#Camera con crimini
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"GLI ANNI PIÙ BELLI"
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Pochi giorni fa la Camera dei Comuni del parlamento Canadese, con la presenza del presidente ucraino Zelens'kyj, ha riservato un lungo applauso al 98enne Yaroslav Hunka, ucraino naturalizzato canadese, per ringraziarlo di aver combattuto i russi durante la II Guerra Mondiale. Strano che nessuno (almeno inizialmente) abbia pensato all’ovvio: se negli anni ’40 combattevi i russi, la tua posizione era abbastanza ovvia. Al vecchio Hunka non è parso vero di essere accolto come un eroe di guerra, soprattutto ripensando alle operazioni militari del suo reparto. Hunka faceva parte della famosa Divisione Galizia, una formazione composta da volontari ucraini che si erano uniti al Terzo Reich. Non semplici soldati, ma uomini appartenenti alle SS che al processo di Norimberga furono accusati di aver ucciso centinaia di ebrei e civili polacchi. Le SS della Galizia furono infatti protagoniste nel reprimere la rivolta di Varsavia mettendo in atto gli ordini di Himmler: incendiare gli edifici senza curarsi di chi li occupava e sparare ai bambini, alle donne e al personale medico. Al termine dell’operazione, i civili superstiti lasciarono la città e furono pochissimi quelli che si nascosero tra le macerie. Tra questi c'era Władysław Szpilman, il musicista polacco di cui si racconta la storia nel film “Il pianista.” Dopo il conflitto, Hunka e altri 8000 appartenenti alla Divisione Galizia furono prima rinchiusi in un campo di prigionia britannico vicino a Rimini, poi con l’aiuto del Vaticano furono fatti transitare verso Spagna, Francia e Inghilterra. Da qui, il nostro “eroe” raggiunse il Canada negli anni '50, restando attivo nei circoli frequentati da ex SS. Su un blog di veterani ucraini, Hunka descrisse gli anni della guerra come il periodo più bello della sua vita. Chissà cos’hanno pensato gli ex abitanti di Huta Pieniacka, villaggio polacco raso al suolo dalle SS galiziane nel febbraio del ’44, ricordando i bambini gettati contro i muri e le donne incinte squartate. Una volta in Inghilterra, gli autori del massacro non furono interrogati e il governo inglese respinse sempre ogni richiesta di indagare sul loro passato. Nonostante i crimini di guerra dei quali si sono macchiati, una Commissione d'inchiesta canadese ha decretato che, da quando giunsero in Canada, gli uomini della Galizia "hanno tenuto una condotta soddisfacente e niente ha indicato che fossero infetti dall'ideologia nazista.” Oggi l’ex Divisione viene onorata dai nazionalisti ucraini e ogni 28 aprile si tiene una marcia per celebrarne la fondazione. Lo scorso anno la Corte suprema dell'Ucraina ha stabilito che i suoi simboli non sono riconducibili al nazismo, perciò possono essere esposti e messi in mostra. In fondo, come disse il mai pentito Hunka, si tratta solo di ricordare gli “anni più belli", non è vero?
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Richard Ramirez, all'anagrafe Ricardo Leyva Muñoz Ramírez (El Paso, 29 febbraio 1960 – Greenbae, 7 giugno 2013), è stato un serial killer statunitense.
Soprannominato dai media "Night Stalker", il cacciatore della notte, uccise almeno 16 persone dal 10 aprile 1984 al 24 agosto 1985.
Il 31 agosto 1985 è stato catturato ed affidato nelle mani della giustizia. È stato condannato nel 1989 alla camera a gas per 41 crimini, tra cui 16 omicidi. La sua esecuzione doveva avvenire tramite gas letale nell'estate 2006, ma la Corte suprema nel 2007 ha accolto l'ultimo appello di Ramirez, facendo slittare l'esecuzione in data da designarsi, esecuzione mai avvenuta vista la prematura morte dell'assassino. Anche Ramirez ha trascorso gli anni in prigione, come John Wayne Gacy, dipingendo quadri.
Julian e Mercedes Ramirez ebbero cinque figli, e il quinto nato fu Richard Ramirez. La madre era cattolica, e suo padre un ex poliziotto in seguito passato a lavorare come operaio sull'autostrada di Santa Fe. Il padre di Richard credeva fermamente nelle punizioni corporali come metodo educativo. Era molto legato alla sorella Ruth Ramirez.
Ramirez potrebbe essere stato influenzato verso l'assassinio da suo cugino, Mike, un veterano della Guerra del Vietnam che spesso si vantava con lui di aver ucciso e torturato decine di nemici, mostrandogli anche delle foto Polaroid delle vittime. Queste includevano immagini di svariate teste decapitate di donne vietnamite, con le quali in altre foto Mike praticava del sesso orale. Ramirez era presente la notte in cui Mike sparò alla moglie, uccidendola. Richard aveva 13 anni all'epoca.
Il 10 aprile 1984 qualcosa fece scattare nella mente di Ramirez voglia di uccidere e di intraprendere una lunga mattanza che lo vede come protagonista fino al 31 agosto 1985, giorno della sua cattura. Nell'hotel dove lavorava vide una bambina con il fratello più piccolo che piangeva perché aveva perso una banconota. Ramirez attirò la bambina nel seminterrato facendole credere di aver visto la banconota, la violentò, la uccise e appese i suoi vestiti su un tubo di aerazione. Il caso non fu preso in considerazione ma, dopo l'arresto di Ramirez, nel 2009 gli investigatori attribuirono l'assalto come responsabilità di Ramirez, portando il numero delle vittime a 16.
Il 28 giugno 1984 Ramirez decise di intraprendere la furia omicida nuovamente e di spostarsi a Glassell Park, una zona a nord di Los Angeles. Forzò una porta e fece così spaventare Jennie Wincow, una anziana donna. La assalì, la torturò, la uccise e scappò di fretta. A causa della poca risonanza mediatica questo caso fu poco preso in considerazione e, ancora oggi, sono in corso accertamenti dalla parte della polizia per cercare di attribuire questo delitto atroce a Ramirez.
Il 20 febbraio 1985 Ramirez attaccò due donne in età avanzata nella loro casa a Telegraph Hill nella contea di Los Angeles, pugnalandole a morte.
Il 17 marzo 1985, Ramirez attaccò la ventiduenne Maria Hernandez fuori dalla sua abitazione, sparandole prima di entrare nella casa della ragazza. Dentro trovò Dayle Okazaki, 34 anni, che Ramirez uccise immediatamente. La Hernandez invece sopravvisse. Il proiettile sparatole da Ramirez era rimbalzato sopra le chiavi di casa che la ragazza aveva istintivamente portato al petto per proteggersi dal colpo.
Dopo circa un'ora dall'omicidio della Okazaki, Ramirez colpì nuovamente all'interno del Monterey Park. Sulla scena del delitto fu ritrovato un cappellino da baseball con il logo degli AC/DC.
Assalì la trentenne Tsai-Lian Yu, trascinandola fuori dalla sua auto e sparandole due colpi di arma da fuoco prima di fuggire. La ragazza venne ritrovata ancora in vita da un poliziotto, ma spirò poco prima dell'arrivo dell'ambulanza. I due omicidi ebbero una grossa risonanza nei media locali, scatenando il panico tra i residenti delle zone colpite.
Il 27 marzo Ramirez sparò a Vincent Zazzara, 64 anni, e a sua moglie Maxine, 44. Il corpo della signora Zazzara fu violentato e mutilato con diverse coltellate e le venne incisa la lettera T sul seno sinistro, mentre le furono cavati anche gli occhi. I cadaveri di Vincent e Maxine furono scoperti nella loro abitazione di Whittier dal figlio della coppia, Peter. L'autopsia determinò che le varie mutilazioni erano avvenute post-morte. Ramirez lasciò delle impronte di scarpe da ginnastica marca Avia sul luogo del delitto, che la polizia fotografò ed archiviò. All'epoca questi erano gli unici indizi in possesso della polizia. I proiettili trovati sulla scena del crimine furono confrontati con quelli rinvenuti durante i precedenti omicidi, e gli agenti capirono di trovarsi di fronte ad un assassino seriale. Gli omicidi erano infatti opera della stessa persona.
Due mesi dopo l'uccisione degli Zazzara, Ramirez attaccò una coppia di cinesi: Harold Wu, 66 anni, e sua moglie, Jean Wu, 63. L'uomo venne ucciso con un colpo di pistola alla testa, mentre la donna venne picchiata, legata, e ripetutamente violentata. Per ragioni sconosciute, Ramirez decise di lasciarla in vita. Gli impulsi omicidi di Ramirez si facevano di giorno in giorno più violenti. Lasciava dietro di sé sempre più indizi, e fu in questo periodo che venne soprannominato "The Night Stalker" dai mass media. Le vittime sopravvissute descrivevano il killer come un uomo alto di etnia ispanica con lunghi e ricci capelli neri, il viso scarno e allungato e la dentatura in pessime condizioni.
Il 29 maggio 1985 Ramirez assaltò Malvial Keller, 83 anni, e la sorella disabile di lei, Blanche Wolfe, 80 anni, picchiandole entrambe con un martello. Ramirez cercò anche di violentare la Keller, senza però riuscirvi. Utilizzando un rossetto disegnò un pentacolo sulla parete della stanza da letto e su una coscia dell'anziana donna. Blanche sopravvisse all'attacco. Il giorno seguente, Carol Kyle, 41 anni, fu legata, picchiata e sodomizzata da Ramirez, mentre il figlioletto undicenne della donna era stato rinchiuso nell'armadio dal killer.
Durante giugno e luglio, altre tre donne furono uccise. Due ebbero la gola tagliata, una picchiata a morte, tutte e tre furono assalite nelle loro case. Il 26 giugno Ramirez rapì di notte prelevandola dalla sua stanza la piccola Anastasia Hronas, una bambina di 6 anni; dopo averla ripetutamente violentata la lasciò libera abbandonandola nei pressi di un benzinaio.
