#Pasquale Preziosa
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PIANA DI MONTE VERNA: ELICICOLTURA,FOCUS CON GLI ESPERTI SULLA LUMACA HELIX
Tutto pronto per l'ottavo Convegno Internazionale di Elicicoltura. L'appuntamento si svolgerà sabato 6 ottobre a partire dalle 9,30 nell'aula magna dell'Istituto di Formazione "Vincenzo Ricciardi" di Piana di Monte Verna.
Fitto il programma degli interventi attraverso i quali verrà raccontato il mondo delle Chiocciole Helix: allevamento, produzione di trasformato, estrazione di Bava e molto altro. Un vero e proprio focus al quale parteciperanno tanti allevatori che avranno modo di confrontarsi sulle loro esperienze sul campo, condividere idee e mostrare il loro lavoro.
Dopo i saluti e gli interventi di indirizzo di Giovanni Romano (Centro Elicicoltura Coclè), Beatrice Mirto (Presidente dell'Associazione Culturale Ascco Istituto Ricciardi), Stefano Lombardi (Sindaco Piana di Monte Verna, dal 2015 città delle Lumache), Raffaele De Marco (Presidente Aci Caserta), Angelo Francesco Marcucci (Sindaco di Alvignano), Stefano Giaquinto (Sindaco di Caiazzo e Consigliere Provinciale) e Don Lucio (reggente della Diocesi di Piana di Monte Verna), animeranno il dibattito - moderato da Luana Cavazzuti - gli interventi di Antonio De Pandis (Presidente Associazione Altocasertano Riardo), Pasquale Iorio (Presidente delle Piazze del Sapere di Caserta), Stefano Amodio (presidente della Fondazione Teseo di Salerno), Rodolfo Molettieri (Maestro Panificatore di Napoli), Pasquale F. Galdieri (Presidente Società Consortile Caserta Innovazione e Sviluppo Integrato) e Giovanni Avagnina (Presidente della Confederazione Italiana Elicicoltori). Le conclusioni, con la consegna delle Borse di Studio, saranno affidate all'Onorevole Margherita Del Sesto, componente della VII Commissione Cultura, Scienza e Istruzione.
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Ma non solo. A braccetto con il Convegno c'è Piazze della Lumaca, una speciale manifestazione gastronomica dedicata alla degustazione del mollusco Helix in tante salse. La manifestazione gastronomica si tiene nella grande sala al piano terra dell’Istituto ASCCO, al coperto, con mostra di stand, intrattenimento musicale, premiazioni e molto altro.
Il Convegno Internazionale di Elicicoltura di Piana di Monte Verna, da manifestazione elicicola locale, ideata nel 2012 da Coclè, di anno in anno è cresciuta per diventare, oggi, uno degli eventi annuali italiani ed esteri più importanti e seguiti nel mondo dell’allevamento e del mercato delle Lumache Helix. Il convegno riunisce da sempre gli operatori del settore, i nuovi interessati e i curiosi della gastronomia specializzata e del benessere. È inoltre punto di incontro e scambio delle comunicazioni e promozioni sul mollusco come alimento e ora anche come produttore della preziosa bava estratta.
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Il bilancio del Festival del Cinema Italiano a Sabaudia
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Premiazione Piazza Pubblico Premiazione Premiazione Premiazione Premiazione Premiazione Premiazione Premiazione Premiazione Premiazione Premiazione Premiazione Festival Sabaudia C'è stato un grande successo di pubblico e partecipazione dal 6 al 13 agosto in piazza del Comune a Sabaudia per la terza edizione di Sabaudia Studios Festival del cinema italiano, organizzato dalla You Marketing con il patrocinio del Comune di Sabaudia, arricchito quest’anno dalla preziosa collaborazione di Francesca Piggianelli, Presidente di Romarteeventi, che ne ha curato il coordinamento artistico. Un evento fortemente voluto dal sindaco Giada Gervasi e dal delegato ai grandi eventi Gianluca Bonetti, che hanno puntato su un intrattenimento di qualità per i turisti in un momento non facile come questo per via dell’emergenza sanitaria. Il calendario ha visto 8 giorni di programmazione con 9 film proiettati, omaggiando la commedia italiana che come insegna la storia del nostro cinema offre sempre uno spaccato agrodolce della nostra società. Due serate sono state dedicate a un autore come Gigi Proietti, mancato lo scorso novembre 2020, e un’altra a Paolo Genovese, che ha dato nuova verve alla commedia all’italiana. Gli ospiti sono stati insigniti del riconoscimento del Duna d’oro, consegnato ad autori e protagonisti del mondo del cinema italiano, per la loro carriera e per le loro recenti performance. Sabaudia così lega ancora una volta il suo legame col mondo del cinema, passando dal film ‘Passaporto rosso’ datato 1935 alle più recenti produzioni di film e fiction seriali, consolidando anche il rapporto col numeroso pubblico che ha gremito la piazza e ha partecipato alla kermesse con grande trasporto emotivo. Il coinvolgimento del festival Sabaudia Studios è scaturito anche e soprattutto dalle confidenze, dagli aneddoti, da quel dietro le quinte che suscita sempre grande curiosità tra il pubblico, dal rivelarsi da parte degli ospiti nel momento del pre-festival, con registi, attori, autori della fotografia, sceneggiatori, compositori, musicisti, produttori, che hanno raccontato gustosi retroscena di un film, sollecitati dalla conduzione di Tosca D’Aquino, attrice, di Flora Canto, conduttrice e attrice, e di Gian Luca Campagna, giornalista e scrittore, Danilo Brugia, attore. Durante i talk-show dei salotti ecco il riconoscimento del “Premio Duna D’Oro - Città di Sabaudia” alla regista Eleonora Ivone, regista di ‘Ostaggi’, suo primo lungometraggio, allo sceneggiatore Angelo Longoni, all’attore Francesco Pannofino, ai produttori della Fenix Riccardo Di Pasquale e Roberta Giarrusso, al critico cinematografico Raffele Rivieccio; premio al regista Umberto Carteni per ‘Divorzio a Las Vegas’ e ai registi Daniele Ciprì e Miriam Rizzo; premio alla carriera a Manuela Arcuri e per il docufilm ‘I luoghi della speranza’; al regista Francesco Apolloni e all’attrice Jun Ichikawa per il film ’Addio al nubilato’; al compositore e musicista Roberto Pischiutta detto Pivio per la colonna sonora di ‘Diabolik’ dei Manetti Bros, film che vedremo in autunno; alla regista Michela Andreozzi per il film ‘Genitori vs influencer’; premio al regista Alessandro Pondi per il film ‘School of mafia’; premio a Paolo Genovese, regista e sceneggiatore, per i dieci anni di ‘Immaturi’; premio anche per il videoclip ‘Il circo’ del cantante Eugenio Picchiani. Read the full article
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“Un viaggio nel passato tra sogno e realtà” il libro di Peppe Veneziano
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“Un viaggio nel passato tra sogno e realtà” è il titolo del nuovo, elegante volume di Peppe Veneziano, impreziosito dalla stampa in copertina di un quadretto affascinante che richiama alla semplicità, sullo sfondo di un tempo passato, con un albero verde, segno della vita che continua, frutto delle pennellate dell’impareggiabile Maestro Enzo Patti. Peppe Veneziano, così come preferisce essere chiamato dagli amici, è una persona di stile, con raffinata cultura su tanti versanti, già noto al pubblico come scrittore per il volume autobiografico di qualche anno fa dall’accattivante titolo “Volare alto”. In cui le sue tante considerazioni sulla sua vita e sull’ambiente di Favara , – (come facevo a suo tempo notare) – sembrano e sono finalizzate ad aiutare questa città a liberarsi con progressiva determinazione da ogni forma di servilismo e rassegnazione, aprendosi con coraggio ad un speranza concreta e fattiva, valorizzando il passato con i suoi errori, anche di persone e di programmi … di fiducia tradita e/o mal riposta. Un libro allora, questa sua nuova fatica di “Un viaggio nel passato tra sogno e realtà”, che intanto cade proprio a fagiolo in questo periodo, mentre i favaresi si preparano a rinnovare democraticamente gli organi ammnistrativi di governo della loro città. Una considerazione questa solo nostra e del tutto occasionale, sicuramente lontana dalla mente dell’autore, ma che tuttavia, anche se non messa in conto, può rivelarsi preziosa, favorendo nel confronto col passato remoto e (perché no ?) anche recente la riflessione. Riflettendo cioè sul sogno del cambiamento che già è avvenuto, predisporsi meglio a scegliere per i cambiamenti che si rendono oggi necessari, nell’attuale critica situazione che Favara ha vissuto e sta vivendo; in cui è davvero necessario concretizzare un cambiamento nel modo di governare questa città: un nuovo modo di presenza, di governo e di vissuto concreto. “Un viaggio nel passato tra sogno e realtà” , un romanzo imperniato sulla storia di una famiglia, formata da don Turiddu Monteleone, una moglie intelligente, saggia e perspicace come donna Michela; i figli Pasquale e Vanni, con la loro sorella Maria Celeste, alla quale i due fratelli, punzecchiandola, dicevano ogni tanto: “Maria Celè, nun ti po’ maritari si nun t’insigni a cucinari”. Una famiglia in cui, “anche negli antenati” comunque “non risultava che tra loro ci fosse stato qualche “mbami”, tragediaturi o sbirru”. Quest’ultima affermazione è quanto dire, per capire la mentalità del tempo. Insomma una famiglia davvero perbene, che in quei tempi sa bene destreggiarsi nelle diverse concrete situazioni, refrattaria all’illegalità e nello stesso tempo altrettanto determinata a non subire forma alcuna di angheria. Insomma una classica famiglia siculo-favarese, custode dei veri valori siciliani. Una famiglia appartenente alla classe dei “burgisi”, con tanta “roba”, capace di intessere rapporti di amicizia e vivere concretamente i classici