#Pentitismo
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abr · 1 month ago
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Quando le ideologie totalitarie crollano sotto il loro stesso peso, fioriscono i fenomeni di pentitismo. Prendiamolo come segno dell'imminente implosione, vah.
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amattanzanews · 4 years ago
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Liberante Romano: confermato l'ergastolo a Mazzarella
Liberante Romano: confermato l’ergastolo a Mazzarella
È stato condannato in via definitiva all’ergastolo e a sei mesi di isolamento Pasqualino Mazzarella, affiliato al clan Bottaro-Attanasio, accusato dell’omicidio di Liberante Romano, ammazzato e poi ritrovato carbonizzato nella sua auto il 25 maggio del 2002. L’auto, una Ford Focus, fu ritrovata dalle forze dell’ordine, grazie alla telefonata di un uomo, nella famosa zona di Gallina, a qualche…
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segretecose · 4 years ago
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Se io volessi approfondire (leggi: cominciare da 0 perché non c'ho mai capito nulla) un po' la questione stagione delle stragi, falcone e borsellino ecc., da dove dovrei cominciare?
intanto io ti consiglio di partire dal presupposto che non capirai mai tutto bene perché è letteralmente impossibile. detto questo direi che se sei proprio digiun* cominciare leggendo le pagine wikipedia non può far male, se non altro per familiarizzare con nomi, date ecc. poi alcuni spunti possono essere:
10 libri da leggere su Falcone e Borsellino (aggiornato al 2020)
Libri sulla mafia: i 10 titoli che tutti dovrebbero leggere
su youtube trovi diverso materiale, ad esempio: Atlantide - Dopo Capaci - Chi sono le ‘menti raffinatissime’ di cui parlò Giovanni Falcone?; Mafia : il Maxiprocesso di Palermo a Cosa Nostra; Maxiprocesso cosa nostra Buscetta vs Pippo Calò; Documentario su Tommaso Buscetta, il boss dei due mondi che svelò i segreti della mafia; Italian Leaks: I segreti più oscuri dell’Italia (parecchi episodi trattano di queste vicende) 
per ragioni più sentimentali che altro ti consiglio anche questo di Pif: Bunker Falcone e Borsellino - Caro Marziano 
su raiplay trovi molte cose interessanti cercando semplicemente Falcone/Borsellino
di film ti dico la verità io non ne ho visti tanti ma ti consiglio tantissimo Il traditore (2019, M. Bellocchio) e anche Il Divo (2008, P. Sorrentino) visto che se si parla di mafia Andreotti è impossibile non tirarlo in ballo ;) . so che hanno fatto anche diverse serie (es.: Il capo dei capi su Riina) però non avendole viste non so consigliarti
edit: aggiungo anche quello consigliato dagli altri anon:
“La mafia uccide solo d'estate di Pif, perché pur non essendo per niente pesante è un'ottima introduzione a quanto successo e come era la situazione a Palermo”
“Suggerisco anche episodi di La Storia Siamo noi su Falcone, Borsellino e il maxiprocesso. Alcuni sono disponibili sul sito di ufficiale, altri si trovano su youtube!”
“Consiglio anche di guardare le puntate dedicate alla mafia di Blu notte - Misteri italiani, in particolare quelle dedicate al pentitismo mafioso e agli uomini di stato morti per mano di mafia” 
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toscanoirriverente · 4 years ago
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Ad personam
È difficile restituire il significato di surreale meglio di quanto abbiano fatto i partiti, di sinistra e di destra, nella quasi totale interezza, con la geremiade per la scarcerazione del pentito di mafia Giovanni Brusca. Un' eccezionale unanimità nello scandalo per lo schiaffo allo Stato, mollato però per mano di una legge votata dal Parlamento, come tutte le leggi, e che soltanto il Parlamento può cambiare.
Dunque, i partiti indignati per la legge votata da loro e mai cambiata da loro, precisamente con chi ce l' hanno? (Chiedo scusa se, per le attuali consuetudini, mi sono spinto troppo nel tecnico). A destra perlomeno c' è una tradizione: negli anni Novanta si progettava una riforma, sebbene su presupposti leggermente più meditati di «Brusca è un uomo molto cattivo».
Si temeva che, spinti dalla premialità in cambio del pentimento, i pentiti si pentissero oltre il dovuto, e tirassero in ballo chi non c' entrava niente. E si temeva che alcune procure ne approfittassero per mettere fuori gioco dei competitori politici. Naturalmente il competitore politico era Silvio Berlusconi, e non sempre su di lui i pentiti erano stati di una precisione chirurgica, diciamo così.