Il 5 luglio Whitney Bennett, 16 anni, e Linda Fortuna, 63, furono attaccate da Ramirez, ma riuscirono entrambe a sopravvivere. Il 20 luglio Ramirez colpì addirittura due volte nello stesso giorno. A Sun Valley sparò, uccidendolo, a un uomo di 32 anni, Chitat Assawahem, mentre la moglie Sakima, 29 anni, fu picchiata e costretta ad un rapporto orale. Ramirez sodomizzò anche il figlioletto di 8 anni della coppia davanti agli occhi della madre. Più tardi lo stesso giorno assalì una coppia a Glendale, Maxson Kneiding, 66 anni, e sua moglie Lela, anche lei 66 anni; entrambi furono uccisi e i cadaveri mutilati.
Il 6 agosto Ramirez sparò sia a Christopher Petersen, 38, sia alla moglie di lui, Virginia, 27. Miracolosamente, sopravvissero entrambi. L'8 agosto seguente, Ramirez colpì a Diamond Bar, uccidendo Ahmed Zia, 35 anni, e poi violentò la moglie dell'uomo, Suu Kyi, 28 anni.
Successivamente Ramirez lasciò la zona di Los Angeles, e il 17 agosto, uccise un uomo di 66 anni a San Francisco, picchiando e sparando anche alla moglie dell'uomo. La donna riuscì a sopravvivere e fu in grado di identificare il suo assalitore dagli identikit preparati dalla polizia. Sulla scena del crimine, Ramirez utilizzò un rossetto per disegnare un pentacolo e scrivere le parole "Jack the Knife" sul muro della stanza da letto, poi, dopo aver rubato del cibo dal frigorifero, vomitò sul pavimento in cucina e si masturbò sul tappeto del salotto.
La svolta decisiva nel caso ebbe luogo il 24 agosto 1985, Ramirez viaggiò per cinquanta miglia dal sud di Los Angeles a Mission Viejo, ed irruppe nell'appartamento di Bill Carns, 29 anni, e della fidanzata, Inez Erickson, 27. Ramirez sparò in testa a Carns e violentò Erickson. La costrinse ad inneggiare a Satana e poco dopo, la forzò ad un rapporto orale. Poi la legò e se ne andò. Erickson riuscì a strisciare fino alla finestra e a scorgere l'auto di Ramirez, una Toyota station wagon di colore arancio. Fu inoltre in grado di dare una descrizione dettagliata del criminale alla polizia. Un adolescente identificò l'auto della quale aveva sentito parlare al notiziario, e si segnò la targa del veicolo. L'auto rubata venne rinvenuta il 28 agosto, e la polizia riuscì ad ottenere le impronte digitali dell'assassino prelevandole dal finestrino di una portiera dell'auto. Le impronte si rivelarono quelle del già schedato Richard Muñoz Ramirez, descritto come un venticinquenne ispanico con una lunga serie di precedenti per stupro e spaccio di droga.
Due giorni dopo, la sua foto segnaletica venne trasmessa in televisione e stampata sui principali quotidiani della California. Ramirez fu riconosciuto, circondato e quasi linciato da una folla di passanti a East Los Angeles mentre stava cercando di rubare un'auto. Gli agenti accorsi sul posto dovettero disperdere la folla per impedire che i cittadini inferociti uccidessero Ramirez.
L'udienza preliminare per il caso iniziò il 22 luglio 1988, e si concluse il 20 settembre 1989 con Ramirez ritenuto colpevole di 13 omicidi, 5 tentati omicidi, 11 violenze sessuali, e 14 furti con scasso.
Durante la fase penale del processo, il 7 novembre 1989, Ramirez fu condannato a 19 pene di morte. Il processo di Richard Ramirez fu uno dei più lunghi e complessi procedimenti giudiziari della storia americana. Più di 100 testimoni furono chiamati a deporre durante i dibattimenti, e mentre alcuni faticavano a ricordare precisamente avvenimenti accaduti quattro anni prima, altri si dissero sicuri che l'assassino fosse proprio Richard Ramirez, il quale si presentò in aula con un pentacolo tatuato sul palmo di una mano esclamando "Ave Satana!".
Il 3 agosto 1988 il Los Angeles Times riportò la notizia che alcune guardie carcerarie avevano raccontato di aver sentito Ramirez che diceva di voler sparare al procuratore distrettuale in aula, con una pistola che intendeva contrabbandare in tribunale di nascosto.
Di conseguenza, venne installato un metal detector all'entrata dell'aula e furono disposti severi controlli. Il 14 agosto il processo fu interrotto perché uno dei giurati, tale Phyllis Singletary, non si presentò in aula. Più tardi quello stesso giorno la donna venne rinvenuta cadavere nel suo appartamento, uccisa da un colpo di arma da fuoco. La giuria rimase terrorizzata dall'evento; nessuno sapeva se Ramirez aveva avuto indirettamente qualcosa a che fare con l'omicidio, orchestrando il tutto dalla sua cella. In realtà Ramirez non era responsabile della morte della Singletary: la donna era stata uccisa dal suo fidanzato, che in seguito si suicidò.
All'epoca del processo, Ramirez aveva numerose fan che gli scrivevano appassionate lettere d'amore in carcere. A partire dal 1985, la giornalista freelance Doreen Lioy gli scrisse circa 75 lettere durante la sua incarcerazione. Nel 1988 Ramirez le propose di sposarlo, e il 3 ottobre 1996 la coppia si sposò nel carcere di San Quintino. La Lioy ha ripetutamente affermato che si sarebbe suicidata il giorno in cui Ramirez fosse stato giustiziato.
Richard Ramirez è morto per insufficienza epatica nel giugno 2013 all'età di 53 anni, mentre era detenuto nel Carcere di San Quintino.
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ANTOLOGIA MACABRA
Il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, evoca la teoria complottista e razzista della sostituzione etnica (19 aprile). Ma poi, stupito delle reazioni inorridite, ci rassicura: tranquilli, la mia è solo ignoranza (20 aprile).
Il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, dopo approfondite ricerche sulla storia del pensiero politico, scopre che il fondatore della destra in Italia è Dante Alighieri (14 gennaio), mescolando con signorile nonchalance il grande intellettuale medievale con concetti del moderno pensiero politologico e, perché no, un po’ di capre e un po’ di cavoli.
Il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, individua la vera causa che porta milioni di persone a scappare dalla loro terra: il problema non va cercato nel periodo coloniale che ha sconvolto le società che l’hanno subito, e neanche nelle guerre spesso fomentate dal mondo ricco, né, tanto meno, nel cambiamento climatico; il problema è l’opinione pubblica italiana (25 marzo) che, evidentemente, deve essere raddrizzata, in un modo o nell’altro. Lo stesso Ministro ci informa anche che i veri colpevoli della morte di tanti bambini nei viaggi della disperazione sono i loro genitori (27 febbraio) che non li fanno viaggiare su comode e sicure imbarcazioni. Negare i problemi e trovare un colpevole, uno qualunque.
Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ci rende partecipi della sua personalissima teoria pedagogica: per i bambini che non si conformano allo standard, lo strumento educativo migliore è l’umiliazione (21 novembre). Signor Ministro, alcuni miei amici e io consideriamo questa affermazione aberrante e ritengono che un’educazione fondata sull’umiliazione formi tanti piccoli nazisti, non menti libere e aperte, sia cioè la negazione dell’educazione stessa. Ma, come dice lei Ministro, forse il nostro pensiero è roba vecchia, figlio del periodo dell’”egemonia culturale della sinistra gramsciana che è destinata a cessare” (28 dicembre) (non voglio sapere, per il momento, come pensa di farla cessare). Adesso siamo nell’anno primo dell’era … (già, di quale era?) e tutto è cambiato.
Intanto, il Presidente del Senato, Ignazio La Russa, riscrive la storia dell’attentato di via Rasella e, con un colpo di bacchetta magica, trasforma i nazisti invasori stragisti in una innocua banda musicale di pensionati (31 marzo) e i partigiani in assassini di quegli allegri musicanti.
Il Presidente della Camera dei Deputati, Lorenzo Fontana, persona gentile e equilibrata, storpiandone il cognome in Bàkelet, ci fa intendere di non aver mai sentito parlare dell’omicidio di Vittorio Bachelet sulle scale della Sapienza, degli anni di piombo e del più ampio problema della strategia della tensione che ha segnato, forse fino ai giorni nostri, la storia italiana (20 aprile).
Sembra un’antologia di umorismo macabro, ma sono dichiarazioni dei più alti rappresentanti delle istituzioni. La verità è menzogna e la menzogna è verità. Forse ha ragione il Ministro Lollobrigida, è solo questione di ignoranza (20 aprile). L’ignoranza, di per sé, non è una colpa. Ma l’ignoranza, che spesso fa rima con arroganza, unita al potere, è un’arma di distruzione di massa, innanzitutto di massa cerebrale.
Ma il problema ancor più serio è che – mi pare – ci stiamo assuefacendo ad ascoltare queste parole prive di senso, o dotate di un senso macabro, restando indifferenti. Questa assuefazione, questa indifferenza è ciò che fa paura. E’ importante, oggi più che mai, ricordarci l’un l’altro e insegnare ai giovani che le menzogne non sono opinioni, che i crimini sono crimini, che il bene comune è superiore al bene individuale, che i confini sono punti di contatto, che i bambini sono sacri e non possono essere piegati attraverso umiliazioni senza distruggerli. E che il conflitto fra valori di vita e disvalori di morte non ha niente a che fare con la normale dialettica democratica.