valori dell’onestà, della cordialità, dell’onore, dell’amicizia, del rispetto della parola data; una famiglia che sa guardare sempre con fiducia al futuro. Per la trama delle vicende familiari narrate, il romanzo, – (che anche per lo stile, piano e scorrevole, si fa leggere con piacere) – oltre che di carattere storico, senza esagerare, mi permetto di dire che può essere considerato davvero un classico per la conoscenza delle tradizioni, del folklore paesano, degli usi e costumi di allora, riguardo ai rapporti familiari, al fidanzamento, al matrimonio, alla politica, alle ricorrenze e feste, civili e religiose, al culto e rispetto dei propri morti. Tanto per fare solo un esempio, su un tema delicato ed importante, mi limito a citare lo scambio (clandestino) di lettere tra i due fidanzati Vanni e Caterina, nella raffinata analisi psicologica dei loro sentimenti,… ha un contenuto così elevato di valori sul rispetto reciproco e sui valori del matrimonio, che si potrà suggerire di leggere a tutti i fidanzati nei Corsi di preparazione al matrimonio, anche e soprattutto di quelli che la Chiesa organizza, esigendone la partecipazione, per quelli che decidono di sposarsi in Chiesa. Intanto ecco un piccolo assaggio di termini che ci riportano al fascino di un’epoca che non c’è più, quando si sognava una nuova realtà. Termini come “(U vanniaturi” (il banditore), – i diversi tipi di giochi dei ragazzi: “di i mazzi” (delle mazze di legno), “di i pumetta” (dei bottoni), “di i tortuli” (delle trottole), “di a tulì tulì” (salto sulle spalle dei ragazzi posizionati tipo trenino); e questo per i giochi di allora, perché oggi tanti ragazzi hanno tra le mani ben altro, frutto della tecnologia più avanzata di oggi per trascorrer il tempo, magari senza socializzare fisicamente con altri. Per non parlare dell’attesa che c’era per gli scalatori “d’antinna” nella festa di “mezzausto” Per i cibi: “ u brodu du gaddu” (brodo di gallo), “li lasagni cu sucu fatti a furnu” ( le lasagne col sugo cotte a forno); feste familiari con “dolci, fave, e ceci “calliati” (ceci lievitati e cotti con la sabbia”. Poi, nei grandi raduni per circostanze particolari o a ridosso delle feste principali, carne abbondante di maiale, salsiccia e tanto, tanto buon vino. Insomma non mi dilungo ancora; il mio vuole esser solo un assaggio per inivitare a leggere il libro utile dai punti di vista più diversi, da quello storico-sociologico a quello politico, a quello psicologico e folkloristico delle tradizioni, a quello religioso ed etico, e via dicendo. Buona e fruttuosa lettura in queste ferie di ferragosto e complimenti all’autore. Diego Acquisto Read the full article
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In provincia di Crotone sorge in cima ad una rupe il fascinoso borgo medievale di Caccuri, a breve distanza dal Parco Nazionale della Sila e dal comune di San Giovanni in Fiore. Caccuri è uno dei Borghi più Belli D’Italia ed è avvolta da suggestioni romantiche e da un’atmosfera intima, perfetta per viaggi lenti e rilassanti sullo sfondo di castelli e antiche mura. Caccuri si presenta ai suoi visitatori come un piccolo labirinto di viuzze splendidamente conservate, che si intrecciano in maniera sinuosa per condurre poi tutte all’antico Castello, vecchio fulcro della vita politica e sociale del paese. Quasi intoccato dal progresso, Caccuri si nasconde tra colline ed uliveti e le sue abitazioni storiche rivolgono tutte l’ingresso alle tradizionali piazzette, dette rughe, che interrompendo lo scorrere dei vicoli fungevano da luogo di socializzazione in tempi ormai lontani. Il borgo conserva ancora tutto lo charme di una volta e protegge tra le sue mura tesori religiosi e fortezze difensive, tutti da scoprire passeggiando senza fretta per le vie di questo gioiello calabrese. Cosa vedere e fare a Caccuri Il centro paese è dominato dal Castello di Caccuri, che dall’alto dei suoi 650 metri di quota sorveglia la vita dei paesani. Dalla sua posizione privilegiata il castello guarda alla Sila ed al mare, e le sue origini affondano le radici nel VI secolo d.C. quando i Bizantini lo costruirono come fortino militare. Nei successivi secoli è stato dimora di nobili famiglie feudatarie, passando di mano in mano dai Ruffo di Calabria, agli Sforza, ai Cavalcanti, ai Barracco. La struttura del castello è stata più volte rimaneggiata, fino ad essere quasi stravolta in epoca Cavalcanti nel XVIII secolo: l’ultimo tra gli interventi è stata l’edificazione della Torre Mastrigli, opera dell’architetto napoletano Adolfo Mastrigli, che la ideò con lo scopo di mascherare un serbatoio d’acqua del castello. Oggi Torre Mastrigli campeggia nello stemma comunale e delinea lo skyline del borgo. L’atmosfera sognante di Caccuri deve il suo prestigio anche al fatto che oggigiorno il Castello è una delle residenze storiche in cui è possibile soggiornare, per respirare a pieni polmoni l’aria d’altri tempi dei suoi appartamenti, muti testimoni di meravigliose storie d’amore nobiliari. Per chi volesse approfittare del contesto unico, è possibile coronare sogni d’amore eterni nella Cappella Palatina, dedicata a Santa Barbara: una scenografia meravigliosa per convolare a nozze tra ambienti seicenteschi e opere d’arte tra le più importanti della Scuola Napoletana del ‘600, come la Maddalena Penitente di Spadaro e la Benedizione di San Tommaso D’Aquino di Muratori. Ai piedi del Castello sorge la splendida Villa Comunale, oggi sede del municipio e circondata da un grande parco abitato da pini longevi e rocce calcaree, originali opere artistiche naturali. È inoltre ancora possibile individuare in paese quelli che una volta erano gli ingressi principali di questo borgo fortificato: Porta Grande, ora Piazza Umberto I, Porta Piccola, nei pressi del Santuario di San Rocco e la più recente Porta Nuova. La Badia di S. Maria del Soccorso o della Riforma, complesso fondato nel XVI secolo dal frate domenicano Andrea da Gimigliano, è tra i siti di interesse religioso più importanti del villaggio. Annessa al convento dei Domenicani, fu eretta su richiesta dell’Università di Caccuri ed è consacrata alla Madonna del Soccorso. Ospita al suo interno opere di inestimabile valore culturale, come la statua di S.Domenico, l’acquasantiera in marmo verde, la tela Madonna del Rosario o la Cappella Gentilizia dei duchi Cavalcanti. All’interno del complesso monumentale di S. Maria del Soccorso, si trova la Cappella della Congrega del Santissimo Rosario, perla del patrimonio artistico caccurese: qui si concede l’indulgenza plenaria dal 1679, ed è ancora osservabile la preziosa bolla papale di Innocenzo XI. Mecenati della sua costruzione, sempre i Cavalcanti, che diedero vita ad una cappella magistralmente decorata. Il panorama di edifici religiosi di Caccuri da non perdere si completa con la Chiesa Matrice, di epoca medievale e dal Santuario di San Rocco, risalente al 1908 e fatto costruire proprio in onore del Santo Patrono del paese. Il santuario si trova a poca distanza da Via Murotto, la via che scorre accanto al tracciato delle antiche mura difensive di Caccuri. Per coloro i quali amano unire le scoperte culturali con un profondo contatto con la natura, Caccuri offre un territorio tutto da esplorare: i dintorni del borgo sono infatti un paradiso di flora e fauna ed il vicino Parco Nazionale della Sila, sito di eccellenza dell’Unesco, è celebre per la sua ricca biodiversità. Un’escursione nei suoi scenari naturali permette di assaporare il meglio di ciò che la natura calabrese ha da offrire. Eventi a Caccuri Come ogni borgo mediterraneo che si rispetti Caccuri trasuda ritualità e sentite tradizioni culturali che ogni abitante è orgoglioso di riportare in vita ciclicamente. Ad agosto ad esempio Caccuri si riveste di costumi medievali in occasione della Festa Medievale che riporta tra i borghi della zona una ventata di affascinante passato, con teatro storico, musiche medievali, combattimenti, bancarelle a tema e specialità enogastronomiche. Sempre nel mese di agosto, Caccuri è protagonista del Premio Letterario Caccuri, uno dei più rilevanti festival culturali a livello nazionale nell’ambito della letteratura e della saggistica, insignito dal Presidente della Repubblica con la medaglia al valore culturale. Cosa mangiare a Caccuri Tra i sensi che Caccuri sa deliziare, c’è certamente anche quello del gusto. Le specialità tipiche del luogo vengono preparate ogni giorno dai ristoranti e locande presenti tra i sentieri del borgo, così come dai panifici storici che sfornano quotidianamente sapori e profumi irresistibili. Tra i piatti da non perdere se si capita a Caccuri ci sono i calzoni con la sardella, i mastacciuoli ed i carciofi sott’olio. E ancora le nepitelle, dolci fagottini simili a panzerotti ripieni di frutta secca e candita e vino cotto, il capretto all’origano o il risotto alla calabrese. Le pitte ‘mpigliate sono tipiche invece del periodo natalizio, mentre i muccellati di quello pasquale, assieme all’immancabile cuzzuppa, un dolce che simboleggia la fine del digiuno quaresimale e la risurrezione di Cristo, caratterizzata dalla presenza di benauguranti uova intere. Nelle tavole caccuresi non mancano inoltre mai il pane tradizionale, cioè la pitta, e l’ottimo vino rosso di produzione locale. https://ift.tt/2Gy0NE7 Alla scoperta del borgo di Caccuri e del suo castello In provincia di Crotone sorge in cima ad una rupe il fascinoso borgo medievale di Caccuri, a breve distanza dal Parco Nazionale della Sila e dal comune di San Giovanni in Fiore. Caccuri è uno dei Borghi più Belli D’Italia