#Piergiorgio Milano
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L’ULTIMA VETTA
“Sali” “Ce la puoi fare” “Non pensare, agisci” “Ancora un ultimo sforzo”.
White Out di Piergiorgio Milano ph. Andrea Macchia
Herve Bermasse è un alpinista italiano, ultimo discendente di una dinastia di “montanari” professionisti. Ha fatto della montagna la sua vita, dopo essersene perdutamente innamorato a seguito della sua prima scalata da professionista nel Cervino nel 2000. Ottomila metri sono stati la sfida che nel 2017 ha tentato, accompagnato dal tedesco David Gottler: la scalata impossibile dello Shisha Pangma in Tibet. Partiti insieme dalla valle del monte nelle prime ore del mattino, i due sono riusciti ad arrivare a tre metri dalla vetta, per poi scendere in circa tredici ore, compiendo un record fino a quel momento impensabile. Bermasse e Gottler hanno scritto una nuova pagina di storia dell’alpinismo che, nonostante tutto, ha un sapore leggermente amaro a causa di quei pochi passi che li hanno separati dalla vetta.
«Ci siamo detti “fermiamoci qui”. A ogni passo il manto nevoso su cui procedevamo era tutto uno scricchiolio. Rumori profondi di assestamento. Pochi passi che indicano vita o morte, a seconda della decisione. Parrebbe inutile sottolinearlo per molti, ma noi vogliamo dirlo, ci siamo fermati a 2 o 3 metri dalla vetta per poter tornare giù, per vivere». (La Stampa, 2017)
È un realismo conscio quello dell’alpinista. Consapevole dei possibili rischi, ha scelto di sopravvivere.
«Quando sei a casa e ti alleni per realizzare un sogno è molto facile. È quando il sogno ti si presenta alto più di duemila metri sopra di te e parti per realizzarlo con 25 metri di corda e poco materiale che pensi sia irrealizzabile».
«E così ammetto di aver avuto paura di non essere in grado di realizzare il sogno. Sovrastato dalla grande montagna mi sentivo piccolo, piccolo. Poi il primo passo, quindi un altro, la testa si svuota dai pensieri pesanti e inizi a salire. Ma finita la parete, quando siamo arrivati sul plateau finale che porta alle gobbe e alla cresta di vetta e sprofondavamo fino al ginocchio, le nostre chance erano pochissime. E i dubbi sono tornati. Eravamo soli su tutta la montagna che si presentava in modo differente, cambiata per il terremoto di tre anni fa. E da allora non è stata più salita».
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Foto tratta dall'intervista a cura di Planet Mountain su scarpa.com
La ricerca della vetta può diventare una vera e propria dipendenza, un pensiero fisso che porta ad assumersi rischi spesso non calcolabili a causa, ad esempio, delle condizioni meteo facilmente mutabili. Così, l’alpinista rischia la vita per qualcosa di apparentemente inutile, ma lo fa perché altrimenti non avrebbe senso vivere. Certamente prendere una decisione sbagliata in quel contesto (come avviene in similitudine anche nella vita) potrebbe innescare una serie di eventi nefasti, un “effetto farfalla” capace di portare nei casi più estremi anche alla morte.
Pensiamo a Battista Bonali, ritenuto da molti l’alpinista italiano più celebre degli anni Ottanta e Novanta. Nel 1993 perse la vita sulla parete nord dell’Huascaràn, a duecento metri dalla vetta, travolto da una scarica di ghiaccio e rocce, mentre insieme all’amico Giandomenico Ducoli cercava di ripercorrere la via Casarotto. Ai due è stato dedicato un rifugio, in omaggio alle imprese da loro compiute, che è divenuto per gli alpinisti simbolo di coraggio e amicizia.
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Rifugio Torsoleto Battistino Bonali e Giandomenico Ducoli foto di G.Cemmi
I due alpinisti erano legati da una fortissima amicizia nutrita da profondi sentimenti di rispetto ed empatia coltivati anche grazie alla condivisione di esperienze – come possiamo immaginare – estremamente forti. In situazioni d’emergenza la paura della morte rende completamente nudi. Forse è anche questo aspetto di sfida che appassiona chi pratica l’alpinismo. Guardare in faccia la morte e sbeffeggiarla, rimanendo consapevoli che ogni momento potrebbe essere l’ultimo anche soltanto per un piccolo passo errato.
Con queste parole viene ricordato Bonali:
«Grazie montagna per avermi dato lezioni di vita, perché faticando ho appreso a gustare il riposo, perché sudando ho imparato ad apprezzare un sorso d’acqua fresca, perché stanco mi sono fermato e ho potuto ammirare la meraviglia di un fiore, la libertà di un volo d’uccello, respirare il profumo della semplicità, perché solo immerso nel tuo silenzio, mi sono visto allo specchio e spaventato ho ammesso il mio bisogno di verità e amore, perché soffrendo ho assaporato la gioia della vetta percependo che le cose vere, quelle che portano alla felicità, si ottengono solo con la fatica. E chi non sa soffrire, mai potrà capire». O. Forno, Battistino Bonali: grazie montagna, Cuneo, Mountain Promotion, 2003.