@Riccardo Cuppini
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Il ministro della Giustizia Carlo Nordio e quello dell’Interno Matteo Piantedosi sono intervenuti in aula alla Camera per un’informativa sul caso Almasri, il libico rilasciato. Dopo la Camera, alle 15.30 sarà la volta del Senato. Il primo ha confidato: «Mi ha deluso l’atteggiamento di una certa parte della magistratura che si è permessa di sindacare l’operato del ministero senza aver letto le carte - ha sottolineato Nordio -. Cosa che può essere perdonata ai politici ma non a chi per mestiere le carte le dovrebbe leggere. Con questa parte della magistratura, se questo è il loro modo di intervenire in modo sciatto, questo rende il dialogo molto molto molto più difficile. Se questo è un sistema per farci credere che le nostre riforme devono essere rallentate...». Piantedosi ha invece detto che «l’espulsione di Almasri è da inquadrare (per il profilo di pericolosità che presentava il soggetto in questione) nelle esigenze di salvaguardia della sicurezza dello Stato e della tutela dell’ordine pubblico, che il Governo pone sempre al centro della sua azione, unitamente alla difesa dell’interesse nazionale che è ciò a cui lo Stato deve sempre attenersi nell’obiettivo di evitare, in ogni modo, un danno al Paese e ai suoi cittadini». «Il 20 gennaio il procuratore della Corte d’appello di Roma trasmetteva il complesso carteggio» sull’arresto di Almasri «al ministero della Giustizia alle 11.40 - ha ricostruito Nordio - . Alle 13.57 il nostro ambasciatore all’Aja trasmetteva al ministero la richiesta dell’arresto provvisorio. La comunicazione della questura al ministero è avvenuta ad arresto già fatto». «Il 18 gennaio la Cpi emetteva un mandato di arresto internazionale nei confronti di Almasri per una serie di reati. Il mandato di arresto è arrivato domenica 10 gennaio alle ore 9.30 con una notizia informale e l’arresto trasmessa via email da un funzionario Interpol alle ore 12.37, sempre domenica: una comunicazione assolutamente informale, priva di dati identificativi e priva del provvedimento in oggetto e delle ragioni sottese. Non era nemmeno allegata la richiesta di estradizione» ha continuato Nordio, nella sua informativa alla Camera sul caso Almasri. È folta la rappresentanza del Governo in aula alla Camera per l’informativa dei ministri della Giustizia e dell’Interno Carlo Nordio e Matteo Piantedosi sul caso Almasri. Oltre ai diretti interessati sono presenti, infatti, i ministri Tommaso Foti, Adolfo Urso, Roberto Calderoli, Gilberto Pichetto, Giuseppe Valditara e Luca Ciriani. Vuota la sedia centrale dove in genere siede la presidente del Consiglio. In Aula, oltre a una nutrita rappresentazione di sottosegretari, anche la segretaria Pd Elly Schlein, il leader M5S Giuseppe Conte, i coportavoce di Avs Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. Nordio: «Errori nel mandato d’arresto della Cpi» Il mandato d’arresto della Corte dell’Aja nei confronti di Osama Njeem Almasri, ha ricordato il ministro della Giustizia, «è arrivato in lingua inglese senza essere tradotto, con una serie di criticità che avrebbero reso impossibile l’immediata adesione del ministero alla richiesta arrivata dalla Corte d’appello» di Roma. «Incertezza assoluta» a cominciare, ha sottolineato, «dalla data in cui sarebbero avvenuti i crimini: si dice a partire dal marzo 2015 ma nel preambolo si parlava del febbraio 2011, quando Gheddafi era ancora al potere». «Non faccio passacarte, atto Cpi era nullo» Il ministro della Giustizia ha sottolineato che «il ruolo del ministro non è semplicemente quello di un organo di transito delle richieste: è un organo politico che deve meditare sul contenuto di queste richieste in funzione di un eventuale contatto con altri ministeri e funzioni organo dello Stato. Non faccio da passacarte, ho il potere di interloquire con altri organi dello Stato in caso di necessità e questa necessità si presentava eccome». Inoltre serve valutare la «coerenza delle conclusioni cui perviene la decisione della Cpi». «Questa coerenza manca completamente e quell’atto era nullo, in lingua inglese senza essere tradotto e con vari allegati in lingua araba». «Incomprensibili salti logici su crimini Almasri» Nella documentazione della Cpi, ha aggiunto il responsabile della Giustizia, «una sessantina di paragrafi in cui vi è tutta la sequenza di crimini orribili addebitati al catturando, vi è un incomprensibile salto logico. Le conclusioni del mandato di arresto risultavano differenti rispetto alla parte motivazionale e rispetto alle conclusioni. Le ha lette le carte Bonelli?», ha detto il ministro riferendosi al leader di Avs che protestava in l’informativa. «Certa magistratura sciatta, accuse senza leggere carte» “Mi ha deluso l’atteggiamento di una certa parte della magistratura che si è permessa di sindacare l’operato del ministero senza aver letto le carte. Cosa che può essere perdonata ai politici ma non a chi per mestiere le carte le dovrebbe leggere. Con questa parte della magistratura, se questo è il loro modo di intervenire in modo sciatto, questo rende il dialogo molto molto molto più difficile. Se questo è un sistema per farci credere che le nostre riforme devono essere rallentate...” Così il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, nella sua informativa alla Camera sul caso Almasri,. “Questa parte della magistratura ha compattato la maggioranza come finora mai accaduto, andremo avanti fino alla riforma finale”, ha concluso. «Da Cpi pasticcio frettoloso,chiederò chiarimenti» Credo che un’altra mia iniziativa sarebbe stata impropria e frettolosa nei confronti della Corte di Appello e avrebbe dimostrato carenza attenzione non aver rivelato queste anomalie. La Cpi si è in seguito riunita apposta per cambiare mezza struttura del primo atto sulla base del quale avrei dovuto emettere il provvedimento. Ha cercato di cambiarli perché si era accorta che aveva fatto un pasticcio frettoloso. Hanno sbagliato un atto così solenne”. È mia intenzione chiedere alla Cpi gfiustificazione sulle incongruenza di cui è stato mio dovere riferire. Così il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, nella sua informativa alla Camera sul caso Almasri. Piantedosi: Almasri mai nostro interlocutore sui migranti Osama Njeem Almasri “non è mai stato un interlocutore del Governo per vicende che attengono alla gestione e al contrasto del complesso fenomeno migratorio”. Così il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, nella sua informativa alla Camera sul caso Almasri. «Nessun ricatto al governo su Almasri» “Smentisco, nella maniera più categorica, che, nelle ore in cui è stata gestita la vicenda, il Governo abbia ricevuto alcun atto o comunicazione che possa essere, anche solo lontanamente, considerato una forma di pressione indebita assimilabile a minaccia o ricatto da parte di chiunque, come è stato adombrato in alcuni momenti del dibattito pubblico sviluppatosi in questi giorni. Al contrario, ogni decisione è stata assunta, come sempre, solo in base a valutazioni compiute su fatti e situazioni (anche in chiave prognostica) nell’esclusiva prospettiva della tutela di interessi del nostro Paese”. Così il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, nella sua informativa alla Camera sul caso Almasri. «Almasri espulso per la sicurezza dello Stato» L’espulsione di Almasri è da inquadrare (per il profilo di pericolosità che presentava il soggetto in questione) nelle esigenze di salvaguardia della sicurezza dello Stato e della tutela dell’ordine pubblico, che il Governo pone sempre al centro della sua azione, unitamente alla difesa dell’interesse nazionale che è ciò a cui lo Stato deve sempre attenersi nell’obiettivo di evitare, in ogni modo, un danno al Paese e ai suoi cittadini”. Così il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, nella sua informativa alla Camera sul caso Almasri. Schlein: giornata triste, Meloni manca di rispetto al Paese «Questa è una giornata triste per la democrazia, Nordio e Piantedosi sono venuti in Aula a coprire le spalle della premier. Ma oggi in quest’aula doveva esserci Giorgia Meloni, che invece manca di rispetto all’Aula e al paese». Lo ha detto la segretaria Pd Elly Schlein nel dibattito sulle comunicazioni dei ministri Nordio e Piantedosi. «Mel.oni ci ha abituati alla sua incoerenza, ma qua si tratta di sicurezza nazionale. Lei non ha parlato da ministro ma da avvocato difensore di un torturatore, le domande a cui dovrete rispondere sono molto semplici: perché Nordio, che era stato informato dal giorno dell’arresto, non ha risposto alle richieste del procuratore generale? La vostra inerzia ha provocato la scarcerazione. Prima ci dice che è stato liberato perché non ha fatto in tempo per tradurre delle pagine in inglese poi ha detto che le ha lette ma ha rinvenuto dei vizi. Bene ha ammesso che è stata una scelta politica». «Meloni ha mandato i suoi ministri in Aula, un atteggiamento da presidente del coniglio, non del consiglio. Doveva esserci lei qua, perché quello che hanno detto i ministri non è una risposta». Così ancora Elly Schlein. «Oggi vi nascondete dietro i cavilli e il giuridichese, ma qua non si tratta di un difesa formale, ma di una scelta politica. Allora assumetevi una responsabilità. La verità è che vi vergognate di quello che fate e per questo mentite. Qua doveva esserci Giorgia Meloni, invece vi siete limitati ad attaccare i magistrati. Un attacco frontale che è fumo negli occhi per coprire il merito della vostra scelta politica». Conte: Meloni scappa, è viltà istituzionale «Oggi c’è la grande assenza della presidente Meloni, che scappa dal Parlamento e dai cittadini», un atto di «viltà istituzionale. Lo so che ci sta guardando dietro qualche computer», presidente Meloni, e quindi «mi rivolgo a lei. Non è venuta qui» a parlare di Almasri, «non si permetta di parlare davanti a qualche scendiletto!». Lo ha detto il leader del M5s Giuseppe Conte nell’Aula della Camera dopo l’informativa sul caso Almasri. Donzelli (FdI): ministri chiariscono correttezza del governo «Grazie ai ministri Nordio e Piantedosi e al governo intero, grazie per le chiare parole di oggi: per chiunque sia in buona fede tolgono ogni dubbio sulla correttezza dell’operato del governo». Lo ha detto il deputato di FdI Giovanni Donzelli nella discussione in Aula alla Camera dopo le informative dei ministri della Giustizia e dell’Interno sul caso Almasri. «Grazie per aver dato la massima dimostrazione di trasparenza e disponibilità a parlare in qualsiasi momento, come quando il 23 gennaio il ministro Piantedosi ha riferito al question time. E - ha continuato - come hanno dimostrato i ministri Nordio e Piantedosi dando disponibilità immediata a riferire in Parlamento il 29 gennaio. Grazie anche per averlo fatto oggi e non il 29 gennaio. La scelta della Proc della Repubblica di Roma di notificare l’atto il 28, il giorno prima che il governo riferisse alla Camera, non so se è stata causata da grave disattenzione istituzionale o altre strategie, ma avrebbe condizionando e sta condizionando in modo inaccettabile il dialogo fra Parlamento e il governo di questa nazione. Non è mai successo nella storia della nostra democrazia che fossero contemporaneamente indagati il presidente del Consiglio, i ministri di Interno e Giustizia e l’Autorità delegata ai Servizi per lo svolgimento delle proprie funzioni. Aver atteso questi 7 giorni non è un tentativo di fuga ma attenzione verso quest’Aula di cui ringrazio il governo che dimostra una sensibilità istituzionale che altre istituzioni non hanno avuto in questa occsasione». Read the full article
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Almasri, il ministro Nordio alla Camera: “Errori nel mandato d’arresto della Cpi, non sono un passacarte”
[[{“value”:” In una seduta accesa della Camera dei Deputati, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha fornito dettagli sul controverso caso di Abdelhakim Almasri, un cittadino libico arrestato su mandato della Corte Penale Internazionale (CPI) per presunti crimini contro l’umanità. La questione ha sollevato un acceso dibattito tra maggioranza e opposizione, in particolare con le incisive…
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“Armi e rassicurazioni su mancato arresto a Netanyahu, l’Italia complice del genocidio a Gaza”: la denuncia della rete di giuristi.