ed è avvolta da suggestioni romantiche e da un’atmosfera intima, perfetta per viaggi lenti e rilassanti sullo sfondo di castelli e antiche mura. Caccuri si presenta ai suoi visitatori come un piccolo labirinto di viuzze splendidamente conservate, che si intrecciano in maniera sinuosa per condurre poi tutte all’antico Castello, vecchio fulcro della vita politica e sociale del paese. Quasi intoccato dal progresso, Caccuri si nasconde tra colline ed uliveti e le sue abitazioni storiche rivolgono tutte l’ingresso alle tradizionali piazzette, dette rughe, che interrompendo lo scorrere dei vicoli fungevano da luogo di socializzazione in tempi ormai lontani. Il borgo conserva ancora tutto lo charme di una volta e protegge tra le sue mura tesori religiosi e fortezze difensive, tutti da scoprire passeggiando senza fretta per le vie di questo gioiello calabrese. Cosa vedere e fare a Caccuri Il centro paese è dominato dal Castello di Caccuri, che dall’alto dei suoi 650 metri di quota sorveglia la vita dei paesani. Dalla sua posizione privilegiata il castello guarda alla Sila ed al mare, e le sue origini affondano le radici nel VI secolo d.C. quando i Bizantini lo costruirono come fortino militare. Nei successivi secoli è stato dimora di nobili famiglie feudatarie, passando di mano in mano dai Ruffo di Calabria, agli Sforza, ai Cavalcanti, ai Barracco. La struttura del castello è stata più volte rimaneggiata, fino ad essere quasi stravolta in epoca Cavalcanti nel XVIII secolo: l’ultimo tra gli interventi è stata l’edificazione della Torre Mastrigli, opera dell’architetto napoletano Adolfo Mastrigli, che la ideò con lo scopo di mascherare un serbatoio d’acqua del castello. Oggi Torre Mastrigli campeggia nello stemma comunale e delinea lo skyline del borgo. L’atmosfera sognante di Caccuri deve il suo prestigio anche al fatto che oggigiorno il Castello è una delle residenze storiche in cui è possibile soggiornare, per respirare a pieni polmoni l’aria d’altri tempi dei suoi appartamenti, muti testimoni di meravigliose storie d’amore nobiliari. Per chi volesse approfittare del contesto unico, è possibile coronare sogni d’amore eterni nella Cappella Palatina, dedicata a Santa Barbara: una scenografia meravigliosa per convolare a nozze tra ambienti seicenteschi e opere d’arte tra le più importanti della Scuola Napoletana del ‘600, come la Maddalena Penitente di Spadaro e la Benedizione di San Tommaso D’Aquino di Muratori. Ai piedi del Castello sorge la splendida Villa Comunale, oggi sede del municipio e circondata da un grande parco abitato da pini longevi e rocce calcaree, originali opere artistiche naturali. È inoltre ancora possibile individuare in paese quelli che una volta erano gli ingressi principali di questo borgo fortificato: Porta Grande, ora Piazza Umberto I, Porta Piccola, nei pressi del Santuario di San Rocco e la più recente Porta Nuova. La Badia di S. Maria del Soccorso o della Riforma, complesso fondato nel XVI secolo dal frate domenicano Andrea da Gimigliano, è tra i siti di interesse religioso più importanti del villaggio. Annessa al convento dei Domenicani, fu eretta su richiesta dell’Università di Caccuri ed è consacrata alla Madonna del Soccorso. Ospita al suo interno opere di inestimabile valore culturale, come la statua di S.Domenico, l’acquasantiera in marmo verde, la tela Madonna del Rosario o la Cappella Gentilizia dei duchi Cavalcanti. All’interno del complesso monumentale di S. Maria del Soccorso, si trova la Cappella della Congrega del Santissimo Rosario, perla del patrimonio artistico caccurese: qui si concede l’indulgenza plenaria dal 1679, ed è ancora osservabile la preziosa bolla papale di Innocenzo XI. Mecenati della sua costruzione, sempre i Cavalcanti, che diedero vita ad una cappella magistralmente decorata. Il panorama di edifici religiosi di Caccuri da non perdere si completa con la Chiesa Matrice, di epoca medievale e dal Santuario di San Rocco, risalente al 1908 e fatto costruire proprio in onore del Santo Patrono del paese. Il santuario si trova a poca distanza da Via Murotto, la via che scorre accanto al tracciato delle antiche mura difensive di Caccuri. Per coloro i quali amano unire le scoperte culturali con un profondo contatto con la natura, Caccuri offre un territorio tutto da esplorare: i dintorni del borgo sono infatti un paradiso di flora e fauna ed il vicino Parco Nazionale della Sila, sito di eccellenza dell’Unesco, è celebre per la sua ricca biodiversità. Un’escursione nei suoi scenari naturali permette di assaporare il meglio di ciò che la natura calabrese ha da offrire. Eventi a Caccuri Come ogni borgo mediterraneo che si rispetti Caccuri trasuda ritualità e sentite tradizioni culturali che ogni abitante è orgoglioso di riportare in vita ciclicamente. Ad agosto ad esempio Caccuri si riveste di costumi medievali in occasione della Festa Medievale che riporta tra i borghi della zona una ventata di affascinante passato, con teatro storico, musiche medievali, combattimenti, bancarelle a tema e specialità enogastronomiche. Sempre nel mese di agosto, Caccuri è protagonista del Premio Letterario Caccuri, uno dei più rilevanti festival culturali a livello nazionale nell’ambito della letteratura e della saggistica, insignito dal Presidente della Repubblica con la medaglia al valore culturale. Cosa mangiare a Caccuri Tra i sensi che Caccuri sa deliziare, c’è certamente anche quello del gusto. Le specialità tipiche del luogo vengono preparate ogni giorno dai ristoranti e locande presenti tra i sentieri del borgo, così come dai panifici storici che sfornano quotidianamente sapori e profumi irresistibili. Tra i piatti da non perdere se si capita a Caccuri ci sono i calzoni con la sardella, i mastacciuoli ed i carciofi sott’olio. E ancora le nepitelle, dolci fagottini simili a panzerotti ripieni di frutta secca e candita e vino cotto, il capretto all’origano o il risotto alla calabrese. Le pitte ‘mpigliate sono tipiche invece del periodo natalizio, mentre i muccellati di quello pasquale, assieme all’immancabile cuzzuppa, un dolce che simboleggia la fine del digiuno quaresimale e la risurrezione di Cristo, caratterizzata dalla presenza di benauguranti uova intere. Nelle tavole caccuresi non mancano inoltre mai il pane tradizionale, cioè la pitta, e l’ottimo vino rosso di produzione locale. Oltre al famoso castello medievale, nel borgo di Caccuri sono diverse le cose da vedere: edifici religiosi, il convento domenicano e i dintorni naturali.
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Accogliere… il tormento
11 Gennaio
(1Gv 5, 5-13 / Sal 147 / Lc 5, 12-16)
Il Signore Gesù nel suo mistero di “umanazione” in cui radica ogni nostro processo di autentica umanizzazione, ha assunto il tormento del doversi continuamente barcamenare tra un desiderio di intimità orante con il Padre e la necessità di farsi sacramento della sua presenza accanto e dentro la storia dell’umanità. Ha un sapore del tutto particolare sentire il Signore Gesù che dice: <Lo voglio!> (Lc 5, 13). Con questa parola così preziosa e così bella siamo introdotti nel mistero della volontà di Dio che, normalmente, noi intendiamo come qualcosa che da Dio viene verso di noi, e che quasi ci sovrasta e, talora, ci opprime. In realtà, sembra invece non essere altro che la riposta di Dio alla domanda dall’uomo: <Signore, se vuoi, puoi purificarmi> (Lc 5, 12). Noi tutti - ciascuno di noi – portiamo nel nostro essere i segni di una lebbra che consuma la nostra vita facendoci sentire già un pochino morti. Per questo ognuno di noi è invitato ad aprirsi al grande mistero: <Dio ci ha donato la vita eterna e questa vita è nel suo Figlio> (1Gv 5, 11). Lo stesso apostolo, da parte sua, chiarisce e sottolinea: <Chi ha il Figlio, ha la vita> (5, 12).
Aprire i nostri occhi e il nostro cuore sul mistero del Verbo Incarnato dovrebbe essere per noi un continuo stupore davanti allo stesso mistero della vita e alle sue potenzialità. Non di rado abbiamo l’impressione che la morte abbia la meglio e, invece, noi portiamo nel cuore – nel più profondo del nostro cuore e nell’essenza stessa del nostro essere – un seme di vittoria sul male e sulla morte nelle sue diverse forme: <chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?> (5, 5). Questo credere in Gesù e riconoscerlo come Figlio di Dio non è semplicemente una questione di “credo” ma è una questione di vita. Si tratta di riconoscere, nei tratti e nella logica del mistero pasquale, il segreto della vita e la possibilità di guarire da tutte le nostre <malattie> (Lc 5, 15). Ogni volta che facciamo esperienza di qualcosa che blocca la nostra vita e che ci rende infermi dobbiamo essere pronti a combattere contro l’idea che Dio voglia la nostra infermità per volgerci a lui <pregandolo: “Signore, se vuoi, puoi purificarmi”> (Lc 5, 12).
È importante formulare questa preghiera per evitare di pensare che Dio voglia la nostra sofferenza, Lui che vuole - in realtà e sempre - la nostra gioia! Certo, la preghiera non è esaudita solo quando ottiene ciò che chiede, ma pure quando, in una relazione sempre più profonda, si apre - proprio attraverso la preghiera – a nuovi orizzonti di comprensione e di accettazione fino a quei momenti sconosciuti e persino temuti. Accogliere la volontà di Dio nella nostra vita e nella nostra storia passa sempre attraverso il coraggio di esprimere, fino in fondo, il nostro desiderio: <Padre, se vuoi, allontana da me questo calice> (Lc 22, 42). Non è forse questo il vero modo per essere in grado di berne l’amarezza fino in fondo, ma non da soli?!