A sinistra, dove ricordo un giovane e brillante leader come Enrico Letta, si imputò a Forza Italia di fare gli interessi della mafia, di tradimento nei confronti di Giovanni Falcone, sulla cui dottrina del pentitismo si erano raggiunti eccellenti risultati, e soprattutto di imbastire leggi al solo scopo di salvare il capo dai pm. A sinistra ci si oppose, come suggerisce il ribaltone di oggi, al solo scopo di aiutare i pm a farlo fuori.
Mattia Feltri
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paoloxl · 4 years ago
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eccidio di Via Fracchia | LA STORIA PERDUTA
Voci soffocate
occhi torbidi
pugni chiusi
Niente luce
Lampi da qualche parte
dentro i cuori
ma di luce non ne esce
tuoni singhiozzi
Fuoco si accenderà
verrà il tempo
da carne e sangue
nasce la luce
[Alekos Panagulis Agosto 1971]
Alle 2.42 di quel maledetto 28 marzo 1980 Lorenzo Betassa, Riccardo Dura, Annamaria Ludmann e Piero Panciarelli stavano dormendo all’interno 1 del civico 12 di via Fracchia, quando i carabinieri del nucleo speciale antiterrorismo del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa fecero irruzione sfondando la porta dell’appartamento.
I quattro compagni trucidati costituivano la colonna genovese delle Brigate Rosse ed i mercenari di Dalla Chiesa scoprirono il loro covo in seguito alle informazioni fornite al giudice Gian Carlo Caselli e a Dalla Chiesa da Patrizio Peci (ex militante pentito delle BR), dopo che questo si era ufficialmente rivolto al comandante dei servizi segreti Incandela di Cuneo, mentre era ancora nell’isolamento successivo all’arresto “coperto” da due mesi.
Erano gli anni in cui il pentitismo (e ancor peggio la dissociazione) mietevano tante vittime fra i compagni, alimentando un clima persecutorio, che era fondato spesso su accuse giudiziarie infondate e su teoremi inquisitori il cui scopo era terrorizzare e distruggere il movimento antagonista. Sul fronte della lotta di classe, le delazioni portarono all’arresto, alla tortura ed al massacro di molti militanti ad opera dei corpi speciali dei carabinieri dell’antiterrorismo, comandati da un generale senza scrupoli, Carlo Alberto Dalla Chiesa, orrida figura degna solo di essere paragonata ad un Pinochet.
Quella di via Fracchia non fu un’operazione di polizia, fu un eccidio, una mattanza: non ci furono arresti. solo esecuzioni.
Il comunicato ufficiale dei carabinieri parlò genericamente di conflitto a fuoco, ma l’ingresso nell’abitazione, dopo “l’operazione”, fu vietato alla stampa e alla televisione per diversi giorni.
Anche i giornalisti furono ammessi per la prima volta nell’appartamento il giorno 8 aprile. La “visita” permessa poteva durare solo tre minuti, i giornalisti poterono entrare uno solo alla volta, accompagnati da un ufficiale dell’arma. Molti di loro rilevarono che non tutte le cose riferite in forma ufficiale dai carabinieri combaciavano con ciò che i loro occhi poterono vedere.
Il 30 marzo con una telefonata all’ANSA, le BR avevano fatto trovare il volantino di commemorazione, datato sabato 29 marzo 1980.
Copie del volantino furono diffuse, nello stesso giorno, nelle maggiori città e, nei giorni successivi, a Genova, nell’Oregina, in via Napoli, a Granarolo e a Sampierdarena.
In un reparto dell’officina 76 dello stabilimento Fiat di Mirafiori, a Torino, nei giorni successivi la strage, comparve una stella a cinque punte con la scritta rossa: “Onore ai compagni caduti a Genova”.
I compagni assassinati erano:
– Annamaria Ludmann, nata a Chiavari (GE), 32 anni , di professione segretaria( in quanto intestataria dell’appartamento fu la prima ad essere identificata). Nel volantino commemorativo i compagni la ricordano col nome di battaglia “Cecilia”. La colonna veneta delle BR prese il suo nome: “Colonna Annamaria Ludmann”.
– Lorenzo Betassa, nato a Torino, 28 anni, di professione operaio. Nel volantino viene ricordato col nome di battaglia “Antonio”.
– Piero Panciarelli, “Pasquale”, nato a Torino, 25 anni, faceva l’operaio alla Lancia. Fu il penultimo dei quattro militanti uccisi in via Fracchia ad essere identificato.
-Riccardo Dura, “Roberto”, era nato a Roccalumera (ME), 30 anni, faceva anche lui l’operaio. Non fu identificato per molti giorni, e furono le Brigate Rosse, il 3 aprile 1980, con una telefonata all’Ansa, a dare pubblicamente il suo nome. Il 5 aprile ad accompagnare Riccardo Dura nel cimitero di Staglieno c’era soltanto la madre.