Dal flusso di armi verso Israele mai interrotto, al di là delle dichiarazioni di diversi ministri del governo Meloni, poi costretti a rettificare di fronte alle evidenze giornalistiche, fino alle recenti rassicurazioni del ministro degli Esteri Antonio Tajani verso il premier israeliano Benjamin Netanyahu, rispetto al suo mancato arresto, nel caso decidesse di visitare il nostro Paese. Di fatto, snobbando lo stesso mandato di cattura emesso a novembre dalla Corte penale internazionale “per crimini contro l’umanità e crimini di guerra”. Sono diverse le ragioni che hanno spinto nel maggio dello scorso anno una rete di giuristi e avvocati a denunciare l’Italia con l’accusa di “complicità con Israele in genocidio e crimini contro l’umanità” a Gaza. Ora rilanciata.
“Abbiamo chiesto alla Procura di Roma di accertare questa situazione da diversi mesi, ma non abbiamo ancora ottenuto alcuna risposta. Insisteremo, per questo a febbraio aggiorneremo il nostro dossier con nuove evidenze rispetto alle complicità italiane, non soltanto rispetto alle esportazioni di armi”, ha spiegato nel corso di una conferenza stampa alla Camera dei deputati Fabio Marcelli, giurista del Cred (Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia).
All’iniziativa hanno partecipato anche la deputata M5s Stefania Ascari e Nicola Fratoianni (Avs), costretti poco dopo a rientrare in Aula per la concomitanza dei lavori. Proprio dall’Aula è stato il segretario di Sinistra italiana ad attaccare il governo rispetto alla sua posizione su Israele: “Se nel giorno in cui viene finalmente annunciata la tregua dopo il continuo massacro della popolazione palestinese a Gaza, il ministro degli esteri Tajani non trova di meglio che dichiarare che se Netanyahu, un criminale di guerra, vuole venire in Italia non ci sono problemi, allora avete già scelto da che parte stare. State con chi delegittima la Corte penale internazionale“.
“L’Italia avrebbe dovuto interrompere ogni fornitura di armi e ogni accordo di sicurezza e cooperazione scientifica, avrebbe dovuto smettere di dare copertura politica e mediatica alle azioni genocidiarie di Israele. Ora facciamo appello anche ai parlamentari delle opposizioni affinché facciano tutto quanto è in loro potere per fare piena luce e pretendere il rispetto del diritto internazionale“, è stato l’appello rivolto dalla rete di giuristi.
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Da quindici anni la “Fondazione Giuseppe Levi Pelloni”, attraverso l’area didattica, è presente con continuità, con il patrocinio dell'Ucei e in collaborazione con l'Accademia Internazionale Cartagine, nella celebrazione della “Giornata della Memoria”, ricorrenza, istituita con legge dello Stato del 20 luglio 2005, dedicata alle vittime dell'Olocausto e occasione per ricordare tutte le vittime dei totalitarismi del Novecento. La legge, è opportuno ricordare, ha stabilito all’art 1, che “La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, giorno della memoria, al fine di ricordare la Shoah, sterminio del popolo ebraico, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei , gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che anche in campi di schieramenti diversi , si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita, hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati” e all’art. 2, che “In occasione del giorno della memoria di cui all’art.1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico, ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare al futuro dell’Italia la memoria di un tragico e oscuro periodo della storia del nostro Paese e in Europa e affinché simili eventi non possano mai più accadere”. Anche quest’anno, la Fondazione ha organizzato eventi e incontri. Venerdì 26 gennaio nel Teatro Comunale di Valmontone, Roberta e Luciana Ascarelli, Pino Pelloni, Antonietta Lucchetti e Stanislao Fioramonti incontreranno gli alunni delle scuole della città e nel pomeriggio, nella Sala Regina di Montecitorio presiederanno a Roma alla proiezione del film “Eredi della Shoah” che narra un viaggio tra i racconti dei nipoti dei sopravvissuti all'Olocausto ripercorrendo le storie di sei protagonisti, eredi di un passato che li accomuna. Un racconto intimo e toccante che tenta di offrire una nuova chiave di lettura sull'eredità della Shoah. Il 5 febbraio la Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto-Camera dei deputati ospiterà l’evento “Never Again”, una riflessione sull'antisemitismo con Roberta Ascarelli, Pino Pelloni, Quirino Zangrilli, Cinzia Baldazzi e Anyla Kraja e la proiezione del film intervista “16 Ottobre 1943” di Ilaria Pisciottani. Il 23 febbraio, presso il Salone delle Adunate dell'Anmig – Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra (piazza Adriana, 3) sarà presentato a Roma il libro di Saverio Angiulli “Prigionieri per sempre”. Lo storico e giornalista Pino Pelloni, autore, otre che di saggi e articoli sulla Shoah, del libro “Il tramonto dei Giusti. I crimini di guerra e le resistenze europee al Nazifascismo” (Ethos edizioni con introduzione di Pietro Melograni), ama ricordare come il Premio Nobel Elie Wiesel, a chi gli chiedeva di chi fosse la responsabilità e se la malvagità della natura umana avesse un qualche ruolo, rispondeva: “La responsabilità è sempre del singolo individuo che ha la facoltà di accettare o rifiutare la follia e la violenza del branco. Le scelte morali di fronte a ogni uomo e donna sono chiare e spetta alla coscienza di ognuno guidarli. Anche il silenzio, che aiuta i carnefici, è una scelta individuale”.
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JOE BIDEN HA QUALCHE IMPEACHMENT
di Redazione La Camera degli Stati Uniti ha dato avvio della procedura di impeachment nei confronti del presidente Joe Biden. Una procedura che può portare alla condanna per tradimento, corruzione e altri gravi crimini. La Camera degli Stati Uniti ha approvato la risoluzione con 221 voti favorevoli e 212 contrari. Biden è accusato di possibile corruzione per il periodo tra il 2009 e il 2017, in…
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A Gaza notte di battaglia, Israele: "Ucciso importante comandante di Hamas" | Erdogan: "Nella Striscia crimini contro l'umanità da un mese"
03 novembre 2023 00:08 TEMPO REALE Netanyahu nega il carburante agli ospedali. La Camera Usa approva 14,5 miliardi di aiuti a Israele. Occhi puntati sul Libano per l’atteso discorso del leader di Hezbollah 03 nov 09:46 Cisgiordania: salgono a nove i morti negli scontri con l’esercito 03 nov 09:07 Gaza City, aspri combattimenti intorno all’ospedale al-Quds 03 nov 08:33 Erdogan: “A Gaza…
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IPTV, arriva il DDL anti-pirateria che distrugge il pezzotto
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Durante lo scorso 28 giugno è stato approvato ufficialmente il nuovo DDL anti-pirateria. A procedere è stata la Commissione Giustizia ed ambiente del Senato, non modificando neanche di una virgola il testo a cui era stato dato precedentemente l'ok dalla Camera. Le IPTV dunque vedranno le maglie della giustizia stringersi sempre di più intorno a loro e intorno a chi le utilizza. Potrebbe essere questo è l'inizio di una vera e propria caccia ai trasgressori, i quali pagheranno con multe salate e in alcuni casi anche con il carcere. IPTV e pirateria: l'AGCOM accoglie con entusiasmo il nuovo DDL A rilasciare alcune dichiarazioni è stato il Ministro per i rapporti con il parlamento, Luca Ciriani, che ha ringraziato anche i colleghi che hanno favorito un iter parlamentare abbreviato per arrivare a penalizzare le IPTV: "L’approvazione in Commissione in Senato del disegno di legge, già approvato dalla Camera, per contrastare la pirateria digitale è una notizia molto positiva. I parlamentari vi hanno lavorato con passione e dedizione". Raccolta di buon grado anche dall'AGCOM la notizia. A parlare è stato il commissario AGCOM Massimiliano Capitanio, secondo cui "Il voto di oggi in Senato costituisce una pietra miliare nella lotta alle mafie della pirateria e uno scudo a difesa della creatività italiana. Finalmente l’Italia sta per dotarsi di una legge che la pone all’avanguardia nella lotta alla pirateria, un cappio economico e culturale che sta uccidendo la creatività italiana, falcidiando migliaia di posti di lavoro e legittimando il pericoloso principio secondo cui in rete si possano compiere crimini e furti senza pagarne le conseguenze. In questa battaglia Agcom è pronta a rafforzare le proprie azioni che, già in questi anni, ci hanno consentito di oscurare oltre 3000 siti internet pirata". Read the full article
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Sergio Sgrilli in "Camera con Crimini" al Teatro/Cinema Martinitt.