Signore Gesù, ti ringraziamo per questi giorni di gioia natalizia in cui abbiamo toccato ancora una volta, con la mano del nostro desiderio, il mistero della tua incarnazione che ci guarisce da tutte le nostre malattie perché ci riconcilia con la nostra creaturalità e ci ridona la serenità di essere umani. Emmanuele, Dio con noi!
http://www.lavisitation.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2131:accogliere-il-tormento&catid=10:oggi-e-la-parola&Itemid=113&lang=it
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..PAPA FRANCESCO..UDIENZA GENERALE..Piazza San Pietro..La Speranza cristiana..Cristo Risorto nostra speranza (1 Cor 15)..Cari fratelli e sorelle, buongiorno!..Ci incontriamo quest’oggi nella luce della Pasqua, che abbiamo celebrato e continuiamo a celebrare con la Liturgia. Per questo, nel nostro itinerario di catechesi sulla speranza cristiana, oggi desidero parlarvi di Cristo Risorto, nostra speranza, così come lo presenta san Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi (cap. 15)..L’apostolo vuole dirimere una problematica che sicuramente nella comunità di Corinto era al centro delle discussioni. La risurrezione è l’ultimo argomento affrontato nella Lettera, ma probabilmente, in ordine di importanza, è il primo: tutto infatti poggia su questo presupposto..Parlando ai suoi cristiani, Paolo parte da un dato inoppugnabile, che non è l’esito di una riflessione di qualche uomo sapiente, ma un fatto, un semplice fatto che è intervenuto nella vita di alcune persone. Il cristianesimo nasce da qui. Non è un’ideologia, non è un sistema filosofico, ma è un cammino di fede che parte da un avvenimento, testimoniato dai primi discepoli di Gesù. Paolo lo riassume in questo modo: Gesù è morto per i nostri peccati, fu sepolto, e il terzo giorno è risorto ed è apparso a Pietro e ai Dodici (1 Cor 15,3-5). Questo è il fatto: è morto, è sepolto, è risorto ed è apparso. Cioè, Gesù è vivo! Questo è il nocciolo del messaggio cristiano..Annunciando questo avvenimento, che è il nucleo centrale della fede, Paolo insiste soprattutto sull’ultimo elemento del mistero pasquale, cioè sul fatto che Gesù è risuscitato. Se infatti tutto fosse finito con la morte, in Lui avremmo un esempio di dedizione suprema, ma questo non potrebbe generare la nostra fede. E’ stato un eroe. No! E’ morto, ma è risorto. Perché la fede nasce dalla risurrezione. Accettare che Cristo è morto, ed è morto crocifisso, non è un atto di fede, è un fatto storico. Invece credere che è risorto sì. La nostra fede nasce il mattino di Pasqua. Paolo fa un elenco delle persone a cui Gesù risorto apparve (vv. 5-7). Abbiamo qui una piccola sintesi di tutti i racconti pasquali e di tutte le persone che sono entrate in contatto con il Risorto. In cima all’elenco ci sono Cefa, cioè Pietro, e il gruppo dei Dodici, poi ..cinquecento fratelli.. molti dei quali potevano rendere ancora la loro testimonianza, poi viene citato Giacomo. Ultimo della lista..come il meno degno di tutti..è lui stesso. Paolo dice di se stesso..Come un aborto.. ( v. 8)..Paolo usa questa espressione perché la sua storia personale è drammatica: lui non era un chierichetto, ma era un persecutore della Chiesa, orgoglioso delle proprie convinzioni; si sentiva un uomo arrivato, con un’idea molto limpida di cosa fosse la vita con i suoi doveri. Ma, in questo quadro perfetto..tutto era perfetto in Paolo, sapeva tutto..in questo quadro perfetto di vita, un giorno avviene ciò che era assolutamente imprevedibile: l’incontro con Gesù Risorto, sulla via di Damasco. Lì non ci fu soltanto un uomo che cadde a terra: ci fu una persona afferrata da un avvenimento che gli avrebbe capovolto il senso della vita. E il persecutore diviene apostolo, perché? Perché io ho visto Gesù vivo! Io ho visto Gesù Cristo risorto! Questo è il fondamento della fede di Paolo, come della fede degli altri apostoli, come della fede della Chiesa, come della nostra fede..Che bello pensare che il cristianesimo, essenzialmente, è questo! Non è tanto la nostra ricerca nei confronti di Dio..una ricerca, in verità, così tentennante..ma piuttosto la ricerca di Dio nei nostri confronti. Gesù ci ha presi, ci ha afferrati, ci ha conquistati per non lasciarci più. Il cristianesimo è grazia, è sorpresa, e per questo motivo presuppone un cuore capace di stupore. Un cuore chiuso, un cuore razionalistico è incapace dello stupore, e non può capire cosa sia il cristianesimo. Perché il cristianesimo è grazia, e la grazia soltanto si percepisce, e per di più si incontra nello stupore dell’incontro..E allora, anche se siamo peccatori..tutti noi lo siamo..se i nostri propositi di bene sono rimasti sulla carta, oppure se, guardando la nostra vita, ci accorgiamo di aver sommato tanti insuccessi…Nel mattino di Pasqua possiamo fare come quelle persone di cui ci parla il Vangelo: andare al sepolcro di Cristo, vedere la grande pietra rovesciata e pensare che Dio sta realizzando per me, per tutti noi, un futuro inaspettato. Andare al nostro sepolcro: tutti ne abbiamo un pochettino dentro. Andare lì, e vedere come Dio è capace di risorgere da lì. Qui c’è felicità, qui c’è gioia, vita, dove tutti pensavano ci fosse solo tristezza, sconfitta e tenebre. Dio fa crescere i suoi fiori più belli in mezzo alle pietre più aride..Essere cristiani significa non partire dalla morte, ma dall’amore di Dio per noi, che ha sconfitto la nostra acerrima nemica. Dio è più grande del nulla, e basta solo una candela accesa per vincere la più oscura delle notti. Paolo grida, riecheggiando i profeti..Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?.. (v. 55)..In questi giorni di Pasqua, portiamo questo grido nel cuore. E se ci diranno il perché del nostro sorriso donato e della nostra paziente condivisione, allora potremo rispondere che Gesù è ancora qui, che continua ad essere vivo fra noi, che Gesù è qui, in piazza, con noi: vivo e risorto..Saluti..[Sono lieto di salutare i pellegrini di lingua francese, in particolare i giovani collegiali, liceali e studenti, come pure i fedeli delle parrocchie venute da Francia e Svizzera. Lo Spirito Santo accresca la nostra fede in Gesù Risorto affinché l’amore di Dio giunga a sconfiggere in noi il peccato e la morte. La nostra vita testimoni con gioia la speranza che nasce dalla tomba aperta il mattino di Pasqua. Dio vi benedica!]..[Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente quelli provenienti da Inghilterra, Svezia, Svizzera, Hong Kong, Indonesia, Canada e Stati Uniti d’America. Rivolgo un saluto particolare ai nuovi diaconi del Pontificio Collegio Irlandese, insieme ai loro familiari ed amici. Nella gioia del Cristo Risorto, invoco su tutti voi e sulle vostre famiglie l’amore misericordioso di Dio nostro Padre. Il Signore vi benedica!]..[Un caloroso benvenuto ai pellegrini di lingua tedesca, in particolare ai Decani provenienti dall’Arcidiocesi di Monaco e Frisinga, accompagnati dal Cardinale Reinhard Marx e i suoi Ausiliari, nonché ai seminaristi austriaci con Mons. Anton Leichtfried. Portate la gioia del Cristo Risorto nelle vostre comunità come testimonianza della vita che non passerà. Il Signore benedica il vostro cammino.]..[Saluto cordialmente i pellegrini di lingua spagnola, in particolare quelli provenienti da Spagna e America Latina. Vi invito a portare tutta la gioia della risurrezione del Signore. Siamo in grado di comunicare con la nostra vita che Gesù è qui e vive in mezzo a noi. Grazie mille.]..[Saluto di cuore tutti i pellegrini di lingua portoghese, particolarmente i gruppi venuti dal Portogallo e dal Brasile. Cari amici, lasciatevi illuminare e trasformare dalla forza della Risurrezione di Cristo, perché le vostre esistenze diventino una testimonianza della vita che è più forte del peccato e della morte. Buona Pasqua a tutti!]..[Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dall’Egitto e dal Medio Oriente! Cari fratelli e sorelle, Cristo Gesù nostra speranza è risorto, vi esorto a guardare costantemente a colui che ha vinto la morte e ci aiuta ad accogliere le sofferenze come preziosa occasione di redenzione e di salvezza. Il Signore vi benedica!]..[Saluto i pellegrini polacchi. Fratelli e sorelle, l’Apostolo Paolo esclama: “Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte il tuo pungiglione?” (1 Cor 15,55). In questi giorni di Pasqua, portiamo questo grido nel cuore. Pieni di speranza andiamo ai nostri fratelli! Con la pace e la gioia, che scaturiscono dalla fede, proclamiamo che Gesù risorto è ancora qui, che continua ad essere vivo in mezzo a noi! La Sua benedizione vi accompagni sempre!]..Saluto i pellegrini di lingua italiana. Nel clima della gioia pasquale rivolgo il mio saluto a voi giovani sacerdoti della Diocesi di Mantova, accompagnati dal Vescovo Mons. Marco Busca e a voi, cari Diaconi della Compagnia di Gesù, qui convenuti con amici e familiari. Incoraggio ciascuno a vivere ogni giorno il Vangelo della carità..Saluto le suore di diversi istituti partecipanti al corso promosso dall’USMI; la Corale Polifonica Logudorese; le Pie Operaie dell’Immacolata Concezione con gli Amici del Fondatore Marcucci; e i fedeli di Marigliano, che ricordano l’80° anniversario dell’Incoronazione dell’immagine della Madonna della Speranza. Auspico che quest’incontro sia per tutti occasione di rinnovata adesione a Gesù e ai suoi insegnamenti..Saluto infine i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli. Cari giovani, specialmente voi ragazzi della Professione di fede delle Diocesi di Milano e Cremona, vivete in pienezza il messaggio pasquale, testimoniando dappertutto la pace, dono di Cristo Risorto. Cari ammalati, guardate costantemente a Colui che ha vinto la morte e ci aiuta ad accogliere le sofferenze come momento privilegiato di redenzione e di salvezza. Cari sposi novelli, vivete la quotidiana esperienza familiare nella consapevolezza della presenza vivificante di Gesù nella vostra casa..
