatto raccontare anche il “dietro le quinte” del rito. In particolare, mi hanno spiegato il ruolo di un altro personaggio (chiamato semplicemente “l’amicu“) che segue per tutto il giorno il vattiente portandosi dietro un piccolo bidonino pieno di vino che versa sul corpo del penitente prima di percuotersi. Pensavo che il vino fosse solo un modo per “spettacolarizzare” ulteriormente la scena ma, invece, lo scopo è un altro ovvero rendere il sangue più fluido e disinfettare le ferite.
Un’altra storia interessante che mi hanno raccontato riguarda la fase preparatoria al rito. Il vattiente prima di iniziare a flagellarsi si veste e immerge le mani dentro una caldaia di rame in cui viene messa a bollire dell’acqua con del rosmarino e con le mani ancora bagnate si lava le gambe e i polpacci. Il massaggio vigoroso che viene fatto ai vattienti dovrebbe servire per anestetizzare parzialmente la parte che verrà percossa dal cardo ma, onestamente, vista la forza esagerata con cui si colpiscono, non ci credo molto che possa servire ad attenuare il dolore.
Hanno cercato più volte di vietare questi riti ma senza riuscirci. A Nocera ogni anno si ripete la tradizione dei flagellanti e ogni anno viene versato del sangue lungo le strade del paese. Per i noceresi è normale, si tratta di qualcosa che hanno vissuto e vivono da tutta la vita e non farlo sarebbe l’anormalità.
Tutta la Settimana Santa è un continuo susseguirsi di riti e di liturgie e i vattienti iniziano a percuotersi il corpo fin dalla sera del Venerdì Santo e forse è il miglior momento per andare a visitare Nocera Terinese visto che ancora non è invasa dai migliaia di turisti che vengono ad assistere alla processione del giorno dopo. Diciamo che il Venerdì è ancora un momento “esclusivo” dei paesani e spero vivamente che continui a restare tale.
Una cosa che mi ha fatto molto piacere vedere è che durante la processione del Sabato Santo gli abitanti di Nocera lasciano le porte di casa aperte e imbandiscono dentro un tavolo con del cibo. Fuori dalla porta d’ingresso dispongono alcune bottiglie di vino come per dirti “Entra pure, sei il benvenuto!!“.
Questo modo di fare dei noceresi mi ha ricordato alcune qualità tipiche di noi calabresi, essere persone gentili, semplici e ospitali. Disponibili con tutti, specie con chi viene da fuori.
Personalmente, questa esperienza mi ha colpito non solo per la crudeltà delle scene ma soprattutto per la naturalezza con cui viene vissuta dai protagonisti flagellanti cosi come dagli altri indigeni compartecipanti. La sensazione che ne ho ricavato è che nonostante il periodo di super tecnologia che stiamo vivendo sono persistono fortemente ancora intrinseci momenti di mistica spiritualità che impregna il comune sentire dell’intera comunità nocerese e ti trasmette quel senso innato del divino che per un attimo coinvolge la tua presenza facendoti dimenticare di tutto il resto esaltando maggiormente lo spirito piuttosto che la carne.
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Questo reportage è stato realizzato durante un’uscita che ho organizzato col mio Club fotografico – Fotoamatorigioiesi “Ferdinando Scianna” di Gioia Tauro – e ringrazio di cuore Valentino Guido e Alessandro Coccimiglio per avermi fatto da guida durante l’intera giornata.
Tutte le fotografie del reportage sono state scattate nel comune di Nocera Terinese il 15/04/2017 e le ho realizzate utilizzando come corpo macchina una Fujifilm X-T2 su cui ho montato come unico obiettivo un Fujifilm XF 18-55 f/2.8-4R LM OIS.
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Di seguito alcune immagini scattate durante la giornata del Sabato Santo
Nocera Terinese, colori e misteri della Fede Nocera Terinese, colori e misteri della Fede In questo spazio voglio parlarvi di un piccolo paesino del catanzarese di poco più di 4700 anime che ogni anno, durante il periodo della…
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eventicatanzaro-blog · 8 years ago
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CALABRIA AUTENTICA: PASQUA a BADOLATO BORGO
CALABRIA AUTENTICA: PASQUA a BADOLATO BORGO (Costa Ionica – Provincia di Catanzaro)
Prendono il via, dalla mattinata di Domenica 09 Aprile, gli antichi riti religiosi della Settimana Santa di Badolato borgo. La Pasqua nel medievale centro storico ionico, con le sue tradizioni popolari religiose, vede il suo apice nel week-end 14/15/16 aprile. E nel week-end successivo del 22/23 Aprile si svolgeranno i festeggiamenti civili e religiosi di San Vicenzo Ferrer (tutte le rappresentazioni religiose della Settimana Santa di Badolato affondano le proprie radici fin dal XVII secolo).