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In scena dal 13 e fino al 22 gennaio, ecco due artisti molto amati della comicità meneghina: il milanese d’adozione Sergio Sgrilli, in un’insolita versione noir, e la milanesissima Corinna Grandi, anche lei volto noto di Zelig, che si definisce “un ibrido tra cabaret, stand-up e poesia”.
A completare l’opera, i talentuosi Aristide Genovese, co-protagonista, e Piergiorgio Piccoli, alla regia.
L'intera vicenda si svolge all'interno della stessa camera di un hotel, in tre momenti nell'arco di un anno, e vede come protagonista Arlene, confusa e combattuta tra la stabile routine col marito Paul, venditore di automobili banale e "grigio”, e la forte passione per l'amante Mitchell, dentista belloccio e presuntuoso.
Nessuno dei tre riuscirà ad affermare con dignità la propria natura, né riuscirà a farsi amare per ciò che di autentico lo rappresenta.
Tutti ricorreranno a gesti estremi, improbabili crimini, che tenteranno invano di compiere.
In questo triangolo amoroso si scatena un ventaglio di sentimenti. Amore, rabbia, rancore, odio e istinto omicida sono gli ingredienti di questa commedia frizzante, ricca di colpi di scena e situazioni che rasentano il paradosso.
Il tradito si fa carnefice e l’amante diviene vittima, in un continuo susseguirsi di scene esilaranti.
Cambi di prospettiva che invitano a riflettere sui legami sentimentali. Conosciamo realmente il nostro compagno di vita?
E chi crede di conoscerci, può sentirsi davvero (al) sicuro?
Chi non ha mai sentito "crescere la bestia dentro"? Chi non l'ha mai scagliata contro l’amico, il coniuge, il parente, il vicino di casa, il capoufficio o il politico di turno?
Le cronache quotidiane, purtroppo, ci consegnano la risposta.
A teatro, per fortuna, siamo nella comfort-zone della fantasia, dove l'ronia e il buonumore riesxono a sconfiggere la collera e a cancellare ogni rancore.
CAMERA CON CRIMINI di Sam Bobrick e Ron Clark - Diretto da Pier Giorgio Piccoli. Con Sergio Sgrilli, Corinna Grandi e Aristide Genovese.
Produzione Teatro de Gli incamminati in collaborazione con Theama Teatro.
Luogo: Milano, Teatro/Cinema Martinitt
Indirizzo: Via Pitteri 58 - Milano
Orari: Orari biglietteria: lunedì-sabato, 10.30-21; domenica 14-2. Parcheggio interno gratuito.
Per info: Telefono 02/36580010, Whatsapp 338.8663577, [email protected]
Sito web per approfondire: https://www.teatromartinitt.it
#Sergio Sgrilli#cinema teatro Martinitt#Pier Giorgio Piccoli#Corinna Grandi#Aristide Genovese#Camera con crimini#Sam Bobrick#Ron Clark
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Super Stressful Sunday
Ricordava vagamente il sussurro di Darren e il suo augurio di una buonanotte: aveva schiuso le labbra per ricambiarlo e ringraziarlo di aver accettato di stendersi al proprio fianco. Non era certa neppure di aver concluso la frase, prima che quel torpore, unito all'effetto del bourbon e alla lunga giornata di (doppio) lavoro avesse avuto la meglio e fosse sprofondata in un sonno profondo. Persino i suoi sogni sembrarono rispecchiare la “follia” che si era concessa alla conclusione di quella serata poiché inizialmente si ritrovò in quel giardino misterioso che aveva già avuto occasione di ammirare e con la percezione di una presenza altrettanto ignota e suggestiva. In quel frangente, tuttavia, non indossava un abito principesco, ma una tenuta molto più aderente e sportiva che somigliava spaventosamente a quella usata da Kim Possible nel combattere i crimini. Tuttavia non aveva di fronte la sua storica e buffa nemesi ma Patrick che indossava una tenuta da bagnino: sembrava che neppure fosse in grado di vederla perché l'attraversò letteralmente per accorrere in un aiuto di una giovane che stava urlando per chiedere aiuto, vestita da sposa, e dall'inquietante colorito verdastro. Non ebbe modo di sincerarsi della sua identità, perché emise un mugugno e si rannicchiò su un fianco, andando ad adagiarsi contro qualcosa che avrebbe dovuto essere il secondo cuscino decorativo, ma che sembrava avere un battito tutto proprio. Sarebbe stato probabilmente tutto più chiaro se le sue tempie avessero smesso di pulsare, dandole la dolorosa impressione che le pareti del cranio si stessero avvicinando tra loro, schiacciandole l'encefalo. Senza contare il contorcimento delle pareti dello stomaco: se per nausea o per fame sarebbe stato difficile a dirsi. Per non parlare della sensazione di avere la bocca impastata e con un retrogusto amaro. Mugugnò infastidita e sbatté le palpebre, gemendo anche per quella piccola porzione di luce che penetrava dalla finestra e, appena riuscì a tenere gli occhi abbastanza aperti, emise un singulto nel riconoscere il viso del giovane. Sembrava ancora profondamente addormentato e con un'espressione piuttosto rilassata e pacifica. Ma cosa...?
Gemette nello sforzo di pensare mentre qualche sprazzo della folle serata le tornò alla mente: tanti shottini di bourbon, risate sguaiate, sprazzi di conversazioni più o meno serie, fino alla salita, pur lenta e faticosa, per raggiungere la propria camera da letto. Arrossì e quel fiotto di calore non contribuì a migliorare il proprio stato d'animo, rotolando nuovamente dall'altra parte del letto e imprecandosi contro per aver accettato qualcosa di tanto tanto stupido. Seppellì la testa sotto il cuscino, cercando di massaggiare le tempie per quel mal di testa infernale, quando lo schiocco della serratura della porta di ingresso lacerò il silenzio come lo sparo di un proiettile.
Sbatté le palpebre e sentì la voce allegra e fastidiosamente acuta della madre mentre la chiamava per nome ed entrava nel soggiorno. Si drizzò bruscamente e dovette letteralmente gettarsi fuori dal letto con un'imprecazione strozzata, ignorando le vertigini e la vista offuscata per il movimento repentino e brusco. Fortunatamente Pooka era già sveglio e si era affrettato a correre in direzione della visitatrice. Questo le avrebbe fatto guadagnare qualche minuto, considerò e si fiondò nel proprio bagno, dopo aver afferrato una camicia da notte e una vestaglia. Si affrettò a togliersi il costume da elfo, trattenendo un conato di vomito per l'odore di bourbon che doveva essersi sbrodolata addosso e dovette sfregare energicamente i denti per togliersi quel saporaccio di bocca, seppur anche lo spazzolino quasi le procurò l'istinto di rimettere. Gemette alla vista del trucco sbavato e cercò frettolosamente di struccarsi, facendo cadere quasi metà dei prodotti di bellezza e cercando di legare i capelli in una treccia. Sgusciò fuori dalla stanza senza neppure guardare il ragazzo ancora a letto, ma si affrettò a chiudere la porta, proprio quando sua madre sembrava in procinto di salire le scale. “C-Ciao mamma” riuscì a pronunciare, seppur la voce sembrasse più rauca del solito. “Ma Muffin!” squittì per risposta, facendole pulsare ancora più dolorosamente la testa, guardandola con espressione quasi sconvolta. “Ti sei appena alzata?! Sono le 11 passate!” sottolineò, ben conoscendo quando fosse normalmente mattiniera. Sì che lei stessa la esortava a dormire più a lungo la Domenica mattina, ma era evidente quanto le sembrasse improbabile una simile situazione. Aggrappata alla balaustra e cercando di ignorare quel contorcimento dello stomaco cercò di sorriderle e andarle incontro. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era che trovasse un perfetto sconosciuto nel proprio letto: decisamente sarebbe stato irrealistico che non fraintendesse quella situazione equivoca. “Ti senti male?!” la incalzò, studiandola con sguardo analitico che avrebbe fatto concorrenza al dottor Clarington, “Hai un aspetto orribile!” squittì con aria preoccupata. “N-Non ho dormito bene...” precisò, lasciando che le cingesse le spalle, dopo che le aveva baciato la guancia. “P-Potresti abbassare la voce, per favore?” pigolò mentre scendevano verso il soggiorno.