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Di luogo in luogo, ogni domenica il nostro autore ci accompagna a visitare le delizie borboniche: oggi è la volta della sontuosa e sfortunata Villa d’Elbeouf di Portici
di Lucio Sandon
Da una guida turistica del ‘700:
Granatello: ameno casale dipendente dal borgo di Portici, in riva al mare, poco più di tre miglia a scirocco da Napoli. Quivi stanno deliziosi casini di campagna, tra i quali uno fattovi edificare dal principe di Lorena, Emanuele d’Elbeuf, che in tale occasione scoprì la sepolta città d’Ercolana. Passeggiata incantevole, la quale può farsi in meno di due ore in vettura da Napoli: vi è un luogo amenissimo, quasi lingua di molo, ove si può passeggiare, o far colazione sul mare. Pochi passi discosto vi è un luogo detto le Mortelle, ove esiste un piccolo tratto di parterra naturale, nel quale uno può sdrajarsi a piacere, o farvi una ricreazione qualora si amino tali campestri delizie.
C’est au prince D’Elbeuf qu’on doit les premières fouilles qui conduisirent à la découverte d’Herculanum. Ce prince faisait bâtir une maison de plaisance sur le bord de la mer, à Portici. Instruit que des habitans de Resine, en voulant creuser un puits leurs frais, avaient trouvé quelques fragmens de beaux marbres; le prince, qui en cherchait pour faire faire du stuc, ordonna qu’on creusât ce même puits jusqu’à fleur d’eau. A peine avait on fouillé le terrain latéralement, qu’on trouva quelques belles statues, et plus loin un grand nombre de colonnes, quelques unes d’albâtre fleuri, mais la plupart de jaune antique, appartenant à un temple. Naples était alors sous la domination autrichienne; le viceroi forma des prétentions sur les statues; elles furent envoyées à Vienne, et données au prince Eugène de Savoie.
Al principe D’Elbeuf dobbiamo i primi scavi che hanno portato alla scoperta di Ercolano. Questo principe stava costruendo una casa per suo piacere sul bordo del mare, a Portici.
Avendo saputo che alcuni abitanti di Resina, volendo scavare un pozzo per i propri interessi, avevano trovato alcuni frammenti di bei marmi, il principe, che stava cercandone per fare lo stucco, ordinò di scavare fino a fior d’acqua. Dove il campo era stato scavato lateralmente vennero trovate delle belle statue, e inoltre un gran numero di colonne, alcune di alabastro fiorito, ma la maggior parte di color giallo antico, appartenente a un tempio. Napoli era all’epoca sotto il dominio austriaco. Il viceré D’Elboeuf fece delle pretese sulle statue, che furono mandate a Vienna e date al principe Eugenio di Savoia.
Emmanuel Maurice duca d’Elbeouf, Barone di Routot e di Quatremarre e principe di Lorena, vantava come progenitore addirittura l’imperatore Carlo V. Nel 1706 al servizio dell’imperatore d’Austria Giuseppe I, venne nominato luogotenente generale della cavalleria tedesca e inviato a Napoli come vicerè, ma questa condotta contrariò molto Luigi XIV, il quale lo fece processare per diserzione in contumacia, e condannare all’impiccagione in effigie.
Per nulla impressionato, nel 1711 il principe commissionò all’architetto Ferdinando Sanfelice che aveva appena terminato il duomo di Amalfi, la costruzione di una residenza privata sul bordo del mare di Portici: fu la prima e sicuramente la più sfarzosa delle centoventuno ville vesuviane del Miglio d’Oro.
La villa sorse immersa nella vegetazione che allora fioriva rigogliosa in quel luogo, “Tra il rosso splendente del magma del Vesuvio e l’azzurro rasserenante del cielo e del mare del più bel golfo del mondo“, mentre i giardini erano alimentati da un complesso acquedotto che attingeva le acque dai primi contrafforti degli Appennini.
Questo acquedotto, detto Reale, passava a monte di San Giorgio a Cremano ed è indicato in una incisione del 1793 del geografo ufficiale del regno, il veneto Giovanni Antonio Rizzi Zannoni. Per costruire il palazzo di oltre quattromila metri quadri coperti fu necessario livellare il piano scosceso formato dalle lave delle eruzioni vesuviane del 1631 e 1633. Scavando fossati e accumulando scorie e terreno, si formò una grande piattaforma ove sorsero l’edificio e un esteso bosco, piantumato di specie rare, provenienti anche da paesi lontani.
Lo storico dell’epoca Diego Rapolla così descrive la villa:
Le stanze erano alte e sfogate, i loggiati stupendamente magnifici, i vani amplissimi e le porte simili a quelli dei castelli. Le suppellettili erano fastosissime e la copia dei marmi, dei bronzi e delle armature era così profusa che non esiste in tutto il contorno in sulla spiaggia un palazzo principesco (e ve n’erano parecchi) che con esso potesse in ricchezza e in delizia e lusso rivaleggiare. La villa mostra due simmetrici portali in marmo e piperno ai quali si accede da una trionfale scalea a doppia rampa, collegata ad una terrazza panoramica sul golfo di Napoli e le isole.
I frati Alcantariti del vicino convento di san Pasquale, avevano ordinato di ricavare un pozzo per l’acqua nel proprio giardino, e durante i lavori di scavo era stato trovato un edificio di marmo. Di questo ritrovamento venne a conoscenza il duca d’Elboeuf, il quale acquistò il pozzo con il terreno, e per circa nove mesi intraprese una personale campagna di scavo attraverso cunicoli, asportando statue, marmi di rivestimento, colonne, iscrizioni e bronzi.
Quanto siano stati dannosi questi scavi e quale depauperamento abbiano arrecato al patrimonio archeologico, ognuno può ben immaginare. Il principe aveva individuato in questo luogo, per lui di conquista, il punto di ingresso a una miniera dalla quale poter estrarre la preziosa merce. Molte delle opere d’arte sottratte da Ercolano presero la strada di Vienna, direttamente a casa del cugino carnale di D’Elboeuf, Eugenio di Savoia.
Le prime a partire furono tre statue in marmo, la Grande Ercolanese e le due Piccole Ercolanesi. Morto Eugenio di Savoia, le tre statue vennero trasportate presso la corte di Augusto III di Sassonia, re di Polonia e padre di Maria Amalia, la consorte di Carlo di Borbone, e ora sono custodite nell’Albertinum Museum di Dresda.
Ma fu questo come un barlume del giorno che cominciò a spuntare il 1711, quando il Principe d’Elbeuf saputo che nello scavarsi un pozzo sopra Ercolano si erano rinvenuti alcuni frammenti di marmo, ordinò che si continuasse quello scavo sotto la direzione dell’architetto Giuseppe Stendardo, il quale discoprì un tempio rotondo periptero sostenuto esternamente da 24 colonne di alabastro fiorito, e nell’interno della cella da altrettante colonne dello stesso marmo tutto ornato di statue, fra le quali una di Ercole, e l’altra creduta di Cleopatra, le quali statue furono dal Principe d’Elbeuf mandate in Vienna a presentarne il Principe Eugenio di Savoia. E questi scavi con tanta felicità cominciati, furono interrotti, nè prima ripresi del 12 novembre 1738, per ordine del re Carlo III, che dallo stesso punto partiti da dove sotto il Principe d’Elbeuf eransi cominciati incontraronsi nel teatro d’Ercolano, nel foro ed in tanti altri pubblici e privati edifizii. E dobbiamo al grande animo di quel Monarca, tanto alle belle arti magnifico, l’aver aperto sì luminosa strada ai suoi Augusti Successori onde mostrare al mondo in queste città dissotterrate il più bello copioso e rilevante spettacolo che vantar possa l’Archeologia.
(Da Real Museo Borbonico – Antonio Niccolini – 1831)
Nel 1713, il principe si innamorò di Marie Therese Stramboni figlia unica di Jean Vincent Stramboni, e la sposò senza chiedere il permesso al suo re. Di questo il sovrano fu molto irritato tanto che l’imperatore richiamò immediatamente a Vienna l’incauto principe, mentre la sposa venne spedita in convento.
Il 9 luglio 1716 la villa venne ceduta da D’Elboeuf per 11.000 ducati a Don Giacinto Falletti Arcadi, marchese di Bossia e duca di Cannalonga. Nel 1742 gli eredi del Falletti vendettero la villa a re Carlo di Borbone, unitamente a 177 busti di marmo e un gran numero di colonne, statue e marmi antichi provenienti dagli scavi di Ercolano.
La residenza doveva servire come dipendenza marittima del vicino Palazzo Reale: in sostanza era la capanna sulla spiaggia della villa al mare. I Borbone arricchirono il palazzo con lussuose sale da pranzo, alcove, e vari saloni per le feste e i banchetti.
Il giardino venne riunito con il bosco delle Delizie, la grande riserva di caccia del Palazzo Reale di Portici: per accedere direttamente a Villa d’Elboeuf, venne costruito un viale, che dalla reggia attraversava tutto il parco.