A PUGNO CHIUSO COMPAGNI. LA TERRA VI SIA LIEVE, QUANTO A NOI, NOI CHE SIAMO RIMASTI, NON DIMENTICHEREMO E NON PERDONEREMO FINO AL GIORNO DEL RISCATTO.
“Volantino di commemorazione dei quattro militanti uccisi in Via Fracchia a Genova”
Venerdì 28 marzo 1980 quattro compagni delle Brigate Rosse sono stati uccisi dai mercenari di Dalla Chiesa. Dopo aver combattuto, e trovandosi nell’impossibilità di rompere l’accerchiamento, dopo essersi arresi, sono stati trucidati. Sono caduti sotto le raffiche di mitra della sbirraglia prezzolata di regime i compagni:
* Roberto: operaio marittimo, militante rivoluzionario praticamente da sempre, membro della direzione strategica della nostra organizzazione. Impareggiabile è stato il suo contributo nelle guerra di classe che i proletari in questi anni hanno sviluppato a Genova. Dirigente dell’organizzazione dall’inizio della costruzione della colonna che oggi è intitolata alla memoria di Francesco Berardi, con generosità e dedizione totale ha saputo fornire a tutti i compagni che hanno avuto il privilegio di averlo accanto nella lotta un esempio di militanza rivoluzionaria fatta di intelligenza politica, sensibilità, solidarietà , vera umanità, che le vigliacche pallottole dei carabinieri non potranno distruggere.
*Cecilia: si guadagnava da vivere facendo la segretaria. Come tutte le donne proletarie la borghesia aveva destinato una vita doppiamente sfruttata, doppiamente subalterna e meschina. Non ha accettato questo ruolo aderendo e militando nella nostra organizzazione, dando con tutte le sue forze un enorme contributo per costruire una società diversa, dove la parola donna e la parola proletario non significano sfruttamento.
*Pasquale: operaio della Lancia di Chivasso.
*Antonio: operaio Fiat e dirigente della nostra organizzazione.
Sempre alla testa delle lotte della fabbrica e dei quartieri nei quali vivevano. Li hanno conosciuti tutti quegli operai e proletari che non si sono piegati all’attacco scatenato dalla multinazionale di Agnelli e dal suo Stato. Proprio perché  vere avanguardie avevano capito che lottare per uscire dalla miseria, dalla cassa integrazione, dai ritmi, dai cottimi, dal lavoro salariato, vuol dire imbracciare il fucile e organizzare il potere proletario che sappia liberare le forze per una società comunista. Imbracciare il fucile e combattere. Questi compagni erano consapevoli che decidendo di combattere avrebbero affrontato la furia omicida della borghesia e che avrebbero potuto essere uccisi. Ma la certezza per combattere per la vita, per la libertà in una posizione d’avanguardia, in prima fila, è un compito che i figli migliori, più consapevoli, del popolo devono assumere su di sé  per poter rompere gli argini da cui il movimento proletario spezzerà via la società voluta dai padroni. Per loro, come per molti altri operai, la scelta è stata precisa: combattere e vincere con la possibilità  di morire; anziché subire e morire a poco a poco da servi e da strumenti usati da un pugno di sciacalli per accumulare profitti. Oggi Roberto, Pasquale, Cecilia, Antonio, sono caduti combattendo. E’ grande il dolore per la loro morte, non riusciamo ad esprimere come vorremmo quel che sentiamo perché li hanno uccisi e non li avremo più tra noi. Ma nessuno di noi ha pianto, come sempre quando ammazzano dei nostri fratelli, e la ragione è una sola: altri hanno già occupato il loro posto nella battaglia. Proprio mentre ci tocca lo strazio della loro scomparsa e onoriamo la loro memoria, si rinsalda in noi la convinzione che non sono caduti invano come non sono morti invano tutti i compagni che per il comunismo hanno dato la vita.
Alla fine niente resterà impunito.
Brigate Rosse
29 Marzo 1980
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glianni70 · 5 years ago
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Teoria radicale, lotta di classe (e terrorismo) di Wolf Woland - pdf
Teoria radicale, lotta di classe (e terrorismo) di Wolf Woland – pdf
Teoria radicale, lotta di classe (e terrorismo) Wolf Woland
Teoria radicale, lotta di classe (e terrorismo) Wolf Woland – Eccolo, lo scritto più misconosciuto, introvabile e teoricamente rilevante sul «Maggio strisciante» italiano ed europeo. Pubblicato all’inizio degli anni ‘80 del secolo scorso, e apparso come una sorta di lunga postfazione alla ristampa dell’opuscolo Terrorismo o rivoluzione …
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basketkitchen · 2 years ago
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Panettoni artigianali, bolla in arrivo?