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La Camera Federale argentina ha confermato le condanne di due ex dirigenti della multinazionale automobilistica Ford per il rapimento e la tortura di 24 lavoratori durante l'ultima dittatura sostenuta dagli Stati Uniti. I condannati, in collusione con i militari, avevano allestito un centro di detenzione clandestino all'interno dello stabilimento situato a Buenos Aires. (...) Il calendario segnava giovedì 25 marzo 1976: da un lato del tavolo sedevano i direttori della FORD, dall'altra i delegati sindacali, era il giorno dopo il colpo di stato che diede inizio all'ultima dittatura argentina. Il responsabile delle relazioni industriali di Ford Motor Argentina, Guillermo Galarraga, comunicò con un tono tra lo scherzoso e il violento che, da quel momento, l'azienda avrebbe smesso di riconoscere l'attività sindacale dei suoi lavoratori. "Puoi spiegarci perché la nostra attività sindacale è interrotta?", chiese Juan Carlos Amoroso, uno dei delegati. "Perché questa azienda diventa un obiettivo e una priorità militare", disse il manager, senza ulteriori spiegazioni. Quando gli operai si alzarono dalle sedie, l'imprenditore guardò il sindacalista e gli disse: "Porta i miei saluti a Camps (capo della polizia di Buenos Aires)". "Non so chi sia", rispose l'operaio. "Lo scoprirai", ribatté l'uomo d'affari, provocando le risate degli altri manager. Amoroso e altri 24 lavoratori dello stabilimento automobilistico Ford, situato nella provincia di Buenos Aires (ancora in funzione), lo "scoprirono" presto chi era Camps e gli altri capi militari. Furono sequestrati - alcuni direttamente sul posto di lavoro, sulla catena di montaggio dell'azienda - trasferiti in un centro di detenzione clandestino allestito nel campo sportivo dello stesso stabilimento FORD, torturati e rinchiusi in diverse carceri della capitale argentina. Il manager Galarraga che pronunciò quelle minacce è morto nel 2016 all'età di 92 anni. Riuscì a eludere la giustizia. Non così due dei suoi collaboratori, Pedro Müller, direttore di produzione e secondo nella scala gerarchica del consiglio di amministrazione di quegli anni; e Héctor Francisco Sibilla, capo della sicurezza dello stabilimento. Nel dicembre 2018, la Corte orale federale 1 di San Martín li ha condannati per quei crimini contro l'umanità. "Stiamo parlando di una sentenza storica per l'Argentina e per il mondo. È una pietra miliare perché si dimostra ciò di cui si è sempre parlato in ambito accademico e giornalistico: la complicità di alcuni gruppi economici con il terrorismo di Stato. E ciò è confermato in un processo equo dove sono state rispettate tutte le garanzie procedurali. Queste due persone sono state difese dai migliori studi legali", spiega Tomás Ojea Quintana, l'avvocato che ha rappresentato le vittime. (...) Müller è stato condannato a 12 anni di carcere, due in più di Sibilla, condannato a 10 anni di carcere, che, vista l'età dei colpevoli corrispondono a due ergastoli. Condanne di questa natura - aggiunge l'avvocato - hanno un solo precedente al mondo: gli uomini d'affari nazisti seduti sul banco degli imputati durante i processi di Norimberga. “Chi crede che questi siano fatti ormai passati sbaglia. Hanno a che fare più che mai con il futuro, con la necessità di avere aziende impegnate nei diritti umani quando fanno affari”, chiarisce. (...) https://www.elsaltodiario.com/argentina/directivos-ford-condenados-lesa-humanidad-dictadura?fbclid=IwAR0xx8g3hK8ZIlLfmdPWQOCNXDo52sZ0TBd5P3G7JSHIWAb1m5asDYOv_ZA (Rete Solidarietà Rivoluzione Bolivariana)
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L'eroe Mussolini e gli immigrati assassini: i fascio-fumetti invadono le scuole
La propaganda nera arriva dalla Germania sotto forma di vignette, graphic novel, opuscoli e libri animati pubblicati dalla galassia degli editori d'ultradestra: amministrazioni e assessori soprattutto di FdI li donano a istituti e biblioteche
C'E' LA CARICA dei tagliatori di teste al grido di “hail!”, che sostituisce, rievocandolo, il saluto hitleriano “heil”. C’è l’immigrato assassino che brandisce un machete insanguinato: lo stesso sangue grondante da un coltello impugnato dal solito uomo di colore che, nella narrazione fumettistica, rappresenta il male della società. C’è Mussolini raccontato come un eroe e c’è la ricostruzione fantasiosa e apologetica - in chiave martire-valoroso -, dell’uccisione a Dongo di Alessandro Pavolini, ultimo segretario del Partito fascista e comandante delle famigerate Brigate Nere. Sospesi tra realtà e finzione. Pieni di slogan e santini propagandistici, rimandi nostalgici, simboli del neofascismo e del neonazismo (rappresentati quasi sempre da personaggi “veri”, realmente esistiti e entrati nel pantheon dei camerati). Sono i fumetti dell’estrema destra. Scie, vignette, graphic novel, opuscoli, libri “animati”. Pubblicati da case editrici vicine, o collegate, in alcuni casi diretta emanazione di movimenti politici della galassia nera. Alcuni dei quali già sotto inchiesta e attualmente alla sbarra.
Controcultura nera
Un’operazione di “controcultura” in risposta al racconto mainstream. Che si snoda soprattutto tra Italia e Germania, ed è rivolta – ovviamente - alla platea dei giovani. Giovani delle scuole, anche. A cui – grazie all’iniziativa di amministrazioni comunali, sindaci, assessori, deputati – questi fumetti vengono regalati. L’elenco degli ultimi casi italiani ci porta a Ascoli Piceno. Su input del sindaco di FdI Marco Fioravanti, per il Giorno del Ricordo 2021, il Comune ha comprato e donato agli studenti della provincia il libro “Foiba Rossa. Storia di un’italiana”, dedicato a Norma Cossetto. Il volume è pubblicato da Ferrogallico, casa editrice di fumetti legata a doppio filo all’estrema destra: tra i soci fondatori (2017) figurano due esponenti di Forza Nuova (Marco Carucci, ex portavoce milanese, e Alfredo Durantini), e il cantautore “non conforme” Skoll, nome d’arte di Federico Goglio. A distribuire i volumi di Ferrogallico oggi è Altaforte, la casa editrice del dirigente-picchiatore di CasaPound Francesco Polacchi, pregiudicato per violenze come alcuni dei suoi autori, e anche proprietario del marchio di moda Pivert, nonché editore del Primato Nazionale, la testata (carta e on line) dei “fascisti del terzo millennio”. Sulle pagine del periodico di CPI trovano spazio pure i fumetti. Un esempio: la lenzuolata intitolata “Il paese normale, fatti e cronache di ordinaria integrazione”. Un collage di notizie di crimini commessi da immigrati ruota intorno al disegno di un coltello stretto in una mano dalla pelle scura.
Soldi pubblici e casse fasciste
Torniamo a Ferrogallico e al caso Ascoli Piceno. La stessa scelta di parlare del Giorno del Ricordo attraverso il fumetto su Norma Cossetto è stata assunta anche da altre amministrazioni: due anni fa, tra le prime, l’assessore all’Istruzione della Regione Veneto Elena Donazzan, di FdI, poi esibitasi in Faccetta nera ospite di una trasmissione radiofonica. Seguirono Regione Piemonte, Pavia - sempre su proposta di una consigliera del partito di Giorgia Meloni, Paola Chiesa, che distribuì personalmente il libro - , ed altri Comuni. Il tutto, tra prevedibili e incandescenti polemiche. Anche perché si tratta di soldi pubblici che finiscono dritti nelle casse di case editrici collegate a gruppi e movimenti dichiaratamente fascisti. Andiamo avanti. Sorvolando sul fumetto (sempre targato Ferrogallico) dedicato alla vita di Nino Benvenuti, esule istriano, si può ricordare un altro caso: due anni fa l’amministrazione di Verona decide di regalare alle scuole e alle biblioteche comunali il libro a fumetti pubblicato nel 2017 (l’editore è sempre lo stesso) che racconta la storia di Sergio Ramelli, giovane membro del Fronte della Gioventù ucciso nel 1975 a Milano da militanti di Avanguardia Operaia, e diventato, da allora, uno dei simboli del neofascismo.
"Immigrato criminale"
Come funziona la propaganda del fumetto nero? Da dove nasce? Chi c’è dietro questa editoria che punta su leggerezza e immediatezza per veicolare messaggi nostalgici e revisionisti? Alla base dell’ombra lunga, che trova il suo terminale nei politici che ricoprono ruoli decisionali nelle istituzioni (Ferrogallico è stata sdoganata con incontri convocati in Camera e Senato da politici di FdI e Lega), c’è una strategia di diffusione mirata a entrare in contatto coi più giovani. Che utilizza stile e modalità narrative particolari. Come spiega Emilio Cirri ne “Lo spazio bianco – nel cuore del fumetto”, queste opere “sono accomunate da alcuni elementi ricorrenti. Da una parte abbiamo la forma artistica e narrativa. Si usa uno stile realistico per dare al contenuto un effetto ‘storicamente corretto’. Uno stile spesso rigido e sgraziato, minato da errori di anatomie e prospettive, più attento a creare immagini da usare per la propaganda”. In molti fumetti spiccano immagini di stupri e uccisioni “per creare un macabro effetto shock”. Nei dialoghi nelle vignette – spiega sempre Emilio Cirri - c’è una “prosa pomposa e retorica allo sfinimento, con dialoghi lapidari utili solo per trasmettere una tesi preformata e una definizione macchiettistica dei personaggi, sia quelli ‘buoni’ sia quelli ‘cattivi’”. Altri esempi. Graficamente, diciamo, border line. La copertina di ‘Adam – una storia di immigrazione’. E’ la graphic novel del giornalista Francesco Borgonuovo uscita sempre per Ferrogallico. Suona come un inno splatter alla tesi sovranista immigrato uguale criminale. Qui non è tanto importante ricordare che l’autore è ospite abituale a eventi e convegni organizzati da gruppi neofascisti e anche di ispirazione neonazista (vedi Lealtà Azione). Più interessante è interpretare la presentazione che Ferrogallico propone dei propri fumetti. “Ostinati e contrari”. Con un presunto obiettivo: portare alla luce “storie taciute su cui grava il velo di silenzio del conformismo culturale e del politicamente corretto”.
Quelle che avete appena letto sono le classiche parole d’ordine esibite dalla narrazione neofascista in questo mezzo secolo di storia: dagli anni ’70 ad oggi. Sono anche gli slogan che rimandano a quello che oggi si può considerare un laboratorio privilegiato della fumettistica di estrema destra. La Germania. E’ da lì che rimbalza, in Italia, il fenomeno. Per raccontare la mappa tedesca delle strisce apologetiche e revisioniste, delle graphic novel inneggianti alle SS e quelle che affondano nella propaganda omofoba e anti-immigrati, conviene partire da Hydra Comics. Che è diventato un caso politico. Andiamo con ordine. Ai lettori e agli appassionati della Marvel il nome Hydra non suonerà affatto nuovo: è la denominazione di una fittizia organizzazione terroristico-sovversiva, nata come società segreta, che compare nei fumetti americani Marvel Comics nel 1965. Gli spietati agenti di Hydra puntavano a istituire un nuovo ordine mondiale di stampo nazionalsocialista. Il loro motto? “Taglia una testa, altre due penderanno il suo posto”.