Il re aveva acquistato la villa sia per stupire illustri ospiti con le sue meraviglie, che per potersi divertire nella pesca, e infatti ancora fino a pochi anni fa, si potevano ancora vedere sulla spiaggia dei canali che convogliavano le acque marine per alimentare piccole peschiere scavate nella lava vesuviana: le Regie Peschiere del Granatello
«Quivi rinchiusi, i pesci d’ogni forma e colore, tutti vaghi e sorprendenti, molto più squisiti in questo mare di Portici nel quale alimentansi pesci di così delicato sapore da esser detti per antonomasia “pesci del Granatello”.» Nel 1744 venne realizzato anche il porto del Granatello.
Al lato opposto delle peschiere resistono alle ingiurie del tempo e degli uomini, i resti dei cosiddetti Bagni della Regina, unico esemplare di architettura balneare stile impero, eredità del Decennio francese: una costruzione a due piani a forma di ferro di cavallo che accoglie un porticciolo. Venne fatta aggiungere alla villa nel 1813 per volontà di Carolina Bonaparte, moglie di Gioacchino Murat, durante il periodo della sua reggenza, e consiste in una serie di cabine disposte radialmente, affacciate su una balconata e contornate da un alto muro. Qui le donne della corte potevano prendere i bagni di mare al riparo di sguardi indiscreti.
Dopo oltre due secoli di splendore, la prima e la più sfarzosa delle ville vesuviane è andata in rovina: ai Savoia le case sul mare non interessavano.
La villa venne messa all’asta e acquistata dalla famiglia Bruno. Poi, dopo essere stata divisa in diecine di appartamenti, subì in breve sequenza, diversi vandalismi, ristrutturazioni folli, terremoti, occupazioni abusive, l’impianto di un ristorante anch’esso abusivo ma con il nome del nobile francese, crolli e apparizioni di fantasmi, che ne decretarono il rovinoso declino e l’abbandono.
La realizzazione della prima linea ferroviaria italiana sul retro del palazzo nel 1839, ha probabilmente la responsabilità dell’inizio del declino, culminato con il crollo nel 2014 di una parte dell’edificio sui binari, dove attualmente viaggiano moltissimi convogli ogni giorno.
Qualche tempo dopo, la villa è stata acquistata da una cordata di imprenditori privati. I nuovi proprietari dovranno garantire un restauro totale dello stabile, in coordinamento coi tecnici della Soprintendenza.
Al Genio del Luogo ed alle Ninfe abitatrici dell’amena spiaggia!
Per poter ritirarsi e vivere giorni lieti e tranquilli ed a prender vero diletto sia dagli onesti riposi sia dagli studi in compagnia degli amici, Emmanuele Maurizio di Lorena Duca di Elboeuf, fatto spianare il suolo e piantarvi alberi e condurvi acque potabili, questo quieto recesso si preparò.
Lungi ne ite, o cure moleste della rumorosa città.
(Epigrafe murata all’inizio del 1700 sulla facciata del palazzo D’Elboeuf, ora scomparsa)
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Lo scrittore Lucio Sandon è nato a Padova nel 1956. Trasferitosi a Napoli da bambino, si è laureato in Medicina Veterinaria alla Federico II, aprendo poi una sua clinica per piccoli animali alle falde del Vesuvio.
Notevole è il suo penultimo romanzo, “La Macchina Anatomica”, Graus Editore, un thriller ambientato a Portici, vincitore di “Viaggio Libero” 2019. Ha già pubblicato il romanzo “Il Trentottesimo Elefante”; due raccolte di racconti con protagonisti cani e gatti: “Animal Garden” e “Vesuvio Felix”, e una raccolta di racconti comici: “Il Libro del Bestiario veterinario”. Il racconto “Cuore di figlio”, tratto dal suo ultimo romanzo “Cuore di ragno”, ha ottenuto il riconoscimento della Giuria intitolato a “Marcello Ilardi” al Premio Nazionale di Narrativa Velletri Libris 2019. Il romanzo “Cuore di ragno” è risultato vincitore ex-aequo al Premio Nazionale Letterario Città di Grosseto “Cuori sui generis” 2019.
Sempre nel 2019, il racconto “Nome e Cognome: Ponzio Pilato” ha meritatola Segnalazione Speciale della Giuria nella sezione Racconti storici al Premio Letterario Nazionale Città di Ascoli Piceno, mentre il racconto “Cuore di ragno” ha ricevuto la Menzione di Merito nella sezione Racconto breve al Premio Letterario Internazionale Voci – Città di Roma. Inoltre, il racconto “Interrogazione di Storia” è risultato vincitore per la Sezione Narrativa/Autori al Premio Letizia Isaia 2109.
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Il Sito Reale di Portici: Villa d”Elbeouf Di luogo in luogo, ogni domenica il nostro autore ci accompagna a visitare le delizie borboniche: oggi è la volta della sontuosa e sfortunata Villa d’Elbeouf di Portici…
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SAN BENEDETTO – Il Vescovo della diocesi di San Benedetto del Tronto, Ripatransone e Montalto mons. Carlo Bresciani ha inviato una lettera a tutti i fedeli in questo momento di passaggio dalla Fase 1 alla Fase 2 dell’ emergenza coronavirus che riportiamo integralmente.
“Carissimi fedeli della Diocesi -scrive- stiamo uscendo dalla cosiddetta “Fase 1”, provocata dal coronavirus (covid-19), che ci ha costretto a stare a lungo chiusi in casa, per di più intimoriti da quanto stava succedendo attorno a noi. Siamo stati costretti con grande dispiacere anche a sospendere tutte le attività pastorali, comprese le celebrazioni di sante messe, funerali e sacramenti.
Ci ha fatto molto soffrire, in modo particolare, di non poter prendere commiato dai nostri cari con la celebrazione del funerale. Abbiamo celebrato la santa Pasqua chiusi in casa, senza poter cantare insieme l’Alleluja della resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo attraversato una dolorosa esperienza, unica nella storia, che ha coinvolto tutte le religioni in tutto il mondo.
Andando ormai verso la conclusione della “Fase 1”, mi sento di esprimere una profonda gratitudine a Dio perché, almeno fino ad ora, ci ha risparmiato dai gravissimi lutti che in altre parti della nostra Nazione e del mondo hanno profondamente ferito famiglie e intere comunità religiose e civili.
Abbiamo vissuto con molta apprensione questo tempo e sicuramente siamo stati aiutati in tutto ciò dall’intercessione di Maria Immacolata alla quale, nella chiesa di san Benedetto martire, ho rivolto una solenne supplica il 25 marzo, festa dell’Annunciazione, e dai santi patroni delle nostre comunità ai quali si sono rivolti i vostri parroci per richiesta di protezione. Questo ci ha aiutati anche ad accettare, con pronta collaborazione, di restare in casa e ad adottare le misure che sono state consigliate per difenderci dal contagio.
Si profila a breve, dal 4 maggio, l’inizio della “Fase 2” anche per noi e per la nostra Chiesa diocesana. Siamo in attesa che ci vengano indicate le condizioni, alle quali ci atterremo, per proteggere la salute di tutti e poter riprendere le celebrazioni di sante messe, funerali e sacramenti e con gradualità anche gli altri momenti di vita comunitaria.
Molte domande ci si presentano sul come sarà questa ripresa. Molto spesso è stato detto “niente sarà più come prima”, cosa che, almeno in parte, condivido: l’esperienza che abbiamo fatto -e che in parte continueremo nella “Fase 2” per le limitazioni che ancora ci chiederà – è stata una scuola di vita dalla quale dovremo imparare molto e dovremo imparare insieme.
Sicuramente avremo bisogno di tanta umiltà, fermezza e solidarietà, perché non tutto sarà facile e con molta probabilità saremo chiamati a fare sacrifici.
Avremo bisogno di molto ‘noi’ e di molto meno ‘io’ a tutti i livelli. Siamo riusciti a combattere il virus solo accettando di adottare tutti insieme alcuni comportamenti, rinunciando al “faccio a modo mio”; abbiamo imparato che da soli non ce l’avremmo mai fatta e da soli non riusciremo a ripartire, occorrerà la collaborazione di tutti a progetti comuni.
Avremo bisogno di fare tesoro di quello che abbiamo imparato vivendo molto più del solito la nostra fede non solo in famiglia, ma come famiglia: infatti non solo siamo stati costretti a seguire la celebrazione della santa messa in famiglia, ma l’abbiamo fatto come famiglia unita. Questa unità nella preghiera e nella lode di Dio è un valore da non perdere.
Abbiamo imparato, anche con qualche fatica, a dare più tempo alla famiglia, a parlarci, ad ascoltarci e a confrontarci, magari vivacemente e con qualche bisticcio, su tante cose. Non potrà essere sempre così, non è concepibile che si passi la vita chiusi in casa, ma se avremo imparato quanto sia importante condividere in famiglia, sarà stato un tempo prezioso.
Abbiamo esperimentato il manifestarsi, in larghissimi strati della società, di una grande solidarietà verso coloro che sono in difficoltà: ciò ha veramente del grandioso. Sarà una risorsa preziosa non solo per la nostra ripartenza come società e come Chiesa, ma anche per far fronte alle tante nuove povertà, non solo materiali, che il coronavirus ci lascerà in eredità.
Poiché sarà impossibile fare come se nulla fosse accaduto, mi pare importante che ognuno di noi si fermi per una rilettura spirituale di quanto abbiamo vissuto per trarne sapienza di vita cristiana. Si potrà in seguito trovare i modi per condividerla per un arricchimento reciproco.
Mi pare importante chiederci che cosa il Signore ci ha fatto capire in questo periodo. Mi permetto di suggerire alcune domande che potrebbero esserci di aiuto: “Cosa ha provocato in me ciò che ho visto e vissuto? Che cosa mi ha addolorato? Che cosa mi ha consolato? Che cosa devo conservare e che cosa ho capito di dover lasciare perché inutile, superfluo e forse anche dannoso?”. In fondo, tutti dobbiamo chiederci sempre: “Che cosa si attende ora il Signore da noi?”; “ora che cosa dobbiamo fare?” (cfr. At 2,37).