Panettoni artigianali, bolla in arrivo?
Sono un panettonista pentito? Possibile, probabile, forse anche molto probabile. Se ripenso al Natale degli ultimi 2/3 e alla lievitazione naturale figlia del personalissimo cartellino sui panettoni acquistati, regalati, scambiati, beh, il pentitismo cresce. Sto scoprendo che non è uno stato d’animo che riguarda solo me, la compagnia è ampia e coinvolge anche membri della filiera dei…
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cutulisci · 7 years ago
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I fatti ci hanno dato ragione. I timori che avevamo espresso fin da quando fu istituito il giorno del ricordo si sono puntualmente avverati. Anche dalle più alte cariche dello Stato si è sentito il dovere di enfatizzare una retorica che non contribuisce ad alcuna lettura critica del nostro passato, l’unica che possa servire ad elevare il nostro senso civile, ma che alimenta ulteriormente il vittimismo nazionale. [...] Non era difficile prevedere che collocare la celebrazione a due settimane dal Giorno della Memoria in ricordo della Shoah, avrebbe significato dare ai fascisti e ai postfascisti la possibilità di urlare la loro menzogna-verità per oscurare la risonanza dei crimini nazisti e fascisti e omologare in una indecente e impudica par condicio della storia tragedie incomparabili, che hanno l’unico denominatore comune di appartenere tutte all’esplosione sino allora inedita di violenze e sopraffazioni che hanno fatto del secondo conflitto mondiale un vero e proprio mattatoio della storia. Nella canea, soprattutto mediatica, suscitata intorno alla tragedia delle foibe dagli eredi di coloro che ne sono i massimi responsabili la cosa più sorprendente è l’incapacità dei politici della sinistra di dire con autorevolezza ed energia: giù le mani dalle foibe! Come purtroppo è già avvenuto in altre circostanze, l’incapacità di rileggere la propria storia, ammettendo responsabilità ed errori compiuti senza per questo confondersi di fatto con le ragioni degli avversari e degli accusatori di comodo, cadendo in un facile e ambiguo pentitismo, non contribuisce  [...] a fare chiarezza intorno a un nodo reale della nostra storia che viene brandito come manganello per relativizzare altri e più radicali crimini. La vicenda delle foibe ha molte ascendenze, ma certamente la più rilevante è quella che ci riporta alle origini del fascismo nella Venezia Giulia. Sin quando si continuerà a voler parlare della Venezia Giulia, di una regione italiana, senza accettarne la realtà di un territorio abitato da diversi gruppi nazionali e trasformato in area di conflitto interetnico dai vincitori del 1918, incapaci di affrontare i problemi posti dalla compresenza di gruppi nazionali diversi, si continuerà a perpetuare la menzogna dell’italianità offesa e a occultare (e non solo a rimuovere) la realtà dell’italianità sopraffattrice. Non si tratta di evitare di parlare delle foibe, come ci sentiamo ripetere quando parliamo nelle scuole del giorno della memoria e della Shoah, ma di riportare il discorso alla radice della storia, alla cornice dei drammi che hanno lacerato l’Europa e il mondo e nei quali il fascismo ha trascinato, da protagonista non da vittima, il nostro paese. Ma che cosa sa tuttora la maggioranza degli italiani sulla politica di sopraffazione del fascismo contro le minoranze slovena e croata (senza parlare dei sudtirolesi o dei francofoni della Valle d’Aosta) addirittura da prima dell’avvento al potere; della brutale snazionalizzazione (proibizione della propria lingua, chiusura di scuole e amministrazioni locali, boicottaggio del culto, imposizione di cognomi italianizzati, toponimi cambiati) come parte di un progetto di distruzione dell’identità nazionale e culturale delle minoranze e della distruzione della loro memoria storica? I paladini del nuovo patriottismo fondato sul vittimismo delle foibe farebbero bene a rileggersi i fieri propositi dei loro padri tutelari, quelli che parlavano della superiorità della civiltà e della razza italica, che vedevano un nemico e un complottardo in ogni straniero, che volevano impedire lo sviluppo dei porti jugoslavi per conservare all’Italia il monopolio strategico ed economico dell’Adriatico. Che cosa sanno dell’occupazione e dello smembramento della Jugoslavia e della sciagurata annessione della provincia di Lubiana al regno d’Italia, con il seguito di rappresaglie e repressioni che poco hanno da invidiare ai crimini nazisti? Che cosa sanno degli ultranazionalisti italiani che nel loro odio antislavo fecero causa comune con i nazisti insediati nel Litorale adriatico, sullo sfondo della Risiera di S. Sabba e degli impiccati di via Ghega? Ecco che cosa significa parlare delle foibe: chiamare in causa il complesso di