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White Out di Piergiorgio Milano ph. Andrea Macchia
Nello spettacolo White Out affiora questo concetto di forte amicizia. Soprattutto all’inizio quando un alpinista-performer trascina ostinatamente con sé anche i corpi dei due amici ormai defunti, nonostante le sue evidenti difficoltà. La presa di cura dell’altro non esiste solo nell’amicizia ma può essere un tratto distintivo generale di una persona. Secondo l’antropologa Margaret Mead la nascita della civiltà è ravvisabile in quel momento in cui i membri di una comunità iniziano a prendersi cura l’uno dell’altro.
Mingma Gelje, il più giovane ad aver scalato il K2 in inverno, ne è una dimostrazione. Aveva iniziato a scalare le montagne per passione, per poi diventare uno scalatore professionista oltre che una guida alpina. Il suo nome ormai, nel mondo dell’alpinismo in particolare, viene molto ricordato per le sue varie imprese di soccorso.
Ma più che per i suoi soccorsi “all’ordine del giorno” vi è stato un salvataggio in particolare che ha richiamato anche l’attenzione del New York Times.
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La vicenda, avvenuta un anno fa, riguarda il salvataggio di un uomo che si trovava nella “Zona della morte” sull’Everest. L’impresa venne definita un “miracolo” persino dai funzionari del Dipartimento del Turismo, perché è quasi impossibile essere salvati in quella zona. Gelje, nonostante non conoscesse quell’uomo, è stato disposto a trasportarlo sulle sue spalle per più di sei ore, caricandosi – tra peso effettivo del corpo, vestiti e attrezzatura dell’uomo – più di cento chili. Alternandosi ogni tre ore con un suo compagno, insieme non lo lasciarono indietro. Non lo lasciarono morire. Erano quasi giunti alla vetta, ma sono tornati giù per aiutare. Se ci soffermiamo a pensarci non è per niente scontato. E infatti, come ha dichiarato è stata l’impresa più difficile mai compiuta.
Purtroppo, la montagna non è un gioco e per fortuna nella maggior parte dei casi fra gli alpinisti vi è molta coesione. Ma è un attimo, un passo sbagliato, un cambiamento climatico, una perdita di equilibrio... ed ecco che
“Sali”
“Ce la puoi fare”
“Non pensare, agisci”
“Ancora un ultimo sforzo”
Si trasformano in..
“Non sono riuscito a salvarlo”.
Dopo la visione dello spettacolo White out di Piergiorgio Milano ci siamo trovati a riflettere su quali pensieri potessero passare per la mente di un uomo disperso nell’immensità di un monte innevato. Solo, infreddolito, tremante e privo di ogni speranza di sopravvivere. Chiunque avrebbe pensato di arrendersi e abbracciare la morte. La verità però, pensiamo, sia che nei momenti più bui l’essere umano si tramuti e anche se ormai disilluso rispetto alla vita, cerchi disperatamente di aggrapparsene assaporando ogni istante come fosse l’ultimo, e così forse riesce a sopravvivere.
Di: Donato Gabriele Cassone Laura Raneri
Questo articolo fa parte della rubrica:
#scenariopubblico#catania#danza contemporanea#danza#psicologia#Piergiorgio Milano#White Out#Disfor#Unict
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Art Inflatables for LOT Architects @ Milan Design Fair, Italy
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In April 2024, the city of Milan transformed into a stage for its annual design fair at which an array of creative industries took over the city with their large-scale installations. This year, the theme was Materia Natura which aimed to emphasise mindful design and sustainability. With their reputation for championing innovation and excellence, the German Design Council commissioned award-winning LOT Architects to create a number of original installations. Glow Inflatables Ltd were delighted to be called up once again by our valued customer LOT Architects to help develop their ideas for the Milan Design Fair and turn them into functional inflatable designs. The team at Glow supplied LOT Architects with an enormous pink inflatable canopy for the German Design Council’s opening exhibits as well as some giant inflatable cylinders which were suspended above a beautiful walkway. Glow also created a unique installation called the Garden House which combined space-age modernity with the surrounding traditional Italian architecture. Visitors to the installations were not just passive observers but active participants. They were able to walk through the garden and experience the inflatables up close. This interactivity created a deeper connection between the design and its audience, emphasizing the importance of user experience in modern design. With their continuing collaboration with Glow Inflatables Ltd, LOT Architects highlight the potential of new materials and technologies in creating flexible, sustainable art and design. Photographic credits: Piergiorgio Sorgetti and Alcova Milano Read the full article
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Maxi condominio a Cervinia, il Comune dice no alla costruzione
Il Comune di Valtournenche ha comunicato all’impresa Vico srl il diniego di titoli edilizi per The Stone, il condominio di nove piani che era previsto nel centro di Cervinia al posto dell’Hotel Fosson. Nei mesi scorsi il Comune aveva richiesti due pareri legali – uno allo studio BonelliErede di Milano, l’altro all’avvocato Piergiorgio Carnelli di Aosta – che avevano sollevato…
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Irina Shayk on Instagram, 24/09/2022.