Si tratta di una serie di domande che vi propongo. Ognuno può rispondere per conto proprio; sarebbe bello condividerlo poi in famiglia o con amici. Si tratta di comprendere meglio come fare tesoro della severa lezione di vita che abbiamo vissuto. Se sarà così, non avremo vissuto solo un “tempo sospeso”, ma un tempo difficile che ci ha fatto maturare anche nella fede.
Carissimi, guardiamo al futuro con la speranza che ci viene dalla fede in Colui che è risorto e ci accompagna giorno per giorno anche nelle difficoltà che la vita ci presenta. Non siamo come coloro che non hanno speranza, perché sappiamo in Chi abbiamo creduto. Chiediamo insieme la luce dello Spirito che ci aiuti a comprendere le strade che Dio ci sta indicando.
Coltivo un grande desiderio di poter riprendere presto la possibilità di celebrare insieme con voi e invoco su tutti voi la benedizione del Signore. Vi saluto con l’augurio pasquale di Gesù: “pace a voi” (Gv 20, 19)”.
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Cinema Teatro Astra, per “I Venerdì dell’Astra” arriva la Compagnia Teatrale MagioneseVenerdì
Venerdì 6 marzo 2020, ore 21:15, torna al Cinema Teatro Astra di San Giustino la rassegna teatrale “I Venerdì dell’Astra”, rassegna organizzata dal Cinema ASTRA con la preziosa collaborazione di Giorgio Pasquale, attore e scrittore di teatro.
Questo venerdì sarà la volta della Compagnia Teatrale Magionese che porterà in scena uno spettacolo liberamente tratto dall’opera di Gogol,”L’ispettore…
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La prima edizione del #PaLaVolley va in Val di Fiemme, che nella finalissima andata in scena nel giorno di Pasquetta al PaLavis ha superato i giudicariesi del team “Awanagana”. Successo finale, quindi, alla formazione del “Havana Team” capitanata dall’opposto fiemmese Max Goss (in squadra con Claudio Ondertoller, Simone Brillo e Patrizia Bernardi), che si è aggiudicata questa prima edizione del torneo di volley 4 contro 4 misto organizzato in collaborazione fra Us Lavis e Comune di Lavis. Una finalissima vinta per 21-15 contro il team Awanagana composto da Nicola Pedretti, Giulia Leonardi, Chiara Fedrizzi, Luca Lodovisi, Cristian Failoni e Paolo Franchini bravissimi a restare avanti nella prima parte di gara anche di tre lunghezze prima di incassare il ritorno dell’Havana Team grazie ad un efficace turno al servizio di Brillo. Una Pasquetta di sport e divertimento per questa prima edizione di un torneo aperto a ragazzi e ragazze dai 14 anni in su, capace di attirare a Lavis 23 squadre da tutta la provincia per un totale di un centinaio di giocatori protagonisti in campo. Grazie alla preziosa collaborazione dei volontari dell’Us Lavis la giornata ha visto la pallavolo diventare un ottimo veicolo di incontro e socializzazione fra i giovani. Le 23 squadre al via sono stati suddivisi in tre gironi, che hanno premiato poi “Havana Team”, “Awanagana” e “Papere e Oki” come vincitori dei tre raggruppamenti ed “Emargina l’astemio” come miglior seconda, alle semifinali. Due semifinali che hanno visto volare alla finalissima da una parte l’Havana Team, vittoriosa in semifinale contro Emargina l’astemio per 21-13, e dall’altra Awanagana che ha avuto la meglio su Papere e Oki per 21-16. Una bella finalissima, con i giudicariesi dell’Awanagana avanti fino al 15-12, prima di incassare la rimonta dell’Havana Team. Nella finalina per il terzo posto Emargina l’astemio l’ha spuntata su Papere e Oki sul filo di lana per 21-20. Dopo i buoni risultati di questa prima edizione, l’obiettivo è farlo diventare un appuntamento fisso, in programma nel periodo pasquale a Lavis.
In allegato le premiazioni delle prime tre squadre classificate premiate da Caterina Pasolli, assessore alla cultura e politiche giovanili del Comune di Lavis, ed alcuni momenti del torneo.
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Milena Gabanelli da http://www.lanostratv.it
Serata Tesero 6
Serata Tesero 5
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I giovani e il lavoro – Cles
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L’aula del Consiglio provinciale di Trento, foto http://www.walterviola.it
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Paolo Panebianco, presidente Associazione Comunità e coordinatore regionale Nursing Up, sindacato professioni sanitarie infermieristiche
Margherita Hack, foto http://www.tumblr.com
Carmen Noldin, assessore al volontariato Comunità Valle di Non
da sinistra Giuseppe Vergara, Mario Magnani, Paolo Panebianco
L’Ospedale Santa Chiara di Trento, http://www.wikipedia.org
I giovani e il lavoro – Cles
http://www.nocensura.com
La presentazione de “L’Italia dei democratici” alla http://www.festademocratica.it
http://www.formiche.net
I partecipanti al Festival della gioventù dell’Euregio il 20 marzo 2013 a Villa Bortolazzi. Foto su http://www.europaregion.info
Tutta la “squadra” del Partito democratico del Trentino
In Regione
Versione 3D di un tabellone elettorale
en.wikipedia.org
wikiprestiti.org
http://www.areeprotette.provincia.tn.it
italyinfo.it La Regione, senza confine a Salorno
Alla festa Anffas
Serata Tesero 2
Trentino TV – Mario Magnani
Serata Tesero 4
Serata Tesero 3
http://www.investintrentino.it
Serata a Baselga
I giovani e il lavoro – Cles
Serata a Baselga
I giovani e il lavoro – Cles
http://www.agenziefiscali.usb.it
I giovani e il lavoro – Cles
Con i candidati del Partito Democratico del Trentino in Alta Valsugana
http://www.cooperazionetrentina.it
foto di Alberto Gianera
I candidati alle primarie del 13 luglio 2013. Da sinistra Alexander Schuster, Ugo Rossi, Mauro Gilmozzi, Alessandro Olivi, Lucia Coppola
http://www.controlacrisi.org
maps.google.it
http://www.anvolt.org
http://www.trentotoday.it
da http://www.lettera43.it, foto dell’Ansa
I giovani e il lavoro – Cles
La sede dell’Ufficio Euregio di Trentino-Alto Adige-Tirolo a Bruxelles. http://www.alpeuregio.org
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HavanaTeam vince il primo #PaLaVolley La prima edizione del #PaLaVolley va in Val di Fiemme, che nella finalissima andata in scena nel giorno di Pasquetta al PaLavis ha superato i giudicariesi del team “Awanagana”.
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L’Assessore Morra lancia il nuovo piano di Mobilità per il TPL a Cerignola
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Nuove pensiline “tematiche”, riorganizzazione del trasporto urbano, Car sharing e Bike sharing i punti di forza
“Raccontare Cerignola nel tempo fornendo un servizio di trasporto pubblico locale più efficiente”. Così Pasquale Morra, assessore alla Mobilità e Smart City del Comune di Cerignola illustra gli obiettivi di fondo del rilancio della Mobilità nel centro ofantino.
Primo pilastro le nuove pensiline per autobus urbani ed extraurbani: “Stiamo già completando l’istallazione delle nuove pensiline nei punti strategici della città: (Via Salvo D’Acquisto, Via Generale Dalla Chiesa-Parco Sen. Luigi Barbaro, Via Torricelli-Via Stella, Via Torricelli-Via Alassio, Via Torricelli-Via Pigna, Viale Luogosanto, Piazza Della Libertà, Via San Severo, Via Generale Dalla Chiesa-Scuola Agraria, Via Puglie, Ospedale “Tatarella”, Viale Di Levante). Le pensiline saranno “rivestite” con litografie e immagini che ci racconteranno Cerignola nel tempo passato attraverso usi, costumi, abitudini, mestieri e abbigliamenti. Dopo un impegnativo lavoro di cernita, abbiamo segnalato quelle che ci sembrano più significative. E, a tal proposito, ringraziamo per aver fornito le foto e la preziosa collaborazione: Luigi Pellegrino, Giancarlo Strafezza, Franco Conte, Vincenzo Russo. Attraverso foto e grafica ricorderemo luoghi e storia della Cerignola del passato. Inoltre, le pensiline, saranno dotate di display elettronici per indicare i mezzi in arrivo”, afferma Morra.
Pilastro due, la riorganizzazione del trasporto urbano: “I tempi di percorrenza saranno abbattuti dagli attuali 40 a 20 minuti. Abbiamo sostituito la vecchia “circolarità” con il “Point to point”. In sostanza, gli autobus non faranno più il giro turistico della città ma, con tempi di percorrenza più brevi, raggiungeranno i punti chiave per la viabilità cittadina raccordandosi con gli altri autobus e “penetrando” il tessuto urbano in maniera più efficace. Saranno anche potenziati i collegamenti tra la città e la stazione di “Cerignola campagna” con un particolare occhio di riguardo alle coincidenze con gli orari dei treni e garantite 2 corse giornaliere per le borgate, in particolare Borgo Tressanti, Borgo Moschella e Borgo Libertà.
Entro marzo tutte le misure andranno a regime garantendo una copertura totale del territorio”, aggiunge l’assessore alla Mobilità.
L’ultimo pilastro riguarda il car sharing e il bike sharing. “Abbiamo già provveduto a istallare le colonnine per la ricarica delle auto elettriche. A breve renderemo effettivo il servizio di car sharing e lo completeremo con il bike sharing e il bike sharing elettrico”, conclude Morra.