situazioni cumulatesi nell’arco di un ventennio con l’esasperazione di violenza e di lacerazioni politiche, militari, sociali concentratesi in particolare nei cinque anni della fase più acuta della seconda guerra mondiale. È qui che nascono le radici dell’odio, delle foibe, dell’esodo dall’Istria. Nella storia non vi sono scorciatoie per amputare frammenti di verità, mezze verità, estraendole da un complesso di eventi in cui si intrecciano le ragioni e le sofferenze di molti soggetti. Al singolo, vittima di eventi più grandi di lui, può anche non importare capire l’origine delle sue disgrazie; ma chi fa responsabilmente il mestiere di politico o anche più modestamente quello dell’educatore deve avere la consapevolezza dei messaggi che trasmette, deve sapere che cosa significa trasmettere un messaggio dimezzato, unilaterale. Da sempre nella lotta politica, soprattutto a Trieste e dintorni, il Movimento sociale (Msi) un tempo e i suoi eredi oggi usano e strumentalizzano il dramma delle foibe e dell’esodo per rinfocolare l’odio antislavo; rintuzzare questo approccio può sembrare oggi una battaglia di retroguardia, ma in realtà è l’unico modo serio per non fare retrocedere i modi e il linguaggio stesso della politica agli anni peggiori dello scontro nazionalistico e della guerra fredda. I profughi dall’Istria hanno pagato per tutti la sconfitta dell’Italia (da qui bisogna partire ma anche da chi ne è stato responsabile), ma come ci ha esortato Guido Crainz (in un prezioso libretto: Il dolore e l’esilio. L’Istria e le memorie divise d’Europa, Donzelli, 2005) bisogna sapere guardare alle tragedie di casa nostra nel vissuto delle tragedie dell’Europa. Non esiste alcuna legge di compensazione di crimini e di ingiustizie, ma non possiamo indulgere neppure al privilegiamento di determinate categorie di vittime. Fu dura la sorte dei profughi dall’Istria, ma l’Italia del dopoguerra non fu sorda soltanto al loro dolore. Che cosa dovrebbero dire coloro che tornavano (i più fortunati) dai campi di concentramento – di sterminio, che rimasero per anni muti o i cui racconti non venivano ascoltati? E gli ex internati militari – centinaia di migliaia – che tornavano da una prigionia in Germania al limite della deportazione? La storia della società italiana dopo il fascismo non è fatta soltanto del silenzio (vero o supposto) sulle foibe, è fatta di molti silenzi e di molte rimozioni. Soltanto uno sforzo di riflessione complessivo, mentre tutti si riempiono la bocca d’Europa, potrà farci uscire dal nostro nazionalismo e dal nostro esasperato provincialismo.
Enzo Collotti
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ilsimplicissimusblog · 5 years ago
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Mose, pentitismo e perseveranza
Mose, pentitismo e perseveranza
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 Anna Lombroso per il Simplicissimus
Stamattina alle sei e trenta le lugubri sirene hanno avvisato che l’acqua sarebbe salita a 150 cm. sul livello del mare e verso le 8 il dato è stato aggiornato a 160. I supermercati sono vuoti, non si trova il latte, la marea ha invaso l’ospedale e minaccia le centraline elettriche del pianoterra, mettendo in funzione i dispositivi anti incendio che fanno…
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infosannio · 5 years ago
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Mose, pentitismo e perseveranza
Mose, pentitismo e perseveranza
(Anna Lombroso per il Simplicissimus) – Stamattina alle sei e trenta le lugubri sirene hanno avvisato che l’acqua sarebbe salita a 150 cm. sul livello del mare e verso le 8 il dato è stato aggiornato a 160. I supermercati sono vuoti, non si trova il latte, la marea ha invaso l’ospedale e minaccia le centraline elettriche del pianoterra, mettendo in funzione i dispositivi anti incendio che fanno…
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segretecose · 4 years ago
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All'anon precedente consiglio anche di guardare le puntate dedicate alla mafia di "Blu notte - Misteri italiani", in particolare quelle dedicate al pentitismo mafioso e agli uomini di stato morti per mano di mafia. La capacità di Carlo Lucarelli (giornalista e conduttore del programma) di farti sentire tutto il peso delle vicende che racconta e delle parole che pronuncia è davvero senza eguali
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babifour · 7 years ago
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I magistrati antimafia debbono le loro carriere alla continua, incessante #trattativa con la mafia, intesa a ottenere da questa ambigue rivelazioni. Ma tale gigantesca trattativa, detta «pentitismo», non indigna i cretini. Se la propaganda non li manipola, loro non provano nulla.