Exclusively walking for D 👑 @donatella_versace @versace in Milano .Happy to be back with my fam… Thank u @piergiorgio @dmcasting ❤️ @kjeldgaard1 @patmcgrathreal @guidopalau @thesocietynyc @cherisebowen
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Il 27 aprile 2014 Il papa polacco Giovanni Paolo II è stato proclamato santo da papa Francesco. Il matematico Odifreddi scrisse allora: “Ecco i 6 miracoli di San Giovanni Paolo II” La Chiesa cattolica ha appena proclamato santo Giovanni Paolo II, pontefice dal 1978 al 2005. Ma quali i miracoli che hanno fatto guadagnare al polacco l’ambito titolo? Il matematico Piergiorgio Odifreddi, dal suo blog, ne elenca 6: 4 marzo 1983. “All’aeroporto di Managua in Nicaragua Giovanni Paolo II svillaneggia pubblicamente il ministro della Cultura padre Ernesto Cardenal, inginocchiato di fronte a lui in segno di rispetto, per aver accettato di partecipare al governo sandinista. In seguito, in combutta con il cardinal Joseph Ratzinger, combatterà duramente la teologia della liberazione, di cui Cardenal era uno dei principali esponenti, riducendola al silenzio”. 20 febbraio 1987. “L’arcivescovo Paul Marcinkus, presidente dello IOR, riceve un mandato di cattura dal tribunale di Milano per il coinvolgimento della banca vaticana nello scandalo del Banco Ambrosiano: lo stesso che porterà alla morte dei bancarottieri Michele Sindona e Roberto Calvi. Il papa fa quadrato attorno al “banchiere di Dio”, noto per aver dichiarato che “non si dirige una banca con le Ave Maria”, e lo lascerà al suo posto fino al pensionamento per i raggiunti limiti di età nel 1997″. 3 aprile 1987. “A Santiago del Cile Giovanni Paolo II si affaccia sorridente a salutare la folla dal balcone del Palazzo Presidenziale in compagnia del dittatore Augusto Pinochet, e prega con lui nella cappella del Palazzo: lo stesso in cui nel 1973 era stato assassinato da Pinochet il presidente democraticamente eletto Salvador Allende. In seguito, nel 1993, impartirà al dittatore cileno una benedizione apostolica speciale in occasione delle sue nozze d’oro. E nel 1999, quando Pinochet sarà arrestato in Inghilterra per crimini contro l’umanità, gli manderà un messaggio di solidarietà”. 6 ottobre 2002. “Giovanni Paolo II canonizza, dopo averlo già beatificato il 17 maggio 1992, il prete franchista Josemaria Escrivà de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei. Paga così il debito nei onfronti della Prelatura della Santa Croce, i cui membri e simpatizzanti l’avevano dapprima eletto al soglio pontificio, e avevano poi sanato i debiti dello IOR, dissanguato dai finanziamenti a Solidarnosc”. 24 marzo 2003. “Giovanni Paolo II ricorda con affetto il cardinal Hans Hermann Groer, dimessosi da primate d’Austria nel 1998 per aver abusato sessualmente di circa duemila ragazzi”. 30 novembre 2004. “Giovanni Paolo II abbraccia pubblicamente padre Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Dio, nella fastosa e festosa celebrazione dei suoi sessant’anni di sacerdozio, e lo omaggia per “un ministero sacerdotale colmo dei doni dello Spirito Santo”. Dimentica di dire che per mezzo secolo il prete ha sistematicamente violentato seminaristi e fedeli, e ha convissuto regolarmente e contemporaneamente con quattro donne, da cui ha avuto cinque figli, che ha sia violentato che portato in udienza dal Papa”. Oggi milioni di fedeli esultano per la santificazione di Karol Wojtyla ma, per Odifreddi, c’è da sperare che il nuovo santo” non interceda per noi”. Massimo Volante
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EPPURE NON È POSSIBILE CHE NESSUNO RICORDI COSA È AVVENUTO NON PIÙ TARDI DI QUATTRO MESI FA, QUANDO:
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- il regime comunista cinese nascondeva la diffusione di un virus che si è poi diffuso in tutto il mondo;
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- Conte andava in televisione con la tinta fresca ai capelli, l'abitino della festa da bif*lc* arricchito e la pochette caf*n*tta a dire che eravamo “brontissimi”;
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- il governo PD/Cinque Stelle mandava in onda spot con anziani rintr*n*ti al ristorante cinese per dire che "il contagio è molto difficile";
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- i virologi di partito sconsigliavano vivamente l'uso della mascherina perché inutile;
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- il PD organizzava manifestazioni sardinesche contro il razzismo e diceva no alla chiusura di frontiere;
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- il governatore dell'Emilia Romagna (la regione che, dopo la Lombardia, ha poi contato più vittime) irrideva i primi contagiati affermando che era solo un "virus fa*cioleghista";
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- il segretario PD Zingaretti organizzava spritz ai Navigli per dimostrare che non c'era alcun pericolo, e poi confessava di essersi ammalato di Coronavirus;
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- il sindaco PD di Milano Beppe Sala (quello che legge i propri stessi libri), il sindaco PD di Bergamo Giorgio Gori e altri si facevano fotografare tronfi, tonti e progressisti nei ristoranti cinesi;