Qui di seguito programma ufficiale a cura delle Confraternite Religiose locali Confraternita dell’Immacolata, Confraternita del SS. Rosario, Confraternita di Santa Caterina V.M. d’Alessandria, con una locandina generale e dettagliata curata da A.Op.T “Riviera e Borghi degli Angeli”, Pro-Loco Badolato/Unpli Calabria e Comune di Badolato:
Domenica 09 Aprile, ore 10:00 – Domenica delle Palme con Santa Messa e benedizione delle palme e dei ramoscelli d’ulivo, Chiesa Matrice del SS. Salvatore;
Lunedì 10 Aprile, ore 10:00/12:00 – Visita al Santissimo, esposto nella Chiesa Matrice del SS. Salvatore, con Corteo Devozionale della Confraternita si Santa Caterina Vergine e Martire con partenza dalla medesima Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria;
Martedì 11 Aprile, ore 10:00/12:00 – Visita al Santissimo, esposto nella Chiesa Matrice del SS. Salvatore, con Corteo Devozionale dell’Arciconfraternita dell’Immacolata con partenza dalla medesima Chiesa dell’Immacolata;
Mercoledì 12 Aprile, ore 10:00/12 – Visita al Santissimo, esposto nella Chiesa Matrice del SS. Salvatore, con Corteo Devozionale della Confraternita del SS. Rosario con partenza dalla medesima Chiesa di San Domenico;
Giovedì 13 Aprile, ore 17:00 – Cena Domini nella Chiesa Matrice del SS. Salvatore con la vestizione degli Apostoli, la rappresentazione dell’Ultima Cena, e la consegna ai fedeli del Pane Benedetto;
Venerdì 14 Aprile, Ore 14:00 – Processione Devozionale del Venerdì Santo con partenza dalla Chiesa di San Domenico con tappe che vanno a percorrere le vie del Borgo Antico, giungendo sino al Convento Francescano di S. Maria degli Angeli;
Sabato 15 Aprile, ore 13:00 – Processione Penitenziale dei Misteri Dolorosi del Sabato Santo con partenza dalla Chiesa dell’Immacolata con tappe che vanno a percorrere le vie del Borgo Antico, giungendo sino al Convento Francescano di S. Maria degli Angeli, e con il coinvolgimento di circa 200 “figuranti”;
Domenica 16 Marzo, ore 12:00 – Misteri Gloriosi Domenica di Pasqua con la tradizionale “Cumprùnta”, con l’incontro in piazza S. Barbara tra il Cristo Risorto e sua Madre Maria SS.; Inizio della processione previsto alle ore 10:00 con partenza dalla Chiesa di San Domenico con tappe che vanno a percorrere le vie del Borgo Antico, giungendo sino al Convento Francescano di S. Maria degli Angeli.
22/23 Aprile – Festa di San Vincenzo Ferrer: Sabato 22, ore 17:00 – Apertura fiera lungo la via principale del borgo Ore 20:00 – Concerto dei “Parafonè”, piazza San Domenico
Domenica 23, ore 17:00 – Santa Messa e processione di San Vincenzo Ferrer con partenza dalla Chiesa Matrice del SS. Salvatore e con tappe per le vie dell’antico borgo.
Approfondimenti e informazioni storiche:
<< La “Processione penitenziale dei Misteri Dolorosi” del Sabato Santo – si legge in una nota ricevuta dalla Confraternita dell’Immacolata – gode di una particolare considerazione per l’ormai ultra secolare tradizione, per la profonda spiritualità che la pervade e per il fascino e la devozione dell’ambiente nel quale annualmente viene celebrata. Tra gli oltre 250 fedeli, prendono parte i portatori della statua di Maria Addolorata, i portatori della “Varetta” con il Cristo morto, Alabardieri, Ladroni, Centurioni, Penitenti (Disciplinari), i Giudei che strattonano Gesù sotto la Croce, Addoloratine, Cantori e altre confraternite di Badolato Borgo. La rappresentazione religiosa affonda le sue radici nel lontano 1802 tenuto conto che, negli anni ’41 – ’42 e ’43 della Seconda Guerra Mondiale, la veneratissima processione stata sospesa per tre anni. I fedeli che prendevano parte al sacro rito, percorreranno le vie del paese tra gli angoli più suggestivi e caratteristici del Borgo medievale, che per un giorno si trasformerà in una “Seconda Gerusalemme”. La processione dalla Chiesa dell’Immacolata e raggiunge, dopo un caratteristico percorso per le viuzze del borgo e l’antica “petta ‘e l’angeli”, il Convento di Santa Maria degli Angeli posto fuori il centro storico. Conclusa questa prima tappa, il corteo giunge alla Chiesa di San Domenico situata all’estremo lembo del borgo, per poi far ritorno alla stessa Chiesa dell’Immacolata. Un percorso lungo circa 8 km (andata e ritorno), durante il quale vengono vissute le varie stazioni della Via Crucis in un crescendo di toni drammatici che vanno dalla flagellazione all’incoronazione di spine, tra i canti impregnati di profonda mestizia e accorati, tra il commosso dolore dei fedeli in corteo e della gente assiepata ai bordi del percorso. La maggior parte dei fedeli sono veterani, in quanto per devozione interpretano lo stesso ruolo per motivi esclusivamente religiosi, i quali conservano accuratamente vestiti, armi, calzature, elmi e alabarda e attrezzature varie. A distanza di sette ore dalla partenza, la processione ritorna nella tarda serata alla Chiesa dell’Immacolata, dove il corteo si scioglie tra il tripudio dei fedeli >>.
<< Domenica di Pasqua, dalle ore 09.30 presso la Chiesa di San Domenico (Monastero) si svolgerà la Solennità della Pasqua e Resurrezione di Gesù Cristo e alle ore 12:00 (in piazza Santa Barbara) si terrà la tradizionale e spettacolare “Cumprunta” a cura della stessa Confraternita del S.S. Rosario. Nella “Cumprùnta” le statue di Cristo Risorto e della Madonna, vestita a lutto, percorrono strade e vicoli del Borgo con giovani “tamburinàri” che fanno da messaggeri per annunciare che Cristo è risorto. L’incontro, alla fine, delle statue di Cristo e della Madonna – non più vestita a lutto – portate a spalla di corsa dai confratelli, è un momento magico antico e pure nuovo ogni volta, teatro popolare di strada, rito e rappresentazione sacra. Fantastico ed unico lo spettacolo offerto dai confratelli delle tre Confraternite del Ss.mo Rosario, dell’Immacolata, di S. Caterina d’Alessandria, con il “ballo degli stendardi”, vessilli delle tre congregazioni religiose, in onore del Cristo Risorto e della Madonna >>.
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