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paoloxl · 6 years ago
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E’ arrivato in Italia Cesare Battisti, ex militante dei Proletari Armati per il Comunismo, condannato all’ergastolo per vari capi di imputazione.
L’arresto è stato effettuato due giorni fa in Bolivia, paese che lo ha espulso a tempo di record verso l’Italia in quanto…migrante senza titolo di soggiorno.
Per lui, sei mesi in cella da solo e con isolamento diurno. Poi, l’ergastolo ostativo, ossia senza la possibilità di accedere ai benefici previsti dalla legge dopo anni di carcere.
Aldilà della complessa, e non scevra da molti punti di domanda, vicenda politica prima e giudiziaria poi di Battisti, quello che oggi va registrato è il clima da stato di terrore, tra bava alla bocca e livore, dei media mainstream, senza eccezione alcuna. Sotto processo, e dietro lo sbarre, nel pensiero unico dell’informazione non ci deve andare tanto Battisti, ma tutto un ciclo di lotte di classe – quella degli anni Settanta in Italia – da criminalizzare in toto per evitare che si possa ripetere, seppur con le forme della modernità, un nuovo possibile assalto al cielo.
Il caso Battisti, al di là dell’accanimento politico e mediatico, pone però nuovamente temi importanti, come quella della repressione, il rapporto con la storia della lotta armata e la necessità di un’amnistia, ignorati da politici e media mainstream, mai come oggi tutti allineanti, con la bava alla bocca, per l’arrivo del “mostro”.
Sul tema Radio Onda d’Urto ha realizzato due contributi.
Il primo di Salvatore Ricciardi, ex prigioniero politico e del collettivo Odio Il Carcere, e il secondo di Italo di Sabato, dell’Osservatorio Repressione. Ascolta o scarica[i]
La tesi dominante sui media e sui social ormai si riduce a questo: Battisti è un “terrorista”, ha ucciso quattro persone, deve marcire in galera!!!!
Di combattenti – e “lotta armatisti”  anche “terroristi” – è pieno il mondo. Molti sono diventati capi di stato si pensi ad esempio a Pepe Mujica che ha un passato da guerrigliero Tupamaro, prima di diventare presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015.; la quasi totalità è rientrata nella vita normale, in patria o in altri paesi. In pochi stanno invecchiando in esilio da sfigati o marcendo in prigioni molto diverse, sotto regimi anche contrapposti. Il destino che tocca ai combattenti, a guerra finita, copre quasi l’intero arco delle possibilità umane. Ma ovunque – una volta che la guerra sia finita – si smette di perseguire gli sconfitti.
E’ accaduto anche in Italia; con i fascisti, addirittura, dopo la Resistenza; e nessuno li ha perseguiti per non aver rispettato i patti (non “ricostituire il partito fascista”, in primo luogo).
Ma – sempre in Italia – lo stesso non è avvenuto con la lotta armata di sinistra.
Per quale ragione?
Solo nel nostro paese la guerriglia – negli anni ‘70 fenomeno comune a tutti i continenti e tutti i paesi, Stati Uniti compresi (Weathermen, simbionesi, Black Panther) – non è stata riconosciuta per quel che era: unnormale movimento rivoluzionario.
Solo in Italia, si è imposta una “verità politica ufficiale” che faceva palesemente a cazzotti persino con la verità giudiziaria, fino a negare ogni “politicità” alla lotta armata e ai suoi protagonisti. Creando il curioso caso storico (un unicum) di un ventennio – in un solo paese tra i tanti che provavano in contemporanea l’identica febbre – attraversato da migliaia di combattenti ufficialmente “senza causa e senza ragioni”.
Solo in Italia, del resto, c’è stato un Partito Comunista “di lotta e di governo”, a lungo – e in anni decisivi – in bilico tra tensione al cambiamento radicale e propensione all’accomodamento subalterno.
Solo in Italia, dunque, c’è stata una repressione del fenomeno che è ricorsa ai dispositivi eccezionali “d’emergenza” (tortura compresa) qualificati comunque come “pienamente democratici” e come tali mantenuti in vigore anche al di là del tempo del conflitto.
Solo in Italia abbiamo avuto un “ex comunista” (del Pci, sia chiaro) che, dopo aver sostenuto per 20 anni la panzana del “doppio Stato”, ha ricoperto la carica di ministro dell’interno senza consegnare al paese – in tre anni – neppure un documento minore sulla strategia delle stragi e sul coinvolgimento diretto dei servizi segreti italiani e statunitensi. Fino all’inarrivabile paradosso di diventare “capo” di uno Stato sempre “doppio”, per la pubblicistica d’area, ma “unitario” sotto la sua copertura.