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- il “popolo di sinistra”, dopo essersi tolto le magliette rosse e i Rolex, si faceva ritrarre con libri mai letti (e se letti, mai capiti) al posto delle mascherine affermando che l'unico virus era il razzismo;
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- i formigli, gli pseudointelettuali, e quelle che ora si inginocchiano, ingoiavano avidamente involtini primavera in diretta per sfottere chi chiedeva di mettere in quarantena i viaggiatori provenienti dalla Cina;
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- Di Maio inviava gratuitamente in Cina tonnellate di materiale sanitario che poi la Cina ci ha rivenduto a prezzo pieno;
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- infermieri e medici venivano lasciati senza mascherine né camici, né indicazioni chiare – così poi una volta morti ne avremmo potuto fare degli eroi - e intanto Conte si faceva un ospedale privato per sé e gli amici;
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- quando la gente ha incominciato a morire, la Consip iniziava a fare le gare d'appalto per l'acquisto urgente di attrezzature sanitarie, e ancora non ha finito di farle;
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- Conte, sostenuto da PD e Cinque Stelle, si arrogava i pieni poteri e sospendeva dall'oggi al domani i diritti costituzionali con un semplice atto amministrativo di quelli con cui al massimo si organizzano i turni dell'umido;
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- imponevano la raccolta figurine delle molteplici versioni di "autocertificazione", necessarie anche per andare a fare la spesa;
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- facevano inseguire podisti e multare accompagnatori di cani, vecchi sulle panchine, eremiti in riva al mare nonché accompagnatori di disabili, usando anche droni ed elicotteri;
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- alla gente ormai alla canna del gas promettevano una "botenza di fuogo" da 450 miliardi che si è dimostrata essere un petardo bagnato;
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- cercavano di svendere il paese alle care amiche jene della UE in cambio di un posto da usciere a Bruxelles;
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- Come risultato, dopo aver imposto il lockdown più lungo, rigido e insensato di tutto il mondo, riuscivano a fare dell' Italia uno dei paesi con più vittime e a distruggere un terzo delle attività economiche / produttive.
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Non mi aspetto, come pure sarebbe auspicabile, di scorgere piazze inferocite. Ma non posso neppure credere che dopo 34.000 morti, e mentre ancora ci costringono all'oscena pagliacciata della mascherina e del “distanziamento sociale” perché hanno capito che solo un'emergenza ormai fittizia può giustificare la loro permanenza al potere, tutto questo (e molto altro) sia già stato dimenticato.
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Piergiorgio Molinari
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L’APERITIVO
La prima volta che bevvi un aperitivo, ero molto giovane, molto più giovane di quello che pensiate: avevo sei anni, era il 1964. Il merito, per molte delle belle cose che mi sono capitate in una brutta infanzia, era sempre di mio nonno Giovanni, operaio di nascita, ma vocazione da “bon-vivant”. Il nonno “Nane” amava viaggiare e noi l’aperitivo, quella domenica sera, saremmo andati a berlo (sì, un tempo non si “faceva”, ma si “beveva”), al caffé della Stazione Bullona delle Ferrovie Nord a Milano. Alla “Bullona” il nonno aveva molti amici ed uno, più amico degli altri, si chiamava Scopa. Non so se si trattasse di un verbo indicyativo presente alla terza persona oppure proprio di un cognome, ma ricordo un ometto buffo, basso di statura e sempre con un cappello di feltro in testa. Al Caffé della Bullona c’era anche “la biunda” che non era una birra, ma una signora a cui mio nonno faceva un filo spietato e che era odiata da mia mamma Angelica. Il caffé era pieno di vecchi (per me erano tutti vecchi), ma piuttosto vivaci. C’era il Bonizzoni (Bunison), con cui mio nonno aveva una specie di rapporto di lavoro: portava le pellicce appena rimesse in forma alle signore milanesi. Poi lo Squarini, che aveva una officina di motociclette a Novara, ma che frequentava anche lui il Caffé della Bullona, soprattutto quando andava a vedere il Milan con il “basleta”, un uomo tarchiato con la mascella prominente (stavo per dire volitiva). Insomma una compagnia poco adatta ad un bambino. Quando fu l’ora dell’Aperitivo, lo Squarini aprì una bella bottiglia di Campari e cominciò a raccontare la storia di quella bevanda, nata proprio a Novara. E io? A me diedero una “sanguinella”, ovvero una bottiglietta di acqua colorata con un po’ di zucchero che era molto richiesta negli oratori. Quando tornai a Novara raccontai a tutti i miei amici che ero andato a prendere un aperitivo al Caffé della Bullona. Baraban Riccardo mi chiese se “laperitivo” fosse un pullman, ma Turato Piergiorgio lo corresse dicendo che era un vestito per la comunione. Questa era la situazione “aperitivi” nel 1964 tra Novara e Milano. Quindi non rattristatevi troppo...