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Taglio del nastro in Corso Matteotti, il direttore medico del servizio territoriale Rossella Italiano: «Gli operatori la nostra tecnologia più preziosa»
JESI, 29 novembre 2018 – Il Dipartimento dipendenze patologiche ha una nuova sede in Corso Matteotti 89. Già operativa da qualche settimana, stamattina c’è stato il taglio del nastro ufficiale che ha sancito l’addio definitivo a quella vecchia, e vicina, di via Vittorio Veneto che dovrebbe ospitare un centro diurno.
I nuovi locali sono composti da un piano terra con ambulatorio farmacologico – l’entrata si trova sui giardinetti dell’ex laboratorio analisi del vecchio ospedale -, segreteria, infermeria e sala riunioni. Poi ci sono tre piani, ai primi due gli studi medici e, al terzo, servizi, una piccola cucina, un deposito, un terrazzino.
Il direttore medico del servizio territoriale, Rossella Italiano, che nella circostanza ha anche annunciato il suo pensionamento da domani, 30 novembre, ha nel trarre un partecipato bilancio generale ha sottolineato nel suo intervento come occorra «abitare il presente senza fughe nel futuro e questi spazi dove pure risuoneranno ancora pianti e urla offriranno anche e soprattutto ascolto, vicinanza, l’anima che incontra l’anima per stare accanto a chi soffre. Gli operatori che sono qui rappresentano la nostra tecnologia più preziosa. Il nostro lavoro di squadra ha comportato passione comune, riflessioni, litigate, solitudini e condivisione. Tutti insieme, sempre. Questi nuovi locali, poi, sono importanti perché i pazienti hanno bisogno del bello, necessitano di ambienti sani nei quali rispecchiarsi. Sono volati questi anni, e io ringrazio tutti».
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La dottoressa Italiano ha tagliato il nastro alla presenza del direttore dell’Asur – proprietaria dei locali – Alessandro Marini e di quello dell’Area Vasta 2, Maurizio Bevilacqua, di Virginia Fedele, direzione medica del “Carlo Urbani”, Carlo Ciccioli, responsabile del Dipartimento dipendenze Av2, di Massimo Mari, Dipartimento salute mentale, del consigliere regionale Enzo Giancarli, dell’assessora Marialuisa Quaglieri, di Pasquale Liguori, coordinatore del Tribunale del Malato. Al vescovo Gerardo Rocconi il compito di impartire la benedizione.
La squadra degli operatori del Dipartimento dipendenze patologiche di Jesi è composta dagli psichiatri Rossella Italiano, Giovanni Marini, Anna Laura Pinna, Danilo Tittarelli, Federica Franca, dagli psicologi psicoterapeuti Riccarda Rossetti, Mascia Pasquinelli, Sonia Cuicchi, Vanessa Bernardini, l’assistente sociale Cristina Vitali, gli infermieri Orietta Marchegiani, Paola Rossini, Paolo Manini, Pier Vincent Bruno. Collaborano all’interno del Dipartimento, Exodus, con Roberto Femina e Oikos, con Salvatore Tommaso.
Pino Nardella
©RIPRODUZIONE RISERVATA
JESI / DIPENDENZE PATOLOGICHE, INAUGURATA LA NUOVA SEDE (FOTO) Taglio del nastro in Corso Matteotti, il direttore medico del servizio territoriale Rossella Italiano: «Gli operatori la nostra tecnologia più preziosa»
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Questa mattina in Piazza dei Giustiniani è stato presentato alla stampa il DiDe – Distretto del Design e il primo evento che lo spazio organizza: la Design Week.
Il Distretto del Design è una nuova realtà nel cuore del centro storico genovese, che nasce per volontà di un gruppo di coraggiosi imprenditori che svolgono la loro attività attorno a Piazza dei Giustiniani, in quella parte bellissima e un po’ nascosta della città – ricca di Palazzi storici e di una tradizione di artigianato di qualità. Dal nucleo centrale intorno a Piazza dei Giustiniani – dove già operano aziende di design, arte e moda – DiDe si propone di “aggregare” altre attività, nuovi spazi ed iniziative con la cultura del progetto, significato ampio ed inclusivo per la parola “design”.
DiDe stesso è un progetto: il rilancio di una parte preziosa del centro Storico che, con i suoi vicoli ortogonali, rivela l’antica città romana. Una scommessa per rispondere all’incuria, al degrado urbano e sociale, alla rassegnazione e per coinvolgere tutti quei soggetti che nella progettualità creativa individuano la modalità efficace di reagire alla lunga crisi economica e purtroppo – dopo il 14 Agosto – anche al dolore di un città profondamente ferita. DiDe nasce centrato sul design che è cultura del progetto, e invita a portare un contributo tutti i soggetti che operano nell’area: chi offre accoglienza, ristoro e cibi curati, chi confezione con garbo scarpe, abiti e camice su misura, gli studi professionali, le antiche botteghe, gli esercizi che si rinnovano nella qualità dell’offerta ai clienti e tutti i soggetti che nell’area fanno cultura, l’Università, i teatri, le scuole.
A tutti coloro, imprese, artigiani, professionisti, istituzioni e singoli cittadini che non rinunciano a pensare in modo creativo al proprio operare.
La Design Week è il primo evento pubblico ideato e promosso da DiDe che si svolgerà in Piazza dei Giustiniani e dintorni da giovedì 22 a venerdì 30 novembre, dalle 10 alle 18. Oltre 30 oggetti di design saranno esposti in 15 location e potranno essere visitati – seguendo la piantina dedicata – dagli appassionati di design e del centro storico. Gli oggetti di design sono stati selezionati tra i molti ricevuti in risposta alla “Call” lanciata a settembre e patrocinata dalla Fondazione e Ordine Architetti PPC Genova e dal DAD-Dipartimento Architettura e Design. Gli oggetti portano la firma di diversi artisti e designer, da affermati professionisti del settore ai giovani del Dipartimento Architettura e Design di Genova, cui è stato riservato uno spazio espositivo in Piazza Giustiniani per una “collettiva” di lavori proposti dagli studenti.
A questa prima edizione della Design Week saranno presenti affermati designer a testimonianza dell’interesse che il mondo dell’industria e del design nutrono verso questa iniziativa. All’anteprima interverrà Phillip Tabet, attivo a Parigi e a Milano. In esposizione il letto col quale ha vinto il prestigioso Good Design Award 2017, assegnato da The Chicago Athenaeum International Museum.
La cittadinanza è invitata all’anteprima dell’iniziativa che avrà luogo mercoledì 21 novembre alle ore 17.30, in Piazza dei Giustiniani.
La Design Week si svolge col Patrocinio di Ordine e Fondazione degli Architetti e del DAD-Dipartimento di Architettura e Design dell’Università di Genova
L’ Associazione DiDe nasce su iniziativa di:
Ferdinando Bonora / Storico
CAD / Creativity Art Design / Ettore Piras – Loredana Trestin
FIRMA / Agenzia di Comunicazione / Beppe Veruggio – Pasquale Violi
SIDOTI / Fashion Concept Store / Carmen Sidoti
SPAZIO GIUSTINIANI / Interior Design / Iris Keci – Gianluigi Rossi – Matteo Rossi
SPAZIO LIQUIDO / Allestimenti ed Architettura / Laura Palazzini – Monica Palazzini – Miria Uras
STUDIO ROSSETTI / Galleria d’arte e studio di architettura / Elisabetta Rossetti
Chiara Tasso
Via Assarotti, 31/9 16122 Genova
www.studiovialevondergoltz.it
Cooperativa Battelieri del Porto di Genova
NetParade.it
Quezzi.it
AlfaRecovery.com
Comuni-italiani.it
Il Secolo XIX
CentroRicambiCucine.it
Contatti
Stefano Brizzante
Impianti Elettrici
Informatica Servizi
Edilizia
Il Secolo XIX
MusicforPeace Che Festival
MusicforPeace Programma 29 maggio
Programma eventi Genova Celebra Colombo
Genova Celebra Colombo
Una nuova realtà nel centro storico genovese: in Piazza dei Giustiniani inaugurano il DiDe – Distretto del Design e la Design Week Questa mattina in Piazza dei Giustiniani è stato presentato alla stampa il DiDe – Distretto del Design e il primo evento che lo spazio organizza: la Design Week.
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Secondo appuntamento con C’era una volta nel giardino del Re, la rassegna che rientra in Palchi Reali, il cartellone degli spettacoli che si tengono quest’estate nei giardini e nelle Residenze Reali del Piemonte.
L’importante kermesse teatrale che, nella preziosa cornice del Castello e del Parco di Racconigi, darà vita alle spettacoli teatrali.
In ogni data, una storia diversa, destinata a grandi e piccoli.
C’era una volta nel giardino del Re è un’occasione quindi per tutti di riscoprire un parco bellissimo e un luogo straordinario e suggestivo, ricco di una grande varietà di specie vegetali e di animali protetti, collocato in una delle più importanti residenze sabaude inserita nella lista dei Patrimoni dell’Umanità UNESCO.
Va, Va, Va, Van Beethoven
Beethoven, col suo carattere scontroso e il suo grande pianoforte sempre dietro, di casa in casa, borbottando e scrivendo musica immortale.
Pochi infatti sanno che il grande maestro cambiò più di 80 case in 35 anni!
Ma tutto questo era complicato dal segreto bisogno di nascondere a tutti il dramma della sua progressiva malattia: il grande compositore di musica stava diventando completamente sordo!
Eppure, per Ludwig, sperimentare, inventare, stupire e variare sul già noto erano una fonte di inesauribile piacere e ci è sembrato uno spunto imperdibile per dare una forma narrativa alla forma musicale del Tema con variazioni.
Mutamenti e variazioni che lo accompagneranno verso l’inesorabile approdo a un luogo nuovo: il mondo del silenzio. L’azione teatrale sarà quindi accompagnata dall’esecuzione dell’op. 35 di Ludwig van Beethoven: tema, variazioni e fuga su motivi dell’Eroica.
In scena, gli attori Pasquale Buonarota e Alessandro Pisci, autori dello spettacolo, e il pianista Diego Mingolla.
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