Solo in Italia si usa la più che monitorata pattuglia di “esuli” all’estero come “riserva di caccia” in cui andare a scadenza regolare a “catturarne” uno per far vedere a un paese ottenebrato che “questo è un governo del fare, non stiamo mica qui a pettinar le bambole”.
Un paese speciale, fatto di leggi speciali, di carceri speciali, di tribunali speciali(zzati), barricato dietro una “magistratura in prima linea” (fin quando, esaurita la bisogna, non s’è occupata d’altro) e un apparato mediatico giustificazionista e falsario (i “servi liberi e forti” non sono un incidente, ma la norma).
Un paese ridicolo e reazionario, incapace di fare i conti col proprio passato e quindi sempre di nuovo sull’orlo della guerra civile. Che crea e osanna personaggi inqualificabili, e dunque si merita d’esser svillaneggiato da un Salvini, un Di Maio o un Renzi.[ii]
Dal mondo dell’informazione poco sono le voci in contrasto con la canea giustizialista e forcaiola. Una tra questi è quella del giornalista Christian Raimo che dal profilo facebook chiede una soluzione politica per uscire dall’emergenzialismo. Inquietanti, ma purtroppo danno il segno del tempo, sono i commenti allo scritto di Raimo.
Ecco il post ripreso da facebook:
“Ieri ho scritto un post sulla vicenda di Cesare Battisti. Sono stato, diciamo, tra i pochi a non allinearmi all’orgia di vendetta di stato officiata dal ministro dell’interno e dal primo ministro brasiliano (“arriva il regalino”). 
Non ho difeso politicamente Cesare Battisti, ma un paio di principi.
Non ho difeso Cesare Battisti, perché ha i suoi avvocati, è una persona che è quanto più lontana da me per ideologia politica, per militanza, perché ha fatto in anni il peggior servizio possibile alla causa della riflessione sugli anni settanta, perché mi sta antipatico come poche altre figure pubbliche, perché non ho neanche una simpatia intellettuale: i suoi romanzi sono per me respingenti.
Non ho idea se sia innocente o colpevole, e penso non sia il fuoco principale della questione. Ho letto ogni volta tutte le ricostruzioni e davvero non sono riuscito a farmi un’idea conclusiva. Ho parlato con i parenti delle vittime delle azioni di sangue che vengono attribuite a Battisti, e mi è sembrato che la loro sete non esaudita di giustizia fosse la ragione principale del dolore delle loro vite. Ma anche qui sono molto cauto con i giudizi sugli stati d’animo di persone colpite su quanto c’è di più caro.
Si può pensare a un’amnistia per un personaggio del genere? Sono sempre stato convinto di sì. La stagione delle lotte politiche degli anni settanta e ottanta doveva portare, dovrebbe portare ancora oggi a un processo prima storico e poi politico. Quarant’anni sono più che sufficienti direi. Come è accaduto in Sudafrica con la commissione Verità e Giustizia, paradossalmente come è accaduto dopo il fascismo con Togliatti. Questo avrebbe permesso di fare chiarezza sul senso politico di quegli anni e avrebbe permesso al più importante movimento politico europeo post-bellico di rendere vivo il tessuto democratico dell’Europa di oggi. Ma appunto chi la poteva pensare così, da Primo Moroni a Alexander Langer, sono stati vox clamans in deserto. Luigi Manconi è uno dei pochi rimasti a insistere su queste posizioni.
Le amnistie mostrano uno stato forte e non debole. La violenza di quegli anni confondeva violenza personale e violenza politica? Certo, come potrebbe essere altrimenti. Per questo c’è bisogno di una riflessione storica, e non della galera. 
E in mezzo agli amnistiati ci possono essere anche i peggiori neofascisti. A chi dice: mettete in galera Battisti e allora perché Giusva Fioravanti e Francesca Mambro sono liberi a passeggio? Perché Roberto Fiore, condannato più volte, non è in galera? Non auguro la galera a nessuno, l’ergastolo men che meno, nemmeno ai fascisti di oggi, nemmeno a chi considero l’avversario peggiore da tutti i punti di vista, compreso per dire a Giuliano Castellino. Figuriamoci se posso pensare che la discussione intorno alla violenza politica degli anni settanta e ottanta si possa risolvere con la galera oggi.