Nella foto, (da sinistra), mio nonno Giovanni, la “Biunda” e il “Bunison”
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PIERGIORGIO MILANO | White out | Residenze Artistiche
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Tornano i racconti dalle residenze artistiche. Piergiorgio Milano è stato in residenza con la compagnia al lavoro su White Out, uno spettacolo in cui trasforma l'alpinisimo in linguaggio artistico, sospeso in un poetico equilibrio tra danza, teatro e arti circensi: ci siamo fatti raccontare meglio il progetto e il tempo, prezioso, della residenza.
"... avere uno spazio in cui ci si possa veramente dedicare, concentrare, in cui le persone che ti circondano abbiamo un'idea chiara di cos'è la creazione artistica, di quali siano i suoi punti forti e i suoi punti deboli, di quali siano le sue esigenze e senti che non sei mai fuori luogo ma che nei momenti in cui tutto va bene così come nei momenti in cui tutto va male sai benissimo che chi ti circonda è cosciente e consapevole e quindi il sostegno che cerchi è reale nel fare il tuo mestiere, in questo senso dico che è un lusso che un posto come questo esista."
Più info >> https://bit.ly/2NiyxIH
Centro di residenza Emilia-Romagna
::: L'arboreto - Teatro Dimora || La Corte Ospitale - Teatro Herberia
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Sergio Sgrilli in "Camera con Crimini" al Teatro/Cinema Martinitt.
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In scena dal 13 e fino al 22 gennaio, ecco due artisti molto amati della comicità meneghina: il milanese d’adozione Sergio Sgrilli, in un’insolita versione noir, e la milanesissima Corinna Grandi, anche lei volto noto di Zelig, che si definisce “un ibrido tra cabaret, stand-up e poesia”.
A completare l’opera, i talentuosi Aristide Genovese, co-protagonista, e Piergiorgio Piccoli, alla regia.
L'intera vicenda si svolge all'interno della stessa camera di un hotel, in tre momenti nell'arco di un anno, e vede come protagonista Arlene, confusa e combattuta tra la stabile routine col marito Paul, venditore di automobili banale e "grigio”, e la forte passione per l'amante Mitchell, dentista belloccio e presuntuoso.
Nessuno dei tre riuscirà ad affermare con dignità la propria natura, né riuscirà a farsi amare per ciò che di autentico lo rappresenta.
Tutti ricorreranno a gesti estremi, improbabili crimini, che tenteranno invano di compiere.
In questo triangolo amoroso si scatena un ventaglio di sentimenti. Amore, rabbia, rancore, odio e istinto omicida sono gli ingredienti di questa commedia frizzante, ricca di colpi di scena e situazioni che rasentano il paradosso.
Il tradito si fa carnefice e l’amante diviene vittima, in un continuo susseguirsi di scene esilaranti.
Cambi di prospettiva che invitano a riflettere sui legami sentimentali. Conosciamo realmente il nostro compagno di vita?
E chi crede di conoscerci, può sentirsi davvero (al) sicuro?
Chi non ha mai sentito "crescere la bestia dentro"? Chi non l'ha mai scagliata contro l’amico, il coniuge, il parente, il vicino di casa, il capoufficio o il politico di turno?
Le cronache quotidiane, purtroppo, ci consegnano la risposta.
A teatro, per fortuna, siamo nella comfort-zone della fantasia, dove l'ronia e il buonumore riesxono a sconfiggere la collera e a cancellare ogni rancore.
CAMERA CON CRIMINI di Sam Bobrick e Ron Clark - Diretto da Pier Giorgio Piccoli. Con Sergio Sgrilli, Corinna Grandi e Aristide Genovese.
Produzione Teatro de Gli incamminati in collaborazione con Theama Teatro.
Luogo: Milano, Teatro/Cinema Martinitt
Indirizzo: Via Pitteri 58 - Milano
Orari: Orari biglietteria: lunedì-sabato, 10.30-21; domenica 14-2. Parcheggio interno gratuito.