Sassonia ultranazionalista
Dresda, Sassonia. Un luogo a caso? No. E’ nel capoluogo del Land divenuto tristemente celebre negli ultimi anni per la nascita e l’attività violenta di gruppi di estrema destra e neonazisti che nasce Hydra Comics. Il fondatore è Michael Schafer, ex politico della Cdu poi passato a NPD e per anni dirigente dei Junge Nationaldemokraten (JN). Chi finanzia la creazione di Hydra? I destrissimi Movimento Identitario (Identitäre Bewegung) e Ein Prozent. Islamofobici, nemici dell’immigrazione e del multiculturalismo, oppositori dei diritti Lgbt. Parliamo di movimenti che non rifiutano angolazioni nostalgiche e neonaziste. Come Pegida, anche questa made in Sassonia. Nell’opera di proselitismo mediatico di queste formazioni, in particolar modo tra i giovani, oltre a cortei, presidi, manifestazioni no-vax, giocano un loro ruolo anche i fumetti.
Venticinque febbraio scorso: il caso Hydra balza alle cronache. Sulla pagina Fb di Comixene, importante rivista tedesca dedicata al fumetto, il direttore in persona fa, di fatto, da cassa di risonanza alla nascita di Hydra: prendendo formalmente le distanze dalla pubblicazione su un numero di Comixene della notizia del lancio della casa editrice nera, e invitando a indagare sulle sue origini segrete, nella pratica le offre un graditissimo spot. Comixene – come racconta sempre “Lo Spazio bianco – il cuore nel fumetto” - viene travolto da critiche durissime. Per altro: chi siano e cosa pubblichino quelli di Hydra Comics è già noto. Strisce e vignette con riferimenti ai “veri patrioti”, simbologia delle “squadre di salvaguardia” (SS) naziste, agenti segreti al servizio del popolo. Gli eroi Marvel Capitan America e Superman decontestualizzati. “Siamo aperti a tutti quegli autori che nel panorama odierno non trovano un posto in cui pubblicare” – spiega Hydra. “Opere non conformi, anche provenienti dall’estero” in difesa di quei lettori e quegli artisti che si sentono “limitati da un settore in cui l’ideologia viene prima del talento”. Intorno al progetto editoriale Hydra e alla sua lotta alla “dittatura del buonismo” si muovono artisti tedeschi della scena dell’estrema destra: il writer Wolf PM (che usa caratteri calligrafici di epoca nazista) e Remata’Clan dalla Turingia.
Asse Roma-Berlino-Tokyo
In Germania – dopo una lunga scia di violenze, molte delle quali avvenute proprio in Sassonia, e dopo la strage terroristica di Hanau del 21 febbraio 2020 – si è riaperto il dibattito sull’estremismo di destra. I servizi segreti hanno messo sotto sorveglianza AfD perché considerato un movimento pericoloso per la democrazia. AfD. Hydra. Link che si riattivano. Ci sono fumetti, in Germania, partoriti e pubblicizzati dagli stessi partiti. Tra il 2017 e il 2018 sulla pagina della sezione AfD di Berlino sono stati pubblicati sette racconti intitolati “Emilia and friends”. L’autore? Il caposezione Georg Pazderski. Protagonista dei racconti è, appunto, Emilia, una ragazza dalle sembianze di uccello, sostenitrice di AfD che difende le posizioni più estreme del partito contro una società fatta di crimini. A chi è ispirato, per la sua striscia ultranazionalista, Pazderski? Agli omologhi austriaci dell’FPÖ (Freiheitliche Partei Österreichs), partito di estrema destra austriaco il cui leader, Heinz Christian Strache, in questi anni è stato protagonista, a sua volta, di numerose vignette che lo immortalavano come un supereroe in lotta contro i mali della società liberale e globalista. Intorno a super Strache, un florilegio di riferimenti, diretti e indiretti, al nazismo e alle rune che ne hanno caratterizzato la deriva esoterica. L’elenco dei fumetti tedeschi finiti sotta accusa è lungo e fornito. Si è molto parlato, tra gli altri, di Der Vigilant. L’eroe qui – in un paradosso perfetto - è un vendicatore solitario che protegge il popolo da un partito dittatoriale ecologista. L’editore che ha dato alle stampe il fumetto si chiama Eric Zonfeld (Zonfeld-Comics). E’ noto per la pubblicazione di romanzi giovanili xenofobi, razzisti e attraversati da continui richiami al nazismo. Libri il cui contenuto – vari esposti sono finiti sul tavolo Tribunale di Colonia - “stimola l’odio razziale, glorifica o minimizza le idee del Nazionalsocialismo, glorifica i membri delle SS e discrimina gli omosessuali”. Il bisogno continuo di additare un nemico da combattere e annientare; la mitizzazione dei regimi e della razza; l'avversione verso gli "invasori” colpevoli di rovinarla. Dalla Germania all’Italia, sotto traccia, lavora la fabbrica del fumetto. L’ultimo prodotto Hydra Comics è dedicato all’artista giapponese Yukio Mishima, ultranazionalista adottato come feticcio dalle destre europee. Chi ha realizzato la nuova striscia? Semplice: Ferrogallico, l’etichetta editoriale dei fascisti di Forza Nuova distribuita dai fascisti di Altaforte-CasaPound. Siamo in tempo di pace, ma nella graphic novel si rinsalda l’asse Roma-Berlino-Tokyo.
di Paolo Berizzi - la Repubblica
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Un altro straniero arrestato in Italia è stato scarcerato. Si tratta del comandante della polizia giudiziaria libica Najeem Osema Almasri Habish, sul quale pendeva un mandato della Corte penale internazionale per «crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi nella prigione di Mitiga, puniti con la pena massimo dell’ergastolo». L’arresto non è stato convalidato per un errore procedurale e l’uomo già nella serata di martedì 21 gennaio è stato rimpatriato su un aereo diretto nella capitale libica. Si è concluso con un colpo di scena, dunque, un giallo che per tre giorni ha tenuto col fiato sospeso apparati giudiziari, di polizia e dell’intelligence. Perchè Almasri non è un cittadino qualsiasi, come non lo era l’uomo dei droni Abedini, fortemente reclamato da Teheran. Ed anche in questo caso da Tripoli erano partite proteste per l’arresto - definito “arbitrario” - del comandante, membro di lunga data dell’Apparato di deterrenza per il contrasto al terrorismo e al crimine organizzato. Milizia che, rileva Amnesty, ha commesso «terribili violazioni con totale impunità nella prigione di Mitiga». Intanto si muove la Cpi. La Corte penale internazionale (Cpi) sta cercando, e deve ancora ottenere, chiarimenti da parte delle autorità italiane a proposito del rilascio del comandante della polizia giudiziaria libica Almasri. Lo ha scritto oggi la Corte sul suo sito. La Corte ricorda nello stesso comunicato il dovere di tutti gli Stati membri di cooperare pienamente con la Corte nelle sue indagini e nei procedimenti giudiziari dei crimini. La Cpi il 18 gennaio ha emesso un mandato di arresto a carico del libico. L’indomani l’uomo era stato arrestato dalle autorità italiane prima di essere rilasciato il 21 gennaio. Intanto monta lo scontro politico. «La premier Meloni deve venire urgentemente» in Aula alla Camera «a riferire» sulla vicenda che ha coinvolto Njeem Osama Elmasry, noto come Almasri. Lo hanno chiesto tutte le opposizioni (AVS, Pd, Più Europa, Italia viva, M5S e Azione) prima delle comunicazioni alla Camera del ministro della Difesa, Guido Crosetto, sull’invio delle armi all’Ucraina. Vertice Schlein-Bonelli-Fratoianni: sul tavolo Almasri e Consulta Si è svolta una riunione improvvisata a tre, tra la segretaria del Pd Elly Schlein e i due leader di Avs, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni in Transatlantico. A margine dei lavori odierni sull’Ucraina, i tre si sono appartati su un divanetto per parlarsi. Tra gli argomenti affrontati, a quanto si è appreso, il caso del comandante libico e lo stallo sui giudici costituzionali, alla vigilia della nuova riunione del Parlamento in seduta comune. «Giorgia Meloni - ha attaccato la segretaria del Pd Elly Schlein - voleva inseguire i trafficanti di esseri umani in tutto il globo terracqueo, ne era stato arrestato uno libico in Italia e invece di dare seguito alle richieste della Corte penale internazionale che lo accusa di crimini di guerra e contro la dignità umana, lo hanno rimandato impunito in Libia. Il governo chiarisca immediatamente perchè Elmasry è stato scarcerato e lasciato andare». M5s, dal governo schiaffo per proteggere torturatore libico «Nordio venga in Parlamento a spiegare perché il torturatore libico Njeem Osama Elmasry Habish è stato rimesso in libertà invece di essere consegnato alla Corte penale internazionale, che riceve così l’ennesimo schiaffo dal governo Meloni dopo quello sull’immunità di Netanyahu. C’è il forte sospetto che vi sia stata la volontà politica di proteggere questo potente funzionario libico ’amico’ del governo Meloni sottraendolo alla giustizia internazionale per non far saltare gli accordi con Tripoli sulla gestione dei migranti. E’ solo una coincidenza che dopo il fermo dell’aguzzino libico, dai porti della Tripolitania sia partita un’andata di barconi con centinaia di migranti alla volta di Lampedusa? Perché questo silenzio imbarazzato da parte del governo? Forse perché questa vicenda avrebbe fatto luce sul sistema criminale libico a cui Meloni ha affidato, con i soldi degli italiani, la gestione dei migranti?». È quanto si legge in una nota dei parlamentari del Movimento 5 Stelle delle Commissioni Esteri e Giustizia di Camera e Senato. Appendino: gravissimo volo di Stato per liberare un criminale «Chiediamo - ha affermato la vicepresidente del Movimento 5 Stelle Chiara Appendino intervenendo alla Camera - che la presidente Meloni e il ministro Nordio vengano in Parlamento a spiegare agli italiani perché sia stato liberato un torturatore. Il