Ma questo purtroppo non è stato nemmeno un aspetto marginale del dibattito. Da ieri il tema è il carcere e la repressione politica. Se la discussione sanguinosa che per anni è ruotata intorno a Battisti è andata molto oltre la vicenda personale ed è stata il frutto di leggi emergenziali infami a cui si rispondeva debolmente alle volte con deliri ideologici, o una spaccatura lacerante tra reducismo e pentitismo; quello che non è chiaro è che dopo ieri fare una anche una semplice manifestazione politica di piazza, anche contestare una legge ingiusta, fare un presidio, anche difendersi dalla violenza della polizia sarà difficilissimo.
La responsabilità politica di tutto questo è anche di Cesare Battisti, delle sue interviste inascoltabili, del non aver capito il ruolo centrale politico che la sua vicenda personale giocava per tutti. Ma la responsabilità è soprattutto di chi non comprende come ogni giorno, nel gioco al massacro dello stato di diritto che Salvini svolge con costanza, si sta perdendo e perdendo male.
Uno dei libri più belli che ho letto negli ultimi anni è “Il libro dell’incontro” del Saggiatore. Ci sono le testimonianze ravvicinate dei responsabili e dei parenti delle vittime delle violenze degli anni settanta. Magari, se c’è qualcuno che vuole riposarsi dal delirio orgiastico, sarà contento di sfogliarselo“.[iii]
Cesare Battisti consegnato alla giustizia italiana dopo quaranta anni e’ un trofeo di chi legge la storia solo come vendetta! Di chi ha bisogno di cavalcare la cultura dell’odio, di chi crede a un mondo di muri e  di caccia all’uomo!
Di chi vorrebbe ripristinare la taglia con il wanted!!! Dopo quaranta anni dagli eventi….questa e’ la sensazione!
Quella stagione e’ finita definitivamente, una stagione che con i suoi drammi e anche ideali va riletta storicamente e collocata storicamente! Basta ad affrontarla dopo tantissimi anni sempre e solo con il carcere!
L’aver elevato Battisti al latitante “più cattivo di tutti” è servito e  serve soprattutto a ricondurre un fenomeno di tale portata sul piano esclusivamente giudiziario e penale, e  rimuovere totalmente il livello storico, politico e culturale di un contesto storico vicino e lontano al tempo stesso.
Per questo da tempo chiediamo una soluzione (o di “uscita”) politica per gli “anni di piombo”. Una amnistia per i reati politici. Perchè come ha scritto lo scrittore francese Daniel Pennac ” L’amnistia è il contrario dell’amnesia. Si tratta di chiudere una porta per permettere agli storici di capire un periodo in maniera meno passionale.”[iv]
 Note:
[i]http://www.radiondadurto.org/2019/01/14/cesare-battisti-e-arrivato-in-italia-accanimento-di-politica-e-media-sul-caso/
[ii]http://contropiano.org/interventi/2011/06/09/il-paese-della-realta-virtuale-01844
[iii]https://www.facebook.com/christian.raimo.7/posts/10156256140407831?comment_id=10156256183612831&notif_id=1547459618388782&notif_t=feedback_reaction_generic
[iv]https://www.vice.com/it/article/8xpz34/catturato-battisti-problemi-anni-di-piombo
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glianni70 · 10 years ago
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Accadde oggi - Anni '80 - 19/02/1980 Arrestato Patrizio Peci
Accadde oggi – Anni ’80 – 19/02/1980 Arrestato Patrizio Peci
Accadde oggi – Anni ’80 – 19/02/1980 Arrestato Patrizio Peci
Viene arrestato a Torino il brigatista Patrizio Peci. Peci diviene il primo pentito delle BR: le informazioni che fornisce al Generale Dalla Chiesa permettono di individuare il covo di Via Fracchia a Genova. Nel giugno 1981, le Brigate rosse, per rappresaglia, sequestrano Roberto Peci, il fratello di Patrizio. Condannato a morte, dopo…
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theitaliangame · 12 years ago
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Paolo Zambianchi, appartenente a Prima Linea: "Mi dichiaro prigioniero politico. Non sono un Peci, né un Fioroni, né un Giai o uno Zedda, da me non saprai nulla. Sono un operaio comunista combattente, appartengo a Prima Linea, e adesso va' al diavolo!". 
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amattanzanews · 3 years ago
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La lezione della DdA di Catanzaro alle varie procure e ai falsi pentiti
La lezione della DdA di Catanzaro alle varie procure e ai falsi pentiti
Sul ruolo della moglie e della figlia, per esempio, dice: «Dottò, allora scusa, no? …voi state parlando di ruoli e non ruoli, io secondo me non hanno nessun ruolo, perché il ruolo che loro hanno, l’hanno perché diciamo nta quella tavernetta era un centro operativo, io parlavo là, loro ascoltavano magari e non è perché ero là che parlavo e quando ascoltavo loro erano complici di quello che facevo…
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