Per info: Telefono 02/36580010, Whatsapp 338.8663577, [email protected]
Sito web per approfondire: https://www.teatromartinitt.it
#Sergio Sgrilli#cinema teatro Martinitt#Pier Giorgio Piccoli#Corinna Grandi#Aristide Genovese#Camera con crimini#Sam Bobrick#Ron Clark
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Intervista a Piergiorgio Milano - l'autore che ha scoperto i tanti volti della montagna
Il lavoro di Piergiorgio Milano è dedicato all’interazione costante tra danza, circo e teatro. Le sue parole chiave sono: virtuosismo della partitura coreografica, teatralità, ricerca estetica. Lo abbiamo incontrato a Scenario Pubblico dove ha presentato il suo White Out, spettacolo che chiude la stagione Sp*rt! 23/24.
La genesi di White Out: in quale momento hai deciso di creare lo spettacolo? Il progetto è composto di due lavori sulla montagna White Out e Au bout des doigts creati grazie all’invito del Festival Torinodanza e di Scene Nationale Malraux Chambéry Savoie che hanno chiamato diversi artisti italiani e francesi per lavorare su zone transfrontaliere: la Val di Susa e la Valle della Maurienne. Il progetto chiedeva di rimettere in valore, attraverso un’azione artistica, dei luoghi transfrontalieri da rivalutare. A partire da questa domanda ogni artista poteva con libertà assoluta avanzare la propria proposta. A me non andava di perdere la dimensione naturale, per questo ho creato due lavori. Partendo dalla domanda: cosa possono condividere la montagna e il teatro? Cosa non possono? Cosa possono insegnarsi, scambiare, puntualizzare? Il mio obiettivo era di creare un dialogo tra i due ambienti e di creare un avvicinamento di entrambi i mondi ad altri mondi. Tendenzialmente chi va abitualmente in montagna raramente va in teatro e viceversa. Volevo creare uno scambio di pubblico anche per lavorare su questa idea di frontiera, che a mio avviso era il nocciolo del progetto. Allora sono andato alla ricerca delle tematiche, degli sport…immaginavo chiaramente cosa volevo ottenere ma senza sapere quali strumenti usare. Così sono andato a cercare elementi che potessero in qualche modo rispondere a questa esigenza legandoli a ciò che so fare, in linea con il mio linguaggio scenico. All’inizio volevo fare uno spettacolo sullo snowboard che pratico da quando sono bambino. Ma quest’idea è risultata essere più difficile da realizzare, ci ho pensato, ci ho lavorato per un mese, esiste anche una bozza che però non è stata realizzata.
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Continuando nella ricerca sono entrato in contatto l’arrampicata e l’alpinismo. Ho iniziato a documentarmi, ho letto tantissimo, ho guardato tantissimi film, sono entrato in contatto con persone che hanno fatto questi sport ad alti livelli. Mi si è mostrata davanti questa grande differenza che era perfetta per quello che volevo fare: arrampicata e alpinismo condividono lo stesso mondo ma in realtà sono due antipodi. L’arrampicata è nata come risposta all’alpinismo eroico storicamente legato alla conquista e all’idea di nazione. L’arrampicata nasce in antitesi: "non conquisteremo niente ma ci nutriamo della bellezza di questo gesto". Quindi questi due mondi erano proprio vicini ma separati ed era quello che io cercavo trattando di montagna e teatro. Quindi ho dedicato un lavoro all’arrampicata Au bout des doigts e uno all’alpinismo che è White Out.
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Qui i documentari realizzati dei due lavori, Au bout des doigts e White Out 👇
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Come hai sviluppato il lavoro di ricerca? La richiesta è arrivata nel 2017, ho iniziato a creare nel 2018 e i due lavori si sono realizzati nel 2021 con un’anteprima nel 2019. Entrambi i progetti sono stati molto aiutati dal periodo di lockdown che mi ha dato quei due mesi per concentrarmi molto avendo alle spalle un anno di creazione. La cosa bella di White Out è che ha avuto una vera pre-creazione. Nel 2019 la ricerca è andata in scena, aveva una forma non erano solo idee. Poi è stata messa a riposo ed è stata ripresa per arrivare allo spettacolo finale. White Out ha cambiato almeno cinque squadre di persone, l’unica persona che c’è dall’inizio è Federico che si occupa del suono. Così lo spettacolo si è nutrito di tutto ciò che tutti hanno apportato, anche di passaggio.
All’inizio del progetto ero spaventato di lavorare sul concept montagna. La connessione corpo-montagna è difficile da trovare. Ho iniziato a leggere tutto ciò che potevo e anche a guardare, poi sono entrato in contatto con persone come Enrico Camanni, appassionato alpinista e scrittore affermato, e Anna Torretta, campionessa mondiale di scalata sul ghiaccio e guida alpina a Courmayeur. Con loro ho scambiato molte conversazioni, si è creata una connessione di fiducia. Mi hanno dato consigli su cosa leggere, su cosa informarmi. A Torino c’è la Libreria della Montagna (composta da novanta scaffali da quattrocento libri ciascuno). Da dove cominciare? Avere la loro guida è stato fondamentale. Montagna eroica, montagna punk – non è tutto come ti aspettavi, scopri cosa che non potevi pensare esistessero.