fatto non è grave ma gravissimo: ci devono spiegare perché un uomo con un mandato di arresto della Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità sia stato rimandato a casa con tutti gli onori, addirittura con un volo di Stato. Io non riesco a credere che sia un errore, io non riesco a credere che il Ministro Nordio e tutto l’apparato non sapessero. Allora le possibilità sono due: o è stato un errore, ed è grave che un governo tratti con superficialità una questione di questo tipo, o c’è dietro la volontà di dare protezione e impunità a un criminale per convenienza politica. Ed è lo stesso atteggiamento con cui questo governo non ha mai avuto il coraggio di dire le cose come stanno su Netanyahu. L’Italia merita un governo che non sia complice dei criminali, ma che sta dalla parte del popolo». Avs chiede immediate dimissioni Nordio Il pressing sul governo arriva anche da Alleanza Verdi e Sinistra. «È finita con un aereo dei Servizi italiani che riporta a casa il torturatore accolto a Tripoli da una gran festa. Basta questo per chiedere le dimissioni di Nordio e un’informativa urgente per capire se siamo usciti dalla Corte Penale Internazionale. Ieri abbiamo depositato un’interrogazione per chiedere le circostanze dell’arresto a Torino di Njeem Osama Elmasry. Chiedevamo come mai un uomo con mandato d’arresto si aggirasse liberamente per il nostro Paese. Ma non abbiamo fatto in tempo neanche a fare i complimenti al lavoro della Digos di Torino!». Così in Aula il vicepresidente di Avs Marco Grimaldi chiedendo le dimissioni del ministro della Giustizia Carlo Nordio. Gli ha fatto eco Angelo Bonelli co-portavoce di Europa Verde e parlamentare di Avs osservando come «il rilascio del generale libico Almasri, accusato di gravissimi crimini contro l’umanità dalla Corte Penale Internazionale e dalle testimonianze strazianti di migranti torturati nei campi di detenzione, è una vergogna nazionale che getta un’ombra inquietante sul nostro Paese. Meloni deve venire subito a riferire in Aula, spiegando il ruolo di Palazzo Chigi in questa vergognosa operazione, e deve assumersi la piena responsabilità politica di quanto accaduto. Al tempo stesso - ha rilanciato Bonelli -, il Ministro Nordio non può sottrarsi alle sue responsabilità: il suo dicastero ha commesso un’omissione gravissima, consentendo la scarcerazione e il trasferimento di un criminale. Nordio deve rassegnare immediatamente le dimissioni». La decisione della Corte d’appello di Roma È stata la Corte d’appello di Roma, competente in questi casi, a disporre la liberazione del comandante, che era detenuto al carcere delle Vallette, dopo essere stato arrestato dalla digos a Torino, dove era arrivato sabato per assistere alla partita di calcio Juventus-Milan. Non è consentito, si legge nell’ordinanza, l’arresto di iniziativa della polizia giudiziaria senza l’interlocuzione preventiva tra il ministro della Giustizia e la Corte d’appello della Capitale. Nordio è stato interessato lunedì, dopo aver ricevuto gli atti dalla questura di Torino e non ha fatto pervenire alcuna richiesta in merito. La Corte d’appello ha quindi dichiarato «l’irritualità dell’arresto» ed ordinato «l’immediata scarcerazione». Ha supervisionato le prigioni, tra cui quelle di Mitiga, Jdeida, Ruwaimi e Ain Zara Quello del libico finito nel mirino della Cpi è un curriculum pesante. Secondo Amnesty, nel 2021 Osama Njeem è stato nominato direttore dell’Istituto di riforma e riabilitazione della polizia giudiziaria di Tripoli. In questa posizione, ha supervisionato le prigioni, tra cui quelle di Mitiga, Jdeida, Ruwaimi e Ain Zara, formalmente sotto il controllo della polizia giudiziaria. Dal 2016, ha diretto il reparto della polizia giudiziaria della prigione di Mitiga. Nell’agosto 2023, l’Apparato di deterrenza «ha partecipato a scontri tra le milizie a Tripoli, utilizzando armi esplosive con effetti su larga scala. Questi scontri hanno causato almeno 45 morti e oltre 164 feriti, tra cui vittime civili». Critica l’opposizione, che aveva invitato a rispettare l’indicazione della Corte penale internazionale. Per Nicola Fratoianni di Av, «la giustizia deve fare il suo corso nei confronti di un trafficante di esseri umani». Sulla stessa linea Arturo Scotto del Pd. «Parliamo di uno dei capi della mafia libica. L’Italia aderisce alla Cpi e dunque deve essere conseguente con i trattati internazionali». Libico arrestato in Italia sabato scorso era in Germania Sabato scorso il comandante libico si trovava in Germania dove si è presentato ad un autonoleggio per chiedere se poteva riconsegnare a Fiumicino l’auto che avrebbe preso a noleggio. È quanto si è appreso da fonti informate. Lo stesso giorno la Corte penale internazionale ha spiccato il mandato d’arresto nei suoi confronti. In quelle ore un funzionario della Corte dell’Aja ha preso contatto con un funzionario di sicurezza dell’ambasciata italiana in Olanda per comunicargli che Almasri sarebbe entrato in Italia, dove è stato poi arrestato la sera del 19. Richiesta arresto Almasri il 2 ottobre, sabato l’ok Cpi Il mandato d’arresto per Njeem Osama Almasri Habish - sempre secondo quanto si è appreso - è stato chiesto dal procuratore della Corte penale internazionale lo scorso 2 ottobre. La decisione di procedere con il “warrant of arrest”, è stata presa, a maggioranza, sabato scorso dalla Camera dell’organismo avendo deciso che ci sono «ragionevoli motivi» per ritenere che Njeem abbia commesso crimini che ricadono nella giurisdizione della Corte e che il suo arresto «appare necessario». Read the full article
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Resoconto Giorno 81
Ho dormito benissimo questa notte. Piccina in un letto enorme, piumone a coprirmi e due cuscini attorno a proteggermi. Zero incubi.
Babbo è venuto a svegliarmi verso le dieci. Ha poggiato una mano sulla mia spalla e mi ha detto “ti ho portato il cornetto”. A quel punto l’informazione ricevuta ha svegliato tutte quelle particelle di me che ballano sfrenate al pensiero di cibo. Dentro di me mi sono alzata di scatto, ma in realtà il movimento è stato abbastanza lento. Ho prima tolto le coperte, mi sono stiracchiata, sbadigliato come ad ogni risveglio, infilato le pantofole calde di papà che gli rubo ogni volta che vado lì e sono andata in cucina per mangiare il cornetto alla crema. Dopo la colazione babbo è andato a casa da mamma per portare i cornetti anche a loro ed io ho approfittato della sua assenza per pulirgli casa. Ho aperto la finestra della camera da letto e ho visto una micia bianca e arancione nel giardino mangiare un po’ di erbetta. Aveva lo sguardo furbo, dolcissima. Quando si è accorta di me è andata via. Ho pulito la camera da letto facendo il letto, spazzando e lavando a terra; poi il bagno pulendo a fondo gli accessori e tutti i prodotti sulla mensola, il post-it ancora sullo specchio e per non toglierlo ho pulito il vetro tutto intorno. Ho anche sistemato il salotto e la cucina lavando a terra e mettendo ordine. Mentre ero in versione Cenerentola ho ascoltato le solite canzoni e canticchiato forse un po’ troppo.
Dopo le pulizie ho preparato il polpettone: carne macinata, pane raffermo, uova, parmigiano, sale e pepe, e per la farcitura burro, sottiletta e prosciutto cotto. Dopo ci siamo messi entrambi sul divano, lui a guardare la tv ed io al pc ad aggiornare il blog. Verso la mezza ho infornato il polpettone con le patate, mentre babbo si è occupato del primo piatto. Ha preparato le trofie con i frutti di mare, non ne è rimasta praticamente neanche una. Mi sono gonfiataaaa!! Abbiamo pranzato con la formula uno in sottofondo e dopo ho lavato le stoviglie. C’è una pace in questa casa...
Nel pomeriggio ho scaricato vari film da vedere durante la settimana e mentre aspettavo il completamento dei download sono crollata, sotto al piumone. Mi sono svegliata due ore dopo, papà anche si è addormentato sul divano. L’ho raggiunto sul divano, stava guardando un film, ma ho cambiato canale per mettere Food Network. Mezz’ora più tardi sono tornata a casa. Lola ha fatto le feste, la amoooo, se non fosse per lei potrei stare mesi lontana da casa. Dopo mi sono precipitata in doccia. Ho messo il pigiama pulito e dopo una ricerca finita male dei miei colori mi sono arresa e mi sono messa a disegnare a matita con le cuffiette e canzoni nuove.
Ora sto a letto, cuffiette, diario e matita, pigiama nuovo, piumone e lenzuola pulite. Tra poco Suburra. Ho terminato la prima puntata della seconda stagione. AURELIÀ LA SMETTI DI FA LO STRONZO? Ho visto anche la seconda puntata e mi sono innervosita ancora di più. BENE COSÌ! Appena finito la terza... ma che stanno a combinà tutti...
Volevo scrivere un finale diverso, calmo. Ho messo la solita musica rilassante, quella che chiedevo a Robb di mandarmi. Volevo lasciarmi andare e scrivere di getto. Non mi viene. La calma non mi esce in questo momento ed è frustrante. Preferisco non scrivere un finale, che formulare frasi dettate da paura, preoccupazione, confusione e nausea.
Suburra: La Suburra era un vasto e popoloso quartiere dell’antica Roma situato sulle pendici dei colli Quirinale e Viminale. Il termine suburra ha ancora il significato generico di luogo malfamato, teatro di malaffare, crimini e immoralità. Dell’antica Suburra ormai resta solo il valore nominale di “insieme dei quartieri più malfamati di qualsiasi grande città”, che ne ha anche fatto il titolo di un libro sulla Roma criminale, da cui sono nati un film e la serie tv di Netflix.
15 Novembre
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