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Ci sono stati dei libri fondamentali per te? Che tipo di rapporto si è instaurato con la creazione? Posso dire almeno due o tre libri. Ogni scena dello spettacolo (cioè, ogni tre minuti) è una parte di un libro. I testi in voice-off invece sono stati ispirati più da dei film. La letteratura di montagna è molto bella per far partire l’immaginazione ma più “criptica”, cioè, difficile da tradurre in qualcosa di dinamico, accessibile e coinvolgente da mettere su palcoscenico. L’alpinismo poi è uno sport aritmico, e il teatro è principalmente ritmo. Come dare ritmo a qualcosa che ritmo non ha? Questa domanda ha generato le risposte più interessanti perché la drammaturgia è nata da lì. E questo mi ha spinto a vedere molti film, volevo capire come il cinema avesse risolto la questione. Ho visto tutti i film di montagna dai più commerciali a quelli più indipendenti.
Per tornare ai libri, ogni personaggio dello spettacolo è identificato in un personaggio esistente o tratto da una storia. I riferimenti ovviamente non sono stati sviluppati in maniera diretta, ma la gente dell’ambiente, chi ha visto lo spettacolo nei festival di montagna ha riconosciuto i vari cenni.
Il primo personaggio (quello con la radio) è tratto da Confessioni di un serial climber di Mark Twight. Lì c’è la montagna punk. Non avrei mai immaginato che qualcuno avesse vissuto la montagna così. Poi c’è un personaggio che non dice niente, lotta fino alla fine, è il più forte e si ispira a Aria sottile di Natoli Boukreev. Un personaggio secondario che mi ha colpito molto perché super integralista, rifiutava qualsiasi tipo di aiuto esterno. Infine, il personaggio che faccio io - che nella prima versione lo faceva una ragazza - che ha un ruolo chiave. Quando il ruolo veniva interpretato dalla performer, esso era ispirato a Alison Hargreaves alpinista britannica che ha scalato una quota 8000 incinta di otto mesi. Dopo aver partorito è ripartita ed è morta. Una forza della natura. Concludo con altri due libri di riferimento: La montagna a modo mio di Reinhold Messner e Touch in the void di Joe Simpson.
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Quali sono le figure di riferimento che hanno accompagnato il tuo lavoro autoriale? Mi sono staccato dalle mie figure di riferimento da un po’ di anni. Quello che mi ha sempre colpito e affascinato è il teatro fisico. Ho fatto circo ma non mi è bastato, ho fatto danza ma non mi ha convinto fino in fondo. I miei riferimenti sono grandi nomi che conoscono tutti, DV8 in primis e Peeping Tom. Sono quelle le creazioni in cui si segue una narrazione fatta con il corpo. A livello di danza sono sempre stato affascinato dai virtuosismi, i primi lavori di Rosas tipo Rain e Drumming li ho visti più di quaranta volte. Ero affascinato dall’incessante sequenzialità di quel movimento. Dall’energia nello spazio o spazio come energia.
Che ruolo ha per te la danza nella società di oggi? Io sono molto più legato al cinema che al teatro. Se consideri Non è un paese per vecchi, leggi il libro e pensi che è incredibile. Ma il film dei fratelli Cohen lo è altrettanto. Ed è un caso. Per me la grossa sfida è offrire un’alternativa. Secondo me lo schermo affascina, stupisce ed emoziona meglio di qualsiasi altra cosa. Quello che lo schermo non può fare però è lavorare sulla capacità di immaginazione. Bisogna creare quel compromesso per cui quando guardiamo qualcosa siamo disposti a metterci del nostro, a fare uno sforzo che diventa più magnifico perché collettivo.
Secondo me andare a teatro è come leggere un libro tutti insieme.
È fondamentale per il nostro tempo dire: siamo qui, non dobbiamo. Ed è bello poi metterci del proprio, fare un’attività. Non accontentarsi di stare lì passivamente. Bisogna uscire con delle domande, con delle intuizioni.
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a cura di: Sofia Bordieri
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Roma: Biennale MArtelive 2022- I grandi eventi della prima settimana
Biennale MArteLive 2022 I grandi eventi della settimana 10-17 ottobre Tra gli altri: Davide Enia, Enrico Gabrielli e Sebastiano De Gennaro, Marlene Kuntz, I Hate My Village, Collectif FAIR-E, Piergiorgio Milano, Mellow Mood, Gianluca Petrella / Cosmic Renaissance, Federico Dragogna ed Emilia Verginelli Per lungo tempo sembra non accadere nulla e poi all’improvviso tutto cambia. Ecco dunque…
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Per mangiare le nuvole sopra Cortina
"Au Bout des doigts" è il denominatore comune delle performance orchestrate da Piergiorgio Milano, esseri che sfidano la verticalità nel gioco dell'eleganza e animano il cielo delle Tofane
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noi fotograferemmo egualmente
"Potrebbero non esistere i saloni, le mostre, i premi e le critiche: noi fotograferemmo egualmente, e come ora, perché non è in funzione di tutto questo che fotografiamo. Per noi la fotografia esiste solo come “emozione”, come possibilità di esprimere sinceramente e poeticamente la realtà, il nostro modo di vedere e di pensare, il nostro modo di vedere o di trasformare quel che ci circonda. Il copiare gli altrui “magistrali cromatismi” o l’altrui “potenza figurativa”, per giungere poi modestamente alla vuote e
triste immagini dei minuscoli ometti vestiti di nero che camminano sotto i bianchi padiglioni della Fiera di Milano non ci interessa, francamente.
Noi fotografiamo per nostra soddisfazione: e la soddisfazione nasce dalla creazione di un risultato che ci parli e commuova, non dalla copia delle altrui esperienze o dal ricalco sino alla nausea di un motivo o di uno schema felicemente riuscito.
E soprattutto non guardiamo al risultato delle Mostre come alla classifica del giro d’Italia."
(Da Un appunto sulla recensione alla Mostra di Padova di Alfredo Camisa e Piergiorgio Branzi, in «Fotografia», IX, giugno 1956, 6, p. 25
Fotografia di Alfredo Camisa, "Pesce Spada"
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26 apr 2021 16:00
GAMACCHIO, UN BELL'INGUACCHIO - IL GIUDICE SCROCCONE PIERO GAMACCHIO (CHE DOPO ESSERE STATO SPUTTANATO HA GIA' ANNUNCIATO L'ASPETTATIVA FINO ALLA PENSIONE) DEPOSITA DOPO 7 ANNI LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA D'APPELLO-BIS SULL'AGGIOTAGGIO IMPREGILO, PER FATTI DI 17 ANNI FA - SE QUESTA E' LA PRODUTTIVITA' DELLE TOGHE, SIAMO MESSI MALISSIMO…
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Luigi Ferrarella per il "Corriere della Sera"
A 7 anni dalla sentenza d'Appello-bis sull'aggiotaggio Impregilo, per fatti addirittura di 17 anni fa contestati alla società di costruzioni amministrata nel 2004 da Piergiorgio Romiti e dall'allora presidente Paolo Savona (dal 2019 presidente della Consob), le motivazioni dell'assoluzione sono state depositate l'altro giorno in cancelleria dal giudice Piero Gamacchio.
È l'ultimo deposito del 67enne magistrato che giovedì scorso ha annunciato di andare in aspettativa 45 giorni (fino poi alla pensione già programmata per luglio) dopo le «leggerezze, pur mai riverberatesi sul lavoro», nell'intermittente saldo di conti in alcuni ristoranti, e dopo la mancata restituzione di 40.000 euro prestatigli nel 2018 da un vecchio amico avvocato (sposato con una giudice) che per riaverli gli ha pignorato un quinto dello stipendio.
E proprio il deposito dopo 7 anni (al riparo almeno della sostanziale imprescrittibilità della responsabilità amministrativa dell'ente) è altro perfetto paradosso dell'incarnarsi, nel medesimo magistrato assai stimato da avvocati e pm milanesi, di un peculiare connubio: tra un giudice già una volta sanzionato disciplinarmente per ritardi nelle sentenze, e un giudice nel contempo addirittura secondo per produttività in tutta la Corte d'Appello.
L'indagine dello scomparso pm di Monza Walter Mapelli nacque già sotto una luna storta, allorché l'iniziale perquisizione in Impregilo, ordinata nel novembre 2004, coincise con l'anticipazione di un articolo: episodio che poi la Procura di Milano archivierà arrendendosi all'impossibilità di farlo discendere con certezza dalla compresenza a cena, la sera prima, del generale comandante regionale della GdF Emilio Spaziante, di un magistrato dell'Ispettorato del ministero della Giustizia (Otello Lupacchini), e del cronista Gianluigi Nuzzi.
A Milano, mentre la prescrizione estinse le posizioni di Savona e Romiti, il gup Enrico Manzi nel 2009 e l'Appello nel 2012 assolsero Impregilo, ma nel 2013 la Cassazione ordinò un Appello-bis (celebrato appunto nel 2014) sull'adeguatezza o meno dei modelli organizzativi aziendali.
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Cortina d’Ampezzo: le 5 Torri si illuminano con la magia del circoalpinismo Per la prima volta a Cortina arriva ‘Au Bout des Doigts’, una creazione di Piergiorgio Milano, lo spettacolo in falesia che unisce arrampicata, danza contemporanea e slackline, nel palcoscenico naturale delle Cinque Torri.
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